Da Bordiga a Gramsci - Storia del PCI

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Da Bordiga a Gramsci - Storia del PCI
Biblioteca di cultura storica
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Storia del Partito comunis t a italiano
I. Da Bordiga a Gramsci
In prepara zione: II. Gli anni della clandestinità
Paolo Spriano
Storia del Partito comunis t a italiano
I. Da Bordiga a Gramsci
Giulio Einaudi editore
Copyright © 1967 Giulio Einaudi editore s.p. a., Torino
Seconda edizione
Introduzione
Questo lavoro è stato reso possibile dal fatto che l'autore ha avuto accessibili alcune fonti
archivistiche essenziali, integrantisi l'una alle altre: le fonti dell'Archivio Centrale dello Stato,
quelle dell'archivio del Partito comunista italiano, in via di ordina m e n t o definitivo, e, parzial
mente, quelle dell'Interna zio nale comunis t a, in primo luogo attravers o alcune importa nti relazioni
di uno dei rappres e nt a n ti del Komintern in Italia, lo svizzero Jules Humbert - Droz.
È tale « apparat o » di docum e n t a zio ne che ci ha indotti a tentare una ricostr u zio ne storica che pur
present a ancora innume revoli difficoltà. L'importa n z a di quelle fonti diviene più evidente sol che
si rifletta ad una singolarità particolar me n t e propi zia al ricercatore. Il Partito comu nista, in Italia
come negli altri paesi, sorge quale sezione nazionale di un moviment o che ha il suo centro di
direzione e di propulsione a Mosca, presso l'Esecutivo dell'Interna zi onale, un moviment o
forte me n te cen tralizzat o, retto da uno spirito di organiz z a zio ne e di disciplina tanto più forti ed
esigenti quanto più, nel quadro storico del primo dopoguer ra in un'epoca in cui è « all'ordine del
giorno » la rivoluzione socialista in tutta Europa - , si intende reagire alla rilassate z z a dei vincoli e
del ce mento ideologico della II Internazionale dalla cui crisi, dalle cui ceneri, nasce appu nt o, nel
marzo del 1919,laIII.
Di qui, l'intrecciarsi fittissimo di un carteggio dalla « periferia » al « centro ». Non vi è atto politico,
discus sione interna, direttiva d'azione, episodio di lotta politica e sociale di cui sia protagonista o
partecipe il PCI in quegli anni, che non vengano raccolti, riferiti, illustrati, comm e n tati in un
docum e n t o inoltrato alla Centrale interna zionale. Si aggiunga ancora che il moviment o
rivoluzionario italiano (socialista, anarchico, comunis t a) sono sottopos ti a una sorveglianza
strettissi m a da parte degli organi investigativi e repres sivi dello Stato. Il PCI, sin dal suo primo
anno di vita, il 1921, si trova ad operare in una condizione di semilega lità impost a dai poteri
pubblici; e le restrizioni alla sua libertà d'organiz zazione divengono ovviamente più rigide e
pesanti con l'avvento del fa-
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Paolo Spriano
scismo, senza dire delle violenze squadristiche che si scatena no sulle sue sedi, i suoi giornali, i
suoi singoli dirigenti e militanti. Frequenti sono le perquisizioni e i sequest ri di docume n ti ed è a
questa messe che oggi si può attingere. Si deve anche in questo caso avvertire che essa risulta più
cospicua che per altri movimenti politici « sovversivi » pur bersagliati, come il moviment o
socialista, data la strut t u ra organiz z a tiva del PCI, forte me nt e centraliz za t a anch'ess a, donde la
gran copia di circolari, di sposizioni, materiale propagan dis tico, verbali di riunioni, ecc. che viene
scambiat a tra gli organi dirigenti e le federazioni provinciali, i segreta riati « interregionali », e i
vari uffici o sezioni di lavoro in cui è articolata la sua vita interna.
Naturalme n te, tanto « materiale » allettante (che va, per altro, vaglia to non solo per appura r ne
l'autenticità ma anche perché mittenti e de stinatari diversi implicano problemi di interpre ta zi one
a volte comples si, come comples si sono i rapporti tra il centro e la periferia) contiene non pochi
pericoli per lo storico. Che sono in fondo i pericoli di non sapere distaccare lo sguardo dalle
vecchie carte e di non cogliere tutta l'area della realtà politica, sociale, umana, che un moviment o
che involga mas se di popolo contiene. Sarà il lettore a giudicare in merito. Ad esso dob biamo
soltanto, e non come giustificazione a mende e limiti certo pre senti ma solo come avvertime nt o di
criterio metodico, segnalare che ci è sembrat o compito premine nt e, in un certo senso preliminare,
quello di rintracciare e percorrere la via maest ra dello sviluppo politico del PCI, dei dibattiti d'idee,
di posizioni contras t a n ti, di azione e di riflessione, che esso, nei suoi nuclei fonda m e n t ali e
decisivi, ha attravers at o. La sto ria di un partito politico non può non essere in primo luogo storia
del suo, o dei suoi, gruppi dirigenti. E se ciò è vero in generale lo è tanto più per l'assunt o di
questo lavoro, sia per il carattere intrinseco dei par titi comunis ti sia perché un'opera di
illuminazione o, più semplicem en te, di ripristino della verità dei fatti e del loro corso restava
ancora da fare. Ed essa non può non costituire la base di ogni interpre t a zi one e ulteriore
riflessione.
Ci siamo valsi, natural me n t e, oltre che dello spoglio della stam pa del l'epoca, del ricordo personale
di alcuni dei protagonis ti o dei testimo ni supers titi che cogliamo qui l'occasione di ringraziare
tutti per la cortesia dimos tra ta. Un uso assai parco abbiamo fatto della memorialistica edita,
purtrop p o in buona parte inficiata di elementi ora agiografici ora deni gratori, di esagerazioni e di
reticenze, collegati all'atmos fera e alle pas sioni di vicende e lotte e regole di un quarant e n nio
burrascos o. Purtrop po il lavoro di « storia locale », il solo che possa fornire ragguagli e testi
monianze non raggiungibili in un lavoro sintetico d'assieme, è ancora
Introdu zio ne
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scarso, e di ciò certo risente quest'ultim o che non può riprende re tutti i fili di una forma zione
politica ramificatasi per tutto il paese e le cui vi cende minori è arduo seguire senza il corredo di
una investigazione spe cifica zona per zona, a volte villaggio per villaggio, officina per officina;
specie quando, come nel caso nostro, si tratta di un periodo in cui la guerra civile si spez ze t t a in
innum erevoli piccoli episodi di cui le carte non lasciano traccia.
Nondimeno abbiam o cercato, sopratt u t t o per i vari mome nti cruciali di questo periodo, dal
capitolo dedicato, per il 1921, agli «Arditi del popolo» a quello che concerne, per il 1922, «
L'Alleanza del lavoro », alle dram m a tiche vicende che contras s egna n o, nel 1924 - 25 lo sviluppo
della crisi succedut a al delitto Matteotti, di portare una serie di elementi inform ativi nuovi che
valgano a ricostruire pagine di storia scritte dalle masse popolari italiane, per lo più ignorate o
trascura te dalla storiografia attuale, e ad intendere meglio il loro nesso con lo sviluppo di un
partito politico che proprio in quelle masse getta le sue radici.
Il discorso sulle fonti interna zionali è presto fatto. Finora non sono accessibili gli archivi della
Interna zionale comunista né si dispone anco ra di una storia dell'organi z z a zio ne. Senonché, alcuni
docum e n ti impor tanti redatti a Mosca si reperiscono all'archivio del PCI, per quanto con cerne il
1920 - 21; e una parte notevole dei rapporti tra il Komintern e il PCI è consegna ta nelle relazioni
dello Humbert - Droz, che assistett e sia al congresso di Livorno del 1921 sia a quello di Roma del
1922 sia a quello di Lione del 1926 e che, come fu « l'occhio di Mosca » in Francia nel 1922 - 23,
così lo fu in Italia nel 1924. Alcune di queste relazioni ab biamo potuto consultare per la cortesia
dell'autore e il lettore vedrà quant o esse siano illuminanti per motivare la condot ta tattica del PCI
e le sue parole d'ordine, nonché i suoi rappor ti con il PSI.
Ci siamo inoltre valsi di tutto l'abbond a n t e materiale a stam pa dell'In ternazionale comunis ta (dal
periodico interno « La Correspo n d a nce in ternationale » al « Bulletin » che durante i congressi del
Komintern si stam pava a Mosca riprod ucen d o gli stenogra m mi dei vari interventi alla tribuna e
nelle com mis sioni, ad altri giornali nonché a numerosi opuscoli). Abbiamo costante m e n t e scelto le
edizioni di questo materiale più accessibili al lettore italiano, traduce n do i testi salvo i rari casi in
cui ci è parso essenziale riprod ur re la stesura originale.
La periodiz z a zi one scelta per questo primo volume va dagli anni della grande guerra,
particolar m en t e il 1917, in cui le origini del PCI si rico noscono più netta m e n t e col sorgere di una
« nuova sinistra » all'interno del movimento socialista, sino al III congresso del PCI, tenuto a Lione
nel gennaio del 1926 e che ci è parso concludere tutta una fase di tra va-
XII
Introdu zione
glio e di forma zione del gruppo dirigente e insieme gettare un primo pon te sulla fase successiva
che si aprirà con l'ingresso nella piena clandes ti nità. Anche intem azional m e n t e, nel moviment o
comunist a, il 1926 apre una fase nuova, introduce ai decenni del periodo staliniano. Riuscire a
rendere l'immagine di una forma zione politica che si espri me nella vita nazionale e
conte m p o r a ne a m e n t e partecipa di un moviment o internazio nale nello scorcio storico della grande
crisi rivoluzionaria europea, è stata la nostra cura maggiore.
P. S. Nota al primo volume
Nel licenziare queste pagine ci è gradito compito ringraziare quanti più da vicino ci hanno porto il
loro aiuto, prestat o i loro consigli, messo a disposi zione docume n ti essenziali.
Ringrazia m o la giunta e il consiglio superiore degli Archivi, il sovrinten de n t e dell'Archivio Centrale
dello Stato, professor Leopoldo Sandri, il dottor Costan z o Casucci e i funziona ri tutti dell'Archivio
Centrale stesso, che ci hanno fornito indi cazioni preziose e facilitato il reperi me nt o di fondi
archivistici molteplici.
Ringrazia m o la direzione del Partito comunis t a italiano per averci consentito di consultare il suo
archivio in via di ordina me n t o e, in modo particolarissim o, il dottor Franco Ferri, segretario
generale dell'Istitut o Gramsci presso cui l'archivio è depo sitato. Un grazie anche alla signora Elsa
Fubini che cura la pubblicazione degli scritti di Antonio Gramsci per l'aiuto fornitoci
nell'individua zione degli articoli di Gramsci degli anni 1923 - 26 non ancora raccolti in volume e al
signor Cesare Colombo, ordi natore dell'archivio del PCI, per il quotidiano e fraterno ausilio
prestat oci.
Al profess or Alfonso Leonetti, che ci ha messo generos a m e n t e a disposi zione il suo ricco archivio
personale ed è stato largo di indicazioni e suggerime nti, va pure la nostra gratitudine. Desideriam o
del pari rinnovarla a M. Jules Humbert - Droz per la visione delle relazioni di cui s'è fatto cenno
nell'introd u zi o ne, nonché a quanti, innum erevoli, con un'infor m a zi one, una lettera, un colloquio,
hanno chiarito questo o quel punto illuminan dolo del loro vivo ricordo.
Storia del Partito comunis t a italiano
Da Bordiga a Gramsci
Capitolo primo
Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerra
Il 18 novembre 1917, dopo pochi giorni da che i bolscevichi hanno preso il potere in Russia, si
incontra no a Firenze, in una riunione clande stina, una ventina di delegati delle più importa nti
sezioni socialiste della penisola, esponen ti di quella frazione che si chiama massim alista, anzi
«intransigente - rivoluzionaria», in omaggio alla rivendicazione del pro gram m a massim o e del
metodo rivoluzionario per attuarlo. Il « massi mo » è la socializza zio ne dei mez zi di produ zio ne e
di scambio, la rivo luzione significa abbattim e n t o violento del regime borghese. Il richiam o ai
bolscevichi è present e anche nell'altra accezione corrente del termine « massimalista », che sta per
maggioritario, come si suole in quel tempo tradur re da noi la deno mina zione del partito di Lenin.
Si trovano qui, per la prima volta, in casa dell'avvocato socialista Ma rio Trozzi, sfuggendo alla
ricerca della polizia che ha l'ordine di impedire il convegno, due giovani che saranno i suscitatori,
poco più di tre anni dopo, del Partito comunista d'Italia. L'uno, Antonio Gramsci, allora
ventiseienne, proviene da Torino. L'altro, Amadeo Bordiga, di due anni più anziano, arriva da
Napoli. In quella casa di via dei Mille giungono alla spicciolata anche altri militanti che ritrovere m o
nelle file comuniste: Bruno Fortichiari e Rita Maierotti, Nicola Bombacci, Ferdinan do Garosi,
Giovanni Germanet to. Sono presenti, per la direzione del PSI, il suo vecchio segretario, Costantino
Lazzari, e Giacinto Menotti Serrati, di rettore dell'« Avanti! », che sarà l'antagonis ta nel dopoguerr a
di Bor diga e di Gramsci.
I delegati poco sanno di quanto è successo a Pietroburgo in quei fa mosi dieci giorni che
sconvolsero il mondo. Passeran no mesi prima che si abbia la percezione esatta di ciò che ha
significato la rivoluzione d'ot tobre. Si è all'indo m a ni della rotta di Caporett o, la censura militare
sui giornali è severissima. La presa del palaz z o d'Inverno è descritta nei di spacci come una
som m os s a d'avvinaz z a ti. A Firenze non è forse all'ordi ne del giorno il problem a di « fare come in
Russia », d'un'ins ur r e zi one popolare che metta fine alla guerra e insieme porti al potere le classi
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Capitolo primo
voratrici. È però sintom a tico che i due giovani, secondo la testim onian z a che ha lasciato un
partecipan te alla riunione, prospet tino già la soluzione estrem a.
Bordiga - ha scritto Germanet t o - analizz ò la situazione in Italia. Constat ò la disfatta sul fronte, la
disorganiz z a zi o ne dello Stato italiano e terminò con queste parole: « Bisogna agire. Il proletariato
delle fabbriche è stanco. Ma è armato. Noi dobbiam o agire ». Gramsci era dello stesso parere.
Serrati, Lazzari e la maggioran z a dei presenti si pronunciarono per il manteni m e n t o della vecchia
tattica: non ade rire né sabotare la guerra '.
L'appun t a m e n t o rivoluzionario è rinviato alla fine del conflitto, ma, come ha lasciato scritto lo
stesso Bordiga,
da quel momen t o il gruppo dei più decisi, strett osi in quella riunione, si organizz ò sempre meglio
e si delineò la piattafor m a propria della sinistra italiana che non era la stessa cosa della vecchia
frazione intransigente ma molto di più2.
Quando la prima guerra mondiale era scoppiata, i socialisti italiani si erano nettam e n t e
differenziati dall'atteggiam e nt o che aveva caratteriz z a to le maggiori sezioni della II
Interna zionale, quella francese e quella te desca in primo luogo. I socialisti dei paesi in guerra,
nella loro stragra n de maggioran z a, avevano votato i crediti militari, avevano sposato la causa
della guerra di nazioni, erano venuti meno all'impegno solenne preso nel congres so di Basilea del
1912, dove una mozione votata da più di cinquecento delegati (in rapprese n t a n z a di un milione di
associati) aveva dichiarato che sarebbe stato un delitto se i lavoratori di paesi di versi avessero
sparato gli uni sugli altri per accrescere i profitti dei capi talisti.
La II Interna zionale - nata come centro organizz a t o nel 1889 - ave va segnato la propria fine
nell'agosto del 1914 proprio perché il suo solo vero cemento (non organiz z ativo ma ideale) dal
congres so di Stoccarda (1907) a quello di Basilea, era stata la lotta alla guerra, ed essa non era
riuscita a scongiurarla né a restar ne fuori. Soltanto i serbi, i russi e pic cole minora n z e altrove si
erano oppos ti ai crediti militari. Anche gli ita liani costituivano, però, un'eccezione. Le famose due
anime del nostro socialismo (quella riformistica, prevalsa in tutto il decennio giolittiano e quella
che, col corso degli anni, si chiama rivoluziona ria, intransigente, massim alistica, comunis t a,
avevano pur qualcosa in comune che, se co1 Giovanni germa ne t t o, Souvenir! d'un perruquier, i" ed., Paris 1931, p. 113. La testimo nian za
concernent e Bordiga sparisce nelle successive edizioni del volume. Anche Gramsci ricorderà che a
quella riunione «Bordiga pose il problem a della conquista del potere». Cfr. «Lo Stato operaio», a. li,
n. 7, 13 marco 1924, sunto di un interven to del 1} novembre 1922.
2 Per la testimo nian z a di Bordiga. Cfr. Storia della sinistra comunista, voi. I, Milano 1964, pp.
115 - 16.
Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerr a
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stituiva il loro limite, ne rappres e nt ava anche un titolo di merito. Inca paci, e l'una e l'altra, di
mettere in atto un'iniziativa rivoluzionaria (sulle piaz ze, nella primavera del 1915,1 socialisti
erano stati battuti dai nazio nalisti) rassegna te alla impote n z a di bloccare l'intervent o, erano
nutrite tuttavia di una sincera passione umanitaria e antimilitarista, avevano fat to del rifiuto di
mischiarsi alle forma zioni governative una questione di principio, avevano un bagaglio di
propaga n d a e di agitazione contro la guerra che si era sperime nt a t o efficaceme nt e tra le masse al
tem po del l'impres a di Libia; lo stesso « patriottis m o di partito », così vivo in en trambe, le
preservò dalla confusione e dal crack della II Interna zionale. Tanto è vero che gli italiani si
facevano tosto, nel 1914 e nel 1915, pro motori di quei contatti e di quegli incontri tra le
minoran z e socialiste nazionali (e tra i partiti restati « puri ») dispos t e a concorda re un'azione
comune per la pace, che approda r o n o a due conferen ze interna zionali te nutesi a Zimmerwald nel
sette m b re del 1915 e a Kienthal, sempre in Svizzera, nell'aprile del 1916 '. Di qui sorgeva l'impulso
a una nuova or ganizz a zi one mondiale del proletariato.
Lenin aveva lanciato la parola d'ordine della « trasfor m a zi on e della guerra imperialistica in guerra
civile ». Il socialismo italiano aveva scelto invece la formula « né aderire né sabotare » come
simbolo del suo volon tario isolamen t o, del suo porsi da parte in attesa della fine della guerra. Ma,
come per l'Interna zion ale comunista si suole assu m ere quale data d'origine, quale embrione
costitutivo, la piccola « sinistra » che si forma e si riconosce a Zimmerwald (in cui mancano ancora
gli italiani) così, è la svolta della grande guerra a porre in luce, in una luce nuova, le forze
rivoluzionarie che si agitano nel nostro paese. E non solo in questo. La dimensione interna zio nale
è fonda m e n t ale. La nuova forma zione poli tica ha, di nuovo, essen zial me nt e questa matrice: che è,
sin dalla sua ori gine, posta in un orizzo nt e più vasto di quello nazionale, che è figlia di una
rivoluzione che assum e al suo sorgere propor zioni europee, anzi mondiali. Con molta efficacia,
Annie Kriegel ha scritto in proposito:
La crisi [nel 1917] è, in primo luogo, una crisi ideologica; o, per caratteriz z arla più precisam e n t e
che con questo aggettivo fredda m e n t e neutro, una crisi d'ideale. Succede che l'uomo, restato nel
corso di una vita più o meno felice, serena m e n t e estraneo ai misteri della propria vita, si ponga
improvvisam e n t e la questione del proprio destino quando si trovi da qualche disgrazia piomb at o
al fondo dell'infeli cità. Così è delle comunità: nella primavera del 1917, i popoli, di fronte alle loro
Cfr. Protocollo della conferenz a socialista italo- svizzera dì Lugano (24 sette m b re 1914), a cura di
Aldo Romano, «Rivista storica del Socialismo», a. vi, n. 18, gennaio - aprile 1963, e Zimmer wld,
saggio e docum e n ti sulla conferen z a, a cura di L. A. Slepkov e Ja. G. Témkin, «Rinascita», a. , n. 46,
20 novembre 1965.
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Capitolo primo
calamità, si pongono questioni che implicano opzioni umane irreversibili... La crisi non è soltant o
espres s a dall'indiscutibile stanche z z a della guerra, ma soprat t u t t o dall'usura che gli avvenimenti
hanno fatto subire alle giustificazioni rispettive ap portate da ciascuno dei due campi; donde la
possibilità di sostituirvi obiettivi ine diti... E di qui anche l'import an z a estrem a dei fatti di Russia.
La rivoluzione di febbraio testim onia che il disgus to popolare della guerra deve « trasfor m a r si in
energia rivoluzionaria, in odio feroce contro il regime del massacro, contro il capi talismo ». La
guerra, spostarsi pratica me nt e dal piano delle nazioni a quello delle classi '.
È la guerra a dare al termine comunist a, che circola insistente tra il 1917 e il 1918, la sua nuova
accezione. I bolscevichi stessi si cominciano a chiamare comunisti tra la rivoluzione di febbraio e
quella di ottobre. Lenin così ha propos to, nell'aprile, la distinzione dalla matrice sociali sta
generale:
Noi dobbia m o chiamarci partito comunist a... Bisogna tener conto della situa zione oggettiva del
socialismo nel mondo intero. Essa non è più quella che era nel 1871 - 1914, quando Marx ed Engels
si rassegnavano sciente m e n t e alla parola op portu ni s ta e falsa di « socialdem ocr a zia »... La
necessità oggettiva del capitalis m o trasfor m a t o si in imperialism o ha generato la guerra
imperialista. La guerra ha con dotto l'umanità intera sull'orlo del baratro, alla rovina di ogni
cultura, all'abbruti mento e alla morte di milioni di uomini, milioni senza numero. Non c'è via
d'usci ta, all'infuori della rivoluzione del proletariato. È tem po di gettare via la camicia sudicia, è
tem po di mettersi della biancheria pulita2.
La sinistra europea, con l'azione eroica di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg in Germania (che
sfidarono il carcere per afferma re la loro opposi zione alla guerra), con le minora n z e sindacaliste e
rivoluzionarie operanti in Francia (Merrheim, Bourderon, Rosmer, Monatte), con sin gole figure
d'intellett uali nel movimento laburista inglese (basti citare Sylvia Pankhur s t), con l'azione che
svolgono in patria o nell'emigra zione uomini come Lev Trockij (in Svizzera) o Karl Radek (tra i
socialisti po lacchi), o dirigenti rapprese n t a tivi del socialismo bulgaro, rumeno, scan dinavo,
austriaco, con la revisione ideologica affronta t a in Olanda da Herman Gorter, e sopratt u t t o con
un'oppo si zione popolare che si fa sen tire nel 1917 in tutti i paesi europei, dalla Germania alla
Francia, dalla Cecoslovacchia all'Austria, tende a formare attorno al moviment o bol scevico,
attorno a Lenin, una coalizione di forze nuove, di radicale con trappo si zione alla esperien z a
socialde m ocra tica.
E di Lenin si parla anche in Italia. In aprile l'« Avanti! » lo difende dall'accusa largamen t e circolante
di essere un agente tedesco. Agli occhi
1 annie kriegel, Aux origines du comm u nì s m e francais, voi. I, Paris 1964, p. 155.
2 lenin, Progetto di piattafor m a del partito del proletariato, Opere scelte, voi. II, Mosca 1948, P.
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Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerr a
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dei socialisti Lenin è il simbolo del carattere proletario della rivoluzione che intant o ha rovesciato
l'odiata autocra zia zarista.
È permes s o - troviamo scritto sull'« Avanti! » del 23 marzo - di supporre che è giunto il mome nt o
in cui ai popoli governati, inganna ti e massacrati, spetta pren dere nelle proprie mani le sorti della
pace e della guerra, sciogliendo senza la par tecipazione della diploma zia tutti gli intricati
problemi di nazionalità, di potenz a, di equilibrio, per i quali da tre anni stanno combatt e n d o? È
permes s o di augurare la rivoluzione proletaria e socialista negli Imperi centrali, che porterebbe un
fie ro aiuto alla rivoluzione russa e ci libererebbe infine dell'angoscioso incubo della guerra1?
In Francia si registra no gravi episodi di amm u ti na m e n ti di truppe, in Cecoslovacchia scoppiano
moti popolari, ovunque i sintomi dell'in sofferen z a si fanno più generali. Non è dunque un
fenom en o ristret to all'Italia.
Le masse popolari italiane hanno, sem mai, questo di più caratteriz zato rispetto ad altri popoli
europei. Esse non hanno voluto mai la guer ra, non sono mai state conquis tat e ai suoi « ideali ». Il
passaggio da un'at titudine di rifiuto ancora largamen te passivo, e spesso rassegna to, a una
protest a che tenda ad organiz z a r si in modo eversivo contrap p o n e n d o una sua speran z a, una sua
prospet tiva, o, se si vuole un suo mito, a quel li del paese interventis ta o «intervenut o», è
anch'ess o collocabile nell’« anno più lungo ».
Con ciò non s'intende riaprire la questione delle « respons a bilità » di Caporett o che sono anzitut to
respons abilità della condot ta militare e del le cattive condizioni dell'esercito italiano2. Si
preferisce, invece, attirare l'attenzione su un fenome n o essenziale che proprio ora pervade la cor
rente estre m a e prende la sua deno mina zi one letterale: quello del disfat tismo; il fatto, cioè, che
augurarsi la disfatta al fronte, la rovina della « propria borghesia », diventa uno dei tratti
discriminan ti di una nuova sinistra anche se le manca l'altro connota t o distintivo dei bolscevichi,
la coscienz a di dover dirigere le grandi masse per trasfor m a re la disfatta del paese in una guerra
civile.
È un process o che le carte di polizia consento no di seguire attravers o tutto il suo sviluppo,
robus t o anche se contenut o e non rettilineo. Esso è favorito, si, dai disagi e dai lutti della guerra,
dalla stessa tolleran z a del governo fino a Caporet to, ma più da fattori strutt ur ali ed ideali che
È permes s o dire?, «Avanti! », 23 marzo 1917.
Restano conferm a t e, dalla ricca messe di studi successivi, le considera zioni che svolgeva Fede rico
Chabod in proposito: «Il problem a... non si spiega, come da taluni si è preteso, con la propa ganda
socialista, ma con la cattiva situazione strategica dell'esercito italiano...» (L'Italia contem poranea
[1918 - 1948], Torino 1961, p. 45).
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Capitolo primo
stanno alla base della crisi che esploderà nell'imme diat o dopoguerr a. In primo luogo, il crescere
impetuos o, per effetto della produ zio ne bellica e dello sviluppo indust riale del paese, del
proletariato urbano, concen trato nelle grandi città del Nord, sottopos t o ad una grande tensione
per le dure condizioni di lavoro e sensibilissi mo alla propaga n d a sovversiva che penetra nelle
fabbriche e nelle famiglie.
Il caso più sintoma tico è quello di Torino che approda in agosto ad una vera som m os s a popolare e
dove, da mesi e mesi, dirigenti espressi di retta me n t e dalla massa operaia, come i « rigidi »
Giovanni Boero, Fran cesco Barberis, Luigi Gilodi, Pietro Rabezz a na, Maria Giudice, Elvira Zocca,
propaga n dis ti semplici ed efficaci, seminano l'idea non soltanto di una protest a aperta contro «
pescecani » e profittatori di guerra, ma del la possibilità di abbreviare la guerra con uno sciopero
generale '. Ma è anche il caso di Milano dove il 1° maggio scoppiano moti popolari, di cui sono
protagonis te principali le donne lavoratrici, che provocano l'asten sione dal lavoro in parecchie
fabbriche. La tenden z a intransigent e è ca peggiata da Luigi Repossi, Bruno Fortichiari e Abigaille
Zanetta, e con quista la maggioran za della sezione socialista locale, nonos ta n t e la viva reazione di
Turati ''. Ma è Firenze, in questo periodo, la capitale dell'in transigentis m o, attraverso l'azione del
direttore della «Difesa», Egidio Gennari, e la propagan d a efficace di Ferdinan do Garosi, a cui si
accosta no deput ati e tribuni come Arturo Caroti di Livorno, Mario Trozzi di Sulmona, Luigi
Salvatori di Viareggio o Pio Carpitelli di Livorno.
Il processo di forma zione di una frazione di estrem a sinistra, che pare controlli nel 1917 un
centinaio di sezioni della penisola, segna, sem pre nella primavera, un'impor t a n t e afferma zione di
principio fatta dalla se zione di Napoli che così suona:
I socialisti di ogni paese debbono consacrare i propri sforzi alla cessazione della guerra, incitando
il proletariato a rendersi cosciente della sua forza e a provocare con la sua azione intransigent e di
classe l'immediata cessazione delle ostilità, ten tando di volgere la crisi al conseguim e n t o degli
scopi rivoluzionari del socialism o... La sezione fa voti che il partito in ogni circostan z a anziché
perdersi in ambiguità e incertez z e, sappia compiere il suo dovere assum e n d o, con i suoi organi e i
suoi uomini, il compito di disciplinare e dirigere l'agitazione delle masse, ponend osi al
l'avanguar dia del proletariato, sul terreno della lotta di massa contro il capitalismo e il militaris mo
borghese 3.
1 Francesco Batberis, ad esem pio, dichiarava nel maggio 1917: «Occorre che il proletariato ab bia
la forza di guidarsi da sé e di agire con ogni energia per abbreviare anche di un solo giorno la
guerra». Cfr. per questa parte, e in genere per l'anda m e n t o del moviment o torinese, paolo
spriANO, Torino operaia nella grande guerra, Torino i960, p. 216 e passim.
2 Cfr. vari rapporti del prefett o di Milano, ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r. (1916 11)26),
1917, C. 1, b. 20.
3 Storia della sinistra comunis ta cit., p. 304.
Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerr a
9
Il collegamen t o dei vari gruppi di estre m a, che ha anche carattere di intesa precongress u ale (in
vista delle future assise che in questi anni non si possono tenere) approda dunque alla nascita
vera e propria di una fra zione, quella intransigent e - rivoluzionaria, che ha luogo a Firenze con la
partecipa zione dei rappre se n t a n t i di molte sezioni («una cinqua nti na d'estre mis ti», per dirla
secondo la fonte prefettizia) il 24- 27 luglio 1917. La frazione lancia tosto un manifesto in cui
sostiene che il PSI deve sconfes sa re incertez z e e collabora zionis mi, ripudiare il concetto e il
sentimen t o di «patria borghese », adottare una tattica « stretta m e n t e e sincera m e n t e
rivoluzionaria », aderend o ad eventuali moti popolari con la coscienza che « la violenza è
l'ostetrica di tutte le società gravide di vi ta futura » '.
Ma l'aspett o più interess a nt e di questa trama semiclandes tina di or ganizza zio ne prerivoluzionaria
è la partecipa zione di gruppi giovanili in cui si trovano spesso insieme socialisti ed anarchici. È tra
i giovani che la rivoluzione russa ha l'eco maggiore.
Dalla trincea alla piazz a - si legge sul foglio dei giovani socialisti, « Avanguar dia» — questo è il
motto. La verità è in marcia: essa discende inesorabil me nt e e vittoriosa m e n t e dalla Russia alla
Germania. I giovani socialisti italiani attendo n o 2.
Il 24 maggio, Nicola Cilla invia clandes ti na m e n t e, come segretario della FGSI, alla direzione del
partito e al gruppo parlame nt a r e sociali sta, una « Memoria » in cui si chiede di « imporre alla CGL
un indirizz o nettam e n t e classista; di profittare di tutte le occasioni favorevoli (pro cessi politici,
crisi parlame n t a ri, provocazioni interna zionali, ecc.) per proclamare lo sciopero generale e tenere
comizi la cui parola d'ordine sia la pace immediata e non la vittoria ».
Il 1917 è anche l'anno in cui la stretta degli avvenimenti e il dram m a tico corso della guerra
mostra no come la vecchia maggioran z a di sinistra, afferm at a si nel PSI tra il 1912 e il 1915,
presenti tali differen zia zioni al suo interno da rendere non soltanto problema tica la parola
d'ordine di Lazzari di « non aderire né sabotare » ma inconciliabili i nuovi fermenti maturati tra i
nuovi disfattis ti con la tradizionale natura del partito. An che l'interna zio nalis m o è inteso in modo
diverso. Che cosa ha fatto in questi anni Oddino Morgari, con le sue iniziative di contatti
interna zio nali, se non rincorrere il sogno di ricom por re le sparse, laceratissi me, mem br a della
vecchia Interna zionale? Ancor più emblem atica è la rea Storia della sinistra comunis ta cit., p. 316.
Per la rivoluzione in Germania, «Avanguardia», a. xi, n. 487, 15 aprile 1917. Notizia della
«Memoria» in ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r. (1914 - 18), A. j, b. 73. più ampiam e n te in
Storia della sinistra comunis ta cit., pp. 106 - 7.
io
Capitolo primo
zione del segretario del partito, Lazzari, alle sollecitazioni che gli vengo no dagli impazienti
compagni « rigidi » di Torino, o dai giovani al loro congress o (settem br e 1917), per passare a
forme diverse di opposizione alla guerra. Lazzari oppone loro che i socialisti non possono essere
con tro la patria, che la tenden z a sabotat rice non è socialista.
Negare il sentime nt o di patria - egli dice ai giovani che a malape na lo lasciano continua re - è
lottare contro una realtà della vita, perché è inutile contesta re la pre ferenza che tutti abbiamo per
il luogo in cui siamo nati, per la lingua che parliam o, ecc. Negare la patria è andare anche a ritroso
della storia, perché anche i nostri più grandi precurs ori, come Carlo Pisacane, si sacrificarono per
la sua difesa... '.
Se questi 'sono i senti me nti del « centro » socialista, la destra mostra in questi frangenti una
tende n z a ancora più spiccata ad afferma re una posizione patriottica di solidarietà con la nazione
in guerra che si farà, come è noto, clamoros a dopo Caporetto, con le dichiara zioni di Turati e di
altri riformis ti alla Camera. Che cosa pensas s e Turati è stato effica cemente rivelato dalla sua
corrispo n de n z a con Camillo Corradini. Basti no queste avvertenz e sue all'amico giolittiano per
dare un quadro vivo di una situazione di lacerazione interna alle file socialiste che il dopo guerra
condurr à sino alle estre me conseguen z e per il fatto stesso che im porrà le scelte più radicali,
oppos te.
Si tratta di sapere - scrive Turati - se il governo è proprio deciso ad allearsi con gli elementi
estre misti e leninisti del Partito socialista e delle masse operaie, contro di noi che teniamo testa e
siamo i moderat ori. Io pongo a te e all'onorevole Orlando la questione molto netta m e n t e. Noi
siamo - lo sapete meglio di noi - in un periodo che si va facendo, per la stanche z z a della guerra,
ogni giorno più difficile. Nelle masse socialiste la tende n z a sabotat rice, che fin qui potem m o
contenere, con sufficiente fortuna, acquista vigore e decisione. Contro di essa - se non vi decidete
a ricorrere ad anni di guerra civile - non avete altra difesa che la tende n z a conci liante e media,
rappres e nt at a ad un dipress o dal Gruppo parlam e nt a r e 2.
Documen t o davvero lucidissi mo e rivelatore. Non è a credere, con ciò, che la linea divisoria tra
moderat ori e sobillatori sia sempre così mar cata, e sempre l'azione conseguen t e alle parole. Che,
l'equivoco dottri nario, la perora zione demagogica, l'incertez z a sul da farsi, si riscontra no un po'
in tutti i settori, da quello estrem o al folto della maggioran z a massi malista, fino ai dirigenti
sindacali i quali, mentre proprio durante
1 «Avanguardia», a. xi, n. 507, 7 ottobre 1917. La lettera che Lazzari ha inviato ai rigidi tori nesi il
24 agosto 1917 svolge gli stessi concetti: «La dottrina interna zio nalista non ha affatto bisogno di
sacrificare il naturale sentimen t o di preferen z a e di amore per il proprio paese» (cfr. Torino ope
raia nella grande guerra cit., pp. 222 - 23).
2 La lettera porta la data del 14 agosto 1917. È stata pubblicata con altre da Gabriele de rosa in
Filippo Turati e il gruppo dirigente giolittiano, «Rivista storica del Socialismo», a. 1, n. 1- 2, gen
naio - giugno 1958,p. 113.
Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerr a
n
la guerra esperimen t a n o una politica di collabora zione (contrat t at a van taggiosa m e n t e) con lo
Stato e l'impren dit ora t o, abbonda n o anch'essi in dichiarazioni incendiarie. Il modo di fare la
rivoluzione sarà problem a che sostan zial me n t e tutti i settori socialisti concepirann o alla vecchia
maniera deter mi nis tica, di « cogliere le occasioni » che lo sviluppo delle cose offrirà loro, anche se
c'è chi paventa tale sviluppo sin d'ora, chi lo paventerà nel 1919 - 20, e chi si adopra invece ad
accelerarlo.
Ma le questioni di orienta m e n t o, l'atteggiame nt o dinanzi alla crisi ge nerale apertasi con la
rivoluzione russa, appaiono abbast a n z a netta m e n t e configurati e non sarà un caso se quasi tutti i
nomi di « intransigenti » che siamo andati ram me n t a n d o come protagonis ti dell'agitazione dello
scorcio finale della guerra li ritrovere m o nelle file comunis te.
Il convegno segreto della frazione da cui abbiamo preso le mosse po ne appunt o all'ordine del
giorno un'accent u a zio ne in senso rigido del «non aderire», prepara una piattafor m a congress uale
per l'estre m a si nistra e si scaglia contro la tende n z a del gruppo parlame nt a re a « conce dere
tregua alla guerra borghese » '. Ma qual è il potere di cui possono disporre, per attuare le loro
decisioni, i convenuti che la polizia ricerca? Ancora molto scarso, e i mesi futuri ne orniranno la
dimos tra zi one mi gliore. L'interesse del convegno è prevalente m e n t e sintom a tico ed esso sarebbe
forse sfuggito all'atten zione storica se non fosse che qui, per la prima volta, s'incontr a no le due
personalità destinate a dare a questa nuova sinistra il carattere e il vigore di un nuovo partito.
Torniam o dun que ad Amadeo Bordiga e ad Antonio Gramsci.
Bordiga era nato a Resina nel giugno del 1889. Figlio di un profes sore piemonte s e d'econo mia
rurale, insegnant e alla scuola superiore d'a gricoltura di Portici e autore di studi sul Mezzogiorno,
era cresciuto nel l'ambiente intellettuale socialista napoletano ricco di fermenti di rivolta allo
stesso indiriz zo riformis tico e democratico - socialista della sezione lo cale. Sin da giovanissim o lo
distingueva una grande passione d'azione. È difficile ricostr uire la sua forma zione ideologica. Non
tocco dall'ideali smo crociano e da tutto un revisionis m o che suonava reazione ai vecchi postulati
positivistici, il giovane Bordiga aveva certo letto e studiat o i classici del marxis m o ma con una
spiccata tenden z a a cogliere nella teo ria quel compless o di norme fìsse che debbono presiedere al
moto di emancipa zione proletaria, da operarsi con il più fermo proposito rivolu zionario senza
complicazioni intellett uali o troppi dubbi nell'azione.
Bordiga, scrittore prolisso e raziocinante, non rivelerà nessuna pro pensione alla discussione
culturale. Aveva fatto il suo appre n dis t at o soStoria della sinistra comunis ta cit., p. 210.
12
Capitolo primo
cialista nel 1912 in un circolo autono m o napoleta no intitolato a Carlo Marx ', che aveva anzi
fondat o, e già si era distinto in quell'anno, al con gresso della Federazione dei giovani socialisti a
Bologna, in contra d dit torio con un torinese, Angelo Tasca, per la veemenz a con la quale aveva
ironizz a t o sul « culturis m o » di molti compagni. « La necessità dello stu dio — aveva esclamat o —
la proclama un congress o di maestri, non di so cialisti ».
Sin d'allora, da quando propug nava la necessità di « creare un movi mento di argine vivacement e
antiborghese »2 si riconosceva in lui quel l'osses sione di purez z a, quell'accent o così marcata m e n t e
giacobino — ro bespierriano, è stato felicemente definito - che non rispon deva soltant o al
tem pera m e n t o dell'uom o ma era una naturale reazione all'ambient e del socialism o napoleta no,
prope ns o al trasfor mis m o « bloccardo », alla corruzione clientelare, in cui il neofita entusiast a si
era imbatt u t o e scon trato 3. Elevare attorno al partito proletario un muro di precetti morali, di
regole d'azione, di principi ideologici che lo preservino e immuni z zi no da influenz e, oscillazioni,
dubbi, tradimen ti: è un tipico tratto bordi ghiano, che ritrovere m o costante m e n t e.
Non mancavano a quel giovane, di robustissi m a fibra fisica, né intra prenden z a né ingegno. Sarà
proprio Gramsci che lascerà scritto che il carattere suo era « inflessibile e tenace fino all'assur d o »,
che « Amadeo, come capacità di lavoro vale [va] almeno tre »4. E l'omaggio dei compa gni, seguaci
o avversari di corrente, alla personalità vigorosa di Bordiga, al suo carattere aperto e cordiale,
all'ascende n t e naturale che egli posse deva, sarà frequente.
Laureatosi in ingegneria, assistente di meccanica agraria a Portici, il giovane socialista napoleta no
era intervenut o ripetuta m e n t e sulle colon ne dell'* Avanti! » tra l'agosto del 1914 e il gennaio del
1915, nella di scussione sull'atteggia me nt o del partito dinanzi alla guerra, esprimen d o la
posizione indubbia m e n t e più vicina a quella manifesta ta da Lenin, so pratt ut t o nell'analisi della
natura del conflitto («Se andiam o verso la barbarie militare è perché tutta la civiltà borghese democratica ha pre 1 Vi è, in proposito, una testimo nia n z a del prefett o di Napoli dell'epoca. Secondo un suo rap
porto del 27 marzo 1913, al ministero dell'Interno, «alcuni membri della sezione socialista napole
tana, con a capo il noto Bordiga» si staccarono dalla federa zione locale del partito e fondaro no il
circolo rivoluzionario Carlo Marx all'inizio del 1912. I primi soci erano quindici (ACS, Min. In terno,
Dir. gen. PS, A. g. e r., 190} sg, G 1, Associazioni).
2 Cfr., sul dibattito Tasca - Bordiga, Torino operaia nella grande guerra cit., pp. 36- 37, nonché
GAETANO arfé, Il moviment o giovanile socialista, Milano 1966, pp. 118 - 47.
3 Cfr. sull'ambient e napoleta no e sulla forma zione di Bordiga: Raffaele colapietra, Napoli tra
dopoguer ra e fascismo, Milano 1962, passim; aldo romano, Antonio Gramsci tra la guerra e la rivo
luzione, «Rivista storica del Socialismo», a. 1, n. 4, ottobre - dicembre 19J8.
4 Da una lettera a Mauro Scoccimarro e a Palmiro Togliatti del 1° marzo 1924, pubblicata in
palmiro togliatti, La forma zione del gruppo dirigente del PCI nel 1923 - 24, Roma 1962, p. 228.
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parato questa soluzione delle sue intime contrad di zioni » ') ma anche per il fatto di aver osato
predicare il dovere del partito di « indebolire, se guitando senza scrupoli la sua azione specifica, la
nazione alla quale ap partiene» 2, di proclamar si partito dell'aperta discordia civile.
Bordiga si afferma come uomo di punta tra gli intransigenti in tutto il tormen t a t o periodo che
corre tra lo scoppio della guerra mondiale e l'intervent o italiano, reagendo fortem e nt e ad ogni
prope nsione senti mentale e democratica, ad ogni « preconcett o nazionale e di scrupoli pa triottici
», come scriveva, ancora sull'« Avanti! », il 23 maggio del 1915 - un giorno prima dell'ent ra t a in
guerra - auspicand o « la nuova Inter nazionale dei lavoratori ».
Se la prima «base» di Bordiga e dei suoi amici napoletani (citiamo subito, tra gli altri, il calabrese
Francesco Misiano che ritrovere m o in una posizione di concordici discors nel dopoguer ra) si forma
tra i ferro vieri, i postelegrafonici, gli impiegati, che essi organiz z a n o sindacalme n te, è alla parola
scritta, alla penetra zione nazionale nel partito e tra i giovani che il « bordighis m o » affiderà il suo
sviluppo, come vedre m o. E già nel febbraio del 1917, alla conferen z a socialista di Roma, Bordiga
ha contato i crescenti consensi alla propria critica verso le debolez ze conci liatrici della direzione:
14 000 voti contro 17 000 affluiti alla mozione d'appoggio alla linea «centrista» sostenu t a da
Lazzari. Bordiga dirige anche in questo periodo l’« Avanguardia » (dal settem bre 1917), il setti
manale sul quale dal 1912 egli conduceva le sue battaglie politico - ideo logiche, la sua polemica
antirifor mis t a.
Assai diverso è il caso di Antonio Gramsci, per origini, formazione culturale, iniziazione politica.
Se Bordiga era « intelletto quant o altri mai raziocinant e e scheletricame n t e geomet rico »3, Gramsci
rivelava giova nissimo una prepara zione filosofica e letteraria, una forma mentis nutri tasi alla
dialettica hegeliana che avrebbero fatto del suo stesso « garzo nato » politico qualcosa di più
compless o. Sono state largamen t e rintrac ciate l'influen z a crociana, il richiamo « concretistico »
salveminiano nella forma zione giovanile di Gramsci e, con esse, quella riscopert a di Marx
attraverso lo studio della filosofia classica tedesca, quell'ardore missio nario, quella tensione etica,
che facevano di lui e dei suoi coetanei e ami ci, presso l'Università torinese, negli anni
dell'anteguerr a, i pionieri di un nuovo modo di essere socialisti. Esso si identificava con tutto ciò
che un ideale moder no, laico, un saper vivere « senza religione » offriva ai «giovani pensosi».
Amadeo bordiga, Al nostro posto, «Avanti! », 14 agosto 1914.
Ibid.
Raffaele colapietra, Napoli tra dopoguerr a e fascis mo cit., p. 30, nota 55.
14
Capitolo primo
Gramsci era venuto nel 1911 a Torino, dalla Sardegna (era nato ad Ales nel gennaio del 1891),
figlio di un modes t o impiegato, dopo un'a dolescenz a segnata profon da m e n t e dai disagi materiali,
da una salute malferm a, da un corpo deform e. Sensibilissimo all'amicizia, generoso ma anche
chiuso ed apparta t o, di una riservate z z a così radicata che lo in durrà sempre a non apparire in
primo piano, quel ragaz z o sardo, pur de stinato a divenire un dirigente eccezionale, formava
l'esatta antitesi del tipo di « capo » tradizionale nelle file socialiste, del tribuno che arringa va le
folle, del personaggio popolarissi m o.
Aveva una voce così bassa che mal s'addiceva ai comizi. Preferiva ascoltare che non parlare, e
parlare a tu per tu col compagno o con l'ope raio che non intervenire a una tribuna; badava a
suscitare e a convincere piuttos t o che a proclama re e a coman da r e. Non aveva neppur e il tempe
rament o dell'apos t olo: l'ironia, il sarcas m o, il gusto della precisione lo gica e del lavoro ben fatto,
si accom pagnavano agli slanci di una passione e di una volontà che il naturale « pessimis m o
dell'intelligenza » non of fuscava. Era tenace ma gli amici gli rimproveravano anche una certa
inerzia, provocata però più spesso da gravi crisi nervose.
Si può fissare intorno al 19io, mentre studiava al liceo di Cagliari ', il suo primo accostarsi al
moviment o socialista, sia attravers o la lettura di un periodico culturale « rivoluzionario » come « Il
Viandant e » di To maso Monicelli, sia attravers o un contatt o con la Camera del lavoro del luogo.
Ma non è tanto una lettura o una frequent a zione a segnare quel l'inizio quanto un moto di
solidarietà umana, un'atte n zione alle condi zioni di vita del popolo che ritrovere m o in tutta la
personalità di Grani sci socialista e che, al passaggio dalla arretrat a società sarda all'atm osfer a
della Torino operaia delle grandi battaglie sindacali del 1912 - 13, impe gnate dagli operai
dell'auto m o bile, si espri merà in un'adesione piena.
Bisogna però attende re alcuni anni perché l'adesione divenga milizia. Dall'aut un n o del 1914 data è vero - la sua collabora zione, saltuaria, al settim an ale torinese del partito « Il Grido del Popolo
» (e dal 1913 la sua iscrizione alla sezione socialista locale)2. L'esordio è singolare. In un ar ticolo
del 31 ottobre 1914 Gramsci prende posizione nel dibattito sul l'atteggiame n t o dei socialisti
italiani peroran d o - sulla scia della tesi di Mussolini, direttore dell'« Avanti! » - il passaggio dalla
neutralità asso 1 Su tutto il periodo «sardo», sull'infan zia, l'adolescen z a, la prima forma zione ideale, cfr. la ricca
informa zio ne che fornisce Giuseppe fiori, Vita di Antonio Gramsci, Bari 1966, pp. 9- 104.
2 La testimo nian z a più precisa in merito è di Battista Santhià: « Durante, o subito dopo il lungo
sciopero metallurgico del 1913, Gramsci chiede l'iscrizione al partito socialista; Tasca firma la do
manda. Causa la lunga procedura per l'ammissione al partito la tessera a Gramsci non è stata
conse gnata che alla fine del 1913 ». Citata da alfonso leonetti, in Lettere di Valmiro Togliatti e
note sul moviment o operaio, «Il Ponte», a. xxn, n. 8- 9, 30 settem bre 1966, p. 107J.
Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerr a
15
luta alla neutralità attiva ed operante. Poi tace per più di un anno, tor mentato di dubbi. Lo scritto
alimenterà nel dopoguerra la leggenda di un Gramsci interventis ta e nel fuoco delle polemiche
interne qualcuno dirà che egli era andato in guerra volontario tra gli arditi! C'era andato invece il
fratello Mario. (Una prova di più di quanto poco fosse conosciu to di persona Gramsci fuori della
cerchia ristret ta degli amici torinesi). Quell'articolo - dove non si sospett ava l'approd o a cui
sarebbe giunto il suo ispiratore - testimoniava, più sem pliceme nt e, dell'ascen de n t e che avevano
esercitato su Gramsci, come su tanti giovani socialisti, la perso nalità di Mussolini, la sua polemica
antirifor mis tica, gli echi sorelliani che vi si incontravano. Un primo contatt o diretto con Mussolini
non avrà però seguito.
È nel 1915 - 16, e non senza pause di sosta e di silenzio dovute oltre che agli studi intensi a
sopras s alti di malattie e a depres sioni fisiche e psichiche (di cui è un angosciato ricordo nelle
lettere della maturità) che Antonio Gramsci si impegna nella attività di partito e chiarisce in senso
rigoroso quell'iniziale stimolo a reagire all'attesis m o ufficiale, al culto del beato isolament o.
Gramsci diviene cronista della pagina torine se dell'« Avanti! », annota tore di costu m e, critico
teatrale, tiene qualche conferen za sui temi più vari di cultura generale (da Ibsen alla rivoluzio ne
francese, da Romain Rolland all'emancipa zio ne femminile) nei circoli socialisti della « barriera »
operaia della città, redige un numero unico, « La città futura » che è la migliore testimo nia n z a del
suo socialism o gio vanile, carico di passione partigiana, di idealismo, di entusias m o volon taristico.
La rivolta popolare dell'agosto del 1917, con le barricate, la lotta per le strade - dove caddero più
di cinquant a operai - costituisce un mo mento di rapida matura zio ne nella biografia politica del
solitario stu dente sardo, sancisce il vero incontro appas sionat o con il moviment o reale dei
lavoratori sotto il cui segno andrà tutto il decennio successivo della sua vita di militante
rivoluzionario.
Appena la som m os s a è sedata da una dura repres sione la voce di Gramsci, provvisoria me n t e
segretario della sezione, e direttore del « Grido del Popolo », risuona di vibrazioni nervose, già in
polemica tra sparente coi padri della « Critica sociale », col loro contrap p o r r e l'evol versi graduale
della società ai pericoli del socialismo «barricadiero». Claudio Treves aveva, appun t o, lamenta t o «
l'errore » della som m os s a torinese. E Gramsci, alle prese con la censura, così riusciva a replicare:
Noi ci sentia mo solidali con questo nuovo immens o pullulare di forze giovanili e non ne
rinneghere m o quelli che i filistei chiama no errori e gioiamo del senso gagliardo della vita che ne
proma n a... Il proletariato non vuole predicatori di esterio -
16
Capitolo primo
rità, freddi alchimisti di parole: vuole compre nsione, intelligenz a e simpatia piena d'amore '.
Bordiga si rivelava sull'« Avanti! » dinanzi alla scelta ideale e pratica che poneva la guerra; Gramsci
ha in sorte di esprimere il primo comm en to dell'« Avanti! » (ormai censuratissi mo) al grande fatto
nuovo della ri voluzione d'ottobre. Egli intitola l'articolo La rivoluzione contro il « Ca pitale». Sono
contro il Capitale di Marx i bolscevichi in quant o - argo menta Gramsci - essi supera no nei fatti
l'interpret a zi one meccanica, de terministica, del marxis m o propria della tradizione
socialde m ocra tica (che un'altra volta definirà la teoria dell'iner zia del proletariato), conte stano,
col loro atto vittorioso, la creden z a che esista
una fatale necessità che in Russia si formi una borghesia, si inizi un'era capitalistica prima che il
proletariato po[ssa] neppu re pensare alla riscossa, alle sue rivendica zioni di classe, alla sua
rivoluzione2.
Fiducia nella storia scritta dagli uomini, fiducia nei fatti, più forti del le ideologie. Il giovane che va
a Firenze poche settima ne dopo a incontra re Bordiga già sente in quella riunione gravare su di sé
l'accusa di nu trire tenden z e bergsoniane, la sua esaltazione della sponta neità, il porre l'accento
sulla volontà, sono sospet ti ora come quando si esprimera n n o in una posizione dottrinale più
articolata. Eppure il « volontaris ta » è uno dei pochi, nel 1917, tra i socialisti italiani, a non
pronos ticare alla rivoluzione russa la sorte tragica della Comune parigina.
Per una curiosa ironia, l'uomo che fa conoscere al di là dell'am bito locale le due voci più nuove del
socialismo intransigent e, Giacinto Me notti Serrati, diventerà il bersaglio principale del loro fuoco
incrociato nel 1920 - 22, l'oggetto di una polemica non di rado meschina sul piano personale.
Serrati è della generazione precedent e, ma non del socialismo paludat o dei profess ori. È un self
made man, il cui tirocinio4 ricorda in una certa misura quello di Mussolini che egli nel 1914 ha
sostituito alla direzione dell'« Avanti! », senza farne rimpiangere lo spirito battagliero. Ma mentre
il transfuga pareva essere passato per caso attraverso il socia lismo Serrati è l'uomo dell'unità,
sente come intima m e n t e suo, fino a vi verne con intensa dram m a ticità tutto il travaglio, il
patrimo nio ideale del partito, delle sue varie compone n ti, la forza di una tradizione, lo spi rito di
bandiera.
Forse è un « patriottis m o » tanto più vissuto in quanto si è alimenta 1 Analogie e metafore, non firmato, «Il Grido del Popolo», a. xxu, n. 688, ij ottobre 1917.
2 Antonio gramsci, ha rivoluzione contro il «Capitale», «Avanti! », 24 novembre 1917.
3 Ne farà cenno lo stesso Gramsci nella nota dal carcere, La favola del castoro, Passato e Presen
te, Torino 1951, p. 59.
4 Cfr. renzo de felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, pp. 38- 40.
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to in un lungo esilio. Nato ad Oneglia nel 1872, militante sin da giova nissimo, giù volte arrestat o e
incarcerat o da Crispi, G. M. Serrati era riparato per sfuggire ad una condan na, prima a Marsiglia
dove aveva fat to lo scaricatore nel porto, poi nel Madagascar, come operaio, quindi a New York,
nel 1902, direttore del giornale « Il Proletario » per gli emi grati socialisti italiani, e, di qui, in
Svizzera. A Losanna l'avevano eletto segretario della sezione locale del PSI; passato nel Canton
Ticino aveva assunt o la direzione dell'* Avvenire del Lavoratore », della tenden z a più rigida, fino al
suo ritorno in patria, nel 1912.
Serrati direttore dell'« Avanti! » diventa rapida m e n t e uno dei più prestigiosi dirigenti, forse il più
popolare al tem po della guerra, in patria e tra i socialisti internazionalisti. È lui che, giocando una
vera beffa alla censura, riesce a pubblicare il manifesto della conferen z a di Zimmer wald, fa
conoscere e amare ai lettori uomini come Karl Liebknecht e Franz Mehring, Lenin e Trockij,
Romain Rolland, Rosa Luxemburg, Klara Zetkin; a Kienthal è il solo della delegazione italiana ad
appoggia re la propos t a di Lenin di abbando na re la II Interna zionale e di costi tuirne una III. È un
polemist a (uno « scam polista ») arguto, puntiglioso, anche se non caustico. Non reca idee originali,
no. Il suo marxis m o non ha di leninista se non la simpatia romantica per il rivoluzionario, e l'idea
della necessità della rivoluzione, che, per il resto, Turati è ancora il pri mo ispiratore e venerato
maestro (anche se il direttore dell'« Avanti! » non rispar mia rimbrot ti alle sue dichiarazioni
patriot tiche). La matrice positivistica è la stessa, anzi essa si present a col socialista ligure « intran
sigente » in una versione più rozza, di primitivo razionalis m o.
Quando Serrati viene arrestat o nel maggio del 1918 sotto l'imput a zione di « tradimen t o indirett o
» per aver preso parte (cosa non esatta) ai fatti di Torino del 1917, manda ali'«Avanti! » dal carcere
- firman do col numero 48, quello della sua cella - alcuni scritti in cui riprende la po lemica con le
« tentazioni » di Turati. Ma dinanzi ai giudici militari, al processo in cui sarà conda nn a t o a tre anni
e mezzo di reclusione - scon terà la pena fino al marzo del 1919 - si difende citando una famosa
frase turatiana, durante la reazione del 1898:
Potete fare di me quello che volete ma la medaglia di Carlo Marx non me la strapp at e. «... Ho avuto
tutto ciò che può sperare un modes t o milite che ha una sola qualità: la fede»'.
Bordiga, Gramsci, Serrati. I protagonis ti della futura lotta interna al partito non esauriscono il
quadro della fase di trapas s o tra il semiclande Crr. Autodifese di militanti operai e democratici italiani davanti ai Tribunali, Milano 1958, PP. 136 37.
18
Capitolo primo
stino moto di resisten z a socialista durante la guerra e l'esplodere della crisi rivoluzionaria
all'indom a ni stesso della fine del conflitto. Ma le li nee di tende n z a essenziali, i motivi dei
contras ti di quell'indo m a ni, sono presenti. Semmai, si tratterà di vederli decant ati, dopo il
mome nt o di ge nerale fervore entusias tico (Bordiga fonda « Il Soviet » sin dal dicembre 1918,
Gramsci « L'Ordine nuovo » nel maggio 1919). Al XV congres so nazionale del PSI che si tiene a
Roma, in condizioni precarie (anche il se gretario del partito Lazzari è in carcere) sullo scorcio
finale della guerra, nel settem b re del 1918, il massimalis m o è trionfante, e il gruppo parla
mentare, imputat o di collabora zionis m o, è l'oggetto principale dei suoi strali polemici.
Gli occhi di tutti sono però rivolti al di là della frontiera: alle grandi battaglie che decidera nn o la
sorte degli Imperi Centrali, alla Russia do ve, dopo la pace di Brest - Litovsk, si è costituita la
Repubblica sovietica e socialista. Il PSI non intende confonder si con i partiti socialisti dei paesi
alleati. Al congress o di Roma del sette m br e 1918 grandi applausi accol gono il messaggio di Lenin
ai « socialisti intransigenti di tutti i paesi » e la direzione uscita dall'assise invoca riunioni
interna zionali cui parteci pino « tutti i socialisti che si impegnano a rom pere ogni tregua con le
clas si domina nti».
Il congres so, in questa vigilia della fine della guerra, già respira l'aria dell'attesa rivoluziona ria.
Tutti cominciano a proclama rsi tali, ad esclu sione, e neppu re netta, della minora n z a riformista; ha
inizio, a vero dire, un moment o in cui il process o di distinzione della « nuova sinistra » si
stem pe ra - anche se non si annulla - in un massimalis m o generico che accom un a per ora i Repossi
e i Gennari, entrati nella nuova direzione, con uomini molto meno estremisti come Velia, Lazzari e
Serrati. Così, la frazione intransigente - rivoluziona ria conquista con la sua mozione più del 70% dei
suffragi (il partito conta circa 20 000 iscritti). La piattafor ma politica, o meglio l'insieme di
speran z e, aspetta tive, entusias mi, che si affacciano, è ben rappres e nt at o da questo passo:
Tentare ogni sforzo per impedire l'opera di soffocam e n t o della rivoluzione russa e di ogni azione
che eventual me n t e potesse muovere (in altro Stato) alla con quista rivoluzionaria del potere col
progra m m a della pace immediata e della espro priazione capitalistica. Così, nell'am bito nazionale,
il Partito sarà pronto ad appro fittare di ogni causa di debolez z a delle classi domina nti a
risvegliare, irrobustire e guidare le forze proletarie '.
Il nome di Lenin esce dalla leggenda per divenire un richiamo poli tico costante, anche se la sua
azione è poco conosciuta e la sua opera teo 1 Cfr. Il PSI nei suoi congres si, voi. Ili, a cura di Franco Pedone, Milano 1963, pp. 41- 43.
Bordiga, Gramsci e Serrati dalla guerra al dopoguerr a
19
rica ancor meno. Sul « Grido del Popolo » che il giovane direttore ha tra sformat o, per dirla con le
parole di Piero Gobetti, in « una rivista di pen siero e di cultura » ', lo studio e l'esaltazione
dell'esperien z a russa, l'ana lisi degli istituti rivoluzionari che ivi si sono afferma ti, divengono il leit
motiv. Il bolscevism o — afferm a Gramsci — è un fenom en o storico di im mensa portata, non è
opera di utopisti ma di avanguar die consapevoli e di masse che si muovono sulla via giusta, l'unica
strada giusta2. La « rap present a n z a diretta dei produt t o ri » già avvince il futuro teorico dei
Consigli di fabbrica. Gramsci comme n t a in questi termini il congres so di Roma:
Il trionfo della nostra frazione non deve illuderci e indurci a rallentare la no stra opera di cultura e
di educazione. Esso, anzi, ci crea respons a bilità maggiori3.
pierò gobetti, Storia dei comunis ti torinesi scritta da un liberale, Scritti politici, Torino 1960,
p. 283.
L'opera di Lenin, non firmato, «Il Grido del Popolo», a. xxiii, n. 738, 14 settem bre 1918. Dopo il
congres so, non firmato, «Il Grido del Popolo», a. xxiii, n. 738, 14 settem br e 1918.
Capitolo secondo
La fondazione della III Internazionale e il PSI
La rivoluzione operaia pare divampa re all'indo m a ni stesso della resa degli Imperi Centrali,
dall'Oriente europeo in Occidente. È già in atto in Germania, « il paese più avanzat o del mondo »
dirà Lenin, e ha assun to il potere in Ungheria.
La fonda zione della III Interna zionale, dell'Interna zio nale comunis ta - affer ma Lenin all'indo m a ni
della conferen z a in cui essa nasce - è la vigilia della repub blica interna zionale dei soviet, della
vittoria interna zionale del comunis m o '.
La nuova Interna zionale cava le proprie premes se dalla critica leni niana alla II («una buca delle
lettere»), dalla denuncia dei suoi capi, del fallimento mostra to in occasione e durante la guerra. I
lavoratori ri voluzionari dovranno sbara z z a r si di simili dirigenti opport u ni s ti, e non soltanto dei «
socialsciovinisti », considerati avversari diretti di classe, «borghesi nel moviment o operaio», ma di
quei « socialpacifisti», esi tanti, fautori di una unità socialista che appare a Lenin l'equivoco mag
giore da dissipare: i Kautsky, i Longuet, i MacDonald, i Grimm, i Tu rati, i Modigliani, gli Adler, i
Martov.
È dalla scissione più netta, dalla lotta più aspra contro i menscevichi (i minoritari, divenuti
sinonim o di « socialrifor mis ti ») che i bolscevichi sono giunti al potere, hanno conquista t o a sé i
soviet operai, hanno mes so in moto il grande mondo contadi no russo. E le analogie che, dal 1917,
essi vanno fissando sul piano interna zion ale partono tutte dalla propria esperienz a vittoriosa,
matura t a mediant e una lotta politica e un'azio ne rivoluzionaria che non hanno riscontro nelle
altre socialdem ocra zie d'Europa. Esse si sono sviluppa te in un quindicennio attraverso varie tappe:
dal 1905 al 1917, dal febbraio all'ottobre, da Brest - Litovsk alla difesa del nuovo Stato contro gli
assalti delle truppe « bianche » e dei contingenti alleati che lo insidiano nel 1919, l'anno del
grande isolamen to della Russia.
1 Conquista to e registrato, «Pravda», 6 marzo 1919, in Vladimir il'ic lenin, Opere scelte, Roma
1965, p. 1215.
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
21
La rivoluzione in Europa dovrebbe dunq ue seguire lo stesso corso, obbede n d o agli stessi principi
fonda m e n t ali. La dittatur a del proletaria to in primo luogo, « necessaria per tutta la massa dei
lavoratori come unica difesa contro la dittat ura della borghesia che ha portato alla guerra e
prepara nuove guerre », una dittat ura che spez zi « la macchina dello Stato borghese », che schiacci
con violenza « l'opposi zione degli sfrutta tori », e che porti con sé
non solo il muta m e n t o delle forme e delle istituzioni della borghesia in generale ma precisam e n t e
un muta me n t o tale che estenda come non mai l'utilizza zione di fatto della, democra zia da parte
degli oppres si del capitalis m o1.
Perciò Lenin spia le forme di dittat ura proletaria, i germi di potere sovietico che spunt a no in
Germania con il Rate System (il sistema dei Consigli) oppure in Inghilterra con il moviment o di
delegati d'officina, gli Shop - Stewards Commities, ed è convinto che con la vittoria « anche in uno
solo dei paesi più progre diti » avverrebbe una brusca svolta e la Russia cesserebbe di essere il
paese modello. La vittoria su scala interna zionale appare a tutto lo stato maggiore del partito
bolscevico la condi zione stessa perché la rivoluzione russa possa resistere. Trockij lo ha af
fermat o sin dal dicembre del 1917 :
Se i popoli di Europa non si sollevano schiacciando l'imperialis m o noi saremo schiacciati — ciò è
fuori di dubbio. O la rivoluzione russa susciterà il turbine della lotta in Occidente oppure i
capitalisti di tutti i paesi soffochera n n o la nostra lotta2.
E Bucharin, al VII congres so del partito bolscevico, aggiungerà:
Noi dicevamo, e diciamo, che in definitiva tutto dipende dal fatto che la rivo luzione
interna zionale vinca o non vinca. In definitiva, la rivoluzione interna zio na le, e soltanto essa, è la
nostra salvezz a 3.
È una condizione di cui non si dubita. Il quadro europeo suffraga lar gamente l'ottimis m o. In
Ungheria il potere sovietico si afferma attraver so l'alleanza, anzi la fusione al governo, tra
comunisti e socialdem ocra tici. In Germania - come vedrem o - sorge alla fine di dicembre del
1918, dalla lega spartachist a, il Partito comunis ta e l'insurre zione ope raia, lo stesso assassinio,
nel gennaio del 1919, di Karl Liebknecht e Ro sa Luxemburg, sono considerati a Mosca la prima
tappa dolorosa di un cammino del proletariato tedesco analogo a quello della Russia.
Nel gennaio del 1919, Lenin prom u ove l'invito « a tutti i partiti con ' lenin, Tesi e rappor to sulla democra zìa borghese e sulla dittat ura del proletariato, present ati " 4
marzo 1919, in L'Interna zionale comunist a, Roma 1950, p. ji. Vtoroj Vserossijikij S'ezd Sovetov
(1928), pp. 86- 87. Sed'mo) S'ezd Rossjskoj Komm unis ticeskoj Partii (1923), pp. 34- 3.5.
22
Capitolo secondo
trari alla II Interna zionale » a partecipare a un congress o a Mosca, o me glio a una conferen z a, che
abbia per obiettivo la creazione di una terza «Associazione interna zionale dei lavoratori». Se la 1°
di Marx, aveva gettato le fonda m e n t a della lotta interna zionale per il socialismo, e la II aveva
prepara t o il « terreno per una diffusione larga, di massa, del mo vimento, in un buon numero di
paesi », ed era poi naufragata nell'oppor tunis m o con la guerra del 1914 - 18, la III avrebbe
cominciato ad attuare la dittat ur a del proletariato, « subordina n d o - come specificava l'invito a 39
partiti o minora n z e di essi - gli interessi del moviment o di ciascun particolare paese agli interes si
della rivoluzione su scala interna zionale ».
Il manifesto di convocazione, oltreché da Lenin e Trockij, è firmato dai partiti comunis ti polacco,
ungherese, austriaco, lettone, finlande se, da Rakovskij a nome della Federazione socialde m ocratica
rivoluzionaria balcanica e da Reinstein per il Socialist Labor Party americano. Il «cor done sanitario
» cinto attorno alla Russia sovietica impedisce a numerose rappre se nt a n z e di giungere a Mosca
dove il 7 di marzo è convocata l'a pertura della « conferenz a interna zionale comunist a ».
Per ciò che concerne l'Italia, vi sono colorazioni roman z es c he del pri mo contatt o (ma non perciò
meno illumina nti di una realtà: che la estre ma difficoltà e aleatorietà delle comunica zioni e dei
rappor ti reciproci perdurer à ancora nel 1920, contribue n d o non poco a creare barriere, in
comprensioni, equivoci).
Pare dunque, a quanto dirà Costantino Lazzari al XVI congress o del PSI, a Bologna, che i rapporti
diretti siano cominciati così:
Nel mese di marzo era arrivato in mio posses s o, attraverso le scarpe di un po vero pellegrino che
veniva da Mosca l'invito ufficiale e originale che i compagni co munisti di Russia mandavano per la
costituzione della Terza Interna zionale. Di questo invito noi avevamo prima sentito parlare e
qualche notizia era venuta attra verso la stam p a estera; ma esatta m e n t e lo conosceva m o solo
attraverso le scarpe del povero pellegrino che era stato arrestat o appena arrivato alla frontiera '.
In verità, qualcosa di più era trapelata. I giovani socialisti italiani, ad esem pio, diffondeva no nel
febbraio del 1919 una circolare in cui si pub blicava l'appello di Lenin, datato da Mosca (23
gennaio) per la « convo cazione della nuova Interna zionale rivoluzionaria ». Al testo dell'appello
seguiva una fiera, entusias tica, postilla del segretario della Federazione giovanile socialista, Luigi
Polano, che sottolineava come l'invito fosse rivolto anche al PSI e alla « gioventù socialista
interna zionale ».
L'atto con cui Lenin ci chiama a congresso - scriveva Polano - è il miglior de creto di abilitazione
morale e politica che poteva essere compilato per noi, guardie
1 Cfr. XVI Congres so dei PSI, resocont o stenografico, ed. «Avanti!», 1920, p. 38.
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
23
giovani del socialism o comunist a interna zion ale!... Sicuri di interpret are la immen sa falange dei
giovani socialisti non solo d'Italia ma del mondo intero, rispon dia m o all'appello di Nicola Lenin
con vibrato presente! Comunisti del mondo, giovani e adulti, a Congresso1!
Quasi negli stessi giorni, Oddino Morgari, che da un decennio è il « ministro degli Esteri » del PSI e
ha svolto una parte di primo piano nell'organiz za zio ne della conferen z a di Zimmerwald (pur
schieran do si, a quel tempo, contro la linea dei bolscevichi), manda a Lenin segreta m e n t e queste
righe, vergate su piccoli ritagli di carta:
Sono delegato ufficialmente dal partito socialista italiano per esprimere al bol scevismo la
solidarietà senza riserve, entusiasta e riconoscente del partito e del pro letariato cosciente
italiano... Mando il più caldo saluto ai compagni russi e al po tere sovietico. Spero di essere in
Russia tra breve2.
Morgari si mette in viaggio ma non riesce a raggiungere la Russia (si fermerà nell'Ungheria
sovietica). Né sarà il solo, come s'è detto. Tra i cinqua nt a delegati alla conferen z a moscovita,
mancano pratica me nt e, con gli italiani, i francesi, i belgi, gli inglesi, gli spagnoli. Altri rappre
sentanti non sono in grado di parlare a nome del proprio partito: solo di ciannove hanno voto
deliberativo3. La fonda zione dell'Interna zionale comunist a è più formale che sostan ziale. La
prevalenz a russa, ancorché sia proclama t a come provvisoria, è schiacciante. Zinov'ev e Radek (allo
ra imprigionato in Germania) sono eletti alla testa del nuovo organis m o, che nasce ufficialmente il
4 marzo, con l'adesione di rappres e nt a n ti del l'Austria, dell'Ungheria, della Scandinavia, della
Svizzera, della Federa zione balcanica e l'astensione del rapprese n t a n t e tedesco. Del resto, è
proprio dall'im pro n t a bolscevica che la III Interna zionale ricava il suo maggiore prestigio presso i
partiti socialisti dell'Occident e, o almeno la loro ala sinistra, e presso le masse che si ispirano
all'esem pio sovietico. A queste è dedicato il maggiore sforzo di « educa zione rivoluzionaria » che il
1° congresso si propone di compiere: chiarire l'importa n z a e la ne cessità dei soviet, lavorare per
la loro diffusione, mobilitarsi in difesa della rivoluzione russa assediata e assalita, costringere i
governi dell'In tesa ad abbando n a re l'intervento nella guerra civile.
Copia della circolare a stam p a intestat a alla FGSI e datata Roma, 1} febbraio 1919, è tras m es sa dal
prefetto di Siena il 31 marzo 1919 al ministero dell'Interno per sapere se può essere oggetto di
denun zi a all'autorità giudiziaria contenen d o «eccitame nti alla rivolta armata» (ACS, Min In terno^,
Dir. gen. PS, A. g.er., 1919, C. 1, b. 8j).
Ne da notizia Lenin stesso in un discorso tenut o a Mosca il 17 aprile 1919. Due estratti della
lettera vengono pubblicati, tradot ti in francese, da Angelica Balabanoff, in un suo messaggio «aux
camarade s italiens», in «L'Internationale comm u ni s t e», a. 1, n. 1, 1° maggio 1919.
Sui lavori della conferen z a, sul carattere dell'intervent o russo, cfr. Edward h. carr, La rivo luzione
bolscevica (1917 - 1923), Torino 1964, pp. 911 - 12.
Cfr. più avanti, p. 25.
24
Capitolo secondo
L'«ondata rossa» monta nella primavera: in aprile a Monaco, gli operai bavaresi proclama n o la
repubblica sovietica; in Inghilterra il mo vimento laburista vede sorgere dal suo seno uno
schiera m e n t o operaio di sinistra, assai forte, su cui Lenin fonda grandi speran z e, pros pe t t a n d o un
suo sviluppo tale che crei un dualism o di poteri effettivo nelle fabbri che. Addirittura « ultra
sinistre » appaiono correnti sindacali e politiche che si fanno luce.in Francia, in Olanda, in
Germania, anche se sono de stinate a rapida dissoluzione. Comunq u e, in Francia, si crea in maggio
un «Comité de la III Internationale» capeggiato da Loriot, Suvarin e Rosmer che preparerà
l'adesione della maggioran z a del Partito socialista francese.
Tra maggio ed agosto, la situazione muta notevolmen t e. Crolla la Ba viera sovietica e, fatto assai
più grave, che occuperà l'atten zione e ali menterà i dibattiti di tutto il moviment o comunist a,
fallisce anche l'espe rimento della Repubblica sovietica ungherese sotto l'urto dell'esercito
rumeno. La fusione tra comunis ti e socialde mocratici ha avuto rapida fine e al sabotaggio di questi
ultimi si imput a lo scacco: monito per tutti gli altri paesi, che rafforza nei bolscevichi la
convinzione che la rottura con la destra debba sem pre precedere un tentativo di presa del potere.
L'autunn o segna poi la crisi più grave per la Russia. Le trup pe organiz zate dai generali « bianchi »
e armate dall'Intesa avanza no su tutti i fron ti, dalla Siberia (Kolcak) alle porte di Leningrado
(Judenic), sino in Ucraina e nella Russia centrale (Denikin) a trecento chilometri da Mo sca. I
contatti del centro della neonata Interna zionale comunista con i partiti comunisti e socialisti
europei sono pressoché interrot ti.
Che l'Interna zio nale non coordini affatto, nel 1919, l'attività dei suoi vari « reparti », che alcune
sconfitte siano già registrate, non significa che la crisi rivoluzionaria si vada risolvendo in senso
negativo né che il moto centripet o stia perciò rallentan d o. Già da allora sono due i paesi nei qua li
la prospet tiva della presa del potere pare più vicina: la Germania e l'I talia. In Germania, nel
novembre del 1918, un forte moviment o rivolu zionario operaio, partito da Kiel e dalle città
port uali, si era esteso all'e sercito, aveva raggiunto Berlino e portat o al potere, attraverso il manda
to dell'asse m blea dei Consigli degli operai e dei soldati sei com mis sari del popolo, socialisti del
partito maggioritario di Scheidem a n n, di tipica intona zione socialde m ocra tica, e del partito degli
indipen de n ti (USPD) che si collocava alla sua sinistra. Forte appariva il moviment o comunis ta
raccolto attorno alla « Lega di Spartaco », capeggiato da Liebknecht e da Rosa Luxemburg, che
puntava a dare tutto il potere ai soviet ment re la ##
1 annie kriegel, Aux origines du cotnm u n u m e jranqais cit., voi. II, pp. 575 - 652.
