Imparare a sognare - IISS Marzolla Leo Simone Durano
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Imparare a sognare - IISS Marzolla Leo Simone Durano
Imparare a sognare –Monologo di Antonio Sabato (classe 5A) Notte del Liceo Marzolla 15 gennaio 2016 Ecco, anche quest’anno siamo ancora qui: voi, io e la cattedra. Sono arrivato al quinto ed è l’ultima volta che ci vediamo, giuro. Qualcuno mi chiamerà presuntuoso, dirà “Ma quello come fa a dire che è l’ultima, come fa a essere sicuro della promozione?!” Ebbene sì, ne sono sicuro, è proprio l’ultima volta che ci vediamo allo spettacolo di Natale. Perché? Perchè ce lo hanno promesso i professori. Che, quasi in coro, hanno detto testualmente: “Quest’anno vi promuoviamo tutti e buonanotte, non vi vogliamo vedere mai più”. Una sorta di indulto, quindi, di grazia collettiva, di condono. Però, bella soddisfazione, essere promossi tutti… non per profitto ma per sfinimento. Che dire? anche questo è un segno che, come classe, abbiamo lavorato bene. Mi ricordo il primo giorno in cui ho messo piede nell’atrio del Marzolla. Quartine ci chiamavano. E avvertivi un senso di piccolezza, di smarrimento… e ti sentivi simile a uno di quei minuscoli lombrichi tremolanti che talvolta si trovano nelle noci. Ti sentivi schifato. E ci sono dei momenti nella vita in cui uno si fa delle domande. E in quel preciso momento, in quel cortile gravido di ostilità, in cui ti senti un verme, tu ti chiedi “Ma chi me l’ha fatto fare a scegliere questa scuola?” E vorresti prendertela con qualcheduno. Sì, perché – sfido chiunque – la scelta del liceo classico per un ragazzo o una ragazza di tredici-quattordici anni, dài, tutto può dirsi tranne che una scelta libera! Ebbene, mi sono informato, ho domandato in giro e ho raccolto una marea di risposte che, stringi stringi, si sintetizzano in queste motivazioni: “Ho scelto questa scuola perché ci è andata pure mia sorella”. Oppure. “Ho scelto il classico, perché i miei genitori sono dottori e mi hanno detto che devo fare l’università”. E ancora: “L’ho scelto perché mi sta sul cazzo la matematica”. Ecco… pur condividendo i diversi impulsi dei miei intervistati, personalmente nulla di tutto questo. Io scelsi il Marzolla, lo confesso, perché la scuola stava vicino a casa mia, e così per almeno cinque anni potevo dormire fino all’ultimo momento. E scusate se è poco! E poi che è successo? E’ successo che questi anni sono volati. E poi, sì, ehm, devo dire che, sì, …mi è piaciuto. All’inizio incontravo amici di altre scuole, soprattutto scuole tecniche, che mi domandavano “Ma perché? A che serve ‘sto liceo classico, pesantezza, noia, lingue morte.” Uno di loro aveva appena cominciato il geometra e mi mostrava i disegni delle piantine delle case. “Ecco – diceva, indicandomi il foglio con il dito – parte tutto da qui, poi le fondamenta, poi i mattoni. Ma la casa la vedi, ci vivi dentro, ti serve.” Un altro mi mostrava gli schemi di una caldaia. “Io la so smontare pezzo pezzo – ci teneva a dirmi – poi me la rimonto con calma. E se qualche pezzo è scassato sono capace di trovare il guasto e di rimediare, di aggiustarla con le mie mani”. Io li guardavo con ammirazione e con una punta di… sì… di umana invidia (chiamiamola così). E rimanevo zitto. Mi vergognavo a dire che il giorno prima avevo imparato il plurale della terza declinazione, le regole della perifrastica e un paio di verbi difettivi. Eppure, contrariamente a ogni pronostico, alla fine, come ho detto, questa scuola mi è piaciuta. Ma è difficile da spiegare. Ecco, ho frequentato una scuola dove ho imparato a sognare. Accanto a Socrate che era in procinto di bere la cicuta, quella notte c’ero pure io a condividere i suoi dubbi sulla vita. E nel corso della mia esistenza mi è capitato di incontrare cento Don Abbondio e mille altri ne incontrerò, e ho pianto con Ettore compenetrandomi nel suo dolore prima di abbandonare il piccolo Astianatte che in quel preciso momento era pure figlio mio. E ho capito che da Maratona a Beirut passando per Waterloo lo spirito bellico saldato nei cromosomi umani non si è mai modificato, come non si è modificato mai l’ istinto amoroso, da Didone su un rogo acceso a Lady Diana in un tunnel a scorrimento veloce. Ho come l’impressione che questo percorso un giorno ti farà accorgere che il passato è bello nella misura in cui dà più senso al presente. Che sono assai più numerose le persone che il tempo ti regala rispetto a quelle che ti toglie. E ti aiuterà a moltiplicare i momenti, gli strati di vissuto come un sapore aggiunto all’esistenza. Sento che avrò più respiro, più gusto a guardare un film e a leggere un libro perché avrò più fiumi e più riflessi di realtà in cui specchiarmi. E questo mi soccorrerà quando sarò costretto a cimentarmi con paradossi della vita che nemmeno immaginavo, tipo figli, lavoro e fastidiose malattie. E sento già da adesso che non sarò sconfitto mai, perché la curiosità, il ventaglio degli interessi, mi faranno sentire ogni giorno un poco più forte. E se gran parte dei miei amici oggi salutano per sempre la scuola superiore portandosi appresso la loro valigetta dei ferri del mestiere, pure io mi porterò dietro una cassetta dove sono stipate in bell’ordine le mille e mille sfaccettature dell’animo umano, gli attrezzi per conoscere le persone e le situazioni che andranno a disseminarsi sul mio cammino di uomo, perché in me possano accendersi sempre le giuste intuizioni, e io possa essere abbastanza immaginativo così da sentire, avvertire in anteprima dove certe cose andranno a parare. Voi, io e la nostra cattedra. Quest’anno, per me ultimo anno, vorrei che fosse seduto qualcuno in quella cattedra. Magari un professore. Ma sarebbe ingiusto fare dei nomi. Non vorrei scontentare nessuno. Anzi, no, no, un nome lo voglio fare, lo avverto quasi come dovere. E sono convinto che nessuno degli insegnanti si offenderà. Su quella cattedra, in questo preciso istante vorrei che ci fosse seduto il professor Pietro Barile, i suoi piccoli occhi vispi dietro quelle lenti, il suo mezzo sorriso sarcastico. “Se ne devono accorgere – sussurrava come in un moto di ribellione – Se ne DEVONO accorgere, pure in una riunione di condominio si devono accorgere che abbiamo studiato i classici”. Sì, mi piace pensare che il professor Barile questa mattina fosse seduto lì, a rappresentare lo spirito di quanti hanno insegnato al Marzolla e di tutti i professori che verranno in futuro. Adesso devo andare, debbo proprio scappare. Grazie a questo libretto di istruzioni ho smontato pezzo pezzo la caldaia di casa mia. E adesso corro a rimontarla. Ci riuscirò, ne sono sicuro.