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
25
socialde m ocra zia tedesca chiedeva un'asse m blea costitue nt e e gli indi penden ti apparivano divisi:
una divisione che rifletteva lo stesso vario orienta m e n t o delle masse popolari della Germania dove
si contra p p o n e vano una forte spinta rivoluziona ria e una non meno radicata tradizione di «
aristocra zia operaia ».
L'urto, il primo urto decisivo, avviene nel gennaio del 1919 quando un'insur re zio ne spartachis ta è
spent a nel sangue dalle forze governative coman da t e da Noske, un espone nt e dell'estre m a destra
socialde m ocra tica, e prima Liebknecht e poi Rosa Luxemburg vengono uccisi dalle truppe operanti
agli ordini del governo. L'assassinio resterà un simbolo della funzione controrivoluziona ria della
socialde m ocra zia. Le sorti suc cessive della lotta per il potere in Germania (pur compro m e s s e dal
crollo della Baviera sovietica e da un progressivo annient a m e n t o del potere po litico dei Consigli)
non sono però segnate con il falliment o della prima ondat a rivoluzionaria. Il moviment o operaio di
sinistra, sorret to anche da un fortissim o fronte sindacale (che raduna nelle sue file quasi nove
milioni di lavoratori) subisce piuttos to un ulteriore travaglio, con la ri nascita (nell'USPD) e il
rinvigorime nt o, di una grande corrente di oppo sizione al governo e la scissione del Partito
comunist a tedesco - guidato ora da Paul Levi (KPD). Dalle sue file escono infatti quasi metà dei
mili tanti che danno vita a una forma zione estremist a, il Partito operaio co munista (KAPD), che è
ispirato da una intransigen z a radicale nei con fronti di ogni tattica che miri a « compro m e t t er e »
l'avanguar dia operaia rivoluziona ria.
La comples sità politica del moviment o socialista tedesco (dove le stesse ispirazioni teoriche del
KPD sono assai eterogenee) si era, d'al tronde, già rivelata al 1° congresso dell'Interna zionale dove
il delegato spartachist a Eberlein si era mostrat o avverso alla sua costitu zione, sulla base stessa
delle preoccupa zio ni espress e da Rosa Luxemburg di fronte a un'organi z z a zi one interna zionale
che si rivelasse prema t u r a rispetto al moviment o delle masse '. La situazione della Germania resta
comun q ue aperta a una ripresa rivoluzionaria nel primissim o dopoguerra.
Quanto all'Italia del 1919, la tensione sociale non è meno evidente.
Nel 1919 gli elementi della crisi di tutta la società italiana divengono tali che il paese pare
partecipare maggior me n t e della situazione dei paesi vinti che di quella dei paesi vincitori. Il
dissesto econo mico è gravissimo. La circolazione monet aria si accresce in sei mesi di quattro
miliardi di ##
Sull'atteggiam e nt o dei delegati tedeschi al I congress o dell'Interna zionale comunis ta cfr. B.
reinstein, Sur la vote du I Congrès de l'I. C, in Dix années de lutte pour la révolution mon diale,
Paris 1929, pp. 295 - 98, e H. eberlein, ha fondation de l'I. C. et la Ligue Spartacus, ibid., Pp.
299.303.
26
Capitolo secondo
lire, la spirale dell'inflazione prende subito la sua ascesa, i cambi con le monete straniere salgono
rapidissi ma m e n t e (il dollaro da 6,34 alla fine della guerra giunge a 13,07 nel 1919, la sterlina da
30,27 a 50,08) il de bito pubblico è ormai di 74 496 milioni di lire. E, ciò che è più grave, mentre
l'indus tria, sviluppa t asi notevolmen t e durante la guerra, stenta ad operare una brusca
riconversione di un apparat o divenuto elefantiaco e la produ zio ne si abbas sa in misura che varia
dal 20 sino al 40%, anche l'agricoltura è in crisi. Cala la produ zio ne del frumen t o e quella del gra
noturco. Le importa zioni di generi alimentari pesano per il 40% sullo sbilancio comm erciale.
Tutti i ceti si trovano, per una ragione o per l'altra, in uno stato di insofferen z a e di disagio,
premo no con forza eversiva su uno Stato la cui « macchina » (per stare alla form ula leniniana) è
graveme nt e inceppat a. Il nuovo governo Nitti (giugno 1919), che tenta una restaura zio ne eco
nomica facendo leva su una riduzione dei consu mi e su un incremen t o della produ zio ne, ha una
base politica debolissima. L'irrequiete z z a di cir coli militari, gruppi economici, forze conservat rici
agrarie, diventa mi nacciosa. Il Partito popolare italiano, che si afferma nel 1919 partito di masse
rurali, in tutto il paese, non interviene certo come fattore d'equi librio. Gli scioperi rivendicativi
investono milioni di lavoratori.
Quella che si chiamerà poi « mania scioperaria » ha due aspetti che non conviene però scordare:
d'un canto, le agitazioni salariali e contrat tuali ottengono un effetto concreto, poiché, nel mutat o
rappor to di for ze, è attraverso di esse che numeros e categorie riescono a salvaguar da re, e, in
qualche caso, a migliorare il loro tenore di vita insidiato dall'au me n to dei prez zi, a raggiungere
conquis te normative cui da anni, da decenni a volte, aspiravano braccianti e metallurgici, ferrovieri
e tessili; dall'al tro, gli scioperi politici (sia il caso di un richiamo solidaristico di carat tere
interna zionale, sia quello di una pressione in appoggio a posizioni espres se dal gruppo
parlam e nt a r e socialista o a manifesta zioni promo s s e dalla direzione del partito) sono un altro
potente fattore associazionisti co, un segno di quanto incidano l'ascende n te bolscevico e la
propaga n d a socialista.
I grandi, generali, motivi di attra zione del socialism o (la fine dello sfrut ta m e n t o del lavoro
salariato, la collettivizza zi one della terra, le fab briche agli operai, uno Stato non più oppres sivo
ma diretto dal popolo per il popolo, un mondo senza guerre né soperchierie) sono quelli che con
la fine della guerra i socialisti vanno, per ogni piazz a, agitando dinan zi alle masse. Non sono certo
motivi nuovi poiché la carica finalistica del socialismo italiano, la sua ispirazione
interna zionalistica, ne animaro no gli albori e poi via via si fecero più accese e forti. Ma è col potere
offrire,
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
27
finalmente, un « modello » reale, col poter most rare il regno dell'Utopia già in via di realizza zione
in un paese, e a portat a di mano in tutti i paesi più avanzati, che quella carica diventa esplosiva.
La predicazione socialista cava di qui la sua suggestione più profon da. Un partito rimast o, come
tale, organis m o di esigue minora n z e, con una scarsa circolazione di élites, con un quadro dirigente
che ha poca esperienz a e scarsa prepara zione teorica rivoluzionarie, vede ora affollate le sezioni
territoriali, i circoli operai, irrobus tite le proprie file - da 24 000 « soci » nel 1918 a 87 580 nel
1919 - fiorenti le cooperative pro letarie di consu m o e di produ zi one. L'« Avanti! » tira
quotidiana m e n t e più di trecento m ila copie.
Esiste una letterat u ra ormai cospicua e pressoché unanim e nel giudi zio (in un arco che va da
Salvemini sino a Gramsci passa n do per Nenni, Gobetti, Tasca) sull'« insufficienza rivoluziona ria »
del PSI nel primo do poguerra, sul « diciannovis m o » caratteriz z a t o dalla contrad di zione via via
più stridente tra la fraseologia massim alistica e l'inerzia, l'indeci sione, la debolez z a nell'azione.
Qui vorrem m o sem pliceme nt e indicarne quei tratti essenziali che più contribuirann o a prepara re
una sconfitta di propor zioni storiche del moviment o e a provocare la scissione.
Il partito, nel 1919, fa soltanto della propagan d a, accent ua n d o nelle masse uno stato di
aspetta zione messianica. È il primo ad essere sorpres o dall'ingres so sulla scena di queste stesse
masse che la sua strutt u r a inter na e il suo bagaglio dottrinale non riescono a considerare e a
muovere co me protagonist e effettive di una marcia alla rivoluzione. Del tutto assen te è il
concetto leniniano di compiti e obiettivi transitori. I massim alisti, in particolare, si rivelano
prigionieri di un formulario ideologico, di un gusto bizantino per le discussioni di principio (l'uso
della violenza, l'in transigenz a nei confronti del mondo borghese, la partecipa zione o meno alle
elezioni) che esauriscono tutto il dibattito sulle pros pet tive '. Il rivo luzionaris m o del partito è
fatto di una serie di « no », rifiuta ogni scelta tattica, si appaga nell'attesa del crollo immancabile e
prossi m o della bor ghesia. Bisogna anche aggiungere che tale attesa è comune, nel 1919, a tutte le
correnti e i gruppi: la troviamo formulata, in termini più o meno apocalittici o evoluzionistici, in
Gramsci come in Treves, in Serrati co me in Bordiga. La « psicologia parassitaria » alimenta il mito
dello scio pero generale. Molti riformis ti fanno dichiarazioni incendiarie, osanna no alla
rivoluzione russa non meno dei massim alisti.
La direzione del partito ha codificato, in un patto con la Confedera Cfr. le osservazioni complessive e il giudizio che form ula sul massi malis m o gaetano arfé, Sto na
del socialismo italiano (1892 - 1926), Torino 196J, pp. 274 - 86.
28
Capitolo secondo
zione del lavoro, una divisione di compiti secondo la quale gli scioperi politici verranno diretti
dalla prima, quelli economici dalla seconda. Ma dove sta la linea divisoria in una situazione nella
quale ogni agitazione sindacale si trasfor m a in un movimento di massa che assum e non di rado
carattere di tum ulti preinsur re zio nali?
« La proclam a zione dello sciopero generale — afferma la direzione nel marzo del 1919 - sarà fatta
appena il lavoro per l'organiz z a zio ne e coe sione delle forze proletarie e socialiste darà
affidam en t o per il suo pieno e completo successo ». Ma passeran n o i moti, violenti, contro il
rincaro dei prez zi, tra la fine di giugno e l'inizio di luglio del 1919, passerà « l'oc casione »
dell'impone n t e sciopero di solidarietà con la Russia e l'Unghe ria sovietiche - che molti
attendevano verame nt e come l'inizio dell'in surrezione - senza che il dado sia tratto.
La verità è che il solo « governo operaio » efficiente è quello della Confedera zio ne del lavoro,
salda me n t e in mano ai riformis ti, che si muo ve su una linea più che gradualistica e respinge nell'azione - quella pros pe t tiva insurre zionale che pure pare condividere a parole '. La CGL, del
resto, è anch'ess a come, stordita dal proprio impetuo s o sviluppo: 250 000 iscritti nel 1918, un
milione e mezz o nel 1919, due milioni nel 1920. I successi del moviment o si riassu m o n o nei
risultati elettorali: nel novembre del 1919, alle prime elezioni generali che avvengono col sistem a
propor zionale, il Partito socialista raccoglie 1 834 000 voti e in via in Parlament o 156 deputa ti.
Che tensione vi sia nelle masse e che incertez z a al vertice sarà mostrat o ancora il 2 dicembre
1919, quando un'aggressione a parlame nt a ri socialisti provoca uno spont a neo sciopero generale,
violentissi m o, che si spegne nel nulla.
L'influen za del bolscevismo si esprime, invece, piuttos t o che sul pia no tattico e strategico, su
quello del progra m m a finalistico del partito. Al XVI congres so, di Bologna, dell'ottobre del 1919
(dove i delegati, per acclama zione, approvano la decisione presa sin dal 18 marzo dalla dire zione
di aderire alla Interna zionale comunist a) si modificano i pres up p o sti teorici su cui il PSI si
fondava dal 1892.
In luogo di continuare a fidare nella possibilità di trasfor m a r e, a van taggio dei lavoratori, gli
istituti della democrazia borghese, la mozione present at a dai massi malisti (e approvata con il 65%
dei voti) propugna l'instaura zione di un « regime transitorio della dittatur a di tutto il pro letariato
» ed oppone ai vecchi organi rappres e nt ativi la creazione di « Consigli dei lavoratori, contadini e
soldati », di Soviet. ##
1 Alla vigilia dello sciopero generale del luglio 1919, l'onorevole D'Aragona, segretario della CGL,
dichiara in un'intervista, che «l'insurrezione è quasi inevitabile» («Avanti! », 3 luglio 1919).
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
29
La svolta storica è un equivoco che dalla tribuna congress u ale le mi noran ze di destra e di estrem a
sinistra denunciano. A destra, Turati par la aperta m e n t e, a proposito della rivoluzione russa, d'una
infatua zione mitica che si è impadr onit a del partito. Egli non crede nelle virtù tauma turgiche della
violenza e ancor meno nel successo del bolscevis mo, in Russia o altrove. L'uomo che contra p p o n e
l'orda sovietica all'urbe occi dentale è a Bologna ora ironico ora allarm at o per gli effetti del
massima lismo dominan t e e le illusioni che esso alimenta.
Noi allontaniam o - dice - dalla rivoluzione le stesse classi proletarie. Perché è chiaro che,
mantene n d ole nella aspetta zione messianica del miracolo violento, nel quale non credete e per il
quale non lavorate se non a chiacchiere, voi le svogliate dal lavoro assiduo e pensos o di conquista
graduale che è la sola rivoluzione '.
Saranno soltanto i fatti, però, la crisi del 1920, a rendere più precise affinità e differenzia zioni tra
riformisti e massi malisti. Allora la diffiden za e la preoccupa zi one dei primi sulle sorti di un
tentativo « soviettista » si tram ut er a n n o in un lavoro preciso per scongiurarlo, nel pieno delle lotte
operaie, mentre l'atteggiam e nt o (anche sincero) dei secondi di pro crastinare ogni occasione
rivoluzionaria li costringerà comun q ue a una prima scelta: o restare coi riformisti o passare coi
comunisti, che riceve ranno l'avallo e l'incoraggiam e nt o, pressa nt e, dell'Interna zionale. Il par tito
va, per ora, unito alle elezioni, pur sostene n d o che i suoi rappre se n tanti entreran no a
Montecitorio soltanto per colpire al cuore il parlame n tarism o e accelerare l'agonia del sistem a.
Bordiga, che ha già organiz z a t o la sua frazione di estrem a - il Comi tato centrale è tutto costituito
di napoletani - è convinto, non meno di Turati, dell'equivoco massim alista. E lo vuole sgombera re
propone n d o una linea che impedisca le tergiversa zioni « centriste » : dichiarare ogni azione
elettorale come inutile e dannos a.
Chiamare alle urne il proletariato — ha scritto sul «Soviet» del 16 giugno equivale senz'altro a
dichiarare che non vi è nessun a speran z a di realizzare le aspi razioni rivoluziona rie e che la lotta
dovrà svolgersi necessaria m e n t e entro l'ordine borghese.
E, poi, chi va in Parlament o a rapprese nt a re gli operai? « Vanno sol tanto avvocati, profess ori,
giornalisti, profes sionisti ». La com me dia par lament are è fonte di corruzione, di inganno, di
diseducazione per le mas se. Il partito esaurisce la sua funzione e le sue energie nei certa mi eletto
rali, in un'azione che gli stessi massi malisti considerano seconda ria.
1 XVI Congres so del PSI cit., p. 57.
30
Capitolo secondo
La borghesia - insiste Bordiga sull'« Avanti! » del 29 settem br e - per vivere deve fare del
riformis m o. Per riuscirvi ha bisogno della partecipa zione del proleta riato alla democra zia
parlam e nt a r e. La nostra astensione spez ze reb be di netto il gioco del governo attuale.
Le variazioni su questo tema sostan ziale che Bordiga introduce per mesi e mesi insistono tutte su
una pregiudiziale di chiarez za e di purez z a, di pedagogia rivoluzionaria e antide m ocratica. Le
masse vanno educate alla coscienza di un'antitesi totale non scende n d o a nessun compro m e s s o
col sistema avverso, non fornen do nessu na legittimità alla rappres e nt a ti vità del potere borghese.
Non sono destinate a prevalere facilment e simili tesi nel tessut o di un partito che, nonos ta n t e la
fraseologia incendiaria, è nella sostan z a - per dirla con Nenni - null'altro «che un grande
organis m o, una grande macchina per le elezioni» '. Ma Bordiga si trascina appres s o a Bologna 3417
voti sulla piattafor m a astensionistica. E, ciò che più conterà per l'avvenire, prende n d o la parola
alla tribuna per illustrare la propria mo zione introduce un element o di differenzia zione politica,
proprio in rap porto ai compiti nazionali e interna zionali più immediati. Egli chiede che sia
dichiarata incom pa tibile la presen za nel partito di coloro che ripudia no il metodo della lotta
armat a. E lo chiede in termini che diverran no un anno dopo quelli del Comitato esecutivo
dell'Interna zio nale comunista:
Quando si tratterà domani di fare la rivoluzione, quando saremo a questa svol ta della storia una
parte del partito si volgerà contro di noi e sarà questo un gran dissimo inconveniente... Noi
pretendia m o che il Congresso dica se chi nega la vio lenza per la conquista del potere può essere
cittadino del nostro partito2.
Quando Serrati interviene nel dibattito dice: « La respons a bilità del la scissura noi non ce
l'assu mia m o». Lo sentiam o ripetere, con accani mento, la stessa cosa a Bologna come l'anno dopo
a Mosca, e nel 1921 a Livorno. Serrati si dice certo che il periodo è rivoluzionario, ma i « comu
nisti puri » gli sembra no militi avventati della rivoluzione. Perché per dere il grosso dell'esercito
nelle battaglie decisive, perché rifiutare le compet en z e, il prestigio, le forze che posseggono un
D'Aragona o un Tu rati e che torneran n o assai utili nella fase ricostru t tiva? Il PSI che Ser rati
conosce e ama è quello: ed egli lo proclam erà: è l'« Italia evoluta» che si raccoglie nelle sezioni, nei
municipi rossi, nei sindacati, nelle coo perative. A Mosca, con il suo tipico sarcas m o, Zinov'ev dirà
che Serrati preferisce rischiare l'insucces so della rivoluzione, tenendo si i controrivo luzionari in
casa, che la perdita del sindaco di Milano. Serrati è convinto ##
1 Pietro nenni, Il diciannovis m o, Milano 1962, p. 58.
2 XVI Congres so del PSI cit., p. 72.
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
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che la rivoluzione deve venire da sé: per lui i marxisti non hanno il com pito di fare la storia1.
Senonché, fissati questi punti, che tutti si riconducon o a definire quella che abbiamo chiamato la «
insufficienza rivoluziona ria » del PSI, non ci si può limitare ad essi per chiarire la contra d di zione
più clamoro sa: che l'inerzia delle dirigenze si palesa proprio nell'anno - 1919 - in cui più ampia
appare la crisi sociale ed esistono almeno due delle classi che condizioni elencate da Lenin per lo
scoppio della rivoluzione, la co scienza nelle grandi masse popolari dell'intollerabilità ulteriore
delle condizioni e dell'« ordine vecchio » in cui vivono, e lo sconcert o della classe dirigente
incapace di unificare la società che essa governa. Manca un partito come quello bolscevico, è vero.
Ma vi sono anche altri fattori nazionali e interna zionali che non vanno scordati.
Il moviment o operaio non ha una politica (e non ha nepp ur e una presa determina n t e) verso gli
strati interm e di urbani e agricoli. Nelle campagne, si oscilla tra una progra m m a zi o n e estre mistica
di socializza zione del suolo (per cui, ad esem pio, espone nti della Federterra arrivano ad accusare
i bolscevichi di essere dei democratico - borghesi perché dan no la terra ai contadi ni) e
rivendicazioni corpora tive che concerno no sol tanto i braccianti. Il Partito popolare rivela una
aderen za molto maggio re alle esigenze e ai bisogni articolati di tutto il mondo delle campagne
non proletario, e crea una prima frattura presto insanabile tra il movi mento operaio socialista e il
contadina m e della piccola proprietà o mez zadrile2. Più profon do ancora è il distacco dagli strati
interme di del la città.
La guerra ha scavato un solco tra i proletari « disfattisti » e la piccola borghesia. È dappri m a un
urto psicologico, come è stato bene notato:
D'ora in poi, quando un contadino o un operaio dovrà pensare all'Italia, alla «patria», il suo
pensiero correrà spont a nea m e n t e alla sola Italia che egli avesse conosciuto, quella delle stellette e
delle trincee, dei sacrifici e delle umiliazioni. D'altra parte, nella mente e nel cuore del piccolo
borghese, dell'ufficiale di comple mento, il concetto di patria, sia pure con segno inverso, rimarrà
associato con quel lo di guerra, l'Italia è l'« Italia di Vittorio Veneto», celebrata con tutti gli orpelli
della retorica dannu n zia n a. Si formano così due tipi di blocchi psicologici, si sa rebbe tentati di
dire di riflessi condizionati: per gli uni, essere italiani, essere pa - ##
1 Nell'articolo In vista del Congress o di Bologna, «Comunis m o», a. 1, n. i, 1° ottobre 1919, G. M.
Serrati scrive: «Noi, marxisti, interpretia m o la storia, non la facciamo e ci rinnoviam o, nei tempi,
secondo la logica dei fatti e delle cose. Non attribuia m o né al principe né alla barricata la vir tii
trasfor m a t rice. Crediamo che vi sia più sostan z a rivoluzionaria nella trasfor m a zio ne del mez zo
pro duttivo che in tutti i proclami astratti».
2 Cfr. le osservazioni e la docum e n t a zi one che offre renato zangheri nell'introd u zi one a Lotte
agrarie in Italia (ha Federazione nazionale dei lavoratori della terra, 1901 - 1926), Milano i960, pa
gine LXXXVII- XCII.
32
Capitolo secondo
trioti significa anche essere dannu n zi a ni, «interventisti», fautori della disciplina militare e
ammiratori del sistem a gerarchico; per gli altri, essere democratici, rivo luzionari, essere
repubblicani significa anche, in maggiore o minore misura, essere rinunciatari, « caporet tis ti » '.
Ma è davvero impossibile imposta re un altro terreno di scelte e altre discrimina nti? Il
combat te n ti s m o, tutta l'irrequiete z z a dei reduci, anche degli « ufficiali di compleme n t o », degli
Arditi, dei legionari fiumani, do vrà avere una resultante reazionaria? Le vicende del 1920 - 22 non
mo strerann o una « necessità » così radicale. Piuttost o, è il problem a stesso della piccola
borghesia, di strati sociali interme di importa n tis si mi, che si porrà in un modo che il moviment o
operaio non saprà risolvere, né esso ne avrà coscienza se non negativa. Impressiona n te, in
proposito è la po sizione di Gramsci. Questi ha intuito più di tutti la trasfor m a zio ne dello Stato
italiano, il « paese di Pulcinella » che si disgrega trasfor m a n d o si in un coacervo di satrapie e di
procons olati, in cui « gli autocrati si moltipli cano per generazione spont a nea... semen z aio di
poteri autocratici ognu no dei quali opera per proprio conto, fa, disfa, accavalla e distrugge »2, ma
ha tradot t o questa analisi sem pliceme nt e in un'invettiva. La piccola borghesia è vista come blocco
e si andrà addiritt ura ad una schem ati z z a zione sociologica, che se avrà il vantaggio di porre
l'accento sul fenome no, lo intenderà come ineluttabile. Già nel 1919, la piccola borghesia è
ritenut a essenzial me nt e un ostacolo, un male gravissimo, una barriera che va sempliceme n t e
abbat tu t a. Così si esprime appun t o Gramsci:
[La piccola e media borghesia] è la barriera di umanità corrotta, dissoluta, pu trescente, con cui il
capitalism o difende il suo potere economico e politico, uma nità servile, abietta, umanità di sicari e
di lacchè, divenuta oggi la « serva padro na », che vuole prelevare sulla produ zio ne taglie superiori
non solo alla massa di salario percepita dalla classe lavoratrice, ma alle stesse taglie prelevate dai
capitali sti: espellerla dal campo sociale, come si espelle una volata di locuste da un campo
semidistr ut t o, col ferro e col fuoco, significa alleggerire l'apparat o nazionale di pro duzione e di
scambio da una plumbea bardat u ra che lo soffoca e gli impedisce di funziona re, significa
purificare l'ambiente sociale e trovarsi contro l'avversario spe cifico: la classe dei capitalisti
proprietari dei mezzi di produ zio ne e scambio. La guerra ha messo in valore la piccola e media
borghesia... Senza che avessero una prepara zione culturale e spirituale, decine e decine di migliaia
di individui furono fatti affluire dal fondo dei villaggi e delle borgate meridionali, dai retrobott ega
de gli esercizi paterni, dai banchi invano scaldati delle scuole medie e superiori, dalle redazioni dei
giornali di ricatto, dalle rigatterie dei sobborghi cittadini, da tutti i ghetti dove marcisce e si
decom p o ne la poltroneria, la vigliaccheria, la boria dei ##
1 giuliano procacci, Appunti in tema di crisi dello Stato liberale e di origini del fascism o, «Studi
storici», a. vi, n. 2, aprile - giugno 1965, pp. 236 - 37.
2 Il paese di Pulcinella, non firmato, «Avanti!», ed. piemont e se, 30 gennaio 1919.
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
33
frant u m i e dei detriti sociali depositati da secoli di servilismo e di dominio dei preti sulla nazione
italiana; e fu loro dato uno stipendio da indispen s a bili e da insosti tuibili e fu loro affidato il
governo di masse di uomini, nelle fabbriche, nelle città, nelle caserme, nelle trincee del fronte '.
Bisognerà ricordarsi di questa analisi di Gramsci quando si affronterà il fenome no dello
squadris m o, che nel 1919 ancora non esiste (anche se l'incendio dell'« Avanti! » in aprile, ad opera
degli Arditi del capitano Vecchi, ne è una manifesta zio ne ante littera m da cui i fascisti trarra nn o
una buona lezione d'incoraggiam en t o). Ma la cosa essenziale è che il mo vimento operaio è lungi
dal saper e poter neutraliz za re questi strati in termedi e tutto ciò che la loro disposizione significa
nella lotta delle clas si, nella stessa fisionomia dello Stato italiano uscito dalla guerra.
Quell'esercito che offre segni di irrequiete z z a al suo vertice, quel na zionalis m o che potrebbe
diventare la bandiera di una sovversione reazio naria magari ispirata dal duca d'Aosta, l'impresa di
D'Annun zio a Fiu me, che rivela quali tenta zioni di un colpo di Stato militare serpeggino a destra,
non trovano a sinistra una rispos ta. Può darsi che anche qui ci siano respon sa bilità del Partito
socialista, che non sa infatti rivolgere una parola ai soldati né lavorare nelle loro file. Ma non va
scordat o che il proletariato indust riale non ha dinan zi un esercito nelle condizioni che esistevano
nella Russia del 1917 e del 1918. Non è un'arm a t a in rotta ma un esercito in pace e in via di
progres siva smobilitazione, con masse di candidati alla disoccupa zio ne e di reduci contadi ni a cui
il governo promet te la terra e che sono organiz z a ti o dai popolari o da gruppi poli tici
democratico - borghesi di ex combat te n ti, specie nel Sud.
Un problem a a sé, che però tenderà ad avere una grande import an z a nei periodi di crisi più acuta,
è l'assoluta inettitu di ne tecnica, spirituale e materiale, del campo operaio a darsi una sua
organiz z a zio ne militare che corrispon d a, almeno in parte, al gran parlare che si fa di presa vio
lenta del potere. Centralme n te — su questo tutte le fonti sono concordi il partito non fa nulla. I
capi socialisti sono inesperti e alieni dall'impo stazione di una forza armat a. Mancano anche, al
moviment o, i quadri ca paci di dirigere un'event uale insurre zione. (Al contrario di ciò che acca drà
al fascismo). Qualche esperienz a locale, anarchica e socialista (a To rino, ad esem pio, le Guardie
rosse si forma no già nel 1919) non è né in coraggiata né, tantom e n o, coordinat a dalle dirigenze.
L'assenz a di ogni strutt ur a zio ne militare del movimento sarà clamoros a m e n t e rivelata al tempo
dell'occupa zione delle fabbriche e ancor più nel mome nt o in cui ##
1 Gli avvenimen ti del 2- 3 dicembre, non firmato, «L'Ordine nuovo», a. 1, n. 29, 6- 13 dicembre
1919 -
34
Capitolo secondo
vi sarà una vera e propria guerra civile, nel 1921 - 22. Esiste, sul tema, una riflessione di parte
comunist a che costituisce una testim onian z a pre ziosa di una situazione e di uno stato d'ani mo:
In ogni mome nt o nel quale avvenime nti esterni causavano emozioni violente (eccidi, inizio di moti
in qualche regione) le masse non avevano idea netta di ciò che si dovesse fare, non avevano
nessuna ossatura sulla quale appoggiare l'azione. Da qui la necessità di amma s s ar si per intendersi,
per cercare i capi, per ricevere pa role d'ordine. Attraverso i soldati, per l'abbon da n z a di materiali
bellici mal custo diti, per l'affrettat a liquidazione dei residui di guerra, il proletariato individual
mente s'armava. Ma l'efficienza di tale arma me n t o non era organica. Il muniziona mento minimo,
insufficiente. Il sorgere di elementi tecnici, sia come uomini che criteri di direzione, era
manchevole e lento, ostacolato dalla remissività stessa colla quale la borghesia sembrava accettare
il suo destino di morent e. Perciò non si va lorizzava no capi militari '.
Si torna così alla cosiddet t a psicologia paras sitaria. Che è certo defini zione esatta. Senonché,
anche in questo caso, il quadro presenta sfuma ture, luci ed ombre, che non possono non essere
colte se si vuole inten dere la stessa dinamica della sconfitta della « occasione rivoluziona ria » del
primo dopoguerra. Il 1919, ad esem pio, si caratteriz z a per un alter narsi continuo di alti e bassi
nel process o della generale crisi europea, che ha i suoi effetti molteplici anche in Italia. La
mancan za di un collega mento diretto tra il centro della III Interna zionale e le sue sezioni appe na
costituite fa si che un indiriz zo comune, una conoscen z a reciproca, uno sviluppo selettivo delle
forze rivoluzionarie, siano inesistenti. In Russia si sta difenden d o dram m a ticam e n t e la
rivoluzione, altrove si ha la convinzione che la situazione delle classi dirigenti si aggravi sem pre
più ma senza che suoni l'ora di una nuova ondata generale di assalto al potere.
Che il tempo volga a favore della rivoluzione è convinzione larga mente dominan te negli ambienti
socialisti, e gli stessi bolscevichi riten gono che, in Italia ad esem pio, convenga attendere un
ulteriore mome n to più propizio2. E non si scordi, inoltre, che lo stato di mobilitazione, ##
1 Si tratta di un docume n t o caduto nelle mani della polizia nel 1923, di cui è ignoto l'estens ore,
tra le carte sequest ra t e al PCI; in forma rapida e scheletrica vi sono stesi appu nti su La guerra
civile 1919 - 1922. Conservato in copia presso l'Archivio Centrale dello Stato, è stato reperito e
pubblicato da Renzo de felice, con quel titolo, in «Rivista storica del Socialismo», a. ix, n. 27,
gennaio - aprile 1966.
2 Tra tutti import a nt e è l'avvertiment o che Lenin stesso rivolge a Serrati in una lettera datata
Mosca, 29 ottobre 1919, e che suona così: «In rappor to con la situazione interna zionale dell'Italia,
compiti molto difficili stanno davanti al proletariato italiano. Può darsi che l'Inghilterra e la
Francia, con l'appoggio della borghesia italiana, tentera n no di spingere il proletariato verso una
insurre zione premat u ra per schiacciarlo più facilmente. Ma non riusciranno nei loro piani.
L'eccellente lavoro dei comunisti italiani è sicura garanzia che essi riuscirann o a conquistare al
comunis m o tutto il proleta riato indust riale e agricolo ed anche i piccoli proprietari; allora, se il
mome nt o dell'azione sarà scelto bene relativamen te alla situazione interna zionale, la vittoria della
dittat ura del proletariato sarà defi -
La fonda zione della III Interna zionale e il PSI
35
anche se artificioso e facilone, in cui la propaga n d a e l'agitazione socia liste tengono le masse,
costituisce comunq u e, per la pressione che eser cita sul governo, un aiuto prezioso alla
rivoluzione russa sconsigliando decisam e nt e la tentazione di entrare in una coalizione armata per
« spe gnerla nella culla».
Se il rilievo è stato spesso fatto a proposito della classe operaia fran cese o inglese e del peso che
essa ha avuto nell'indebolire e nel contri buire a far fallire l'intervent o degli eserciti dell'Intesa in
Russia e nell'E stremo Oriente, esso vale a maggior ragione per la classe operaia italiana. La sua
partecipa zione allo sciopero di solidarietà in difesa delle repub bliche sovietiche se non è stato il
preludio dell'insurre zio ne non è certo stato vano, né scevro di forza ammo nitrice.
Sono quest'insiem e di dati di fatto e di considera zioni a illuminare anche il fenome no, che nel
1919, marcatissi mo, del rifluire in un massi malismo generico di quella stessa « nuova sinistra »
che nel 1917 pareva già aver costituito un suo terreno di distinzione e di raggrup p a m e n t o ri
spetto al vecchio intransigentis m o dei Lazzari e dei Serrati. Da una par te, ora, tutti partecipa no
delle stesse speran z e e delle stesse illusioni, im mersi nel tum ult uos o procedere del proselitis m o,
degli scioperi rivendi cativi e dimost ra tivi, delle campagne parlame nt a ri e di stam p a a propo sito
della condot t a della guerra (la battaglia elettorale dell'« Avanti! » si fonda in buona parte sulle
risultan ze dell'inchiesta su Caporetto) ', dal l'altra, i gruppi più autentica m e n te comunisti danno
l'impres sione di la vorare per una scaden z a più lontana punta n d o su un'opera di « costru zione »
che proceda con l'incalzare di una situazione che pare lungi dal mutare la sua linea di tenden z a.
Guarda n do da vicino due di questi gruppi, quelli fonda m e n t ali, del « Soviet » a Napoli e dell'«
Ordine nuovo » a Torino, vedrem o come en trambi si muovano avendo ciascuno al centro dei
propri interessi uno de gli aspetti essen ziali della « costru zio ne » di cui si diceva. « Il Soviet »
batterà sullo strum e n t o del partito, « L'Ordine nuovo » su quello di un'organiz z a zi one nuova,
sovietica, del proletariato urbano.
L'Italia ha, all'epoca, quatt ro milioni di operai indust riali, quattro milioni di salariati agricoli e altri
quatt ro milioni di contadi ni. Fare del proletariato urbano l'arma decisiva è in fondo la
preoccupa zi one comune di Bordiga e di Gramsci, ciascuno dei quali tende a risolverla in modo di##
nitiva» (lenin, Sul moviment o operaio italiano, Roma 1962, p. 163). Serrati rispon de rà che la tat
tica socialista sarà: «Né colpi di mano, né soverchie lentez ze». Cfr. Una lettera inedita di Serrati a
Lenin, «Rinascita», a. xxiv, n. 5, 3 febbraio 1967.
1 Cfr. l'analisi che di questa campagna giornalistica conduce aldo giobbio nel saggio sull'« Avan
ti!», in Dopoguerra e fascism o, Bari 1965, pp. 630 - 33.
36
Capitolo secondo
verso. È anche vero che ci si accorgerà anni dopo dell'unilateralità degli sforzi e degli indiriz zi di
entra m bi, e del tempo irrimediabilmen te perdut o. Ma la situazione del 1919 - 20 è appu nt o
deter mi nat a da queste pro fonde antinomie.
Capitolo terzo
« Il Soviet » e i giovani
All'autun n o del 1919 risalgono tre singolari concomitan ze. Esse ci consent on o di cogliere quel
primo intrecciarsi di fili che costituirà, nella trama di una sinistra comunist a in Italia, un
collegamen t o più diretto con la III Interna zionale. A Torino si present a, nell'ottobre, a Gramsci, un
giovane straniero, già stude nt e in Italia dal 1911; si fa chiamare Chiarini e chiede di vedere come
sia organiz z a t o il locale circolo studen tesco socialista. Nato in Polonia nel 1881, il suo vero nome
è Cain Hal ler, 1, ed egli diventerà nel 1920 - 21 un rappres en t a n t e dell'Interna zi o nale comunis t a
presso il Partito comunis t a italiano. Ad avviarlo sulla strada di quell'impegno è un altro russo,
giunto da poco nel nostro paese, a Milano. È un bolscevico, emigrato prima in America per sfuggire
a un arresto, poi, nel 1917, segretario della Duma cittadina di Vladivo stok, nel 1918 a Mosca. Nel
1919, con una missione di inviato dell'In ternazionale, raggiunge l'Italia dove aveva moglie e figlia.
Si chiama Nikolaj Markovic Ljubarskij e si fa chiamare Carlo Niccolini A lui si deve
l'incoraggiam e nt o, e l'aiuto più solido, alla fonda zione, il 1° ottobre, del la rivista bimensile «
Comunis m o » che dirige Serrati, e che porta come sottotitolo « Rivista della III Interna zionale », di
cui pubblica i docu menti più import a nti, oltre a scritti, frequenti, di Lenin, Trockij, Bucha rin,
Lunacarskij, Radek, Varga, Klara Zetkin, con una grande ricchez z a di tematica, inseren do si in tutto
il dibattito nazionale ed interna zion ale.
Da Napoli, intanto, nello stesso torno di tempo — non si scordi che nulla vi è di ufficiale nella «
rappres e nt atività » di Niccolini o di altri in viati dell'Interna zion ale comunist a - Bordiga cerca, per
parte sua e del ##
1 Su Chiarini e su questo primo contat to cfr. una lettera di Gramsci a Umberto Terracini da
Vienna, il 27 marzo 1924 in palmiro togliatti, La forma zione ecc. cit., p. 260, nonché le precisa
zioni fornite da A. Leonetti in una lettera a «Rinascita», a. xx, n. 27, 6 luglio 1963, e renzo de fe
lice, Studi e proble mi attorno alla figura di Antonio Gramsci, «Clio», a. 1, n. 3, novembre 1965, P.
45.
2 Dobbiam o questa testim onian z a a Vasilij Antonov, che fu per vari anni corrispon de n t e dal
l'Italia dell'agenzia di stam p a sovietica Rosta (oggi Tass) e assistet te anche al processo del
Tribunale speciale contro Gramsci. «Niccolini» tornò in Urss nel 1921. Fu manda to dappri m a come
ambascia tore sovietico in Mongolia, lavorò anche nell'Istituto di agricoltura. Fu espulso poi dal
PC(b), de portato in Siberia; fu probabilmen t e vittima della repres sione staliniana.
38
Capitolo terzo
suo gruppo, di metter si in contatt o con l'Interna zio nale comunist a, ri volgendosi diretta m e n t e a
Mosca, piuttost o che a un « segretariato occi dentale » situatosi ad Amsterda m, ma che avrà stenta
e brevissima vita. La frazione comunist a astensionist a del PSI, costituitasi ufficialmente1 dopo il
congres so di Bologna del PSI, attorno al « Soviet » di Bordiga (nel primo suo Comitato centrale si
annoverano Roberto Fobert, segre tario della sezione napoletana del PSI, Ludovico Tarsia, un
medico - chi rurgo che collabora assidua m e n t e al giornale, Antonio Pisacane e Tom maso
Boraccetti) è ansiosa di sottoporr e al parere del « Comitato di Mo sca » la propria piattafor m a
politica. Tra le carte sequest r at e dalla poli zia italiana si è rinvenut a copia della lettera, firmata
personal m e n t e da Amadeo Bordiga, in Napoli, il 10 novembre 1919, che è la prima diretta alla III
Interna zionale. Nel testo, si riflette la sostan z a più rilevante del l'atteggiame n t o della frazione: la
precisa volontà di operare una scissio ne interna al PSI per giungere alla « costitu zione di un
partito pura m e n te comunis ta ». Si illustrano le ragioni della posizione astensionis tica col
l'esigenz a di « troncare ogni contatt o col sistema democratico nell'att ua le periodo rivoluzionario
», di non logorare le forze socialiste in una bat taglia elettorale che non può se non dare più forza
ai riformisti e al com promes s o con la borghesia, e si aggiunge:
Oggi noi ci prefiggiamo di lavorare alla costitu zione di un partito veramen te comunist a e per ciò
lavora la nostra Frazione nel seno del PSI. Ci auguria mo che i primi eventi parlame nt a ri
condurr a n n o verso di noi molti compagni in modo da realizzare la scissione dai
socialde m ocra tici2.
Ma la lettera è più interes sa n te per un altro punto essenziale: che in essa Bordiga rivendica
implicitame n t e alla propria frazione, attravers o una polemica rivolta non solo contro i riformisti
del gruppo parlame n t a re o i massim alisti incerti e unitari della direzione, bensì contro le altre
forze socialiste di estre m a sinistra, il merito di costituire l'unico raggrup pament o verament e
comunist a:
Occorre notare - vi si legge — che noi non siamo in rappor ti di collabora zione coi movimenti fuori
del partito: anarchici e sindacalisti, perché seguono principii non comunisti e contrari alla
dittat ura proletaria; anzi, essi accusano noi di essere più autoritari e centralizza t ori degli altri
massimalisti del partito. È necessario in Italia un compless o lavoro di chiarificazione del
progra m m a e della tattica comuni sta a cui noi dedichere m o tutte le nostre forze. Se non si riesce
ad organiz z a re un partito che si occupi unicame nt e e sistem atica m e n t e della propagan d a e
prepara zione comunis ta nel proletariato la rivoluzione potrà risolversi in una sconfitta. ##
1 Il primo docum e n t o della frazione risale al « Program m a della frazione comunist a » elaborat o in
una riunione tenuta a Roma il 6 luglio 1919 (cfr. «Il Soviet», a. 11, n. 29, 13 luglio 1919).
2 ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1921, K. i, b. 89.
« Il Soviet » e i giovani
39
Sull'opera tattica, e specie in merito alla costituzione dei Soviet, ci pare che si stanno
comm et t en d o errori anche da nostri amici, col pericolo che tutto si limiti ad una modificazione
riformistica dei sindacati di mestiere. Si lavora infatti alla costitu zione di comitati d'officina, come
a Torino, riunend o poi tutti i com mis sari di una data indust ria che prendon o la direzione del
sindacat o professionale col no minarne il comitato esecutivo. Si resta così fuori dalle funzioni
politiche dei Con sigli operai a cui occorrerebbe preparare il proletariato - pur essendo, secondo
noi il problem a più importa n te quello di organiz z a re un potente partito di classe (co munist a) che
prepari la conquista insurre zionale del potere dalle mani del governo borghese.
La lettera anticipa dunque già le linee del dissens o dal gruppo torine se, che seguire mo, ma nella
tradizionale autopre se n t a zi one dinanzi alla III Interna zionale, nel classico « Chi siamo e cosa
vogliamo » c'è qualco sa di più. Si vuol sapere infatti che cosa pensa Mosca:
a) sull'elezionis m o parlam e nt a r e e comunale
b) sulla scissione del partito italiano
e) sul problem a tattico della costitu zione dei Soviet in regime bor ghese e sui limiti di tale azione.
Bordiga attende da un appoggio alle tesi della frazione un'investit ura particolare per prom u overe
quella scissione cui è già indotto? In ogni caso, da una successiva lettera, questa dell'11 gennaio
1920, sempre da Napoli, sempre di Bordiga ', appre n dia m o che non è giunta rispost a al primo
messaggio - le lettere sono subito intercetta te dalla polizia - e quanto divenga ansiosa l'istanz a di
uno scambio di idee, di una delucida zione. La frazione vuole precisare che non ha nulla a che fare
con le po sizioni della sinistra tedesca che darà vita al KAPD, si propone di susci tare « Soviet
municipali elettivi » (che non conterrebber o in sé i pericoli riformistici dei Consigli di fabbrica), ma
soprat t u t t o invia una sorta di avvertime nt o al centro moscovita dell'Interna zio nale comunist a:
Secondo ogni probabilità, se finora siamo rimasti nel PSI disciplinati alla sua tattica, tra poco
tem po e prima forse delle elezioni comunali che avranno luogo in luglio2 la nostra frazione si
separerà dal partito che vuole tenere nel suo seno molti anticom u ni s ti, per costituire il Partito
comunist a italiano il cui primo atto sarà quello di mandare la sua adesione alla Interna zionale
comunist a.
Questi messaggi mostra no la indiscutibile primogenit ura del gruppo bordighiano nel suscitare il
nuovo partito, non dicono ancora quanto stia ##
1 Anche di questa lettera abbiam o trovato copia alla fonte di polizia indicata per la prima. Il testo
della seconda però (a differenz a di quello della precede nt e) era già stato reperito a Mosca da
Giuseppe Berti che Io pubblicò nel suo scritto 11 gruppo del «Soviet» nella forma zione del PCI, in «
Lo Stato operaio », a. viii, n. 12, dicembre 1934, ora nell'antologia omoni ma citata, voi. II, pp. 274
277 2 Saranno rinviate a novembre.
40
Capitolo terzo
per ampliarsi la sua influenz a. Essa non ha affatto una caratteris tica re gionale, o meridionale,
anche se è a Napoli che affonda le sue radici e le prime posizioni politiche di intransigen z a
(attravers o gli scritti di Bordi ga, o di Alfonso Leonetti o di Ruggero Grieco) le troviam o sulle
colonne del foglio napoletano « Il Socialista » (1914 - 15). È più giusto, sem m ai come già abbiamo
cercato di analizzare - parlare di genera zione come di scriminant e, e meglio ancora, insistere su
una battaglia politica che con quista e raggrup p a tutte quelle minora n z e di sinistra, operaie e
giovanili, che nelle varie sezioni della penisola più sono impegnate, per le stesse vi cissitudini
locali del moviment o, contro « l'oppor t u ni s m o » dei gruppi dirigenti, da anni.
Ciò spiega come il bordighis m o faccia proseliti: tra gli operai e i so cialisti torinesi che si
costituirono durante la guerra nella frazione dei « rigidi » (Boero, Parodi, Gilodi, Rabezza na)
contro i vecchi « notabili » riformis ti della sezione o gli espone nti sindacali più « destri » (Buozzi,
Colombino, Guarnieri); tra i massim alisti milanesi più intransigenti (Re possi, Fortichiari, Venegoni
e altri) in aspra lotta contro l'egemonia tura tiana; tra i gruppi di estrem a sinistra ad Arezzo e a
Firenze, che, colla « Difesa », hanno costituito durante la guerra uno degli organi di punta nella
campagna di opposizione al conflitto; nelle Puglie dove si raccoglie in parte l'eredità del
sindacalism o rivoluzionario.
È una serie di posizioni, stati d'ani mo, esperienz e politiche a cui Bor diga da un elemento
connet tivo che egli stesso riassu m er à, riflettend ovi in sede storiografica, in cinque punti, tutti «
antirevisionistici » '. Il tono dottrinale e propagan dis tico del bordighis m o punta, con estrem a linea
rità e semplicità, sulla restaura zione del marxis m o ortodos s o, nel deter minism o economico più
rigido, e con martellante monot onia sul punto cruciale della creazione di un nuovo partito.
Vi è, sul « Soviet », una certa dialettica di posizioni introdot t avi nel 1920 da Francesco Misiano2, il
quale sostiene si l'espulsione dei riformi sti ma combat te la piattafor m a astensionist a. E vi è anche
un'aper t ur a interna zionale, sintom a tica, rivolta al moviment o tedesco o a quei grup - ##
1 Nella sua Storia della sinistra comunis ta cit., a p. 178 i punti risultano i seguenti: 1) affer
mazione delle basi teoriche del marxis m o; 2) identificazione dei progra m m i dell'Interna zi onale co
munista con i canoni marxisti e «non risultat o nuovo e originale della rivoluzione russa»; 3) neces
sità di una spietata selezione e scissione dagli elementi revisionistici e socialdem ocratici; 4)
polemica contro la demagogia massimalistica; 5) polemica contro l'anarco - sindacalis m o.
2 Francesco Misiano, provenen d o da Napoli, fu arrestat o a Torino, dove dirigeva la sezione del
Sindacato ferrovieri, nel 1915 per la sua partecipa zione ai moti contro la guerra, condan na t o, poi
scarcerato e fuggito in Svizzera per non rispon der e alla chiamat a alle armi. Nel 1918 parti per la
Russia e di qui andò in Germania dove prese parte ai moti rivoluzionari del 1918 - 19 e venne impri
gionato per dieci mesi. Per le sue posizioni sul «Soviet» cfr, l'articolo Scissioni e purificazione, a.
ni, n. 6, 16 febbraio 1920.
« Il Soviet » e i giovani
41
pi e personalità della sinistra in Occidente (la Pankhurs t, Anton Panne kock, Herman Gorter,
Marino Bodenma n) che rivelano affinità ideali e politiche con gli astensionisti italiani. Senonché è il
PSI il bersaglio di una instancabile e ininterrot t a polemica che viene trasferita dalle colon ne del «
Soviet » ai dibattiti del Consiglio nazionale del partito nell'apri le del 1920, esprimen d o si in
precise tesi teorico - politiche ', sino alla con vocazione, a Firenze, per l'8 maggio, di una
conferen z a che non raggrup p a più soltanto gli astensionisti bensì vari espone nti anziani e giovani
dell'opposi zione di sinistra nel PSI. Ad essa diviene sensibile l'Interna zionale comunis ta,
inviandovi un messaggio e un rappres e nt a n t e, pro prio Carlo Niccolini, che sostiene l'unità di
queste forze e le invita a non precipitare i tempi della scissione2. Vi parteciperà, come osservatore,
an che Gramsci, e ne riparlere m o.
A sfogliare le sei od otto pagine del « Soviet » del 1920 (che porta sotto la testat a l'indicazione «
Organo della frazione comunis ta astensio nista del PSI »), le troviamo, dalla prima all'ultima,
impegnate in saggi, articoli, note, dedicati tutti ai temi della « linea » progra m m a tica, alle va rie
posizioni delle correnti del movimento. Qui la vocazione dottrinale del gruppo è davvero
pienam e n t e manifesta. E i punti che si fissano e ri battono sono sem pre quelli:
Lo scopo storico dei comunis ti è la forma zione del partito politico di classe e la lotta per la
conquis ta rivoluziona ria del potere 3.
In che cosa è « soviettista » la frazione che ha tutta la diffiden z a pos sibile verso i « Consigli di
fabbrica » e che, sin d'ora, è in polemica aperta con « L'Ordine nuovo » sul tema? In un disegno
generale di contrap p o sizione di principio, degli istituti proletari alla democra zia parlame n t a re:
Bordiga perora « i consigli operai di città e di distrett o rurale diretta mente eletti dalle masse »4.
Non si scende a un discorso più articolato, sul come farli nascere, non si parla della fabbrica, del
luogo di produ zi one, che, dal contes to stesso dell'impos t a zi one generale, si ricava il richiamo
esplicito al finalismo, al ##
1 Le Tesi della Frazione Comunist a Astensionis ta del PSI, nel «Soviet» del 6 e del 27 giugno 1920.
2 L'atteggiamen t o dell'Interna zi onale comunista è racchiuso nelle frasi seguenti del messaggio del
«segretariato occidentale», che viene letto alla conferen z a fiorentina: «alla vostra frazione, cari
compagni, rimane il compito di rimanere nel seno del partito socialista, come forza di
opposi zione, di critica, di controllo, finché gli avvenime nti prossi mi dissipera n n o le vostre piccole
divergen ze, come l'astensionis m o, e riunirann o tutte le forze sane, rigidam en t e comuniste e
rivoluzionarie del prole tariato italiano nel partito comunist a che guiderà il proletariato alla
conquis ta del potere». Cfr. Giuseppe berti, Il gruppo del «Soviet» nella forma zione del PCI cit., pp.
272 - 73.
3 amadeo BOEDIGA, Gli scopi dei comunisti, «Il Soviet», a. ili, n. 8, 29 febbraio 1920.
4 id., Per la costituzione dei consigli operai in Italia, «Il Soviet», a. in, n. 1, 4 gennaio 1920.
42
Capitolo terzo
punto primo della teorizz a zione bordighiana: ciò che conta è la presa del potere. Lo si veda da
questa enunciazione delle tesi della frazione:
I consigli operai sorgono nel mome nt o dell'insur re zio ne politica, ma possono anche sorgere in un
mome nt o storico in cui il potere della borghesia attraversi una grave crisi... Il problem a
rivoluzionario non consiste nella creazione formale dei Consigli bensì nel passaggio del potere
politico nelle loro mani... Noi non puntia m o a conquiste parziali1.
Fisso lo sguar do su quella meta, il giornale non si occupa né poco né punt o della situazione
politica od economica generale; i richiami all'at tualità sono scarsissimi e sempre in funzione della
lotta interna al par tito. Anche l'azione per dare vita, in qualche modo, ai Consigli munici pali,
urbani o di villaggio, è inesistente, e forse proprio per questo l'os sessione astensionistica rivela
una insufficienza che facilmente potra nn o denunciare, con Gramsci e Misiano in Italia, anche
Lenin, cui è nota l'impost a zione del « Soviet » in questi mesi in cui sta metten d o a punto
l'opuscolo su L'estre mis m o, malattia infantile del comunis m o 2. Alfonso Leonetti così sinteti zz ava
la sterilità politica della posizione astensioni sta dissociata da un contes to di partito e di istituti
che la trasfor m a s s e in suscitat rice d'azione:
Nel 1919 - 20, se fosse esistito un vero partito rivoluzionario la parola d'ordine dell'astensione
avrebbe potut o diventare, in un determinat o mome nt o, il segnale della lotta per la creazione del
potere dei Consigli3.
Bordiga non ignora che l'astensionis m o lo differenzia dall'impos t a zio ne bolscevica, ma egli si
considera non perciò meno ortodos s o, anzi, dal punto di vista della teoria marxista, egli tende a
sottolineare nel lenini smo non un mome nt o nuovo di elabora zione - che è l'accento tipico che vi
pone invece Gramsci - ma la sua derivazione diretta dal marxis m o; perciò egli nega che il
bolscevis mo possa essere altro « se non il richiam o al più rigido e severo marxis m o». Ogni
parvenz a di intellettualis m o, di tematica culturale, è bandita. In proposito, si ospita di G. Lukàcs
un ar ticolo, consent ane o, in cui si sostiene che gli intellett uali tradizionali vanno considerati come
controrivoluzionari:
Con tutti questi elementi non si può evitare la lotta. Una volta vinti essi servi ranno alla
rivoluzione più e meglio che non cercando di attirarli con concessioni. 5 ##
1 he tesi sui Consigli operai, «lì Soviet», a. Ili, n. n, 11 aprile 1920.
2 Cfr., per i richiami espliciti a Bordiga contenuti nell'Estre mis m o, lenin, Opere scelte, voi. II,
Mosca 1948, pp. 583 sgg.
3 alfonso leonetti, Perché non ci asteniam o, «Lo Stato operaio», a. 11, n. 3,13 febbraio 1924.
4 Lenin e l'astensionis m o, non firmato, « Il Soviet», a. in, n. 4, 1° febbraio 1920.
5 G. lukàcs, Problemi della tattica comunista, «Il Soviet», a. m, n. ij, 23 maggio 1920.
« Il Soviet » e i giovani
43
La baldan z a della frazione, il suo rigore logico formale, si rivelano nella mozione che conclude il
convegno di Firenze, laddove si arriva a proclam are irregolare l'adesione del PSI alla III
Interna zionale, si vo gliono consacrare tutte le energie alla costituzione in Italia di un partito
comunist a e suscitare la frazione astensionistica mondiale nel seno del l'Interna zionale comunista.
Evidente me n t e soltanto per i consigli tattici di pruden z a che vengono dal rapprese n t a n t e
dell'Interna zio nale al con vegno ci si acconcia ad aspet tare di fare il primo passo scissionistico, pre
cisando che sarà però necessario « convocare, dopo il Congress o dell'In ternazionale comunis ta un
Congress o - costituen te del PCI». (E a Mo sca, su ciò, gli daranno ragione).
Il fascino che esercita la posizione della frazione sui giovani è enor me. Essa vi dedica molta
atten zione politica e organiz z a tiva2, ma la sua influenz a è prima di tutto ideale, morale,
sentimen t ale. Tutte le energie nuove del partito, impazienti, combattive, ansiose verame nt e di «
fare co me in Russia », simpati z z a n o con le idee del « Soviet » che i giovani asten sionisti
propaga no nei circoli, nelle sezioni, nei giornaletti locali, e intro ducono sempre più largamen t e
sull'organo della Federazione, « Avan guardia» (attraverso gli scritti di Nicola Cilla, di Berti, di
Modugno, di Luigi Longo, di Capitta, di Mengarelli e di altri). Secondino Tranquilli, un giovane
intellettuale abruz z e s e (nato a Pescina nel 1900) viene eletto alla direzione d'« Avanguar dia » nel
gennaio del 1920, al congresso della gioventù socialista che registra un grande sviluppo
dell'organi z z a zi one (6500 iscritti nel 1918, 35 000 nel 1919, 55 313 nel 1920, di cui quasi i due
terzi nel Nord e in Emilia- Romagna). Egli potrà vantarsi a ragione, l'anno appres s o, della funzione
assolta dal giornale:
Noi abbiamo avuto l'alto compito di svegliare e precedere l'ala sinistra del PSI nella chiarificazione
della tattica e dei progra m m i. Dopo la baldoria elettorale 3 il no stro giornale iniziò una forte
propaga n d a antiparlam e n t a r e combat te n d o con acca nimento ogni residuo democratico nella
mente dei giovani... .
I giovani, in un certo senso, sono più che astensionis ti. Iniziano una campagna con questa parola
d'ordine: « Compagni deput a ti, via dal Par lamento! », sin dai primi mesi del 1920. Se ne fa
prom oto re il segretario ##
1 «Il Soviet», a. in, n. 14, 16 maggio 1920.
2 Cfr. Giuseppe berti, Il VII Congresso della FGSI, «Il Soviet», a. in, n. 1, 4 gennaio 1920. Si
ricordino anche i legami personali di Bordiga, già direttore di «Avanguar dia», con la Federazione
giovanile.
3 Novembre 1919.
* Dal'intervento di S. Tranquilli all'VIII congress o della FGSI del 27 gennaio 1921, che se gna il
passaggio dell'organiz z a zio ne al Partito comunis ta («Avanguar dia», a. xv, n. 6- 7, febbraio 1921).
44
Capitolo terzo
nazionale, l'impiegato sardo Luigi Polano (nato a Sassari nel 1897) che già inneggiava
all'Interna zionale comunista all'inizio del 1919. La carica antide m ocr atica del gruppo bordighiano
si salda con l'aspira zione rivolu zionaria di questi giovani, che spesso sono giovanissimi, operai,
impiega ti, studen ti, tutti espres si da un ambiente popolare.
Basti citare, tra i più attivi, Edoardo D'Onofrio (nato nel 1901 a Ro ma, figlio di un maniscalco di
Porta Pia, attivissimo già durante la guer ra, quando forma il circolo Liebknecht, e subisce un
arresto), Vittorio Vidali (del 1900, studen t e triestino, figlio di un metallurgico di Muggia), Gastone
Sozzi (del 1903, stude nt e, figlio di un fornaio di Cesena), Luigi Longo (nato a Fubine
nell'Alessan d ri no, nel 1900, da contadi ni poi trasferitisi a Torino, dove egli frequent a il
Politecnico), Giuseppe Berti (napoleta no, del 1902, cresciuto nell'am biente socialista della cit tà,
proprio l'ambiente bordighiano, organiz za t ore a Palermo di studen ti rivoluziona ri) e ancora lo
studen te biellese Pietro Secchia (del 1903), Arturo Colombi (manovale e minatore: classe 1900),
Giuseppe Dozza (operaio bolognese: classe 1901 ), Renato Bitossi, Antonio Roasio, Fran cesco
Leone, Giuseppe Alberganti, Domenico Ciuf oli, Vittorio Bardini, o i giovani Veneti come Mauro
Scoccimarro (del 1895, che ha fatto la guerra come ufficiale degli alpini), Pietro Tresso (di Schio,
tessitore, già attivissim o nell'anteguerra, fondatore di un circolo giovanile), lo studen te Riccardo
Ravagnan, o ancora Duccio Guerma n di, Carlo Lombardi e Ferruccio Ghinaglia, del Pavese, i giovani
operai Paolo Ravazzoli, di Stradella, Giordano Pratolongo e Giorgio Frausin di Muggia, il braccian
te modenes e Alfeo Corazz oli, e Leonida Roncagli e Ilio Bosi emiliani, e lo studen te siciliano
Pompeo Colajanni, il biellese Paolo Silvati, il varesi no Giovanni Grilli; della stessa leva giovanile
sono altri militanti come Armando Fedeli, di Perugia (1898), Egisto Cappellini, di Urbino (1896),
Giulio Cerreti, segretario della federa zione giovanile fiorentina, Cicalini di Imola, Bibolotti, Turchi,
Egle Gualdi, Gaetano Chiarini, Athos Bu gliari di Genova, Capitta sardo, Mengarelli romano, Ceriana
alessan drino, Lampredi fiorentino.
La loro caratteriz z a zi one comune è stata efficacemen t e espress a nei ri cordi di uno di loro:
Siamo cresciuti — ha detto Luigi Amadesi (classe 1904), che diverrà poi uno dei segretari della
gioventù comunist a - in ambienti già socialisti; poi è venuta la rivo luzione sovietica che ha
suggestiona t o profond a m e n t e i giovani. Avevamo compre so proprio dall'esem pio sovietico che
era possibile farla finita, che era possibile fare la rivoluzione. Non vi è paragone che consenta di
far compren d e re la potenz a del mito della rivoluzione sovietica sulle nostre coscienze di allora.
Tutto questo ci ha come ispirato ed aperto la mente: una via c'era, una soluzione c'era... Allora la
que stione si poneva sul piano della conquista del potere. Noi guardava m o al parlame n -
« Il Soviet » e i giovani
45
tarism o come ad una espressione marcia della corruzione borghese. La sola via che avevamo
dinan zi era l'azione rivoluzionaria '.
Un tratto interess a nt e, che emerge dal giornale dei giovani, è dato dalla circolazione, in mezz o a
questa nuova generazione dei motivi tipici del « Soviet », con quelli della rivista torinese dell'«
Ordine nuovo » e del moviment o dei Consigli di fabbrica: temi su cui « Avanguar dia » di scute
ampiam e n te 2, che introduco no i giovani socialisti di Torino più le gati agli ordinovisti (come gli
operai Mario Montagna na e Paolo Robotti o il giornalista Alfonso Leonetti trasferitosi dalle Puglie a
Torino) ma che la stessa direzione del settima nale fa suoi, appoggiando anche, spesso in contras t o
con tutti gli altri organi del partito, quel ferment o rinnova tore e quelle lotte partiti dalla città
dell'auto m o bile: la seconda grande compone n t e all'origine del PCd'I.
L'impazien z a dei giovani astensionisti è tale che, nell'estate del 1920 essi decidono di prom u overe
un'azione affinchè la FGSI si tram u ti subito in Federazione giovanile comunis t a
ritirando la sua adesione al Partito Socialista Italiano fino a quando esso non avrà abbando na t o le
sue esitazioni proceden d o alla elimina zio ne dei non comunisti e co stituend o si in Partito
comunist a aderen do stretta m e n t e alla Terza Interna zionale 3. ##
1 La testimo nian z a di Luigi Amadesi è stata raccolta da felice chilanti in Gastone Sozzi, Roma
1955, P. 432 Si vedano, in particolare, i numeri 19 (16 maggio), 22 (6 giugno), 34 (12 sette m b re), 36 (26
sette m b re) del 1920 di «Avanguardia».
3 Da una circolare firmata « Il Comitato provvisorio della Federazione Giovanile Comunis ta
Astensionis ta» (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e. r., 1920, C. 1, b. 57).
Capitolo quarto
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile»
Il Partito comunis t a d'Italia non nasce dunque dall'« Ordine nuo vo ». La stessa omogeneità del
gruppo viene incrinata più d'una volta nel processo di forma zione del partito. Ma i giovani che
fonda no, il 1° mag gio 1919, a Torino, la « rassegna di cultura socialista » e le danno quel nome
progra m m a tico arrechera n n o esperienz e, idee, quadri intellett uali ed operai che, a mano a mano,
acquisteran n o maggiore rilevanza, fino a divenire prevalenti, pur perde n do molti dei caratteri
iniziali. Il nucleo « ordinovista » originario è costituito da Antonio Gramsci, Angelo Ta sca,
Umberto Terracini e Palmiro Togliatti, i fondatori della rivista. E con loro sono giornalisti, operai,
studen ti, impiegati, da Alfonso Leonet ti ad Ottavio Pastore, da Giuseppe Amoretti a Mario
Montagnana, che si sperime nt a n o all'edizione piemon te s e dell'« Avanti! » fondata nel 1918;
l'elenco dei « torinesi » - di nascita o d'adozione - è ricco di altri nomi che ritrovere m o spesso in
queste pagine.
Basti citare, per il gruppo intellettuale che più assidua m e n t e parteci pa della vita della rivista,
Attilio Carena, Pietro Borghi, Andrea Viglon go, Felice Platone, Mario Stragiotti, Piero Sraffa, Arturo
Iacchia, e, per i militanti operai, Antonio Oberti, Paolo Robotti, Vincenzo Bianco, Gio vanni Casale,
Teresa Noce, Rita Montagnana, Battista Santhià, Leopol do Cavallo, Enea Matta, Giuseppe Pianez z a,
Umberto Massola, Arturo Bendini, Mario Bavassano, Giorgio Carretto, Carlo Chiappo, Luigi Gras si,
e i giovanissimi Luigi Capriolo e Celeste Negarville. Tra le donne che diverran no militanti
comunist e, oltre a quelle già citate, vanno ricordate Teresa Recchia, Rina Piccolato, Felicita Ferrerò;
e fa spicco sin d'allo ra Camilla Ravera, una giovane maestra nativa di Acqui, che diverrà il quadro
femminile più prepara t o e più capace che avrà il Partito comu nista.
Altri dirigenti, giovani ed anziani, verranno dalle file dei « rigidi » o degli « astensionisti » torinesi
che largamen t e partecipano delle stesse iniziative, dallo stude nt e Luigi Longo a operai come
Giovanni Boero e Luigi Gilodi, o impiegati come Pietro Rabezza n a, già segretario della se-
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
47
zione torinese del PSI, per non dire d'un respiro ancora più vasto di in fluenze e consensi, che
racchiude sindacalisti libertari e anarchici come Pietro Ferrerò e Maurizio Garino o socialisti più a
destra, come Giovan ni Roveda che proviene da Mortara. Molti altri piemont esi, o calabresi o
siciliani, o liguri o veneti, potran no essere, del resto, più avanti annove rati tra gli uomini educati
dal gruppo ordinovista e dalla rivista.
Corre da quel primo dopoguerr a l'appellativo di Torino « Pietrogra do d'Italia ». La città non è più
rossa di alcune altre. Ma è la più indu striale e la più operaia d'Italia, ha un proletariato omogeneo,
qualificato professional me n t e, agguerrito. La lotta di classe conosce poche media zioni (« non
abbiamo riformist ucci tra i piedi », dirà Gramsci) e non si esprime soltanto nelle officine o sulle
piazze. Tra il centro liberale e bor ghese e i sobborghi, la periferia socialista, c'è una spaccatur a
che riflette, con le condizioni sociali diverse, due modi di vivere, due mondi ideali contrap p o s ti.
Gli operai presso cui « vanno a scuola » gli ordino visti han no combat tività e tradizioni che li
situano con naturalez z a all'avanguar dia di tutta la classe: termini come « esperien za di massa », o
« dittat ura proletaria » non sono accademiche esercitazioni di intellett uali per loro. E si può non
meno distinta m e n t e avvertire qui un moralism o, persino un puritanesi m o, nella nuova
generazione sorta nel fuoco della som mo s s a del 1917, che spiega come attecchisca a Torino e non
altrove una rivista così intrisa di « culturis m o », così « difficile », aristocratica nel linguaggio e nel
costu m e, come « L'Ordine nuovo » (e perché il mondo operaio af fascini tanto un ragaz z o come
Piero Gobetti). Non a caso è qui che si parla di trapiant a re fenome ni come quello del « Proletkult »
russo, è qui che gli anarchici si differenzia no dagli altri, e i bordighiani stessi (se non numerosi,
assai influenti) sono permeati della mentalità gram sciana.
Togliatti affermò che « L'Ordine nuovo » era nato all'Università di Torino. È aspet to non
seconda rio, che si richiama alla prepara zione cul turale dei tre o quatt ro giovani, usciti da quelle
aule, che gli diedero vita, al rilievo della loro personalità individuale. Accanto a quella, dominan te,
di Antonio Gramsci, la figura di Palmiro Togliatti - il suo amico più in timo - si va segnalan do in
un primo tempo per la spiccata prepara zione umanistica e per uno spirito polemico (« caustico »
lo definirà Gobetti) che dalla « battaglia delle idee » si riverserà presto nel vivo del dibattito
politico - teorico suscitat o dalla rivista.
Togliatti è nato a Genova, nel 1893, di famiglia piccolo - borghese (il padre era econom o nei
Convitti nazionali, la madre insegna nte, entra m bi della provincia torinese), ha fatto anch'egli il
liceo in Sardegna, a Sassari, è giunto, con Gramsci, a Torino nel 1911, si è laureato in giurispr u de n
za, con una tesi di econo mia politica (discussa da Luigi Einaudi). Ha pre -
48
Capitolo quarto
stato servizio militare prima come volontario, in organiz z a zioni sanitarie perché giudicato inabile
alle prime visite, poi nel 1916 - 17 come allievo ufficiale degli alpini. Ammalatosi e congedato, è
assunt o nel 1919 alla re dazione torinese dell'« Avanti! » come cronista sindacale ed è alle prime
esperienz e nell'ambient e operaio. La sua adesione alla giovent ù sociali sta data dal 1914, in verità,
e il contatt o con Gramsci è proseguito du rante la guerra (Togliatti invia qualche articolo nel 1917
al « Grido del Popolo », rivendican do il liberis mo come indirizz o economico sociali sta) ma egli è
certo stato di quei giovani studenti che all'atto dell'inter vento si sono mostra ti sensibili al
richiamo patriottico, si sono allontana ti dalla posizione socialista e anche a lui, come a Gramsci,
nelle polemi che interne del dopoguerra, si rimproverera n n o l'interventis m o e il « vo lontariato ».
Degli altri due, mentre Angelo Tasca, laureato in lettere, figlio di un operaio astigiano (è nato a
Moretta nel 1892) è il più noto nel partito, tra i fondatori della gioventù socialista a Torino nel
1907, e quello che altresì conserva - anche nel tono della sua predicazione socialista - i le gami
più solidi con la generazione precede nt e e colla tradizione sindacale inaugura ta si nel 1911 - 13,
Umberto Terracini (nato a Genova nel 1895) è entrat o nel moviment o giovanissim o nel 1911. È già
segretario della Federazione giovanile socialista piemont e s e nel 1916. Laureatosi in giuri
sprude n z a, farà per primo parte delle dirigenze nazionali del partito (nel 1920 verrà cooptat o
nella direzione). È forte oratore, ragionatore sotti le, polemista durissim o. La sua funzione si
esplica piuttos t o a fianco del la rivista che nella sua elabora zione reda zionale. Terracini e Tasca
non hanno mai avuto tentazioni interventiste.
« L'Ordine nuovo » non si differen zierebbe però da altre riviste socia liste se non fosse per la «
idea - forza » che fa penetrare dall'estate del 1919 nelle officine torinesi: il moviment o dei Consigli
di fabbrica, attra verso la trasfor m a zi one delle vecchie Commis sioni interne in organis mi che siano
emana zione sponta nea della « massa che si governa da sé » nel suo « territorio nazionale »: il
luogo di lavoro, l'unità produt tiva. Il Con siglio di fabbrica è formato dai commissa ri di reparto
eletti da tutti i la voratori, sia da quelli organiz z a ti dal sindacato che dai « disorganiz z a ti »; ha tra i
suoi compiti quello di impadro nir si del meccanis m o dell'azien da per preparar si a dirigerla; nella
prospet tiva che gli assegna no i suoi susci tatori è una forma di soviet, un « potere proletario »
conquis tat o nell'in timo del processo produt tivo, la prima cellula del futuro Stato dei Con sigli.
Non si può dire che tale costru zio ne ideale penet ri nella coscienz a di tutti gli operai ma il nuovo
istituto si sviluppa anche dall'esperien z a e dalla volontà dei lavoratori torinesi. I Consigli di
fabbrica vengono di-
##
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
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scussi nelle assem blee delle officine, sono eletti, funziona no, creano nei grandi complessi
indus t riali — che racchiudon o 150 000 lavoratori — una situazione di dualis mo di poteri che
provocherà ben presto i conflitti più radicali tra indus triali e operai. L'idea, partita da Gramsci,
può racchiu dersi in una formula, teorica e politica insieme: il moto proletario verso la rivoluzione
si deve esprimere in forme proprie, dare vita a proprie istituzioni. L'ispirazione leninista è tutta
nella convinzione che la lotta per un ordine nuovo, la lotta per spez z a re la « macchina dello Stato
bor ghese », si inizia cominciando a costruire, prima della presa del potere, gli ingranaggi di una
macchina statale nuova, e che i proletari d'officina debbono esserne gli artefici, come produ t t o ri.
Gramsci stesso lo dirà con chiarez z a:
La posizione dell'* Ordine Nuovo» consisteva essenzialm e nt e in ciò: 1) nel l'aver saputo tradurre in
linguaggio storico italiano i principali postulati della dot trina e della tattica dell'Interna zi onale
Comunis ta; negli anni 1919 - 20 ciò ha volu to dire la parola d'ordine dei Consigli di fabbrica e del
controllo della produ zio ne, cioè l'organiz z a zio ne di massa di tutti i produ t t ori per
l'esprop riazione degli espro priatori, per la sostitu zione del proletariato alla borghesia nel governo
dell'indu stria e quindi, necessariam e n t e, dello Stato; 2) nell'aver sosten ut o, in seno al Par tito
socialista, che allora voleva dire la maggioran z a del proletariato, il progra m m a integrale
dell'Interna zio nale Comunist a e non solo una qualche sua parte '.
La collezione del giornale mostra - a differen z a di ciò che avviene per « Il Soviet » — che non vi è
numero nel quale non si vadano raccogliendo tesi, indicazioni, docume n ti sul moviment o
interna zionale dei Consigli: dal rapport o di Lenin al II congress o dell'Interna zi onale comunist a —
già qui ram me n t a t o - alla conferenz a di Bela Kun dinan zi agli operai unghe resi (nella quale si
precisa l'importa n z a che i sindacati si trasfor mino per abbracciare la totalità degli operai d'una
stessa indust ria), dalle precisa zioni del comunis ta svizzero Jules Humbert - Droz sulla natura del
movi mento soviettista come movimento di massa alle progra m m a zi o ni enun ciate in un convegno
tenuto dal segretariato per l'Occidente europeo (« formare organi quali i Commis sa ri di repart o, i
Consigli di fabbrica, i Consigli econo mici dei lavoratori » ), dalle citazioni di Gyorgy Lukàcs a
quelle di G. Zinov'ev.
«L'Ordine nuovo» vive e si sviluppa in una singolare antinomia. Il suo orizzon t e è quello del
moviment o suscitato dall'Interna zi on ale piut tosto che quello italiano; il suo interesse per le lotte
interne al PSI (e anche per la situazione politica nazionale) è seconda rio, fino a divenire una causa
di isolament o, via via più grave. Gramsci, più ancora dei suoi ##
Antonio gramsci, il nostro progra m m a, «L'Ordine nuovo», serie III, a. 1, n. 3- 4, 1- 15 aprile 1924.
50
Capitolo quarto
amici, è assente dalla battaglia precongress u ale nel 1919, non nascon de nepp ure il suo fastidio per
le diatribe tra elezionisti ed astensionisti. A Bologna il gruppo si confonde nello schiera m e n t o
massimalistico che trionfa al congress o. Dopo le elezioni generali di novembre e il grande
successo socialista, che fa del suo gruppo parlam e nt a r e un arbitro della situazione, Gramsci teme
che i problemi contingenti di tattica politica, lo stesso maggiore peso che i deputa ti vengono ad
avere nel partito, sof fochino una prepara zione che ponga davvero come protagoniste le masse
operaie, e quelle dei contadini poveri, ora organiz z at e dal Partito popola re e dagli ex combat te nti,
ma destinate (così come Kerenskij lavorò invo lontaria me n t e per Lenin) ad entrare nel grande
fiume della rivoluzione socialista. Così almeno pensa Gramsci nel 1919. Lo stesso problem a di un
arma m e n t o di questo esercito è considerat o da lui secondario: le armi si troverann o là dove vi
sono.
Tra l'autun n o del 1919 e la primavera del 1920 il moviment o dei Consigli cresce in un modo
impetuos o — ma soltanto a Torino —, conqui sta le organiz z a zi oni sindacali locali e provoca
polemiche sempre più aspre. Le posizioni dell'«Ordine nuovo» sono osteggiate dai riformisti della
Confedera zione come nuova forma di anarco - sindacalis m o, Serrati considera un'aberra zione porre
sullo stesso piano gli operai iscritti al par tito e al sindacato e i non organizz a ti, Bordiga
rimprovera di sottovalut a re il problem a dei problemi, la conquis ta del potere politico centrale e
teme - come abbiamo visto - che i Consigli operai, perdur a n d o il regime capitalistico, si
trasfor mi no in un organo corpora tivo, di « arram pica mento riformista». A tutti è ostico quel
gruppe t t o di intellettuali che vogliono dare lezioni di rivoluziona ris m o a destra e a manca, e
possono combinare grossi guai. Ma più interes sa n te della polemica (a cui gli ordi novisti replicano
tenaceme n t e soprat t u t t o esaltand o il moment o politi co, comunis t a, del moviment o consiliare) è la
realtà in cui si viene presto a collocare.
Lo sforzo costrut tivo del moviment o, in meno di un anno, è stato in tenso. Nella stessa avversione
di quasi tutti i dirigenti nazionali socialisti è il segno migliore della sua originalità, apport at avi
essenzial me n t e da Gramsci, con un carattere antisett ario che è forse il connot at o più nuo vo.
Gramsci non ha, in verità, nessu na prope nsione per l'anarchis m o e « L'Ordine nuovo » affronta per
tem po il tema generale della distinzione dalle idee libertarie, ma nel gruppo, nel moviment o, nelle
organiz z a zio ni di fabbrica ispirate ad esso, gli anarchici hanno la loro collocazione, col laborano,
così come tutti i lavoratori che si impegnino nello sforzo rivo luzionario comune. Quello che
Turati, come Serrati del resto, rimprove ra a Gramsci e ai torinesi, al congress o di Bologna, « il voto
atomistico
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
51
dei disorganiz z a ti e degli stessi krumiri », è il titolo maggiore di merito, la sanzione del carattere
autentica me n t e proletario del moviment o, quel lo che anche all'estero lo segnala come degno di
particolare attenzione; e dell'« Ordine nuovo » parlano Sylvia Pankhurs t, Jacques Mesnil, Ros mer e
Monatte, Henri Barbusse '.
Questa mentalità, attenta in primo luogo alle dimensioni di massa di un fronte rivoluziona rio, si
riscontra anche nei contatti che Gramsci cer ca sempre di prendere anche al di fuori del
moviment o socialista, ad esem pio tra i soldati, come è il caso, ora, dell'azione personale che svolge
tra quelli della brigata Sassari, quasi tutti pastori e contadi ni sardi, tra sferita a Torino nel 1919 in
servizio di ordine pubblico (e così sarà nel 1921 con ex legionari fiumani).
La situazione va mutan do nel 1920, anche se non subisce una svolta radicale, tale che annulli le
spinte precede nti. Ma il segno contrario al l'ondata rossa è ormai marcato. Lo Stato non appare
più, come nel 1919, in balia delle forze sociali ed economiche più dissolvitrici della sua auto rità.
Vi è una riorganiz z a zio ne dell'appara t o « coercitivo » e di quello bu rocratico, ment re nulla più di
una perora zione generica sovversiva scalfi sce le forze armate (i cui capi, semm ai, si sono situati
all'estre m a destra del potere). Le occupazioni di terre incolte da parte dei braccianti - che
riguarda no 27 000 ettari2 - rarame n te sono dirette dalle organiz z a zio ni sindacali di classe, più
spesso da popolari ed ex combat te nti, nel Mezzo giorno. La situazione econo mica, che non è di per
sé migliorata nell'insie me (gravissim o resta lo sbilancio finanziario, e difficile si fa per certi set
tori l'approvvigionam e n t o di materie prime) registra, però, una certa ri presa produ t tiva. E il
mondo impren dit oriale da, per la prima volta, se gni vigorosi di organiz z a zio ne, di iniziativa
politica, di baldan z a, si pone come forza a sé sull'arena dello Stato.
La conferen z a nazionale della Confedera zio ne generale dell'indus t ria, nel marzo del 1920, «
afferm a la necessità che la borghesia del lavoro at tinga in se stessa e nella convinzione della
utilità della sua funzione e del la sua organiz za zi one il mezz o per un'energica azione contro
deviazioni e illusioni »3. E se i combat te nti ora smobilitati non trovano nel Partito socialista una
guida, la piccola borghesia già cerca altrove una risoluzione alla propria irrequiete z z a. È passato il
tem po in cui (come durante i tu multi popolari per il caroviveri) i comm ercianti recavano alle
Camere del lavoro le chiavi dei loro magaz zi ni e da parte di quel « potere » si poteva ##
Cfr. le inform a zioni e le indicazioni che fornisce Sergio caprioglio presenta n d o alcuni Scritti sul
fascis mo di Antonio Gramsci, «Il Corpo», a. 1, n. 3, gennaio 1966, pp. 218 - 24. Alberto caracciolo,
Le occupa zioni delle terre in Italia, Roma s. d., p. 33. Cfr. «Il Corriere della Sera», 9 marzo 1920.
52
Capitolo quarto
imporre drasticam e n t e una riduzione del cinquant a per cento dei prez zi delle derrate alimentari.
La controffensiva del mondo imprendit oriale si rivela appieno a To rino, comincia dalla città più
contesa.
Stamane - telegrafa il 20 marzo il prefett o Taddei al ministro degli Interni - si sono present ati a
me Fon. Olivetti, il comm en d a t o re De Benedetti, presidente di questa Lega indust riale, e il
comm en d a t o r Agnelli, significando mi che negli stabili menti indus t riali l'indisciplina e le continue
esorbitanti pretese degli operai sono giunte a tale punto che gli indust riali sono decisi a ricorrere
entro brevissimo tempo al provvedi me nt o della serrata generale '.
Il proposito è attuato presto. Al primo caso d'indisciplina operaia la Commis sione interna delle
Indus trie Metallurgiche ha arrestat o motu proprio d'un'ora le lancette dell'orologio dello
stabiliment o per prote stare contro il ripristino dell'ora legale, eredità della guerra - è com mina to
il licenziam e n t o di tre membri della stessa Commis sione. Gli operai entrano in sciopero in
quell'officina. Il 29 marzo l'AMMA (l'associazio ne degli indus t riali metalmeccanici) proclama la
serrata, la forza pubbli ca presidia le fabbriche. « Per imporre la fine dello stato caotico delle
officine », gli impren dit ori present a no uno schema di procedu ra per gli organis mi operai che ne
limita rigorosa m e n t e le funzioni. La posta in gio co diventa lo stesso riconoscime nt o delle
Commissioni interne, dei modi della loro elezione, del loro effettivo potere nell'officina. Gli uomini
del l'* Ordine nuovo », i dirigenti sindacali a loro uniti, che guidano la FIOM a Torino, non possono
rifiutare questa battaglia di principio.
Si susseguo no così quasi venti giorni di astensione dal lavoro dei me tallurgici, mentre qualche
trattativa non produce alcun risultat o. Nel fratte m p o, la città operaia è isolata dal resto della
penisola e vari contin genti di truppe (quasi 50 000 soldati) affluiscono a Torino. Si tenterà al lora
di allargare la lotta, la si collegherà con uno sciopero di braccianti in Piemonte; il « Comitato
d'agitazione » proclama lo sciopero generale per tutte le categorie, dai tipografi ai ferrovieri, dai
dipende n ti comu nali ai tramvieri, dai maest ri di scuola fino alle lavoranti sarte: si tratta
complessivam e n te di 500000 lavoratori piemont e si, a partire dal 15 aprile.
Ciò da un'idea della poten z a d'urto, della compat t e z z a, della acutez z a che present a qui la lotta
operaia, tanto più in quanto impegnata si su una questione così schietta m e n t e politica come il
controllo sulla produ zi one. Ed anche del seguito che il movimento suscitato dall'« Ordine nuovo »
ha raccolto in pochi mesi. I suoi uomini lo ricordera n n o come il culmine
1 ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r.t 1920, C. 2, b. 50.
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
53
della loro « azione di massa », come lo scontro di classe più tipico, più avanza to. Ma la sua
particolarità risiede anche nel fatto che gli antagoni sti (gli impren ditori, la forza dello Stato)
hanno coscienza del valore na zionale della contesa, mentre il fronte proletario è ristretto ad un
ambito regionale. La Confedera zione del lavoro si è già dichiarata netta m e n t e contro lo sciopero e
pone ora la questione in termini di mancata discipli na, frena e trattiene le organiz z a zioni
sindacali - in particolare quelle di Genova, già decise ad intervenire - dall'associarsi alla battaglia
dei tori nesi. L'atteggiame nt o della direzione del PSI non è differente. Essa spo sta il convegno
nazionale del partito, già convocato a Torino per il 20- 21 aprile, a Milano. Gramsci annoterà in
modo sferza nt e:
Una città in preda allo sciopero generale sembrava poco adatta come teatro di discus sioni
socialiste... mentre la massa operaia difendeva a Torino coraggiosam e n te i Consigli di fabbrica, la
prima organiz z a zio ne basata sulla democra zia operaia, a Milano si chiacchierava intorno a
progetti e metodi teorici per la forma zione di Consigli come forma di potere politico da
conquis tare del proletariato; si discuteva sul modo di sistem are le conquiste non avvenute e si
abbando n ava il proletariato torinese al suo destino... '.
Il punto è essenziale per capire uno dei momen ti cruciali del dopo guerra, che lo stesso Gramsci
definirà « la scissione d'aprile » e che anti cipa, per molti aspetti, le contrad di zioni che
esplodera n n o in sette m b re con l'occupa zione delle fabbriche da parte degli operai metallurgici di
tutta Italia. Il Consiglio nazionale di Milano pare anch'es so doversi oc cupare del caso
d'indisciplina dei compagni torinesi. Questi non solo hanno accettato la prova di forza localmente
ma hanno cercato di allarga re il moviment o altrove manda n d o propri emissari in Piemonte, in
Lom bardia, in Liguria, cercando un accordo con gli anarchici, anche con il vecchio Malatesta,
rientrato in Italia! In verità, la materia del conten de re è la prospet tiva concreta della rivoluzione
partend o dai fatti torinesi. A Milano si recano Umberto Terracini e Angelo Tasca. Sin dalla prima
giornata del convegno così si è espress o Terracini:
I compagni di Torino, in ossequio a tutte le delibera zioni di Bologna e dei no stri convegni, hanno
cercato di creare là una situazione rivoluziona ria. Essi si trova no verame nte in uno stato di fatto
che giunge all'esas pe ra zione della situazione ri voluzionaria, ed è presso ad una situazione
insurre zionale. Essi da quattro giorni stanno segnand o il passo; hanno un desiderio solo e per mia
bocca lo manifesta n o: che il Consiglio nazionale deliberi un progra m m a d'azione di vera ed
immediata at- ##
Da Il movimento torinese dei Consigli di fabbrica, rapport o inviato nel luglio 1920 al Comi tato
esecutivo dell'Interna zio nale comunis ta, pubblicato per la prima volta nell'« Interna zionale co
munista» - , a. 1, n. 14, novem bre 1920.
54
Capitolo quarto
tuazione, perché il proletariato torinese sente che di fronte alla classe indust riale di Torino la sua
azione deve essere immediata e non può essere procras tina t a '.
Ma la reazione del Consiglio è totalmen t e negativa, e non solo da par te dei riformis ti i quali
pongono ormai, come Modigliani, il problem a in termini opposti: bisogna superare la crisi
cercando di andare al governo e di collaborare con Nitti (che non chiede di meglio). Sono i
massimalisti stessi che non intendon o compiere atti irrimediabili, vale a dire che non intendon o
raccogliere l'appello che viene da Torino. E quando si dice massi malisti non si dice solo Serrati o
quelli che lo seguiran no nella dife sa dell'unità del Partito socialista tra qualche mese, ma proprio
quegli uomini della sinistra estre ma che vedrem o poi affluire nella frazione co munista, quelli che
sin dal 1917 si sono caratteri z z a ti come « intransigen ti- rivoluziona ri ». Un Gennari, ad esem pio,
che dirige il dibattito da mo deratore e conviene sia da « rettificare il tiro », « non fermarci
all'episodio », ma preparare per un tempo migliore la scalata al potere. E, ancora di più, un Caroti
che proclam a, sì, la sua solidarietà con i torinesi ma si affretta anche ad aggiungere che se a
Torino succede una strage si entrerà davvero in una situazione rivoluzionaria e non si è pronti; «ci
trovere mo disarm a ti e legati, olocaust o alla forza del governo e della borghesia italiana »2!
È anche il caso di Bordiga, seppur e un caso a parte. Bordiga svolge il suo gioco, coerente ma
sterile: da un canto, critica l'irresolute z z a della direzione, dall'altro oppone riserve dottrinarie e
politiche all'azione dei torinesi: « i Consigli danno oggi dell'imbara z z o agli imprenditori priva ti...
Ma possono diventare domani, di fronte all'impre n dit ore collettivo, al proletariato comunis ta
emancipat o... un danno economico per gli inte ressi particolari di quel gruppo (che rappres en t a n o)
».
Intanto, a Torino, la battaglia si svolge con aspre z z a crescente. Il 19 aprile è la quinta giornata di
sciopero generale; ad Alessand ria il Consi glio delle leghe ha deliberat o di fare entrare i lavoratori
di quella provin cia in lotta, a fianco dei torinesi; così a Vercelli, mentre nella provincia di Novara il
fronte operaio si estende alle campagne e anche qui è pro clamato lo sciopero generale cui
partecipano le masse dei braccianti già in agitazione per i patti agrari. ##
1 Dal verbale inedito dei lavori del Consiglio nazionale del PSI (18- 22 aprile 1920) parzialme nt e
pubblicato da renzo de felice, in Studi... su Antonio Gramsci cit., p. 445.
2 Interess an t e è il contras t o tra le afferma zioni precise del Caroti riferite nel verbale e riprese dal
De Felice (Studi... su Antonio Gramsci cit., p. 444) e il resocont o per la stam p a del suo inter vento,
che suona su questo punto: «Di fronte a una soffocazione violenta del moto di Torino e di tutto il
Piemonte da parte del governo, noi dobbiam o con ogni mez zo essere pronti a insorgere na
zionalme n te per la difesa dei compagni in lotta e per coeren za ai nostri principi rivoluzionari » («
La voratori, avanti! », bollettino quotidiano dello sciopero generale, Torino, 20 aprile).
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
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Il bollettino degli scioperan ti torinesi (l'unico foglio che esca in città in questi giorni) intitola su
tutta la pagina, il 20 aprile: La guerra di clas se scatenata e pubblica un manifesto che « Il
Comitato di studi dei Con sigli di fabbrica torinesi » rivolge alla massa operaia e contadina d'Italia
e che dice:
Oggi tutto il Piemonte è in moviment o, ma perché la battaglia sia vinta ciò non basta. La classe
operaia torinese non si è impegnat a nella lotta per una questione di orario o di salario: è in gioco
un istituto rivoluzionario, quello dei Commiss ari di reparto e dei Consigli di fabbrica, che non
interess a soltant o una categoria locale ma interess a tutto il proletariato comunis ta italiano. La
lotta non può risolversi fa vorevolment e alla classe operaia e contadina, se tutta la classe operaia e
contadina non si impegna nella lotta, non afferm a la sua poten z a di contro alla classe proprie
taria, al potere di Stato borghese '.
Senonché, la lotta si rivela impari, di giorno in giorno più difficile, per gli sciopera nti posti di
fronte a un padrona t o che non ha la minima intenzione di cedere. A Milano l'isolamen t o dei
rappres e nt a n ti torinesi si rivela totale. Angelo Tasca, a nome del Comitato d'agitazione, chiede che
la Confedera zio ne e il partito si muovano, spez zino con una pressio ne nazionale l'« alleanza tra
indus t riali, agrari e governo », rilevando co me per la prima volta si dia il caso di una lotta che
vede uniti operai e contadini. Terracini è andat o anche più in là dicendo che lo sciopero ge nerale
non bastava più, che bisognava rom pere il patto tra PSI e CGL e che il partito doveva assu me re la
direzione del moviment o. Nella notte tra il 20 e il 21, Terracini ripren de la parola e afferma che
entro tre mesi tutta l'Italia sarà in una situazione simile a quella di Torino: « Noi dicia mo di
prepara re una situazione insurre zionale! »
E Tasca aggiunge, portan do la parola dell'organiz z a zio ne sindacale, pur senza associarsi alle
dichiarazioni più intransigenti di Terracini (Ta sca era per lo sciopero generale) che « noi ritenia m o
sia un errore gravis simo per il partito non avere approfitt at o dell'iniziativa ». Ma, alla fine, i
torinesi sostan zial me n t e debbono ammett ere di trovarsi soli a perorare l'allarga me nt o della lotta.
E il Consiglio nazionale di Milano segna così due fatti importa n tis si mi: il primo è la rinuncia dei
torinesi ad arrivare ad una rottura; il secondo è l'aprirsi di una frattura reale anche se non
proclam at a nel moviment o, che gli avvenime nti successivi non faranno se non aggravare.
Tasca e Terracini si acconciano, ritirando un ordine del giorno pro prio, alla tesi della direzione del
partito che, pur nella solita fraseologia ##
1 «Lavoratori, avanti!», Torino, 20 aprile 1920. Segretario del «Comitato di studio» è Palmiro
Togliatti, probabile autore anche del manifesto. Cfr. Marcella e Maurizio Ferrara, Conversa n do con
Togliatti, Roma 1954, pp. 64- 69.
56
Capitolo quarto
massimalista, vuole prendere tem po, per intensificare la prepara zione della « forza armata
proletaria » e la propagan d a dei principi comunisti tra le masse... C'è, sul tappet o, il progetto
Bombacci dei soviet, una co struzione astratta che non rimarrà meno sulla carta della «
prepara zio ne militare ». Un ordine del giorno present at o da Misiano, che si rivela se non più
concreto almeno più impaziente di quello della direzione, viene prima approvato e poi
abbando n a t o dai rappres en t a n ti torinesi '.
Perché essi si arrendo no? Certame nt e perché, dopo sette giorni di sciopero generale e un mese di
lotta metallurgica, i segni della stanchez z a a Torino sono ormai gravi e, vista fallire la prospet tiva
dell'allarga me n t o della battaglia, si tratta ora di chiudere l'agitazione il meglio possibile; e questo è
il compito che la direzione del partito lascia svolgere alla CGL.
Un concorda t o tra le parti, prom os s o da D'Aragona, sancisce infatti un riconosci men t o degli
organis mi operai ma la vittoria degli indust riali è indiscutibile: la funzione di controllo sulla
produ zi one auspicata dai Consigli di fabbrica è negata; il loro potere all'interno delle officine rigi
dame nte delimitato da una nuova regolame nt a zi one. E gli operai, a cui pure i dirigenti dicono alla
fine dello sciopero che una battaglia è perduta ma la guerra continua, non reagiscono il 1° maggio
quando, in una spara toria, durante il tradizionale corteo, due dimost ra n ti sono uccisi dalla forza
pubblica.
Era possibile fare altrimenti? L'isolame nt o d'aprile doveva necessa riament e cogliere così alla
sprovvista i torinesi? Non potevano essi porsi prima il proble ma di un coordina m e n t o efficace, su
scala nazionale, poli tico e sindacale della loro azione? Gramsci così rispon de rà quatt ro anni dopo
a questi interrogativi:
Nel 1919 - 20 noi abbiamo comme s s o errori gravissimi che in fondo adesso scon tiamo. Non
abbiamo, per paura di essere chiamati arrivisti e carrieristi, costituito una frazione e cercato di
organiz z a rla in tutta Italia. Non abbiamo voluto dare ai Consigli di fabbrica di Torino un centro
direttivo autono m o e che avrebbe potut o esercitare un'im m e n s a influenz a in tutto il paese, per
paura della scissione nei sin dacati e di essere troppo prema t u r a m e n t e espulsi dal partito
socialista. Dovrem m o, o almeno io dovrò, pubblicame nt e dire di aver com mes s o questi errori che
indub biamente hanno avuto non lievi ripercus sioni. In verità, se dopo la scissione di apri le
avessim o assunt o la posizione che io pure pensavo necessaria, forse sarem m o arri vati in una
situazione diversa alla occupazione delle fabbriche e avrem m o riman - ##
1 L'ordine del giorno Misiano è soprat t u t t o interes sa nt e per il cenno che fa, in vista dell'acutiz
zarsi della situazione, alla necessità che il partito si liberi «di ogni preoccupa zio ne di unità e di
tende n z a». Sulla funzione di Misiano in questo periodo, cfr. 1. A. fridma n, Le correnti del Partito
socialista e la fonda zione del PCI, «Studi storici», a. v, n. 3, luglio - sette m br e 1964, pp. 5^8 - 60. La
condott a dei rapprese n t a n ti torinesi è descritta nel bollettino «Lavoratori, avanti!», del 22 aprile
1920, ma senza dare una spiegazione del fatto che essi ritirino la loro firma da quell'ordine del
gior no. Il quale riceve, però, 26 331 voti contro i 61 572 che vanno all'ordine del giorno della
direzione. Bordiga e i suoi si astengono, raccogliendo 7496 voti.
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
57
dato questo avvenime nt o ad una stagione più propizia. I nostri meriti sono molto inferiori a quello
che abbiamo dovuto strom ba z z a r e per necessità di propaga n d a e di organiz z a zi one; abbiamo solo,
e certo questo non è piccola cosa, ottenut o di su scitare e organiz z a re un forte moviment o di
massa che ha dato al nostro partito la sola base reale che ha avuto negli anni scorsil.
Quale era la posizione che Gramsci pensava necessaria dopo la « scis sione d'aprile »?
Evidente me n t e quella di affrettare un processo di chia rificazione politica all'interno del PSI. Già
all'inizio della lotta, dello sciopero metallurgico, ai primi di aprile2 egli ha per la prima volta aper
tament e denunciato le insufficienze del PSI, intuito l'urgen za di una scel ta, l'esisten z a di un
dilem m a, e perorato un nuovo tipo di partito, « omo geneo, coeso, con una sua propria dottrina,
una sua tattica, una discipli na rigida e implacabile ». Si tratta della relazione che doveva servire di
base per una critica dei socialisti torinesi al Consiglio di Milano e che diverrà famosa perché,
conosciuta da Lenin, verrà dai bolscevichi, al II congress o dell'Interna zio nale, present at a come
l'unica posizione accetta bile per quant o riguarda il PSI. Di essa, in quel contes to, avremo occa
sione di riparlare. Nella storia interna dell'« Ordine nuovo » quel docu mento intitolato Per un
rinnovam e n t o del Partito socialista, sta ad indi care il punto massim o della sua contrad di zione,
l'inizio, anzi, di un feno meno di diaspora politica tra i compone n ti del gruppo. Nessuno di loro,
come Gramsci stesso dovrà ram m e n t a re, trae le conseguen z e naturali da una afferma zio ne
centrale come questa, contenu t a nella relazione:
La fase attuale della lotta di classe in Italia è la fase che precede: o la conquista del potere politico
da parte del proletariato rivoluzionario per il passaggio a nuovi modi di produ zio ne e di
distribu zione che permet t a n o una ripresa della produt tivi tà; o una tremen da reazione da parte
della classe proprietaria e della casta governa tiva 3.
Gramsci non ha mutato idea sulla visione generale del potere, poiché ancora dopo l'aprile
continuerà a sostenere che « noi, come marxisti, i termini del proble ma del potere dobbia mo
sforzarci di coglierli nell'or ganis mo produ t tivo »4 e che « la rivoluzione è proletaria e comunis ta
so lo in quanto essa è liberazione di forze produt tive e proletarie »5. Ma non può ignorare la
lezione delle cose: l’handicap di quel partito e di ##
1 Da una lettera ad Alfonso Leonetti, del 28 gennaio 1924, in La forma zione ecc. cit., p. 183.
2 Che il docume n t o, che andre m o citando, dal titolo Per un rinnovam e n t o del Partito socialista
(pubblicato sull'«Ordine nuovo», a. n, n. 1, 8 maggio 1920) sia stato preparat o e stilato e approvato
m quel preciso momen t o risulta da una testimonia n z a di Gramsci in Cronache dell'< < O r di ne
nuovo», a. li, n. 13, 21 agosto 1920.
3 Dal docum e n t o citato alla nota preceden te. Cfr. il testo in Antonio geamsci, L'Ordine Nuovo.
1919 - 1920, Torino 1954, p. 117.
* Al potere, non firmato, «L'Ordine nuovo», a. 11, n. 2, 1; maggio 1920. 5 Due rivoluzioni, non
firmato, «L'Ordine nuovo», a. li, n. 8, 3 luglio 1920.
58
Capitolo quarto
quella organiz z a zione sindacale. Prenden do la penna sull'« Ordine nuo vo », subito dopo lo
sciopero, Gramsci non esita a scrivere che la classe operaia torinese è stata sconfitta, né lesina la
critica alle dirigenze na zionali:
Tra le condizioni che hanno determina t o la sconfitta è anche la « supers ti zio ne », la cortez z a di
mente dei respons a bili del moviment o operaio italiano. Tra le condizioni mediate di secondo
grado che hanno determinat o la sconfitta è quindi anche la mancan z a di coesione rivoluziona ria
dell'intero proletariato italiano che non riesce ad espri mere dal suo seno, organicam en t e e
disciplinata m e n t e, una gerar chia sindacale che sia un riflesso dei suoi interessi e del suo spirito
rivoluzionario. Tra le condizioni mediate di primo grado che hanno determinat o la sconfitta sono
quindi da ritenersi lo stato generale della società italiana e le condizioni di esistenz a di ogni
regione e di ogni provincia che costituisce una cellula sindacale della Confe derazione generale del
Lavoro. È certo, insom m a, che la classe operaia torinese è stata sconfitta perché in Italia non
esistono, non sono ancora maturate le condizioni necessarie e sufficienti per un organico e
disciplinato movimento di insieme della classe operaia e contadi na '.
Gramsci tocca così una debolez z a di fondo del moviment o, il persi stere delle sue caratteris tiche
localistiche e corpora tive, ma scopre anche la contra d di zione maggiore del gruppo ordinovista.
Non è forse chiaro che l'esigenza di un'opera lunga di costru zione, di matura zio ne delle con
dizioni di « un organico moviment o d'insieme », si scontra con la neces sità, impos ta dall'offensiva
dell'avversario di classe, di fare presto, di schierare tutte le forze in campo per gli scontri
decisivi ? E sarà lo stesso Gramsci a dirci poi, come abbiamo visto, di aver perso il tem po più pre
zioso, di aver impos tat o tardi il problem a del partito e di un altro centro nazionale di
organiz z a zio ne sindacale delle masse.
Il discorso vale natural m en t e, a maggiore ragione, per tutta la sini stra del partito, che è invece
perfetta m e n t e integrata nel massi m alism o classico, nella rete di progetta zione, in un linguaggio
scarlatto, a cui fa ri scontro l'eterna attesa del momen t o buono, e il suo continuo rinvio. Gramsci
almeno ha d'or innan zi la coscienza dram m a tica dell'impote n z a comune e cerca, con iniziative
personali, di superarla. Chi, invece, tra gli altri ha il senso dell'urgen z a di una scelta? Resta Bordiga
e forse Gram sci, nel suo cenno alla soluzione intravista dopo tale avvenimen to, si rife risce alla
necessità da lui intuita di fare, intanto, fronte comune con Bor diga che già batte sul tasto della
scissione da mesi e proclama la necessità di liberare il partito dai riformisti e dagli opport u ni s ti.
I fatti mostra no un forte, quasi repentino, accosta me n t o di Gramsci agli astensionis ti subito dopo
la sconfitta d'aprile. ##Egli si reca a Firenze,
1 Superstizione e realtà, non firmato, «L'Ordine nuovo», a. n, n. i, 8 maggio 1920.
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
59
come « osservatore », al convegno che gli astensionisti tengono ai primi di maggio e va a propor re
« la creazione e la costitu zione di una frazione comunista nazionale » '. Bisogna - dirà Gramsci
dalla tribuna del conve gno - abbando n a r e la ristretta base dell'aste nsionis m o e raggrup p a r e tut te
le forze rivoluziona rie, comuniste, del partito e della classe. Ma Bordi ga rispon de di no.
L'astensionis m o è per lui una garanzia di purez z a del moviment o, e il suo sospet to verso i «
torinesi » è ancora forte. In più, Bordiga non ha fretta, è convinto che il tempo lavori per la
matura zio ne delle forze rivoluzionarie e sopratt u t t o acceleri la crisi del Partito socia lista che egli
considera indispens abile per il sorgere di un Partito comu nista.
Così, Gramsci torna a Torino senza un accordo e di qui comincia un suo isolamen to all'interno
stesso del gruppo ordinovista. Da maggio a lu glio, egli va elaboran d o il proposito di attuare
l'auspicato « rinnovam e n to » partend o ancora una volta dalla fabbrica, curando la forma zione di «
gruppi di educazione comunis ta » nelle officine, lavorando ivi per « l'u nità proletaria minacciata
nella sua compagine ». Gli amici della redazio ne non lo seguono. Con Tasca, la disputa dura da
mesi e scoppia in mag gio- giugno. Tasca non crede al valore autono m o del moviment o consi
gliare, è prope ns o a valoriz za re, invece, le Camere del lavoro2.
In questa posizione di Tasca vi è certa me nt e il frutto della sua forma zione giovanile che, in tutto
il decennio precede nt e, si è sviluppat a a con tatto dei dirigenti e militanti sindacali, di una
tradizione socialista che proprio nelle Camere del lavoro si è irrobus tita e ha fronteggiato l'anar
co- sindacalis mo, ma vi è anche una intuizione politica che si ricollega alla necessità di raccogliere,
e raccogliere subito, un vasto fronte rivoluziona rio per i compiti dell'ora. Rifletten do, nel 1929, a
queste sue posizioni e alla polemica con Gramsci del 1920, Tasca dirà:
Il proble ma della rivoluzione italiana era quello di legare, coordinare « le nuove forme » per cui
marciava (quasi solo a Torino) il proletariato indus t riale d'avan guardia per « organiz z ar e la
rivoluzione » colle « vecchie forme », a cui ancora ade riva la grande maggioran za dei lavorato ri di
città e di campagna che si trovava sotto l'influenz a del Partito socialista, e cioè coi sindacati e
specialment e colle Camere del Lavoro. Queste ultime erano ricche, nel clima storico del 1919 - 20,
di elementi so viettisti come hanno dimos t ra t o gli episodi del moto contro il caroviveri nel 19196
1 Dell'episodio parla Gramsci in varie occasioni: in un articolo scritto per la terza serie, quin
dicinale, dell'«Ordine nuovo» (a. 1, n. 2) dal titolo Contro il pessi mis m o; in un intervento al con
vegno dei segretari di federazione del PCI del maggio 1924 («Lo Stato operaio», a. 11, n. 18, 28
mag gio 1924). Anche « Il Soviet» del 16 maggio 1920 da un conto som m a rio del discors o di
Gramsci al convegno astensionist a.
2 Cfr. i numeri dell'« Ordine nuovo » dal 29 maggio sino al 13 agosto del 1920 che, partend o dalla
relazione di Angelo Tasca al congress o della Camera del lavoro di Torino, ospitano tutto il
dibattito che intercorre tra lui e Gramsci (molto aspro) su varie questioni di carattere politico sindacale e rifan no anche la storia della concorditi discors di Tasca nel gruppo, a partire dai primi
numeri della rivista.
60
Capitolo quarto
l'essere state anche in seguito i principali centri di mobilitazione delle masse lavora trici italiane '.
Togliatti e Terracini, a loro volta, sono più vicini ora alla direzione massimalista (in cui Terracini è
stato cooptat o e che compre n de più di un dirigente, da Gennari a Bombacci a Tuntar, Regent e altri
che entreran no qualche mese dopo nella frazione comunist a) e lasciano pertant o pratica me n n - te
solo Gramsci al suo tentativo di « ricostru zio ne » (condot to con poco più di una decina di operai
fedelissimi: Vincenzo Bianco e Battista Santhià tra gli altri), né lo seguono nell'accosta m e n t o agli
astensionisti che a Torino sono decisi a precedere addiritt ura Bordiga nell'attuare la scissione del
PSI.
Nel mese di agosto, quando Giovanni Boero, segretario della sezione eletto anche coi voti degli
ordinovisti, si dimette, Togliatti e Terracini (con Tasca) conquis ta no la maggioran z a in opposizione
sia a Gramsci che ai bordighisti2. La loro piattafor m a politica non ha abbando n a t o le istanze
consigliari ma non intende rinunciare né a un largo schieram e n to unitario di « sinceri comunisti »
né al lavoro preparat orio per le elezio ni municipali (Gramsci, sprez z a n t e m e n t e aveva scritto:
«Non parteci pando alle contese per il potere della Sezione, intendia m o iniziare un la voro
d'organi z z a zio ne di un gruppo disinteres s at o che non ha da offrire al proletariato, per la sua
emancipa zione, né Consigli comunali né diri genti sindacali... »3).
Il microcos m o dei conflitti interni al gruppo ordinovista ci mostra be ne il percorso di una
tende n z a centrifuga che è provocata dalla prima sconfitta, le tappe di successive impossibilità
attraverso le quali si giun ge alle due grandi scaden ze del congress o di Mosca e dell'occupa zione
delle fabbriche, che nessuno ancora prevede siano così ultimative. Quan do si sta per aprire la
grande assise interna zionale, la divisione all'interno della sinistra che costituirà il PCd'I è al suo
punto massim o. Gramsci è isolato, lontano sia da Bordiga che da Togliatti. Gennari e Bombacci re
stano con Serrati all'interno della maggioran z a massimalista unitaria.
A Mosca la matas s a si ingarbuglia ulterior m en t e, quasi una comm e dia degli equivoci. Si vedrà che
Gramsci, in primo luogo, ma anche gli uomini che hanno fondato « L'Ordine nuovo », e i socialisti
torinesi in genere, sono present ati « come una razza m aglia di frenetici, di scalmana - ##
1 Dal Poscritto in cui Tasca traccia la sua «biografia politica», pubblicato ora, a cura di Giusep pe
Berti, in « Annali », 1966, dell'Istituto Feltrinelli, pp. 783 - 84.
2 Su tutta la vicenda interna del gruppo ordinovista e la sua ripercus sione, in tale frangente, sulla
sezione torinese del PSI, cfr. la mia introd u zi one all'antologia de «L'Ordine Nuovo» (1919 1920),
Torino 1963, pp. 89- 96.
3 Gramsci ricorderà che nell'agost o del 1920 «Togliatti e Terracini avevano raggiunt o Tasca» (La
forma zione ecc. cit., p. 152).
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
61
ti e di indisciplinati » '. L'accusa nasce dai sospet ti e dalle incompr e n sio ni che le polemiche
precedenti hanno già messo in luce ed è così generale che verrà portata a Mosca da tutti i
rappres e nt a n ti italiani al II congres so dell'Interna zionale. Le polemiche sul gruppo d'intellett uali
che ha co stituito il moviment o ordinovista avranno strascichi annosi, con punte di asprez z a
personale nei confronti di Gramsci e di Togliatti che peseran no non poco nella stessa lotta interna
del Partito comunis ta e che i socia listi rinnoveran no, dal canto loro, spessissi m o. (Tasca e
Terracini, più «vecchi» militanti, oppostisi sin dall'inizio alla guerra, non verranno mai attaccati
personal m e n t e).
I due « torinesi » non si leveranno facilmente di dosso l'imput a zi one di essere stati interventisti, di
posse de re una forma zione culturale idea listica, di essersi confusi nel 1919 nella maggioran z a «
elezionista » dei massi m alisti, di avere propen sioni per l'anarchis m o, di essere intellet tuali
acchiappa n uvole. Gramsci ne darà conto in una lettera del 1924 a Leonetti. Tra i militanti
comunisti emigrati a Mosca - egli ricorderà - le discussioni sull'ordinovis m o saranno ancora così
accese da trasfor m a r si in rissa2. È un dato psicologico da tenere presente, al pari della ruggine
personale tra Tasca e Gramsci, e ancor più tra Tasca e Togliatti.
Ora, al mome nt o cruciale della battaglia del primo dopoguerra, bal zano piuttos t o in primo piano
gli elementi di sostan z a politica: il dissi dio sull'indiriz z o tattico e strategico da seguire, dinanzi
ad una realtà ora manifest a. La mancan z a di coordina m e n t o e di intendi m e n ti comuni si rivela non
quando si delinea una pros pet tiva di battaglie offensive ma quando si è ormai costret ti ad
accettare il moment o e il terreno scelti dal l'antagonis ta di classe: la sortita non è stata effettua t a
dagli uomini del l'Ordine nuovo » ma dagli imprendit ori, che dal loro successo trarra n no nuovo
incoraggiame n t o per « puntare i piedi », su scala nazionale.
Un uomo come il moderat o Bruno Buozzi, il segretario generale della Federazione metallurgica, di
orienta m e n t o classicam en t e riformist a, che nell'aprile del 1920 respinge l'impos t a zio ne di una
battaglia di principio sul riconoscime n t o dei Consigli, sarà lo stesso che, in agosto, di fronte
all'iniziativa sempre più baldan z o s a degli indust riali del settore, concepi rà l'occupa zione delle
fabbriche come una ritorsione, inevitabile per una questione di principio: non si può rifiutare la
sfida, pena un arretra m e n to generale e la perdita delle stesse conquiste sindacali e salariali
strapp a te con le lotte precede nti. ##
1 Antonio gramsci, Dove va il Partito socialista?, «L'Ordine nuovo», a. 11, n. 9, io luglio 1920.
2 Cfr. La forma zione ecc. cit., p. 182.
3 bruno buoz zi, Voccupa zione delle fabbriche, in «Almanacco socialista italiano», ed. del PSI, Paris
1935, p. 79.
62
Capitolo quarto
Così, mentre il 1919 present ava la massima ampiez z a della crisi ri voluzionaria di tutta una
società, e fu considerat o dai socialisti come un preludio, come una situazione che bisognava
lasciar maturare, il 1920 trova, impegnat e, in prima linea, le avanguar die operaie in battaglie non
scelte da loro.
Qualcosa, però, conviene aggiungere subito sul peso che l'esperien z a ordinovista avrà nello
sviluppo della storia del PCI negli anni successi vi e, sopratt u t t o, nell'elabora zione politica, di
dirigente e di teorico, di Gramsci. Se il motivo più semplice da raccogliere, quello stesso che già
hanno avanza to criticament e Bordiga e Serrati, è la sottovaluta zione del la funzione e
dell'import a n z a del partito, è anche da rilevare ciò che sta alla radice del dissens o con Tasca, cioè
la volontà e l'ambizione di Gram sci di suscitare organis mi di massa (di dare una nuova
espres sione politi ca alle masse), che siano diversi dai sindacati tradizionali e dalle Camere del
lavoro.
La critica di Gramsci al sindacato è radicale. Egli vi contrap p o ne il Consiglio proprio perché solo
esso gli appare come organis m o capace di raccogliere la volontà di tutti i lavoratori e di temprarla
sulla base della vita di fabbrica. Nella polemica di Tasca, nella sua convinzione che la teoria e la
pratica dei Consigli siano, in parte, un'invenzione intellettua le, volontaris tica e idealistica, la quale
forza e coarta, in un certo senso, l'esperien za tradizionale della classe operaia e sconvolge i suoi
naturali stru me n ti d'organiz z a zi o ne come le Camere del lavoro, c'è un fonda mento. Non si può
nepp ur e identificare il leninis m o con una concezione della rivoluzione dal basso, del process o
molecolare di forma zione dello Stato operaio, che Gramsci pone a base della propria teoria del
pote re, e, quando guiderà il partito, come l'ispirazione stessa della strategia politica da introd ur re
nel moviment o. La forma del Consiglio, l'istitut o nuovo della classe, saranno continua m e n t e
ricercati, ripresi, rilanciati da Gramsci, e proprio il percorrere storica me nt e la vicenda comples siva
del partito ci consentirà di misurare quanto ciò resti un punto fermo dell'e laborazione
gram sciana, il filone rosso del suo pensiero: lo vedre mo nel 1922, a proposito dell'Alleanz a del
lavoro, lo riscontrere m o nel 1924 1926 per i « Comitati operai e contadini », molto più
profon da m e n t e che finora non si sia notato. Ma è impossibile separare taluni tratti di mito
ideologico dalla funzione di stimolo, di rinnova m en t o, di contesta zio ne del vecchio, che il pensiero
operaio di Gramsci esercita. Come si potreb bero concepire l'impulso che lo spirito « ordinovista »
darà a tutta l'a zione dei militanti, il valore vivificante della sua polemica contro i partiti di «
funzionari », oppure contro la concezione bordighiana del partito come di una élite che si pone
sulla classe operaia, senza questo bagaglio
« L'Ordine nuovo » nel 1919 - 20 e la « scissione d'aprile »
63
che non è astratt a m e n t e dottrinario ma si nutre di passione, di fiducia, di sentimen t o?
Quando le dirigenze socialiste mostrera n n o nei fatti di non avere più fede nella capacità di
resisten z a autono m a del proletariato, predicheran no rassegna zione o compiran no « fughe in
avanti », la lezione gramscia na diventerà preziosa e non solo eroico ma positivo sarà il suo
metodo di ricercare sempre la convalida d'una prospet tiva nel seno della classe, di risponde re alla
reazione radicandosi ancora di più nella fabbrica, di pre parare con un lavoro sotterrane o,
diutur no, difficile, le condizioni della ripresa, di concepire il partito proletario come una parte
della classe.
Capitolo quinto
Gli italiani al II congresso dell'Internazionale comunista
Tra il maggio e il luglio del 1920, è un continuo pellegrinaggio per Mosca di delegazioni e di
rappres e nt a n z e di partiti socialisti, di organiz zazioni operaie dell'Europa occidentale.
Quell’accorrere non è soltant o dettato da ragioni di omaggio o di curiosità: è un fenome n o politico
del la massi m a ampiez z a che riflette lo sposta m e n t o a sinistra di quei movi menti, e la tenden z a
comune ad un accordo con la nuova Interna zionale, che vive ora la sua tumult uo s a e ricca
primavera. Il comunis m o diventa il problem a primo della classe operaia europea. L'isolame nt o
della Rus sia sovietica è stato in gran parte vinto, in primo luogo dalla resisten z a e dai successi
dell'Armat a Rossa che ha ricacciato indietro gli eserciti inva sori, spez z a t o il blocco e costrett o
all'armistizio la Polonia. Il Partito socialista degli indipen de n ti tedeschi ha, nel fratte m p o, rifiutato
di ade rire alla II Interna zionale e intende intrapre n d e re trattative con la III. Il Partito socialista
francese, al congress o di Strasburgo (febbraio) si è compor t at o in modo analogo e invia delegati a
Mosca in giugno Marcel Cachin, direttore dell'« Humanité » e L.- O. Frossard, segretario del par tito,
per un contat to che si rivelerà molto fruttuo s o. Anche la minora n z a sindacalista - rivoluziona ria
della CGT francese manda rappre se nt a n ti a Mosca, Rosmer e Monmous s ea u. Così si dica del
Partito laburista britan nico (ILP) che, pur con maggiore circospe zione e minori risultati, ha in viato
in missione presso i bolscevichi una delegazione di sindacalisti e di intellettuali, tra cui Tom Shaw
e Bertrand Russell. Del pari, il Partito so cialista spagnolo, nel giugno del 1920, annuncia la sua
decisione di ade rire alla III Interna zionale.
Dall'Italia partono per Mosca, il 25 maggio 1920, invitati dalle orga nizza zioni politiche e sindacali
sovietiche, un nutrito gruppo di dirigenti largamen t e rappres e nt ativi di tutte le branche e le
correnti del movi mento operaio italiano. Serrati e Vacirca per la direzione del PSI, Gra ziadei,
Rondani e Bombacci per il gruppo parlame n t a re, D'Aragona, Giu seppe Bianchi ed Emilio
Colombino per la Confedera zione del lavoro,
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
65
Dugoni, Pozza ni e Nofri per la Lega nazionale delle cooperative, Luigi Polano per i giovani
socialisti. Alcuni di essi tornera n n o in Italia prima del II congress o dell'Interna zio nale comunis ta
(seconda metà di luglio), altri vi resteran n o ancora in agosto e in settem b re, viaggiando in lungo e
in largo per il paese dei soviet. Alla delegazione si unisce anche Amadeo Bordiga (con la moglie
Ortensia) che si è recato prima, in giugno, in Sviz zera, nei Paesi Bassi e in Danimarca ' a stringere
contatti con varie perso nalità comunis te della stessa tende n z a astensionis tica. Bordiga non ot
terrà al congresso un mandat o di voto deliberativo ma parteciperà larga mente ai lavori.
Bisogna, d'altron de, aggiungere che nessu no degli italiani è andato in Russia in veste specifica di
delegato al II congres so, come « plenipoten ziario» del PSI, sia per la data della parten z a da Roma
che precede la convocazione del congresso sia per quella stessa aleatorietà di rapporti cui
abbiamo già accennat o e su cui avremo occasione di tornare. È un fe nomeno generale. Numerose
saranno, durante i lavori congres s uali, le reciproche contesta zio ni di validità dei mandati, tra gli
americani come tra gli italiani o i tedeschi (non vengono, ad esempio, ammes si al diritto di voto i
rappres e nt a n ti del KAPD ). Si tiene anche, tra il 16 e il 18 luglio, una conferen z a collaterale che ha
per iscopo di gettare le basi di una nuo va « Interna zionale sindacale rossa » e D'Aragona,
Colombino e altri vi fanno vibranti dichiara zioni di volontà rivoluziona ria inneggiando al co
munis m o 2.
Non sarà il solo parados s o, la sola ambiguità del soggiorno russo della rappres e nt a n z a italiana.
Proprio D'Aragona, che non poco ha contribui to a spegnere lo sciopero generale torinese
dell'aprile, viene ricevuto da gli operai di Kronds t a d t con una grande iscrizione inneggiante a
quello sciopero! Quando, due anni dopo, Gregorij Zinov'ev terrà al IV congres so della
Interna zionale comunista un discorso sulla questione italiana, e molte, molte cose saranno
cambiate, ram me n t er à con durez z a:
Si riceveva ogni compagno che venisse dall'estero come un fratello, e disgrazia tament e, ci è stato
dato di vedere i nostri operai di Pietroburgo e di Mosca abbrac ciare letteralme nt e D'Aragona e
Colombino ed issarli sulle spalle, perché essi vede vano in costoro i rappres e nt a n ti del proletariato
rivoluzionario d'Italia e credevano realmente nelle loro parole...3. ##
1 Di questo viaggio sono tracce non solo in una corrispo n de n z a da Copenaghe n sul « Soviet » del
25 luglio, datata 1° luglio, ma in un telegram m a inviato dalla stessa città a Oddino Morgari, in cui
si sollecita il visto del governo italiano per la Russia, il 2; giugno 1920 (ACS, Carte Oddino Morgari,
10- 6- 43).
2 Cfr. La Confedera zione Generale del Lavoro: 1906 - 1926, Milano 1962, p. 295 e la prefazione al
volume di Franco Catalano (p. xliii).
3 Dal discors o pronu nciato il 4 dicembre 1922.
66
Capitolo quinto
Anche al III congres so nel 1921, sempre Zinov'ev, doveva ricor dare:
Quando la delegazione italiana giunse a Mosca, le nostre relazioni con gli altri paesi erano ancora
così cattive che noi non sapevam o che fossero arrivati dei rifor misti. Avevamo la fiducia più
completa in Serrati, come in tutte le persone che egli aveva condot to seco. Li riteneva mo elementi
ancora confusionari, ma la cui devo zione alla causa proletaria fosse verame nte sincera '.
Come stavano verament e le cose in quell'estate del 1920? Che i bol scevichi sapessero poco della
situazione del PSI e delle sue correnti è in contes tabile. C'era grande fiducia nel partito italiano, nel
suo insieme, e in Serrati, l'uomo che Lenin aveva cominciato ad appre z z a r e sin dai tem pi della
guerra, che aveva fondato, nell'ottobre del 1919, una rivista come « Comunis m o », all'insegna
stessa della III interna zionale. Era al tresì nota la posizione di Turati, più volte richiam at o nella
polemica bol scevica come un leader dei « socialpacifisti », anzi dei « socialsciovinisti »
opport u nis ti. Ma proprio mentre la delegazione italiana giunge a Mosca, il saluto che ad essa
rivolge Nikolaj Bucharin sulla « Pravda » del 18 giu gno, ha già un tono diverso dalle effusioni che
caratteri z z ava no nel 1919 - in particolare al congres so di Bologna - lo scambio di saluti tra bolsce
vichi e socialisti italiani. Non solo vi si legge che « è l'ora di cacciare via dal moviment o operaio
italiano il gruppo dei turatiani riformisti » ma anche un rilievo critico redat to in questi spicci
termini:
Il PSI non si è deciso a mettere francam e n t e e lealment e l'insegna comunis ta sulla porta della sua
casa perché molte decine di avvocatucci italiani formano la maggioran z a del gruppo parlame n t ar e.
Gli italiani si aspett avano questa atmosfera, amichevole ma già forte mente polemica? Non c'è
dubbio che la direzione del PSI (e in particola re Serrati) sia al corrente di quello che sarà il tema
centrale della assise interna zionale: l'espulsione dei riformisti dal nuovo organis mo, ma si spera
che la condizione non sia ultimativa né la scadenz a imminente. La prima sorpres a viene
diretta m e n t e da Lenin. Egli riceve, poco dopo l'ar rivo degli italiani, Serrati e Bombacci e passa
senz'altro alla questione della necessità di liberarsi dei socialde m ocratici, e presto. Serrati oppo ne
subito resisten z a e, a credere alle testimo nian z e comuniste, « si arrab biò talmente per la strigliata
ricevuta che la sera non volle andare a una riunione del Soviet di Mosca in cui doveva parlare »2.
##
1 Dalla relazione di G. Zinov'ev sul PSI, riprodot t a in La questione italiana al III Congresso della
Interna zionale comunista, Roma 1921, Libreria editrice del PCd'I, p. 143.
2 L'Interna zionale di Mosca e l'Italia, «Il Comunis ta», n. 7, Imola, 26 dicembre 1920.
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
67
L'atmosfera della delegazione italiana è subito accesa per contras ti in terni. La « delega » della
direzione del PSI per essere rappre se n t a ti al congresso giunge solo per telegra m m a di Gennari, che
designa Serrati, Graziadei e Bombacci. Serrati vorrebbe che venisse delegato anche Va circa (che lo
appoggia) e, in ogni caso, riesce ad evitare che Bordiga abbia voto deliberativo. Ma non è che la
prima avvisaglia di un clima duro e di uno schiera m e n t o dell'Interna zio nale comunista che ormai
distingue più netta m e n t e (anche se può scambiare D'Aragona per un bolscevico...) tra le posizioni
assunt e in Italia dai vari gruppi del Partito socialista.
Sopravviene la seconda sorpres a dei delegati italiani, di fronte all'ap prez z a m e n t o del tutto
positivo che Lenin da del docum e n t o dei « torine si » redatto da Gramsci in aprile e consegna togli
da un messo dell'Inter nazionale, Riedel, giunto da Milano con la delegazione italiana. A quanto ha
lasciato scritto un altro inviato dell'Interna zi onale comunista, V. De got, che soggiornò in Italia nel
1920 fino all'agosto, ed ebbe abbocca menti con Bombacci, Gennari, Serrati e con lo stesso Gramsci
', un « ar ticolo di Gramsci » è da lui raccoma n d a t o caldame n te a Lenin in un col loquio nel quale
Degot gli parlerebbe « del lavoro colossale che compio no i nostri compagni torinesi diretti da
Gramsci » (che egli così present a al lettore: «Era questo uno stupen d o, interess a nt e compagno;
piccolo, gobbo, una grande testa, quasi non fosse la sua, uno sguardo profon do, intelligente... In
ogni suo pensiero si percepisce il marxista profon do »2).
Anche Bordiga, a propria volta, che confidava di poter trascinare con sé, sulla piattafor m a
astensionistica, una frazione interna zionale cospi cua, trova ora confutat e espress a m e n t e le sue
tesi pubblicate sul « So viet » dall'opuscolo di Lenin, il celebre Estremis m o, malattìa infanti le del
comunis m o che è la vera base progra m m a tica dei lavori congres suali.
Conviene però situare il viaggio e le posizioni degli italiani nel conte sto generale del congres so
che si apre a Pietroburgo il 19 luglio e si spo sterà quindi a Mosca dove si conclude il 6 agosto. È il
vero congres so di fonda zione di quello che tra poco si comincerà a chiamare il Komintern. Lo è
perché è il primo che si possa dire effettivame nt e rapprese nt a tivo del proletariato interna zionale
(169 delegati con voto deliberativo, 64 ##
1 Il Degot scrisse nel 1923, presso la Casa editrice statale di Mosca, un interes sa n te opuscolo di
ricordi del suo lavoro di militante rivoluziona rio bolscevico all'estero tra il 1918 e il 1921, V «sbo
donot n» podpolje (In «libertà» nell'illegalità); il volume contiene anche una prefazione di C. Rap
poport che precisa l'attività di lotta dell'autore in Russia e altri paesi d'Europa, in particolare in
Francia e in Italia (1919 - 20). Della sua attività di rapprese n t a n t e «delle sezioni esteri della III In
terna zionale » è traccia in un appello datato da Venezia, a firma sua e di Elena Sokolowska, in cui
si richiede al PSI la maggiore solidarietà con la repubblica russa invasa, pubblicato sull'« Avanti! »
del l'8 febbraio 1920.
2 v. degot, op. cit., p. 30.
68
Capitolo quinto
partiti presenti di più di cinqua nt a paesi) e perché in esso si fissano lo statuto e le tesi
fonda m e n t ali che presiederan n o al suo indiriz zo futuro. La pros pe t tiva generale del moviment o
comunist a mondiale è ben defi nita da queste afferma zioni di Radek (rientrato dalla Germania in
gen naio), uno dei suoi massimi dirigenti:
Il secondo congres so dell'Interna zi onale Comunist a viene convocato in un mo mento in cui si può
dire con assoluta certez z a che- la rivoluzione mondiale non può più essere arrestat a... Il secondo
congres so dell'Interna zio nale Comunista segnerà nelle forme più concrete le direttive per giungere
alla dittat ura del proletariato... Soltanto un fantasticatore inguaribile potrebbe sperare nel
ripristino del capitali smo. Il secondo congres so indicherà in quale modo il proletariato
dell'Europa occi dentale potrà conquis ta re il potere '.
La fiducia nasce dal crescente moto d'adesione che viene da Ovest al raggrup p a m e n t o
interna zionale comunista, dai movimenti di massa che si esprim on o nei grandi paesi occident ali,
dall'Italia alla Francia, dalla Germania all'Inghilterra o agli stessi Usa, e di cui i bolscevichi tendono
a sottolineare in primo luogo lo slancio rivoluzionario, come altretta nti sintomi della prossi ma
travolgente esplosione. E non solo da ciò.
Il secondo, e più grande, motivo di fiducia e di sollecitazione è deter minato dagli avvenimen ti
militari. La guerra con la Polonia, che è ripre sa in maggio con l'invasione dell'Ucraina da parte
delle trup pe polacche, sta ora volgendo netta m e n t e a favore dell'Armata Rossa che avanza ver so
occidente; alla fine di giugno Tuchacevskij spezz a il fronte nemico in Bielorussia, nella seconda
metà di luglio varca il Niemen. Kamenev da alle armate del fronte Ovest l'ordine di prendere
Varsavia. Le notizie delle vittorie sovietiche sono il vero segno sotto cui si convoca l'assem blea
interna zionale comunista.
Zinov'ev ha così rievocato l'atmosfera:
Nella sala del congress o era appesa una grande carta geografica sulla quale veni va segnato ogni
giorno il movimento delle nostre armate. E ogni mattina i delegati si fermavano con un interes se
da restare senza fiato dinanzi a questa carta. Era una specie di simbolo: i migliori rapprese n t a n ti
del proletariato internazionale con estre mo interesse, con animo palpitante, seguivano ogni
avanza ta delle nostre armate e tutti si rendevano perfetta m e n t e conto che, se fosse stato
raggiunto l'obiettivo mili tare stabilito dal nostro esercito, ciò avrebbe significato un immenso
accelerarsi del la rivoluzione proletaria interna zionale2. ##
1 Da Il II Congres so dell'Interna zionale Comunis ta, scritto alla vigilia del congres so e ripro dotto
nell'«Ordine nuovo», a. u, n. io, 17 luglio 1920.
2 Dal rapport o present at o al X congress o del PC russo e riprodot t o in «Comunis m o», a. il, n. 1617, 15 maggio - i) giugno 1921. Cfr. anche Edward h. carr, La rivoluzione bolscevica cit., pa gine
973 - 74.
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
69
Proprio di qui, dall'appre z z a m e n t o sull'accelerarsi della crisi rivolu zionaria in Europa, parte
quella pressione verso i vari partiti socialisti a liberarsi per tempo della propria ala « opport u ni s t a
» e a trasfor m a r si in partiti comunis ti, forte me nt e accentrati e disciplinati a comuni direttive,
informa ti agli stessi principi. Lo statuto che il congress o approva fissa appu nt o le regole valide e
obbligatorie per ogni « sezione » nazionale e per il moviment o nel suo insieme: l'Interna zionale
comunist a è per la creazione di una repubblica interna zionale dei soviet come gradino di trapas s o
alla completa distru zione dello Stato; l'organiz za zi on e deve es sere stretta m e n t e centralizz at a, un
unico Partito comunist a di tutto il mondo; il congress o si deve raduna re una volta l'anno
eleggendo il Co mitato esecutivo come organo direttivo perma ne n t e, di cui fanno parte cinque
mem bri per il paese sede del congresso (la Russia, intanto) e uno per ciascuno dei paesi che
annoverano i partiti comunis ti più importa n ti (gli altri avranno un rapprese n t a n t e con voto
consultivo).
Se l'opport u ni s m o è il nemico principale da combat tere, e il liberar sene condizione sine qua non
dell'ingresso nell'organiz z a zi o ne, l'estre mi smo è considerat o da Lenin e dai bolscevichi come una
« malattia di cre scenza » del partito rivoluzionario, che va curata per tem po perché non ostacoli il
contatt o con le più larghe masse né impedisca quella souples se tattica che deve consentire di
unire mezzi legali e mezzi illegali, di « uti lizzare » il lavoro parlame n t a re come la penetra zione
nei sindacati social democratici, di « agitare tutti i rami della vita sociale », secondo una clas sica
espres sione leniniana.
L'orizzon te del congresso è vastissim o. La sua impos ta zione offre dav vero la magna charta del
comunis m o che si contrap p o ne, nelle prospet ti ve ideali e strategiche, sia all'imperialism o che alla
socialde m ocra zia. Dei relatori soltanto quello sulla questione agraria, il tedesco Meyer, non è
russo: tutti gli altri, da Radek, pur di origine polacca, che parla dei sinda cati e del controllo
operaio a Zinov'ev che definisce il sistem a dei soviet, da Bucharin, che riferisce sul
parlam e nt a ris m o, allo stesso Kabakciev - relatore sugli statuti, bulgaro ma mem bro del Comitato
centrale del PC russo - , apparte ngo no allo stato maggiore bolscevico. Sono essi a dare il maggiore
respiro ai lavori congres s uali, fissando sia quella che si può chiamare l'alternativa storica, una
contrap p o si zione totale alla democra zia politica rappre se nt a tiva del sistem a borghese, sia quei
lineame nti che diverrann o basilari nella condot t a del Komintern: la concezione di un « fronte
generale » che non compre n d a soltant o i proletari delle fabbri che e della terra ma anche i
contadini « semiproletari » e i popoli colonia li, con una particolare attenzione per la leva
rivoluzionaria rappres e nt a ta dalle « questioni nazionali » dei paesi oppres si; il principio di
differen -
70
Capitolo quinto
ziazione tra il partito, avanguar dia della classe, e il sindacat o professio nale, in cui i comunisti
debbono entrare, qualunq ue sia la sua direzione, per collegarsi alle grandi masse organiz z a t e
(basti ram m en t a re che, nel dopoguer ra, la spinta all'organiz z a zi one nei sindacati è generale e lar
ghissima in tutti i paesi indus triali, dalla Germania dove i lavoratori as sociati passa no da due
milioni e mezzo a otto - nove milioni, all'Inghilter ra - da quattro milioni e mezz o a sei - agli stessi
Stati Uniti d'America - da due a quattro milioni).
Il II congress o è stato considera to, quasi unanim e m e n t e, non soltan to il primo vero congress o del
Komintern ma quello che ha la importa n za storica maggiore, una sorta di Manifesto generale del
comunis m o. Né ancora è data vedere una contra d di zione tra il suo impegno universalisti co e le
contingen z e della prevalenz a russa (di Stato oltreché di movimen to operaio). Piuttos to è facile
riscontrare come le delegazioni « stranie re » non rappres en ti no nessu n partito comunis t a di
massa: o si tratta di grandi partiti come l'italiano e il francese che comunis ti non sono anco ra,
oppure di partiti ristretti come il tedesco, e ancor più l'inglese, o l'a mericano, il cinese, il
norvegese, e altri. Le « ventun condizioni » (prima diciannove, elaborate da Lenin) raccogliendo il
significato politico e teo rico dei lavori congress uali, e dell'egemo nia bolscevica, rispecchiano ap
punto questa esigenza: di suscitare la creazione di partiti comunis ti del l'Occidente che si ispirino
alle tesi approvate e al modello rapprese n t a t o dall'esperienz a rivoluzionaria russa, con tutta
quella vocazione didascali ca e quel rigore di principio che ne sono le compone n ti essenziali: disci
plina, organiz z a zione ferrea e centralizz at a, azione portata tra le masse, i contadini, all'interno dei
sindacati, nell'esercito. Di qui discendon o, co me logici corollari, i punti sul carattere organiz z a tivo
e progra m m a tico del partito: ogni sezione aderente alla III Interna zionale deve deno mi narsi
comunist a, allontana re dai posti di respon sa bilità « centristi e rifor misti ». E quei partiti socialisti
(come l'italiano), che già abbiano data la loro adesione precede nt e m e n t e, sono tenuti a convocare
entro quatt ro mesi un'assise straordinaria per pronunciarsi su ciascuno e su tutti i pun ti, e per
espellere quindi quei membri che respingano le tesi nel loro in sieme o anche una di esse.
Conviene citare testual me n t e alcuni di questi 21 punti, che più saranno oggetto di contesa nel
moviment o italiano. L'articolo 7, ad esem pio:
I partiti che desiderano apparte nere all'Interna zionale comunista sono obbli gati a riconoscere la
completa rottura con il riformis m o e con la politica del « cen tro » e a propagare questa rottura
nella più ampia cerchia comunis t a. L'Interna zio nale comunist a non può tollerare che opport u ni s ti
notori quali Turati, Kautsky, Hilferding, Hillquit, Longuet, MacDonald, Modigliani, ecc., abbiano
diritto di pas -
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
71
sare per mem bri della Terza Interna zionale. Ciò avrebbe solo per consegue n z a che la Terza
Interna zionale rasso miglierebbe a pennello alla defunta Seconda Inter nazionale '.
O, ancora, il punt o 17:
I partiti che vogliono apparte nere alla Interna zionale comunis ta debbono cam biare il loro nome.
Qualunque partito voglia apparte nere all'Interna zio nale comu nista deve portare il nome: partito
comunist a di... (sezione della III Interna ziona le)... È necessario che ad ogni semplice lavoratore sia
chiara la differenz a tra i par titi comunisti e gli antichi partiti ufficiali « socialdem ocratici » e «
socialisti » che hanno tradita la bandiera della classe operaia.
Infine, l'articolo 21 che ribadisce:
Quei membri del partito che respingera n no le condizioni e le tesi formulate dal l'Interna zionale
comunist a debbono essere esclusi dal partito.
Si fa anche, a Pietroburgo e a Mosca, un preventivo della rivoluzione in Europa: quale il paese che
vi è più vicino? Da più parti si rispon de: è l'Italia. È vero che resta la Germania la speran z a e la
cura maggiore del l'Interna zionale comunist a: quella Germania dove la crisi rivoluzionaria appare
la più ampia ma dove le tappe interme die da percorrere sono for se ancora molte. In marzo si è
avuto un putsch militarista2 e uno sciope ro generale operaio è riuscito a bloccarlo (il KPD si è
rivelato assai timi do e incerto nella circosta n z a). In giugno, le elezioni politiche hanno ri velato
una caduta dei socialdem ocra tici maggioritari di Scheidem a n n (da undici a sei milioni) e un grande
successo degli indipende n ti (balzati, ri spetto al 1919, da due milioni e trecento mila a più di
cinque milioni di voti). I comunis ti tedeschi hanno ottenut o soltant o 389 445 suffragi e il grande
disegno dell'Interna zion ale è ora quello di unire questi ultimi al le forze rivoluzionarie presenti nel
partito degli indipen de n ti. Ma in Ita lia la situazione è giudicata più matura, sia per la forza e
l'unità politica del proletariato italiano sia per una crisi dello Stato assai più avanzat a (è caduto il
governo Nitti, la som m os s a di Ancona ha rivelato anche nell'e sercito fermenti sovversivi). Basti,
per tutte, questa afferma zione di Zi nov'ev, president e dell'Interna zio nale comunis ta:
Durante il secondo Congress o era convinzione generale che tra tutti i Paesi l'Italia fosse la più
vicina alla rivoluzione proletaria: lo stesso Serrati ne dovette con venire 3. ##
1 Cfr. lenin, Sul moviment o operaio italiano cit.. Appendice, pp. 287 - 89.
2 Cfr. erich eyck, Storia della Repubblica di Weimar, Torino 1966, pp. 1^6 - 65.
3 Dalla relazione sull'azione dell'Esecutivo svolta al III congres so, in La questione italiana ecc. c«.,
p. 12.
72
Capitolo quinto
La constata zio ne è davvero generale. I bolscevichi se la sentono fare, prima del congress o, sia dai
rappres e nt a n ti dell'Interna zionale di vari paesi, sia da invitati non socialisti. Significativa, ad
esem pio, la memoria di Armando Borghi, l'anarchico italiano segretario dell'USI, giunto in quei
giorni a Pietroburgo, su un colloquio con Zinov'ev:
Piuttost o basso, taurino, paffuto, chiomato, sulla quarantina, voce dolce con to no quasi
femminile, Zinov'ev era nel pieno della sua potenz a, president e della Ter za Interna zionale e
massima autorità di Pietrogrado. Mi sembrò simpatico. Mi rice vette nel suo ufficio, e mi doma n d ò
della situazione italiana che gli illustrai come io la vedevo: la necessità cioè di creare il corto
circuito rivoluziona rio prestissi m o per non arrivare troppo tardi '.
I socialisti italiani, Serrati per primo, ma anche D'Aragona, soltanto più tardi riveleranno nei fatti
con quante riserve mentali a Mosca abbia no accettato tale previsione. Se si può parlare di una
comm edia degli equivoci è proprio perché, al congres so, nessuno contes ta una prospet ti va simile.
Anzi, anche sul punto più controvers o, della espulsione dei ri formisti, sollecitata istante m e n t e dai
bolscevichi2, è il vicesegretario del PSI, Bombacci, ad assicurare loro che un'eventuale scissione
porterà co munque al futuro partito comunista l'8o% dei voti e delle forze del vec chio partito.
Serrati tenta a sua volta di minimi zz a r e il problema dicendo che il gruppo di Turati non ha dietro
di sé le masse operaie né i militanti.
Gli italiani costituiscono una delegazione non solo eterogenea ma battagliera. Gli atti congres s u ali
mostra no che su molti punti le loro ri serve sono di sinistra: Serrati arriverà ad astenersi nel voto
sulle que stioni agraria, nazionale - coloniale, sindacale, considera n d o troppo lar ghe le concessioni
dell'Interna zio nale agli strati non proletari; così, in parte, Bombacci e Bordiga. Ed è curioso che
l'unità dei rappres e nt a n ti del PSI si ricom po nga nella reazione unanim e, negativa, alla lettura del
diciassette si m o punto delle « tesi sui compiti fonda m e n t ali », appront a t e da Lenin, che afferma:
Per quant o riguarda il PSI, il II Congress o ritiene sostan zial me n t e giuste la cri tica al partito e le
propos t e pratiche, pubblicate come propost e al Consiglio nazio nale del PSI, a nome della sezione
torinese del partito stesso, nella rivista « L'Ordi ##
1 arman d o borghi, '/2 secolo di anarchia, Napoli 19^4, pp. 233 - 34.
2 Basti, per tutte, questa afferma zione di Lenin, nelle Tesi più volte citate: «L'Interna zionale
Comunis ta non può tollerare che dei riformis ti come Turati, Modigliani e altri abbiano diritto di
considerar si mem bri della III Interna zionale».
3 G. M. Serrati, nel suo intervento alla settim a sedut a del congress o (30 luglio 1920), dice pre
cisament e che la «Critica sociale» ha una tiratura di sole 953 copie, che essa non esercita più la mi
nima influenz a e «al pari di Turati, non ha più alcuna funzione nel partito». Cfr. lenin, Sul movi
mento operaio italiano cit., Appendice, pp. 281 - 82.
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
73
ne Nuovo » dell'8 maggio 1920, le quali corrispon d o n o pienam e n t e a tutti i princi pii fonda me n t ali
della III Interna zionale '.
In quel docum e n t o, Gramsci aveva, in sostan z a, posto la questione essenziale: che la direzione del
PSI, assente dal moviment o interna zion a le rimaneva, pur con tutto il suo massi malis m o,
prigioniera dei riformi sti che bloccavano la spinta delle masse: si doveva quindi eliminare dal
partito i « non comunisti », e in primo luogo — che questo era il tratto di stintivo della sua
preoccupa zi one - coordinare e concentra re le forze operaie e contadine, « studiare, compilare e
diffondere un progra m m a di governo rivoluzionario »2 nel quale si pros pe t ta s s er o le soluzioni
reali a tutti i problemi assillanti la popolazione lavoratrice italiana.
A contras ta re l'appoggio inatteso giunto da Lenin si muovono dap prima Serrati e Graziadei,
ram me n t a n d o che valorizza t e la sezione tori nese ribelle equivale a sanzionare oltre alle sue
accuse il suo atteggia mento contrario alla disciplina; Bombacci ritiene pericoloso valoriz zare le
tende n z e sindacaleggianti dell'«Ordine nuovo»; Bordiga, a propria volta, richiam a un appunt o di
segno contrario, essere stati gli ordinovisti fino a poco tempo prima fautori dell'unità del partito,
confusi a Bologna nella maggioran z a massimalistica unitaria; il giovane Polano, infine, so stiene
che
essendo la Commissione esecutiva della Sezione torinese format a in gran parte di astensionisti si
veniva ad approvare l'opera di quella frazione, sconfess at a sulla que stione parlame nt ar e3.
Di fronte a tale fuoco di fila di recriminazioni Lenin non ritira il pro prio enunciato ma concede di
limitare nelle Tesi il suo consens o al docu mento senza entrare nel merito di tutto l'indirizz o del
gruppo ordinovi sta (che pure in un discorso continuerà ad esaltare).
Ma la disput a con i delegati italiani ha un vero contrad dit to re in Ser rati sul punctu m dolens che
provocherà la scissione di Livorno: l'espul sione dei riformisti. Il direttore dell'« Avanti! » tiene
un'appa s siona t a difesa dell'unità del partito, afferm a che i riformisti italiani sono diffe renti da
quelli di altri paesi (e che l'hanno dimost r at o durant e la guerra), attacca a fondo i socialisti
francesi, quei neofiti del bolscevis mo come Ca chin che nel 1914 - 15 « hanno viaggiato tutta
l'Europa per corrom pe re la classe operaia nel corso della guerra »4. ##
1 lenin, Sul moviment o operaio italiano cit., p. 194. Per un rinnovam e n t o del Partito socialista cit.
Cfr. il volume L'Ordine Nuovo: 1919 - 1920,
P- 122.
3 Dal resocont o del congresso che da «Il Soviet», a. Hi, n. 24, 3 ottobre 1920. Cfr. il suo intervento
alla settima seduta in lenin, Sul moviment o operaio italiano cit., p. 282.
74
Capitolo quinto
Serrati rivendica il diritto del PSI di mantenere il suo nome glorioso, accetta una epurazione, ma
un'epur a zione il cui momen t o e i cui termini possa no venire discus si liberame nt e dal partito ( «
Turati ha sempre man tenuto le prom es s e e ha rispet tat o la disciplina del partito... deve uscire, ma
non per la via dell'espulsione... ») Il suo discorso è abile, oltre che appas sionat o, cerca alleati in
nome dell'auton o mi a di ogni partito (e li troverà, presso molti comunis ti tedeschi), pone persino
un dilem m a di cui qualche mese dopo si vedrà che egli voleva sottolineare il secondo corno.
D'un lato:
Non è questione di parlare ogni momen t o di Turati e di Modigliani ma di orga nizzare la
rivoluzione. In Italia la situazione rivoluziona ria è più favorevole che ne gli altri paesi.
E, dall'altro:
Io vi chiedo, compagni: sé per esem pio oggi noi tornas si m o in Italia e la rea zione infuriasse contro
di noi, se trovassi m o l'imperialism o schierato contro di noi, potreste voi, compagni del Comitato
Esecutivo consigliarci di attuare una scissione in una situa zione di questo genere?
Nell'arringa defensionale di Serrati - lo si vedrà ancora al tempo del le querelles postcongres s uali
— c'è il dissens o radicale sul concetto stesso di rivoluzione ma si riflette anche il disagio per
un'impo si zione, che così formulata, gli appare esterna, a freddo, per la tenden z a che egli ritiene
così forte nei bolscevichi a ricavare, sulla scorta della propria esperienz a, analogie meccaniche con
quant o succede altrove. Senonché, a quello che emerge delle posizioni serratiane, è facile da quella
parte replicare punt o per punt o. Ed è ancora Lenin che prende la parola per ribattere:
Noi non vogliamo dire che si sia assolut a m e n t e obbligati a espellere Turati a data fissa. Questo
problem a è già stato sfiorato dal Comitato esecutivo e Serrati ci ha detto: «Nessuna espulsione, ma
epura zione del partito». Noi dobbiam o dire sempliceme n t e ai compagni italiani che all'indiriz z o
dell'Interna zio nale comunista corrispon de l'indirizz o dei militanti dell'* Ordine Nuovo » e non
l'indirizzo della maggioran z a attuale dei dirigenti del partito socialista e del loro gruppo parlame n
tare. Si afferma che essi vogliono difendere il proletariato contro la reazione. Cer nov, i
menscevichi e molti altri in Russia difendon o anche loro il proletariato con tro la reazione, ma
questo non è ancora una ragione per accoglierli tra noi. Perciò dobbia mo dire ai compagni italiani
e a tutti i partiti che hanno un'ala destra: la ten denza riformista non ha niente in comune con il
comunis m o. Vi preghiam o, compa gni italiani, di convocare il vostro congresso e di leggervi le
nostre tesi. Sono certo che gli operai italiani vorranno restare nell'Interna zio nale comunist a. ##
1 Dal Discorso sulle condizioni di ammissione all'Interna zi onale Comunis ta, 30 luglio 1920, in
lenin, Sul moviment o operaio italiano cit., p. 196.
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
75
Serrati l'interro m p e: «Voi mi confondet e sempre con Turati: si trat ta forse di cosa intenzionale? »
E Lenin rispon de: «Nessuno confonde Serrati con Turati se non Serrati stesso, quando lo difende »
'.
Bordiga invece, se teme qualcosa, è che la scissione non sia abbasta n za netta, non amputi tutto
ciò che si deve amput a re al centro e a destra. È lui che insiste sulla creazione di un partito basato
su « una disciplina di tipo militare », che riesce a far approvare in commissione la richiesta di un
congres so straordina rio per espellere i dissenzienti, che chiede, in se duta plenaria, di non
concedere ulteriori dilazioni e temporeggia me n ti al PSI. Nella commissione sulla questione del
parlam e nt a ris m o (president e Trockij, relatore Bucharin) Bordiga present a una controrelazione
espo nendovi le sue note tesi astensionistiche, insisten do sul mome nt o rivolu zionario « che
richiede di dedicare tutte le energie del moviment o alla conquis ta rivoluzionaria del potere, e di
abbando n a r e ogni contat to con l'ingranaggio della democra zia borghese »2. Lenin replica con gli
argo menti già impiegati nell'Estremis m o: bisogna saper lavorare nei due campi: « Voi non volete
ammet t ere che è la debolez za che costringe mol ti dei nuovi partiti comunis ti a respingere il
lavoro parlame nt a r e ».
Ciò che, in questo caso, è più interes sa n t e è che Bordiga è pront o a rilevare quant o già le tesi della
maggioran z a, sul tema, concedano alla ri gidità della sua impost a zio ne. In effetti il quadro che
Bucharin delinea è pura me n t e un quadro di sabotaggio del lavoro parlam en t a re:
Ogni deput a to comunist a al parlame n t o - egli afferma - deve essere penetra to dell'idea che egli
non è per nulla un legislatore, che cerca un compro m e s s o con altri legislatori, ma un agitatore del
partito inviato nel campo nemico per applicarvi la decisione del partito4.
Sicché ha buon gioco l'astensionista italiano (spalleggiato dai rappre sentanti americani degli IWW,
dal comunista inglese Gallacher, dallo svizzero Herzog, dal sindacalista tedesco Suchi, da belgi e
danesi) a rim proverare al relatore che le sue indicazioni sono un po' astratte, che « non si può
definire esatta m e n t e quale potrà essere il lavoro di distru zione che i deputa ti comunis ti potran no
effett uare in Parlament o. Que sto è puro utopis m o ».
Bordiga viene battut o con 80 voti contrari e 11 favorevoli e non insi sterà più su questo tasto. Le
riserve della delegazione italiana non impe - ##
1 Protokoll des II. Weltkotigres se n der Kommu nìs tische n Internationale, Hamburg 1921, pa gina
3j3.
2 Dal resocont o del «Soviet» cit.
3 Dal Discorso sul parlame n t a ris m o, Socinenija, voi. XXV, p. 364.
4 Cfr. Protokoll des II. Weltkongres se n ecc. cit., p. 434.
5 «Rassegna comunis ta», a. 1, n. 8, ij agosto 1921. Cfr. p. 371.
76
Capitolo quinto
discono l'elezione di Serrati a membro del Comitato esecutivo dell'Inter nazionale comunist a '. E
una parte della delegazione, mentre Colombino e D'Aragona torna no in Italia, si reca in viaggio in
Ucraina. Al loro rien tro a Mosca, Bordiga, Bombacci e Serrati ricevono da Zinov'ev e Bucha rin un
testo, firmato anche da Lenin, sotto forma di lettera aperta ai so cialisti italiani, che contiene il
succo delle risultan z e del Congress o, ed è rivolto a vincere le esitazioni della direzione del PSI.
Quella missiva è una bomba, che, infatti, i destinatari tardera n n o assai ad innescare, an che se a
Mosca i rappre se n t a n ti del PSI si sono impegnati a rendere pub blico il docum e n t o al loro rientro
in patria (che avviene intorno al 20 di settem bre), e hanno approvato le ventun condizioni.
L'Interna zionale comunista vuol parare l'obiezione che un'insurr e zione operaia in Italia sarebbe
soffocata dall'esterno: « L'Intesa non po trà oggi inviare i propri eserciti ». Ma non bisogna perdere
altro tempo. Se si attende ancora, la borghesia italiana, rafforza ta si, « ci mostrerà i denti». Ci si
liberi, intanto «dei signori Turati, Modigliani, Prampoli ni », obiettivame n te nemici della
rivoluzione. In sostan z a,
L'Italia present a oggi tutte le condizioni essenziali garanten ti la vittoria di una grande rivoluzione
proletaria, di una rivoluzione verament e popolare... La battaglia veramen te decisiva si avvicina... Il
proletariato italiano sarà il miglior distacca m en to dell'esercito proletario interna zionale2.
Bisogna dire che neppure questa « lettera aperta » è passat a senza una vivace discussione tra
Serrati, da una parte, e Bucharin e Zinov'ev, dal l'altra. Uno scarno, prezios o, verbale in lingua
russa ci da un'im m agine vivissima del contras t o e riassu m e i termini delle questioni aperte. (An
che le posizioni di Bordiga, presente alla discus sione, emergono bene, pur nella stringata stesura
del verbale). Risulta, dunque, che gli italiani prendan o una prima visione della lettera il io agosto. E
che Serrati dica nel modo più esplicito quanto in congres so aveva posto soltanto come ipotesi: «
Quando ritornere m o in Italia vi sarà la reazione e i nostri ri formisti difendera n n o il popolo contro
la reazione ». Cioè, il motivo uni tario è ora affacciato come stru m e n t o primo di difesa.
Quanto a Bordiga, qui ritorna la sua avversione ai Consigli di fabbri ca. Egli ritiene rischioso
parlare di inserime nt o dei Consigli nell'Interna zionale e Bucharin ribatte: « Voi dite che è difficile
convocare un con - ##
1 Vengono eletti con lui i russi Zinov'ev, Tomskij, Radek e Bucharin, Kobetzcky, il francese
Rosmer, l'austriaco Steinhard t, il cecoslovacco Gula, il tedesco Meyer, l'inglese Quelch, lo iugo
slavo Milkic, lo scandinavo Fries.
2 Il testo della lettera aperta, insieme con numerosi altri docume n ti, che ramm e n t e re m o via via, è
pubblicato in Lettere e polemiche fra l'Interna zio nale Comunis ta, il PSI e la Confedera zione Gene
rale del Lavoro, ed. «Avanti!», Milano 1921, pp. 5- 12.
Gli italiani al II congresso dell'Interna zi onale comunis t a
77
gresso dei Consigli, che in periodo rivoluzionario non si possono creare Consigli. Non è vero! È una
cosa necessaria ».
Sembra di udire Gramsci. Persino sul punto della funzione degli anarchici - in gran sospet t o da
parte di Bordiga non meno che di Serra ti - i bolscevichi hanno opinioni molto diverse. Dice
Zinov'ev:
Malatesta, in tem po di rivoluzione, è meglio di D'Aragona. Fanno delle scioc chezze. Eppure sono
elementi rivoluzionari. Noi abbiamo combat t u t o insieme con i sindacalisti e gli anarchici contro
Kerenskij e i menscevichi. Abbiamo mobilitato migliaia di lavoratori in questo modo. In tempo di
rivoluzione occorrono rivoluzio nari. Bisogna avvicinarsi ad essi e formare con loro un blocco in
tem po di rivolu zione. Quali masse ha Turati dietro di sé? Nessuna, tranne le masse degli impiegati
nei sindacati e nel partito. Che se ne vadano. Noi abbiamo sconfitto l'anarchis m o sconfiggendo il
menscevis mo '.
E l'appello viene approvato qualche settima na dopo facendo alcune modificazioni suggerite da
Serrati. (Non sappia m o quali). Il docume n t o è firmato da due giorni - il 27 agosto - che in Italia
precipita una situa zione tutt'affatt o nuova. Una serrata padronale in uno stabilimento di Milano
provoca l'occupa zione di 300 officine metallurgiche da parte de gli operai di quella città. Tra il 1°
sette m b re e il 4, mezzo milione di lavo ratori del metallo in tutta la penisola procedo no
all'occupa zio ne ordinat a dalla FIOM. È l'inizio di quella « battaglia decisiva » il cui esito sarà
esatta m e n t e l'oppos t o di quello auspicato a Mosca. Quando l'appello giunge sul tavolo della
direzione del PSI, i termini del dibattito sono dunque nuovam e nt e mutati.
Il dram m a del socialismo italiano nel primo dopoguer ra vive il suo secondo atto, quello essen ziale,
nel mese di settem bre del 1920. ##
1 Copia del verbale, senza altre indicazioni salvo quelle degli intervenuti al dibattito e della data,
10- 8, in APC, 1920, 1- 2.
Capitolo sesto
Dall'occupazione delle fabbriche alla scissione di Livorno
L'occupa zione delle fabbriche metallurgiche è all'origine della scissione di Livorno non meno dei
ventun punti dell'Interna zio nale comuni sta: accelera e radicalizza il process o già apertosi a
Mosca, in una situa zione che denota il riflusso dell'« ondat a rossa » e segna l'inizio di una lunga
fase di arretra m e n t o e di ritirata del moviment o operaio italiano, anzi di sconfitta. Sono gli
imprenditori, o almeno una parte essenziale dell'im pre n di t ora t o, a volere la prova di forza del
sette m b re 1920. I dirigenti sindacali della FIOM, accettan dola, concepiscono l'occupa zione come
un mezz o meno costoso di uno sciopero generale (e più idoneo a provocare l'intervent o del
governo) per ottenere quel successo (in materia di aumenti salariali adeguati al rincaro del costo
della vita, e di regolame nt o contrat t uale) invano cercato in tre mesi di estenua nti trattati ve.
L'occupa zione suscita nei primi giorni grande entusias m o tra i cinquecent o mila lavoratori che vi
partecipano in tutta Italia (più di due terzi dei quali nelle grandi città indust riali del Nord): essi si
asserragliano nelle officine, con un arma m e n t o più o meno rudimen t ale, ment re il governo Giolitti
adotta una tattica assai abile di neutralità senza perdere il controllo della situazione1.
A mano a mano che passano i giorni, si impone una scelta, uno sbocco politico al moviment o, che
appare fortissim o ma isolato. La Confedera zione del lavoro, in stretto collegame nt o con Giolitti e i
suoi prefetti, si adopera attivamen te per scongiurare uno sviluppo rivoluziona rio (decisiva sarà la
riluttan z a della Federterra - assai potent e - a chiamare in causa le masse bracciantili della
valPadana) e con D'Aragona, Baldesi, Mazzoni, si schierano i più influenti dirigenti politici
riformisti, Turati, Treves e Modigliani. Gli indus t riali si mostra no decisi a non scendere ad alcun
compro m e s s o e lamenta n o l'arrendevolez z a del governo alla sovversione. La direzione del PSI
proclam a il 6 sette m br e, in un manifesto, che i contadi ni e i soldati debbono tenersi pronti ad
accorrere a fianco de gli operai, che «il giorno della libertà e della giustizia è vicino». Gli ##
1 Cfr., su tutta la vicenda, paolo spriano, L'occupa zione delle fabbriche, Torino 1964.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
79
anarchici parlano di una occupa zione simultanea di indus t rie, miniere, campi e case. È giunta l'ora
tanto attesa della rivoluzione? Lo sperano, o lo paventano, in molti.
Invece è a questo punt o che vengono al pettine i nodi dell'insufficienz a e dell'am biguità del
socialismo del «biennio rosso». La prepara zione rivoluziona ria non esiste. Militarmen t e non c'è
nepp ur e un embrione di organiz z a zio ne centrale. Gli operai, e forse soltanto a Torino e a Genova,
sono in grado di difendere con le armi improvvisate o raccolte le officine presidiate, non di
muovere all'offensiva. Nessuna parola d'or dine inter me dia è lanciata, nessu na tappa di avanzat a è
prevista. Il tema del controllo della produ zio ne, attravers o i Consigli operai, non è raccolto se non
dagli ordinovisti. Che, viceversa, su scala nazionale, l'obiettivo del controllo, concepito come
controllo sindacale - corporativo, viene assunt o dai riformisti, d'accordo con Giolitti, come la via
d'uscita dall'agitazione come il terreno di compro m e s s o, in uno con l'accoglimento parziale delle
rivendicazioni salariali. La piattafor m a di un controllo dal l'alto, senza che esso assum a il carattere
di un « potere » in mano agli operai, è l'unica alternativa politica sul tappet o.
Si arriva dunque, al 9- 10 sette m b re, alla stretta decisiva, quando so no convocati a Milano
qualcosa come gli « Stati generali » del proletariato organiz z a t o: il Consiglio generale della
Confedera zione con la direzione del partito (ma il Consiglio nazionale del PSI è assente).
Nell'asse m blea prevalgono numericam e n t e i funzionari sindacali. È qui che la dire zione del partito
compie quella che Angelo Tasca definirà felicemente una « fuga in avanti » '. Essa propone che
l'occupa zione diventi invasione, sia estesa a tutti gli stabilimenti indus t riali e alle campagne, che si
va da alla resa dei conti. Ma la rivoluzione è messa ai voti e viene posta in minoran z a in
quell'asse m blea. Secondo il famoso patto scritto, il partito potrebbe avocare a sé la continua zione
della lotta. D'Aragona e i dirigenti massi mi della Confedera zione offrono le dimissioni, si tirano da
parte. Ma il partito fa il « gran rifiuto » : non vuole assum er si la respon s abilità che i sindacati
hanno rovesciato sulle sue spalle. Si acconcia al risultato della votazione milanese e Giolitti, sulla
base di un accordo salariale e di un disegno di legge sul controllo della produ zio ne (che resterà
lettera morta) liquida politicamen te il moviment o, che si trascina ancora con alcuni sussulti di
resisten z a nelle officine fino al 20- 25 di settem br e.
Lo slancio rivoluzionario era infrant o, - ha scritto Pietro Nenni. - I rivoluziona ri della direzione
del partito, i dottrinari della dittat ura del proletariato e del bolscevis mo avevano ceduto davanti ai
riformisti della Confedera zio ne del Lavoro 2. ##
1 Cfr. angelo tasca, Nascita e avvento del fascis mo, Firenze 1951, pp. 117 - 22.
2 Pietro nenni, Il diciannovis m o cit., p. 112.
80
Capitolo sesto
Ciò è vero anche per quei gruppi come l'ordinovista che sono stati a Torino coerenti con le loro
premes s e, hanno dato al moviment o un'orga nizza zione « consigliare » robust a, che ha curato la
produ zi one delle fab briche occupate e, in una certa misura, l'arma m e n t o degli operai, ma si sono
trovati prigionieri del contes to generale di impote n z a e di esitazio ne. Qui, del resto, essi scontano
ancora di più il fatto di non avere creato per tempo un centro sindacale nazionale da contrap p o r re
alla strut t u ra e all'orienta m e n t o della Confedera zione del lavoro. Se c'è D'Aragona, da una parte,
nessun capo proletario che abbia sufficiente prestigio sulle masse e che possa contare su una
forza operaia autono m a è sorto dalla parte rivoluzionaria. Terracini lo dirà aperta m e n t e un anno
dopo:
Quando i compagni che dirigevano la CGL dettero le dimissioni la direzione del partito non aveva
né con chi sostituirli né la possibilità di sostituirli. Erano D'Ara gona, Dugoni, e Buozzi che
avevano nelle loro mani la direzione della CGL: erano essi i rapprese n t a n ti della massa in tutte le
occasioni '.
Togliatti e Tasca, andati a Milano in quelle giornate cruciali, per pe rorare l'estensione della lotta,
hanno, a loro volta, rispos t o negativam e n te alla doman d a posta dai capi della CGL, se i torinesi
intendan o essi co minciare con una sortita offensiva. Temono la provocazione, visti i pre cedenti
dell'aprile; fuori delle officine l'arma me n t o operaio diventa irri sorio.
In un certo senso, l'occupa zione delle fabbriche è proprio la dimo strazione del fatto che il
moviment o operaio italiano non ha una sua stra tegia rivoluzionaria, che non vi è nessun rapport o
reale tra una progett a zione come quella dei Soviet e quanto si fa nella pratica. Fermi all'idea del
tutto o niente, e in fondo prope nsi ancora una volta a una dilazione, i dirigenti non si avvedono
che si sta ormai rapida m e n t e consu m a n d o un patrimo nio di fiducia, di attesa, di sperimen t a zione
costrut tiva di istituti nuovi nella classe operaia. I Consigli di fabbrica, ad esem pio, sorgono in
molte città ma non è loro indicato alcun obiettivo concreto di lotta. Ma c'è anche tutto quel fondo
localistico, quello squilibrio corporativo che Gramsci rilevava dopo lo sciopero d'aprile (di cui il
sette m b re è la con troprova), che concerno no non solo le dirigenze ma le stesse masse, tra le quali
l'occupa zione è stata vissuta in modo molto diseguale. Una rivo luzionaria sensibile come Klara
Zetkin lo noterà senza mezzi termini:
Io vedo altro ancora, compagni, cioè che le masse che allora si erano sollevate in Italia non
avevano fatto maggiori progres si dei loro capi, altrimenti, se le masse fos sero state davvero
animate da volontà rivoluziona ria, se fossero state coscienti, esse ##
1 Cfr. La questione italiana ecc. cit., pp. 57- ^8.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
81
avrebbero quel giorno ' fischiata la decisione dei loro capi - partito e sindacali esi tanti e si
sarebbero impegnate nella lotta politica 2.
Non c'è dubbio che una certa faciloneria massi m alistica, una certa « psicologia parassitarla », oltre
alla stanche z z a di due anni di « ginnas ti ca rivoluzionaria », si siano ormai impadr onite anche di
gruppi operai e sulla loro remissività giochera nn o i capi sindacali riformis ti nel ricattare il partito.
Del resto, tale sensa zione è anche quella di un uomo come Gramsci che conosce da vicino la
psicologia operaia e ne tiene sempre grande conto.
Quanto pessimis m o sia in Gramsci nell'occasione, è stato rivelato da due sue lettere inviate nel
1924 a Zino Zini, e pubblicate nel 1964, in cui egli scriveva che « noi nel 1920 non avrem m o tenuto
il potere se lo aves simo conquist at o», che «con un Partito com'era il socialista, con una classe
operaia che in generale vedeva tutto roseo e amava le canzoni e le fanfare più dei sacrifici
avrem m o avuto dei tentativi controrivoluzionari che ci avrebbero spaz za t o via inesorabilment e »,
e precisava ancora che «nel 1920 er[a] molto pessi mis ta», «specialment e durante la occupa zione
delle fabbriche »
Neppure Bordiga (assente dall'Italia fino al 20 sette m b re) affermerà mai che l'occupazione delle
fabbriche sia stata la classica occasione man cata. Ciò non impedisce che l'elemento di fondo della
scissione (la con vinzione che « con un Partito com'era il socialista », con il « sabotaggio »
esercitato dalla CGL bisogni rompere definitivame nt e) prenda, proprio dall'ottobre del 1920, il suo
sviluppo maggiore: divenga cioè, da punto di principio manifesta to da gruppi e correnti ristrette,
l'acquisizione del l'esperienz a di quella che diventerà la base effettiva del PCd'I, i nuclei di
militanti più combat tivi e rivoluziona ri, a Torino come a Milano, a Genova come a Firenze, a
Trieste come a Bologna, a Livorno come a Na poli4.
L'acquisizione è tanto più forte quant o più esacerbata è la delusione per la condott a e per il
risultato dell'occupa zi one, che presto si rivela ne gativo. È allora che i comunisti cominciano a
contarsi, su scala nazionale, ##
1 Il famoso momen t o del convegno del 10 sette m b re.
2 La questione italiana ecc. cit., p. 40.
3 Le due lettere, l'una datata io gennaio 1924, e l'altra 2 aprile 1924, sono state pubblicate in
«Rinascita», a. xxi, n. 17, 25 aprile 1964.
4 Dell'episodio più rilevante sono protagonisti alcuni operai della frazione astensionis ta a To nno
che, riunitisi il 20 settem br e, denunciano aspra m e n t e i dirigenti sindacali e politici del PSI, e
«deliberano di separare le loro respons a bilità da questi elementi, separan d o si dal Partito Socialista
ufficiale e costituen d o si in Partito Comunis ta rivolu2ionario». Sono gli stessi dirigenti nazionali
del la frazione oltre ai socialisti ordinovisti torinesi a frenare le impazien z e del gruppo (cfr.
Giovanni parodi, L'occupa zione delle fabbriche: la Fiat Centro in mano agli operai, «Lo Stato
operaio», a. iv, n. io, ottobre 1930, p. 6}2, nonché «Il Soviet» del 3 ottobre 1920 e l'«Avanti!», ed.
piemont es e, 22 settem bre 1920).
82
Capitolo sesto
a raggrup p a r si, a prospet ta re un partito nuovo, come partito che sia dav vero « capace di
organiz z a re lo Stato operaio » ', che non abdichi alla sua funzione nel momen t o decisivo, che
abbia i suoi quadri alla testa delle masse.
Per migliaia di operai (in particolare i più giovani, raccolti nella Fe derazione giovanile socialista2 e
largame nt e conquist ati alla corrente bordighiana) diventa ormai evidente ciò che al congress o di
Mosca non era ancora abbast a n z a chiaro. Si tirano le som m e di un'es perien z a che il leninism o
sottolinea da anni: la rivoluzione richiede un certo tipo di or ganizz a zione politica del proletariato,
un certo tipo di fedeltà a un cen tro interna zionale, di disciplina. Il PSI ha dimost rat o di essere
sostan zialmente rinchiuso nei limiti storici della II Interna zionale, di non aver accettato se non
formal me nt e i principi della III Internazionale. È quan to « L'Ordine nuovo » e « Il Soviet » vanno
dicendo da mesi: su ciò si basa la confluenz a, sem pre più stretta, tra Bordiga e Gramsci.
L'uno e l'altro, ad esem pio (anche se il futuro mostrerà come l'inten dano con spirito diverso) in
questo momen t o insistono in modo partico lare sull'elemen t o disciplina: disciplina a un centro
unico della rivolu zione mondiale. Mostrarsi disciplinati alla III Interna zionale significa per i
comunisti (come avrebbe significato per altri vent'anni, a prez z o di sacrifici e di rinunce spesso
dram m a tici) afferma re nei fatti che si è chiu sa la pagina di un movimento operaio interna zionale
a cui l'autono mia delle sue varie sezioni nazionali è servita di pretes to per la prevalenz a
dell'opport u ni s m o, per procras ti na re le occasioni rivoluzionarie, per rin chiudersi in un ambito
provinciale dove si riproduca no tra sindacato e partito le stesse antinomie.
Lo dirà con la massi ma concisione al congres so di Livorno un eco nomista del socialism o italiano
(revisionista della teoria del valore di Marx), come Antonio Graziadei: la III Interna zionale sarà
magari una cosa imperfetta, avrà fatto e farà errori « che noi non possia m o vedere oggi ma che
vedrann o i nostri lontani nipoti»; i russi vi hanno forse un'influen z a eccessiva: senonché, è la
storia che ha imposto questa nuo va realtà, e il metodo prevalso è l'unico che fino ad ora « ha dato
dei ri sultati al proletariato mondiale e alla rivoluzione ». E aggiungerà, Gra ziadei:
Quando un Partito per due anni scherz a, in una situa zione rivoluziona ria, con la parola
rivoluzione, quel Partito si dimost ra impotent e ai compiti della rivoluzio ' [Antonio gramsci], Il Partito Comunista, «L'Ordine nuovo», a. n, n. 17, 7 ottobre 1920.
2 Giuseppe berti (Sul progra m m a dei giovani comunis ti, «Il Soviet», a. in, n. 21, 22 agosto 1920)
afferm a che la FGSI deve staccarsi dal PSI perché si possa efficacemen t e premere «sugli adul ti »
affinchè questi eliminino i « non comunisti ». A Torino in settem bre i giovani astensionisti si co
stituiscono in sezione della frazione bordighiana.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
83
ne... Se conservare l'attuale situazione ci porta fuori della Terza Interna zionale, io doma n d o ai
compagni presenti: ma fra due dolori, fra due strazi, perché dobbia mo noi preferire il primo?
L'unità nazionale all'unità interna zionale? '.
La reazione del Kominter n agli avvenime nti italiani di settem b re (tar diva, poiché le notizie che
giungono a Mosca sono molto amplificate e il collegamen t o con l'Italia del tutto mancante 2)
riflette nel suo fondo le critiche dei comunis ti italiani, sem m ai le punt ualiz z a. Il parere espres s o
dai dirigenti bolscevichi, da Lenin a Radek a Zinov'ev, è unanime: la ri voluzionefè già in atto,
l'occupa zione delle fabbriche è stato il suo primo momen t o 3, i contadini poveri sono a fianco degli
operai; bisogna andare avanti!
Quando si vengono a conoscere più precisam e n t e gli avvenime nti, la condot t a della CGL, l'inerzia
del partito, Lenin aggiunge che nessun marxista italiano si è rivelato tale durant e il settem b re del
1920. E le ac cuse bolsceviche hanno tre caposaldi : 1 ) una sottolineat ur a marcata dell'occasione
rivoluzionaria » rapprese n t a t a dall'occupa zio ne; 2) una cri tica più dettagliata agli « obiettivi
transitori » che il PSI non ha saput o nonché raggiungere neppur e indicare; 3) la convinzione che la
situazio ne resti aperta a successivi sviluppi rivoluzionari. È in base a tutti e tre questi motivi4 che
viene impos tat o da Mosca, con carattere di estre m a urgenza, il proble ma di liberarsi dei
controrivoluzionari annidatisi nel PSI. Si dice agli italiani: volete rischiare per il futuro di essere di
nuovo ##
1 XVII Congres so nazionale del PSI cit., pp. 33- 68.
2 Soltanto il 21 settem bre si riunisce l'Esecutivo del Komintern per discutere gli avvenimenti
italiani. Viene dato mandat o a Zinov'ev di stendere un appello al proletariato italiano: in esso si
esorta alla costituzione di Consigli di operai, contadini, soldati e marinai e alla presa del potere.
Cfr. «L'Interna zionale comunist a», a. 1, n. 14, novembre 1920, pp. 29^ - 22, per il verbale della
seduta; e l'edizione tedesca «Das Kommu ni s tische Internationale», a. 11, n. 14, 1921, pp. 230 - 31,
per la ripro duzione integrale del testo dell'appello di Zinov'ev. Ma, il 21 settem b re 1920, il
moviment o in Italia è già esaurito e l'«Avanti!» non pubblicherà la esorta zione del Komintern ai
proletari italiani.
3 In una lettera indiriz za t a alla classe operaia italiana (e pubblicata dall'«Avanti!» il 12 dicem bre
1920) dal Comitato esecutivo dell'Interna zio nale comunist a si legge: «L'occupa zione delle fab
briche era un eccellente inizio da cui poteva nascere un vero movimento rivoluzionario di masse».
4 Si veda, in particolare, il giudizio che Lenin esprime («Quando si è giunti a una vera e pro pria
rivoluzione i Crispien e i Dittma n n italiani, Turati, Pram polini e D'Aragona si sono messi subito ad
ostacolare la rivoluzione in Italia » ) nella Lettera agli operai tedeschi e francesi, in data 24 settem
bre 1920, riprodot t a in Sul moviment o operaio italiano cit., p. 201. Karl Radek così descriverà nel
1921 il moviment o: «Come gli operai metallurgici, gli operai tessili e quelli dell'indus t ria chimica
occupano le fabbriche e mettono alle porte i padroni di ieri, così come le masse dei proletari senza
tetto si mettono in moviment o, occupano le ville e i palaz zi dei ricchi per ricoverarvi le loro donne
e i loro bambini. Ed il movimento si estende anche alle campagne e cominciando dalla Sicilia e pro
cedendo verso l'Italia meridionale e centrale i contadini marciano preceduti dalla bandiera rossa,
occupano le grandi proprietà fondiarie e formano la guardia rossa» (da La via dell'Interna zion ale
Co munist a, relazione sulla tattica al III congres so dell'Interna zi onale comunista, Roma 1921, p.
26). A sua volta G. Zinov'ev, in una lettera inviata a Serrati da Berlino, in data 22 ottobre 1920
(pubbli cata sull'«Avanti!» del 4 novembre), afferma: «Il problem a non poteva essere risolto con la
sola occupa zione delle fabbriche, che deve essere accompag na t a dalla presa del potere da parte
della classe operaia. Gli operai italiani erano vicini al raggiungime nt o di questo fine: ma perché
esistono al mon do i capi riformisti dei Sindacati se non per vibrare, ne] mome nt o decisivo, una
pugnalata nella schie na del proletariato che lotta? »
84
Capitolo sesto
bloccati dal sabotaggio della CGL? Quale prova ulteriore chiedete anco ra, dopo i fatti di
sette m b re, per convenire che l'Interna zio nale comuni sta ha avuto ragione nel porre come
pregiudiziale il « repulisti » nel par tito, l'espulsione dei riformisti?
All'indo m a ni dell'occupa zi one delle fabbriche pare ancora possibile che ciò avvenga nei termini
auspicati da Mosca: liberando si semplice mente della destra. Sul tavolo della direzione del PSI, il
29 sette m b re 1920, sono le famose tesi del II congresso. Si discute per tre giorni. Alla fine prevale
l'ordine del giorno presenta t o da Terracini, di approvazione incondiziona ta dei 21 punti e di
rottura coi riformis ti. Terracini ha così perorato la scissione :
Non può aversi dubbio: la scissione a sinistra, oltreché allonta nare dal Partito nuclei compa tti ed
estesi avrebbe profonde ripercus sioni fra il proletariato che se gue il PSI per la sua tattica e il suo
progra m m a estre mis ti. Invece la scissione a de stra restan do diffusa per tutto il partito molto
superficialment e non avrebbe larga influenz a tra le masse '.
Ma le radici del riformis m o, nel vecchio partito, il suo seguito, le sue affinità col massim alis mo,
sono assai più tenaci. La votazione ha dato questi risultati: sette membri della direzione (con
Terracini sono Gen nari, Regent, Tuntar, Casucci, Marziale e Bellone) sulla linea delineata prima,
cinque sulla piattafor m a che diventerà quella di una nuova frazio ne per il congres so: la «
comunist a unitaria » o, come si dirà corrente mente, « centrista ». Serrati, Baratono, Zannerini,
Bacci e Giacomini vo gliono infatti riaffer ma re la necessità dell'unità del partito e invocare au
tonomia nell'applicazione dei ventun punti.
La scissione sta già prende n d o un'altra strada.
Quanto ai riformis ti, anch'es si si presenta n o con una loro frazione organiz z a t a, denominat a « di
concentra zione socialista », al dibattito pre congress uale. Non intendon o - salvo Turati - tagliare
per primi il lega me che unisce il PSI alla III Interna zionale. Si proclam a no unitari e au tonomis ti
più di Serrati. Ma più esplicita me nt e di lui nel convegno che tengono a Reggio Emilia (la loro
roccaforte) il 10- 12 ottobre, respingo no la pros pe t tiva di una rivoluzione destinata a crollare a
breve scaden z a e invitano ad « accorciare il tiro »2. Hanno però una tattica politico - parla mentare
da contrap p o r re? In verità, su questo punt o, sono non meno in certi dei massim alisti. Prevale la
tesi di Treves di aspettare e di lavorare, « continua n d o l'opera di prepara zione e di educazione ».
La frazione comunista si unifica in ottobre. Bordiga ha rinunciato alla ##
1 Dal resocont o dell'« Avanti! », 30 sette m br e 1920.
2 Con questo titolo apparve, firmato «Noi», un importa n te articolo della «Critica sociale», nel
fascicolo 1- 15 agosto 1920, pp. 229 - 31.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
85
pregiudiziale astensionistica e ha finalment e accettato ciò che Gramsci e Misiano chiedevano da
tem po, la realizza zio ne di una piattafor m a co mune '. I massi malisti si espri mon o per la penna di
Serrati con una posi zione che appare, in linea di principio, antitetica alla concezione rivolu
zionaria bolscevica. Non si tratta di guidare le masse all'insurre zione, non si deve attrez z a re uno
stru me n t o specifico dell'avanguar dia operaia. Si tratta di essere i più numerosi possibile,
accom pagna n d o l'evolversi delle cose. Le afferma zio ni di Serrati sono perentorie:
Il compito del Partito socialista non è, secondo me, tanto quello di condurre le folle in piazza come pensano i romantici delle barricate - quanto di appront a r e tutte le forze dell'asses t a m e n t o
socialista, indispen s abili per consolidare il nuovo regime e renderne possibile il definitivo trionfo.
In questa opera di « rincalzo » del la rivoluzione il Partito socialista italiano è forse il più
prepara t o. Noi abbiam o una fitta rete di Sezioni, di Sindacati, di cooperative... Possiamo senza
tema di esagera zioni, afferm are che gran parte dell'Italia, che l'Italia operaia e proletaria, che l'Ita
lia evoluta è con noi .
Non si potrebbe immaginare nulla di più oppos to, diametral me n t e, alle idee di Lenin. Le
afferm a zio ni di Serrati compaiono su «Comuni smo » ma potrebbero apparire sulla « Critica
sociale ». Naturalme n t e, la differen zia zione dottrinale si accom pagna a una diversa valutazione po
litica, come sarà presto chiaro. Intanto, anche i comunis ti italiani fanno le loro dichiara zioni di
principio. Il manifesto - program m a (di cui discor reremo più ampiam e nt e) viene espress o in una
riunione che si tiene a Milano ed è l'atto ufficiale (15 ottobre) di costitu zione della frazione, che
viene firmato da Bombacci, Bordiga, Fortichiari, Gramsci, Misiano, Polano, Terracini. Bordiga è già
il capo, l'ispiratore principale della fra zione, il suo organiz z a t o re.
Tutto il lavoro di organiz za zi one... - ricorderà Giuseppe Berti - fu fatto da Bor diga che, di
costituzione robustissi m a, passava le intere notti a tavolino, stupen d o quanti gli stavano intorno
per la sua eccezionale resisten z a al lavoro e per la sua at tività febbrile .
L'offensiva polemica dei comunisti italiani ha come bersaglio princi pale i «centristi», la frazione
capeggiata da Serrati. Con una virulenza che va al di là della controversia sulle 21 condizioni e
sulla espulsione dei ##
1 Sul «Soviet» (a. m, n. 27, 5 settem bre 1920), Ludovico Tarsia scrive che «per noi l'astensio nismo
non costituisce il fulcro dell'azione comunis ta» e analoghe considera zioni svolge Bordiga il 19
sette m b re. Quanto a Francesco Misiano, egli scriveva già sul « Soviet», n. 6, del 16 febbraio 1920
che i comunis ti non dovevano restringersi all'astensionis m o, isolarsi e separar si tra di loro ma con
quistare la maggioran z a del partito per non perdere il contat to con le grandi masse socialiste.
2 giacinto MENOTTi serrati, II dovere dell'ora present e, «Comunis m o», a. 11, n. 1, i- r^ ottobre
1920.
3 Giuseppe berti, II gruppo del «Soviet» nella forma zione del PCI, «Lo Stato operaio», a. ix, n. i,
gennaio 1935, pp. 66- 67.
86
Capitolo sesto
riformisti richieste dal Kominter n. « Per nostro conto - scrive Bordiga lotterem o per sanzioni più
severe ancora di quelle di Mosca. Se Lenin mollasse la preda ci sarem m o noi a riagguanta rla » '. E
Togliatti ram m e n t e rà dieci anni dopo:
La scissione di Livorno fu essenzial me n te, e in prevalenza, un atto di lotta con tro il centrism o...
Noi combatt eva m o a fondo Turati e Modigliani, ma Serrati, noi lo odiavam o... L'ostacolo principale
non erano i riformis ti, era il centris m o massim a lista2.
È una rottura che nasce dunque anche dall'Italia con un'as pre z z a e una forza non sollecitate dal
lontano centro moscovita. Se Lenin aveva consigliato al II congres so di espellere Turati e poi di
allearsi con lui3, se non dispera di recuperare Serrati più tardi, se un anno dopo comin cerà anzi
ad esortare i compagni italiani a riunirsi coi massi m alisti che si proclama n o fedeli
all'Interna zionale, la realtà del nuovo partito mostre rà che la rottura è stata uno strapp o così
sofferto e tanto a lungo auspi cato che non ci si acconcerà senza fatica neppur e nel futuro a una
tattica diversa. Ciò spiega anche come l'influen z a di Bordiga sia tale da venire accettata dalla
stragra n de maggioran z a dei giovani, da Terracini come da Togliatti.
Proprio Togliatti, quando nel 1923 Gramsci si farà portavoce del l'orienta m e n t o del Kominter n per
la politica del « fronte unico », ricor derà che la scissione ha voluto dire per i comunis ti italiani,
prima di ogni altra cosa, rompere con « la tradizione pseudorivoluziona ria che si incar na nel PSI
», che l'azione intrapre s a nel 1919 e nel 1920 era storicame n te necessaria perché afferm ava
l'esigenz a di una guida della classe ope raia « radicalme nt e diversa da quella che aveva prima ». Si
sarà quasi di sposti nel 1923 - 24 a rompere con l'Interna zionale piuttos t o che « legarci con il PSI
alla stessa maniera come eravam o legati con esso prima di Li vorno »!4.
Vi è, ancora, a illuminare questo punto, una differen zia zione tra la convinzione dell'Interna zionale
e quella dei comunisti italiani, che va notata. Apparent e m e n t e essa non traspare subito. Si possono
citare de cine di afferma zio ni di dirigenti e militanti comunis ti che, nell'autu n n o del 1920,
proclam a no al pari di Zinov'ev essere stata nel sette m br e e perma ne re tuttora la situazione
rivoluzionaria, prorom p e n t e dalla forza ##
1 amadeo bordiga, Da Mosca a Firenze, «II Soviet», a. ni, n. 25, 17 ottobre 1920.
1 palmiro togliatti, La nostra esperien za, «Lo Stato operaio», a. v, n. 1, gennaio 1931, p. 6.
3 Quest'affer m a zio ne, che non è riferita in nessun testo ufficiale, viene richiamat a dai socialisti
italiani già in numerosi discorsi al congres so di Livorno. Probabilment e essa fu pronunciata da
Lenin in una seduta di commissione. Cfr. sull'episodio e sulla posizione specifica diXenin nei
confronti del PSI; palmiro togliatti, Lenin e il nostro partito, «Rinascita», a. xvn, n. 5, maggio i960.
4 Da La forma zione ecc. cit., lettera di Togliatti a Gramsci del 1° maggio 1923, p. 56.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
87
delle masse. Ma mentre i bolscevichi non hanno - e nella polemica suc cessiva — non avranno
dubbi in proposito per ciò che concerne il 1920, coloro che in Italia prom uovono la scissione non
ne sono altretta nt o con vinti. E se abbiamo già ricordat o le confiden ze di Gramsci del 1924 sul suo
pessimis m o, va aggiunt o che Bordiga, quando dovrà nel 1921 illu strare quella improvvisa
inversione di tende n z a che allora risulterà in contes ta bile, in un rapport o al Comitato esecutivo
dell'Interna zio nale comunista, firmato anche da altri due dirigenti, non esiterà a fornire que sta
preziosa confessione:
Perché lo slancio rivoluziona rio delle masse si è arrestat o? Le cause non sono sem plici. Prima di
tutto esso era più appare nte che reale. Era fatto più di rinculo borghese che di attacco proletario.
Sotto non c'era né una coscienza politica defini ta, né un'organi z z a zi one di combat ti m e n t o
rivoluzionaria '.
La resisten za futura nei confronti della nuova tattica dell'Interna zionale comunista svelerà,
appunt o, questo elemento tenuto in ombra: che si considera, da parte di Bordiga e di Gramsci, la
scissione del PSI come pregiudiziale non soltant o per creare quella « organizz a zio ne di
combat ti m e n t o » che è mancata ma anche per dare alle masse quella co scienza politica di cui
esse, agli occhi dei più spregiudicati e tenaci oppo sitori del PSI, appaiono sprovviste.
Nel PCd'I, del resto, sarà talmente viva, nei suoi primi anni, la pole mica con il vecchio partito da
cui pure esso è sortito che anche i massim a listi che raggiungeran n o la nuova forma zione nel
1922, nel 1923, nel 1924, sentirann o lo stesso bisogno di rinnegare un passat o ritenuto re
sponsa bile della sconfitta del « biennio rosso ». Clamorosa tra tutte verrà la autocritica di Giacinto
Menotti Serrati, poco prima della sua morte. Questi, ormai comunist a, considererà la propria
posizione assunt a a Li vorno come
il solo grande errore della [sua] vita: quello di aver autoriz z a t o con le [sue] capa cità e con la [sua]
buona fede un moviment o che sperav[a] di unità proletaria rivo luzionaria e che nascon deva di
tutto, invece, tranne che del rivoluzionaris m o 2.
È questo, dunque, un punto molto importa nt e per chiarire il proces so d'origine del Partito
comunist a in Italia, che non fu soltant o un ade guarsi all'impera tivo dell'Interna zio nale. Per Mosca
si tratta nel 1920 (e ancora si tratterà nel futuro) di una misura da applicare paese per pae se a
seconda delle forze dispos te ad accettare la piattafor m a comune. (Per questo non si esita ad essere
di manica larga con un partito come ##
1 II rappor to del Comitato esecutivo del PCd'I al Comitato esecutivo dell'Interna zi onale comu
nista è firmato Bordiga, Fortichiari, Grieco e inviato da Milano il 20 maggio 1921 (APC, 1921, 44).
2 giacinto menotti seerati, Vane difese massim aliste, «L'Unità», 25 aprile 1926.
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Capitolo sesto
quello francese in cui le forze dal passato, dalle tradizioni socialdem ocr a tiche, sono numeros e).
Per i comunis ti italiani la discriminan t e ideologi ca è più netta. Bordiga lo ricorderà amaram e n t e,
nel 1923, nel pieno del dissidio con la III Interna zionale:
È oggi chiaro che l'Interna zio nale considerò la soluzione di Livorno come tran sitoria ed aspira alla
adesione in massa di un'altra fetta del partito socialista. Secon do essa i massim alisti erano divisi
da noi dal solo fatto che esitavano a separarsi dai riformis ti; secondo noi il massim alis m o è una
forma di opport u ni s m o tanto perico loso quanto il riformis m o, e nella sua tradizione, nel suo
stato maggiore, non sarà mai rivoluziona rio...1.
Si potrebbe anche sostenere che tanta intransigen z a dottrinaria è una forma di quell'estre mis m o,
di quella malattia infantile, che proprio a Bordiga rimproverava Lenin. Ma ciò è più facile
constatarlo sul terreno dell'azione politica, poiché è qui che « la logica rigorosa fino all'eccesso
» (Togliatti), tipica di Bordiga, spinge alle sue estrem e consegue n z e la distinzione ideale. Egli,
infatti, sin dal 1920 accom pagna la propria intran sigenza alla convinzione - che si rivelerà
erratissi m a - di un avvicinarsi dell'esperi me n t o socialde m ocratico di governo « con cui la
borghesia gio ca l'ultima partita contro la proro m p e n t e rivoluzione proletaria »2.
Di qui discende la tattica congress uale: chi non è con noi è contro di noi. Meglio pochi, pochissimi,
meglio seppellire definitivamen te il cada vere del vecchio partito, in preda ad « un'elefantiasi
galoppa n te »; prova ne sia che tra il 1919 e il 1920 i soci non hanno fatto che aument a re.
Noi siamo oltre 200 000 soci, - dice Bordiga in polemica diretta con Serrati. Ciò significa
sem pliceme nt e che il nostro effettivo in rapport o alla popolazione su pera quello del partito
comunist a russo, colla sem plice differen z a che qui la borghe sia ci sculaccia quando vuole e là
nessun cane di controrivoluziona rio osa più, non ché di abbaiare, di fiatare 3.
E Gramsci, in una riunione dei socialisti torinesi tenut asi alla presen za di Serrati, levandosi a
parlare contro di lui, ripeterà esatta m e n t e le pa role di Bordiga:
L'adesione alla III Interna zionale deve essere senza condizioni e senza riser ve... È necessaria la
costituzione di un Partito comunist a che obbedisca a una disci plina interna zionale... Non è
necessario essere in molti. Trenta mila soci del PC rus so sono bastati per condur re la rivoluzione
alla vittoria, perché quel partito era omogeneo, sapeva ciò che voleva4. ##
1 Dal Manifesto ai compagni del PCd'I, steso da Bordiga in carcere nel 1923 e trovato tra le carte
seques tr a te dalla polizia a Togliatti nel settem bre 1923. Lo ha pubblicato Stefano merli in «Rivista
storica del Socialismo», a. vii, n. 23, sette m br e - dicembre 1964, pp. 515 - 21.
2 amadeo bordiga, La politica attuale detta borghesia, in «II Soviet», a. ni, n. 26, 24 ottobre 1920.
3 A. b. , II torto di G. M. Serrati, « II Soviet », a. in, n. 26, 24 ottobre 1920. * Cfr. l'«Avanti!», ed.
piemont es e, 27 novem bre 1920.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
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Fissati questi punti comuni, non diventa perciò meno importa nt e studiare il modo come si
perviene alla scissione, che la leaders hip incon trastata di Bordiga ha pure i suoi effetti decisivi e
permeerà tutto il « pri mo periodo » del PCI.
Si è ricordat o il manifesto - progra m m a redatto dalla frazione comuni sta a Milano, il 15 ottobre.
Sono queste le settima ne in cui la frazione prende quell'as pet t o che manterrà fino a Livorno. Se
Bordiga dà il là a tutta la propagan d a nazionale e ha con sé i giovani, il gruppo torinese sviluppa
quell'azione nelle fabbriche che servirà a fornire al futuro par tito i suoi primi nuclei operai
autentici. È ora che i « gruppi comuni sti », già afferm atisi nel corso dell'occupa zione delle
fabbriche, assu m o no un'organiz z a zi o ne politica più netta nel dibattito interno al PSI. Togliatti,
segretario della sezione torinese, legge un'am pia relazione all'as semblea del 6- 8 ottobre in cui,
dopo avere sottolineat o la necessità di costituire in Italia un partito comunist a, così si esprime:
La creazione di un partito comunista non avverrà che dopo una fusione degli elementi che
sincera m e n t e sono comunisti, i quali possono sperare di far prevalere la loro volontà soltant o se la
chiariran no prima a se stessi e si present era n n o al pros simo congres so nazionale come un blocco
compat t o, omogeneo e combat tivo. Tori no può essere uno dei centri attorno ai quali si formi
questo blocco e l'attuale Com missione esecutiva può e vuole lavorare a questa forma zione purché
la sostenga e collabori con essa, con piena lealtà, la maggior parte del proletariato torinese '.
Vi sono certo qui un'ispira zione e una preoccupa zio ne diverse da quelle di Bordiga; nonosta n t e
che in quest'as se m blea della sezione tori nese l'astensionist a Boero « manifesti il desiderio che
l'azione per la scis sione dai destri e dai centristi si faccia più rapida e più efficace », la mag
gioranza dei presenti vota una mozione con cui « si impegna ad aderire ad ogni seria iniziativa che
verrà tentat a per costituire una forte frazio ne che organizzi e guidi al trionfo al prossi mo
congres so le forze comu niste».
Si vuole, insom m a, lottare per essere maggioran z a. Ancora più mar cato, in questa direzione, è il
tentativo che mette in atto un militante so cialista emiliano come Anselmo Marabini, figura
popolarissim a e legata ai contadini socialisti da saldi vincoli. In lui anzi, il pensiero di continua re
una tradizione, rinnovand ola, lo situa in posizione diversa da quella che assu m o n o i giovani
dirigenti della sezione torinese « ribelli » al vec chio partito. Che in Marabini, e in quelli che si
raccoglieranno intorno a lui, si esprime la terza compone n t e del futuro partito comunist a, una
compone n t e più classicame nt e massim alistica, un po' generica, ma che ##
1 Cfr. l'« Avanti! », ed. piemonte s e, io ottobre 1920.
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Capitolo sesto
nondi me n o da il segno di quanto le simpatie per l'estre m a sinistra del PSI, che sono in gran parte
simpatie per l'Interna zio nale comunist a, non siano ristrette ai gruppi organiz z a ti attorno al «
Soviet » e all'« Ordine nuovo ».
Sarà lo stesso Marabini a raccont are che l'idea di formare una corren te fiancheggiatrice della
frazione comunis ta nasce a Trieste, ai primi d'ot tobre, durante la riunione in quella città del
gruppo parlam en t a re socia lista. Marabini cerca di avviare la scissione in modo da non perdere vec
chi compagni provati, in specie emiliani, che potrebbero sentire ferito il loro sentimen t o col
muta me n t o del nome del partito. Nasce l'idea di una circolare, di un appello, che verrà poi firmato,
con Marabini, da Grazia dei, da Casucci, Giaccaglia, Grossi. Il suo senso sarà la propos t a di accet
tare la tesi di Mosca ma di chiamare la sezione italiana dell'Interna zio nale con il nome di « Partito
socialista comunis ta d'Italia » '.
Nella « terza compo ne n t e » della frazione comunis ta si pongono per sone e gruppi massim alisti
più radicali, come quello milanese, forte me n te operaista, di Repossi e Fortichiari2, quello
triestino, quello fiorentino, quello genovese, e altri ancora. Il moto centripeto conquista tutte le re
gioni, seppur e lentame n t e in alcune di esse, e in molti casi con un feno meno marcata m e n t e
minoritario. In Piemonte, oltre a Torino, sono da ricordare Alessand ria e Cuneo, dove primeggiano
due avvocati, i depu tati Belloni e Roberto, un sindacalista (ex capo stazione delle ferrovie), Isidoro
Azzario e il barbiere Giovanni Germanet t o. Forti gruppi della frazione si forma no nell'Oltrepò, a
Stradella e a Pavia, dove si distin gue il giovane Ferruccio Ghinaglia. Nella Venezia Giulia i due
esponen ti di maggiore rilievo - mem bri della direzione del PSI - sono Giuseppe Tuntar (una
singolare figura di intellettuale che sparirà quasi subito dal moviment o) e lo sloveno Ivan Regent,
che conquist a no alla frazione, co me nel caso di Torino, la sezione socialista di Trieste. In Toscana
va ri cordato, accanto a Egidio Gennari, che è ancora segretario nazionale del PSI (una carica che
non ha un grande valore politico) e al gruppo massi malista raccolto attorno alla «Difesa», il
sindacalista Spartaco Lavagni ni, anch'egli un impiegato ferroviario, nato ad Arezzo nel 1886. A Li
vorno primeggia la figura di Ilio Barontini (un operaio meccanico nato a Cecina nel 1890)
segretario della sezione socialista. E ancora, i depu tati di Livorno e Pisa, Ersilio Ambrogi e Arturo
Caroti e di Viareggio, Luigi Salvatori. In Liguria vi sono organiz z a t o ri operai, amministrat o ri, come
i genovesi Arecco, Barenghi, Mariottini, Vezzelli, i savonesi Ar- ##
1 Cfr., per la vicenda del gruppo, anselm o marabini, La circolare Nlarakini - Graziadeì nella for
mazione del PCI, «Lo Stato operaio», a. ix, n. io, ottobre 1935, pp. 662 - 72.
2 bruno fortichiari, Come è slato fondato il PCI, Milano 1958, p. 44.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
91
turo Cappa e Frola, nonché Dulbecco di Oneglia. In Emilia le figure di maggiore rilievo, a parte
Marabini, sono natural m e n t e Nicola Bombacci (forse il più tipico tribuno massim alista che entri nel
PCI, atteggiantesi a Lenin romagnolo) e sindacalisti molto più seri come Ennio Gnudi, sin daco di
Bologna, ed Enrico Ferrari, segretario della Camera del lavoro di Parma. Nelle Marche si segnalano
l'operaio Radi, Albano Corneli, Mario Zingaretti e Domenico Gasperini. A Roma si schiera in un
primo tempo con la frazione un massim alista di prestigio come A. Della Seta e molti dirigenti
sindacali e giovanili. Basti ricordare Cesare Massini. Al cuni nuclei sindacalisti in Sicilia si
avvicinano. La figura più nota è quella di Umberto Fiore, segretario della Camera del lavoro di
Messina.
A Napoli c'è, ovviamente, il gruppo del « Soviet » (si noti però che esso non conquisterà la sezione
locale). Dalle Puglie, oltre a un valoroso bracciante come Luigi Allegato viene un intellettuale che
sarà destinat o ad assu m ere una parte di primo piano nel nuovo partito, Ruggero Grie co, che è ora
il segretario particolare di Gennari a Roma. Grieco è nato a Foggia, nel 1893, figlio di un «
ambulantist a postale », e ha dietro di sé una solida prepara zione culturale (frequent a n d o la scuola
superiore di agricoltura di Portici). Egli diviene presto il più stretto collaborat ore di Bordiga.
È a lui che dobbia mo tornare seguend o lo sviluppo della frazione co munista. L'impront a
bordighiana resta quella prevalente, anzi l'unica che abbia una fisionomia e una forza politica
nazionali riconoscibili dai militanti di tutta la penisola, tali da poter fissare i caratteri non solo
della battaglia congress uale ma anche della nuova forma zione.
Il manifesto - progra m m a di Milano è, a questo proposito, tras pa re n t e. Esso risulta una tradu zione
dei postulati fissati al II congress o di Mosca, proprio quella tradu zi one dottrinale rigida,
cautelativa che sta tanto a cuore a Bordiga. Lo si vede soprat t u t t o per ciò che concerne la natura
del nuovo partito (la cui nascita, sotto la denomina zi one di Partito comunis ta d'Italia, si da per
scontata). Se a Mosca si era detto che il PC è una parte della classe operaia, la sua avanguar dia, che
esso deve dirigere tutti gli altri organis mi proletari e che deve edificarsi sulla base di un ferreo
centralis m o, a Milano si ripete che i criteri da far valere sono quelli della centralizz a zio ne e della
disciplina (sorvolando sull'espre s sio ne di « centralis m o democratico », cioè sulla salvaguar dia
dell'elezione degli organi superiori da parte di quelli di base) e si sottolinea ancora la assoluta
subordina zi one di tutte le attività al Comitato centrale: quella della stam pa e propagan d a e, ancor
più, quella parlame n t a re. Se a Mila no, per la prima volta, Bordiga rinuncia in un docume n t o
ufficiale al pro prio astensionis m o, viene però stabilito che:
92
Capitolo sesto
La partecipa zione alle elezioni politiche e amministrative ha l'obiettivo di svol gervi la propaga n d a
e l'agitazione rivoluziona rie e di affrettare il disgrega m e n t o de gli organi borghesi della
democra zia rappre se n t a tiva. Il gruppo parlame n t a re non avrà la facoltà di pronu n zia r si come
organo deliberante su questioni che investono la politica generale del partito.
Anche in questo caso non si fa, benintes o, se non parafras are la riso luzione presa dal II congress o
ma non si aggiunge nulla che riguardi i rapporti del partito con le masse, la democra zia sovietica,
l'organiz z a zione per cellule (che infatti non verrà attuat a). Il senso del convegno di Milano è così
riassun t o in una nota di Bordiga sul « Soviet » :
La frazione comunista dovrà agire con ogni risolute z z a e colla più inesorabile intransigen z a. Il
Partito comunista deve ormai sorgere ed essere quale lo richiede la III Interna zionale. Non si deve
esitare a denun zi are il vecchio partito, questo vec chio amalgam a insuscet tibile di rigenerarsi, e a
costituire il nuovo organo necessa rio, indispens a bile per la rivoluzione proletaria.
La nota bordighiana porta la data del 24 ottobre 1920. Il giorno pri ma è stata inviata da Stettino
una lettera di Zinov'ev rivolta alla frazione comunist a italiana, anche a nome di Lenin, Trockij e
Bucharin (per il Comitato centrale del partito russo) in cui si legge che la frazione è « l'u nico serio
appoggio dell'Interna zio nale comunis ta in Italia » e che Ser rati, se davvero vuole aiutare la
forma zione di un partito comunis t a in Italia, non ha che da prendere posto nelle sue file.
Da una settim ana si è concluso a Halle il congres so del Partito socia lista indipende n t e tedesco,
l'USPD, che è stata una vittoria importa n t e per la linea del Komintern (ivi rapprese nt a t o da
Zinov'ev stesso, che vi tiene un discors o di grande rilievo politico). Per la mozione favorevole alla
incondiziona ta adesione all'Interna zionale, e ai 21 punti, si sono in fatti schierati la maggioran z a
dei delegati di quel grande partito operaio (che compre n de un milione di soci). Se scissione vi è,
essa avviene a de stra e gli indipen de n ti di sinistra si prepara no ad unirsi al KPD nel nuo vo «
Partito comunista unificato di Germania » .
Si è verificato così l'innes to di una grande massa operaia nel Partito comunis ta tedesco, prima
costituito essenzialm e nt e da una minoran z a a forte caratteriz z a zi one intellettuale. Non va però
sottovalutat o il fatto che la vittoria dell'Interna zionale non porti di per sé a fare sì che la gran - ##
1 Dal testo definitivo della mozione pubblicato in Relazione presenta t a dalla frazione comunis t a
al Congres so del PSl, Milano 1921, p. 2.
2 Al congres so di Halle la risoluzione Daumig e Stbcker ha ottenut o 236 voti. Quella «auto
nomista» propost a da Ledebur, Crispien e Dittman n ij6 voti. L'USPD si scinde dopo il congres so e
300 000 suoi soci (solo una parte, quindi, di quella maggioran z a che ad Halle si era pronun zi at a
per la fusione) si uniscono in dicembre, nel congresso di Berlino, ai 50 000 comunis ti del KPD. A
presidenti del nuovo partito sono eletti Paul Levi e Ernest Daumig. Organo del Partito comunis ta
unificato è la «Rote Fanne», in due edizioni quotidiane.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
93
de maggioran z a dei mem bri delPUSPD entri nella nuova forma zione se guendo le sorti del voto
congres s uale di Halle. Per questo il termine scis sione a destra o a sinistra ha più un valore
formale che sostan ziale. (Sarà nel 1921 che ci si accorgerà come il processo di rottura nei grandi
partiti socialisti europei sia stato analogo, in Germania, come in Francia, come in Italia: la
maggioran z a dei lavoratori socialisti non è affatto acquisita alla IH Interna zionale, nell'Occidente
europeo. La crisi del PC tedesco unificato all'inizio della sua vita lo most rerà ampiam e n te. E quella
del PCF del pari).
Non a caso, si è parlato molto dell'Italia al congress o di Halle. Del l'occupazione delle fabbriche, di
Serrati, dei riformis ti '. Serrati sta ora diventan d o (come sarà per i socialisti francesi al loro
congres so di Tours) un richiamo costante nel dibattito, un simbolo. La mozione avversa al
l'incondi zionat a adesione all'Interna zio nale comunist a ha espress o esat tament e le posizioni di
Serrati e manifestat o i suoi stessi dubbi: « il po stulato dell'espulsione scinde il Partito, ne
paraliz za la capacità fattiva e reca così il danno più grave al movimento rivoluzionario »; «
l'incondi zionata sottomi s sione dei Partiti nazionali è incompa tibile con le grandi diversità di
condizioni economiche, culturali e politiche»2. In Serrati l'Esecutivo dell'Interna zio nale comunis ta
vede l'uomo che sta racco gliendo sul piano europeo tutte le forze ancora disperse del «centri smo
», quelle che si vanno pur unendo al congress o di Berna attorno alla cosiddet t a « Interna zionale
due e mezzo», dove il termine intende ap punto una federa zione di espone nti socialisti (Fritz
Adler per l'Austria, Crispien per la Germania, Longuet per la Francia, Grimm per la Svizze ra,
Martov per la Russia, Walhead per l'Inghilterra) che sono usciti dalla II e non intendo no entrare
nella III.
È vero che Serrati, appassiona t a m e n t e, replicherà ai bolscevichi che egli resta terzintern a zio nalista
(e lo proverà ampiam e n te negli anni suc cessivi). Ma ciò non toglie che l'accanimen t o dei suoi
contrad di t to ri nasca proprio da questa sua nuova collocazione nella lotta di tenden ze del so
cialismo europeo. Al congres so di Tours (Natale del 1920) Longuet, Paul Faure e tutti gli altri «
autono mi s ti » si rifaranno esplicitam e nt e alla resisten z a di Serrati, tanto più efficace quant o
maggiore è il prestigio del dirigente italiano e stimata la tradizione rivoluzionaria del suo partito.
##
1 Zinov'ev ha ribadito il concetto che « a salvare la borghesia italiana dalla rivoluzione in atto
sono stati i Turati, i D'Aragona, i Modigliani». Cfr. G. zinov'ev, La rivoluzione mondiale e la 111
Interna zionale, Libreria editrice del PCd'I, Milano 1921.
2 w. ditt ma n n, 11 Partito Socialista Indipen de n t e di Germania e il Congresso di Halle, in L'al
manacco socialista italiano, ed. «Avanti!», Milano 1921, p. 243.
3 Cfr. Le Congrès de Tours, edizione critica dei principali interventi, a cura di annie kriegel, Paris
1964, passi m.
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Capitolo sesto
Zinov'ev lo dirà senza mezze parole, prende n d o la parola, nel marzo 1921, al X congress o del PC
russo e coniando per Serrati la definizione di menscevico di sinistra:
In Serrati e nei suoi adepti più vicini, la verità è che noi combat tia m o gli ultimi mohicani d'un
kautschis m o moderniz z a t o, impom a t a t o e imbellettato all'italiana, alla rivoluziona ria, se così si
può dire. Cedere alle opinioni attuali di Serrati sarebbe cedere all'Interna zionale due e mezz o '.
Così, possiam o ribadire che, ment re per i comunisti italiani battere sul bersaglio delle posizioni
serratiane ha i valori di principio già deli neati, per Mosca l'obiettivo è più stringent e, più politico,
collegato alla sorte di tutta la tattica delineata al II congress o.
La polemica del Komintern con Serrati si fa perentoria tra il congres so di Halle e quello di Tours.
Zinov'ev scrive due lettere a Serrati quan do ancora è in Germania, il 22 ottobre da Berlino, il 23 da
Stettino: « Noi aspettia m o la vostra ultima parola, compagno Serrati! »2. E Lenin stesso prende la
penna per un lungo articolo il cui tono non è meno trancha n t, anche se è attento a delimitare la
portata contingente della rottura:
Se gli uomini come Baratono, Zannerini, Bacci, Giacomini, Serrati, esiteran no e si dimettera n n o,
non bisognerà pregarli di rimanere, ma bisognerà accettare subito le loro dimissioni. Dopo il
periodo delle battaglie decisive essi ritornera n n o e saran no più utili al proletariato 3.
Serrati sostiene l'attacco con fermez z a. Nella sua replica di un comu nista unitario e in altri
scritti4 si discerno no accanto ai vecchi motivi un contes to psicologico e politico nuovo, rispet to al
congres so di Mosca: egli non si sente più solo nel rivendicare l'autono mia dei partiti nazionali ed è
assai più dubbioso sull'azione generale da condur re per prendere il potere. Si, egli dice in
sostan z a, la situazione è rivoluzionaria, ma è me glio lasciare la borghesia risolvere una crisi
economica gravissima. Si, noi siamo d'accordo con le prospet tive della Interna zionale ma lasciateci
giu dicare serena m e n t e la situazione.
Forse non si chiarirà mai il compless o di esitazioni, il tormen t a t o cor so di propositi e di
risenti me nti del Serrati antagonista dell'aut un n o del ##
1 Verso il terzo Congress o dell'Interna zio nale comunista, «L'Ordine nuovo», 17 e 21 aprile 1921.
2 Lettere e polemiche ecc. cit., pp. 18- 27. Le due lettere sono pubblicate la prima volta sul l'«
Avanti! », 4 novem bre 1920, precedut e da una dichiara2Ìone polemica di G. M. Serrati.
3 lenin, Falsi discorsi sulla libertà, 4 novem bre - 11 dicembre 1920, Sul moviment o operaio ita
liano cit., p. 213.
4 La replica di Serrati appare sull'« Avanti! » (ed. piemont es e) il 16 dicembre 1920. Nella dichia
razione che precedeva la pubblicazione delle lettere di Zinov'ev, Serrati afferm ava il suo diritto «a
pensare contro tutti ì nazionalismi, tutti gli opport u ni s mi, tutte le prepot e n z e». Si veda anche l'ar
ticolo di G. m. serrati, 11 dovere dell'ora present e cit.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
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1920. Egli registra il « contrat t acco borghese », come già a Mosca l'aveva intuito. Ma parla
precisa me n t e dell'offensiva fascista che si sta ora spie gando? Lo si può escludere, per i tre ultimi
mesi dell'anno. I casi di vio lenza fascista sembra no ancora sporadici e legati a quella reazione
agra ria che è tradizionale nelle lotte sociali italiane. Massimalisti e comunis ti italiani parlano
piuttos t o di una delinquen z a al servizio della classe diri gente o della casta militare. Gramsci, ad
esem pio, fin dall'ottobre, avver te l'esisten za di un fenome no nuovo e tende a configurarlo così:
È certo che la reazione italiana si rafforza e cercherà di imporsi violente m e n t e a breve scadenz a.
La reazione che è sem pre esistita, che obbedisce a leggi proprie di sviluppo, che culminerà nel più
atroce terroris m o che abbia visto la storia. Non per caso, gli occhi di tutti si rivolgono oggi a
Fiume, e alla Dalmazia, a D'Annun zi o, a Millo, a Caviglia... La reazione è sempre esistita in Italia;
essa non minaccia di sor gere ora per colpa dei comunis ti. La reazione è il venir meno dello Stato
legale: non da ora lo Stato legale è venuto meno... Nell'attuale periodo, il terroris m o vuol pas sare
dal campo privato al campo pubblico; non si accontent a più dell'impu ni tà con cessagli dallo Stato,
vuol diventare lo Stato. Ecco che cosa significa oggi la parola avvento della reazione: significa che
la reazione è divenuta così forte che non ritie ne più utile ai suoi fini la maschera di uno Stato
legale; significa che vuole, per i suoi fini, servirsi di tutti i mezzi dello Stato; significa che l'Italia si
avvicina ad una nuova guerra imperialista, rivolta al saccheggio a mano armat a di qualche ricco po
polo finitimo... La reazione è la paura folle della morte per esauri me nt o, mescolata al desiderio
sfrenat o di buttarsi addoss o a un organis m o nazionale ancora in qual che efficienza per
divorarselo, per cercare di salvarsi con una trasfusione di sangue... La reazione è furiosa anche per
ciò: perché deve riconoscere che la classe operaia è la sola forza viva del paese, perché deve
riconoscere in se stessa niente altro che gli ultimi spasimi rabbiosi di un organis m o esaurito... '.
Come si vede, si mischiano in Gramsci, con le intuizioni sullo scate nament o del terroris m o e la
sua particolare sensibilità alla crisi strutt u rale dello Stato, le preoccupa zi oni (del resto più che
giustificate, dati i caratteri dell'impres a fiumana) per una reazione di tipo militare e per i pericoli
di una nuova guerra. Una crisi, comun q ue — egli insiste — che prelude ad una resa dei conti, come
è nell'impos t a zione di tutto il comu nismo interna zionale. I bolscevichi, da parte loro, infatti,
prevedono per primi una controffensiva reazionaria in Italia (come altrove). Lenin af ferma che « la
borghesia italiana farà tutto il possibile, comme tt e rà tutti i delitti e tutte le atrocità per impedire al
proletariato di prendere il potere »2 e Zinov'ev, nella sua lettera a Serrati da Berlino, aggiunge «
che è molto probabile la vittoria tempora ne a di una feroce reazione borghese». ##
1 Antonio gkamsci, ha reazione, «Avanti!», ed. piemonte s e, 17 ottobre 1920.
2 Da Falsi discorsi sulla libertà cit.
3 Lettere e polemiche ecc. cit., p. 28.
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Capitolo sesto
Ma se ciò, nella impost a zione comunist a, vale a spronare ulterior mente alla concent ra zi one e
all'epura zione delle forze rivoluzionarie per vincere l'imminent e scontro decisivo, per i socialisti
italiani il discors o è tutt'altro. Tra i riformis ti, Emanuele Modigliani è stato il più netto nel suo
intervento al convegno di Reggio Emilia, nel prevedere il peggio («Vi sono nella storia delle nazioni
delle tragiche ore di regress o e noi andiam o incontro ad una di esse ») per adombra re, nella logica
del rifor mismo, un'alleanz a con Giolitti contro la reazione. I massim alisti sono intransigenti, non
possono pensare a sostenere il governo; hanno predi cato per anni l'imminen z a della rivoluzione
nella loro propaga n d a incen diaria, e continua n o tuttora a farlo. Come possono cambiare
totalmen te registro? Ma molti di loro cominciano a pensarla come i fratelli della « destra », a cui si
sentono molto più vicini che non ai comunisti « puri », tipo Bordiga o Gramsci. E certa me nt e in
essi pesa, più ancora del pen siero della reazione italiana, una sfiducia nella rivoluzione
interna zionale che, proprio in questi mesi, prende largo piede nel movimento socialista europeo,
una diffiden za nuova nel bolscevis mo e nelle sue fortune.
È uno stato d'animo avallato da un grosso dato di fatto: la sconfitta dell'esercito rosso alle porte di
Varsavia - in settem bre - e il suo succes sivo arretra m e n t o verso est, che fa tramo nt a r e le
speran z e di una rapida espansione della rivoluzione. Il quadro è cambiato. Ma non è soltanto
questione di rapporti di forza. È questione dello scontro di mentalità, di tradizioni, di esperienz e
che ora comincia a palesarsi in tutta la sua am piezza. Un profon do disagio nasce dagli strascichi
stessi della polemica del II congresso da cui Serrati, come molti altri socialisti dei paesi occi
dentali, hanno tratto l'impres sione che i bolscevichi abbiano metodi e indiriz zi troppo diversi e
distanti dal patri monio e dalle tradizioni dei loro compagni d'Occidente 1. Ma vi è anche un
compless o di tituban z e che circolano in tutto il « centris m o » socialista europeo, che un partito
aliment a nell'altro e viceversa, spesso ampliato dalla propaga n d a antico munista, vivissima in
questi mesi2, e in Italia suffragato dai racconti che vanno facendo sulla stam pa molti dei «
pellegrini » di Mosca (da Nofri a Pozza ni a Colombino).
Così, all'im magine di una Russia in preda alla miseria, al caos, a una ##
1 Cfr. giacinto menot ti serrati, II Congress o dell'Interna zi onale Comunis ta: alcune osserva zioni
preliminari, «Comunis m o», a. 11, n. 2, 15- 30 settem br e 1920. Lo stesso Serrati nello scritto Di
alcune nostre ragioni, - «Comunis m o», a. 11, n. 6, 15- 31 dicembre 1920 parlerà della «masson eria
rossa» dell'Interna zio nale comunist a, «che opera nel silenzio e nel mistero».
2 Cfr. Edward h. carr, ha rivoluzione bolscevica cit., che afferma: «Nessuna propaga n d a dan
neggiò la rivoluzione bolscevica nell'Europa occidentale tanto quanto quella che si basava sul
basso tenore di vita del popolo russo e sulle privazioni della guerra e della guerra civile» (p. 1005).
3 Cfr. sul tema [Antonio gram sci], Muli bendati, «L'Ordine nuovo», 12 gennaio 1921.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
97
dittat ura politica spietata, si accom pag na lo spett ro di una sorte analoga per quei paesi
dell'Occident e dove si iniziasse la rivoluzione, aggravata dal blocco economico e militare a cui vuoi
l'Italia vuoi la Francia sareb bero sottopos t e dalle rimanenti grandi poten ze dell'Intesa.
È uno stato d'animo che, con grande efficacia e coll'aspre z z a caratteri stica dello stile bolscevico,
ha dipinto il dirigente dei sindacati sovietici Lozovskij, non appena tornato in Russia da un viaggio
compiuto nei pae si occidentali nell'aut un n o del 1920:
Quando pochi mesi fa parlavo in Germania agli operai tedeschi, spesso alle riu nioni si
present avano sostenitori di Scheidem a n n dicendo: «SI, voi russi parlate di rivoluzione in Germania.
Bene, noi faremo la rivoluzione in Germania, ma che cosa accadrà se non ci sarà una rivoluzione in
Francia? » E contem p o r a n ea m e n t e un col lega francese si alza e, batten do si il petto, dice a sua
volta: « E che cosa sarà se noi facciamo la rivoluzione, e i nostri compagni laggiù non la faranno? »
Allora gli op portu ni sti italiani, inquieti proprio come gli altri opport u ni sti e proprio come loro
irritabili, dicono anch'essi: «È facile per voi parlare di rivoluzione. L'Italia farà una rivoluzione, ma
essa riceve il carbone dall'Inghilterra. Come possiam o vivere senza carbone? » Così essi si
aspetteran n o l'un l'altro fino al secondo turno '.
Chi volesse rintracciare i segni di questa tituban z a nelle file dei mas simalisti unitari nell'aut un n o
del 1920 li troverebbe spesso, ma come mascherati in una nube di distinzioni tra rivoluzione in
atto e rivoluzio ne da fare e più ancora da una terminologia tipica dove, accanto al ter mine
rivoluzione, si pongono le aggettivazioni più fosche, come treme n da, ineluttabile, dram m a tica. Un
anno dopo, Serrati dirà chiara me n t e che egli non aveva credut o affatto alle assicura zioni
dell'Interna zio nale sulla solidarietà che all'« Italia soviettista » sarebbe venuta dai proleta riati
degli altri paesi e tanto meno alla prome s s a conten ut a in una let tera dell'Esecutivo
dell'Interna zio nale comunista dove si diceva: « Aiuti di grano saranno assicurati all'Italia rossa
dalla Russia dei soviet ».
Nel 1921 — quando la carestia farà strage in Russia — Serrati com menterà:
Quanto al grano era noto da tempo a coloro che lo prome tt eva no all'Italia rivo luzionaria che la
Russia non aveva tras por ti per sé, che i contadini lo rifiutavano alla requisizione...2.
Tanto scetticis mo non è però l'unico movente del dissidio. Bisogna fare posto a incom p re n sioni e a
false inform a zi oni che generano profon di equivoci nel rapport o tra l'Interna zionale comunist a e il
PSI, nell'au tunno del 1920. Conviene segnare almeno il più clamoros o: l'intransi - ##
1 Citato da Edward h. carr, La rivoluzione bolscevica cit., p. iooj.
2 giacinto menotti serrati, 17 PSI e la III Interna zionale, «Comunis m o», a. n, n. 22, 16- 31 agosto
1921.
98
Capitolo sesto
genza di Bordiga e di tutta la frazione comunista è appoggiata da Zino v'ev e fatta propria
dall'Esecutivo del Komintern anche sulla base del l'errata convinzione che la frazione possa
raccogliere nelle sue file il gros so del partito. Nella seduta dell'Esecutivo del 3 novem bre 1920
Zino v'ev riferisce testual me n t e:
I comunisti capeggiati da Bombacci, Bordiga e Terracini... afferma n o di avere con sé il 75- 90 per
cento del partito... Io ritengo che nell'attuale situazione politica italiana qualsiasi compro m e s s o
con Serrati e i « comunisti unitari », sarebbe oltre modo dannos o... '.
Ed è qui che bisogna riprendere il discorso sulla frazione comunist a, sulla sua dinamica interna,
sul modo come essa si prepara alla scissione. Dopo la pubblicazione del manifest o - progra m m a,
Antonio Gramsci ha scritto sull'« Avanti! » piemon te se un articolo polemico in cui però pare di
vedere ancora emergere la convinzione che i comunis ti possano por tare con sé la maggioran z a dei
suffragi al congres so. Sarà forse questa convinzione a rendere poi lo stesso Gramsci più sensibile
alla gravità della situazione che si aprirà dopo Livorno, quando si vedrà che i comu nisti restano
minoran z a? Già ora, comun q ue, egli insiste sulla radicaliz zazione della situazione politica,
sinteti zz a t a nel dilem m a « o dittat ur a operaia o dittat ura reazionaria », per proseguire in questi
termini:
L'organiz za zi one delle forze comunis te italiane non è diversa dal Partito socia lista come massa
degli operai più coscienti e più capaci: essa è lo sviluppo del Con gresso di Bologna, è la
rappres e nt a n z a immediat a e genuina degli interessi e delle aspirazioni delle grandi moltitu di ni
popolari italiane. Precisame nt e per questa ra gione, appun t o perché sentono che la maggioran za
del Partito e del popolo italiano è coi comunisti, appunt o perché compre n d o n o che la maggioran z a
del Partito so cialista diretto dai comunis ti (cioè divenuto Partito comunista) riuscirà finalmen te a
incanalare le passioni rivoluzionarie che oggi non hanno una forma e una diretti va, gli scrittori
della borghesia si arrovellano contro la nuova frazione, si arrovella no nel voler dimost rare che i
comunisti sono isolati, che la vera democra zia operaia è rapprese n t a t a dai « concentra ti » di
Reggio Emilia...2.
Che succede però nel mese di novembre? Succede qualcosa di molto diverso da quanto Gramsci
qui preconiz z ava. L'esaspera zione della po lemica tra Serrati e l'Interna zionale non conduce, di per
se stessa, la massa dei militanti socialisti a scegliere il suo posto nella frazione comu nista. È
difficile valutare quanto pesino varie compone n ti, o meglio, qua le di esse sia la maggiore; certo si
è che nella fase precongres s uale abbia mo da registrare una serie di fattori ciascuno dei quali gioca
contro l'e- ##
1 «L'Interna zion ale comunista», a. n, n. 15, gennaio 1921, p. 314.
Antonio gramsci, La frazione comunista, «Avanti! », ed. piemont es e, 24 ottobre 1920.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
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spansione della frazione comunist a. La convinzione, ad esem pio, di molti dirigenti massi m alisti
che il tempo non sia più propizio alla presa del po tere e che quindi convenga restare uniti nel
vecchio partito per affronta re la tem pes ta reazionaria, è largament e condivisa da quei militanti
ope rai e contadi ni che cominciano a sentire non solo le avvisaglie e i primi colpi dello squadris m o
agrario ma anche gli effetti della crisi indust riale incipiente con i licenziam e n ti attuati o
minacciati, senza dire della pro fonda depres sione che proprio ora si manifest a per il fallimento
dell'oc cupazione delle fabbriche.
Inoltre, il Partito socialista, il suo tipo di organiz z a zione, sono ap punto quelli che Gramsci tante
volte criticò (con i suoi fenome ni di per sonalis mi, elettoralis mi, ristret ta vita democratica) per cui
è assai diffi cile alla frazione comunist a, che nazional me n t e ha un'organiz z a zi one gra cile
all'interno delle sezioni, sottrarre nelle assem blee precongres s uali la maggioran z a a quei dirigenti
tradizionali che si sono schierati o con Serrati o con Turati, con i capi più noti e prestigiosi. Si
aggiunga anche il « patriot tis m o di partito », su cui sanno far leva i massimalisti unitari, e che
trasfor m a il proposit o di mutare nome al partito in un attent at o a tutta la gloriosa tradizione del
moviment o italiano racchiusa nei vecchi simboli del PSI. E non meno pesa la propagan d a stessa
della frazione co munista che batte, con estrem a violenza, soltanto sul tasto della fedeltà ai
deliberati di Mosca e sul tradime nt o dei « centristi ».
Il convegno della frazione che si tiene ad Imola il 28 novembre ci fornisce ulteriori ragguagli sul
muta me n t o della situazione.
Dobbiamo a Giuseppe Berti, attravers o le testimonia n z e offerte in vari tem pi e modi alcune delle
notazioni più interess an ti sul convegno, dei cui lavori, invece, la stam pa della frazione non dice
molto. Un'osser vazione fatta da Berti (esponent e dei giovani astensionis ti al convegno) subito
dopo la conclusione dei lavori ci da, intanto, il senso stesso della situazione che si present a ad
Imola:
Il Convegno ha sentito che nel suo seno si concepiva, si elaborava il nuovo par tito comunista. I
convenuti - nella loro grande maggioran z a - non si sono affatto preoccupa ti di ottenere ad ogni
costo la maggioran z a al Congres so, non hanno, nem meno per caso, pensato a perdere tempo nella
ricerca di quelle oneste abilità, con sigliate dal compagno Graziadei e dai suoi amici di circolare,
adatte a costruire fra gili passerelle di appoggio verso i «comunis ti unitari», ma si sono
preoccupati invece di votare una chiara mozione che fosse la mozione del congresso, non intacca
bile da manovre di corridoio appun t o perché votata in un Convegno, non mutabile di una virgola
sola, che non lasciasse appiglio a compro m e s si dell'ultima ora; che, in altri termini, fosse sicuro
fonda m e n t o su cui erigere il nuovo partito comunista '. ##
1 Giuseppe berti, Il Convegno di Imola, «Il Soviet», a. in, n. 31, 9 dicembre 1920.
100
Capitolo sesto
Sono frasi che indicano la linea più pura del bordighis m o ma lasciano anche intravedere come il
dibattito del convegno si articoli proprio sulla preoccupa zio ne che manifesta no molti dei
convenuti constata n d o la scar sa base di consensi alla frazione sino a quel mome nt o raccolta; è
una par tenza che rende aleatoria la pros pe ttiva di poter conquis tare la maggio ranza al congres so.
Bordiga, quella maggioran z a non vuole, è certo, ma gli altri, e l'Interna zionale?
Accade dunq ue che Graziadei per primo proponga di gettare un pon te verso i comunisti unitari, i
« centristi », che all'uopo hanno anche man dato come messo al convegno Arturo Velia. Ma la
reazione di Bordiga è secca: Velia non deve parlare al convegno! Così, il capo degli astensioni sti
convoca i suoi, gli unici che siano veramen te già una frazione. È una minaccia di marciare da soli,
molto chiara. Alcuni delegati al convegno, proprio i rappres en t a n ti di quella « terza compone n t e »,
deput a ti massi malisti che si sono accostati alla corrente comunista, Roberto, Ambrogi, Salvatori,
protest a n o contro la riunione separata e chiedono lo sciogli mento della frazione astensionista.
Bordiga non vuole dare nessuna spie gazione. Questa volta è lo stesso Gennari, che presiede il
convegno (al teatro comunale di Imola) a fare le sue rimos tra n z e. Per rispost a - rac conterà Berti « afferrat o un nodoso bastone, Bordiga vibrò sul tavolo della preside n z a una bastonat a terribile » '.
Scoppia così un grave incidente che può mettere in crisi il convegno. È a questo punto che
interviene il rappres e nt a n t e dell'Interna zion ale che si è recato ad Imola, quel Chiarini di cui
abbiamo già discorso e che verrà poi giudicato severame n t e da tutti i dirigenti italiani negli anni
suc cessivi. Secondo la terza testimo nia n z a che dell'episodio ha fornito Berti recente m e n t e ( senza
le reticenze che avevano costellato sia il comm e nt o subito dopo il convegno sia i racconti fatti
negli anni trenta quando egli divenne uno dei più aspri accusat ori del suo ex leader) le cose si
svolgo no così:
Il rapprese n t a n t e dell'Interna zi onale comunista a quel convegno era una per sona poco abile e
poco autorevole, Cain Haller (Chiarini), ma nel mome nt o in cui ci fu una minaccia aperta di rottura
fra i comunis ti, si affrettò a chiamare nel palco del teatro imolese in cui aveva luogo il convegno i
due comunisti bordighiani che avevano parlato contro ogni minaccia di rottura tra i comunisti
(Parodi, che era le gato di stima ai dirigenti dell'*Ordine nuovo» e chi scrive queste righe) per dire
loro che l'Interna zionale comunista voleva l'unità della frazione comunista e anche una politica di
conquis ta di tutti gli elementi realment e rivoluzionari del PSI e che la frazione comunist a doveva
saperlo e tenerne conto 2. ##
1 Giuseppe berti, Il gruppo del «Soviet» nella formazione del PCI cit., p. 68.
2 id., Ricerca dell'unità all'indo m a ni di Livorno, «Rinascita», a. xxm, n. 4, 22 gennaio 1966.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
101
Accade allora che Parodi e Berti cerchino in effetti di mettere pace afferma n d o che la riunione
degli astensionisti ha avuto come scopo quel lo di un autosciogliment o (che avverrà soltanto alla
vigilia di Livorno). Ma decisiva diventa a questo punto la funzione di riunificazione che svolge
Antonio Gramsci. È lui a impedire col suo intervento che il con vegno fallisca il suo scopo.
Ritroviamo qui uno degli elementi essenziali del processo di svilup po della frazione comunist a.
Gli ordinovisti — Gramsci per primo — han no ormai scelto: senza Bordiga non si fa il partito
comunist a, bisogna accettare la sua direzione. Gramsci arriva ad Imola avendo appena con cluso
una assemblea importa n te della sezione torinese nella quale si è operata la saldat ura tra
astensionisti, « comunisti elezionisti » (Togliatti Terracini e Tasca) ed il gruppo di «educazione
comunist a» (Gramsci, De Biasi, Bianco, Santhià). Gramsci, Parodi e Terracini sono stati eletti
mem bri del comitato regionale piemont es e della frazione comunis ta uni ficata. Nell'asse m blea
della sezione socialista torinese, che ha visto la vit toria dei comunisti, l'antagonist a è stato
Giacinto Menotti Serrati giunto apposita m e n t e da Milano. E contro Serrati hanno parlato
animat a m e n t e tanto Gramsci quanto Togliatti e Terracini. È in questa occasione che Gramsci ha
detto al direttore dell'« Avanti! » milanese che trenta mila comunis ti sono bastati in Russia per fare
la rivoluzione e Terracini ha ripetut o lo stesso concetto.
Ma l'asse m blea torinese ha rapprese n t a t o qualcosa di più di un fron te unito di tutti i gruppi
comunisti e del segno della rottur a profond a con il « centris m o ». La mozione che conclude
l'assem blea è il punto d'appro d o di tutto il moviment o rivoluzionario torinese del biennio ros so.
In essa, dopo aver fissato il punto dirimente tra i comunis ti e i social democratici ( « intende n d o
per socialdem ocratici tutti coloro che pensa no che sia possibile effettua re seriament e il trapas so
dal regime capitali stico al regime comunis ta integrale mediante coalizione con i ceti bor ghesi e
prima quindi della conquista del potere politico da parte del pro letariato » ' ) si offre una visione
del movimento comunist a che riflette appieno l'esperien z a ordinovista. Si esaltano i Consigli di
fabbrica come la istituzione sovietica della classe operaia italiana; si concepisce il pro cesso di
forma zione del Partito comunist a come un processo di conqui sta dei lavoratori che parta dalle
officine e si estenda nei sindacati; si pone una netta distinzione nei confronti dell'anarchis m o, «
opponen d o si energicame n te alla propaga n d a di svalorizza zio ne del Partito», e si da
1 Il testo della mozione è tras me s s o integral me nt e in un rapport o del prefetto di Torino del 28
novembre (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1920, G. 1, b. 63).
102
Capitolo sesto
un grande rilievo alla funzione dei « circoli educativi » come sedi natu rali dei gruppi comunis ti e
dei commiss ariati di zona dei Consigli di fabbrica.
Che cosa resta di questa piattafor m a ad Imola? Soltanto la carica an ticentrista, che non è certo
poca, è anzi la base della confluen za con Bor diga, e la convinzione che si tratti di fare presto
poiché si è già perso troppo tem po prima di unire tutte le forze rivoluziona rie tra loro. Ma il resto
è sacrificato sull'altare dell'unità e Bordiga, che nell'occasione mo stra di appre z z a re forteme n t e
l'appoggio che gli viene da Gramsci, può vincere sulla sua linea di rottura all'estre m a sinistra. Il
resoconto dell'in tervento di Gramsci al convegno è molto pallido. Si capisce ugualmen te che la sua
voce è un po' diversa, ma il tono generale è quello del con senso:
Gramsci constat a che siamo venuti a questo convegno con la psicologia di quelli che prendon o
parte ad una costituent e di partito. Questo il nostro stato d'anim o. Del resto, anche gli unitari
tendono ad essere un partito analogo a quello socialri voluzionario russo. Forse non a caso Serrati,
all'inizio della rivoluzione russa, la personificava in Cernoff, l'oppor t u ni s ta piccolo - borghese
avversario di Lenin. Gram sci pensa, come ha detto Bordiga, che la discussione non debba avere
l'obiettivo di una polemica con le altre frazioni. Si deve insistere sulla propagan d a, sul lavoro da
compiere per arrivare al Partito comunista in Italia. Egli non condivide l'ipotesi della fase
socialde m ocra tica in Italia; noi siamo molto più vicini alla fase della con quista del potere da parte
del proletariato. L'oratore è per la denomina zio ne comu nista del Partito '.
Gramsci crede davvero che l'ora della rivoluzione sia prossi m a? È questo un quesito pressoché
impos sibile da sciogliere. Negli anni succes sivi sia Gramsci che Togliatti diranno che essi
ritenevano piuttost o che si trattas s e di salvare, alla fine del 1920, il nucleo delle forze rivoluzio
narie da un processo, ormai avanzat o, di disgrega zione del moviment o socialista italiano. Il
richiamo più pertinente lo farà Gramsci nel 1924 quando dirà:
Secondo molti compagni, l'occupa zione delle fabbriche rapprese n t ò il punt o massim o dello
sviluppo rivoluziona rio del proletariato italiano. Per noi, con quel l'avvenimen t o, si iniziava il
periodo di decaden z a del moviment o operaio. Ebbene, consideran d o allora quali forze del
moviment o socialista fossero le più capaci di ar ginare la sconfitta, noi fum m o ancora una volta
con la sinistra. E pensa m m o che senza gli astensionis ti il Partito comunista non si potes se
costituire 2.
È evidente la contra d di zione tra quant o si dichiara nel 1920 e quant o si rievoca nel 1924, eppure
tanto nell'una quant o nell'altra prospet tiva, ##
1 «Il Comunis ta», a. i, n. 2, Imola, 5 dicembre 1920.
2 Da un intervento di Gramsci pubblicato nello «Stato operaio», a. 11., n
. 18, 29 maggio 1924.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
103
la condott a che Gramsci tiene in questo momen t o resta ispirata alla as soluta necessità di
subordinare tutto alla confluenz a con Bordiga (che significa anche, per molte ragioni, la
supre m a zi a di quest'ulti mo). Che creda davvero nell'im mi nen z a della rivoluzione o piuttos t o pensi
ad un necessario lavoro di « argine » prima di una ripresa - che di questa sua convinzione «
strategica » non si può dubitare, come mostrerà tutta la sua azione sino al 1926 — il segreto del
contegno di Gramsci a Imola, un contegno che contribuisce in modo decisivo a salvare il convegno,
è qui: di Bordiga non si può fare a meno.
Piuttost o, è interess a n te, poiché è una costante del pensiero politico di Gramsci dal 1920 al 1922,
rilevare la sua polemica contro la « prospe t tiva socialdem ocra tica » bordighiana. Gramsci
continua a pensare al fa moso dilem ma avanzat o per la prima volta nell'aprile del 1920: o rea
zione violenta della classe domina nt e o dittat ura operaia. Ci tornerà nel 1921, pur subend o
l'impos t a zi one ufficiale del partito che già ora si in travede. Del resto, chi tra gli uomini della
frazione comunis ta osa ora mettere in discussione uno dei punti centrali della impos ta zione assun
ta dall'Interna zi onale per giustificare la scissione dai socialde m ocratici, quello che si richiama alla
necessità di avere un partito coeso e comuni sta in vista della prossi ma occasione rivoluziona ria
considera t a immi nente? Anche Bordiga si guarda bene dal farlo.
Al convegno si lascia senza rispost a l'interrogativo del « che fare » se al Congres so la frazione
comunist a resterà in minoran z a. Ma la rispo sta è già implicita: si andrà alla scissione ugual me nt e.
Il convegno elegge un Comitato centrale della frazione che esprime la raggiunt a unità più che la
composizione dei vari gruppi. Accanto a Bordiga per gli astensio nisti, ci sono gli altri che
astensionisti non sono, Misiano, Bombacci, il giovane Polano, i torinesi Gramsci e Terracini e i
milanesi Fortichiari e Repossi che rapprese n t a n o un modes t o gruppo di massi m alisti di sini stra
ma anche una grande città indus t riale, la città che da Serrati ai « cen tristi » e Turati ai «destri».
Fortichiari e Repossi sono però sin d'ora conquist ati completa m e n t e da Bordiga. Il primo affianca
anzi lo stesso Bordiga nel lavoro di segreteria.
La mozione finale del convegno sintetiz za compiuta m e n t e l'intransi genza della frazione senza
nepp ur e quell'appello a « tutti gli elementi ri voluzionari » che Berti ricorda essere stato
raccoma n d a t o da Chiarini. Ci si preoccupa piuttos to di quelli che vanno esclusi dal PSI allorché
questo diventi PCI:
a) tutti gli aderenti alla frazione detta di Concentra zione e ai suoi convegni;
b) tutti gli iscritti al Partito che nel presente Congres so daranno il proprio voto
104
Capitolo sesto
contro il progra m m a comunista del Partito e contro l'impegno all'osservan z a completa delle 21
condizioni d'am mi ssione all'Interna zio nale1.
Un altro punto import an t e della mozione stabilisce che il patto d'al leanza tra la CGL e il Partito
deve considerarsi annullato e sostituito dal principio della subordi na zio ne del sindacato al partito.
Si parla di con quistare il sindacato e le sue cariche direttive per distaccare la CGL dal «
Segretariato giallo di Amsterda m » e farla aderire all'Interna zionale sindacale rossa.
In un certo senso, è vero che il convegno di Imola è già una sorta di costitue nt e di un nuovo
partito ma non si può affermare che tutto sia già stabilito, che i due mesi che separano da Livorno
non possano servire ad altro che ad irrigidire la situazione. Il nodo del problem a, non ancora re
ciso, sta nei rapporti tra Serrati e l'Interna zionale. Non vi è dubbio che il primo cerchi, nel
fratte m p o, anche affannos a m e n t e, di riallacciare que sti rappor ti. Serrati scrive a Zinov'ev il 17
novembre, e, non avendo ri sposta, gli manda un'altra lettera il 7 dicembre (dunque dopo Imola), fi
nora inedita, di cui diamo qui la parte essenziale:
Cher camara de,
au nom du Comité Central de notre fraction comm u nis t e unitaire je vous ai en voyé une lettre, il y
a quelques jours, pour vous prier de nous donner un rende z vous, si possible, à Reval [Tallirti
pour discuter de la situation de notre parti. Je n'ai recu aucune repons e...; notre situation en Italie
est assez differente des autres pays. Il n'y a ici person ne qui deman d e de sortir de la III
Internationale et per sonne n'a adheré au congrès de Berne. Si nous ferons une scission, cela sera à
tout avantage des adversaires et notre mouveme n t se trouvera dans Pabsolue impossi bilité de se
dégager de l'impas s e dans la quelle a été mis par l'inéxpérience des in surrectionistes de gauche et
par la satanique abilité du gouverne m e n t de Giolitti, qui nous a pous sés à l'action desordo née
avant qu'y nous étions préparés... Mais tout cela sera à discuter...2.
E Serrati chiede nuovame n t e un abbocca me n t o ma senza un risultat o migliore. Se ci fosse stato
quest'incont ro le cose sarebbero andate diver samente a Livorno? Ciò che si può dire è soltanto
che Serrati non dispe ra neppure ora di strapp a re un compro m e s s o a Mosca. Di là, però, la li nea di
condott a è ancora più rigida in dicembre mentre la polemica tra massim alisti unitari e comunisti
divam pa più accesa. Tutto pare fare il gioco di Bordiga; in un articolo sul nuovo organo della
frazione che si stam pa ad Imola, «Il Comunist a», egli può scrivere, il 19 dicembre:
Antidem ocratici anche in questo non possia mo accettare come ultima ratio l'e spressione
aritmetica della consulta zione di un partito che non è un partito... Il ##
1 Dalla Relazione present at a dalla frazione comunist a ecc. cit., p. 2.
2 Il testo originale della lettera in APC, 1920, 33.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
105
costituirsi in Italia di un partito comunis ta non sarà giudicato in ultima istanz a dal la maggioran z a
del Congres so nazionale... Se saremo minoran z a non potre m o subire né la situazione di un partito
diretto da unitari, né quella di una direzione in comu ne tra noi ed essi. Il nostro compito di
frazione è finito... Balza evidente la solu zione logica, coraggiosa e tattica me nt e squisita della
immediata uscita dal partito e dal Congress o appena il voto ci avrà posti in minora n z a...
Come si vede, Bordiga ha tratto già le conclusioni dalla situazione; sa bene quello che vuol fare, lo
dice e lo farà.
Bordiga è anche convinto che questa soluzione sia l'unica che possa corrispon de re alle direttive
dell'Interna zio nale, « ed è quindi fuori luo go supporr e che essa non ci approverebbe ». Né gli
mancano, a vero di re, gli attestati di accredita me n t o da Mosca: c'è una lettera firmata da Aksel'rod
e da Zinov'ev, da Reval, il 20 dicembre, in cui si dice alla di rezione del PSI che « coloro che in Italia
vogliono marciare con l'Inter nazionale devono sostenere la frazione comunis ta » '. Quando la
rottura tra la redazione torinese dell'« Avanti! » e Serrati2 è approda t a alla sop pressione
dell'edizione piemont e se e, per rispost a, i comunisti fonda no un loro quotidiano, « L'Ordine
nuovo », di cui assum e la direzione Gramsci (e Togliatti diviene redattore - capo) l'Interna zionale
manda lo ro un caldo saluto esaltan do in Torino operaia una « Pietrogra do rossa ». E il giornale lo
pubblica nel suo primo numero, il 1° gennaio 1921.
Che cosa veramen te pensano a Mosca della scissione italiana? Perché non rispond o n o alla
profferta di Serrati? Non sono da trascura re le dif ficoltà obiettive di comunica zione. Lo stesso
Serrati scriverà che la dele gazione dei « comunis ti unitari » che doveva incont rar si con Zinov'ev, e
che sarebbe stata compos ta dallo stesso Serrati, da Baratono e Velia, non potè partire per la Russia
per il fatto che le lettere e successivi telegra m mi contenen ti la propos t a arrivarono a Mosca con
grande ritardo. Ma per quanto possa parere strano, c'è un ulteriore indizio del convincime n to dei
dirigenti dell'Interna zionale che, ci si incontri o meno, Serrati fini rà per cedere. Nella riunione
dell'Esecutivo del Komintern che si tiene il 9 gennaio 1921, Zinov'ev afferma che la frazione
centrista all'imminen t e congres so socialista italiano « voterà, selon toute vraisem bla nce, avec les
comm u nis t es »3!
L'ottimis m o di Zinov'ev è suffragat o da elementi interna zionali. Il ##
1 Cfr. Lettere e polemiche ecc. cit., pp. 81- 85.
2 Serrati ha ottenut o dalla direzione del PSI la soppres sione dell'« Avanti! » piemonte s e per « in
disciplina» nel corso del dibattito precongres s u ale, e la sezione torinese decide la nascita di un
nuovo quotidiano «L'Ordine nuovo», che appare il 1° gennaio 1921 come organo del moviment o
comuni sta. Come motto il giornale porta questa frase di Ferdinand Lassalle: «Dire la verità è
rivoluzio nario».
3 «L'Internationale com m u ni s t e», a. 11, n. 16, marzo 1921, p. 3705.
106
Capitolo sesto
congres so del partito socialista francese, tenut osi alla fine del 1920, è stata la seconda vittoria
raccolta dall'Interna zio nale comunista; Zino v'ev ha inviato un messaggio in cui, tra l'altro, ha
afferm at o che « la rivo luzione batte alle porte d'Italia » e Klara Zetkin, andata a Tours a rap
present ar e l'Interna zionale, ha sosten ut o con grande efficacia le tesi del la scissione dai
socialde m ocra tici. L'accettazione dei famosi 21 punti ha raccolto la grande maggioran z a dei
suffragi (3247 mandati contro 1308) e la scissione avviene a destra, provocata da una minora n z a
capeggiata da Leon Blum, Jean Longuet, Paul Faure.
È anch'es sa, come per il partito tedesco, una vittoria di breve durata che dalla cifra di 110.000
aderenti al nuovo Partito comunista (sezione francese dell'Interna zio nale comunis ta) che si
contera n no nel 1921 risul ta come 68 000 militanti socialisti si siano rifiutati di entrare nel nuovo
partito e il PCF nel 1922 perderà altri 30 000 iscritti '. Senonché, si tratti di una scissione
verame nt e minoritaria di destra, o non piuttos t o di un process o comune a tutti i movimenti operai
dell'Europa occident ale e centrale che vede schierata nelle file comunist e soltant o una minora n z a,
la vittoria politica dell'Interna zio nale comunis ta a Tours è indubbia. Ed essa conforta il tono
ultimativo che prende l'indirizzo rivolto dal Komin tern al congres so del PSI. Esso si conclude così:
« Il Partito Comunis ta Italiano deve essere creato in ogni modo » 2.
Zinov'ev e Bucharin sono stati designati a rapprese n t a re il Komin tern a Livorno (con la
Balabanoff ) ma il governo italiano (come già quello francese) nega loro il visto d'entra ta; vi
partecipera n n o invece il bulgaro Kabakciev (già in Italia, a contat to coi comunisti italiani3) e
l'ungherese Ràkosi, che non verranno certo ad applicare con souplesse la consegna di ottenere la
resa di Serrati.
I congressi delle sezioni del PSI conferm a no quanto già appariva chiaro da novem bre e dicembre:
che la mozione di Serrati è in mag gioranz a. I « centristi » raccolgono 98 028 voti, i riformisti 14
695, i co munisti 58783, nonost a nt e l'appoggio reiterato e stringent e del Komin tern.
Conviene ram me n t a r e che i massim alisti unitari non si presenta n o certo come avversari della III
Interna zionale. La loro mozione firmata da Serrati, Baratono, Bacci, Momigliano, Velia, Alessan dri,
reca:
Il partito socialista... riconfer m a piena, sponta ne a adesione alla III Interna zio nale, dichiara che
accetta i ventuno punti di Mosca... e quan to alla esecuzione... in- ##
1 annie kriegel, Aux origines du comm u n h m e jranqais cit., voi. II, p. 857.
2 L'indiriz zo è pubblicato per primo dall'«OrdJne nuovo», quotidiano, il 13 gennaio 1921.
3 Lo si ricava da una nota polemica contro Serrati pubblicata nel "«Comunis ta», a. 1, n. 7, Imola,
26 dicembre 1920.
Dall'occupa zione delle fabbriche alla scissione di Livorno
107
tende siano interpret ati secondo le condizioni ambientali e storiche del Paese, che la III
Interna zionale ammet t e per altri Paesi1.
Ma quell'inter pre t a zi one nasconde, insieme a malintesi, settaris mi e incom pr en sio ni reciproci,
tutt'altro che « necessari », una differen zia zio ne politica profond a che il congres so di Livorno
porterà appieno alla luce, dal 13 al 21 gennaio del 1921. La relazione con cui la frazione co
munista si present a al congress o, firmata da Bordiga e Terracini, non la scia dubbi sulla
delimita zione che essa vuole porre:
Il formar si di una numeros a frazione che mentre rivendica l'adesione alle diret tive comuniste
rifiuta disperat a m e n t e il distacco dalla destra, viene a modificare la situazione ma viene anche a
chiarificarla, viene a spost are sempre più a sinistra la linea che separa i due partiti ancora
conviventi nel partito attuale 2.
Due partiti: i giochi sono fatti prima che si apra il sipario del teatro Goldoni. E quando i lavori
cominceran no, i comunisti faranno risuonare la loro prima voce attravers o la parola di un giovane
(che sono i giovani coloro nelle cui file la frazione ha più profon da m e n t e inciso). Il diret tore di «
Avanguar dia », Secondino Tranquilli, salita la tribuna per il ri tuale saluto della gioventù socialista,
proro m p e in un grido di guerra agli unitari:
Compagni, oggi la giovent ù operaia e contadina di tutto il mondo ricorda il grande campione
dell'Interna zio nale giovanile, Carlo Liebknecht, a Mosca. L'anno scorso, la gioventù russa, per
ricordare Liebknecht a Mosca, davanti al Kremlino, bruciò il fantoccio di Scheidem a n n; quest'an no
la gioventù socialista italiana chie de ai rappres e nt a n ti comunisti di bruciare qui il fantoccio
dell'unità3. ##
1 Cfr. G. zibordi, Storia del Partito socialista italiano attravers o i suoi congres si, Reggio Emilia s.
d., p. ijo.
2 Relazione present at a dalla frazione comunis t a ecc. cit., p. 21.
3 XVII Congres so nazionale del PSI cit., p. 25.
Capitolo settimo
Dal teatro Goldoni al San Marco
Il congres so di Livorno, il congres so della scissione, è uno di quei momen ti della storia del
moviment o operaio italiano che non cessa, a quasi mezz o secolo di distan z a, di provocare e
rinnovare polemiche, tra storiografiche e politiche: un «nodo», come si dice nel gergo pubblici
stico, e un nodo intricato. Via via che il tem po è passato nuova luce si è fatta sulle sue vicende, sui
suoi retroscena, sulle sue cause e conseguen z e, ma ciascuna delle interpret a zioni e delle varianti
illumina spesso più il periodo e il dibattito nel cui contes to le revisioni sono state propos t e che gli
avvenimenti del gennaio 1921.
Il fenom e no accom pag na la intera storia del PCI; già due anni dopo, col 1923, quando si comincia
ad enucleare la polemica di Gramsci (e poi quella del gruppo di « centro » che si riforma come
nuova maggioran z a intorno a lui) contro la leaders hi p di Bordiga e contro il tipo di indirizz o che
questa dette al giovanissim o partito, il ripens a m e n t o sottopon e a cri tica sempre più aspra il modo
con cui si preparò la scissione, la sua effet tuazione, se non il suo approd o. E ancora più severa
apparirà la recrimi nazione di un gruppo di minora n z a di « destra » che avrà Tasca, Vota, Roveda,
Graziadei e altri come dirigenti. Così, la frazione che dai dibat titi del congres so di Livorno appare
sortire compat t a, e unita, a rom pere col vecchio partito, rivelerà poi di aver nelle sue file vecchie e
nuove spaccat ure, di aver accedut o alla comune decisione con motivazioni ben diverse.
Un processo in parte analogo si verificherà tra gli stessi socialisti che a Livorno difendo no l'unità
del partito : poco più di un anno dopo mas simalisti e riformis ti si separano. Si avranno così, negli
anni critici del 1921 - 25, tre partiti operai divisi e ostili tra loro e non meno spaccati al loro
interno. Il trionfo della reazione, che nel fratte m p o si realizza anche per questa divisione,
concorrerà ad alimentare le reciproche accuse e re criminazioni. E le successive esperienz e, o di
riconquist at a unità d'azio ne o di rinnovata discordan z a di linee e di prospet tive, ripropor ra n n o
con varia intona zione il discors o di Livorno. Ma la rottura era forse inevi-
Dal teatro Goldoni al San Marco
109
tabile nei suoi caratteri di fondo? Conviene guardare a quel « fatale » XVII congres so del PSI, che si
apre proprio nel giorno in cui il proleta riato interna zionale celebra il sacrificio di Rosa Luxemburg
e di Karl Liebknecht, tenendo fermi anzitut t o i punti essenziali che ne fanno la conclusione di un
processo del quale già abbiamo seguito le fasi, e in cui, si, sono entrati molti elementi di
confusione, di equivoco, di casualità, ma che ha una sua logica interna, ancor più chiara me n t e
discernibile alla distan z a del tempo.
Il processo di scissione è nazionale ed è interna zionale. La sensazione che hanno in molti a
Livorno che « i giochi siano fatti » domina l'assem blea, pur tum ult uos a, esasperat a, quasi attonita
dinan zi alla ineluttabile rottur a. La frazione comunist a è già un partito. L'Interna zionale di Mo sca
ha fatto la sua scelta. Serrati e i massi malisti anche. Ciascuno avrà poi occasione di riflettere sui
propri errori e su quelli degli altri. Ma un inte ro periodo storico si incaricherà di sottolineare la
necessità di quella rot tura che è generale, per tutti i paesi con un forte moviment o operaio di
ispirazione marxista. I partiti comunis ti sono una cosa, i partiti socialisti un'altra, molto diversa: o
almeno lo sono stati. La differen z a è tanto grande che il fossato apertosi nel 1920 - 21 non si
colmerà neppu re coll'e poca dei Fronti popolari o con la guerra antifascista o con la morte di
Stalin, né tanto meno col XX congress o del PCUS.
Allora, all'inizio del 1921, il primo element o di differenzia zione è in dubbiam e nt e determinat o pur con tutta la parte di errore pros pe t tico che la convinzione comport a - da questo fatto: i
comunisti sono rimasti i soli a credere che la situa zione perma nga rivoluzionaria. Lo dice a Li
vorno, ponend olo come discriminan t e, il rapprese n t a n t e dell'Interna zi o nale:
Quale è oggi la differen z a tra gli opport u ni s ti e i riformisti? È precisa m en t e questa: che i primi non
riconoscono la situazione rivoluziona ria, non ammet t o n o che le condizioni per una rivoluzione
proletaria siano mature '.
E - ciò che è più importa n t e - lo ripeterà nove mesi dopo Antonio Gramsci, quasi a fissare una
linea divisoria che supera le considera zioni tattiche e acquista il carattere di una scelta generale,
storica:
I capi riformis ti afferma ro no che pensare alla rivoluzione comunista in genera le era pazzesco:
Serrati affermò che era pazze sco pensare alla rivoluzione comunis ta in Italia, in quel periodo. Solo
la minora n z a del partito, format a dalla parte più avanzat a e più colta del proletariato indus triale,
non mutò il suo punto di vista co munista e interna zionalista, non si demoraliz z ò per gli
avvenimenti quotidiani, non si lasciò illudere dalle apparen z e di robust e z z a e di energia dello
Stato borghese 2. ##
1 Dal discors o di Kabakciev (XVII Congress o nazionale del PSI cit., p. 80).
2 I partiti e la massa, non firmato, «L'Ordine nuovo», 2j sette m br e 1921.
110
Capitolo settimo
La constata zio ne è esatta. La frazione comunist a si present a a Livor no come l'unica che mostri di
credere nella rivoluzione italiana imminen te, partend o dallo stesso acutizz a r si della guerra civile.
Per i comunis ti è il sintom o del fatto che « la borghesia concentra le sue ultime energie nella difesa
attraverso le guardie bianche », vale a dire i fascisti, già pro tagonisti di numeros e violenze nella
valle padana. Nella relazione che Bordiga e Terracini present a no al congres so troviam o scritto:
I riformisti afferma n o che il proletariato italiano non potrebbe assu me re il po tere nel cuore del
mondo capitalistico che lo soffocherebbe col blocco economico e lo schiaccerebbe con l'azione
militare. A ciò si risponde, oltre che col mostrare come sia artificiale la esagera zione di tutte le
difficoltà, col fatto che la rivoluzione italia na si inserirà nella rivoluzione mondiale
rappres e nt a n d o il punto di passaggio di essa dall'oriente all'occidente, e forse integrand o la sua
compars a in tutto il centro d'Europa, poiché, se una situazione è specifica della rivoluzione russa,
essa consiste nelle condizioni geografiche che hanno perme ss o di recluderla per tre anni al di là di
una insorm o n t a bile barriera che oggi si rivela ormai impotent e a contenerla. Ma più che confutare
le obbiezioni dei riformisti interessa valutarle come sintom o della loro opposizione di fatto
all'affer m ar si della rivoluzione allorché essa si manife sterà1.
Come si vede, è un'argo me n t a zi one più basata su posizioni ideologi che che su una analisi della
situazione, ed è constat a zi one che dovremo ripetere spesso per questi anni. Ciò non toglie valore
al fatto che il punt o di vista dei comunis ti sia quello nato dalla convinzione dell'inelutt abilità dello
sviluppo europeo della rivoluzione soviettista. È la scelta per la ri voluzione. Il significato storico
della scissione è questo.
Il dibattito che dura sette giorni, dal 15 al 21 gennaio 1921, nell'af follato teatro Goldoni, in
un'at m os fera turbolenta, se dice qualcosa di nuovo rispetto alle dispute precongress u ali è soltanto
in quanto riflette meglio i contras t a n ti stati d'anim o ram me n t a ti da Gramsci: scetticis mo contro
fiducia, o se si vuole, prude n z a temporeggiatrice contro impegno alla fedeltà dei postulati
rivoluzionari fìssati dall'Interna zionale comu nista2.
A fissare la rigidità delle frazioni in lotta pare concorra persino la col locazione dei congressisti:
sui palchetti di sinistra i delegati coi 58 000 suffragi comunisti, la platea occupata dai « centristi »
che detengono qua si il doppio dei manda ti, 100 000, e sparsi sui palchi di destra i riformis ti della
lista di concentra zione che porta 15 000 voti. Per i primi parlano ##
1 Relazione present at a dalla frazione comunis t a ecc. cit., p. 25.
2 Si vedano, in particolare, per esprimere la sfiducia dei massim alisti nel perdurar e dell'occasio ne
rivoluzionaria, le chiare parole di Baratono: egli contesta che si possa parlare di rivoluzione vit
toriosa in Italia, «piccolo povero paese senza risorse», mentre le stesse armi della Russia
bolscevica sono state infrante a Varsavia e infierisce ovunque «la più atroce reazione» (XVII
Congress o nazio nale del PSI cit., p. 114).
Dal teatro Goldoni al San Marco
111
Terracini e Bordiga, oltre a Graziadei, per i secondi Baratono e Serrati, per i terzi Baldesi, Mazzoni
e, per autodifesa, Turati; intervengono an che Lazzari e Vacirca per una piccola frazione «
intransigente » che con fluirà nella mozione massi malista, poi Bombacci, Modigliani, Marabini,
Gennari, Argentina Altobelli, Schiavello, Reina, Abbo e altri. Tra gli invitati stranieri, sostengon o in
linea generale la tesi dell'Interna zionale comunista (sull'espulsione dei riformis ti) nei loro saluti,
Paul Levi, per il VKPD, e lo svizzero Humbert - Droz. Grande è l'attenzione della stam pa italiana. La
cronaca registra incidenti clamorosi tra Vacirca e Bombac ci (che all'accusa di essere un «
rivoluzionario da temperino » replica estraend o la rivoltella, punta n d ola contro l'avversario, finché
a stento lo riconduco no alla ragione Bordiga e Terracini) nonché tra Graziadei e Tu rati e tra
Gennari e Modigliani.
Il clima incandesce nt e si misura appieno nella giornata del 16, duran te il lungo discorso, una vera
vigorosa requisitoria, pronun zia t o dal dele gato della Interna zionale comunista, Christo Kabakciev.
Agli applausi dei comunis ti si mischiano le urla degli altri congressis ti che, allorqua n do l'oratore
ribadisce la espulsione dal Komintern per coloro che vote ranno la mozione massim alista,
esplodo no con sarcas m o: «Scomunica maggiore! Viva il Papa! Viva il papachieff, » e anche: « Non
siamo dei servi, non vogliamo legati pontifici »2.
Kabakciev ha preparat o il suo discorso, insieme con l'altro, non me no influente, rappres en t a n t e
dell'Interna zio nale comunista, l'unghere se Ràkosi, a Livorno, e l'ha ispirato al più formale
ultimat u m, sorretto dal la classica imposta zione della polemica precede nt e: la situazione è rivo
luzionaria, le condizioni per la rivoluzione sono mature, è Serrati che si pone contro la rivoluzione
rifiutand o si di espellere i riformisti: non c'è più tempo da perdere, « domani la borghesia, se il
proletariato le lascia il tempo di rafforzar si e di organiz z a rsi sempre più, passerà dalla difensiva
all'offensiva».
Da una lettera - rapport o, inviata da Berlino da Paul Levi al Comitato esecutivo della III
Interna zionale, il 20 gennaio, ricaviamo qualcosa di più sul senso e la portata di quel discorso.
Paul Levi, in base ad un diver so orienta m e n t o che presto si esprimerà in una polemica violenta
con Mo sca, si batte sin dal suo arrivo a Livorno per scongiurare una rottura con ##
1 «Avanti!», 17 gennaio 1921.
A dire degli equivoci che sorgono sul congress o di Livorno può concorrere validamen t e que sto
particolare. Le ironiche invettive dei delegati socialisti all'indiriz z o di Kabakciev saranno assunte
da Zinov'ev come un capo d'accusa al PST configurato in questi termini: «Il Congresso fu letteral
mente trasfor m a t o in un circo equest re. Quando Kabakciev salì alla tribuna si gridò: Viva il papa! »
(dal rappor to al III congress o dell'Interna zi on ale comunist a in g. zinov'ev, Le lotte dell'Interna zi o
nale comunista, Libreria editrice del PCd'I, Roma 1921, p. 30).
3 XVII Congres so nazionale del PSI cit., p. 94.
112
Capitolo settimo
i massi malisti che ritiene funesta. Ha un abboccam en t o con Serrati con cui si dichiara convinto che
l'espulsione dei riformisti sia giusta e vada proclamat a, ma con cui cerca anche una via di
compro m e s s o per non ren dere l'espulsione immediata m e n t e esecutiva e per consentire quindi di
non spaccare intanto a sinistra il partito. Ne parla poi con Kabakciev, che, invece, « riteneva che la
rottura con Serrati fosse l'obiettivo deside rato dal congress o della III Interna zionale » l.
Ma dalla stessa lettera di Paul Levi si ricava anche la confer ma che la mediazione è ormai
pressoché impos sibile.
Dopo esser mi congedat o da Serrati ho avuto una conversa zione con i compagni Kabakciev e
Ràkosi. A essi ho illustrato la conversa zione avuta con Serrati e ho loro riferito la mia impressione
di una tensione estre m a m e n t e forte tra Serrati e i comu nisti e di non essere riuscito a ottenere da
Serrati qualsiasi propos t a positiva: da questo punto di vista il colloquio non ha avuto successo.
Kabakciev è d'accordo piena me n t e con l'intransigen z a di Bordiga nei confronti di Serrati. Tra il 16
e il 18 gennaio, Paul Levi, sorretto da Gra ziadei, e forse da altri della frazione comunis ta, tenta
ancora la via del compro m e s s o ma inutilment e. Ràkosi, dinan zi all'atteggiam en t o di Paul Levi,
telegrafa a Mosca per chiedere ulteriori direttive e da Mosca lo au toriz za n o a persistere nella linea
di rottura con Serrati2. L'ultimo filo è « spez z a t o ».
È nella quarta e ancor più nella quinta giornata che la scissione è resa definitiva. Sull'« Ordine
nuovo » del 19 gennaio si dice che ogni passo è superfluo, si bolla la coalizione Serrati - Turati e si
aggiunge:
Prenda Turati il cadavere del fu Partito socialista e se ne faccia sgabello per la sua ambizione
senile. Comunis ti, avanti!
Turati parla quel giorno stesso e più che un'aut odifes a la sua è una arringa («Noi creiamo la
reazione, creiamo il Partito popolare, intimi dendo, intimoren d o oltre misura... ») contro i « miti »
del bolscevism o e dell'« azione ultima », un atto di fede nel progra m m a del discorso « Rifa re
l'Italia », quello della « ricostru zione sociale del paese ».
Ma è proprio qui che si misura l'abissale distanz a che separa i riformi sti dai comunisti. Il discorso
di Turati è anch'ess o tutto in chiave ideolo gica. È il rifiuto più netto di ogni soluzione
rivoluzionaria, e non solo quindi di quella preconiz z a t a dall'estre m a sinistra per il moment o pre ##
1 La lettera è datata Berlino, 20 gennaio 1921 (all'imme diato ritorno di Paul Levi dal congres so, in
Germania. Copia in APC, 1921, 26/ 33 - 43). Da essa ricaviamo gli elementi surriferiti e altri che
seguiranno.
2 Cfr. l'intervent o di Ràkosi al III congres so dell'Interna zi onale comunista in Protokoll des HI.
Kongresses der Komm unis tische n Internationale, Hamburg 1921, p. 329.
Dal teatro Goldoni al San Marco
113
sente. Per Turati il marxis m o, il socialism o, sono la negazione stessa del la violenza, della presa
del potere attraverso « l'azione di un'ora o di un anno », si riassu m o n o invece nella prepara zione,
« che dura per decen ni», di lente conquiste. E quando affronta il tema politico del rapport o con la
rivoluzione russa egli non nascon de il suo pensiero: che il bolsce vismo farà falliment o, che esso
sin d'ora non è se non « nazionalis mo russo che si aggrappa a noi disperata m e n t e per salvare se
stesso ».
Avrà anch'esso - aggiunge Turati - la sua grande funzione nella storia del mon do, aprirà l'Oriente
alla vita civile e chiamerà la Cina, il Giappone, l'Asia Minore, le vecchie razze che sono negli ipogei
della storia alla vita della storia ma non si può sostituire, né distruggere, né imporre alla
Interna zionale maggiore dei popoli più evoluti nel cammino della storia '.
Un'ovazione, che parte anche dalla platea folta di massi m alisti, acco glie le conclusioni del
discors o e sottolinea un contrast o che non è soltan to politico ma di concezioni ideali. Da Milano,
Anna Kuliscioff può scri vere al suo compagno: « E così, da accusato e quasi condan na t o, sei di
ventato trionfatore del congres so »2.
Del resto, l'oratore ufficiale dei massi malisti, Baratono, non ha forse impos tat o il suo discorso
sulla contesta zione più radicale del concetto di rivoluzione, quale è acquisito ai comunis ti?
Adelchi Baratono afferm a appu nt o che se i socialisti italiani hanno acconse ntito, durante l'occupa
zione delle fabbriche, ai miti consigli degli organiz z at ori sindacali (« abi tuati per loro natura ad
essere molto cauti e a prevedere tutti i pericoli » ) ciò è stato giusto e logico. Quegli organizz a t ori
conoscevano la psicolo gia delle masse meglio di tutti, sapevano che la rivoluzione non poteva
essere vittoriosa in Italia.
La presen za e l'autorità che si dice avere nel Partito socialista questa nostra de stra non è una
causa della mancata rivoluzione, ma è, se mai, un effetto: dimost ra appun t o che le condizioni
dell'Italia sono tali che questi destri sono ancora oggi compatibili, o erano ancora ieri compatibili
nelle nostre file '.
Quale migliore omaggio a Turati? Quale migliore incentivo all'in transigen z a di Bordiga e di
Terracini? E dai loro discorsi si ha altretta n to netto il senso della diametrale opposi zione di
concetti e di ispirazione, che va al di là della disput a sull'espulsione o meno dei riformis ti, al di là
della stessa valutazione sulla situa zione rivoluzionaria. Si afferm an o, ne gli interventi dei due
oratori comunis ti, due punti di principio che saran no costanti storiche di differenzia zione. La
funzione del partito nella ri- ##
1 XVII Congres so nazionale del PSI cit., p. 332.
2 Filippo turati - Anna kuliscioff, Carteggio, voi. V, Torino 1953, p. 422.
3 XVII Congres so nazionale del PSI cit., p. 114.
114
Capitolo settimo
voluzione, la idea di un'aut on o mi a di classe di cui esso è custode e pro pugnatore, da un lato;
dall'altro, la rivendicazione di una tradizione so cialista rivoluzionaria, italiana e interna zionale,
che è l'antitesi esatta del l'evoluzionis m o riformis ta o di una predicazione che affidi poi al natura
le maturar si delle cose l'avvento del potere operaio. Dice Terracini:
La creazione del Partito comunista non è che la risoluzione del problem a della creazione del
Partito di classe del proletariato che ha come sua meta la conquista del potere... Il Partito
Comunis ta è il creatore delle premes s e spirituali per la rivo luzione... Perché il Partito politico di
classe è un'ar m a la quale è assoluta m e n t e ne cessaria per la lotta proletaria della conquist a del
potere. Perché noi non abbiam o l'idea che il compagno Baratono ci affacciava gratuita m e n t e ieri;
noi non pensiam o ai piccoli ceti ristretti che fanno la rivoluzione e creano degli eroismi; non siamo
della teoria degli eroi, anzi pensia m o che soltanto le masse, inquadr a te e ben diret te, possono
compiere grandi cose, e non abbiam o un feticismo per persone, ed è per questo che noi pensia m o
che il Partito non può lui solo fare la rivoluzione, ma pen siamo che deve essere organiz z a t o in
una deter mina t a maniera, perché non sia un ostacolo alla rivoluzione. Un Partito politico di classe
è quello che non crea la si tuazione, ma sa sfrutt are la situazione. Il Partito politico di classe è
quello, non che organiz z a e fa, secondo la sua convenienz a, avvenire i fatti nello svolgiment o della
vita di un paese, ma è quello che non si lascia mai sorpas s are dai fatti, è quello che li prevede e sa
guidarli verso una meta, è il Partito che ha questa meta da raggiun gere '.
E aggiunge Bordiga, portan d o queste due ragioni:
Vi è la ragione che noi rivendichia mo, la nostra linea di principio, la nostra li nea storica con quella
sinistra marxista che nel Partito socialista italiano con onore, prima che altrove, seppe combat tere
i riformisti. Noi ci sentia mo eredi di quell'in segna me n t o che venne da uomini al cui fianco
abbiamo compiut o i primi passi e che oggi non sono più con noi. Noi, se dovrem o andarcene, vi
portere m o via l'onore del vostro passato, o compagni! (Rumori, interru zio ni violente da parte della
maggio ranza, applausi dei comunisti).
... E vi è un'altra ragione, o compagni, ed è quella che noi andiam o con la Terza Internazionale...
Uomini proletari, lavoratori sfrut tati di tutte le razze, di tutti quanti i colori, si organiz z a n o e si
costituiscono con mille difetti, ma con una idea che sicuram e n t e ci dice che si tratta di una
costru zione definitiva della storia. Essi costituiscono così questo ingranaggio di lotta, questo
esercito della rivoluzione mon diale. Credete voi che dinanzi ad una cosa così grande vi siano i
piccoli errori che possano fare ritrarre chicchessia che non sia un avversario di principio? Che
possa fare esitare chicchessia quando si deve scegliere se stare con la Terza Interna zionale, il che
vuole dire nella Terza Interna zionale, come vuole la Terza Interna zionale, per andars ene invece,
purtrop p o per allonta nar si, purtrop p o per rimanere estraneo a questo som m ovim en t o di pensiero,
di critica, di discussione, di azione, di sacrificio e di battaglia 2? ##
1 XVII Congres so nazionale del PSI cit., pp. 168 e 171.
2 Ibid., pp. 294 - 95.
Dal teatro Goldoni al San Marco
115
Il dibattito di Livorno ha questo tono. Glielo danno, in sostan z a, ri formisti e comunisti, a
testimonia n z a di un'antitesi che si apre, ben al di là delle contingen ze del momen t o, tanto che la
maggioran z a massimali sta vi appare doppia m e n t e sconfìtta — come gli anni successivi non fa
ranno che conferm a re. La cronaca, intant o, procede verso la conclusione naturale che si trae dal
dibattito di idee contrap p o s t e.
Nella mattina del 20 gennaio riprende la parola Kabakciev per l'ulti ma replica a Serrati, quindi
Misiano legge, tra nuovi grandi tumulti, la dichiara zione redatta dallo stesso Kabakciev e da Ràkosi
che preclude ogni ulteriore indugio:
Vi ripetia mo che l'Interna zio nale comunist a respinge ogni risoluzione che non sia quella che vi
impone la frazione comunis t a e che noi sottoscriviamo '.
Nel pomeriggio si passa ai voti e il mattino dopo, il 21 gennaio del 1921, se ne proclama l'esito,
che abbiamo anticipato, quello che farà dire ai bolscevichi, da Lenin a Zinov'ev, aver preferito
Serrati di rimanere unito con quindicimila riformisti, piuttos t o che passare con sessant a mila
comunisti. Al teatro Goldoni si succedono gli atti di un nuovo cerimo niale, quello della
proclam a zione della scissione. Prima è Luigi Polano che, a nome della Federazione giovanile,
dichiara che essa « scioglie ogni impegno col partito e delibera di seguire le decisioni che prende rà
la fra zione comunis t a ». Per quest'ulti m a salgono ancora alla tribuna il depu tato Roberto, per un
addio accorato (« Mi auguro, anche, compagni, che dopo esserci staccati cessino le lotte fratricide»)
e Bordiga che assum e un tono freddissi mo, sprez z a n t e, in perfetta coerenz a collo stile della sua
battaglia. Il suo non è un addio, è un ripudio. Bordiga arriva a contes tare persino la regolarità delle
votazioni, quindi fa l'appello formale ai propri seguaci:
I delegati che hanno votato la mozione della frazione comunista abbando ni no la sala; sono
convocati alle 11 al Teatro San Marco per deliberare la costitu zione del Partito comunist a, sezione
italiana della Terza Interna zionale 2.
I comunisti escono dalla sala intonan d o l’Interna zionale e si avviano verso la nuova assise di
fonda zione, scortati da guardie regie e carabinie ri ma anche da gruppi di operai scesi dalle
gallerie del Goldoni donde avevano seguito i lavori del congres so della scissione. Bacci, che in quel
la seduta siede alla presiden z a, fa presto riprendere i lavori al Goldo ni. Ed essi riservano ancora
una sorpres a poiché il delegato massimali sta Bentivoglio pone all'ordine del giorno un vero e
proprio ricorso al ##
1 XVII Congres so nazionale del PSI cit., p. 402.
2 Ibid., p. 411.
116
Capitolo settimo
Comitato esecutivo del Komintern, riafferm a n d o la piena adesione del PSI « alla Terza
Interna zionale, accettan d o n e senza riserva i principi ed il metodo », e auspican do che « il
prossi m o congres so di Mosca » voglia dirimere una controversia nata « sulla base di un dissens o
di valutazione ambientale contingente che doveva e poteva essere eliminato con opera di
amichevole chiariment o »; non solo. Ci si impegna sin d'ora ad « ac cettare e applicare la decisione
» ' di quel tribunale d'appello.
La sorpres a (se così si può chiamare per chi ponga mente al complica to, ambiguo e appas siona t o
stato d'animo dei massimalisti verso Mosca, e di gran parte degli stessi destri) non sta tanto nella
proposi zione del l'ordine del giorno quanto nel fatto che esso venga approvato all'unani mità,
riformisti compresi. Si è detto che Turati non fosse d'accordo di sottoscriverlo e volesse chiedere
la parola per pronunciarsi contro.
Fu Modigliani che lo forzò a tacere. Gli disse: lascia correre! Tra sei mesi nes suno parlerà più della
Terza Interna zionale 2.
Frattant o, al teatro San Marco, alcuni incaricati controllano le tessere dei delegati comunis ti
appone n d ovi il timbro con la falce e il martello. L'organiz z a zio ne è stata predis pos t a a dovere, in
un ambiente che sotto linea l'atmosfera proletaria del convegno. Terracini ce ne ha lasciato il
tratteggio più romantico:
I delegati, che rapida m e n t e avevano occupat o la platea del San Marco, non vi trovarono sedie o
panche sulle quali assidersi e dovettero restare per ore e ore ritti in piedi. Sul loro capo, dagli ampi
squarci del tetto infracidilo, venivano giù scrosci di pioggia a riparo dei quali si aprivano gli
ombrelli, con uno strano vedere nel luo go e nell'occasione. Né l'impiantito era in migliori
condizioni, tutto avvallamenti e buche nelle quali si raccoglieva l'acqua, riem piend o l'aria di gelida
umidità. L'inte ro teatro, dalle finestre prive di vetri ai palchi senza parapet ti, fino ai sudici tendag
gi sbrindellati che pendevano attorno al boccascena, denunciava l'uso al quale esso era stato
destinato durante la guerra, di deposito dei materiali dell'Esercito 3.
Il I congresso del PCd’I è sempliceme nt e una manifest azione, in due sedute, la prima delle quali
occupat a dai saluti dei delegati dei partiti co munisti stranieri4, nonché di Fortichiari per il
Comitato centrale della frazione, di Polano per i giovani, di Ortensia De Meo per le donne e di
quatt ro operai e organiz z a t o ri sindacali: Parodi, metallurgico, Vota, se - ##
1 XVII Congres so nazionale del PSI cit., p. 417.
2 ezio riboldi, Il Partito Socialista Italiano e la Terza Internazionale, ed. «Più Avanti! », Mila no
1922, p. 11; l'episodio è ram me n t a t o anche da altre testimonian z e.
3 Umberto Terracini, Il 21 gennaio 1921 incomincia la lunga giornata senza crepuscolo, «Rina
scita», a. xxii, n. 4, 23 gennaio 1965.
4 Parlano Kabakciev, R. Bloch, Humbert - Droz, Dealbalfour, per i comunisti inglesi, Bottcher per i
tedeschi, Hansen per i norvegesi.
Dal teatro Goldoni al San Marco
117
gretario del Sindacato dei lavoratori in legno, Ferrari della Camera del lavoro di Parma, Azzario per
i ferrovieri. Nel pomeriggio si procede alla designa zione della sede centrale del partito, che viene
fissata a Milano, dove si pubblicherà il « Comunist a » bisettima n ale, quale organo cen trale, e alla
elezione del nuovo Comitato centrale, di quindici membri, oltre al rappre se n t a n t e della
Federazione giovanile comunis ta, che sor gerà ufficialmente una settima na dopo.
I loro nomi sono rappres e nt a tivi di tutti i gruppi postisi alle origini del partito: gli astensionis ti
Bordiga, Grieco, Parodi, Sessa, Tarsia, il giovane Polano, gli ordinovisti Gramsci e Terracini, gli
uomini che pro vengono più diretta m e n t e dal massim alis m o, Belloni, Bombacci, Gennari e Misiano,
lo stesso Marabini, e i due milanesi Repossi e Fortichiari. Non si può dire che esso non compre n d a,
nel suo carattere provvisorio e iniziale, le forze che hanno creato e assecond a t o l'azione della
frazione sorta ad Imola. La egemonia di Bordiga — capo effettivo anche se la figu ra del segretario
generale del partito non verrà creata che molto più tardi - va al di là del collegamen t o con i « suoi
» adepti originari dell'astensio nismo. Repossi e Fortichiari già sono « uomini suoi », e lo stesso si
può dire, per ora, di Terracini che non mancherà di spostarsi anche più a si nistra di Bordiga e che
condivide in pieno, anzi rivendica a sé, la idea tipicamen te bordighiana di una fase
socialde m ocra tica che si aprirebbe nel paese '.
Resta Gramsci, che fa davvero parte per se stesso e di cui si potrà se guire nel biennio 1921 - 22 sia
l'acconciarsi o addiritt ura l'allinearsi all'o rienta m e n t o prevalente sia gli spunti, ora timidi ora più
pronunciati, di differenzia zione. Ma, sostan zial m en t e, il primo gruppo dirigente comu nista si
present a (e non è) omogeneo, raccolto attorno alla figura di mag giore prestigio e maggiore forza,
ment re l’« esercito » (che pur s'assot ti glierà) è non meno coeso: un partito i cui caratteri di classe
sono nettis simi, un partito fatto in gran parte di giovani alcuni dei quali ancora mi litano nella
Federazione giovanile, un partito che non intende volgersi indietro.
Che avverrà doma ni? - si chiede quel giorno del 21 gennaio 1921 da Torino Palmiro Togliatti. Noi questo non sappia m o, ma sappia m o che oggi, per noi, è giorno di propositi, di volontà, di
azione 2. ##
1 In un'intervista preparat a per «L'Ordine nuovo», il 25 gennaio 1921, Terracini afferm a:
«L'opinione che io avevo già sostenu t o nei tempi precedenti il Congress o, che un periodo socialde
mocratico si prepara per l'Italia e che era stata combat t u t a sia dai compagni sia dagli unitari è
uscita rafforza t a dal Congress o. Il gruppo parlame n t a re riuscirà a sovrap po ni alla Direzione del
PSI e alla Prima occasione farà il colpo di Stato (repubblicano - socialde mocratico) forse d'accordo
con qualche frazione più o meno avanza ta della borghesia».
2 palmiro togliatti, Che avverrà domani?, «L'Ordine nuovo», 22 gennaio i92r.
118
Capitolo settim o
Gramsci non ha preso la parola al congres so né contras t a in qualche modo la linea della rottura a
sinistra. Qualche compagno glielo rimpro vererà, subito.
Mi ricordo - scriverà nel 1924 Montagnana a Togliatti - che due giorni dopo il congres so di
Livorno io rimproveravo ad Antonio di non aver valorizz at o le idee del gruppo torinese di fronte a
quelle del grup po astensionis ta '.
Gli è che Gramsci è uno dei bersagli preferiti della propaga n d a mas simalista, che gli rinfaccia il
vecchio articolo filomus s oliniano dell'otto bre 1914 e rispolvera per l'occasione anche l'accusa di
«bergsonis m o » e di idealismo, più volte affacciata contro gli uomini dell'« Ordine nuo vo», dal
1919, anzi dal 1917. Serrati stesso si è compiaciuto nel suo intervento di notare l'eterogeneità di
ispirazione teorica tra Bordiga e Gramsci. E nell'at mos fera accesa del teatro Goldoni il nome di
Gramsci è diventato quasi sinonim o di interventis m o. C'è addiritt ura chi è arriva to a sostenere
che Gramsci sia stato un ardito di guerra (forse confon dendolo col fratello Mario o forse — come
è stato notato — « con un più o meno turpe sottinteso ironico »2). Egli non si difende dalle accuse,
così ingiuste. « Gli si era probabilme nt e fatto capire che non era abbas ta n z a oratore per imporsi
ad un'asse m blea così ricca di avversari? »3. È più che legittimo cercare nel silenzio di Gramsci (che
pure era stato dato come oratore probabile al congres so nelle cronache congress uali dell'* Avan ti!
» e dell'« Ordine nuovo ») ragioni psicologiche e fisiche: quella riser vatez za, quella debolez z a,
quel fastidio delle dispute congres s uali su cui molte testimo nia n ze esistono da parte dei suoi
compagni di lotta4. Ma è anche probabile che una profond a amarez z a l'abbia pervaso dinan zi al
fatto che persino tra i comunis ti ci sia chi (il maest ro romano D'Amato) si opponga ad eleggerlo
nel nuovo Comitato centrale che esce dal I con gresso del partito, a scissione conclusa.
Livorno è comunq u e il segno di quant a distan z a ancora intercorra dalla notorietà, dall'autorità di
Bordiga nel moviment o alla discuss a, e persino misconosciuta, personalità di Gramsci o di
Togliatti, restato al giornale. « L'Ordine nuovo» è il primo organo del partito e ad esso si affianca, a
Trieste, l'altro quotidiano comunis ta, « Il Lavoratore », diret to da Tuntar (poi da Gennari).
Il partito ha già elaborato il suo statut o interno. Nei 67 articoli che
1 Cfr. p. 190, nota 2, del present e volume.
2 giansiro ferrata, prefazione a 2000 pagine di Gramsci cit., voi. I, Milano 1964, p. 102.
3 Ibid.
4 Alfonso Leonetti, ad esempio, ha scritto che il silenzio di Gramsci va attribuito in questo caso a
considera zio ni del tutto secondarie, in particolare al fatto «che non c'erano ancora gli altoparlanti
per voci deboli come la sua». Cfr. alfonso leonetti, Gramsci negli scritti dell'«Ordine Nuovo»
quotidiano, «Il Ponte», a. xxn, n. 3, marzo 1966, p. 338.
Dal teatro Goldoni al San Marco
119
lo compongo no c'è la tensione, la volontà, il rigoroso senso di disciplina che lo pervado no. È il
regolame nt o di un esercito nel quale la cosa più importa n t e da salvaguar da re è appunt o il criterio
della subordina zi one del singolo militante al collettivo, al deliberato degli organi dirigenti. Si
stabilisce che ogni nuovo « socio » è sottopo s t o a un periodo di candida tura di sei mesi e che,
qualora manchi per tre assemblee consecutive sen za giustificare la sua assenz a, verrà radiato; si
fissa non solo il controllo più rigido sulla stam p a, sul movimento giovanile, da parte del Comitato
centrale, ma anche il principio che il Comitato esecutivo di una federa zione dipende diretta m e n t e
dal Comitato esecutivo nazionale, compos t o di cinque membri, di cui viene sottolineat o il carattere
collegiale. I se gretari delle federa zioni saranno nominati dal Comitato centrale, l'orga nizza zione
di base è la sezione territoriale '. Nessuna delle sollecitazioni « ordinoviste » sul legame tra partito
e classe necessario nei luoghi di produ zione si traspone nello statuto, né nella realtà.
Ad illustrare lo spirito di queste disposizioni può bastare quant o scri vono Bordiga e Terracini
nella loro cicata relazione (elaborat a contem p o raneam e n t e allo statut o):
Candidat ur a e revisione periodica, avvicenda n d o si e completa n d o si, faranno si che il partito
comunist a risulti nell'avvenire omogeneo, agile, libero dell'enor m e ventraia di abulici, di timorosi,
di opport u nis ti che oggi deform a ed appesan tisce il partito socialista... Il partito comunis ta è
costituito sulla base di un accentra m e n t o che si manifesta sia nella sua organiz z a zione come nel
suo funziona m e n t o... Questo accentra m e n t o non può però risolversi soltanto in una meccanica
sostitu zione della volontà del Comitato centrale alle volontà singole ed individuali: ma si
verificherà tanto più quant o più il Comitato centrale avrà la capacità di creare una mentalità, una
forma di giudizio, una volontà ugual me nt e diffusa nel partito 2.
Se diamo uno sguardo, intanto, alla disposizione geografica dei voti espres si a Livorno dalla
mozione comunist a, vediamo che i più numerosi sono stati a Torino (4518), a Trieste (4462), a
Novara - Vercelli (7127), ad Alessan dria (4504), a Firenze (4003). Debole è la base di parten z a a
Milano, buona a Genova, a Cremona, a Forlì, a Ravenna, discreta a Bologna, a Massa, a Perugia,
gracilissima nel Mezzogiorno (dove il par tito raccoglierà appena il 10% dei suoi effettivi) nel
Veneto, nel Lazio.
Il quadro iniziale si completa con l'adesione della Federazione giova nile che a Firenze, il 27
gennaio 1921, in un congresso assai sbrigativo (ai dissidenti non è concesso neppur e di adire la
tribuna degli oratori) passa in blocco al PCdT (35 000 voti su 43 000). Il Comitato centrale della
Federazione giovanile comunis ta italiana è compost o da Berti (che ne di- ##
1 Statuto del partito e disposi zioni transitorie, Milano (Palazzina Porta Venezia) 1921.
2 Op, cit., p. 32.
120
Capitolo settimo
viene segretario) Longo, Mangano, Capitta, Gorelli, De Marchi, Beltra melli, Polano, Lambertini e
Tranquilli, direttore dell'« Avanguar dia». Ma la storia del Partito comunist a italiano comincia in un
modo che non consente nepp ur e per un mese un lavoro di tranquilla organiz z a zio ne e
costru zione di forze e consensi. Sorge nella bufera di una guerra ci vile che si sta scatena n d o. È la
prova che la scissione è stata un errore? Il problem a non può essere impos tat o in questi termini. Il
biennio rosso ha già maturat o una scissione inevitabile, sem mai l'ha procras tinat a inu tilmente. Il
processo nazionale e interna zionale della lotta tra comuni smo e socialdem ocr a zia non poteva che
condurre ad essa. Il proble ma aperto (aperto storiografica me nt e, come è stato per anni aperto
politica mente) è quello della forza effettiva che l'ala rivoluzionaria del movi mento è riuscita a
portare con sé, e di come quindi si è trovata a fronteg giare la reazione. Su questo aspett o è giunta
presto un'aut ocritica da parte comunis ta, anche profon da, perché non ha eluso il nesso tra la scis
sione e l'indebolime nt o della resisten z a operaia all'offensiva dell'avver sario di classe. Gramsci
giungerà nel 1923 a collegare la vittoria fascista con il modo della scissione, ad annotare che non
essere riusciti nel 1920 1921 a portare all'Interna zionale comunist a la maggioran z a del proleta
riato italiano è stato « senza dubbio il più grande trionfo della reazio ne»1. Le respons a bilità dei
comunisti verranno quindi da lui ricercate proprio in quella direzione: l'insufficienz a, il ritardo, la
mancata prepa razione tem pes tiva di una grande frazione comunis t a nel biennio rosso e
l'astratt e z z a d'impos t a zio ne data alla battaglia precongres s uale, sotto la guida di Bordiga. Gramsci
scriverà infatti nel 1924 che da Imola sino a Livorno la frazione comunista si limitò
a battere sulle questioni formali, di pura logica, di pura coerenz a, e, dopo, non sep pe, costituito il
nuovo partito, continua re nella [sua] specifica missione, che era quella di conquis tare la
maggioran z a del proletariato 2.
È interes sa n te notare come questa fosse anche la preoccupa zi one principale espress a da Paul Levi,
dinan zi alla scissione di Livorno, nella lettera già citata:
Tutto som m a t o, sono dell'opinione che se noi ora e in questa situa zione rom piamo con Serrati,
guastiam o gravement e per un lungo periodo la nostra posizione in Italia. Non parlo di Serrati ma
del fatto che saremo straniati da una grande mas sa di proletari rivoluzionari. Mi permet t o anche
di richiamare la vostra atten zione sull'effett o che questa scissione avrà su altri paesi, ove già ci
tocca lottare fortem e n te contro la taccia di scissionisti del partito. ##
1 Da un appun t o, senza data, ma riferito al 1923, ora in La forma zione ecc. cit., p. 102.
2 Antonio gramsci, Contro il pessimis m o, «L'Ordine nuovo», serie III, quindicinale, a. i, n. 2, 15
marzo 1924.
Dal teatro Goldoni al San Marco
121
Gramsci non si arresterà però dinanzi a quella autocritica. Il dram m a del movimento operaio nel
quale si situa la scissione di Livorno egli lo coglie in tutta la sua interez z a per aggiungervi un
motivo di orgoglio che è anche il segno stesso sotto il quale si muove la prima vita burrascosa del
nuovo partito.
Fummo - bisogna dirlo - travolti dagli avvenimen ti, fum m o, senza volerlo, un aspetto della
dissoluzione generale della società italiana, diventata un crogiuolo in candescente dove tutte le
tradizioni, tutte le forma zioni storiche, tutte le idee pre valenti si fondevano qualche volta senza
residuo: avevamo una consolazione, alla quale ci siamo tenacem en t e attaccati, che ness un o si
salvava, che noi potevam o af fermare di aver previsto matem a tica me n t e il cataclisma, quando gli
altri si cullava no nella più beata e idiota delle illusioni. Solo questa giustificazione possia mo dare
ai nostri atteggiame n ti, alla nostra attività dopo la scissione di Livorno: la necessi tà, che si poneva
cruda m e n t e, nella forma più esasperat a, nel dilem m a di vita e di morte, cementa n d o le nostre
sezioni col sangue dei più devoti militanti; dovem m o trasfor m a r e, nell'atto stesso della loro
costituzione, del loro arruola m e n t o, i nostri gruppi in distaccam e n ti per la guerriglia, della più
atroce e difficile guerriglia che mai classe operaia abbia dovuto combatt ere. Si riusci tuttavia: il
partito fu costi tuito e fortem e nt e costituito: esso è una falange d'acciaio... '. ##
1 Antonio gramsci, Contro il pessimis m o cit.
Capitolo ottavo
Di fronte al fascismo
La situazione italiana registra una svolta profon da, inattesa, nel 1921, che capovolge il quadro
generale. I sinto mi si hanno già nell'aut u n n o del 1920. Il fallimento dell'occupa zio ne delle
fabbriche ha indubbia me n t e portat o con sé un mutam e n t o dei rapporti di forza, ha sconvolto il
diffi cile equilibrio giolittiano. È vero che il vecchio uomo di Stato è uscito vittorioso dalla prova di
forza ma è stata soltant o una vittoria tattica di cui non gli sono grati gli ambienti indus t riali, che
egli ha forzat o ad ac cettare una soluzione di compro m e s s o, né il Partito socialista che, lace rato
dalle divisioni interne e dalla scissione, non esce però dalla sua tra dizionale posizione di
intransigen z a. Di fronte al procedere della crisi e conomica, la scelta reazionaria dei gruppi
dirigenti, degli agrari in primo luogo, punta su una resa dei conti col moviment o rivoluzionario
che va ben al di là del metodo giolittiano e lo stesso governo Giolitti non solo lascia campo alla
loro iniziativa e organiz z a zi one ma pensa che, sfum at a la carta della collabora zione socialista,
quella della violenza fascista, che ora si scatena, possa essere giocata vantaggiosa m e n t e.
Accanto ai propositi e alle necessità si colloca una spinta psicologica di ritorsione, di vendetta,
quella che è stata chiamata la « controrivolu zione preventiva » e che involge non solo i ceti
dirigenti ma una vasta base di manovra negli stati interme di della città e della campagna, e an che
in zone del sottoproleta riato. Ciò che colpisce, nel 1921, è che la rea zione ha a sua disposizione
molti più uomini, e forze, e moventi psicolo gici, di quanti il movimento socialista non abbia
saputo nonché preve dere neppure immaginare.
Le « squadre d'azione » fascista introduco no, nella lotta politica, un element o nuovo, quello del
sovversivismo di destra, avente subito come bersaglio le organiz z a zio ni operaie, che supera di
gran lunga il quadro abituale degli scontri di classe e coglie assoluta m e n t e di sorpresa i partiti
operai. Alla rivoluzione mancata tiene dietro un riflusso che rende vane le stesse disput e dottrinali
che occupano socialisti e comunisti. Non è più questione di discutere sull'assalto allo Stato
borghese. Di settima na in
Di fronte al fascism o
123
settimana sono le Camere del lavoro ad essere bruciate dalle squadre fa sciste, i municipi assaliti,
le cooperative socialiste disciolte o distrut t e, i giornali operai devastati, i militanti assassinati, la
stessa massa lavora trice colpita da licenziam e n ti massicci che scom pagina no la sua resisten za
sindacale, e la fanno precipitare in una depres sione profon da, rapi dissima.
La reazione diviene travolgente, protett a localmente più che tolle rata dalla « forza pubblica »,
prima nelle zone agricole della valle padana, in Emilia, in Toscana, dove si muove come vero «
braccio punitivo » de gli agrari contro i braccianti rossi, poi in quelle stesse città indus triali del
Nord che pochi mesi prima erano state teatro dell'occupa zi one delle fabbriche. È una storia ormai
descritta in tutti i suoi più minuti partico lari e più che ripercorrerla nell'insieme preferia mo citare
una testimo nianza personale, una lettera sconfort at a di Giacinto Menotti Serrati a Jacques Mesnil,
in cui così sono descritti il fenome no, e il suo effetto sul movimento operaio:
È tutto il nostro vecchio moviment o - scrive il leader massi malista - che viene sfasciato da una
scatena zione di violenza che non ha eguale in nessun altro paese. Giolitti non c'entra. Questo
vecchio routinier della vecchia routine parlam e nt a r e ha evocato il diavolo fascista per vincere
elettoral me n t e ed ora egli stesso ne è vitti ma... Quella che ci tormen t a è una tale reazione che
difficilmente si può immaginare, perché non è dello Stato, non parte dai poteri pubblici, viene dal
basso, si manifesta secondo gli arbitrii, la criminalità, la brutalità dei diversi ambienti. Tutto il
basso fondo sociale si è armato di rivoltelle e di pugnale, di moschet ti e di bombe a mano, si è
inquadra t o, si è assoldato a venti - trenta lire al giorno e vive della caccia al socia lista... Viviamo
giornate angosciose. E non vi è nulla da fare contro tanta impunita prepot e n z a perché, purtro p p o,
ment re tutti parlavano di rivoluzione, ness uno la preparava. Ora noi siamo le vittime di
quell'infat ua zione rivoluziona ria a parole che ingannò non poco tutti nei mesi andati... La
borghesia impaurita dal nostro ab baiare morde e morde sodo '.
La lettera porta la data dell'aprile del 1921 quando lo scatena m e n t o dell'azione squadristica è
ormai generale che, se nell'aut un n o del 1920 e nell'inverno 1920 - 21, sono le leghe contadine
emiliane, le Camere del lavoro di Modena e Bologna, Ferrara, Rovigo, ad essere distrut te, la ma rea
ora monta a Trieste, nel Veneto, in Piemonte, in Lombardia, in Li guria, in Toscana. In marzo è la
Casa del popolo di Siena ad essere bru ciata, e poi quelle di Arezzo e di Prato, e le spedizioni
punitive si molti plicano nel mantovano, nel vicentino, nell'Istria, a Savona, a Torino, a ##
1 La lettera, inviata il 28 aprile 1921, è stata da noi reperita presso l'Istituto Feltrinelli, in una
cartella del fondo Tasca dedicata a U occupa zione delle fabbriche. Alcune frasi della lettera furono
riportate dallo stesso Tasca nella prefazione alla prima edizione italiana del suo volume, Nascita e
av vento del fascis mo cit., pp. xxm - xxiv.
124
Capitolo ottavo
Milano. Serrati rivela nella lettera uno sconfort o e un senso di impoten za che diviene
caratteristico dei socialisti (più dei massimalisti che dei riformisti) ma, nondim e no, fotografa
esatta m e n t e il capovolgiment o or mai operatosi nella situazione. E anche se al congress o di
Livorno il tema della « reazione bianca » non è stato che assai poco affronta t o, il PCd'I situa il suo
atto di nascita all'angolo di questa svolta. Sorge come il partito della rivoluzione, di quella
rivoluzione che il PSI non ha sa puto condur re innanzi, e si trova quasi subito disperata m e n t e
impegnat o a salvare dai colpi dello squad ris m o fascista la propria gracile organiz z a zione. La
prima fase dello squadris m o è stata così tratteggiata dai comu nisti stessi, anni dopo, cominciando
col ricordare l'assalto a palaz zo d'Ac cursio del novembre 1920, il classico inizio del fascismo
armat o contro i proletari :
Da Bologna l'azione fascista si irradiò nel Ferrarese, la propaga n d a, intensa, fat ta con mezzi
vastissimi, in Toscana. A Ferrara i socialisti più audaci organiz z ar o n o la difesa presidiand o i locali
pubblici; respinsero in un primo tempo l'assalto fasci sta alla Camera del lavoro, al palaz zo della
giunta, al comune socialista. L'azione è così sanguinos a per i fascisti, la loro disfatta così terribile
che non possono sperare in una rivincita. Gridano alla imboscata bolscevica (questo trucco lo
seguiteran no ad usare spesso quando le buscano). Lo Stato interviene, gli arresti in massa spez
zano la resisten z a operaia. Anzi, il governo appoggia l'azione fascista coll'imporre il disarm o delle
due province emiliane. S'intende che a deporre le armi è il solo pro letariato nelle modes te stanze
del quale carabinieri e polizia frugano, battono, rom pono... Lo Stato ritira in tal modo 5000 fucili,
migliaia di rivoltelle, pugnali, baio nette, munizioni, bombe, proiettili in grande quantità. I fascisti
hanno i loro deposi ti nelle ville dei signori, nei magaz zi ni militari, quindi restano armati,
aumenta n o di prepote n z a '.
Più interessa n t e ancora è la descrizione, dalla stessa fonte, dell'ir rompere dello squadris m o in
Toscana:
In due mesi di vita gli uomini del giovanissim o PC avevano lavorato in Toscana. Sezioni numeros e
nelle città, buone sezioni nelle campagne. Simpatia di forti masse operaie e contadi ne per il
comunis m o. L'allegro spirito massim alista un po' rodom o n t e s co, poco costrut tivo, non poteva
essere distrutt o di colpo, ma era abba stanz a organiz z at o per renderlo costruttivo. L'armam e n t o
delle sezioni era comin ciato, qualche principio di collegamen t o regionale si andava stabilendo.
Il giorno 27 febbraio, a Firenze, i fascisti tennero un grande corteo dopo il qua le, divisi in squadre,
cominciarono a provocare gli operai coll'impor re di togliersi i distintivi, le cravatte, ecc. Le forze
armate erano mobilitate, accresciute di numero e presidiavano la zona senza intervenire. Gli
operai cominciarono a risponde re. Una bomba fu anche lanciata su un corteo fascista. I gruppi
operai come norm a di com battime nt o seguivano la più elementa re: contrat taccare i fascisti
quando questi si present as s er o nel quartiere. I fascisti invece tenevano una tattica ad irradiazione;
in nuclei di attacco dal centro alla periferia. Compivano le loro punta te come le pat - ##
1 Cfr. p. 34, nota i del presente volume.
Di fronte al fascism o
125
tuglie d'assaggio di un piccolo esercito di manovra che aveva il grosso nei reparti dei carabinieri,
nelle guardie regie, amma s s a t e nei punti strategici. Non appena le zuffe si generaliz zavano e tutta
la massa operaia combat tiva, colle poche sue armi, fu impegnata, la forza pubblica sferrò l'attacco
in appoggio dei fascisti. La battaglia durò quatt ro giorni, si estese alla provincia, alle province
vicine. Mentre essa infu riava, manipoli di esecutori fascisti cercavano i capi comunisti, individuati
già come uomini (Spartaco Lavagnini, 1 marzo).
La truppa usò mezzi moder ni di combat ti m e n t o. Il paesino di Scandicci, ad esempio, fu espugna t o
con le autoblindat e e impiegand o una batteria da 75. Em poli- Signa - Prato tennero testa, furono
espugnat e a fatica. I fascisti venivano allog giati nelle caser me e armati.
Il docume n t o, ricordat o il cruent o bilancio della battaglia (più di 20 morti, 150 feriti e 1500
arrestati), sottolinea un element o molto impor tante nel valutare la debolez z a della rispost a
operaia, cioè la strut t u r a so stanzialm e nt e regionalistica del movimento, che è più evidente nel Par
tito socialista (in cui manca, nella pratica, un'organiz z a zio ne centraliz zata) ma che si ripercuot e
anche nelle file comunis te, almeno nei primi tempi:
Gli operai sono impregna ti del semplicism o massi malista. Pieni di fede e di au dacia, dicono: qui
non vengono. E accarez z a n o le vecchie pistole; i fucili, le poche munizioni che individual me n t e
hanno portato dal fronte o hanno comperat o lesi nando il pane. Alla prima provocazione, tutti
scendono in piaz za. La lotta si identi fica colla zuffa. Le riserve per provvedere alle fasi seguenti
del combat ti m en t o non vengono preparat e. Gli stessi combat te nti non hanno chi li sostituisca
quando ca dono o vengono tagliati fuori. Restano facilmente isolati, spez z e t t a ti, sopraffat ti...
Il fenom e no vale per le stesse grandi città del Nord. Più di tutti im pressionan t e è il caso di Torino
dove lo squadris m o fa la sua compars a in massa nel mese di aprile. Così si esprime in proposito lo
stesso docu mento:
Torino è il centro criticamen t e operaio d'Italia, anche militarm e nt e il più forte e meglio
organiz z a t o. Per quanto nella massa siano nati malum ori e stanche z z e per l'erois mo sprecato così
nella occasione dell'occupa zio ne delle fabbriche, la città fa pensare e da soggezione a coloro che
vorrebbero schiacciarla. Il governo incomincia a sostituire tutti i reparti di truppa, i funziona ri più
democratici, prepara le forze adatte sufficienti a contenere e schiacciare qualunq ue moto serio
della popolazione. Intanto, da Alessan dria i fascisti attaccano in forze verso Torino. Sono
spedizioni punitive che vanno su Bra, Casale, ecc. Alla popolazione operaia di Torino si lancia no
sfide e si fanno minacce. È chiaro il progra m m a di provocare per tentare la soffo cazione armat a. I
fascisti locali vengono obbligati ad una guerriglia di strada, nella notte tendono imboscate, fanno
sciocche provocazioni. Il 28 aprile, oltre 100 fasci sti protet ti da altre pattuglie e dalla forza
pubblica, assalgono ed incendiano (ore 3 del mattino) la Camera del Lavoro. La difesa interna
organiz z a t a da mesi, appu nt o per l'attesa troppo prolungata, e perché isolata al centro stesso
dell'attacco, mal grado il sacrificio dei suoi compone n ti non risponde allo scopo e resta
sopraffatt a.
126
Capitolo ottavo
La stam p a e la propaga n d a comunist a reagiscono allo sconcerto pro vocato dallo scatena m e n t o
squadris tico riaffer ma n d o in primo luogo la loro fiducia nella rivoluzione. Gramsci nega che il
periodo possa definirsi di per sé reazionario, sostiene che « la guerra aperta delle classi non può
finire che con la presa del potere da parte del proletariato » e che « il compless o degli avvenimenti
in corso è la docum e n t a zi on e più vistosa ed abbonda n t e della definitiva decom po si zione del
regime borghese » '.
È un giudizio che si articolerà variame nte nei mesi successivi ma esso va visto in rapport o
all'atteggiame n t o del PSI che si limita in questi me si a dare la parola d'ordine di non muoversi2, di
attendere e addiritt ura, in giugno, di cercare una pacificazione coi « sovversivi » dell'estre m a de
stra. Lo stesso concetto di reazione, quale è acquisito alla esperien za sto rica del moviment o
operaio, riconduce entra m bi i partiti a ritenere che si tratti d'un'on d a t a passeggera. Il PSI,
richiama n d o si alle crisi del pas sato, da quella di fine secolo al 1914 - 15, è quasi portat o a sperare
che anche « questa volta come tante altre la reazione borghese in ultima ana lisi finisca di lavorare
non per sé ma per il socialismo ». E l'atten dis m o, così tradizionale, deter mina appun t o la tattica
socialista di « non accetta re battaglia »4.
Il PCd'I, fermo nell'idea che l'ora della rivoluzione è, se non vicina, sicura, si ispira piuttos t o agli
esem pi di reazione che si sono avuti nel dopoguerra in Russia e in Germania a cui sono succeduti
o possono suc cedere contras s alti vittoriosi dei lavoratori (non a caso, si parla sempre di « guardie
bianche » per le camicie nere) e traspare n t e m e n t e mostra specie nei docume n ti ufficiali ma anche
negli scritti vergati o ispirati da Bordiga, oppure da Gramsci5 - di ritenere che la crisi dei poteri
pubbli ci, dell'equilibrio borghese democratico, già segnalata e quasi perorat a ##
1 Reazione?, «L'Ordine nuovo», a. I, n. 113, 23 aprile 1921. È interess a nt e notare come il con cetto
verrà ripreso anni dopo da Bordiga. Comme m or a n d o Lenin, in occasione della morte, in una
conferen z a alla casa del popolo di Roma il 24 febbraio 1924, Bordiga dirà: «La controrivoluzione
borghese è per noi la prova della inevitabilità della rivoluzione» («Prometeo», rivista di cultura
socialista, a. 1, n. 13, 15 marzo 1924).
2 « I nostri compagni evitino qualunq ue provocazione e siano fermi a difendere, con i metodi che
sono propri della civiltà socialista, il patrim onio ideale e materiale del socialism o... Al lavoro della
propaga n d a, del proselitis m o, dell'organiz z a zi one! »; dal comunicato della direzione del PSI del 17
febbraio 1921, riprodot t o sull'« Avanti! » del 18.
3 «Comunis m o», a. 11, n. 9, 15 febbraio 1921, nella rubrica redazionale a cura di Serrati, La
quindicina politica.
* «Comunis m o», a. 11, n. 12, r>3i marzo 1921, in un articolo firmato «Il Comunist a», dove si
sostiene, appun t o, che conviene non lasciarsi prendere dall'impa zien z a ma «restare
incrollabilme nte nel proprio posto, prepararsi, non offrire pretesti a facili vittorie politiche».
5 Oltre alle prese di posizione di Bordiga che richiamere m o più avanti è interess a nt e fissare l'af
finità del pensiero di Gramsci su questo terreno. « La distru zione dello Stato - egli scrive - la fine
della legge, la dissoluzione della società, in cui si riassu m e la situazione politica italiana odierna
che cosa sono se non la fine della borghesia come classe capace di garantire un ordine, di creare e
man tenere in vita uno Stato? » (Fascismo giornalistico, non firmato, « L'Ordine nuovo », 13
maggio 1921 ).
Di fronte al fascism o
127
nel passat o, gioverà alla sem plificazione della lotta, smaschererà l'acco modantis m o
socialde m ocra tico, e aprirà la strada all'unica forza coeren temente rivoluzionaria. Tanto peggio,
tanto meglio. Ci sarebbe soltanto l'imbara z z o della scelta per docume n t a r e tale indirizzo, che
diviene, di nanzi alla decisione di Giolitti di sciogliere la Camera e di indire nuove elezioni, e al
blocco elettorale che raggrup p a, coi fascisti, i democratici liberali, uno scatto di gioia.
Sarà la bancarot t a - si legge su « Rassegna comunis ta » - della pletorica forza elettorale e
parlam e nt a r e del PS. Il fascism o, strepitosa m e n t e battut o nell'urna nel 1919, dominerà - grazie al
piombo e alla fiamm a - le situazioni elettorali. È utilissimo che sia così. Nessuna migliore prova
della giuste z z a delle direttive rivo luzionarie dei comunis ti. Se verament e la borghesia andrà sino
in fondo e nella rea zione bianca stroz ze r à la socialdem ocra zi a, preparerà - non sembri un
parados s o le migliori condizioni per la sua rapida sconfitta da parte della rivoluzione. Forse la
borghesia si fermerà in tem po; appena il gladiatore fascista avrà atterrat o l'avversa rio, il suo
padrone, lo Stato borghese, fermerà con un cenno il colpo di grazia e ten derà una mano al
cadut o... '.
Sono già evidentissi me, qui, due delle ipotesi che guidera nn o l'orien tament o del partito: l'idea che
il fascism o sia uno stru m e n t o docile, ma novrabile a coman do, della borghesia, anzi del governo, e
l'altra che, proprio per la meccanicità di un certo disegno, il punto d'arrivo, quando la violenza
squadris tica avrà esaurita la sua funzione dirom pe n t e, sarà un tipo di coalizione
controrivoluzionaria basata sulla « socialdem ocra zia» e sulla borghesia di propen sione giolittiana.
Bordiga, alla vigilia delle elezioni, scrive:
Che fascis mo e socialdem ocra zia prenda n o oggi rotte convergenti può sembra re a molti un
parados s o ma è qualcosa di più di una profezia affidata alle dubbie conferm e del futuro. Il
linguaggio dei leaders socialisti e fascisti lascia vedere chia rament e che, man mano che il PS va
denun zi a n d o i metodi rivoluzionari, il movi mento fascista disar m a le sue forme di violenta
repressione e la distan z a tra i due conten de n ti tra poco si ridurrà alla distan z a che separa due
contraenti... La borghe sia non si sogna di soffocare che i movimenti che esorbitano dai quadri
della demo crazia, sistema che non si sogna di soppri me re. Sui confini di questo suo sistem a, essa
si difende e lo difende col terrore e la reazione, ma non ha bisogno di chiudere il libro del
parlam e nt a ris m o per aprire quello delle repres sioni, come pensa la cor rente superficialità degli
pseudos ocialisti... Fascisti e socialde mocratici sono due aspet ti dello stesso nemico di domani2.
Lo squadris m o ha scom paginat o, tra l'autun n o del 1920 e la prima vera del 1921, più il moviment o
socialista (e in esso più le roccaforti ri- ##
1 Tra le gesta fasciste e la campagna elettorale, «Rassegna comunis ta», a. 1, n. 2, 1; aprile 1921.
Editoriale anoni mo.
2 «Il Soviet», a. iv, n. 11, 1; maggio 1921.
128
Capitolo ottavo
formiste delle cooperative, dei municipi, delle Camere del lavoro, delle leghe conta dine e
bracciantili) che il moviment o comunista. Una certa pausa, alla vigilia immediata delle elezioni
(pur seminata di violenze), è troppo presto presa a indice di un'evoluzione come quella che
preconiz z a il PCd'I. Ma vi è qualcosa di più, implicita nella tattica del tanto peggio tanto meglio,
che è svelata dal rappor to, firmato da Bordiga, Fortichiari e Grieco e inviato al Comitato esecutivo
dell'Interna zio nale comunista nel maggio e che così delinea la pros pe t tiva:
Siamo ora in un periodo di prepara zione e non ancora di azione diretta. Ma que sta prepara zione
deve compiersi sul piede di guerra perché l'avversario non ci lascia una tregua per organiz z a re le
nostre forze. Ed è bene che essa si compia in questo modo poiché è urgente esercitare il
proletariato alla lotta; alla quale i suoi avversari stessi non cessano di provocarlo. Forse la guérilla
borghese proseguirà fino a far scoppiare una rispos ta folgorante delle masse oppres s e, forse
piétinera sur piace e allora saranno le forze rivoluziona rie a scegliere l'ora della battaglia finale '.
Il partito cammina lungo la china di quella illusione e bada anche a non dare troppo rilievo di
denuncia e di scandalo alle gesta squa dristi che, sia per non abbattere i militanti sia per
sottolineare i sintomi di una « controffensiva » che « forse è più vicina di quant o non dicano le
appa renze »2. Si raccoma n d a ai giornalisti e alle organiz z a zio ni di attenersi a tali avvertenz e e si
è fieri di andare alle elezioni contro tutti.
Giolitti scioglie la Camera il 7 aprile e convoca i comizi elettorali per il 15 maggio. Il vecchio uomo
di Stato spera che il moviment o di Mus solini possa venire addom e s ticato nel « blocco d'ordine » e
che il corpo elettorale mostri disposizioni nuove che consenta n o la ripresa di una po litica
conservatrice per un verso e riformis ta per l'altro. E la sua non sarà illusione meno funesta. I
socialisti vanno alle urne con la parola d'ordine che la scheda costituirà una grande rivincita dei
lavoratori sugli illega lismi squadristici e sulle connivenz e della classe dirigente. Il Partito po
polare si rifiuta di partecipare al blocco con i democratici, i liberali di destra e i fascisti, scende
nell'arena con le sue forze; pur accentua n d o la differen zia zione dalla sinistra operaia « rossa »,
resiste all'invito pressan te di Giolitti di schierarsi « concorde m e n t e contro i socialisti.
Il manifesto che il PCd'I lancia per le elezioni ai proletari italiani ##
1 Dalla lettera, intestata al Comitato esecutivo del PCd'I, e datata Milano 20 maggio 1921, cit., a p.
87, nota r del presente volume.
2 Ibìd.
3 Nella Relazione del Comitato centrale al Il Congres so del PCd'I, a stam pa, SAPI, Roma 1922, si
ricorda esplicitame n t e che il partito non ha voluto sottolineare gli eccessi e gli arbitrii della rea
zione sia per ragioni di principio, perché la lotta spietata contro i rivoluzionari è una necessaria
carat teristica dell'azione della borghesia per non «fare al fascis mo e alla repressione di Stato
troppa ré clame agevolando il loro piano di demoraliz za zio ne e terroriz z a zi one delle masse».
4 Cfr. Gabriele de rosa, Storia del partito popolare, Bari 1938, p. 179.
Di fronte al fascism o
129
chiede che il loro voto costituisca « il process o del Partito socialista » che li ha portati allo sfacelo:
Ogni operaio consapevole del process o storico delle rivoluzioni proletarie deve ormai esser
pers ua so che la sua classe non riuscirà a procedere oltre in Italia se non passan d o sul cadavere del
Partito socialista '.
Non ci si aspet ta altro dalle elezioni, ed è con questa delimita zione ben netta che i dirigenti
mettono a tacere numerose reviviscenze astensio nistiche della periferia. Per il resto, vi è appena
un cenno all'«imperia lismo capitalista, ormai capace di soddisfare le esigenze vitali delle masse
proletarie solo col piombo e con la maz z a ferrata delle guardie bianche », a cui si contra p p o n e
l'esisten z a delle « premes s e economiche e sociali per la rivoluzione proletaria ».
L'Esecutivo sceglie i candidati e organiz z a le preferen z e pubblica mente, (che gli elettori
seguiranno solo in parte). Il risultato del voto è deludent e per l'obiettivo primo posto dal PCd'I: lo
sfasciame n t o dei so cialisti. Questi raccolgono infatti ancora 1 569 559 voti, e conservano 122
deput a ti, perde n do ne 34 dalla legislatura preceden te. I popolari migliorano le loro posizioni (1 347
000 voti, 107 seggi), il blocco nazio nale conquista 275 seggi (un'otta nti na dei quali occupati da
liberali, una quarantina da conservatori, 10 da nazionalisti, 35 da fascisti e il resto dalla
tradizionale democrazia giolittiana e radicale - riformista). I comu nisti ottengono 291 952 voti e 15
seggi.
Rispetto al rappor to tra le correnti del vecchio partito stabilitosi a Livorno, è chiaro che il PCd'I
non ha potuto trasferire nell'elettorat o proletario la percent u ale raccolta nelle sezioni per la
scissione. Anzi ne è molto distante, e Serrati lo nota in un richiam o esplicito agli errori di
valutazione comm es si dall'Interna zio nale3. Particolarme n t e doloros o è lo scacco a Torino (dove,
tra l'altro, Gramsci non viene eletto4); ivi si raccolgono soltant o trenta mila voti. A Milano, la
spropor zio ne coi socia - ##
1 Dall'appello del Comitato centrale pubblicato sul «Comunist a» del 21 aprile 1921 e riprodot to
in Manifesti e altri docume n ti politici, Libreria editrice del PCd'I, Roma 1922. pp. 46- 47.
2 Bordiga scrive un articolo sinto ma tico («L'Ordine nuovo», 24 aprile 1921) in cui, premes s o che,
se tornas se nell'Interna zio nale comunista la questione della tattica elettorale, egli tornerebbe ad
essere astensio nis ta, osserva che la disciplina impone la partecipa zione al voto e che, del resto, in
tem po di reazione, è più giustificato essere elezionisti. Il partito «volge le batterie conno il partito
socialde m ocra tico». In uno scritto di Cesare Seassaro (ibid., 25 aprile) si aggiunge che i deput a ti
comunisti non devono partecipare al lavoro legislativo del Parlament o, e che il gruppo parlame n
tare sarà uno degli organi meno importa n ti del partito.
3 Sul «Comunis m o» (a. n, n. 16- T7, r^ maggio - 1^ giugno 1921) G. M. Serrati {11 comunista] rileva
che «Zinov'ev e i suoi inform at o ri si erano sbagliati», e che i socialisti hanno avuto più vot dei
comunisti ovunque, salvo a Venezia.
4 Molte «preferen ze» per Gramsci sono annullate essendo il suo nome, com'è noto, e ricordato eia
lui stesso, di difficile trascrizione (Granoschi, Gramischi, ecc. ecc).
130
Capitolo ottavo
listi è clamorosa: da 1 a 12 '. Vanno alla Camera Belloni e Remondi no (Alessand ria), Corneli
(Ancona), Marabini e Croce (Bologna), Garosi e Gennari (Firenze), Graziadei (Genova), Tuntar
(Gorizia), Repossi (Mi lano), Gnudi (Novara), Ambrogi (Pisa), Misiano e Rabezz an a (Torino),
Bombacci (Trieste).
Non c'è un contraccolpo di sfiducia nelle file del partito per i risultati elettorali, data anche la
posizione di principio di radicale estraneità che esso ha assunt o2. Ma all'atten zione dell'Ordine
nuovo » non sfugge il valore di sintom o che il voto ha avuto.
Attraversia m o a Torino - vi si legge il 18 maggio 1921 - una crisi di scorame n to e di depres sione
formidabile. I comunis ti sono perseguitati nelle fabbriche, la Sezione è oggi costituita per due terzi
di rappre s agliati. La lotta elettorale aveva, per l'impos t a zi one universale data dal sentimen t o
popolare, un significato di affer mazione della legalità borghese contro le barbarie e la ferocia
fascista; il proletaria to torinese credette di potersi disinteres s are di questa afferm a zi one. Questa
apatia non è un segno di capacità politica, è un segno di dissoluzione e di confusione men tale.
Gli è che la classe operaia torinese ha già ampiame n t e registrato e su bito il capovolgimen to della
situazione; migliaia di licenziati alla Fiat (e tra essi numerosi comunisti, dirigenti di Commis sioni
interne, attivisti sindacali) non hanno più potuto godere di una solidarietà efficace. A un tentativo
di sciopero, in aprile, ha rispost o una brusca serrata. E questa volta Giolitti ha fatto occupare i
grandi stabilimenti dai soldati e dalle guardie regie. Gli operai tornano sconfitti in fabbrica: «
uomini di carne ed ossa » ' cui va il saluto comm os s o del rivoluzionario.
Maggio e giugno vedono estender si la crisi indust riale e la disoccupa zione. Vi è il dissesto totale
di un colosso come l'Uva, e poco dopo sarà la volta della Banca di sconto trascinata nella paralisi
produ t tiva crescen te del grande compless o delFAnsaldo; l'indus tria tessile ha una caduta
verticale, sia nel settore laniero che in quello della seta. L'inflazione si avvia a toccare i 20 miliardi
di lire, il debito interno gli 80, e quello verso l'estero i 100. Le agitazioni sindacali si fanno sempre
più timide, ##
1 Ecco i voti raccolti dai comunisti circoscrizione per circoscrizione: Alessand ria: 24615; An cona:
9427; Ascoli: 3229; Bari: 1920; Bologna: 29 289; Brescia 1405; Catania: 1956; Catanz ar o: 3444;
Como: 6864; Firenze: 30 254; Genova: 19 000; Girgenti: 4384; Gorizia: 10 112; Lecce (Taran to):
7429; Mantova: 13 061; Milano: 21472; Napoli: 3860; Novara (Vercelli): 17626; Parenzo: 3695;
Pisa: 21 145; Roma: 8224; Torino: 30419; Trieste: 6697; Venezia: 2933; Verona: 7413.
2 Da un rappor to del Comitato esecutivo del PCd'I all'Interna zionale comunis ta del 30 maggio
1921 (APC, 1921, 75) si appren de che il partito, present at osi in 27 circoscrizioni su 40, calcolava di
ottenere 20 deputa ti alla Camera, ma non di più.
3 L'espres sione divenut a poi famosa, è impiegata da Antonio Gramsci nel titolo del com me nt o che
egli dedica («L'Ordine nuovo», 8 maggio 1921) alla sconfitta. È un omaggio a lavoratori che « per
anni e anni hanno lottato strenua m e n t e, hanno bagnato del loro sangue le strade, hanno sofferto
la fame e il freddo». Perciò conclude l'autore: «togliamoci il cappello dinan zi alla loro umiliazione,
perché anche in essa è qualcosa di grande che si impone ai sinceri e agli onesti».
Di fronte al fascism o
131
proprio per il timore della perdita del posto di lavoro e la sopravvenut a crisi di sfiducia nelle
organiz z a zio ni: le cifre ufficiali di disoccupati che ne contavano 102 156 al 31 dicembre 1920
registrano al primo settem bre del 1921, 400 000 unità.
Il «bilancio» delle imprese squadris tiche è ormai impressiona n t e; il numero delle sezioni fasciste
passa dal 31 marzo al 31 agosto da 317 a 1001 e degli aderenti da 80 476 a 187 098.
Negli scontri tra fascisti e socialisti, verificatisi nel periodo tra il 1° gennaio e il 7 aprile, si erano
registrati 102 morti (25 fascisti, 41 socialisti, 16 estranei e 20 ele menti della forza pubblica) e 388
feriti. In soli 15 giorni, dal 13 al 31 maggio si era no contati 71 morti (16 fascisti, 31 socialisti, 20
estranei, 4 elementi della forza pubblica) e 216 feriti2.
Anche i comunis ti hanno i loro primi martiri. Perdita tra tutte più grave è stata quella di Spartaco
Lavagnini, segretario del Sindacato fer rovieri di Firenze, trucidato al suo tavolo di lavoro. Nel giro
di sei mesi vengono saccheggiate o incendiate 59 case del popolo, 119 Camere del lavoro, 107
cooperative, 83 leghe contadine, 141 sezioni e circoli socia listi e comunis ti, 100 circoli di cultura,
28 sindacati di categoria. Si è arrivati persino - come s'è ricordato - il 25 aprile, ad incendiare la
Ca mera del lavoro di Torino; il terrore si estende dalla valle padana alla Toscana (il municipio di
Prato è devastat o) e al Lazio. In un'imboscat a è ucciso a Pavia Ferruccio Ghinaglia.
La tecnica di queste spedizioni punitive è così descritta da Angelo Tasca:
All'inizio, la spedizione contro una località non è quasi mai fatta dai fascisti della stessa località,
piccola minora n z a isolata ed esposta alle rappres aglie. È dal centro più vicino che i camions
arrivano, carichi di persone assoluta m e n t e scono sciute nel paese. Se i rossi sono forti, e se si teme
che restino ancora sul posto trop pe armi, anche dopo le razzie della polizia compiacente, si
concentra no forze armate sufficienti per annientare l'avversario che intendes s e difendersi. Si
distruggono i lo cali delle organiz z a zi oni, si liquidano le amminis tra zioni comunali, si uccidono o
si ##
1 riccardo bachi (L'Italia economica nell'anno 1921, Città di Castello 1921, p. 215) ha scritto in
proposito: «Lo stato caotico era dominan te nel moviment o operaio. Qui i vivaci contras ti, le gran di
divergen ze di principi politici, e specialme nte la depres sione estre ma in cui si è incurvata la se
zione del moviment o operaio che proclama i principi della lotta di classe, sono fenome ni tutti
stret tamente connessi con la fase di depres sione economica. La depres sione economica, con la
discesa dei profitti, con la contra zione della doman d a di prodotti e di braccia, pone dei limiti
insupera bili al moviment o trade - unionista, rende fatale un atteggiam en t o dimes so unicame nt e
difensivo, e torna propi zia ai disgrega m e n ti, alle discordie».
2 Da alcune statistiche del ministero dell'Interno conservate nell'archivio Corradini e citate da
Gabriele de rosa (Storia del partito popolare cit., p. 185).
3 L'eccidio, nel febbraio del 1921, provoca una forte rispost a popolare, frenata e poi persegui ta
aspra me n t e dalle guardie regie e dai carabinieri. Delle giornate fiorentine da una vivace cronaca
Palmiro Togliatti, inviato dal quotidiano comunist a torinese sul luogo: cfr. L'esem pio di Firenze,
«L'Ordine nuovo», 11 marzo 1921.
132
Capitolo ottavo
esiliano i dirigenti: dopo di che il fascio locale, fino ad allora quasi inesistente, si ingrossa con
l'adesione di reazionari d'ogni risma, e di coloro che prima avevano paura dei socialisti e che ora
hanno paura dei fascisti. Per la conquista dei grandi centri si mobilitano le forze della provincia, si
fa appello se è necessario a quelle delle province vicine... l'armata fascista, di cui ogni occupa zione
estende il recluta mento, si concentra, si sposta, e, estrem a m e n t e mobile, conquista una dopo
l'altra le fortez z e nemiche '.
Il moviment o socialista è preso alla sprovvista, senza prepara zione militare né psicologica
adeguata per contras t are la violenza. Il panico che la lettera di Serrati a Jacques Mesnil rivelava
traspare anche dalle colonne dell'Avanti! » che non fanno, letteralme n te, se non predicare la
rassegna zione. Si arriva, il 22 maggio, a pubblicare un brano della Sto ria di Cristo di Papini, in cui
si esalta la consegna cristiana di porgere l'altra guancia, sotto il titolo emblem atico di «Non
resistere! ». La pre dicazione del « più gretto pacifism o », per dirla con Pietro Nenni2, regi stra
sfum at ur e diverse tra massi malisti e riformisti, ad esempio tra Ser rati e Turati (questi, chieden do
il ripudio della violenza, afferma che « se fosse una viltà bisognerebbe avere il coraggio della viltà
» ) ma comune ad entram bi è la convinzione che siano la stessa guerra e il dopoguerra turbolent o
ad aver avviata la spirale della violenza.
La Confedera zione del lavoro tiene ufficialment e la medesi m a con dotta e respinge le propos te,
reiterate, della corrente comunis ta di giun gere sino ad uno sciopero generale per la difesa del
salario e del posto di lavoro. È anche qui da notare che i maggiori dirigenti riformisti parlano di un
fenom en o passeggero, fidando nel fatto che il fascism o sia « desti nato a sparire in breve tem po »4
e che la « marcia delle classi lavoratrici non possa essere arrestata che per un mome nt o »5 ed è in
base a una serie di debolez z e ed illusioni di tale tipo che il PSI e la CGL inseguono quella che
Nenni definirà efficaceme nt e « la chimera della pacificazione » con i fascisti, che approder à ad un
« patto » avvilente e paraliz za n t e. ##
1 angelo tasca, Nascita e avvento del fascism o cit., p. 182.
2 Pietro nenni, Il diciannovis m o cit., p. 167.
3 Sull'« Avanti! » del j e 6 aprile 1921 si esprime la differenzia zione su questo solo punto: che
Turati recrimina le violenze operaie del « biennio rosso » e Serrati obietta che sono stati gli eventi
ad incalzare e travolgere sia riformisti che rivoluziona ri. Senonché nella lettera a Jacques Mesnil,
già in parte riprodot t a (p. 123 del presente volume) Serrati non si most rava d'avviso diverso da
Turati annota n d o che erano stati i socialisti a « preparare il terreno controrivoluzionario aizzan d o
e vitupe rando i soldati, i carabinieri, le guardie regie, invece di conquist arli» e aggiunge: «Noi ora
siamo le vittime di quella infatua zione a parole che ingannò non poco tutti nei mesi andati».
4 Cfr. l'intervent o di G. Baldesi al Consiglio direttivo della CGL, del 30 aprile, il cui resocont o è ora
riprodot t o in La Confedera zione Generale del Lavoro cit., p. 328.
5 Il concetto è espres s o nel comunicato approvato dal Consiglio direttivo della CGL del 30 apri le
1921. Comme n t a n d o tale atteggiam e nt o, Franco Catalano ha scritto: «Rispunt ava il vecchio fata
lismo positivistico, la fiducia nel fatale cammino verso la storia, verso il progres s o e verso l'eleva
mento dei ceti inferiori; ma era un fatalism o ed era una fiducia che lasciavano coloro che li
nutrivano senza possibilità di difesa in quelle dure e aspre contese» (La Confedera zione Generale
del Lavoro dt., p. lv).
Di fronte al fascism o 133
I comunisti tengono un atteggiame nt o del tutto diverso, anche se nu trono forse ancora di più le
stesse illusioni o almeno la convinzione che la resa dei conti vedrà la vittoria proletaria. Nella loro
posizione verso la violenza fascista c'è la polemica contro il PSI ma c'è anche la rispost a più netta:
accettare la lotta impos ta dai fascisti, considerati «guardie bian che » della reazione.
Sin dal 2 marzo, nel nome di Spartaco Lavagnini, il PCI ha lanciato un appello che non lascia dubbi
nei militanti e negli avversari:
Il proletariato rivoluziona rio d'Italia non cede sotto i colpi del metodo reazio nario inaugurat o da
alcuni mesi dalla classe borghese... per mezz o delle bande ar mate dei bianchi... Dalla rossa Puglia,
da Firenze proletaria, da tanti altri centri giungono le notizie che il proletariato, malgrado
l'inferiorità dei suoi mezzi e della sua prepara zione, ha saputo risponde r e agli attacchi...
L'inferiorità proletaria, che sarebbe inutile dissim ulare, dipende dalla mancan z a, nelle file del
nostro generoso proletariato, di un inquadra m e n t o rivoluzionario quale può darlo solo il metodo
comunist a, attraverso la lotta contro i vecchi capi e i loro metodi sorpas s a ti di azio ne pacifista e
transigente. I colpi della violenza borghese vengono ad additare alle masse la necessità di
abbando n a r e le pericolose illusioni del riformis m o e disfarsi dei predicatori imbelli di una pace
sociale che è fuori delle possibilità della storia. La parola d'ordine del partito comunista è quella di
accettare la lotta sullo stesso terreno su cui la borghesia scende, attrattavi irresistibilment e dal
divenire della crisi mortale che la dilania: è di rispon der e con la prepara zione alla prepara zione,
con l'organiz z a zio ne all'organi z z a zi one, con l'inqua dr a m e n t o all'inqua d ra m e n t o, con la disciplina
alla disciplina, con la forza alla forza, con le armi alle armi. Non vi po trà essere allenam e n t o
migliore all'offensiva immancabile che un giorno sarà sfer rata dalle forze proletarie '.
Ma come applicare questa parola d'ordine, con che forze? È possi bile battere l'avversario, isolarlo
nel paese, quali confini ha la rete di simpatie, appoggi, omertà che lo avvolge, quale evoluzione
present a la situazione ? Sono doman d e che non si pongono soltanto gli storici delle origini del
fascis mo. Se le pongono, in quel mome nt o, dirigenti e masse, operai, contadi ni, giovani, piccolo borghesi e indust riali. Nei mesi di aprile, maggio, giugno, il ferment o nelle masse popolari indica
che al primo sconcerto fa seguito il tentativo di organiz z a re meglio una resi stenza. Né il fascism o
può dire di aver conquista t o a sé gli ex combat tenti, i giovani. Anzi. Proprio gruppi di ex
combat te n ti, giovani repub blicani, anarchici, popolari, socialisti, comunisti, cercano una strada co
mune, nei paesi insidiati dalle squadre, nella periferia delle grandi città, per opporsi alle violenze
fasciste e la confusione dell'ispira zione ideale e degli obiettivi politici non frena l'accosta m e n t o
sponta ne o.
È in questa atmosfera che va collocato anche un tentativo prom os s o ##
Manifesti e altri docume n ti politici cit., pp. 34- 35.
134
Capitolo ottavo
personal m e n t e da Gramsci di trovare un accordo con gli uomini di D'An nunzio e collo stesso «
Comanda n t e ». I legionari fiumani sono stati scot tati non solo dalla resisten za del governo
Giolitti, che ha liquidato la loro impresa, ma anche dal contegno di Mussolini che ha praticame n t e
tenuto mano a Giolitti. Gramsci intravede la possibilità di aprire un cu neo nel combat te n ti s m o di
tipo fascista e cerca, approfitta n d o della ten sione esistente allora tra D'Annun zi o e Mussolini, di
provocare una coa lizione armata contro i fascisti. Forse non c'è solo in Gramsci un disegno
tattico, per quanto anche questo risulti eccezionale in un partito che ten de piuttos t o
all'isolame nt o. C'è anche la ricerca di andare più a fondo nel fenome n o della natura sociale del
fascis mo. Sull'«Ordine nuovo» già si è potuto leggere che, tra fascisti e legionari, esiste una
differenz a di classe essendo i primi almeno a Torino, « giovani benest an ti, studen ti fannulloni,
professionis ti, ex ufficiali... » e i secondi «sentono invece le strette z z e della crisi economica
generale » '.
E di un accosta m e n t o tra comunisti e legionari fiumani si parla anche sull'altra stam p a in marzo.
Molte voci corrono in proposito; le raccoglie, ad esem pio, il « Mattino » di Napoli del 9 marzo che
scrive:
Il malconten t o per la tragica fine dell'im pres a fiumana, l'errore già a Fiume compiuto che
un'azione rivoluziona ria possa giovare alla causa nazionale, gli ade scamenti che « L'Ordine nuovo
» e i dirigenti comunisti hanno fatto e continuera n n o a fare agli elementi dannu n zi a ni, second o il
desiderio dello stesso Lenin ( ! ) hanno indott o non pochi legionari ad avvicinarsi a Bombacci e
compagni2.
Così, accogliendo i servigi di un legionario fiumano, un certo Giorda no, che frequent ava la
redazione dell'« Ordine nuovo », Gramsci si reca a Gardone, nell'aprile del 1921. La sua « missione
» fallisce, il colloquio con D'Annun zi o non ha luogo. Ma il curioso episodio ci consente di co gliere
una differen z a sostan ziale dell'atteggia me nt o di Gramsci rispetto a quello della direzione del
partito nei confronti del fascismo e dei suoi caratteri. È una differen za che si richiama
diretta m e n t e a previsioni poli tiche diverse già riscontrat e nel 1920, e confront a t esi ad Imola, ad
esem pio: la questione della « pros pet tiva socialdem ocra tica » in cui credono, come linea di marcia
delle classi dirigenti, Bordiga e Terracini e in cui non crede, per ora, Gramsci. ##
1 Fascisti e legionari, non firmato, «L'Ordine nuovo», a. i, n. ^o, 19 febbraio 1921.
2 II prefett o di Milano, citando questo brano del giornale napoletano, conferm a queste voci, in una
lettera al ministero del 16 marzo, insistend o sulla tensione dì rapporti che esisterebbe tra Mus
solini e D'Annun zio (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, K. 1, b. 88).
3 Cfr., su tutto l'episodio, Sergio caprioglio, Un mancato incontro Gramsci - D'Annun zio a Gardone
nell'aprile del 1921 (con una testimo nian z a di Palmiro Togliatti), « Rivista storica del So cialismo»,
a. V, n. rj- i6, gennaio - agosto 1962, pp. 263 - 74.
Di fronte al fascism o
135
Il 1° maggio 1921, Bordiga, sull'organo ufficiale del partito, ribadisce la sua convinzione,
ironizz a n d o addiritt ura sul pericolo di un colpo di Stato di destra. « Quali forze sociali - si chiede
il capo del PCI - hanno interes se in Italia a retrocedere dal regime liberale sulle sorpass a t e for me
dell'assolutis m o? »'. La «dittatur a di destra» è da lui definita un vecchio spauracchio dei socialisti.
Gramsci è di avviso oppos to. Nota come i fascisti posseggano ormai una forza militare notevole,
godano della prote zione di « decine di mi gliaia di funziona ri dello Stato », e siano in grado di «
costituire un'ar mata militare di mezz o milione di uomini ». Per farne che cosa?
Rientra nella comune logica dei fatti element a ri che i fascisti non vogliano an dare in galera e che
vogliano invece usare la loro forza, tutta la forza di cui dispon gono, per rimanere impuniti e per
raggiungere il fine massim o di ogni moviment o: il posses s o del governo politico 2.
Di qui si sviluppa il suo discorso, rivolto ai socialisti ma che potreb be altretta n t o bene valere per
l'insensibilità di molti suoi compagni di partito.
Cosa intendon o fare i socialisti e i capi confederali per impedire che sul popolo italiano venga a
gravare la tirannia dello Stato maggiore dei latifondis ti e dei ban chieri? Hanno stabilito un piano?
Hanno un progra m m a? Non pare. I socialisti e i capi confederali potrebbero aver stabilito un piano
« clandesti no »? Questo sarebbe inefficace, perché solo un'ins urre zio ne delle grandi masse può
spez za re un colpo di forza reazionario e le insurre zioni delle grandi masse, se hanno bisogno di
una pre parazione clandes tina, hanno anche bisogno di una propaga n d a legale, aperta, che dia un
indirizz o, che orienti gli spiriti, che prepari le coscienze.
I socialisti non si sono mai posti seriame nt e la questione della possibilità di un colpo di Stato e dei
mezzi da predis porr e per difender si e per passare all'offensiva. I socialisti, abituati a rimasticare
stupi da m e n t e alcune form ulet te pseudo m a rxiste, negano la rivoluzione «volontaristica»,
«miracolista», ecc, ecc. Ma se l'insurre zione del proletariato venisse imposta dalla volontà dei
reazionari, che non possono avere scrupoli « marxisti », come dovrebbe compor ta r si il Partito
socialista? Lasce rebbe, senza resisten z a, la vittoria alla reazione?... Può darsi, è vero, che i fascisti,
che sono italiani, che hanno tutte le indecisioni e le debolez ze di carattere della pic cola borghesia
italiana, imitino la tattica seguita dai socialisti nell'occupa zione delle fabbriche: si traggano
indietro e abband o ni no alla giustizia primitiva di un governo ricostru t t o re della legalità quei dei
loro che hanno com mes s o dei delitti e i loro complici. Può darsi; è però cattiva tattica affidarsi agli
errori degli avversari, imma ginare i propri avversari incapaci e inerti. Chi ha la forza se ne serve.
Chi sente il pericolo di andare in galera, si arram pica sugli specchi per conservare la libertà. Il
colpo di stato dei fascisti, cioè dello stato maggiore, dei latifondisti e dei banchieri, è lo spettro
minaccioso che dall'inizio incombe su questa legislatura. ##
1 amadeo bordiga, Antica fissazione, «Il Comunis ta» (bisettim a nale), a. u, n. 2;, Milano, 1° maggio
1921.
2 Socialisti e fascisti, non firmato, «L'Ordine nuovo», n giugno 1921.
136
Capitolo ottavo
Colpisce la lungimiran z a della precisione e dell'am m o ni m e n t o. E già si scorgono i lineame nti della
ricerca sulla natura del fascis mo che Gram sci sta elaboran d o. Non è una elabora zione tranquilla, a
tavolino. È una ricerca fatta mentre non solo si susseguon o in Italia gli episodi della guerra civile
ma ci si prepara nella redazione dell'« Ordine nuovo » a fronteggiare un assalto delle camicie nere
e la sede del giornale si tra sform a in un fortilizio. La difesa è organiz z a t a da gruppi di militanti ar
mati che staziona no in perma ne n z a all'interno mentre si provvede addi rittura a minare l'edifìcio e
a far correre la voce affinchè i malinten zio nati ne siano edotti. Benedet to Croce coglierà appun t o
quest'at m o s fer a recandosi a trovare Piero Gobetti, il ventenne critico letterario e teatrale del «
quotidiano comunis t a » '.
Gramsci è attento a tutti i sintomi, non certo univoci, del fenom en o. Così, mentre sottolinea la
risultante di classe, l'esisten z a delle forze che stanno dietro le bande fasciste (la casta militare, i
proprietari agrari, il capitale finanziario) rivolge anche la sua atten zione e l'acume della sua
invettiva agli aspetti sociologici e psicologici dello squadris m o come frutto di tutti i sedimenti
parassitari e « barbari » della società italiana, del suo costu m e e malcost u m e, ai caratteri della
ubriacatura ideologica che lo anima, tenendo sempre a fuoco l'esisten z a di una disgregazione in
atto dell'autorità statale, specchio di una disgregazione sociale. Di qui, l'esame del fascismo come
prodot t o dell'irrequiete z z a della piccola bor ghesia urbana, una delle sue compone n ti essenziali,
non facilment e ar moniz z a bile con l'altra che Gramsci accosta, quella « agraria - antipro letaria».
Sono, anche, questi motivi critici gramsciani, il portato migliore di una certa forma zione, di una
cultura politica italiana che si richiam a al moviment o intellettuale vociano e salveminiano, che
troviam o sparsi an che in un osservatore liberale come il Salvatorelli di Nazional - fascism o e che
saranno raccolti ancora più diretta m e n t e dal Gobetti della Rivo luzione liberale del 1922 (su cui
l'influen z a di Gramsci è fortissi m a)2. L'insisten z a sulla matrice piccolo - borghese del fascismo è
ora uno degli aspetti più importa n ti dell'analisi di Gramsci. Essa avrà una forte eco nello stesso
moviment o comunis ta internazionale e costituisce un fondo perma ne n t e di differenzia zione di
Gramsci rispetto all'interpre t a zio ne ##
1 In una pagina di diario (6 aprile 1944) Benedett o Croce annota: «II Togliatti mi ha ricordato la
Torino d'intor no al 1920, e il gruppo di giovani provenienti dall'Università al quale egli apparte
neva e che io conoscevo, e i parecchi di essi che si volsero al comunis m o o al filocom u ni s m o, e il
Gramsci che vi primeggiava, e il Gobetti, e una visita che io feci al loro giornale comunis tico, " L'Or
dine Nuovo", dove avevo appun t a m e n t o col Gobetti, e che trovai già in assetto per ogni evenienza
con cavalli di Frisia e altri simili appres ta m e n ti militari» (benedet t o croce, Scritti e discorsi poli
tici, voi. I, Bari 1963, p. 293).
2 Cfr. paolo spriano, Piero Gobetti e i comunisti, «Rinascita», a. xxiii, n. 7, 12 febbraio 1966.
Di fronte al fascism o
137
« ufficiale » del fenome no che corre nel partito. È un'insisten z a che porta anche a una
schem ati z z a zi one eccessiva, in più di una circosta n z a (negli zig- zag della situazione) derivata
forse dal bisogno di tentare un costante « agganciame nt o » della dinamica del fascism o alle spinte
sociali ed eco nomiche che esse riceve. Lo si può constatare ora come negli anni succes sivi, in
particolare nel 1924, poiché si presta spesso alla «piccola bor ghesia », come blocco sociale,
oscillazioni e muta m e n ti che magari na scono da una più ristretta mediazione politica.
Ma sempre il discorso va ricondot t o all'instabilità e all'eterogeneità di un fenome no che procede
appunt o tra grandi oscillazioni. La primavera e l'estate del 1921 present a no la massi ma ampiez za
di queste oscil lazioni. Mussolini ha alternato alle minacce («Noi siamo decisi ad ab breviare - con
appro priati e tempe s tivi interventi a freddo e caldo - la vostra triste agonia», ha detto ai socialisti,
il 13 aprile) gli inviti alla modera zione. Il moviment o non è manovrabile a piacere dal suo capo. Il
29 maggio, lo stesso Mussolini parla di « picchiare un po' a destra ». Il 27 giugno cade il governo
Giolitti e Mussolini non vuole farsi taglia re fuori da una partecipa zione a una nuova possibile
maggioran z a. In luglio sta operan do per giungere, nonost a n t e fortissi me resisten z e dei suoi (di
Farinacci e di Grandi in particolare) a una « pacificazione » coi socialisti. A Sarzana, il 21 luglio,
per la prima volta, una spedizione pu nitiva dei fascisti è stata bloccata dai carabinieri ed è fuggita
lasciando sul terreno morti e feriti. L'episodio ha una grande ripercus sione, il mito dell'impu nità
delle squadre pare infrangersi. Mussolini, il 23 luglio alla Camera, espone la sua nuova idea della
possibile alleanza tra fascisti, so cialisti e popolari, le « tre grandi forze efficienti in questo
mome nt o nella vita del paese ». E il 3 agosto firma il patto di pacificazione con i sociali sti e la
CGL, con la mediazione e l'avallo del preside nt e della Camera, Enrico De Nicola.
È in questa situazione che vanno situate le intuizioni di Gramsci che, il 27 luglio, torna a scrivere:
Esistono oggi in Italia due apparecchi repressivi e punitivi: il fascis mo e lo Sta to borghese... La
classe domina nt e vorrà ad un certo punt o amalgama re anche uffi cialmente questi due apparecchi
e spez z erà le resisten z e oppos te dalla tradizione del funziona m e n t o statale con un colpo di forza
diretto contro gli organis mi centrali del governo '.
Ma è possibile chiudere gli occhi dinanzi alle tenden z e al compro messo pur così forti, quelle che
gli altri dirigenti ritengono debbano trionfare a lungo andare? Dopo i giri di valzer di Mussolini
con Giolitti ##
1 Colpo di Stato, non firmato, «L'Ordine nuovo», 27 luglio 1921.
138
Capitolo ottavo
e i socialisti, dopo la costituzione del governo Bonomi che pare il sim bolo stesso di una possibile,
estre m a m e n t e conservatrice, soluzione « so cialdemocratica » della crisi statale, è proprio Gramsci
che ha scritto:
Si svolgerà in Italia lo stesso process o che si è svolto in altri paesi capitalistici. Contro l'avanzat a
della classe operaia avverrà la coalizione di tutti gli elementi rea zionari, dai fascisti ai popolari ai
socialisti: i socialisti diventeran n o anzi l'avan guardia della reazione antiproletaria poiché meglio
conoscono le debolez ze della classe operaia '.
Un Gramsci perfetta m e n t e bordighiano. Ma per compren d er e appie no gli zig- zag
dell'orienta m e n t o e della valutazione politica comunista bisogna esaminare tali contra d di zioni
dinan zi ad un fatto nuovo che ha per protagonis te proprio le masse dei suoi militanti e
simpati z z a n ti e che viene alla ribalta nella stessa torme nt a t a estate del 1921. L'estate delle
manovre parlame n t a ri di Mussolini, ma anche l'estate in cui gli episodi di violenza fascista sono
tutt'altro che scom pa rsi in Emilia, in Piemonte, a Civitavecchia, a Chiusi. Il fatto nuovo è il sorgere
degli Arditi del popolo.
È un fatto che potrebbe sconvolgere un quadro di generale avvili mento della capacità di
resisten z a delle masse e potrebbe anche superare l'isolame nt o comunista, diventato più grande
col patto di pacificazione. Non bisogna scordare, ad esem pio, che se Gramsci scriveva quello che si
è letto a proposito della situazione prospet t at a si con il nuovo governo, lo stesso presidente del
Consiglio, onorevole Bonomi, diceva ai delegati fascisti recatisi da lui durante le trattative del
patto di pacificazione, a proposito dei comunisti: « Cerchiam o di isolarli e poi tutti insieme pre
merem o su di loro »2!
L'Ordine nuovo», 5 luglio 1921. ##
1 hono mi, non firmato, «L'Ordine nuovo»,
2 Cfr. «Il Popolo d'Italia», 18 agosto 1921.
Capitolo nono
Gli Arditi del popolo
Gli Arditi del popolo possono anche essere definiti una meteora nel cielo incandesce nt e della
guerra civile di questi anni. Sorgono improvvi samente, in modo strano, paiono ad un certo punto
esprimere una luce nuova a cui vanno speran z e e adesioni delle masse e quasi altretta nt o ra
pidam en t e - salvo per qualche nucleo locale - spariscono. Eppure, la loro storia è per più versi
sinto ma tica del dram m a del movimento ope raio italiano nel primo dopoguer ra, forse la grande
occasione mancata dall'antifascis m o militante prima della marcia su Roma.
La loro vicenda può anche essere vista come lo specchio dei difficili rapporti esistenti tra le
forma zioni politiche del socialismo italiano e quelle correnti combat te ntis tiche che pure riflettono,
in modo sin che si vuole confuso ma spesso non meno sincero, aspirazioni socialiste, rivo
luzionarie, uno stato d'animo e « ideali » che si collegano allo stesso in terventis m o di sinistra, alla
concezione della guerra tramite di una rivo luzione, e guarda no al combat t en t e come alla figura
più degna di riven dicare questa eredità insieme sovversiva e patriot tica, come all'alfiere e alla
guardia dei diritti e della libertà del popolo.
La ricostru zio ne del moviment o che se ne può ora fare non fuga forse tutte le ombre che si sono
posate su di esso sin dalle sue origini, ma chia risce almeno due punti fonda m e n t ali: il carattere
assoluta m e n t e po polare, sponta ne o, che il moviment o tende ad assum ere immediata m e n te e
l'errore straordinario che i partiti proletari comme t t o n o nei suoi confronti, accecati dal settaris m o,
da pregiudi ziali dottrinarie, da picco li calcoli politici, da diffidenz a sospett os a per tutto ciò che
non provie ne diretta m e n t e dalle organiz z a zio ni istituzionaliz z at e nello schiera m e n to operaio.
Il nome di Ardito del popolo non vuole essere nell'ispirazione dei promot ori una contra p p o si zione
agli Arditi di guerra (il corpo di audaci, spericolati, da cui la rettorica fascista trarrà una delle sue
ispirazioni) bensì la sua continua zione, alimenta ta dagli stessi Arditi che si fanno capi - popolo
nella guerra civile in difesa della libertà, contro le squadre
140
Capitolo nono
fasciste. C'è qualcosa di comune anche col moviment o fiumano, in uo mini e motivi. Un rappor to
di polizia così fissa il processo di costituzione della « Associazione Arditi del popolo » a Roma:
Nel marzo scorso [19.20] l'ex tenent e degli Arditi, mutilato di guerra, Beer Umberto d'anni 25, da
Ancona, di tenden z a dannu n zi a na, aveva tentato di riorga nizzare la locale sezione degli Arditi che
da tempo era inattiva per i contras ti sorti tra gli aderenti, specialment e nella scelta di coloro che
pretendevano di esserne i capi. In passato, infatti, la lotta intestina era rapprese n t a t a da due
tende n z e, l'una delle quali era diretta dall'ex tenente degli Arditi, futurista, Giuseppe Bottai, ora
deput a to di Roma, di principii maz ziniani ' e l'altra capeggiata dall'ex tenente degli Arditi Argo
Secondari, di tende n z a anarchica, noto quale principale artefice del complott o di Forte Pietralata
del luglio 1919 per cui il medesim o fu tratten u t o in carcere parecchi mesi quale respon sa bile del
reato di cui all'articolo 120 del codice penale e rilasciato poi in libertà nel marzo 1920 in seguito
ad amnistia 2.
La relazione continua ricorda n d o come il Secondari, « d'intesa con gli elementi giovanili
repubblicani ultra rivoluzionari capeggiati dal noto Luigi Piccioni, degli anarchici individualisti che
fanno capo al noto Atti lio Paolinelli e di altri elementi comunis ti e rivoluziona ri, pensò d'im
possess ar si dell'Associazione dando ad essa il carattere di organo di di fesa proletaria contro le
violenze fasciste». Il 22 giugno, infatti, Argo Secondari, con Umberto Beer, convoca un'asse m blea
generale di tutti gli Arditi per costituire la nuova Associazione degli Arditi del popolo. Vi sono
urti, discrepa n z e, tra il Secondari, il Beer e altri, ma l'associazione si fonda in effetti il 27 giugno,
viene eletto un direttivo di cui fanno par te col Secondari un altro tenente, Ferrari, e il sergente
maggiore Pierdo menici, e si passa addiritt ura a costituire « il battaglione degli Arditi del popolo
compos t o di tre compagnie denominat e la Temeraria, la Danna ta, e la Folgore deliberan do che il
battaglione [sia] comand a t o dal co lonnello di fanteria della riserva Tomaso Abatino, la compagnia
Teme raria dall'ardito Ruggeri, la Dannata dall'anarchico Vincenzi Santarelli, e il sottote nen t e
Luciani [è] nominato propagan di s ta ».
I giornali pubblicano un appello della nuova associazione, ma prima di riferirne il contenut o è
opport u n o sofferm ar si sulla fonda zione e sulla figura dei suoi suscitat ori, tutti, come si è visto, ex
arditi di guerra, quasi tutti ufficiali. Il Secondari è certame n t e, tra gli altri, il personaggio che più
può definirsi uomo d'avvent ur a, dal passat o torbido. È lui, appun t o, che l'anno prima ha cercato
con altri cospirat ori di indurre un battaglio ne d'Arditi di stanza al forte militare di Pietralata ad
unirsi con loro per ##
1 Si tratta dello stesso Bottai fascista.
2 Dalla relazione presenta t a dal questore di Roma in data 8 luglio 1920 alla direzione generale di
PS (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, G. 1, b. 59).
Gli Arditi del popolo 141
occupare violente me n t e la sede del Parlament o. Gli Arditi però si sono rifiutati e il complott o è
finito nel nulla (il Secondari in carcere) '.
Si tratta di un agente provocatore, e per conto di chi? Non sono ve nuti a nostra conoscen z a
docum e n ti in proposito. È probabile che il Se condari sia anche via via disponibile per le più
eterogenee e rischiose missioni di carattere politico - militare o terroristico, e non si può esclu dere
che - come da più parti viene detto all'epoca (e come ricordere m o) - egli ora agisca incoraggiato
dal gruppo nittiano che si raccoglie intorno al giornale « Il Paese »2, sostan zial me n t e in funzione
antigiolittiana più che antifascista. Senonché, la cosa non ha un'impor t a n z a decisiva. Che il
Secondari sia una personalità poco cristallina, che l'associazione rifletta anche l'inquiete z z a di
disoccupati che pescano nel torbido, non impedi sce al moviment o di avere subito una eco
eccezionale, un'aute ntica riso nanza popolare.
I manifesti che lancia l'associazione (quello agli «Arditi del Lazio, Umbria e Marche », seguito da
altri due, « A tutti gli Arditi », e « Ai la voratori») sono docum en ti singolari dello stato d'animo e
della carica « ideologica » del combatt e nti s m o « rivoluzionario », abbonda n t e m e n t e intriso di
dannu n zi a ne si m o. Il primo esprime tutta la protest a e il ran core che gli sono tipici:
Apostoli di vittoria e di fede, compagni neri delle ore più nere, la resurre zione è nostra... Ricordate
i compagni che, affamati, chiesero pane durant e le lotte fraterne e il pane fu loro negato. Ricordate
i compagni morti e quelli sepolti nelle galere e dimenticati dai vivi in festa nei ritrovi monda ni:
ricordat elo, Arditi, e gridate for te: basta! basta!, vogliamo essere liberi, vogliamo comand arci da
noi... Seppelliamo nel buio questo vecchio mondo, e tarlato, ed apriam o l'epopea più vera di gloria
e di passione...3.
Il secondo manifest o è più impegnativo politicamen te. Rivolto ai la voratori, pur senza richiamarsi
a nessun ideale socialista, esprime anzi tutto la protest a dei combat te nti « contro chi profanò per
le piazze i canti e i nomi nostri più cari, contro chi ora cade nella sua stessa perver sità ». E
prosegue con questi accenti classisti:
Lavoratori!
Contro la borghesia mandat a ria e fautrice di movimenti reazionari e conservat o ri e che,
vanamen te appoggiand osi ad una plutocra zia nazionale ed internazionale, ##
1 Sull'inquad r a m e n t o dell'episodio cfr. paolo alatei, Nitti, D'Annun zio, e la questione adria tica,
Milano 1959, pp. 6)- 66.
2 Il giornale, diretto da Francesco Ciccotti, intimo di Nitti, pubblica con grande rilievo i comu
nicati dell'Associazione, fa un'efficace campagna di stam p a in favore degli Arditi del popolo ed è
an che promot o re di un «Comitato di difesa proletaria». Su Francesco Ciccotti cfr. la denuncia
politica e morale che ne fa Gramsci in una nota del carcere {Passato e Presente cit., pp. 49- 52).
3 Dall'allegato n. 1 della relazione del questore di Roma citata.
142
Capitolo nono
nella sua stoltez z a si aliena persino le simpatie delle forze armate a sua difesa, con tro tale
borghesia capitalistica, sfrutta trice, si levino ancora oggi tutti i lavoratori del braccio e del
pensiero!
Genericità e confusione sono sin troppo evidenti. Ma il terzo appello, indirizza t o a tutti gli Arditi
italiani, pare più diretta m e n t e esprimersi contro il fascismo oppone n d o la tradizione anarchica e
progres sista del combatt e nti s m o rivoluziona rio a quegli « ideali che a prima vista sem brano belli
ma che nascon do n o sempre l'interesse degli impresari egoisti affonda ti nelle loro poltrone». «Noi
sovversivi - vi si legge ancora non darem o mai il nostro braccio per le tirannie, non ci lascere mo
illude re da scopi che non sono i nostri: e saremo i più intransigenti seleziona tori di chi vorrà
essere tra noi».
La matrice combatt e ntis tica e la stessa rettorica dello spirito di corpo vengono subito som m er s e
dal tipo di consensi e di partecipa zione che sponta ne a m e n t e l'iniziativa raccoglie. A Roma, il 6
luglio, all'Orto bota nico, gli Arditi del popolo sono già in grado di tenere un grande raduno. Ci
sono duemila uomini inquadr ati militar m en t e in centurie al comand o di Argo Secondari. Le
centurie sfilano con randelli e chiavi di legno. So no accorsi migliaia e migliaia di lavoratori ad
acclamare gli Arditi. Pochi giorni dopo « L'Ordine nuovo » pubblica un'intervista con Argo Secon
dari, al posto d'onore in prima pagina. Traspare la simpatia del giornale comunis ta verso il nuovo
moviment o i cui scopi sono netta me n t e de lineati dal suo strano fondatore: gli Arditi del popolo
sono sorti per di fendere i lavoratori « dal brigantaggio politico tenuto esclusivame nt e dai Fasci di
combat ti m e n t o ».
Se di fronte alla sistem atica guerra - afferma il Secondari - sosten ut a dai fasci sti contro il
proletariato italiano e le sue istituzioni, l'arditis m o non intervenisse rinnegherebbe se stesso... Noi
che miriamo essenzialm en t e a realizzare la pace inter na, dando la libertà ai lavoratori, potevam o
anche restare estranei alla contesa tra fascisti e sovversivi. Oggi, però, non è più il caso di parlare
di violenza rossa... Noi lottere m o contro i fascisti e chiunque vorrà impedire ai lavoratori del
braccio e del la mente la loro emancipa zione... '.
La forma zione di « senza partito » è accolta con enorme simpatia an zitutto tra i militanti dei
partiti proletari, da Roma a Livorno, da Parma a Pisa, da Genova a Bergamo, da Pordeno ne a
Vercelli, da Torino a Trie ste. Si aprono in luglio in varie città circoli che si appres t a no a formare
compagnie di Arditi del popolo in cui affluiscono, accanto ad ex combat tenti, giovani delle ultime
leve. Tipica l'esperienz a di un centro come ##
1 Chi sono e cosa vogliono gli Arditi del popolo, «L'Ordine nuovo», 12 luglio 1921.
Gli Arditi del popolo 143
Vercelli che un giovane comunist a di allora, Francesco Leone, così ci ha descritta quant o alle sue
prime estrinseca zioni:
Mi feci prom ot o re di una riunione estesa a quanti avessero voluto aderire alla costituzione degli
Arditi del popolo. Il nostro invito, od appello, era rivolto a tutti i giovani antifascisti e non soltanto
ai giovani. Quella iniziativa aveva ottenut o lar ghi consensi, anche tra gli anarchici, i quali allora
costituivano a Vercelli un gruppo abbast a n z a numeros o... '.
Vedrem o come il Leone riceverà dal partito l'ordine di soffocare il movimento che gli stessi giovani
comunisti hanno suscitato. Intanto, nel le prime settima ne di luglio, il caso di Vercelli si ripete un
po' ovunque. I dirigenti periferici comunisti chiedono istruzioni in merito al partito segnalando,
come fa Ilio Barontini da Livorno, « che gli elementi sin ora aderenti sono completa m e n t e
sovversivi, da escludersi dannu n zi a ni ». Infatti, il movimento in periferia assum e carattere di
difesa armat a pro letaria, unita, quella difesa e quell'unità che i loro partiti non sono anco ra
riusciti a organiz z ar e per i lavoratori.
Dalla Centrale comunis ta si è, al primo momen t o, esitanti. Il PSI precede il PCI nel dichiararsi
estraneo al moviment o3 e nel patto di paci ficazione con i fascisti tale estraneità verrà anche
codificata.
Antonio Gramsci, dopo l'intervista a Secondari, ha scritto un articolo che pare una sorta
d'intervent o personale pronu nciato, come sarà poi chiaro, di fronte alle riserve, anzi all'ostilità che
va manifesta n d o l'Ese cutivo. Gramsci osserva che gli obiettivi della nuova associazione sono
troppo limitati, che non si deve porre un limite all'espan sione della ri scossa popolare, che il
proletariato non si trova di fronte soltant o i fasci sti ma « tutto l'apparecchio statale, con la sua
polizia, con i suoi tribuna li, con i suoi giornali... » Detto questo, però, aggiunge:
Sono i comunis ti contrari al moviment o degli Arditi del popolo? Tutt'altro: es si aspirano
all'arma m e n t o del proletariato, alla creazione di una forza armata prole taria che sia in grado di
sconfiggere la borghesia e di presidiare l'organiz z a zi one e lo sviluppo delle nuove forze produt tive
generate dal capitalis m o4.
L'intervento di Gramsci è tanto più singolare perché appare sul gior nale il 15 luglio, il giorno
appres so la pubblicazione di un comunicato ufficiale dell'Esecutivo comunis ta in cui si
prome tt o n o indicazioni preci se in merito a iniziative come questa e si invitano i compagni a
restare in ##
1 Da una testim onian z a scritta resa all'autore con lettera da Vercelli del 13 febbraio 1965.
2 Lettera del 13 luglio 1921 all'Esecutivo del PCd'I (APC, 1921, 49/ 3).
3 La situazione presente e gli Arditi del popolo, «Avanti! », 31 luglio 1921. Cfr. anche Pietro nenni,
Il diciannovis m o cit., pp. 168 - 74.
4 Lo scritto di Gramsci appare, non firmato, col titolo Gli «Arditi del popolo», «L'Ordine nuovo», rj
luglio 1921.
1
144
Capitolo nono
attesa di disposizioni, pur riafferm a n d o che « l'inquad ra m e n t o militare rivoluziona rio del
proletariato deve essere a base di partito » '. Nel vol gere di quindici giorni o poco più giungerà la
sconfessione comunist a de gli Arditi del popolo. Nel frattem p o l'adesione del deputa t o socialista
Giuseppe Mingrino, segretario della Camera del lavoro di Pisa e del re pubblicano Baldazzi a fianco
del Secondari (che essi cercano di controlla re e possibilment e eliminare2) da al movimento un
carattere politico più spiccato. E, soprat t u t t o, la costitu zione delle sezioni locali mostra che gli
Arditi del popolo ad altro non tendono che a diventare una forma zione armata tipicame nt e
proletaria. A Torino, ad esem pio, fin dal primo an nunzio della nuova forma zione, diventano e si
proclam a no Arditi del po polo i compone n ti delle squadre delle Guardie rosse, fondate nel 1919, e
un primo battaglione di trecent o armati è costituito alla metà di luglio. Il manifesto della sezione
di Torino, che si appoggia alla Lega proletaria reduci presso la Casa del popolo, non lascia dubbi
sulla sottolineat u ra di classe del moviment o. « Operai, impiegati - vi si legge - vecchi soldati delle
trincee, rivoluzionari sinceri, accorrete a ingrossare il nuovo eserci to di difesa proletaria... ».
I nuovi Arditi sono comunis ti, socialisti, anarchici; i docume n ti della polizia provano come il
fenom en o sia assoluta m e n t e analogo a Parma, dove un giovane dirigente socialista, Guido Picelli,
prende la testa del l'organiz za zi on e e riuscirà a sviluppa rla fortem e nt e, a Pisa, dove l'azione del
deput a to Mingrino si rivela efficace e porta alla costitu zione di un corpo armato di 700 Arditi, a
Livorno, a Firenze, a Terni, a Perugia, a Bologna, a Genova. Un moviment o sponta neo, nel quale gli
ex combat tenti si uniscono ad operai dei vari partiti o ai margini di essi. Il caso del la Liguria è
forse il più significativo. Qui gli Arditi del popolo si fondono in tutta la regione con i Comitati di
difesa proletaria, hanno parte note vole nella difesa della Camera del lavoro di Sestri Ponente e
nella battaglia di Sarzana e i giovani comunis ti si fanno promot o ri del moviment o. Il prefett o di
Genova informa il ministero il 19 luglio che le squa dre ar mate comunis te denomi na t e Figli di
nessun o si sciolgono e gli affigliati « sono entrati a far parte dell'Associazione dei cosidetti Arditi
del popo lo, tratta n d o si di elementi iscritti e simpatiz z a n ti dei vari partiti sovver - ##
1 Manifesti ed altri docume n ti polìtici cit., p. 80.
2 Dalla relazione del questore di Roma del 14 agosto 1921 (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e
r., 1922, G. 1, b. 59).
3 In una denuncia del questore di Torino, in data 4 agosto 1921, inoltrata al procura tore gene rale
presso la corte d'appello della città, ricostrue n d o le vicende dell'organi z z a zio ne armata torinese, si
fanno i nomi di Dante Mandelli, ex tenente degli alpini e impiegato dell'Alleanza cooperativa, di
Arturo Bendini - comunista —, e degli anarchici Ilario Margherita e Raffaele Schiavina, quali coman
danti delle forma zioni torinesi degli Arditi del popolo. E si allega il manifesto succitato (ACS, Min.
Interno, Dir., gen. PS, A. g. e r., 1922, G. i, b. 59).
Gli Arditi del popolo
145
sivi, anarchico, comunista, socialista ufficiale » '. E si fanno i nomi di due comunis ti, l'architetto
Giuseppe Bianchini e l'insegnan t e Armando Vezzelli, come degli organizz a t ori delle forma zioni di
arditi popolari (circa ottocent o uomini). Così è a Sampierda re na e alla Spezia. Ai primi di ago sto, il
prefetto di Genova inform a che
In questa città i comunis ti lavorano alacrem en te per l'organiz z a zio ne di squadre degli Arditi del
popolo, alle quali si sarebbero impos te rispettivame n t e le denomi nazioni di « Lenin », « Trotzki »,
« Nulla da perdere », e « Tolstoi ». Sarebbe anche attesa da Roma la venuta di un ex maggiore degli
Arditi destinato ad istruire gli Arditi del popolo...2.
Il carattere unitario e spont ane o dell'organiz z a zi one, la stessa sua gracilità di organiz z a zione
testimonia no di uno sforzo popolare di co struire dal nulla una trama di resisten z a armata.
Ovunque, in piccoli e grandi centri, si raccolgono fondi attraverso sottoscri zioni popolari, si
cercano e si compra no armi. Che tanto slancio si espri ma senza ness un in coraggiame nt o, anzi tra
la sospet t os a inerzia dei partiti è la prova che la volontà di resisten z a nelle masse, o almeno nelle
loro avanguar die, ha bisogno assolut a m e n t e di un centro di raccolta e di coordina m e n t o. Dob
biamo ancora a Gramsci, in uno scritto dell'agosto, una osservazione in teressan t e sullo stato
d'animo di queste masse:
Le masse operaie, le quali concepiscono concreta m e n t e e positivamen te la fun zione del Partito
politico, le masse operaie le quali, anche dopo il congresso di Li vorno, continuaro no ad aver
fiducia nel Partito socialista, erano persuas e che la pre dicazione della non resisten za al male
fosse una mascherat ur a tattica, che doveva servire alla prepara zione minuzios a e perfetta di una
grande iniziativa strategica contro il fascismo. Ciò spiega il grande entusias m o con cui furono
accolte le prime appari zioni degli « Arditi del popolo ». Si credet te da parte di molti operai che la
predicazione della non resisten z a al male fosse appun t o servita al Partito socialista e alla
Confedera zione per organiz z a re minut a m e n t e il corpo degli « Arditi del po polo », per dare una
forma solida e coesa alla insurre zione popolare. Questa illusio ne è ormai caduta. Le grandi masse
popolari devono ormai essere convinte che die tro la sfinge socialista non c'era nulla. Se anche dei
socialisti (e forse i più destri) hanno partecipato alla creazione dei primi nuclei di « Arditi del
popolo », è certo, però, che la fulminea diffusione dell'iniziativa non fu deter minat a da un piano
generale, preparat o dal Partito socialista, ma fu dovuta sempliceme n t e allo stato d'animo
generaliz za t o si nel paese, alla volontà di insurre zione che covava nelle gran di masse. Ciò fu
dimos tra t o clamoros a m e n t e dal patto di pacificazione, il quale non poteva non deter mi nare un
ristagno nel moviment o di riscossa proletaria...3.
Il patto di pacificazione è indubbiam e n t e un fiero colpo inferto al mo vimento degli Arditi del
popolo, e il PCI non ha mancat o di prende re ##
1 gino bianco e gaetano perillo, I partiti operai in Liguria nel primo dopoguer ra, Genova 1964, p.
75.
2 Ibid., p. 79.
3 Contro il terrore, non firmato, «L'Ordine nuovo», 19 agosto 1921.
146
Capitolo nono
netta posizione contro le trattative e la sua stipulazione, di denunciare l'errore politico e lo spirito
di capitolazione che essa rivela nel PSI. Se nonché, ciò che Gramsci non spiega è perché, se così
stavano le cose, se tale era lo stato d'animo delle masse in favore degli Arditi del popolo, i
comunisti abbiano anch'es si dato l'ostracis m o al moviment o. La polemi ca di Gramsci contro i
socialisti va letta forse come rivolta a nuora per ché suocera intenda? Sta di fatto che quattro
giorni dopo il patto di paci ficazione tra fascisti e socialisti, il 7 agosto, un comunicat o dell'Esecuti
vo del PCd'I reca una solenne diffida, minacciando anche i « più severi provvedim en ti », ai
militanti che vogliano entrare negli Arditi del popo lo. Non si deve aderire a questa
organiz z a zio ne, né prendere contatt o con essa! '.
Le ragioni addot te dal comunicato per giustificare l'ostracis m o al mo vimento sono: la posizione «
di principio » secondo cui i comunisti deb bono inquadrar si soltant o in forma zioni militari a base
di partito e la differenz a di progra m m i. Il fine degli Arditi del popolo sarebbe sem pli cemente
quello di ristabilire l'ordine e la normalità della vita sociale mentre la lotta proletaria va rivolta alla
vittoria rivoluzionaria. Ma vi è dell'altro che il comunicato adombr a in termini voluta me n t e
ambigui («Non è agevole individuare l'origine della centrale nazionale» e del moviment o) e che i
dirigenti comunis ti dicono invece nelle riunioni e nelle disposizioni interne: gli Arditi del popolo
sarebbero diretti da pro vocatori.
La testim onian z a di Francesco Leone su questo punto rende appieno l'immagine dello sconcerto
dei militanti (che pure trapela dai docum en ti scritti). Leone racconta di aver letto il comunicato
due giorni prima della convocazione dell'asse m blea promos s a dai giovani comunisti di Vercelli per
dare vita alla sezione locale degli Arditi:
Mi precipitai a Milano. Sapevo dove avrei potut o trovare i nostri dirigenti na zionali. Infatti, credo
di aver rintracciato Fortichiari, se ben ricordo. Gli spiegai la cosa, gli dissi il mio imbaraz z o. Ebbi
subito le direttive, che erano di un ordine tas sativo: tu andrai alla riunione e dirai che i comunisti
non aderiscono agli «Arditi del popolo»; che noi abbiamo le nostre squadre comuniste e inviterai
coloro che vogliono combat te re contro i fascisti ad aderire ad esse. (Non ricordo se, in quelle
direttive, io dovevo anche dire che i dirigenti degli « Arditi del popolo » erano dei provocatori).
Non ero affatto convinto della giuste z z a di quelle direttive ma mi in chinai al dovere della
disciplina di partito, la quale allora si può ben dire che fosse di ferro. Quando io feci
quell'ann u ncio, si alzarono subito alte le protes te degli anarchici i quali avevano buon gioco a
dirmi che veniva travisato il senso della riunione: per gli «Arditi del popolo» si; per le squadre
comunist e no... ##
1 Manifesti ed altri docum en ti politici cit., p. 94.
Gli Arditi del popolo
147
La testim onian z a di Leone prosegue ricordan d o che la riunione finì tra grandi clamori. Con questo
risultato:
Purtrop p o le nostre disgra ziate direttive ed il pande m o nio che avevano susci tato, lungi
dall'incoraggiare i volenterosi intervenuti che non apparte neva no né ai gruppi anarchici né al
nostro partito, li avevano disorienta ti e delusi. Il nostro volontario isolament o veniva a privare il
costituen d o e prom et t e n te movimento de gli « Arditi del popolo » della guida più sicura, della
forza che riscuoteva maggiore fiducia. Noi avevamo distrut t o con le nostre mani, soffocato nella
culla, in sostan z a, quel movimento che esprimeva un'istintiva volontà di lotta, di unità antifascista,
la fiducia di arrestare uniti l'avanzat a delle squadre fasciste. Infatti, dopo quella riu nione, non si
parlò più a Vercelli degli « Arditi del popolo ». Noi ci trincera m m o nelle nostre « squadre
comunist e » che finirono per ridursi ad un pugno di uomini dispos ti a tutto nel fuoco della lotta
che diventava sem pre più impari...
Nella situazione politica dell'estate del 1921, colla forma zione del governo Bonomi (che ottiene la
maggioran z a con 302 voti contro 136; molti deput a ti socialisti si squagliano al mome nt o del voto)
spegnere il moviment o degli Arditi appare tanto più contra d di tt o rio in quant o la di rezione
massimalista del PSI, pur dopo aver approvat o il patto di pacifi cazione, si schiera per
l'opposi zione più ferma al nuovo governo e natu ralmente i comunisti non sono da meno. Difficile
è decidere se più dele teria per l'organi zz a zi one di una resisten z a armata proletaria che stava
sorgendo dal basso sia stata la firma del patto da parte dei socialisti - nel la speran z a di ottenere
una tregua di cui poi non ci si sa valere per una riscossa - oppure la diffida comunis ta, né si può
dire fino a che punt o il movimento, se non fosse appunt o stato « soffocato nella culla », avrebbe
potuto spingersi. Va notato che la repressione del moviment o da parte degli organi di polizia è
dura, efficacissi ma. Certo si è che, proprio allor quando la violenza fascista riprenderà stracciando
col ferro il patto, il proletariato si troverà disarm a t o e scoraggiato. Qualche nucleo di Arditi del
popolo si attesta qua e là, assu m e n d o forme locali assoluta m e n t e au tonom e (sarà il caso classico
di Parma) ed anche alcune organiz z a zi oni periferiche comunist e sfidano per mesi le ire
dell'Esecutivo ma coll'au tunno il moviment o appare stroncato. Le cifre che la polizia fornisce in
proposito, anche se forse peccano per difetto, sono impres siona n ti. In ottobre restano soltant o più
5000 Arditi del popolo in tutta Italia2 e la cifra si ridurrà ulterior me n t e alla fine dell'anno. ##
1 È il caso di Pordenone e di Mantova. Cfr. le lettere dell'Esecutivo del PCI, di forte richiamo alla
disciplina, del io novembre e del 9 dicembre (APC, 1921, 49/ 71 - 72).
2 Il ministero dell'Interno, in base a un'inchiest a condott a nelle varie province, fornisce, al 31
ottobre 1921, queste cifre degli «iscritti» agli Arditi del Popolo: Ancona, 2jo; Ascoli Piceno, jo; Bari,
jo; Catania, 227; Corno, 40; Cremona, 260; Foggia, 75; Genova, 450; Livorno, 200; Lucca, 40;
Novara, 60; Perugia, 660; Pesaro, 2ij; Pisa, 1306; Reggio Emilia, ijo; Roma, 1^63. Il totale sareb be di
5000 effettivi (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1921, G. 1, b. 73).
148
Capitolo nono
Il fascismo ha attraversa t o una seria crisi nell'estate del 1921 e i co munisti paiono ancor più
conquis tati all'idea che il fenome no fascista stia per essere assorbito dalla classe dirigente.
Quando, in settem bre, il mo vimento dei Fasci si trasfor m a in partito, Togliatti, che segue per i
quoti diani comunisti il congress o di fonda zione del PNF, scrive:
Noi siamo convinti non essere mai stato altro [il fascism o] che una forma nuo va della dittat ura
borghese... Costituito in partito, il fascism o avrà la sua parte al festino della democra zia, più o
meno sociale. Tutti si metteran n o facilmente d'ac cordo1.
Ed è import a nt e, proprio per cogliere tutti i passaggi che la situazio ne politica fa percorrere
all'elabora zione gramsciana (ed anche per com prendere come egli non sia « all'opposizione » nel
partito ma risenta di tutta la comune concezione) vedere come lo stesso Gramsci ora non la pensi
diversa m e n t e. Nel mese di sette m b re egli osserva infatti che il feno meno fascista sta prenden d o
una piega diversa. Tenendo sempre a fuoco la compone n t e piccolo - borghese urbana (ma non c'è
proprio qui una sche matiz za zio ne sociologica che fa da scherm o alla sua esatta collocazione?)
Gramsci scrive:
Caduta la forza del partito socialista dopo l'occupazione delle fabbriche, con rapidità fulminea la
piccola borghesia urbana, sotto la spinta dello stesso stato mag giore che l'aveva sfrutta ta in
guerra, ricostruì i suoi quadri militarme n t e, si orga nizzò nazional me n t e. Maturazione rapidissim a,
crisi costituzionale rapidissi m a. La piccola borghesia urbana, giocattolo in mano allo stato
maggiore e alle forze più re trograde del governo, si alleò agli agrari e spez z ò, per conto degli
agrari, l'organi z zazione dei contadini. Il patto di Roma tra fascisti e socialisti segna il punto di ar
resto di questa politica ciecament e e politicamen te disast ros a per la piccola borghe sia italiana
urbana, la quale compres e che vendeva la sua « primogenit ura » per un piatto di lenticchie. Se il
fascis mo continuava nelle spedizioni punitive tipo Treviso, Sarzana, Roccastra da, la popola zione
sarebbe insorta in massa e, nell'ipotesi di una sconfitta popolare, non certo i piccoli borghesi
avrebbero preso in mano il potere ma lo stato maggiore e i latifondis ti. Il fascismo si avvicina
nuovam e nt e al sociali smo, la piccola borghesia cerca di rompere i legami con la grande proprietà
terriera, cerca di avere un progra m m a politico che finisce col rasso migliare strana m e n t e a quello
di Turati e D'Aragona2.
I fatti, la dinamica successiva del fascism o, smantellerann o questa co struzione sociologica e
queste ipotesi. Nell'incerte z z a di quel momen t o di pausa dello squadris m o, è solo la classe operaia
a restare priva di guida e di pros pe t tiva. L'afflosciarsi del moviment o degli Arditi del popolo è
anche frutto di tanta confusione e polemica interna. Acquista un partico lare valore, in proposito,
il fatto che osservazioni e rilievi come quelli ##
1 Dalla corrispon d e n z a da Roma, siglata p. t. pubblicata dall'« Ordine nuovo», 9 settem bre t92i,
col titolo Il fascism o partito politico.
2 I partiti e la massa, non firmato, «L'Ordine nuovo», 25 sette m b re 1921.
1
Gli Arditi del popolo
149
che siamo andati facendo vengano proprio allora mossi al partito italiano dall'Interna zio nale
comunist a. La corrispon d e n z a che intercorre nell'au tunno sul tema illumina sia l'insieme del
contegno del PCI che quegli altri elementi di fatto, sulla natura e le origini dell'Arditis m o popolare,
che non sono trapelati dalle dichiarazioni e prese di posizione ufficiali.
Il moviment o comunis ta interna zionale viene inform at o in modo molto vario e contra d dit t orio sul
fenom en o degli Arditi del popolo dagli stessi comunisti italiani. Gennari lo difende in uno scritto,
Terracini dirà il contrario '. Ma altri articoli, e forse rappor ti confiden ziali di un irrego lare del
comunis m o italiano, Vittorio Ambrosini, anch'egli ex ardito, esaltano l'esperienz a e il valore della
novità di questo raggrup p a m e n t o e contengono una critica al partito italiano2. Lo stesso primo
rappres e n tante ufficiale della Repubblica dei Soviet in Italia, Vorovskij, un diri gente politico di
valore, denuncia gli errori di settaris m o del PCI sulla questione.
Da Milano, Ruggero Grieco a nome dell'Esecutivo del PCI sente il bisogno, il 7 novembre, di dare un
ragguaglio completo all'Esecutivo del l'Interna zionale comunis ta sul problem a e sull'atteggia me n t o
assunt o. Grieco, oltre alle motivazioni già note, insiste nella sua lettera sul fatto che Argo
Secondari non si è saputo discolpare dall'accusa di essere un « agente della polizia » e che,
inariditesi le fonti di denaro dell'associazio ne, è scompa r s o (ma se fosse stato un provocatore
avrebbe avuto bisogno dello stipendio da parte degli Arditi del popolo?) Tutto sarebbe stato
originato da una manovra di Nitti e del « Paese » contro Giolitti.
Grieco ammet te che « il proletariato in tutta l'Italia si univa attorno a questa organiz z a zione e in
molte città, specialment e in quelle regioni dove le azioni delle guardie bianche erano più violente
(Bergamasco, Al to Veneto) si costituirono organis mi analoghi, in cui si univano comuni sti,
socialisti, anarchici, repubblicani e persino popolari », e giunge sino ##
1 Egidio Gennari esalta «la nuova formazione di combat ti m e n t o degli Arditi del popolo» (Le
jascisme, «La Corres po n d a n ce internationale», a. 1, n. 4, 22 ottobre 1921) ment re Umberto
Terracini sullo stesso organo (n. 24, 31 dicembre) corregge il compagno sostene n d o che «la
creazione degli Ar diti del popolo non è stata che una manovra interess at a di elementi della
borghesia desiderosi di stor nare a loro profitto una parte delle energie proletarie svegliate dagli
attenta ti fascisti».
2 Cfr. L'Ardito rosso [Vittorio ambrosini], Le fascis me en Italie, «La Revue comm u ni st e», a. 11, n.
17, luglio 1921, e La situation italienne, ses lecons, ibid., n. 18, agosto - settem bre 1921. Su Vittorio
Ambrosini e questo episodio cfr. anche «Rinascita», a. xxm, n. 13, 26 marzo i960; L'Ar dito rosso
non era Gramsci, lettere di Sergio Caprioglio e Paolo Spriano.
3 Un riferiment o preciso alle critiche di Vorovskij, come agli «intrighi di Ardito rosso», è con
tenuto nel rapport o che Jules Humbert - Droz invia il 26 marzo 1922 da Roma al Komintern e che
lo stesso Humbert - Droz ha riprodot t o in uno scritto inedito, L'internationale comm u nis t e et la
forma tion de la directìon du Parti comm u nis t e italien, di cui abbiamo potuto prendere visione per
la cor tesia dell'autore.
4 La lettera di Grieco, ritrovata con la copia della rispost a dell'Interna zio nale comunis t a nel
l'archivio del PCI, è redat ta in lingua tedesca. La lettera porta la data Milano, 7 novem bre 1921. La
copia della rispost a è senza data né firma. Entrambe le missive sono state pubblicate, nella
tradu zio ne
150
Capitolo nono
ad attribuire la caduta del governo Giolitti a tale situazione di riscossa popolare e alla campagna
del « Paese ». Senonché la lettera prosegue so stenend o che, raggiunto tale scopo, gli animatori del
moviment o smisero di sostenerlo mentre i « socialisti cominciarono a sabotarlo ». Ma perché
anche i comunisti fecero altretta nt o? Per il suo progra m m a, ripete Grie co, per la sua origine
dubbia, ma anche perché, « allorché sorsero gli Ar diti del popolo il nostro partito aveva già una
organiz z a zio ne paramilita re istruita... e siamo giunti alla conclusione che sarebbe stato meglio
non distogliere i comunisti dal proprio lavoro metodico». Un compagno, se entrass e negli Arditi, si
troverebbe a dover ubbidire ad ordini magari di versi, « innan zi all'alternativa di violare una delle
due discipline », sicché « abbiamo considerat o non opport u n o porlo nell'imbara z z o di dover vio
lare gli impegni che avrebbe assunt o ».
La rispost a dell'Interna zion ale (certo redat ta da un espone nt e molto qualificato del partito
bolscevico, alle cui esperien ze fa diretto riferimen to) ha il tono e l'impegno di una lezione di
dottrina e di tecnica rivoluzio naria e ribatte tutti gli argome nti del corrispo n de n t e italiano non
celando una critica che investe l'orienta m e n t o di fondo del PCI.
È chiaro - comincia la replica requisitoria - che agli inizi avevamo a che fare con
un'organi z z a zi one di massa proletaria e in parte piccolo - borghese che si ribella va
sponta ne a m e n t e contro il terroris m o... Dove erano in quel mome nt o i comuni sti? Erano occupati
ad esaminare con una lente d'ingran di m e n t o il moviment o per decidere se era sufficiente m e n t e
marxista e confor m e al progra m m a?... Il PCI do veva penetrare subito energicame n te nel
moviment o degli Arditi, fare schierare at torno a sé gli operai e in tal modo convertire in
simpati z z a n ti gli elementi piccolo borghesi, denunciare gli avvent urieri ed eliminarli dai posti di
direzione, porre ele menti di fiducia in testa al movimento. Il partito comunista è il cervello e il
cuore della classe operaia e, per il partito, non c'è movimento a cui partecipino masse di operai
troppo basso e troppo impuro. Pensate al passato di altri partiti fratelli, par ticolarm e nt e di quello
russo. Il movimento di Zubatov venne organiz z a t o dal capo della polizia segreta moscovita, i moti
di gennaio 1905 a Pietroburgo furono diretti dal pope Gapon, semiavvent u riero, semis pia, che
divenne poi una spia completa. Tutto questo ha impedito ai nostri compagni russi di partecipare
energicame nt e al movimento, di smascherare le spie e di attrarre le masse al partito? Al contrario,
grazie alla loro partecipa zione attiva hanno affrettato la rivoluzione dell'ottobre 1905, poiché
attraverso tali azioni sponta nee sono riusciti a dominare movimenti di massa condizionati dalle
vicende storiche.
Dopo aver mostrat o come la inconciliabilità tra le due discipline, quella del partito e quella degli
Arditi, sarebbe stata più teorica che rea le, la rispos ta del Komintern si sofferm a su un altro punt o:
che i comu nisti avrebbero potut o con la loro organiz z a zio ne militare divenire l'e- ##
italiana, da Giorgio Amendola nella sua prefazione a ruggero grieco, Scritti scelti, voi. I, Roma
1966, pp. xxiii- xxvin, in nota.
Gli Arditi del popolo
151
lement o domina nt e mentre l'inqua dra m e n t o di soli comunis ti mostra « che il partito è impoten te a
soddisfare una necessità vitale delle mas se ». La lettera così conclude:
Cari compagni, ci siamo permes si di spiegarvi la nostra opinione sinceram e n t e poiché ci pare che
abbiate trattato il problem a in modo troppo teorico e di princi pio. Il vostro giovane partito deve
utilizzare ogni possibilità per avere contat t o di retto con larghe masse operaie e per vivere con
loro. Per il nostro moviment o è sem pre più vantaggioso compiere errori con la massa che lontano
dalla massa, rac chiusi nella cerchia ristret ta dei dirigenti di partito, afferma re la nostra castità per
principio.
L'esem pio della condot ta comunis ta nei confronti degli Arditi del po polo diverrà classico nelle
successive polemiche interne del moviment o. Si dirà anche che Lenin sia personal m e n t e
intervenut o a raccoma n d a re al partito italiano di fare ciò che questo non fece. Il dirigente tedesco
Thàlma nn afferm erà nel 1924:
Al tem po del grande movimento degli Arditi del popolo nel 1921 il partito ita liano ha rifiutato di
trarre profitto da questo moviment o popolare, sebbene Lenin glielo avesse espres s a m e n t e
doma n d a t o.
Anche se non vi è ness una conferm a di questo particolare (ma neppu re una smentita) il caso del
dibattito intercors o sul problem a è una spia preziosa dei caratteri e dei termini del dissens o che si
sta aprendo tra il PCI diretto da Bordiga e l'Esecutivo del Kominter n. ##
1 Cfr. «Bulletin du V Congrès de l'Intema tionale comm u ni s t e», n. 14, Mosca, 1° luglio 1924.
Capitolo decimo
Il dissenso con il Komintern
La « questione italiana » si iscrive all'ordine del giorno dell'Interna zionale comunis ta per parecchi
anni, dal III al IV congresso (1921 - 24) e sebbene essa non abbia il peso e l'acutez z a di quella
tedesca — in cui si riassu m e il dram m a tico travaglio della organiz z a zi one stessa per più d'un
decennio - rappre se n t a un capitolo importa n te della storia del Ko mintern. Subito dopo la
scissione di Livorno, d'altron de, la nascita del PCd'I, per il modo come avviene, provoca la prima
grave crisi nel Parti to comunista unificato tedesco, che porterà all'espulsione di Paul Levi. Nella
sostan z a è in gioco l'intera strategia del movimento comunis t a nel l'Europa occident ale. Paul Levi è
l'uomo della politica di unità delle for ze operaie tedesche, l'uomo che, prima di andare ad
assistere al congres so di Livorno, ha propos t o attravers o una «lettera aperta» (che Lenin approva
pienam e n t e, ed è anzi in parte suggerita da Radek, l'esponen te bolscevico che segue più da vicino
la situazione tedesca) ' un progra m m a minimo d'azione comune ai socialdem ocr atici maggioritari,
allo USPD, al KAPD, ai sindacati tedeschi. Di qui la coerenz a del suo atteggiam en t o a Livorno e il
suo scontrarsi con una tattica e con un giudizio che gli sem brano respingere come « centriste »
forze e uomini (Serrati e i massim ali sti più vicini a lui) che egli non vorrebbe vedere abban do na ti.
È evidente anche un riflesso del congress o di Livorno, di quel proces so di separa zione e poi di
successiva alleanza che Lenin ha in mente ma che Bordiga o Ràkosi considera no invece un taglio
netto irreparabile e Levi vorrebbe, proprio per questo, scongiurare. E tanto maggiorme n t e quanto
più il president e del PC tedesco ravvisa un'analogia tra il PSI e l'USPD, partiti che conservano un
forte seguito di massa, e verso i quali una lotta frontale può alimenta re l'estre mis m o dei due
partiti comunisti, italiano e tedesco. Per il VKPD la differenzia zione interna tra due linee
contrap p o s t e corre sin dalle origini, si è espress a in tutto il suo primo periodo di vita. Così non
stupisce che le riserve, anzi l'opposizione di Paul Levi al tipo di scissione operat o a Livorno
portino in febbraio a una ##
1 Leninski Sbornik, voi. XXXVI, Moskva 1959, pp. 220 - 21. La lettera, datata Mosca 16 aprile 1921, è
indirizz at a a Paul Levi e a Klara Zetkin.
Il dissens o con il Komintern
153
spaccat ura nel Comitato centrale1. Con Levi si schierano Klara Zetkin, Adolf Hoffman, Otto Brass,
dimissionari dalla direzione che assu me a maggioran z a la risoluzione propost a dalla sinistra del
partito, capeggiata da Thalheimer, Brandler, Stocker e Ruth Fischer."
Presto diviene evidente che il dissidio sulla « questione italiana » non è che una cartina di
tornasole per portare alla luce le differen zia zioni pro fonde sulla tattica da adottare in Germania:
differenzia zioni che investo no lo stato maggiore dell'Interna zi onale comunista. In marzo, infatti,
Paul Levi, dimissiona rio dalla direzione, si trova a Monaco per prendere contatto (anche in questo
caso, dietro consiglio di Radek e Zinov'ev) con circoli bavaresi sostenitori di un « fronte unitario
nazionale », e di qui si reca a Vienna, ment re scoppia la cosiddett a « rivoluzione di marzo » nel la
Germania centrale: un'azione disperat a (« il più grande putsch bakuninista della storia
conte m p o r a ne a » - la definirà Levi in un suo celebre opuscolo4) che coinvolge più di centomila
operai della regione mineraria di Mansfeld; la loro rivolta armata non si estende al resto del paese,
lo sciopero generale proclam at o dai comunisti fallisce, e in dieci giorni di combat ti m e nti
sanguinosi centinaia di minatori cadono uccisi dalla poli zia e settemila militanti vengono
arrestati.
Ciò che ci interess a più da vicino è il richiam o che la famosa « Màrz Aktion » assum e per il partito
italiano, nei confronti dell'Interna zio nale comunis t a. Viene alla luce, infatti, che ad incoraggiare le
illusioni e il mi raggio di una « tattica offensiva » propri di Brandler, Thalheimer e Sto cker, sono
stati esponen ti dell'Interna zio nale comunista allora presenti in Germania, in primo luogo proprio
quel Ràkosi5 che tornava da Livor no e che della scissione italiana difendeva ora il carattere di
modello, un ##
1 Grande è l'eco intema zionale dell'episodio (e amplissima la bibliografia). Vi è un articolo di Paul
Levi, del 23 gennaio 1921, su «Rote Fahne» che apre il dissens o, quindi una lettera dello stesso
Levi a Bottcher, del 26, che viene pubblicata da «Freiheit» suscitan do un vero scandalo. Paul Levi
ribadisce in una riunione di partito che «il Comitato esecutivo dell'Interna zi onale comunis t a ha
fatto in Italia una cosa che le masse non compren d er a n n o e che bisogna fare di tutto affinchè i
serratiani ri tornino nella Terza Interna zionale». Cfr. su tutto il viluppo della situazione un saggio
illuminant e di carlo finale, La scissione di Livorno e la crisi della direzione comunist a tedesca del
1921, «Mo vimento operaio e socialista», a. x, n. 1, gennaio - marzo 1964, pp. 3- 18, che cita
docum e n ti essen ziali. Per la reazione dei comunisti italiani cfr. A. B. [bordiga], Il dibattito tra il
PCU di Germania e il Comitato esecutivo della III Interna zionale, «Rassegna comunis ta», a. 1, n. 1,
30 marzo 1921.
2 Nel Comitato centrale del VKPD, riunitosi a fine febbraio, la mozione di sinistra, che difende ed
esalta la tattica dell'Interna zi onale comunis t a a Livorno ottiene 28 voti contro 23.
3 Cfr., anche per questo mome nt o, il finale, La scissione di Livorno ecc. cit., p. 8.
4 paul levi, Unser Weg wider den Putscbis m u s, Berlin 1921, introdu zio ne. Violentissim a è ivi la
requisitoria dell'autore contro i delegati ungheresi del Komintern, ispiratori dell'azione di marzo:
«L'Europa occidentale e la Germania diventano un campo d'esercitazione per ogni sorta di uomini
di Stato falliti» (p. 46). Cfr. sulla condot ta di P. Levi in questa circosta n z a e nei successivi rappor ti
con Mosca, Helmut gruber, Paul Levi and thè Cominter n, «Survey», n. 53, London, ottobre 1964, PP.
70- 85.
5 Anche sulle posizioni teoriche di Rakosi e sulla parte da lui avuta nella « rivoluzione di mar zo»
cfr. la ampia docume n t a zi one fornita dal finale (La scissione di Livorno ecc. cit., pp. ri- 14).
154
Capitolo decimo
esem pio per gli altri raggrup p a m e n ti comunis ti ancora spuri (i tedeschi e i francesi)1. Siamo, cioè,
dinan zi all'iniziativa di una sinistra comu nista, che si rivelerà appieno al III congresso nel giugno luglio.
La situazione diviene presto tale (Levi è espulso dal VKPD in aprile, per la pubblicazione del suo
pam p hlet contro il putsch) che l'Interna zionale comunis ta, se non evita di proclam are come giusta
la linea scelta a Livorno2 né di ratificare l'allontana m e n t o di Levi per avere questi vio lato la
disciplina, pare rivolgere la sua attenzione maggiore a frenare le impazien ze della sinistra. Un
articolo di Zinov'ev della fine di marzo am monisce che « il tem po della rivoluzione proletaria
interna zionale sta, per tutta una serie di circosta n z e, alquant o rallentan d o » 3; in altri termini, si
comincia a riconoscere che i rappor ti di forza sono sempre più sfavorevo li a colpi di mano, ad
una tattica offensiva.
I dati generali, la « serie di circosta n z e », paiono andare tutti in senso oppost o a quanto si
auspicava l'anno preceden t e. La Russia si trova di nanzi a una situazione interna difficilissima.
Una carestia fa strage nelle campagne, il paese è inquieto, le difficoltà crescenti spingono Lenin ad
adottare la Nuova Politica Economica che rida respiro alla libertà di comme rcio, fa grandi
concessioni ai contadi ni, costituisce un arretra m e n to « sulle posizioni del capitalism o di Stato »,
per dirla con le sue parole. Il giovane Stato sovietico cerca di uscire dall'isolame nt o: un accordo
comm erciale con l'Inghilterra viene firmato. La reazione si è scatenat a in Italia, e non solo in Italia,
ment re gli avvenimen ti di Germania segnano una nuova delusione sul corso rivoluzionario di quel
paese. La azione di marzo verrà criticata forteme n t e al III congress o dell'Interna zion ale co munist a
da Radek, relatore sulla tattica5, e da Lenin che giunge sino a di fendere Paul Levi6 e in ogni caso
dissua de i compagni dal mettere sotto accusa anche Klara Zetkin. ##
1 Sul giudizio di Ràkosi (spesso sulla stam pa dell'epoca citato come Marboczi) pronunciato di
nanzi alla direzione del VKPD cft. uno scritto di genosse (G. Sacerdote) in «Comunis m o», a. 11, n.
12, pp. 651 sgg. Il corrispon d e n t e dell'« Avanti! » da Berlino riferisce questa frase di Ràkosi, ap
parsa su «Rote Fahne»: «Se la chiarez z a dei comunisti rende necessarie tali scissure, allora si deb
bono attuare, se è necessario, magari dieci volte, in Italia come in Francia, come in Germania.
Anche nel nuovo PC francese la III Internazionale ha accolto elementi come Cachin e Lafont i quali,
a mio avviso, sono indesiderabili».
2 Nella lettera di Lenin a P. Levi e a K. Zetkin già citata si afferm a: «Qualsiasi difesa e persino
semidifesa di Serrati è stata un errore!»
1 A la velile du III Congrès de VInternationale com m u nì s t e, «L'Internationale comm u ni s t e», a. 11,
n. 16, 31 mars 1921.
4 Scoppiano in febbraio scioperi a Pietroburgo, mentre a Kronsta d t una rivolta di marinai, di retta
da anarchici, è repres sa a prez z o di rilevanti perdite.
5 carlo radek, La via dell'Interna zi onale Comunist a, Libreria editrice del PCd'I, Roma 1921, pp. 4256. La critica del relatore sviluppa il giudizio sull'« azione di marzo completa m e n t e imprepa rata»
da parte della direzione comunist a tedesca contenu t a in uno scritto precede nt e. Cfr. La crisi del PC
di Germania, riprodot t o dall'«Ordine nuovo», j maggio 1921.
6 « Paul Levi aveva sostan zi al me n t e ragione in una gran parte della critica all'azione di marzo»,
scriverà Lenin nella Lettera ai comunis ti tedeschi del 14 agosto 1921 (cfr. L'Interna zionale
comuni -
Il dissens o con il Komintern
155
All'inizio la svolta può anche passare inavvertita. Nel marzo del 1921, nel fuoco della polemica
tuttora accesissi ma con Serrati ', Zinov'ev con tinua ad afferma re che l'Italia è il paese più vicino
alla rivoluzione, a ri vendicare la giustez z a dell'intra nsigen z a mostrat a ai congressi di Mosca e di
Livorno, aggiungen dovi anzi una lode esplicita per Bordiga2 e Ra dek, da parte sua, proclama che
Il fatto che gli operai del partito di Serrati siano profond a m e n t e convinti della loro fedeltà alla III
Interna zionale non diminuisce, bensì al contrario giustifica l'e sisten za del grande pericolo che
minaccia gli operai da parte dei centristi. Il virus dell'ideologia centrista è penetra to
profon da m e n t e nello spirito della classe operaia italiana 3.
I comunisti italiani, che abbiamo visto come siano andati alle elezioni ponend osi quale obiettivo
principale quello di infliggere un colpo mor tale al PSI non fanno, quindi, se non muoversi in
quell'am bito. Ma al III congress o dell'Interna zio nale comunis ta, che si apre a Mosca il 22 giugno,
proprio in base ai profon di muta me n ti registrati, risuona n o ac centi ben diversi da quelli del
congres so precedent e. Tutto som m a t o, l'Interna zionale comunista, e Lenin per primo, hanno tratto
rapida m e n te una conclusione pratica adeguata dall'inversione di tenden z a nella si tuazione. Ciò
non impedirà agli uomini della II Interna zionale e della II e III di approfittare della variazione di
prospet tiva per una critica che a volte si spinge persino ad abbracciare posizioni di sinistra4 e che
non si lascia neppur e sfuggire l'opport u nit à di riaprire un process o alle parole d'ordine del 1920.
In particolare, i dirigenti della Interna zionale di Vienna (la II e VI) possono ora rimproverare con
maggiore ragione la fretta precede nt e dei bolscevichi.
Friedrich Adler, ad esem pio afferma:
La rivoluzione mondiale non è ancora finita, è vero, ma voi avete speculato su una vittoria troppo
rapida e noi soli fum m o politici viventi nella realtà quando pre vedem m o lo sviluppo più lento 5.
##
sta cit., p. 336). Lenin direbbe anche a Klara Zetkin che si dovrebbe giungere a un compro m e s s o
con Levi (cfr. klara zetkin, Souvemrs sur Lénine, Paris 192J, pp. 30- 36).
1 Cfr. g. zinov'ev, A la veille du 111 Congrès ecc. cit.
z « C'era in Italia una tenden z a antiparla m e n t a re che pagava tributo al sindacalis mo e di cui il
compagno Bordiga era il leader. Dobbiam o dire con la più grande soddisfa zione che questo
compagno e i suoi amici si sono sottopos ti alla disciplina interna zionale e forma no ora il nocciolo
più sicuro del nuovo partito comunist a». A la veille du Congrès ecc. cit.
3 Karl rader, La fondation de la III Internationale, «L'Internationale com m u ni s t e», a. il, n. 16,
marzo 1921, p. 3442.
4 Per questo tipo di critiche cfr. brAnko latitch, Lénine et la 111 Internationale, Genève 1950, P.
173: «La Russia nel 1921 non fu più l'avanguar dia della rivoluzione comunis ta mondiale ma, in
versame n t e, il moviment o comunista mondiale divenne la retroguar dia della Russia sovietica».
5 Quest'affer m a zio ne, al pari di una analoga di Martov, è citata da k. radek nel suo rappor to al HI
congres so dell'Interna zio nale comunis ta (cfr. La via dell'Interna zio nale comunista cit., pp. 9- 10).
156
Capitolo decimo
E, a sua volta, tutta la sinistra comunista ed operaia (in Germania, in Olanda, in Italia, in Polonia, in
Ungheria) può, dinan zi al muta me n t o di tattica, sostenere che esso contras ta con i principi su cui
si era fondata l'Interna zionale comunista e rischia di portare a un disarm o ideologico del
proletariato europeo. Un tipo simile di critica e accuse analoghe ser peggiano infatti tra i
congres sisti di Mosca.
Alla tribuna, presenti 291 delegati con voto deliberativo e 314 con voto consultivo, è Trockij a
tenere il primo rapport o sulla situazione eco nomica mondiale e sui nuovi compiti. E in esso si
constata, senza infin gimenti, il riflusso generale dell'onda ta rivoluzionaria e si ammet te che in
ogni caso il ritmo della marcia rivoluziona ria è più lento di quanto non si suppone s s e nel 1919 20, anche se il consolida m e n t o del mondo capita listico appare impos sibile.
Ora vediamo e sentia mo - afferm a Trockij - che non siamo così vicini al fine, del la conquista del
potere, della rivoluzione mondiale. Noi avevamo credut o, nel 1919, che non fosse questione che di
mesi e ora diciamo che è forse questione di anni... '.
Lo stesso accento si ritrova nel rapport o di Radek sulla tattica, dove si parla di un corso lento, di
un alternarsi possibile di vittorie e di scon fitte, di una « fase di concent ra zio ne delle forze
rivoluzionarie in vista di nuove lotte »2, e da cui emerge come la parola d'ordine centrale divenga
quella della conquista delle grandi masse lavoratrici, per fare dei partiti comunis ti europei non più
soltanto raggrup p a m e n ti d'avangua r dia ma « grandi eserciti del proletariato mondiale »3. In
Zinov'ev, che riferisce sull'attività dell'Esecutivo tra il II e il III congres so, si discerne, pur nello
stesso quadro, la cura di difendere la condot t a tenuta dall'Interna zionale sulle scissioni
dell'inverno preceden t e, in particolare sulla più controversa, quella italiana4. Così, la risoluzione
che il congresso prende all'unani mità sulla tattica per l'Italia si situa a mezz a strada tra la linea del
II congress o e l'indicazione del fronte unico politico coi socialisti che si esprimerà col dicembre del
1921.
La scissione di Livorno - vi si legge - la forma zione del PCd'I, la concentra zio ne di tutti gli
elementi realmente comunisti sul terreno delle decisioni del III Con gresso dell'Interna zionale
comunist a in un Partito comunis ta faranno del comuni smo in questo paese una forza di massa,
purché il PCd'I combat t a senza sosta e sen za debolez ze la politica opport u nis t a del serratis m o e
si dia così la possibilità di re stare legato alle masse del proletariato nei sindacati, negli scioperi,
nelle lotte con - ##
1 Protokoll des III. Kongresses der Komm unis tischen Internationale cit., p. 90.
2 carlo radek, La vìa dell'Interna zi onale comunista cit., p. 8.
3 lbid.
4 G. zinov'ev, Le lotte dell'Interna zi on ale comunista cit., pp. 7- 36.
Il dissens o con il Kotnintern
157
tro le organiz z a zi oni controrivoluzionarie dei fascisti, di fondare insieme i movi menti di queste
masse, e trasfor m a re in combatti me n ti ben preparati le loro azioni spont anee '.
In questo testo rimane comun q ue ancora fermo l'indiriz zo di lotta al « centris m o » serratiano: tali
sono anche le conclusioni a cui perviene la com mis sione congres s uale per la « questione italiana »,
a cui partecipa no, tra gli altri, Lenin, Rakovskij, Klara Zetkin, Trockij, Loriot, Lozov skij e
Markovic2. I socialisti italiani presenti, Maffi, Lazzari e Riboldi, non riescono ad ottenere molto
nella loro perorazione, sulla linea della mozione Bentivoglio. Il III congress o oppone un « fin de
non recevoir », o, meglio, ribadisce esatta me n t e la pregiudiziale dell'espulsione dei ri formisti.
Nessuno dei delegati « stranieri » (per i comunis ti italiani pre senti, Misiano, Terracini, Gennari e
Mario Montagnana, la precisazione è superflua) difende l'operato del PSI nell'anno intercorso.
Nessuno ne ga, neppure Klara Zetkin3, che critica la scissione, che il PSI sia andato a destra.
Fruttuosi sono però i contatti dei bolscevichi con i tre delegati socialisti tanto che essi torna no in
patria decisi a dare battaglia per la linea dell'Interna zi onale comunista 4, da cui emerge il desiderio
vivissi mo di un riaccosta m e n t o che consent a di riprendere il discorso interrot tosi a Livorno5. In
effetti, mentre la direzione del PSI, e Serrati perso nalmente, considera no accantona t a la questione
dell'am mis sion e alla III Interna zionale6, i tre esponen ti della sinistra costituiscono una frazione
per il XVIII congress o del PSI, che sarà detta « terzinter n a zi on alista » proprio per l'obiettivo
dichiarato di riconciliare il PSI con Mosca. ##
1 comunisti italiani si collocano al III congresso nelle prime file della opposizione che raggrup p a
tedeschi, ungheresi, polacchi, austriaci, bul gari, all'indiriz zo fonda me n t ale propos t o da Radek
sulla tattica. Anzi, essi si fanno, attraverso l'intervent o di Umberto Terracini, battist ra d a della
sinistra tedesca (su cui pende il giudizio critico per l'azione di mar - ##
Cfr. il testo della risoluzione in hes quatre premieri congrès de l'Internatìonale comm u nis t e, Paris
1934, p. 97.
2 Cfr. La questione italiana al III Congress o dell'Interna zi onale comunist a cit.
3 Ibid., pp. 37- 71.
Trockij, in un discorso che tiene dopo il III congress o a organizz a zio ni del partito russo, con ruta
aspra me n t e le tesi di Bordiga e Terracini sulla irrecuperabilità del PSI e li accusa di « impazien za
rivoluzionaria». Cfr. lev trockij, Nouvelle étape, Paris 1922, pp. 94- 99.
5 Nella dichiarazione finale della delegazione del PSI si afferma: «Noi vi prom et tia m o di fare del
nostro meglio perché il prossim o congress o del nostro partito adotti la vostra risoluzione». Cfr.
sull'atteggiame n t o tenuto a Mosca da Lazzari, Maffi e Riboldi: ezio riboldi, Ì7 Partito socialista ita
liano e la Terza Interna zionale cit.
G. M. Serrati scrive che il PSI non è disertore ma respinto dall'Interna zi on ale comunista, che esso
non busserà più alla porta: «Noi restiamo ancora e sempre per la rivoluzione russa e il bolsce
vismo ma ci proponiam o di farci nucleo costitutivo di tutti i respinti perché si uniscano gli sforzi
comuni onde l'Interna zionale viva ed operi intensa m e n t e in ogni paese» (Noi e l'Interna zionale,
«Avanti!», 11 sette m b re 1921).
158
Capitolo decimo
zo), portavoce della « teoria dell'offensiva » ', per negare che la conquista della maggioran z a
divenga il compito essen ziale e sia comunq u e indi spens abile per un'azione rivoluzionaria
efficace2, mentre Bela Kun attac ca l'opport u nis m o del partito francese. Lenin prende la parola per
una diretta replica all'intervent o di Terracini (a cui - si dice - abbia sussur rato, prima di
succedergli alla tribuna: « Plus de soupless e, camarade Terracini, plus de souples se! »)
Chi non capisce - egli afferma - che in Europa, dove quasi tutti gli operai sono organiz z a ti, noi
dobbiam o conquistare la maggioran z a della classe operaia, è per duto per il moviment o
comunist a, e non imparerà mai nulla, se non ha imparat o nulla durant e i tre anni della grande
rivoluzione 3.
Lenin mostra come il PC russo fosse si piccolo, all'atto della rivolu zione d'ottobre, ma avesse con
sé la maggioran z a nei Soviet degli operai e dei contadi ni e quasi la metà dell'esercito (5 milioni) e,
soprat t u t t o, am monisce i comunisti italiani dall'esaurirsi nella lotta al centris m o:
Noi siamo già al III Congres so e il compagno Terracini continua sem pre a ripe tere come prima che
il proble ma della scuola prepara toria consiste nello scacciare, nel perseguitare, e nello
smaschera re i centristi e i semicentristi. Grazie tante! Ci siamo già occupati abbasta n z a di questa
faccenda 4.
Il dissens o è appena agli inizi e concerne sia una prospe t tiva strategi ca generale sia la tattica più
immediata. In settem bre infatti, quando è chiaro che i tre delegati del PSI tornati da Mosca
costituiscono un nuovo ponte tra comunisti e socialisti che, per quanto fragile, l'Esecutivo del
l'Interna zionale comunist a ha voluto gettare per una eventuale riunifì cazione, il malum ore del
PCd’I è espres s o senza riserve a Mosca5, forse anche in seguito alle prime critiche giunte di là sul
settaris m o italiano. La parola d'ordine del III congres so di andare alle masse per conquist ar - ##
1 Terracini disse precisam en t e: «Noi pensiam o che per "teoria dell'offensiva" s'intend a la ten
denza dei partiti comunisti a una maggiore attività. Con essa si sottolinea la tenden z a dinamica
che deve sostituire la tenden z a statica, finora domina nt e nella maggioran za dei partiti comunisti
della III Interna zionale. Pensiamo che la formula della teoria dell'offensiva segni il passaggio dal
periodo passivo al periodo attivo...» (Protokoll des III. Kongresses der Kommu ni s tische n
Internationale cit.,
P- 415)2 Cfr. Umberto Terracini, A proposito dell'infantilism o di sinistra, «L'Ordine nuovo», 7 ot tobre
1921, dove si da una giustificazione dell'atteggiam e nt o tenuto a Mosca e un quadro dello schie
rament o in cui esso si situava.
3 Dal discors o pronu nciato il 1° luglio 1921 al III congresso dell'Interna zionale comunist a (ri
prodot t o in lenin, L'Interna zionale comunist a cit., p. 324).
4 Ibid.,p. 328.
5 Da un rappor to firmato da Amadeo Bordiga, per l'Esecutivo, e datato Milano, 19 settem b re 1921
(APC, 1921, 44/ 19 - 32) si ricava che i comunisti italiani mettono in guardia l'Interna zionale
comunist a dall'illudersi che nel PSI resti qualche frazione comunis ta, che il PSI possa cacciare i
rifor misti. Quanto alla pros pe t tiva di riunificazione con il PCd'I: «Essa non va vista.in sé come un
suc cesso. Si sarà più numerosi ma dal punt o di vista di organiz z a zione del partito e della sua
omogeneità politica il passivo è evidente».
Il dissens o con il Komintern
159
ne la direzione della maggioran z a, viene raccolta dal PCd'I ma ristretta a quanto concerne l'azione
sindacale. E in questo stesso ambito, resta prevalente la polemica contro la condott a della CGL1.
Un passo più a vanti si compie allorquan d o, dinan zi al rincrudirsi della violenza squa drista, il
Comitato esecutivo del partito afferma in un manifesto:
Il Partito comunis t a addita al proletariato come unica via d'uscita da una situa zione che ogni
giorno più s'inasprisce ai suoi danni e che deve essere affront at a nella sua complessità di fatto
economico, sociale, e politico, l'azione di tutto il proleta riato, condott a realizza n d o il fronte unico
di tutte le categorie e di tutti gli organi smi locali della classe lavoratrice 2.
Si sussegue la propos t a di uno sciopero generale (non accolta dalla CGL) per la difesa e la riscossa
proletaria e in ottobre Bordiga precisa, per la prima volta, che cosa si deve intendere per fronte
unico : unità sin dacale per fronteggiare la riduzione dei salari, la disoccupa zione, l'offen siva
fascista, ma niente blocco di partiti proletari3. Nel fratte m p o, infat ti, la polemica contro il PSI non
fa che inasprirsi, trovando alimento nei risultati del XVIII congresso socialista che si tiene a Milano
tra il 10 e il 15 di ottobre, e che non porta affatto all'espulsione dei riformisti, bensì a una diatriba
che lascia inalterate le differenzia zioni delle correnti, e im mobile il partito, incapace di una scelta.
Il dogma dell'intran sigen z a formale continua a prevalere nel PSI e il tentativo di alcuni esponen ti
riformisti, in particolare di Treves, di pro spettare una nuova tattica collabora zionist a col governo
resta sterile. La maggioran z a dei congressisti, espres s a dalla mozione Serrati - Baratono (47628 voti
contro 19 916 ai riformisti, 8080 andati a una mozione centrista di Alessan dri e soltant o 3765 voti
ai terzinter na zi on alisti gui dati da MafE e Lazzari), si attest a su una posizione di rigido isolame nt o
del partito, in attesa che il fascismo, definito fenome n o interna zionale della reazione borghese,
porti la lotta di classe alle sue estreme conse guenze: allora giungerebbe l'ora della dittatur a del
proletariato a cui il PSI si deve preparare restand o unito, integro e senza compro m e s si.
Al congres so partecipano come delegati due espone nti della III In ternazionale, Klara Zetkin e il
polacco Walecki (una partecipazione che è invisa ai comunisti italiani5). La loro perora zione è
quella prevista, ma ##
1 Il 7- 8 sette m b re 1921, durante il primo convegno sindacale comunist a, si parla appun t o di una
CGL da rigenerare, il cui primo embrione è costituito dalla frazione sindacale comunis ta.
2 Contro l'offensiva della reazione, 28 settem b re 1921. Cfr. Manifesti e altri docume n ti politici
cit., p. 126.
3 amadeo bordiga, Il fronte unico, «Il Comunista», 28 ottobre 1921.
4 Cfr. per tutto il corso del dibattito, Il PSI nei suoi congres si, voi. Ili cit., pp. 169 - 214.
5 Lo si appren de pubblicame nt e da una lettera del Walecki, che appare sul «Comunista» del 22
ottobre 1921 dove l'autore dice: «Non è un segreto che Bordiga era dell'opinione che il Comitato
esecutivo non doveva intervenire diretta m e n t e al Congress o del PSI».
160
Capitolo decimo
il tono, specie in Klara Zetkin (giunta clandes tina alla tribuna e poi « sparita » subito dopo
l'intervent o) è molto misurato. Delle impres sioni della Zetkin sappia m o qualcosa di più attravers o
un suo primo rapport o inviato, il 14 ottobre, al Comitato esecutivo dell'Interna zio nale comuni sta,
nel quale si afferma che la situazione present e del Partito socialista italiano non consent e molti
margini di manovra alla III Interna zionale.
La mia più forte impressione - scrive la comunis ta tedesca - è stata di una con fusione generale
all'interno del PSI. Solo i riformisti di Turati hanno una posizio ne conseguen t e sulla situazione e
sanno cosa vogliono. Massimalisti, centristi e uni tari, non hanno chiarez z a in quel che vedono, né
come lo vedono, né sulla posizione da prendere... Il dibattito è fitto, rumoreggiant e e tempes to s o,
ma non va mai oltre alla superficie dei problemi e non li approfon di sce, non ha prospet tive
ampie... L'au torità dei capi vive di ricordi sentime nt ali, e di passate grande z z e, un capitale che si
consu m a rapida m e n t e, qualora lo sviluppo obiettivo continui e si acutizzi. Dato il carattere del
congres so sono estrem a m e n t e scettica sulle possibilità di rinnova me n to e risana m e n t o del partito
dall'interno... Il centro fonda me n t ale delle masse pro letarie non può più essere visto nell'ambito
del PSI. Spetta al PCI il compito di impegnare tutte le sue energie per la raccolta, l'educazione
politica e la mobilitazio ne delle masse. La situazione è favorevole. Dobbiam o aiutare il Partito a
raffor zarsi 2.
È significativo che Klara Zetkin, la quale anche a Mosca era stata, durante il III congress o, tutt'altro
che tenera verso i compagni italiani, ricavi tali impressioni dall'assise socialista, che suffragano
quant o da par te del PCd'I si va dicendo. Senonché, ormai, proprio in questo tempo, il timone
dell'Interna zio nale è indirizza t o a una sterza ta a destra: si sta elaboran do la tattica del fronte
unico politico e si guarda con grande so spetto all'orienta m e n t o bordighiano. A questo preciso
periodo si rife risce un sintom a tico ricordo di Gramsci: egli viene chiamato a Roma da Chiarini e
officiato, a nome dell'Interna zionale comunist a, ad entrare nell'Esecutivo del partito per «
controbilanciare l'influenz a di Amadeo e per prender ne il posto .» Gramsci rifiuta l'offerta. Per
lungo tempo ancora egli riterrà che non si possa mutare la composi zione e l'equilibrio politico
dell'Esecutivo, né i suoi dissensi da Bordiga sono ancora radi cali4. ##
1 Cfr. klara zetkin e E. walecki, Il Partito socialista italiano sulla via del riformis m o, Libreria
eclittice del PCd'I, Roma 1921, pp. 18- 42.
2 Copia della lettera, in tedesco, in APC, 1921, $i/2y^ o.
3 Dalla lettera di Gramsci a Togliatti e Scoccimarro del 1° marzo 1924, La forma zione del grup po
dirigente del PCI nel 1923 - 24 cit., p. 228. Il passo di Chiarini è effett ua to - ricorda Gramsci prima
della pubblicazione del «Comunist a» quotidiano, cioè verosimilment e ai primi giorni di ot tobre.
4 Preoccupa zione centrale di Gramsci è quella di non alimentare una opposizione di destra al
l'interno del PCd'I, come si vedrà più innanzi. Sull'esisten z a reale di questo pericolo, durante il
1921, vi è un solo segno dai docume n ti riservati di partito. In una circolare del Comitato esecutivo
del PCI ai segretari di federazione, inviata da Milano nel maggio del 1921 si mettono in guardia le
organiz z a zio ni periferiche dagli «opport u ni s ti di destra [che] mantengon o contat ti con il PSI so-
Il dissens o con il Komintern
161
È sull'insieme del gruppo dirigente che si appu nt a e si scontra la po lemica di Zinov'ev. La nuova
parola d'ordine del fronte unico d'azione, coi socialde m ocratici e coi sindacati « gialli », è
ufficialmente lanciata alla riunione del Comitato esecutivo del dicembre 1921 e sintetiz z a t a in 24
punti. Un appello al proletariato interna zionale del 1° gennaio 1922 in dica le ragioni della nuova
tattica: l'esigen za di unità che esprimo no le masse per fare fronte alla reazione interna zionale, per
la salvaguardia della pace, per difendere i loro salari e l'occupazione, per un progra m m a minimo
di riforme economiche e politiche, piattafor m a su cui non solo partiti e sindacati di direzione
socialde m ocra tici potrebber o convenire, ma anche quelli cristiani o liberali.
L'Interna zionale Comunist a ha sem pre chiamato - ricorda l'appello - i lavora tori che riconoscono
i principii della dittat ura del proletariato e del regime dei So viet a formar si in partito
indipen de n t e. Essa non ritratta una parola di ciò che ha detto sino ad ora sulla necessità di
formare partiti comunisti... Ma nonosta n t e ciò che separa i lavoratori comunisti dalle altre
organiz z a zio ni politiche, l'Interna zio nale comunist a tiene a dire loro, a tutti: Lavoratori e
lavoratrici di tutti i Paesi, serrate i ranghi per difendere le rivendicazioni che sono comuni a tutti e
che devono unirvi!... L'Interna zionale Comunis ta e i suoi partiti vogliono con pazien za e frater nità
marciare del pari con tutti gli altri proletari anche se essi si pongono sul terre no della democrazia
capitalista... '.
Ma il punto più importa n te, tra i ventiqua tt ro fissati dall'Esecutivo, è il ventesi mo che conte m pla «
convenzioni tra le diverse sezioni dell'In terna zionale comunista e i partiti e i sindacati delle
Interna zionali II e II e III », e annuncia iniziative della stessa III Interna zionale per pro porre unità
d'azione alle altre centrali politiche e sindacali2. L'Interna zionale comunist a appoggia « senza
riserve » la pros pet tiva dei comunis ti tedeschi di appoggiare un « governo operaio unitario »,
espres s o dai, o coi, socialdem ocratici.
Per illustrare la nuova tattica Radek scrive che « il riavviciname n t o con i partiti socialdem ocra tici »
può fare si che i dirigenti riformis ti « ar rivino a spost ar si un po' a sinistra » e introduce il discorso
sulla differen za del cam mino che la rivoluzione deve percorrere in Occidente rispetto
all'esperien z a russa:
Il cam mino della rivoluzione europea e mondiale sarà più lungo e, sotto certi aspet ti, più arduo
che quello della nostra rivoluzione. La vittoria sulla borghesia e sull'ideologia riformista sarà più
difficile di quanto non sia stata la nostra. Perciò la lotta esige metodi di cui noi non avem m o
bisogno. ##
gnando prossi me fusioni» esorta n dole a impedirne l'attività disgregatrice. La copia della circolare
è sequest ra t a dalla polizia (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, K. 1, b. 88).
' «La Corres pon d a nce interna tionale», a. 11, n. 3, 11 gennaio 1922.
2 Ibid., n. 4, 14 gennaio 1922.
162
Capitolo decimo
I teorici della II Interna zionale pretend o n o, come certi comunisti pasticcio ni, che si tratti di una
degenerazione opport u nis t a della III Interna zionale. Non ve diamo inconvenienti a lasciare loro
queste illusioni. Saremo felicissimi se i capi del la socialdem ocra zia, conform e m e n t e a questo
appre z z a m e n t o, consentiran n o ad agire di conserva con noi per soddisfare le rivendicazioni
immediate della classe operaia.
È una vera svolta a cui i comunis ti italiani, e con loro questa volta an che i francesi2 e gli spagnoli,
si oppongo no con fermez z a. L'urto avviene al successivo Comitato esecutivo allargato, del
febbraio - marzo del 1922. La sede è pressoché una sede congres s u ale. Proprio da allora, infatti, si
da vita a queste « sessioni allargate » del Comitato esecutivo, semest rali, a cui sono invitati
delegati dei più importa n ti partiti3, che in una certa misura sostituiscono i congressi (dopo il 1922
essi saranno tenuti ad in tervalli molto irregolari e sempre più grandi: 1924, 1928, 1935). Le ra
gioni degli oppositori - non i primi e non certo gli ultimi, ma quelli che assu m o n o aperta m e n t e
per la prima volta, a nome dei rispet tivi partiti, una posizione pubblica sulla tattica avversa e
quella della maggioran za sono facilmente intuibili in ciò che hanno di comune: come si può chie
dere a questi organis mi gracili4 che sono i partiti comunis ti europei nati dalla scissione un anno
prima (quello francese scende da 131 000 mem bri a 78 000, quello italiano subirà nuove perdite,
quello spagnolo conta appena 5000 membri), impegnatissi mi nella polemica di «smaschera mento
» dei socialdem ocratici, di riaccostarsi ad essi? 5. Roberto e Terra cini che partecipa no a
quell'Esecutivo allargato, non lesinano le loro cri tiche. Il loro è un no, deciso, radicale. Terracini
giunge ad afferma re che con la tattica propos t a dall'Esecutivo non si avranno più partiti comu ni
sti, ci si avvierebbe alla rapida disgrega zione di quelli esistenti. « Con le masse, attraverso
un'azione generale e unita, non con i partiti dei tradi tori attraverso un'unità formale e sterile! »6.
Tutti i bolscevichi presenti polemiz z a n o aspra m e n t e con lui: da Lu nacarskij, che parla di un
grande «moviment o operaio minimalista» e ##
1 K. rader, Les taches immediate* de VInternationale comm u nis t e, «La Correspo n d a nce interna
tionale», a. n, n. 2, 7 gennaio 1922.
2 Il Comitato direttivo del PCF con una deliberazione del 27 gennaio 1922 afferma: «Il Comi tato
direttivo considera l'applicazione del fronte unico, in quant o significa una intesa con i capi dis
sidenti e con i capi della CGT riformis ta come irrealizzabile nel nostro paese», Cfr. Compie rendu
de la Conférence de l'Exécutif elargì de l'IC, Moscou, 21 février - 1' mars 1922, Paris 1927, pp. 1920.
3 Nel 1922 si tiene un altro Esecutivo allargato in giugno. Cfr. le infor ma zio ni e le considera zioni
di Edward H. carr, La rivoluzione bolscevica cit., p. 1167.
4 Cfr., per le cifre ricavate dai docume n ti del IV congresso dell'Interna zionale comunist a (che
sono però spesso soltanto appros si m a tive), latitch, Lénine ecc. cit., pp. 215 - 18.
5 Per gli italiani cfr. amadeo bordiga, Tattica dell'Interna zionale Comunis ta, «L'Ordine nuo vo», 31
gennaio 1922 («Non è da parlarsi di alleanze sul terreno politico con altri Partiti che si di cono
proletari»). Per i francesi ecco la più esplicita dichiara zione di un loro dirigente: «Un anno dopo
Tours, e dopo la scissione che ci fu impost a, c'è impossibile dire al proletariato francese: uni tevi
con gli scissionisti e con gli agenti della borghesia» (Compie rendu ecc. cit., p. 76).
6 Compie rendu ecc. cit., pp. 95- 102.
Il dissens o con il Komintern
163
accusa gli italiani di compor t ar si come i vecchi russi ortodos si i qua li consideravano un peccato
mortale sedere a tavola con gli infedeli ' a Radek, a Trockij, a Zinov'ev. Trockij rimprovera a
Terracini di offrire un'edizione aggiornat a del suo discorso al III congres so.
Gli operai che sono fuori del nostro Partito non compren d o n o le ragioni per cui noi ci siamo
separati dai socialisti; essi dicono: « Che queste organiz z a zi oni o sette ci diano dunque la
possibilità di condurre la lotta per i nostri bisogni quotidiani! » Non possia m o dire loro che ci
siamo separati per preparare il nostro grande dopo domani 2.
A Zinov'ev tocca colpire la contrad di zione più evidente nella « li nea » italiana: accordo nei
sindacati e lotta tra partiti.
Tutta la filosofia del compagno Terracini si riporta a questo: con D'Aragona si, con Turati no!...
Non è vero che il partito sia nelle nuvole mentre i sindacati sareb bero sulla terra... Le masse non si
conquis ta no senza contatti con le loro organiz za zioni politiche e i loro dirigenti3.
Si arriva, in quel dibattito, al fondo del problem a della III Interna zionale: il rapport o tra gli
interessi generali del moviment o e quelli del giovane Stato sovietico. E Zinov'ev anche su questo
punto passa alla con troffensiva, parlando di una « disfatta strategica » della rivoluzione eu ropea:
è vero, egli dice, che la Russia ha gravi problemi interna zionali e nazionali, ma è anche vero che il
« Partito comunis ta interna zionale » non può disinteres s ar si degli interes si del solo paese in cui la
rivoluzione abbia vinto. Se i proletariati dei paesi occidentali, tra il 1919 e il 1921, non fossero
stati battuti, la tattica potrebbe essere diversa. Ma la realtà è quella. Si passa al voto, e le
delegazioni italiana, francese, spagnola (Terracini, Ambrogi, Roberto, Cachin, Renoult, Sellier,
Métayer, Gon zales), pur prom et t e n d o un atteggiame nt o disciplinat o, si dissociano aperta m e n t e
dalla maggioran z a sulla questione del fronte unico poli tico'.
Il partito italiano è alla vigilia del suo congress o. Le tesi che qui ap proverà e la sua condot ta in
tutto il 1922, fino alla marcia su Roma e al IV congres so dell'Interna zio nale, porteran n o il dissens o
già così radicale fino al limite della rottura aperta. Quando, nel 1923, quel limite pare ad dirittura
essere varcato (dal Comitato centrale si dimett on o Bordiga e Grieco) tocca a Togliatti sintetiz z a re,
in una riunione dram m a tica, la ra- ##
1 Compie rendu ecc. cit., pp. 103 - 4.
2 Ibid., p. 12^.
3 Ibid., pp. i^9 e 161. L
d
d., pp. i^9 e 161.
La mozione di minoran z a afferma che l'azione unitaria della classe operaia «deve essere con dotta
senza, alcun riavvicina me nt o ai partiti politici non comunis ti perché essi sono tutti incapaci di
tavorire le rivendicazioni più pressan ti delle masse» (ibid., pp. 224 - 2.5).
164
Capitolo decimo
gione di fondo dell'atteggiam e nt o dei comunisti italiani nei due primi anni di vita:
Dato il modo, le condizioni stesse nelle quali ci siamo formati, il nostro scopo, nel primo tempo
della vita del PCI non poteva essere altro che quello di condur re la più tenace azione di
propaga n d a e di critica non solo al partito socialista come tale ma a tutta la tradizione e a tutto lo
spirito del movimento socialista. Noi dove vamo, per aprire la strada ai futuri sviluppi di ogni
azione rivoluziona ria in seno al proletariato italiano, sbara z z a r e la strada da questa tradizione e
da questo spirito. Questo compito storicam e nt e esatto è stato assai bene compres o ed attuato in
un primo tempo dal Partito intero. Ma, dato ciò, era evidente che, a poca distanz a dal la nostra
forma zione come partito autono m o, noi fossimo riluttanti ad ogni sposta mento tattico il quale ci
mettes s e in contras t o o potesse far dimenticare alle masse del partito e del proletariato quello che
per noi era la prima posizione solidam e nt e conquist at a... Di qui le nostre riserve a un'im m e diat a
applicazione tra noi del fronte unico sul terreno politico... '. ##
1 Dal verbale della sedut a del Comitato centrale del PCd'I, del 9 agosto 1923 (APC, 792^, 169 / 211).
Capitolo undicesimo
L'organizzazione legale e illegale del PCd'I
Quando, tra il 1924 e il 1925, si aprirà un grande dibattito politico all'interno del Partito
comunist a uno dei motivi correnti del ripensa mento che le discussioni provochera n n o sarà quello
dell'« organizz a tivis m o » del suo primo tempo, della tende n z a cioè a rinchiuder si in se stes so e a
concepire tutti i problemi in termini di organiz z a zio ne. Eppure è abbasta n z a naturale che i
problemi dell'organiz z a zi one abbiano assorbito le energie e l'atten zione del gruppo dirigente
comunist a che ha espres s o un Comitato esecutivo nelle persone di Amadeo Bordiga, di Bruno For
tichiari, di Luigi Repossi, di Ruggero Grieco e di Umberto Terracini. Sono venuti prima i problemi
delle sedi, degli organi di stam p a, della creazione delle federa zioni, delle rapprese nt a n z e ufficiali
in Parlament o, nei comuni, nei sindacati, nelle cooperative, del funziona m e n t o di un apparat o «
illegale », del modo di resistere agli assalti squadris tici, delle elezioni, ecc, ecc.
Il partito ha preso a funzionare rapida m e n t e. La scissione ha portato nelle sue file non tutto
l'insieme dei militanti schieratisi a Livorno con la frazione comunis ta, ma nel primo anno di vita
sono più di quaranta mila gli iscritti effettivi ', le federazioni si formano in tutta la penisola, pur
con gravi squilibri tra provincia e provincia, e un carattere complessivo di forza minoritaria,
particolar m en t e esigua in Lombardia, nel Veneto, anche in molte province agricole emiliane e
toscane e in tutta l'Italia centro - meridionale.
Il PSI non ha subito dalla scissione una lacerazione molto dolorosa.
1 Eccone la ripartizione per circoscrizione elettorale al 31 dicembre 1921: Torino, 3772; Ales
sandria, 2624; Cuneo, 830; Novara - Vercelli, 3374; Genova, 1936; Porto Maurizio, 197; Milano,
2411; Bergamo, 238; Brescia, 135; Como, 863; Cremona, 1130; Mantova, 605; Pavia, 880; Sondrio,
282; Venezia, 169; Belluno, 235; Padova, 136; Rovigo, 20; Treviso, 182; Udine, 381; Verona, 105;
Vicenza, 307; Trieste, 1709; Trento, 92; Bologna, 1597; Ferrara, 157; Forlì, 2673; Modena, 127;
Parma, 172; Piacenza, 298; Ravenna, 2147; Reggio Emilia, 679; Firenze, 2353; Arezzo, 572; Gros
seto, 973; Livorno, 253; Lucca, 237; Massa, 1112; Pisa, 846; Siena, 483; Perugia, 334; Roma, 843;
Ancona, 489; Ascoli Piceno, 9r; Macerata, 898; Pesaro, iji; Aquila, 221; Campoba s s o, 48; Chieti, 62;
Teramo, 128; Napoli, 396; Avellino, 19; Caserta, 234; Salerno, 79; Bari, 192; Foggia, 150; Lecce, 313;
Reggio Calabria, 51; Catanz aro, 84; Cosenza, 79; Palermo, 90; Caltanisset t a, 110; Catania, 47;
Girgenti, 221; Messina, 171; Siracusa, 44; Trapani, 113; Cagliari, 87; Sassari, 111.
166
Capitolo undicesim o
Ciò risale al modo della rottura, al fatto che la grande maggioran z a degli iscritti non ha compres o
quale ragione di fondo separas se i « comunisti unitari » dai « comunis ti puri », è restata riluttant e
a lasciare la vecchia casa, convinta che il dissens o con l'Interna zionale (a cui tutti continuan o a
proclam are la loro fedeltà) fosse di breve durata e destinato ad appia narsi. Le elezioni di aprile
hanno conferm a t o, del resto, che il grosso degli elettori socialisti continua a votare per il vecchio
simbolo. Le sedi delle sezioni di partito, anch'es se, salvo pochissim e, sono state manten u te dal
PSI; delle varie Camere del lavoro, soltant o quelle di Livorno, Salerno, Trieste, Taranto, passa no
sotto la direzione comunist a; il grup po parlame nt ar e socialista ha perso, su centocinqua n t a s ei,
appena sedici deput a ti passati al PCI nello scorcio finale della legislatura: Garosi, Ferrari,
Franceschi, Bombacci, Belloni, Croce, Della Seta, Grandi, Gra ziadei, Marabini, Misiano, Rabez za n a,
Radi, Repossi, Roberto e Salva tori; quanto ai comuni i casi di sindaci comunisti sono stati rari
(Cremo na, Savona, San Remo, Tivoli, Trecate, Bussoleno) ment re il moviment o cooperativo appare
pressoché imper me abile al nuovo partito: si anno verano due cooperative di muratori in Emilia e
nel Lazio, una di consu mo in Toscana, una in Umbria, una in Sicilia, una di braccianti nel Ver
cellese.
Va aggiunt o però che il panora m a organiz z a tivo di tutto il movimen to operaio italiano sta
rapida m e n t e muta n do, verso forme di vero e pro prio sgretolam e n t o, nel 1921 - 22, sicché le forze
espres se o dirette dal Partito socialista si assottigliano vieppiù sotto i colpi della reazione e per
una crisi di sfiducia, di scoram e n t o, che si impadr onisce delle masse ope raie e contadine,
bersagliate dai licenziam e n ti e dalla mancan za di lavoro ancor prima che dalle squadre
d'incendiari e di manganellatori fascisti.
Può essere utile, in proposito, fornire i dati che il Comitato esecutivo del PCI present ava
nell'ottobre del 1922 all'Interna zionale comunista sullo « stato » del moviment o, nel suo insieme:
salari diminuiti in media del 30%, 500 000 disoccupa ti all'inizio del 1922, la CGL discesa da più di
due milioni di soci a 800 000, la Federterra addiritt ur a smemb ra t a, ridotta da circa un milione e
mezz o a 200 000 aderenti (molte leghe pas sano, a forza, nelle organiz z a zioni fasciste), il PSI che
subisce una flessio ne di iscritti sempre più accentua ta: dai 216 327 di Livorno ai 106 845 tesserati
del XVIII congresso (ottobre 1921) ai 73 065 del XIX (ottobre 19 2 2 ) per precipitare sino ai 10250
del XX ( aprile 1923).
È in questa ritirata, che assum e presto aspet ti di fuga disordinat a, che va situato lo sforzo
organiz z a tivo del nuovo partito, sorrett o finanziaria mente oltre che dai contributi dei militanti (la
tessera costa 5 lire all'an no) da uno stanzia m e n t o dell'Interna zi onale comunista, destinato ad es -
L'organiz za zi one legale e illegale del PCd'I
167
sere impiegato in modo prevalente nella stam p a e nella propaga n d a, che il numero dei funziona ri
stipendiati centralm e nt e è esiguo: i cinque membri dell'Esecutivo, il segretario della Federazione
giovanile, quat tro ispettori - propagan di s ti e non più di una dozzina di impiegati e fatto rini. Solo
tre federazioni dispongo no di funziona ri.
Il partito ha potut o contare alla sua fonda zione su due quotidiani, « L'Ordine nuovo » a Torino (il
direttore, Gramsci, con uno stipen dio di 1294 lire, un redatt ore - capo, due redat tori, tre cronisti,
una stenografa, una dattilografa, tre fattorini, cinque impiegati d'am mi nist ra zio ne), « Il
Lavoratore» a Trieste (strappat o, quasi armat a manu, ai socialisti) con un appara to redazionale
ancora più esiguo; soltanto nell'ottobre del 1921 « Il Comunis ta» da bisettim a nale si trasfor m a in
quotidiano e si trasferisce a Roma, sotto la direzione effettiva di Togliatti, con cinque redattori,
due cronisti e uno stenografo (che non essendo iscritto al partito è remunera t o con 2000 lire
mensili, ment re il redat tore - capo Togliatti ne percepisce 1500) '.
« L'Ordine nuovo » ha una tiratura che si aggira nel primo periodo sulle 45 000 copie, « Il
Lavoratore » sulle 16 000, ment re « Il Comunis ta » non andrà oltre le 10.000 copie. E tutti e tre
sono passivi. Il partito stam p a inoltre un organo teorico, « Rassegna comunis ta », diretta m e n t e
ispirato da Bordiga (e redat to da Giovanni Sanna), il Comitato sindacale comunist a edita il
settimanale «Il Sindacato rosso», (15000 copie) i giovani continua no «Avanguar dia », che giunge
alle 25 000 copie. Alla periferia si fondano o si potenziano una ventina di periodici di federa zione
2.
La sezione italiana dell'Interna zio nale comunist a uniform a rigida mente la sua strut t u r a
organiz z a tiva3 al modello di Partito comunista elaborato dal II congress o del Kominter n. Vengono
presto di là gli at tacchi, le aspre critiche, all'impro nt a settaria del partito italiano, al suo culto «
dei pochi ma buoni » (nel primo anno una revisione degli iscritti ne espelle quasi un migliaio) ma è
indubbio che i caratteri fonda me n t ali dell'organi z z a zio ne hanno quella ispirazione e costituiscono
un element o di novità e anche di forza. ##
1 Tutti questi dati sono tratti dalla Relazione del Comitato centrale al II Congress o del PCd'I cit.,
pp. 35- 62.
2 Citiamo qui i più significativi: «L'Idea comunista», di Alessan dria, «La Riscossa» di Fossa no, «Il
Bolscevico» di Novara, «La Voce comunista» di Milano, «L'Eco dei comunisti» di Cremo na,
«L'Adda» di Morbegno, «La Comune» di Corno, «La Lotta comunis ta» di Vicenza, «Bandiera rossa»
di Savona, «Il Momento» di Bologna, «La Lotta di Classe» di Forlì, «Bandiera rossa» di Fano,
«L'Azione comunis ta» di Firenze, «Il Soviet» di Napoli, «Il Lavoratore comunista» di Sa lerno,
«Delo» per la minora n z a slovena della Venezia Giulia.
3 Si costituiscono centralm e nt e queste sezioni di lavoro: sindacale, agraria, propagan dis tica, or
ganizz ativa, femminile, giovanile, militare - illegale, «stam p a comunist a».
168
Capitolo undicesimo
Quei caratteri si chiamano centralizz a zione assolut a, disciplina e in quadra m e n t o di tipo militare,
per cui i militanti si consideran o soldati, e soldati volontari, di un esercito rivoluziona rio
interna zionale. Il richia mo al collegamen t o con il centro di Mosca, il senso di vivere in un'orga
nizza zione che di là trae la fonte di irradiam e n t o e di forza, di occupare un settore di un fronte
mondiale dei lavoratori è costante, vivissimo, sentiment al m e n t e, moralme nt e, prima che
politicamen t e. E non ne de riva soltanto, nei dirigenti, l'accetta zione formale (nella pratica le cose
si mostrera n n o differenti) di una direttiva generale valida per ogni reparto di questo esercito
interna zionale, ma un vero e proprio punt o di princi pio che - questo sì - non si pone in
discus sione neppure nei dibattiti più delicati e più interni, quando più amara da subire appare la
accetta zione di un orienta m e n t o che non si condivide: il principio di una disciplina di ferro da
applicare pur nel dissens o totale.
Gli è che non sfugge ai dirigenti, oltre al valore teorico - politico che ha questo tipo di disciplina
(che si trasferisce poi a tutti i livelli dell'or ganiz za zi one) come antitesi al costum e « socialista »
italiano, il fatto che proprio al collegamen t o con la III Interna zionale il nuovo partito debba il suo
maggiore prestigio tra i militanti operai, iscritti e simpatiz z a n ti. Se è vero che ciò non è bastato a
strapp a re al PSI le sue masse è altrettan t o vero - come dirà Gramsci - che « la base più larga,
quella che ha portato al comitato provvisorio di Imola le simpatie di una parte del proletariato era
la fedeltà all'Interna zionale comunis t a » '.
Il militante comunis ta opera in questa fedeltà e in questo orizzon te, aperto dalla rivoluzione
russa, in cui riposano le sue ardenti speran z e e sollecitudi ni, come inizio della rivoluzione
mondiale immancabile. E l'autorità del Komintern, il prestigio dei bolscevichi, la partecipa zione al
moviment o mondiale sono alimenta ti dal gruppo dirigente italiano che poco, per non dire nulla,
lascia trasparire dei dissensi che lo impe gnano nei confronti di Mosca. Il partito è costituito quasi
intera m e n t e di operai, urbani e agricoli. Gli intellett uali sono scarsissimi e poco noti. (Qualche
anziano come Zino Zini, un nome prestigioso come quello di Concetto Marchesi e alcuni studen ti).
Lo ricorderà, agli stessi compagni dell'Esecutivo, Ruggero Grieco (braccio destro di Bordiga al
centro del partito) con queste parole:
Non bisogna dimenticare che il Partito comunista, fin dal momen t o della sua forma zione, è stato
costituito per il 98% di lavoratori: ciò ha significato la mancan z a quasi completa di quegli elementi
dirigenti sperime nt a ti che avrebbero potut o provenire dal Partito socialista2. ##
1 Da una lettera del 9 febbraio 1924, a Togliatti, Terracini ecc. in La forma zione ecc. cit., p. 192.
2 Dal resocont o della riunione dell'Esecutivo del PCI, il 17 febbraio 1923 (APC, 1923, 171 / 3).
L'organiz za zi one legale e illegale del PCd'I
169
Le cifre fornite in proposito al II congress o del PCI (marzo 1922) sono eloquenti: 9 iscritti definiti
genericam en t e intellettuali a Torino, più 1 professore e 3 avvocati; rispettiva me n t e io, 1, 6 a
Genova; 13,5, 4 a Milano; 4, o, 3 a Bologna; 10, 8, o a Firenze; 41,3,28 Roma; 9, 4, o a Napoli, e per
il resto pochissime unità. A tirare le som me, tra gli in tellettuali, gli insegnanti e gli avvocati, il PCI
annovera nel suo primo anno di vita 245 iscritti, lo 0,50% dei propri mem bri. Si sperimen t a n o
piuttos t o nuovi quadri attinti dalla classe operaia in funzioni spesso emi nente m e n t e intellett uali
con uno sforzo di indottrina m e n t o, di educazio ne, di elevament o culturale da parte dei dirigenti
(in cui non mancano certo uomini di cultura) assai vigoroso.
L'impres sione che da tutta la stam pa comunis ta dell'epoca è infatti di un tono elevato, addirittur a
arduo, che contiene una carica polemica verso la demagogia, il lirismo, il populis m o tradizionali
nel PSI, tipiche sia degli uomini dell'Ordine nuovo » che dei bordighiani di più diretta origine, con
l'attitudine a sferzare i mali del « carattere italiano », con un'atten zio ne portata prevalente m e n t e
alle questioni di propagan d a e di dottrina del comunis m o.
Lo stesso Comitato centrale del partito non mancherà di criticare tale impos ta zione troppo «
diffìcile » della propria stam pa quotidiana e pe riodica'. Un certo grigiore plum beo è ravvivato
dalla disput a violentis sima contro il PSI che occupa larga parte delle prese di posizione politica
della stam p a comunis ta.
Il partito vive in larga misura di questa sua ragione polemica d'ori gine, del bisogno di «
smaschera re » i compagni - avversari del vecchio partito, riformis ti o massi malisti, e Gramsci è
quello che, tra tutti, usa le espres sioni più accese, più virulente. A ragione veduta, egli dirà. Quan
do infatti, nello stesso suo partito, gli si rimprovererà un certo tono fu rioso, isterico (i socialisti
sono chiamati « tesserati del Barnum », Serrati tacciato di « Gran Senusso », il fiorentino Gino
Baldesi di « Stenterel lo», Cesare Alessan dri di «Ermafrodito»2...), e qualcuno attribuirà le
intem pe ra n z e a scatti di carattere, egli interrom p e r à il contra d di tt o re: «Non è vero! Io le insolenze
le dico a freddo, e per raggiungere un pre ciso scopo »3.
Gramsci crea, in verità, con un gusto sarcastico spesso felicissimo, tutto un nuovo vocabolario
politico di grande efficacia popolare, attinto ##
1 « La stam p a comunist a italiana ha in generale carattere troppo teorico e polemico riuscendo
poco adatta alla propagan d a tra le masse ancora imprepara t e» (dalla Relazione del Comitato
centrale al II Congres so del PCd'I cit., p. 8).
2 L'epiteto nasce dal fatto che l'Alessand ri firma alcuni suoi articoli sotto il nome di Dina Rossi e
altri con lo pseudo ni m o di Gian La Terra.
3 Dal verbale del Comitato centrale del PCd'I, sedut a del 18 dicembre 1921 (APC, 1921, 39/ 2 9).
170
Capitolo undicesim o
alla zoologia, alle favole esopiche, al folclore, alla tradizione macchietti stica. Nelle « Cronache del
Barnum » (il circo equest re cui si paragona il PSI), si descrivono le meta m orfosi di un povero
pappagallo che vuol fare l'aquila, si argome nt a del « fiammifero svedese » che non si accende se
non strofinato, si descrive la funzione del prez ze m ol o e, con Serrati, sono Adelchi Baratono e
Mario Guarnieri le vittime predilette della violenza satirica, corsivistica, del direttore dell’«Ordine
nuovo». Che in alcuni casi si fa aspra denuncia morale, invettiva vera e propria. Un esem pio tra i
tanti:
Dopo il congress o di Livorno il Partito socialista italiano, nel suo comples so, si è messo fuori della
vita morale della classe operaia. Col distacco dei comunisti e con la fuoriuscita di circa altri 50 000
operai, il Partito socialista si riduss e ad essere un partito di piccoli borghesi, di funzionari
attaccati alla carica come l'ostrica allo sco glio, capaci di qualsiasi vergogna e di qualsiasi infamia
pur di non perdere la posi zione occupata. Il Partito socialista rientrò così nella più schietta
tradizione nazio nale italiana, la tradizione del costum e inculcato dagli sbirri e dai gesuiti, la tradi
zione di non avere una parola d'onore, la tradizione della slealtà e dell'oppor t u ni smo più
vergognosi, la tradizione di Maramaldo '.
Gramsci non mancherà di dare una giustificazione della sua violenza polemica. Dalla tribuna del II
congres so del PCI egli affermerà infatti:
Per l'aspre z z a delle polemiche contro i socialisti ritengo pure necessario di fare una dichiarazione
perché sono uno dei respons a bili di essa. Io credevo che il con durre una così aspra polemica
contro i capi socialisti fosse una cosa necessaria nel l'interes se stesso della classe operaia. Nel
mome nt o in cui la reazione si abbatteva sopra gli operai, bisognava almeno riuscire a persuade r e
le masse che la colpa della disfatta non era loro, affinchè esse non perdes se ro la fiducia in se
stesse2.
L'organiz za zi one del partito è su base territoriale, compost a di 1200 sezioni che fanno capo alle
federa zioni provinciali (63 nella penisola: soltanto Benevento non ha una federazione comunista).
Non esiste una organiz z a zi one per cellule, sul luogo di lavoro. I gruppi fem minili, le cui dirigenti
centrali, al di fuori di Rita Maierotti e Ortensia Bordiga, sono quasi tutte torinesi (Rita Montagna na,
Camilla Ravera, Felicita Ferrerò, Rina Piccolato) sorgono in 96 sezioni; le compagne iscritte
ammo nt a n o in tutto a quattrocent o 3. Il partito si suddivide ulteriorm e n t e - almeno sulla carta - in
tanti « raggrup p a m e n t i civili » che compre n d o n o ciascu no dieci militanti e che forniscono l'unità
di base per « il lavoro illegale », esattam e n t e secondo lo schema leniniano. L'organiz z a zione
illegale ri- ##
1 Il congres so socialista, non firmato, «L'Ordine nuovo», 9 ottobre 1921.
2 L'unica donna che dirige un'organiz z a zi o ne di partito è Bice Ligabue, segretario della fede
razione di Modena.
3 L'organiz z a zio ne femminile del partito pubblica nel 1922 il periodico «La Compagna» (15 000
copie di tiratura).
L'organiz za zi one legale e illegale del PCd'I
171
sponde a due scopi: attrez z a r si per tem po ad operare nella clandes ti nità se la situazione dovesse
imporlo e provvedere all'arma m e n t o del partito, per la difesa e per l'offesa.
L'organiz za zi one illegale vive a lato del partito ma la sua gerarchia è stretta m e n t e respons a bile
dinan zi agli organi dirigenti. Guidata da Bruno Fortichiari (Loris) essa si ramifica con «fiduciari» di
federa zione a cui fanno capo i « fiduciari » delle zone o delle sezioni, che provvedono alla
suddivisione militare in squadre di dieci compagni o simpati z z a n ti. La Federazione giovanile
fornisce « l'ala marciante » dell'organiz z a zi one militare del partito, che in qualche grande centro
operaio può contare su qualche deposito d'armi (comprese mitragliatrici) sottratt e alle perquisi
zioni dopo l'occupa zione delle fabbriche ma general men t e si affida a un arma m e n t o individuale
(rivoltelle, fucili, bastoni) spess o rudimen t ale e al coraggio dei giovani compone n ti le « squadre
rosse ».
Due docume n ti, sequest r ati dai servizi di Pubblica Sicurez za, chiari scono la strutt u ra zi one e i
compiti della FGCI nel proselitis m o di questo tipo. Il primo che contiene una « istruzione per i
fiduciari giovanili pro vinciali », avverte che i giovani comunisti intendo no penetrare colla loro
propaga n d a tra i coetanei sotto le armi, e curano perciò la costituzione di « fiduciari di distrett o »
da cui dipender a n n o i « fiduciari di reggimen to » e i « fiduciari di compagnia »; si tratta di tessere
una rete clandes tina destinata a raccogliere armi, e a reclutare adepti pronti a rivolgerle con tro la
reazione in caso di guerra civile. I giovani comunis ti fanno circola re tra i coscritti del 1902
manifestini di questo tenore (come risulta dal secondo docume n t o sequest ra t o):
Fratelli nostri!
Vi daranno delle armi, vi addes t re ra n n o ad attaccare e ad uccidere. Appren de te anche quest'art e!
La violenza, che è ragione di vita per l'Esercito, la violenza sarà la vostra salvezza e la salute del
Proletariato. Noi non vi diciamo l'evangelico: non uc cidete! Vi sono uomini che non rendono
all'umanità se non moren do col ferro e col fuoco. Noi non vi diciamo: rifiutate la violenza! Vi sono
istituzioni atte a perpet ua re l'ingiustizia e la prepot en z a che con la violenza debbono essere
soppre s s e.
Giovani Militari!
Imbracciando il fucile che vi sarà affidato dai nostri nemici implacabili, pensate che vostro dovere
di uomini e di lavoratori è dedicare armi, coraggio e addes tra m e n to al bene e alla liberazione del
proletariato 2.
Quanto alla prepara zione militare vera e propria, è facile sia esage rare nel valutarla inesistente sia
dare troppo credito, per contrap p o s t o, alla fitta sequela di ordini e di disposizioni che vengono
impartiti ai mi- ##
1 ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS. A. g. e r., 1922, C. 2, b. 53.
2 Ibid.
172
Capitolo undicesim o
litanti e che dovrebbero di per sé indicare una ossatura già efficiente. S'è ricordato che le armi
sono poche e vecchie. Lo svolgiment o stesso della guerra civile nel 1921 - 22 indica quale
spropor zio ne esista sul terreno degli scontri armati tra i comunis ti e i fascisti. Ciò però non
significa che non si faccia nulla o tutto rimanga sulla carta. Soprattu t t o a partire dal l'inverno
1921 - 22, l'organiz z a zio ne militare comunist a acquista una cer ta consiste n z a in alcune città
(Torino, Milano, Roma, Novara, Geno va, Trieste, ecc).
Da un docume n t o riservato di istruzioni del « Comando generale pro vinciale » delle squadre
comunist e torinesi ricaviamo un'infor m a zione abbasta n z a precisa sul loro funziona m e n t o. Le
forze sono ripartite in compagnie, ciascuna da 50 a 100 uomini. Ogni compagnia si compo ne da 5
a 10 squadre di 10 uomini ciascuna. Vi sono anche squadre ausiliarie compos t e di donne e di non
idonei fisicament e, all'azione '.
Le disposizioni illuminano anzitut to sull'esisten z a di compiti netta mente difensivi, sia per
proteggere circoli e sedi del partito sia per sfug gire alla caccia della polizia che, conviene non
scordarlo, è sem pre parti colarmen t e attent a e inflessibile nei confronti dei comunis ti. Ad esem
pio, le squadre ausiliarie debbono svolgere mansioni di informa zio ne mentre le compagnie armate
tendono a operare soltant o nei « rioni più schietta m e n t e popolari », per farne centri inespugna bili
dalle squadre fa sciste. Quando si fa manovrare una compagnia o una squadr a per dislo carle, si
deve dare al capo della forma zione l'itinerario per iscritto e do tarla di uno o due ciclisti per
esplorare le vie trasversali e le laterali. Si fissa anche che « i compone n ti delle squadre devono
essere i soci del par tito e della federazione giovanile e quei simpati z z a n ti proletari che han no già
dato prova di attacca me n t o alla nostra organiz z a zio ne e che di chiarino di accettare
completa m e n t e la nostra disciplina e i nostri metodi di lotta. I simpatiz z a n t i, per essere accettati,
non devono appartene re ad altro partito politico. I sindacalisti e gli anarchici possono far parte
delle nostre squadre purché si dichiarino non impegnati da altri vincoli disci plinari nelle loro
azioni. Gli inscritti alle nostre squadre non possono far parte di organiz za zi oni similari ».
Queste ultime disposizioni, riaffer ma t e nel 1922, most ra n o come l'o rienta m e n t o tipicame nt e
settario del partito non sia stato affatto scosso dalle critiche che l'Interna zionale comunista gli
aveva rivolto l'anno pre cedente a proposito del suo veto agli Arditi del popolo. Molto probabil - ##
1 Il docume n t o viene sequest ra t o, insieme ad altri, con la data 20 settem b re 1922, dalla quest ura
di Torino, ma solo nel 1924, ed è inviato in copia, «ai fini della più efficace opera.di prevenzione e
repressione politica» dalla direzione generale di PS ai prefetti del regno il 1° maggio 1924 (ACS,
Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r.y 1924, K. 1, b. 87).
L'organiz za zi one legale e illegale del PCd'I
173
mente, però, questa rigidità, ed anche questa ossessione di inquadr a m e n to, vengono corrette in
molti casi nella pratica della guerriglia, che rivela maggiore mobilità e iniziativa da parte delle
squadre comuniste. Luigi Longo, ad esem pio, che è all'epoca uno degli organizz a t ori di queste
squadre a Torino e in Piemonte, ricorda ' che la tecnica del funziona m e n to si articola
notevol me nt e nel 1922. Prevale spesso il criterio di rispon dere ai colpi fascisti non solo con la
difesa ma anche con rappre saglie alle sedi del Fascio, oppure con la protezione armata di piccole
dimos tra zi oni popolari nei quartieri periferici delle città. Vi sono a Torino dieci squa dre per rione
e i capisqua d ra debbono rintracciare in un'ora i loro uomi ni. Dato l'ordine in busta chiusa per
raduna rsi in un certo luogo dove si è scelto di condurre una manifesta zione, gli armati si
dispongon o ai fian chi della folla di dimostr a n ti. Spesso si trasferiscono pure, per brevi mis sioni,
in altre città.
Una descrizione dettagliata di una di queste azioni la dobbiam o alla fonte comunista già citata
sulla « guerra civile » e riguarda Roma (pro prio quel quartiere proletario di San Lorenzo in cui
anche al tempo della marcia su Roma dei fascisti vi sarà una disperat a resisten z a di popolani).
Siamo nel maggio 1922, mentre un'adu n a t a fascista si tiene in città:
Operai comunisti attaccano il corteo nel quartiere di San Lorenzo, lo sbaraglia no senza farsi
sorpren d e re, con tattica risoluta, rapida e fattiva. La polizia con armi blindate infuria sulla
popolazione inerme, uccide, ferisce, arresta 500 operai. La tat tica dei comunisti si era svolta così:
esili gruppi collegati col centro di coman do con le vedette. Tre aduna te prestabilite per il momen t o
dell'azione, pochi minuti di fuo co, sparire tutti, tornare ad adunarsi in un nuovo punt o lontano,
sem pre in ordine sparso, rapport o di quanto era avvenuto, ordini della nuova azione da svolgere.
Ri stabilire subito il velo delle vedette e dei collegamen ti, la nuova ritirata e la nuova adunat a...
Sono annota zio ni efficaci anche se vien fatto di chiedersi quant o ren da sul piano militare
l'insieme di regole tattiche espresse ed applicate, in che misura incida davvero. La relazione citata
è, in proposito, molto otti mista, assicura che la organiz za zi one e la disciplina funziona no, e parla
di qualche migliaio di operai che così si sono potuti mobilitare. Abbia mo, al contrario, una
testimonia n z a di Palmiro Togliatti che è più che critica. (Risale però a quarant a n ni dopo).
Gramsci sapeva - egli scriverà nel 1962 - che Togliatti era sem pre stato molto critico di questo
settore del lavoro del partito, di cui parecchie volte aveva consta tato l'inefficienza, maschera t a da
una ostenta zione di cospiratività piuttos t o roman - ##
1 Luigi Longo scrive due articoli in «Avanguardia» sui problemi dell'inqua d ra m e n t o militare:
Perché e finalità del nostro inquadr a m e n t o, a. xv, n. 43, 4 dicembre 1921, e Disciplina, n. 45, 18 di
cembre 1921. Le notizie che si riferiscono sopra sono state raccolte dall'autore in una
conversa zione con l'onorevole Longo, nel 1965.
174
Capitolo undicesimo
tica che rivoluzionaria. Si può ricordare un fatto curioso accadut o durant e la marcia su Roma.
Ritenendo fosse giunto il momen t o di una resisten z a armata, forse, l'uffi cio illegale aveva fatto
partire dal nord, in treno, un suo messo con una valigetta contenen t e alcune rivoltelle (quattro di
numero!). A Civitavecchia il traffico era in terrot to e qui si era pure interrot t o il cam mino delle
rivoltelle, che non si sa dove andas ser o a finire '.
Un quadro feroceme nt e sarcastico, che però non infirma un element o che va al di là del risultato
immediato ottenut o da un apparat o più o meno ben organiz z at o militarme n t e. L'organiz z a zione
illegale del PCI costituisce infatti un tratto non indifferente e non inutile di tutta l'atti vità del
partito, forma alcuni quadri e una certa esperien za di cui il par tito stesso si avvarrà nel futuro, sia
nella cospirazione durante il venten nio sia al tem po della guerra di Spagna e della Resistenz a.
Il fenom e no è particolar me n t e import a nt e per i giovani militanti che si accostano al partito
attraverso questo tirocinio di disciplina, di « spi rito militare », di coraggio. Di qui il partito trarrà
alcune delle sue mi gliori energie negli anni futuri; quello stesso costu m e di durez z a, la sen
sazione di una lotta spietata in cui non esistono mezze misure né zone interme die faranno parte
del patrimo nio umano comunist a che verrà impiegato nelle prove successive (costituen d o un
esem pio per le genera zioni che non hanno conosciut o quei tempi di « ferro e di fuoco », « la più
atroce e difficile guerriglia - per ricordare le parole di Gramsci - che classe operaia abbia mai
dovuto combat tere »).
Le « squadre » sono formate in alcuni casi prevalente m e n t e, in altri esclusivame n t e, di giovani
comunisti. Il loro comand o è assolto da Forti chiari, a Milano, e da Berti (Erik) a Roma, a cui è
affiancato come tecnico Servilio Finotto. Spesso i giovani comunisti porta no una specie di divisa
(pantaloni grigio - verde, mollettiere e persino gambali, un maglione, che indossa no la dome nica
quando c'è qualche manifesta zione o bisogna pro teggere una riunione in una sede del partito). «
Per strano che possa ap parire - ci ha ricordat o in un appu nt o scritto Giuseppe Berti - io quasi
ogni domenica giravo per l'Italia abbigliato a quella maniera né la cosa dava nell'occhio perché
pressa poco così erano vestiti anche i nostri av versari. Gli scontri erano continui, vi erano città e
province in cui le squa dre avevano un largo arma m e n t o e notevole efficienza, per esem pio Trie
ste, città nella quale le squadre erano coman da t e da due dirigenti della gioventù comunist a,
Vittorio Vidali e Mario Bercé ».
Sin dal 1921 - 22 l’« attività illegale» impegna forteme n te le federa zioni (e gli organi di Pubblica
Sicurez z a...), crea davvero più che le ga- ##
1 Dalla present a zio ne della lettera di Gramsci a Togliatti del 27 gennaio 1924, La forma zione ecc.
cit., p. 173.
L'organiz za zi one legale e illegale del PCd'I
175
ranzie pratiche, la mentalità, il costu me, la psicologia, le attitudi ni co spirative del militante che
ben presto si troverà ad operare in quasi com pleta clandestinità. Ogni federazione ha un suo
recapito illegale, già si cominciano ad usare valige a doppio fondo e cifrari (ben presto intelligi bili
dalla polizia1).
Difficile è misurare il grado di democra zia nella vita interna del par tito nel suo periodo iniziale. I
limiti settari, militareschi, sono probabil mente stati esagerati in una memorialistica di partito che
tendeva in so stanz a a ripudiare tutta la direzione del moviment o prima del III con gresso, di Lione
(1926), sotto la taccia di infantilism o e settaris m o pri mitivo. In effetti il dibattito interno, quando
si manifesterà tra il 1922 e il 1926, si rivelerà aperto, libero, e non frenato sulla stam p a ufficiale.
Ma è certo che, anche per le circosta n ze obiettive (il biennio 1921 - 22 non è davvero tempo di
discus sioni per i comunisti presto semillegali nel paese), la vita democratica di base all'inizio è
stenta, dissensi non tra pelano (e forse non esistono nella massa dei militanti). Il Comitato cen
trale del partito - ed è organis mo agile - si riunisce soltant o cinque volte nel 1921 e quattro volte
nel 1922 2.
Anche il lavoro di prepara zione al II congres so - che si sarebbe vo luto e dovuto tenere prima - è
caratteri z z a t o « dall'assen z a di vivaci di scussioni »3. Le federa zioni, gli organi di stam p a, il
gruppo parlam en t a re, il Comitato sindacale comunist a, la FGCI, sono stretta m e n t e control lati
dall'Esecutivo (o dalla Centrale, come si è preso a dire), da Bordiga in primo luogo, infaticabile e
onniprese n t e, i cui interventi su quotidiani e periodici (e sem pre firmati, a differen z a degli scritti
di Gramsci) o in assem blee (per conferen z e, manifest a zioni della « settima na russa », co mizi, giri
di propagan d a) sono frequentis si mi. Con lui si distinguon o Terracini, incaricato del settore della
stam pa e propaga n d a, Misiano, Ta sca, Verdaro, Parodi. Tra gli altri membri dell'Esecutivo, oltre a
Bordi ga e Terracini, il lavoro è così ripartito: Repossi si occupa del settore sin dacale, Grieco della
segreteria (organizz a zio ne), Fortichiari dell’« ufficio primo» (illegale). I contatti con
l'Interna zionale sono assicurati a Mo sca, all'inizio, da Ersilio Ambrogi quindi da Egidio Gennari,
rappre sentante ufficiale del PCd'I nell'Esecutivo e, in Italia, prima delle mis sioni di Kolarov,
Humbert - Droz, Ràkosi e altri, dal già ricordato Chia- ##
L'ufficio informa zi one dello Stato maggiore dell'esercito - come risulta da una lettera del 2; agosto
1922 - scopre il sistem a «monoalfabetico» in uso nella corrispon de n z a più riservata e interna
delle organiz z a zio ni comuniste e decifra molte lettere sequest ra t e, circolari della Centrale (a firma
Loris) della FGCI (Berti: Erik) che riguarda n o questioni particolari di sposta m e n ti di quadri, di
controversie personali (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, K. 1, b. 88).
Questi dati sono ricavati dalla Relazione del PCd'I al IV Congres so dell'Interna zionale comu ttrfa
(APC, 1922, 87/ 1 - 33).
Relazione del Comitato centrale al II Congres so del PCd'I cit., p. 2;.
176
Capitolo undicesimo
rini che funge da delegato, forse meno ufficiale, dell'Interna zionale co munista in Italia. Ma il
collegamen t o tra le due Centrali è largame nt e manchevole1.
Una grande attività i comunisti dispiegano negli organi della CGL di cui costituiscono
l'opposi zione interna di sinistra. Come era già stato previsto e deciso al II congresso
dell'Interna zio nale comunista nel 1920, la consegna è di restare nella organiz z a zio ne sindacale
maggioritaria e i comunisti italiani la applicano, proclama n d o, sin dal congress o di Livor no della
CGL2, che intendon o rispettare la disciplina del sindacato, ac cettarne le direttive generali,
lottand o per conquis tarvi al suo interno po sizioni di forza sempre più rilevanti. La loro condot t a
politica importa una battaglia accanita contro i dirigenti riformisti, peroran d o forme di agitazione
più vaste contro i licenzia me n ti e per la salvez za del salario.
I rapporti di forza della corrente comunis ta rispetto a quella diretta dai socialisti, sono stati a
Livorno di 288 000 voti contro 556 000 nelle Camere del lavoro e di 136 000 contro 798 000 nelle
federa zioni di me stiere. Ma una possibilità di incidere nell'indiriz z o centrale è assai più ridotta (o
assai meno sfrutt at a) di quant o non appaia dalle cifre. I comu nisti sono presenti anche
nell'Unione sindacale italiana, anarco - sindaca lista, dove si collegano alla corrente più favorevole a
Mosca, quella ca peggiata da Nicola Vecchi.
Il gruppo parlam en t a re comunis ta, né prima né dopo le elezioni gene rali dell'aprile 1924, ha una
sua vita autono m a e una capacità d'iniziati va. Anch'esso è stretta m e n t e subordina t o all'Esecutivo,
e il sospet t o ver so il parlam e nt a ris m o è tale nel partito che, anche se qualche azione par
lament are viene ventilata dal piccolo gruppo comunista (ciò che non ri sulta) essa è soffocata sul
nascere, « sulla via di uno strett o disciplina mento al punto di parten z a extra parlame n t a re
costituito dalla Centrale del partito ». Graziadei è la personalità di maggiore rilievo cui viene
affidato, per solito, il compito di espri mere alla Camera il punto di vista comunist a in occasione
dei dibattiti generali di politica interna ed estera. ##
1 Si vedano, in particolare, le lettere di Gramsci del 27 marzo 1924 e le osservazioni che vi fa
precedere Togliatti: «Una vera organiz za zi one interna zionale centraliz za t a non esisteva ancora.
Re gnò quindi in questo campo notevole confusione. Era difficile sapere se verament e coloro che
veni vano considerati come rapprese n t a n ti dell'Interna zio nale comunist a avessero ricevuto
davvero un mandat o di questa natura. Intorno a loro si formava, poi, nonost a nt e ogni loro buona
volontà, un'at mosfera di mistero, talora anche di pettegolez z o e di intrigo che accresceva le
difficoltà» (La forma zione ecc. cit., pp. 261 sgg.).
2 Si noti, però, che a quel congress o la Confedera zione del lavoro conferm a la sua adesione al
l'Interna zionale sindacale rossa che si va costituen d o.
3 Cfr. luigi repos si, Le mouvem en t syndical et les comm u nì s t es italiens, «La Corres pon d a n ce
internationale», a. 11, n. 24, 29 marzo 1922. Su Nicola Vecchi e sulla sua azione di
fiancheggia me nt o dei comunis ti (viene fondato, dalla corrente, un settima nale a Verona
«L'Intema zion ale») cfr. ar mando borghi, '/2 secolo di anarchia cit., pp. 274 - 75.
4 Dalla Relazione del Comitato centrale al II Congresso del PCd'I cit., p. 14.
L'organiz za zi one legale e illegale del PCd'I
177
Resterebbe da dire dell'attività culturale, ma essa non è se non allo stadio delle intenzioni,
cercando per il proprio indiriz zo un collegame nt o con il Proletkult interna zio nale di Mosca; si
deve, piuttos t o, segna lare la presen z a dei temi di cultura tradizionali sulle colonne dell'« Ordi ne
nuovo » quotidiano, a cui prende a collaborare come critico teatrale il ventenne Piero Gobetti (a
400 lire mensili), e poi Zino Zini, Umberto Calosso (Mario Sarmati), Leonida Repaci (Gamelin), e che
fanno del quotidiano torinese un'eccezione nel panora m a della stam p a comunis ta dell'epoca. Anzi,
a dire di Piero Gobetti,
Nel primo anno di vita « L'Ordine nuovo » è stato decisame n t e un giornale di pensiero,
singolarissi m o in Italia, conscio dell'impor t a n z a dei problemi nazionali, preoccupa t o di fondare
una coscienza politica nuova e di ascoltare le esigenze cul turali del mondo moderno1.
Per il resto, nel partito coesistono due atteggiam e nti altretta nt o net ti: un orgoglio « intellettuale »
assai marcato, venato di sarcas m o verso il carattere plebeo del Partito socialista e un proclama t o
disprez z o per gli intellett uali tradizionali2 le cui simpatie verso la reazione fascista si fan no
sem pre più sensibili e in qualche caso clamoros e. ##
* Da Storia dei comunisti torinesi scritta da un liberale, Scritti polìtici cit., p. 293.
1 Risponde n d o a un questionario dell'Interna zion ale comunis ta, Grieco, a nome del Comitato
esecutivo del PCI, nel 1922 scrive: «In Italia non c'è un moviment o intellett uale di sinistra, gli
autori italiani non fanno eccezioni, sono fascisti anche i filosofas tri» (APC, 1922, 121 / 5 - 6).
Capitolo dodicesimo
Le tesi di Roma e il II congresso del PCd'I
Il secondo congres so nazionale del PCd'I è, in realtà, il primo, com'è accadut o per il II congress o
dell'Interna zio nale comunista. L'assem blea del teatro San Marco a Livorno, il 21 gennaio del 1921,
non era andat a al di là di una manifesta zione politica e di un primo inquadr a m e n t o orga nizzativo.
Si sarebbe voluto tenere un vero congresso pochi mesi dopo per avviare quella sistem a zio ne
autono m a, dottrinale e progra m m a tica, ancora restata implicita all'atto della separa zione dal
vecchio tronco so cialista, senonché lo stato ende mico di guerra civile e più ancora la fisio nomia
assunt a subito dal partito, come organis m o rigidame n te accentra to, retto da una disciplina
militare (che fa tutt'uno con lo stile di lavoro impres s o alle varie federazioni, alle sezioni, ai
raggrup p a m e n ti « illega li » dal gruppo dirigente) hanno protratt o d'un anno intero la consulta
zione interna, la elezione degli organi statuta ri di direzione, la fissazione di una piattafor m a
tattica.
Si arriva al II congresso in una situazione di calma e di coesione ap parente m e n t e perfette nelle
file dei militanti (42 956 alla fine del 1921). Le varie « tesi », che — seguendo il costum e dei
congres si dell'Interna zio nale comunista - servono di base al dibattito congres s uale, sono pubbli
cate nel corso del mese di gennaio2: prima quelle sulla tattica, che ven gono present at e - come già
fu per la mozione portata al congres so di Li vorno - da Amadeo Bordiga e da Umberto Terracini,
poi quelle sulla questione agraria (G. Sanna e A. Graziadei), infine quelle sindacali, fir mate da
Antonio Gramsci e da Angelo Tasca : ampi docum en ti progra m matici, in specie il primo, che non
incontra no obiezioni importa n ti, se si escludono alcuni interventi di un dirigente di secondo
piano, Smeraldo ##
1 Dalle cifre fornite al congress o risulterebbe che altri 6800 compagni non figurano nei quadri
non avendo pagato regolarme n t e la tessera. Per la ripartizione provinciale degli iscritti, cfr. nota a
p. 165 del present e volume.
2 Le Tesi sulla tattica sono pubblicate daH'« Ordine nuovo» il 3 gennaio, quelle sulla questione
&gtatisi il 5, quelle sulla «tattica sindacale» in nove punta te, rispettiva me nt e il 31 gennaio, il 1°, il
2- 3- 4- 5- 7- 8- 9 febbraio. Anche gli altri organi comunis ti le pubblicano nello stesso periodo.
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I 179
Presut ti di Teramo, che pure sarà un contra d dit t or e combattivo in con gresso. Umberto Terracini
può afferm are che il partito è « unani me e inattaccabile »2. Gramsci ricorderà che « tutto il
compless o delle tesi non era mai stato discusso a fondo »3 dai militanti, né in realtà poteva
esserlo, tenut o conto che il congres so, convocato in febbraio, si svolge poco dopo la metà di
marzo.
Le « Tesi di Roma » sulla tattica sono formulate per dettare regole precise destinate a guidare di
per sé l'azione. Il partito è definito come « collettività operante con indirizz o unitario per il
consegui me nt o degli obiettivi storici comuni a tutta la classe lavoratrice ». La centraliz za zi o ne,
l'unità, il carattere volontario del partito sono i momen ti più sotto lineati 4. Ad esso non si
possono aggregare altri partiti o parti staccate di altro partito. L'unica via lecita per aderirvi è
l'am mis sione individuale. E la tattica, si aggiunge, non va concepita soltanto in rapport o alle situa
zioni, bensì - tipico tratto del bordighis m o - precisata già nei suoi limiti, sempre più netti, « man
mano che il moviment o si rafforza e si avvicina alla vittoria generale » 5. Ciò vale anche per
l'Interna zionale comunist a, insistono le Tesi (che vanno del resto lette sempre tenendo present e la
disput a in atto), poiché il Partito comunist a di ogni paese deve evitare che la sua azione possa
venire a porsi in contrast o « col progra m m a di cui esso è il solo assertore ». Nessuna
conta mi na zione è possibile cogli altri raggrup p a m e n ti politici.
Ma anche il rapport o con le masse, il carattere di classe dell'organiz zazione, sono subor di nati ad
una concezione del partito proletario qua le perenne coscienza « teorico - critica » del moviment o,
da salvaguar da re con misure cautelative e garanzie ideologiche tutte impront a t e alla paura di un «
processo di degenera zio ne » che deriverebbe dal contat to con forma zioni meno pure, meno
disciplinate. E proprio quel difetto di scolasticis m o e di bizantinis m o, quell'« applicazione alla
politica del me todo matem a tico », che Gramsci in una nota dal carcere ricorderà come ##
1 Presut ti scrive un articolo, Sulla tattica del Partito («L'Ordine nuovo», 22 febbraio 1922) e un
altro, dallo stesso titolo {ibid., 15 marzo 1922) in cui, sostan zial me n t e, critica il restringimen t o del
fronte unico all'ambito sindacale. Alle sue osservazioni replica amadeo bordiga (Il compito del
nostro Partito, ibid., 19 marzo 1922) ribaden do la validità delle tesi sulla tattica. Cfr. più avanti, P.
181.
2 Umberto Terracini, Le deuxiètne Congrès du PCd'I, «La Corres pon d a nc e internationale», a. 11, n.
4, 14 gennaio 1922.
3 Da una lettera a Togliatti, Terracini ecc. del 9 febbraio 1924, in La forma zione ecc, cit., p. 192.
4 Interess an ti sono le note critiche che Gramsci dedicherà alla concezione del partito che emerge
dalle Tesi sulla tattica: «La centralizza zi one e l'unità erano concepite in modo troppo meccanico: il
Comitato Centrale, anzi il Comitato Esecutivo era tutto il Partito, invece di rapprese n t a rlo e diriger
lo» (Antonio gramsci, Necessità di una prepara zione ideologica di massa, «L'Unità», 3 maggio
1925).
5 Cfr. «L'Ordine nuovo», 3 gennaio 1922, che pubblica il testo delle Test sulla tattica, appro vato
dal Comitato centrale del PCd'I nella sessione del 19- 20 dicembre 1921; cfr. par. 29.
180
Capitolo dodicesimo
tratti tipici delle « Tesi di Roma » '. Così si dica per il carattere democra tico del partito che le Tesi
intendon o sem pliceme nt e come un « processo reale che accum ula gli elementi di esperienz a »,
considera n d o « proble ma formale una consulta zione di consessi rappre se n t a tivi del partito ». «
Coscienza e volontà », dicono le Tesi, non si possono pretende re dai singoli militanti: esse
risiedono nell’« organis m o collettivo unitario»: ma ciò non porta ad isterilire il contribut o critico di
quei singoli? E a considerare infallibili le dirigenze? Non si ritorna così nell'alveo dell'a borrito
massimalis m o?
Sono doman d e che nessun o si pone a Roma. I « torinesi » non fanno eccezione. Le istanze
democratiche, la passione libertaria che animavano il gruppo dell'« Ordine nuovo » settima nale
paiono sopite e assorbite, anzi neglette nel partito. Il congres so rapprese n t a la resa di quello che
non si può del resto considerare un gruppo omogeneo. Le Tesi sulla tat tica, il concetto di partito
che esse contengono, se confront a ti alle posi zioni espres se dalla sezione torinese del PSI
nell'aut u n n o del 1920, mo strano una ispirazione del tutto diversa. Bisognerà attende re il 1924 e
ancora cercare in lettere private - per sentire Gramsci criticare aper tamente quella tesi che si
richiama ai « fattori di coscienza e di volon tà » espres si dall'« organis m o collettivo ».
Questo concetto - scriverà allora Gramsci a Togliatti e a Terracini - giusto se riferentesi alla classe
operaia è sbagliato ed estrem a m e n t e pericoloso se riferito al partito. Prima di Livorno esso era il
concetto di Serrati, il quale sosteneva che il partito nel suo comples so era rivoluziona rio anche se
in esso coabitavano socialisti di diverso pelo e colore... Nel nostro partito questa concezione ha
solo parzialme nt e deter mi nat o il pericolo opport u nis t a. Non si può negare infatti che la minoran z a
sia nata e abbia fatto proseliti per la assen za di discussioni e di polemiche nell'in terno del partito,
cioè per non aver dato importa n z a ai singoli compagni e non aver cercato di indiriz zarli un po' più
concreta m e n t e di quant o non possa avvenire coi comunicati e le disposi zioni tassative. Nel nostro
partito si è avuto a lament are un altro aspetto del pericolo: l'isterilirsi di ogni attività dei singoli, la
passività della massa del partito, la ebete sicurez z a che tanto c'era chi a tutto pensava, a tutto
prov vedeva... 3.
Il docume n t o stilato da Bordiga e Terracini riflette la piattafor m a generale che i due dirigenti
vanno da più di un anno stabilendo: la lotta più decisa alla socialdem ocr a zia e alla sinistra
borghese. Il rapport o con queste forze è l'asse politico delle Tesi sulla tattica. Il PCd'I proclama che
eventuali governi espres si da tali forze sarebbero reazionari: l'unica loro funzione positiva
diverrebbe, per così dire, pedagogica. Essi, infatti, ##
1 Cfr. Passato e Presente cit., pp. 62- 63.
2 Le Tesi sulla tattica cit., par. 3.
3 Da una lettera del 9 febbraio 1924, La forma zione ecc. cit., pp. 193 - 94.
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I
181
servirebbero a togliere ogni illusione al proletariato '. Il PCd'I se ne ter rà discosto proprio per
facilitare tale lezione. Anche per il fronte unico sindacale, l'unico ammes s o, la giustificazione
teorica è la stessa: da azio ni d'insieme di tutta la classe lavoratrice « non potrà che uscire vittorio
so il metodo comunista ».
Coerente con tale ragiona m e n t o è il corollario tattico: non si deve solidariz z a re con quel tal
governo socialdem ocratico ove esso venga assa lito dalla destra militarista e fascista poiché il suo
eventuale consolida mento ottenu to con l'aiuto comunista confonde rebbe le cose e contrast e rebbe
« l'avanzat a rivoluzionaria »2. È pur vero che si tratta di una curio sa coerenz a, poiché questa
ultima motivazione data, per non soccorrere la socialde mocra zi a, contras t a con un certo
ammicca me n t o prima conte nuto nella raccoma n d a z io ne di lasciare che l'esperim en t o faccia il suo
corso. Ma l'impor ta n t e, in questa casistica rigida di ipotesi e di norm e, è l'indicazione di una
prospet tiva che essa offre. Dinanzi alla « offensiva sempre più vasta e completa della borghesia »,
il PCd'I continua a rite nere che essa avrà, in definitiva, un approd o socialdem ocra tico, prima
dell'urto finale. Gramsci - lo ram m en t e rà in una lettera del 1924 - non vorrebbe che si escludes s e
l'ipotesi di un colpo di Stato reaziona rio3. Ma anche se egli riesce a introdu rr e tale eventualità,
essa scalfisce appena la premine n z a della prima ipotesi, che il PCI considera come quella che la
borghesia italiana vuole realizzare.
A questa borghesia si presta una concezione del proprio interesse, un disegno complessivo
organico, che le contrad di zioni di interes si, posizio ni, influen ze, che la debolez z a dello « Stato
liberale » — denunciata dalle ##
1 «La loro opera permet te rà al proletariato di dedur re dai fatti la reale esperienz a che solo l'in
staura zione della sua dittat ura da luogo ad una reale sconfitta del capitalis mo» (Le Tesi sulla
tattica cit., par. 33).
2 «La presen za del partito comunista toglierebbe alla socialde m ocra zia più seguito, sopratt u t t o
sul terreno della lotta elettorale e parlame nt ar e, di quello che non le arrecherebbe col suo
appoggio, e l'esperim en t o sarebbe probabilmen te ritardat o anziché accelerato da una simile
politica» (Le Tesi sulla tattica cit., par. 34).
3 «Nel 1921 - 22 il partito aveva questa concezione ufficiale: che fosse impossibile l'avvento di Una
dittat ura fascista o militare; a gran stento riuscii a far togliere dalle Tesi di Roma che questa
concezione avesse a divenire scritta, facendo modificare fonda m e n t al m e n t e le tesi ji e 52 sulla tat
tica» (lettera a Togliatti, Terracini ecc. da Vienna, il 9 febbraio 1924 in La forma zione ecc. cit., P.
199). Non risulta reperibile un testo della prima stesura, dove si possa no controllare le correzioni
o cancellature dovute alla influen za di Gramsci.
4 Al paragrafo j2 citato da Gramsci si legge infatti che «la presente situazione italiana racchiude
in sé sinteticam e n te tutti gli elementi costitutivi del colpo di Stato», ma, subito dopo, si aggiunge
che è probabile che la borghesia «si opporrebbe a un tentativo militarista», e riuscirebbe a stroncar
lo. «Nessuna forma di governo potrebbe avere più della presente lo sprez z o per la libertà, per i
diritti acquisiti e sanciti, per la vita degli operai; soltant o in un ulteriore perfeziona m e n t o dello
Stato de mocratico, più capace a coprire la reale sostan z a del regime dittatoriale della borghesia,
questo può Porre la sua mèta. Ciò si otterrà con la forma zione di un governo socialdem ocratico»
(Le Tesi sulla tattica cit.). Nel paragrafo 51 si polemiz z a contro l'illusione socialdem ocra tica nel
«ritorno alla au torità dello Stato» di cui si denuncia l'involuzione, e lo « sparpagliame n t o » dei
poteri: che è anno tazione tipica del Gramsci del 1919 - 21 (cfr. p. 32 del presente volume).
182
Capitolo dodicesimo
stesse Tesi - , che l'aggressività dell'azione eversiva fascista, sono lungi dal consentirle. Gramsci
stesso, che pure su tali contrad di zioni aveva in sistito nel 1921, ha scritto, poco prima del
congres so, che si va verso uno Stato socialdem ocra tico1.
Perciò, il periodo fascista è sottovaluta t o dal gruppo dirigente in cui prevalgono considera zio ni di
carattere ideologico legate all'elabora zion e delle origini del partito e che al contem p o vuole
giustificare, di contro alle obiezioni dell'Interna zio nale comunis ta, la propria « recisa e impla
cabile polemica contro il partito socialista » e facilitare « la creazione del blocco socialdem ocra tico
», il nemico principale, da abbattere in un secondo tempo attravers o un urto semplificato. Proprio
per questo le Tesi considera no assur do che si invochi contro il fascism o « il ritorno al l'autorità
dello Stato ». La violenza fascista è, sempliceme nt e, « una con seguen z a ineluttabile dello sviluppo
del regime borghese »3, nel quadro della complessa azione sviluppa t a dalle forze del capitalis m o.
Il partito, beninteso, come ha già detto e fatto nel 1921, non ne deduce, per que sto, che di fronte
al fascismo sia da assu m er si un atteggiam en t o di inerte passività. Lo si deve combat t ere, ma al
fine principale di « rendere meno gravi e dolorosi i danni che la violenza nemica arreca » e di «
appron t a re un minimu m di mezzi necessari ad affront arla e a superarla ».
Le Tesi sui sindacati e sulla questione agraria sono meno impegna tive. Nelle prime si ribadisce il
valore dell'unità sindacale, si sollecita la forma zione di gruppi sindacali comunisti in ogni fabbrica
e azienda, si perora l'adesione della CGL alla Interna zionale dei sindacati rossi di Mosca e il suo
distacco dal segretariato «giallo » di Amsterda m 4. È sta bilito anche ufficialmente il diritto di un
militante del partito di essere iscritto all'Unione sindacale italiana (anch'essa incerta tra Mosca e
Am- ##
1 Si veda, in particolare, l'articolo Il processo della crisi («L'Ordine nuovo», 13 febbraio 1922) in
cui Gramsci ribadisce che « la caduta del ministero Bonomi e il successivo travaglio... deve portare
a un muta m e n t o delle basi dello Stato e cioè alla sostituzio ne di uno Stato socialdem ocra tico al
vec chio organis m o». Nello stesso scritto si dice che la socialdem ocra zia, fonda m e n t al m e n t e
conserva trice e reazionaria, intende creare «un sistema più largo di camorre sfrutta trici, un
sistema più agile, più adatto alla necessità nuova di mantenere con le masse un contatt o
continuo», «un compless o in quadra m e n t o dì forze reali che parte dalle masse per culminare... nei
comitati di Montecitorio».
2 Le Tesi sulla tattica cit., par. 53.
3 Ibid., par. 54.
4 La CGL, dopo un primo idillio con la Centrale sindacale rossa di Mosca nel 1920, già alla fine del
1921 ha ritirato la sua adesione e si è collegata coll'Interna zionale sindacale socialdem ocratica che
ha la sua sede ad Amsterda m. D'Aragona riassu m e la posizione confederale in questi termini, al
Con siglio nazionale di Verona, del novembre 1921: la CGL non può entrare nell'Interna zion ale
mosco vita perché il PSI è stato considerat o indegno di appartene re al Komintern e perché Mosca
non ac cetta che la CGL sia l'unica rapprese n t a n t e dei sindacati italiani, ma vorrebbe federare
anche l'USI. Nell'Interna zionale di Amsterda m gli italiani restano «per svolgervi un'azione efficace
in rispon de n za al patto d'alleanza col PSI e farne una forza operante sul terreno classista e
interna zionalista». (Cfr. il resocont o di «Battaglie sindacali», 12 novembre 1921). Per
l'atteggiame nt o della CGL al congresso sindacale di Mosca del luglio 1921, cfr. I sindacati italiani al
Primo Congres so della In terna zionale dei Sindacati Rossi, Libreria editrice del PCd'I, Roma 1921.
1
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I
183
sterda m) e di operare nell'organiz z a zi one anarco - sindacalista per affian care la corrente più vicina
alle posizioni del comunis m o: quella in cui figura di primo piano è già il giovane deputa t o
pugliese, l'ex bracciante di Cerignola, Giuseppe Di Vittorio.
Le Tesi sindacali, prepara te da Tasca e da Gramsci, rivelano indub biament e una preoccupa zio ne
unitaria più fervida. È dato scorgervi fa cilmente, nella seconda parte, i classici motivi gramsciani
ordinovisti: quello del sistema dei Consigli di fabbrica e quello del controllo ope raio'. Ma essi non
appaiono, per il momen t o, che come petizioni di prin cipio (del resto concordan ti con la posizione
dell'Interna zio nale sinda cale rossa), come attestati di fedeltà alla ispirazione passata. Manca un
giudizio sull'att ua bilità di tale progra m m a e sul corso preceden te della lotta per il controllo, ormai
seppellito nell'iter parlame n t a re. Bordiga non pare prope ns o a rinnovare sul tema i dibattiti del
1919 - 20, anzi, af fidando l'argome n t o a Tasca e a Gramsci, può equilibrare le istanze con sigliari
del secondo con le diffidenz e del primo.
Quanto alle Tesi sulla questione agraria, esse rivestono il carattere di un manifesto
progra m m a tico2 su scala storica non contenen d o l'indi cazione di parole d'ordine transitorie e di
rivendicazioni parziali ed im mediate. Interess a nt e, nondi me n o, è la precisa zione della « questione
agraria » italiana, laddove si scartano le punte più estremis tiche di una socializza zio ne totale e ci
si orienta (nello spirito, del resto, delle tesi prevalse al II congres so dell'Interna zi onale comunis ta,
del 1920) verso una distinzione molteplice.
Si dice, tra l'altro, che il partito dovrà, assunt o il potere, procedere all'imme diata espropria zione
senza indenni z z o e alla gestione statale diretta o per tramite di organiz z a zi oni cooperative - delle
grandi aziende agrarie di tipo capitalistico, ma, al contem p o, che « deve assoluta m e n t e evitare
l'assurd o quant o antimarxistico tentativo di socializzare le pic cole aziende agrarie a condu zio ne
per lo più familiare nelle quali i mez zi di produ zio ne (terra, stru me n ti, inventari, ecc.) non sono
separati dal lavoro». Il primo passo per l'introdu zi one del socialismo nelle campagne è
rappres e nt at o dalla « soppres sione della rendita fondiaria non ac- ##
1 Cfr. La tattica sindacale del PCI, cap. IX, in « L'Ordine nuovo », 7 febbraio 1922. La posizione sui
Consigli di fabbrica riflette pienam e n t e quella espress a da Gramsci nell'«Ordine nuovo»: «Per
raggiungere l'autono mia nel campo indust riale la classe operaia deve superare i limiti
dell'organi z z a zione sindacale e creare un tipo nuovo di organiz z a zione a base rappre se n t a tiva e
non più burocra tica che abbracci tutta la classe operarla, anche quella che non aderisce
all'organiz z a zio ne sindacale». Così si dica per il controllo operaio dal basso: «La lotta per il
controllo rappre se nt a per i comunisti, u terreno specifico in cui la classe operaia s'impone a capo
delle altre classi oppress e della popolazio ne e riesce ad ottenere il consens o per la propria
dittat ura». Cfr. sul tema Alberto caracciolo, Ser r&ti, Bordici e la polemica contro il blanquis m o, in
La città futura, Milano 1959, pp. 104 - 6. Le Tesi sulla questione agraria, «L'Ordine nuovo», 5
gennaio 1922.
184
Capitolo dodicesimo
compagnat a dal lavoro » e dal trasferi me nt o del posses so e uso libero della terra a coloro che la
coltivano e la possono coltivare personal m e n te, « sui quali ricadrà il solo obbligo di consegnare al
governo una deter minata quantità dei prodot ti ».
Nelle Tesi sulla questione agraria si rivela la forma zione economico politica del Graziadei e più
ancora del meridionale Sanna, assai sensibile alla lezione salveminiana e alle stesse polemiche
liberistiche '. Nulla però traspare dell'impos t a zio ne di una « questione meridionale » nei termini
che verranno ripropos ti da Gramsci nel 1924. Si resta a una generica in dicazione di alleanza tra
operai e contadini.
Non si può però dire che le Tesi sulla questione agraria riflettano una posizione estre mistica
oppure che se ne discostino in polemica all'indi rizzo prevalente. Bordiga ha orientato in una serie
di articoli, nel 1921, il partito a considerare l'importa n z a del problem a contadino e la funzio ne di
alleati della classe operaia che possono esercitare i piccoli proprie tari agricoli:
Un'organiz z a zio ne di piccoli proprietari, se indubbia m e n t e irta di difficoltà, può condur re a dare
una base interess a nt e ad agitazioni pretta m e n t e rivoluziona rie e di più diretto sbocco nell'aperta
lotta politica... Si può e si deve inasprire il contras t o tra gli interessi dei contadini e lo Stato
borghese che ad essi più che mai appare co me il nemico2.
Si resta piuttos t o ad enunciazioni di principio, generiche, mancan do al partito ancora qualsiasi
esperienz a di lavoro tra i contadini. Soltanto nel 1924 si avrà un impulso reale a organiz z ar e le
forze non proletarie nelle campagne. Lo stesso Gramsci pare preoccupa t o ora di sottolineare la
priorità del problema operaio e l'import a n z a di una natura di classe del partito. Quando dovrà
illustrare il significato del congres so nazionale ai compagni torinesi dirà:
Con i contadini dobbiam o avere dei rapporti e dobbia mo lottare insieme; ma una cosa è
indispens a bile ed è quella di mantenere l'indipend e n z a e la supre m a zia della organiz za zi one
politica operaia (indus triale e agricola) che è la sola classe il cui movimento rivoluziona rio può
essere comunis ta 3.
La preoccupa zio ne di trasfor m a r si in partito « contadino » come il PSI è prevalente, e gioca anche
il timore di dare al tema del fronte unico un'accezione troppo larga. Come la discus sione in
congres so mostrerà. ##
1 Un osservatore attentissi m o come Piero Gobetti segnalerà nei suoi saggi sui comunisti questa
forma zione del Sanna, accom u na n d ola a quella degli ordinovisti. (Cfr. Scritti politici cit., pp. 294 e
1015).
2 amadeo bordiga, La questione agraria (elementi marxisti del problema), Libreria editrice del
PCd'I, Roma 1921, p. 100.
3 Dalla Relazione sul congress o nazionale alla sezione comunista di Torino, «L'Ordine nuovo», 6
aprile 1922.
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I
185
Le tesi del PCI, soprat t u t t o quelle sulla tattica, vengono esaminat e a Mosca, dal Comitato esecutivo
dell'Interna zio nale comunista (subito dopo la riunione dell'Allargato, che ha visto gli italiani
all'opposi zione) e _ a quant o ha testimoniat o Terracini - sono Trockij e Radek a farne « un'analisi
minuta e criticissima e a propor ne il rigetto ». Soltanto do po una lunga discus sione con la
delegazione italiana si decide che le Te si vengano present at e e discus se al congres so « a titolo
consultivo come contribut o alla prepara zio ne del quarto Congress o mondiale (novem bre) »2.
Intorno alla metà di marzo le osservazioni critiche, assai detta gliate, del Presidiu m
dell'Interna zio nale comunista, vengono trasm es se al PCd'I. L'Esecutivo italiano non le rende
pubbliche: l'attacco è così forte che mette in discussione tutta la condot ta, la base dottrinale, l'o
rienta m e n t o della sezione italiana :
Il PCI non ha superat o l'infantilism o, la malattia di un giovane sterile radica lismo, di un
radicalism o il quale si risolve in una paura settaria del contatt o con la vita reale, in una mancan z a
di fiducia nelle proprie forze e nelle tende n z e rivoluzio narie delle masse, quando si entra in lotta
per un obiettivo transitorio3.
Le Tesi - afferma l'Interna zionale - sono in contras to col proprio III congres so e se il PCI non
vuole rompere la disciplina comune, deve mutare il suo atteggiame nt o verso il fronte unico, deve
convincersi che il suo compito essenziale è quello della conquista della maggioran z a del
proletariato.
Quando si arriva - dopo alcuni rinvii - al congresso del PCd'I, il 20 marzo, a Roma (i lavori
procedo no dappri m a per due giorni in com missione) è Kolarov, il delegato dell'Interna zio nale (un
autorevole diri gente bulgaro, già dei protagonisti della conferen z a di Zimmerwald, del 1915) a
fissare subito le condizioni e i limiti del dibattito sulle Tesi, nel senso deciso dall'EKKI: un «
materiale » che non fa testo, ma serve di base per una discussione futura in seno all'Interna zionale
comunist a. Con lui è un altro dirigente, Jules Humbert - Droz, quel comunist a sviz zero che è
anch'egli emerso come un dirigente della sinistra interna zio - ##
1 Umberto Terracini, Le tenden z e nell'Intem a zion ale, «L'Unità», 19 luglio 192^.
2 Ibìd.
3 Le Osservazioni del Presidiu m dell'EKKI verranno rese pubbliche dal PCI soltanto nel 1924 («Lo
Stato operaio», a. 11, n. 13, 24 aprile). Ma l'Interna zionale comunista le ha fatte conoscere mol to
prima pubblicandole alla vigilia del suo IV congresso, nella rivista ufficiale del movimento, infor
nando appu nt o con una nota redazionale che esse furono trasm es se ai compagni italiani « alla
metà di marzo» {Une contribution au projet du progra m m e du PCd'I, «L'Internationale
comm u nis t e», ■ • ni, n. 23, ottobre - novem bre 1922).
4 Su questo punt o le Tesi italiane sulla tattica recano, al paragrafo 3 : « Non si può esigere che ad
una data epoca o alla vigilia di intrapre n d er e azioni generali il partito debba aver realizzat a la con
dizione di inquadr are sotto la sua direzione o addiritt ura nelle proprie file la maggioran z a del
prole tariato» («L'Ordine nuovo» cit.).
186
Capitolo dodicesimo
nale durant e la guerra, era presente a Livorno e avrà successivi rapporti col partito italiano, nel
1924, e incarichi di grande respons a bilità.
L'accoglienza a queste clausole e obiezioni è talment e fredda in com missione (ivi soltanto
Bombacci e Presutti - rappre se n t a n t i di quella che diventerà una delle opposizioni di destra del
PCd'I - le appoggiano) che Kolarov sente il bisogno di ribadirle in assem blea, dalla tribuna del
congres so (che, come accade sem pre in questo periodo, è semille gale, senza la presen z a della
stam pa, e si tiene nella sala del ricreatorio Giovanni Montemartini, alla casa dei tranvieri romani). E
Bordiga è così costrett o a ripropor re, egli stesso, in una mozione che il congres so unanime
accoglie, di attribuire alle Tesi unicamen te « il valore di una formula zione che non può in alcun
modo pregiudicare la disciplina in ternazionale »2.
È l'inizio di un sistem a di rapporti con l'Interna zionale comunis ta che durerà per anni: una serie di
sottomi s sioni formali, di atti di disci plina che si accom pagna n o a un dissens o politico aperto,
sem pre più acuto. Infatti già a Roma, anche se è stabilito tale limite, il dibattito si riac cende.
Kolarov tocca il punto più attuale della controversia, il rifiuto del fronte unico politico.
Vi è la lotta contro il fascis mo da condurre: questa è lotta politica per eccellenza che si può
combat te re soltanto sotto la direzione di masse lavoratrici e stretti nel vincolo del fronte unitario.
E non vale dire che col fronte unico voi dovete avvici nare i traditori poiché questo vale anche per
il fronte unico sindacale.
Bordiga replica che « il partito non può confonder si con gli altri ». Terracini, a sua volta, che « le
Tesi devono rimanere immut abili ». An che Gramsci si pronun zi a contro il fronte unico politico e
ciò che, con la nuova parola d'ordine del « governo operaio », si intende da parte dei dirigenti
dell'Interna zio nale comunista: una unità d'azione con tutte le altre forze operaie che possa
giungere sino a un governo di coalizione. Il tema gli appare valido per la Germania4 ma certo assai
nebuloso nella situazione italiana. Gramsci ritiene - a quanto risulta dal resocont o che « se noi
lanciassim o la parola d'ordine del governo operaio e cercas simo di attuarlo, tornere m m o
all'equivoco socialista e alla inattività »5. ##
1 Della commis sione sulla tattica fanno parte Bordiga (presidente), Azzario, Bombacci, Gennari,
Presut ti, Terracini, Trombat ore, con Humbert - Droz, Kolarov e il tedesco Bòttcher. Il verbale dei
lavori in APC, 1922, 99/ 11 - 24.
2 «L'Ordine nuovo», 26 marzo 1922.
3 Ibid.
4 Era appun t o riferendo si alla situazione tedesca (dove esperime nti di governi di coalizione coi
socialde m ocra tici si erano fatti o si potevano fare in alcuni degli Stati della Repubblica di Weimar)
che l'Esecutivo allargato del dicembre 1921 aveva in una risoluzione perorat o il «governo operaio
unitario ».
5 «L'Ordine nuovo», 28 marzo 1922.
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I
187
C'è qui, in Gramsci, un'annot a zione politico - teorica che si richiama alla stessa lotta per dare alla
classe operaia il suo partito autono m o: cioè l'afferma zi one che il PSI non è mai stato un vero
partito operaio, bensì un partito che « aveva due anime », delle quali prevalente è stata quella
contadina; ciò spiegherebbe le sue debolez ze ed insufficienze1. Inoltre, il fronte unico, in un paese
come l'Italia, prevalente m e n t e agricolo, do vrebbe estende rsi anche al Partito popolare, partito che
esprime gli inte ressi del contadino piccolo proprietario. Dove finirebbe allora la funzio ne di
guida della classe operaia?
È evidente come il pensiero di Gramsci, il suo timore di un annacqua mento del partito
rivoluzionario in un contesto contadi no, si incontri con le preoccupa zi oni di Bordiga2. Cautela e
pessimis m o hanno però an che un'altra motivazione in Gramsci: « lo stato di gravissim a depressio
ne della classe operaia italiana », uno stato che richiede - egli ha soste nuto all'asse m blea
precongres s u ale della sezione torinese - una sua pre ventiva riorganiz z a zi one, un suo
rafforza m e n t o sindacale, « per farle ac quistare un minimo di capacità offensiva e di libertà di
manovra, prima di passare ad un'altra fase in cui il proletariato, premen d o diretta m e n t e e
intensa m e n t e sui partiti opport u ni s ti, cerchi di porsi a capo di tutto il popolo lavoratore »3.
Sul modo come si sviluppa il dibattito sappiam o alcuni particolari importa n ti dai rapporti che
Humbert - Droz invia a Mosca. Il rappre se n tante del Komintern assicura che il discors o di Kolarov
fa una grande impressione sui congressis ti tanto che, alla fine del suo intervento, i membri
dell'Esecutivo chiedono ai messi di Zinov'ev se ciò significhi una loro sconfessione politica,
dicendosi dispos ti a dimetter si. Senonché, più ##
1 La tesi, adombra t a nel suo intervent o congress uale, viene sviluppa ta dallo stesso Gramsci in un
articolo dell'aprile, dove si dice tra l'altro: «La lotta agraria in Italia ha la supre m a zi a sulla lotta di
classe del proletariato. Gli operai indust riali in Italia non contano che per un terzo della popola
zione, i due altri terzi sono compos ti di operai agricoli o contadini. Il PSI stesso è sem pre stato
piut tosto un partito contadino che un partito operaio e ciò spiega in gran parte le sue deviazioni e
le sue esitazioni» (Antonio gramsci, L'Italie à Génes, «La Corres po n d a n ce internationale», a. n, n.
28, 1° aprile 1922). Ancora più particolareggiata me n t e, lo stesso Gramsci scriverà più tardi che il
60% dei mem bri del PSI erano contadini nel 1919 - 21, che su 2500 comuni conquist ati dai socialisti
2000 erano strett a m e n t e contadini, che i quatt ro quinti delle cooperative amministrat e dal PSI
erano coo perative agricole {Les origines du cabinet Mussolini, «La Corres pon d a nc e
internationale», a. 11, n. 89, 20 novem bre 1922).
2 Gramsci tornerà sul tema nel 192^ trovando proprio in tale preoccupa zio ne una delle giustifi
cazioni dell'estre mi s m o bordighiano, pur concluden d o che ciò cristallizzava «uno stato perm ane n
te di pessimis m o » e suggeriva una tattica estre ma m e n t e settaria, antibolscevica, poiché negava l'al
leanza tra operai e contadini e l'egemonia proletaria nel moviment o anticapitalista (Antonio gram
sci, La situazione interna del nostro Partito e i compiti del prossi m o congress o, relazione
present at a alla sessione del Comitato centrale del PCd'I, del maggio, «L'Unità», 3 luglio 1925).
3 Dal resocont o dell'asse m blea nel «Comunista», 19 febbraio 1922. Non risulta però dal reso
conto quanto Gramsci ram m e nt e r à in una lettera a Togliatti, Terracini ecc. del 9 febbraio 1924, che
egli, all'asse m blea torinese, si sarebbe detto « favorevole al fronte unico fino alla sua conclusione
nor male del governo operaio» (La forma zione ecc. cit., p. 192).
188
Capitolo dodicesimo
importa n te è il chiariment o portato dalla testimo nian z a di Humbert Droz sul carattere delle
opposi zioni che si fanno luce in congress o:
L'opposizione alle Tesi, nel seno stesso del partito italiano, fu rapprese n t a t a da due correnti di
valore different e: una rappre se n t a t a da un certo Presutti e da Bom bacci che si ponevano
netta m e n t e sul terreno delle tesi dell'Interna zio nale ma che le hanno difese, l'uno e l'altro, senza
molta perspicacia.., L'altra corrente d'oppo si zione, che criticava la rigidità della tattica e delle
Tesi, e ammett eva la possibilità di un'applicazione in Italia della tattica del fronte unico sul
terreno politico con certe riserve relative alla situazione politica speciale dell'Italia, era
rappres e nt at a dai compagni Graziadei e Tasca '.
Humbert - Droz giudica questa corrente come espone nt e di un pensie ro politico « molto più serio
e profond o » e chiarisce un punt o fonda mentale del corso del congress o, restato in ombra nei
resoconti ufficiali: l'iniziativa, i termini, il testo della mozione di opposizione che presen terà
proprio Graziadei, d'accordo con Tasca. È un tipo d'oppo si zione an cora pruden t e e sfumat a 2 ma
tale da impegnare i congres sisti ad una scel ta prò o contro la « Centrale » italiana. La mozione
reca:
Il Congresso... pur approvan do i principi inform at o ri del fronte unico sindacale e facendo l'elogio
del Comitato Centrale che è stato il primo a lanciare in Italia la parola d'ordine del fronte unico, da
manda t o al nuovo Comitato Centrale del parti to perché, d'accordo con l'Esecutivo
dell'Interna zio nale, esamini di nuovo e defini tivamente in special modo la formula relativa al
processo di recluta m e n t o delle nuove forze e all'estensione eventuale del fronte unico anche nei
rappor ti tra parti ti di masse operaie e contadine, in modo da coordinare le tesi dell'Interna zio nale
Comunis ta con le esigenze inerenti alla situazione italiana e alla recente costituzio ne del PCI.
Kolarov riprende la parola una seconda volta per ribadire le tesi del Komintern, e dagli stessi
rappor ti di Humbert - Droz si appren de che l'urto è soltanto attutito dal fatto che Terracini, reduce
dall'Esecutivo allargato, ha già portat o con sé l'accordo di compro m e s s o, che del resto viene
ribadito dalla mozione present a ta dalla maggioran z a, la quale suo na così:
Il Congresso, richiama n d o si alla mozione approvata all'unani mità sul dovere della più scrupolosa
disciplina alle deliberazioni dell'Interna zionale comunist a e sul carattere che le deliberazioni di
questo congres so devono assu me re nelle assisi in terna zionali, dopo ampia discussione delle tesi
sulla tattica del partito, già accettate dalla maggioran z a, le approva. ##
1 Dal rapport o del 26 marzo 1922, riprodot t o in VInternationale comm u ni s t e et la formation de la
direction du Parti com m u ni s te italien cit.
2 Cfr. Chiarimenti del compagno Tasca, «L'Ordine nuovo», 29 marzo 1922.
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I
189
È evidente però che i messi del Kominter n incoraggiano la minoran z a dissident e nel partito
italiano, e forse inducono gli oppositori più sco perti, Presutti e Bombacci, a ritirare il loro ordine
del giorno, a favore di quello Graziadei.
Si voterà quindi sui due ordini del giorno sopra citati. Quello di mag gioranza raccoglie 31 089
voti, quello di Graziadei 4151, ment re molti congres sisti si astengono, per 707 manda ti. C'è già
una opposizione di « destra » nel partito italiano? Ufficialment e il partito lo negherà per tut to il
corso dell'anno3 ma perplessità, dissiden z a, riserva profond a, sono più che manifeste.
Che cosa sarebbe successo se l'urto con l'Interna zio nale comunist a non fosse stato già risolto
prima con il compro m e s s o sul valore « consul tivo » della linea da esse emersa? La direzione forse
sarebbe stata rove sciata. È ciò che Gramsci teme di più: che la minora n z a, una minoran z a
eterogenea, che è estranea al nucleo fonda m e n t ale da cui nacque la scis sione di Livorno, che
sarebbe egemoni z z a t a da Tasca (anche se questi per ora, non vi si impegna a fondo) si
impadro nisca di sorpresa del par tito in virtù del suo accordo con l'Interna zionale comunis ta,
Togliatti sarà dello stesso parere5.
Di qui, il rinnovato blocco tra bordighiani ed ex ordinovisti, legati anche, per ora, come si è visto,
da comuni convinzioni tattiche, senza dire che Bordiga appare, anzitutt o agli occhi di Gramsci,
come ancora insostituibile alla testa del partito. E con Bordiga sono Terracini, lo stes - ##
1 Più volte, nel carteggio tra Gramsci e i suoi amici del 1923 - 24 (La forma zione ecc. cit., passim)
si dirà che l'Interna zionale comunis t a ha voluto alimentare artificialmente una minoran z a nel PCI
per farne stru me n t o di pressione sul gruppo dirigente.
2 L'ordine del giorno presenta t o da Presutti recava: «Il Congres so, dopo ampio esame delle tesi
sulla tattica propos t a dal Comitato centrale del Partito, respinge le tesi, apport a n d o queste modifi
cazioni alle direttive tattiche seguite finora dalla Interna zionale Comunis ta, approva gli
emenda m e n ti propos ti dalla relazione della minora n z a della Commissione ristrett a e che inseriti
nel comples so del le tesi ne modificano sostan zial me n t e lo spirito e la uniform a no alle direttive
stesse dell'Interna zio nale Comunista» («L'Ordine nuovo», 28 marzo 1922}.
3 Nella Relazione del PCd'I al IV Congress o dell'Interna zi onale comunista cit., p. 59, si affer ma
che un'«oppo si zione vera e propria non si manifest ò».
4 Gramsci scriverà, in una lettera, già richiama ta, a Togliatti, Terracini ecc. del 9 febbraio 1924,
che, se a Roma si fosse giunti a un urto con l'Interna zionale comunista «non era molto probabile
che la maggioran z a dei delegati sarebbe stata con l'Esecutivo» del PCd'I. «Essa, dinan zi a un
ultimat u m del Kominter n non avrebbe esitato e avrebbe seguito la tradizione di fedeltà
interna zionale. Certo
10 avrei fatto così e con me le delegazioni piemont esi con le quali io avevo avuto una riunione
dopo
11 discors o di Kolarov e con le quali m'ero trovato d'accordo su questi punti: impedire alla
minoran za di conquis tare per sorpresa il partito, ma non dare al voto un significato che andas se
al di là della questione organiz z a tiva» (La forma zione ecc. cit., p. 192).
5 Togliatti dirà, nel suo intervent o al V congres so dell'Interna zio nale comunist a, il 25 giugno
1924: «Al Congress o di Roma, votando, seppure a titolo consultivo, le tesi che l'Interna zionale co
munista ha disappr ovate, abbiamo aperto una crisi interna zio nale per evitare una crisi interna, che
avrebbe avuto conseguen z e ben più gravi...» (cfr. «La Correspo n d a n ce internationale», a. v, n. 4.5,
21 luglio 1924).
190
Capitolo dodicesimo
so Togliatti, quasi tutti i torinesi. Come si potrebbe dunque rom pere questo blocco?
Anche per questo Gramsci mette a tacere una differen ziazione che pure i delegati piemont esi più
vicini a lui, come ramm e n t e rà Montagnana l'anno dopo, hanno notato2. Bordiga è il capo del
partito e gode la sti ma della stragran de maggioran z a dei compagni.
L'Esecutivo esce confer ma t o dal congres so (Bordiga, Grieco, Terra cini, Repossi e Fortichiari). Per
Gramsci viene deciso, proprio nella ses sione del Comitato centrale che si tiene alla fine dei lavori
congres s uali, il 25 marzo, il suo trasferi me nt o a Mosca, come rapprese nt a n t e del par tito
nell'Esecutivo dell'Interna zionale comunist a. È Terracini a fare la propos t a, in seguito ad una
sollecitazione di Kolarov e Humbert - Droz3. La minora n z a non ottiene alcuna rappre se n t a n z a negli
organi dirigenti. Il Comitato centrale eletto è compos t o dagli uomini della maggioran z a, più
omogeneo ancora4. I suoi mem bri sono ridotti da 15 a 14. Escono Belloni, Bombacci (che presto
costituirà un caso disciplinare) Misiano e Parodi, costret ti ad emigrare per sfuggire alla
persecuzione dei fascisti5, Polano e Tarsia. I nuovi eletti sono Togliatti, Isidoro Azzario, Vittorio
Flecchia, Leopoldo Gasperini ed Ennio Gnudi.
È a Roma, col II congres so, che il PCI ha consolidato la propria fisio- ##
1 Gramsci scriverà a Togliatti, Terracini ecc, il 5 aprile 1924, riferendosi alla situazione aper tasi
col congres so di Roma: «Politicamen t e sarebbe stato impossibile dirigere il partito senza l'attiva
partecipa zione al lavoro centrale di Amadeo e del suo gruppo» (La forma zione ecc. cit., p. 272).
2 Montagna na scrive a Togliatti il 14 luglio 1923: «... Ricordo ancora che al congress o di Roma
Antonio aveva intenzione di far rilevare le sue divergenz e dall'opera dell'Esecutivo. Si è astenut o
dal farlo solo per non fare il gioco di Bombacci, Sanna, Tasca, Graziadei, ecc. Ed è proprio qui la
questione. Noi ci siamo sentiti e ci sentiam o così uniti al gruppo di Amadeo e ci sentiam o tanto
lon tani dai minoritari non perché le nostre idee si identifichino con quelle di Amadeo ma perché
in Ama deo e Ruggero [Grieco (N.d.A.)ì abbiam o trovato dei compagni meravigliosi per fede,
disinteres s e, spirito di sacrificio, e negli altri invece... il contrario». Il testo della lettera (in APC,
1923, 191 / 1 2 13) è stato pubblicato con altre, a mia cura in Gramsci: carteggio 1923, «Rinascita»,
a. xxm, n. 4, 22 gennaio 1966.
3 Dal verbale della riunione (APC, 1922, 104 / 1 - 3) risulta appun t o che i due esponen ti dell'In
terna zionale comunista chiedono che il PCI abbia un rappres e nt a n t e perm a ne n t e nell'EKKI, che
Terracini fa il nome di Gramsci, da inviare «con un compagno che possa aiutarlo nel lavoro mate
riale». Si decide che Gramsci parta quanto prima e che anche Bordiga e Tasca prenda no presto con
tatto diretto con Mosca. Lo svolgiment o della riunione farebbe cadere il sospet t o avanzat o in sede
storica da Togliatti {La forma zione ecc. cit., p. 22) che vi fosse un «piano della direzione bordighia
na» nell'allontana re Gramsci dall'Italia. Potrebbe darsi addirittur a l'ipotesi che i dirigenti dell'In
terna zionale volessero avere a Mosca un uomo che potesse rappres e nt a r e l'alternativa più seria,
per prestigio e capacità politica, alla direzione di Bordiga.
4 Il delegato Presutti chiede che venga data una rapprese n t a n z a alla minoran z a del Comitato
centrale, ma la propos t a è respinta.
5 Su Misiano si scatenò nel 1921 una grande campagna di stam pa (sulla base della sua «diserzio
ne» nella guerra) che culminò in Parlament o, quando la Camera lo privò dell'im m u ni tà parlame nt a
re. Misiano venne conda nn a t o a dieci anni di carcere, dopo essere stato ripetut e volte bastonat o
dai fascisti. D'accordo con il Comitato centrale del PCI, Misiano emigrò e lavorò molti anni a
Berlino e a Mosca nella direzione del Soccorso rosso interna zionale. Giovanni Parodi fu
incriminat o nel 1921 insieme a molti altri operai torinesi (tra cui Vincenzo Bianco, Battista Favario
e Giovanni Tomielli) in seguito all'occupa zione delle fabbriche del settem br e 1920, per detenzione
di armi e «associazione a delinquere».
La tesi di Roma e il II congress o del PCd'I 191
nomia di partito, conferm a n d o che la scissione di Livorno era assai più di una rottura deter mi nat a
da controversie tattiche. Togliatti lo ricor derà nel 1923:
Le afferm a zi oni da noi present at e a Roma in modo assoluto, relative alla costi tuzione organica del
partito comunista, debbono essere considerate come la form u lazione più evidente che si potesse
dare di quelli che nel primo periodo della vita del PCI dovevano essere gli scopi della sua azione '.
Ma è anche a Roma che si manifesta una prima incrinat ura interna, ment re l'orienta m e n t o del
gruppo dirigente già costituisce per l'Esecu tivo dell'Interna zio nale un grosso problem a politico. I
giovani comuni sti tengono il loro congresso nazionale (il IX, assum e n d o la tradizione di quelli
della FGSI), pochi giorni dopo quello degli «anziani», il 27- 29 marzo a Roma. La relazione
present at a dal loro Comitato centrale2 esal ta la combat tività dimost rat a dalla gioventù comunist a
(i cui effettivi ammo nt a n o a 28416 tesserati) nella lotta al fascismo, la sua partecipa zione attiva
all'organiz z a zio ne interna zionale e insiste sui compiti tradi zionali di propaga n d a ed educazione
del movimento giovanile. Quanto alla sostan z a politica del congress o, a cui riferisce il segretario,
Giuseppe Berti, essa è quella dell'assise del partito. Semmai, i giovani sono anco ra più a sinistra.
La mozione finale approvat a all'unani mità, sui compiti della gioventù, riafferm a il « perfetto
inquadra m e n t o dietro le direttive del Partito » ', non accenna al fronte unico se non per un
impegno a lot tare «più a fondo tra le masse». Gramsci porta il saluto dell'«Ordine nuovo »
insistend o sul valore dell'educa zione comunist a e della forma zione di comitati giovanili nelle
fabbriche: di qui deve venire una leva nuova che dia al partito gli « elementi necessari per
inquadrar e que ste masse ». Vengono eletti all'unanimit à nel Comitato centrale della FGCI, in
rappres e nt a n z a delle varie regioni Longo (student e, per il Pie monte), Telò e Gorelli (operai, per la
Lombar dia), Falcipieri (operaio, per il Veneto), Fanzin (operaio, per la Venezia Giulia), Cianicceri
(ope raio, per la Toscana), Montanari (operaio, per l'Emilia), Berti (student e, per la Sicilia), Cassitta
(student e, per la Sardegna), D'Ónofrio (operaio, per il Lazio). ##
1 Dal suo intervento nella riunione del Comitato centrale del 9 agosto 1923 (La formazione ecc.
cit., p. 113).
2 FGCI, Relazione del Comitato Centrale al IX Congresso nazionale, Roma 1922.
3 «L'Ordine nuovo», 1° aprile 1922.
4 Ibid.
Capitolo tredicesimo
Il paradosso dell'Alleanza del lavoro
Al congres so di Roma si è parlato poco della situazione politica im mediata. L'unico vero dibattito
ha avuto come interlocutori i rappres e n tanti del Komintern sul tema del fronte unico. Ma è
intervenut o un fatto nuovo, tra l'elabora zione delle Tesi e la data del congres so, che ha pur
occupat o l'atten zione dei delegati e che avrà parte non secondaria nella vicenda dell'involuzione
generale del 1922: la nascita dell'Alleanz a del lavoro. Su questo tema il congresso comunist a ha
dovuto pronu n ziar si.
L'Alleanza del lavoro sorge per iniziativa del Sindacato ferrovieri ita liani, autono m o dalla CGL, di
vecchia tradizione rivoluzionaria, in cui notevoli sono le compone n ti anarco - sindacaliste ',
all'inizio del 1922. La data costitutiva del nuovo organis m o è il 20 febbraio, quando, nella sala
tipografi del Sindacato ferrovieri a Roma, dopo due giorni di discussioni, i rappre se n t a n ti della
CGL, dell'USI, dell'UIL, del Sindacato ferrovieri e della Federazione nazionale dei lavoratori dei
porti2 lanciano un ap pello a tutte le forma zioni politiche e sindacali operaie affinchè ci si uni sca
per « opporre alle forze realizzat e della reazione l'alleanz a delle forze proletarie » 3. Il fenom e no è
interess an t e e compless o. Esso riflette una pressione che viene dai lavoratori, organiz z ati in vari
sindacati, per una resisten z a unitaria al fascism o: non a caso si va dai gruppi repubblicani e
sindacalisti che dirigono la piccola Unione del lavoro, decisa me nt e ##
1 Lo SFI ha 120 000 affiliati. Al congresso del 1921 un blocco di socialisti, anarchici e «apoli tici»
assum e la direzione del sindacat o, che ha una forte minoran z a comunis ta, di circa un terzo de gli
iscritti. Cfr. u. Terracini, Les organisations syndìcales en Italie, «La Correspo n d a n ce internatio
nale», a. n, n. 96, 13 dicembre 1922.
2 Un rappor t o del prefett o di Roma al Ministero dell'Interno, del 2 marzo 1922, riferisce che al
convegno (18- 20 febbraio) hanno partecipato Carlo Azimonti per la CGL, Borghi, Sacconi, Sbrana e
Panselli per l'USI, Galbiati, Dorio, Bartolini, per l'Unione italiana del lavoro, Giusti, Mosca e
Borghesi per il Sindacato ferrovieri, Corradet ti, Tenerani e Gagliardi per la Federazione nazionale
dei porti (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, C. 2, b. 36).
3 All'atto costitutivo dell'Alleanz a, le organiz z a zi oni aderenti si propongo no «la restaura zione
delle pubbliche libertà e del diritto comune, unitame n t e alla difesa delle conquis te di carattere
gene rale delle classi lavoratrici, tanto sul terreno econo mico che su quello morale» e la
compilazione di «un progra m m a pratico di azione (senza esclusione di alcun mezz o di lotta
sindacale, compres o lo sciopero generale) che valga a risollevare le depres se energie del
proletariato» («Avanti!», 21 feb braio 1922).
Il parados s o dell'Alleanza del lavoro
193
orientati all'intransigen z a, sino all'Unione sindacale, agli anarchici, tra i quali il vecchio Malatesta è
dei più entusiasti patrocinatori del nuovo organis m o 1.
Il moto centripeto, il bisogno di unirsi in una difesa di classe contro lo squadris m o e insieme
contro la crisi indus triale (col gennaio del 1922 assom m a n o a 606 819 gli operai disoccupati) è
avvertito in buona misu ra anche dalle organizz a zio ni cattoliche, che nelle campagne del Cremo
nese si alleano alle leghe socialiste.
Il fronte dei partiti politici non è tuttavia meno lacerato da divisioni. A ben guardare, anzi, nel
viluppo della situazione che si apre col 1922, ci si rende conto di come la nascita dell'Alleanz a del
lavoro - che ha aspetti addirittura parados s ali - sia il frutto non meno di una esigenza di unità
avvertita in varia misura da tutti i gruppi operai che di una inca pacità di darle una risultante
d'azione efficace sul terreno politico. La pressione dell'avversario di classe è tale che si riesce a
stringere un pat to d'alleanz a tra sindacati diversi e così tradizional m e n t e rivali come la CGL e
PUSI, che non si era mai stipulato prima d'allora, neppur e al tempo dell'occupa zione delle
fabbriche nel 1920. Ma la stessa inespe rienza unitaria rende gracile la nuova forma zione. E più
pesa la contra d dittorietà delle posizioni politiche che pur stanno dietro questa prima creazione.
Ogni partito (anzi ogni frazione di esso) pensa di poterla im piegare a sostenere la propria
tende n z a e la stessa CGL bada più a con trollarla che non a farne un perno di resisten z a comune.
La lotta all'interno del PSI, tra riformisti e massimalisti, è nuova mente accesa, su linee ormai
antitetiche. La crisi del governo Bonomi lo rivela in pieno. La destra è per appoggiare « quel
governo che dia garan zie di ripristino delle elementa ri libertà e dell'attua zio ne di un progra m ma
che contenga i postulati proletari di carattere più immediat o ». Così ha chiesto, sin dal gennaio, il
consiglio direttivo della CGL. Il Consiglio nazionale del PSI, riunitosi dal 17 al 20 gennaio, ha visto
invece preva lere (con 18 voti contro 7) la tesi contraria ad ogni partecipa zione e ad ogni appoggio
e voto agli indirizzi del governo. Durante la crisi la di scordia interna al partito si rivela nettissim a
e dram m a tica. La maggio ranza dei parlame nt a ri socialisti, guidati da Turati, cerca invano di for
zare i tempi e di allacciare rapporti di collaborazione con i popolari e ##
1 Cfr. sull'atteggiam e n t o dell'USI e degli anarchici, arman do borghi, '/2 secolo di anarchia cit., pp.
279 - 80.
2 Il patto, poi sconfes sa to in sede nazionale, fu firmato il io marzo e compre n deva sia un'intesa
sul terreno sindacale sia « intese elettorali e azioni politiche che si riteness ero necessarie ad
arginare la marea fascista».
3 Cfr. su tutto questo aspett o della vicenda del PSI e della CGL, Alberto malatesta, La crisi
socialista, Milano 1923, pp. 194 - 233 e pietro nenni, 17 diciannovism o cit., pp. 192 - 230.
194
Capitolo tredicesimo
altre forze della sinistra borghese per giungere a un governo antifascista efficace. I vari approcci
falliscono e si giungerà al governo più debole ed inefficiente che la Camera potesse esprimere, il
governo Facta.
L'Alleanza del lavoro si forma in realtà proprio durante la crisi, at traverso una riunione
prepara t oria - 2 febbraio - nella quale si sono in contrati, coi rapprese n t a n ti del Sindacato
ferrovieri e con capitan Giu lietti, per i lavoratori del mare, i dirigenti del PSI, del PRI e dell'Unione
anarchica. Anche i comunis ti vi sono stati invitati. Ma non intervengo no, limitandosi a mandare
una lettera in cui si dice che il PCd'I « sarà con tutti i mezzi a fianco delle masse per la vittoria
delle quali i suoi or gani di attività sono a disposi zione». All'atto della sua costitu zione ef fettiva 20 febbraio - l'Alleanza del lavoro appare stretta m e n t e con trollata dai riformisti. Il suo Comitato
nazionale è costituito infatti da cinque rappres e nt a n ti della Confedera zione generale del lavoro
(tutti della maggioran z a riformista) da due del Sindacato ferrovieri (un rifor mista e un anarchico),
da due dell'Unione Sindacale (anarchici), due del l'Unione italiana del lavoro (sindacalisti repubblicani) e due della Fe derazione dei lavoratori dei porti (un riformist a e un sindacalista). La
corrente di destra dei sindacati, quella riformis ta, ha dunq ue la maggio ranza assoluta. È ciò che,
sin dall'indo m a ni, rileva Gramsci sull'« Ordi ne nuovo » (in uno scritto che - come vedrem o costituirà la base del suo intervento al Congres so di Roma sul tema), salutan do l'AdL come un
primo passo, e aggiungend o:
Il Comitato nazionale dell'Alleanza del Lavoro deve, se vuole vivere e svilup parsi, cercare la sua
base organica in un sistema di comitati locali eletti diretta mente dalle masse organiz z a t e nelle
varie centrali sindacali2.
Pare che l'accoglienza, all'inizio, dei massim alisti non sia molto di versa, semm ai più favorevole al
nuovo organis m o. La direzione del PSI accoglie la nascita dell'AdL quasi come il frutto del proprio
patrocinio e la saluta come «intesa preludiante a quel fronte politico che [essa] persegue anche nel
campo interna zionale ». Il discorso del PSI, in que - ##
1 Sulla vicenda politica della crisi del governo Bonomi le testim onia n z e e le riflessioni storidhe
sono innum erevoli. Pur se continua, in sede storiografica, l'accent ua zio ne di questo o quel
mome nt o, di questa o quest'altra respons a bilità, diviene più chiaro alla distanz a l'insieme del
travaglio dei par titi non fascisti. La crisi di febbraio conduce infatti a registrare l'impos sibilità di
un accordo tra po polari e giolittiani, e, più in generale, di una coalizione democratica che vada
sino ai socialisti. Men tre ciascuna forza si riserva, attraverso la tregua consentita dall'aborraciato
ministero Facta, di ri proporre la soluzione migliore nel futuro, il nuovo governo si rivela più a
destra del preceden t e, e ancora più impote nt e a frenare l'aggressività fascista, di cui anzi qualche
ministro diventa l'emissario diretto nel gabinet to. Cfr., oltre ai testi già citati, per tutta quella parte
che concerne la nascita e la vita del governo Facta, paolo ALATri, Le origini del fascism o, Roma
19^5, pp. 143 - 54.
2 L'Alleanza del Lavoro, non firmato, «L'Ordine nuovo», 21 febbraio 1922.
Il parados s o dell'Alleanza del lavoro 195
sto momen t o ', è infatti rivolto a perorare un accordo tra comunisti e so cialisti nei loro vari
raggrup p a m e n ti interna zionali: una posizione che viene a confluire con quella del Comintern ma,
come sappia m o, è invisa al PCd'I. L'atteggiament o di quest'ulti mo verso l'AdL può essere defini to
guardingo.
La diffiden z a e il sospet t o, così marcati dal rifiuto del PCd'I di parteci pare ufficialmente alla
creazione dell'Alleanz a, non ne sono però l'unica compo ne n t e. Il partito è stato l'alfiere del fronte
unico sindacale: come potrebbe dunque, ora, ripudiarne la sua prima, ancorché insufficiente,
espres sione? L'Alleanza, che pure è nata al di fuori della iniziativa co munista, dovrebbe anzi
fornire la prova che l'unità delle organizz a zio ni sindacali è l'unica possibile, come il partito va
sostene n d o nel dibattito interna zionale comunista sul « fronte unico ». Ma non meno forti sono la
preoccupa zi one per la prevalenz a nell'AdL dell'impr on t a riformis ta, fo riera di « degenera zion e
opport u nis t a », e la cura di preservarsi una li bertà di critica e di denuncia che possa aliment are la
stessa polemica con tro i socialisti e i dirigenti della CGL.
Le prese di posizione pubbliche riflettono fedelme nte la comples sità e la tituba n z a di un simile
atteggiame nt o. Il partito, subito, eleva la sua protest a ufficiale contro il fatto che la corrente
comunist a della CGL non vi sia rapprese n t a t a. È una minoran z a notevole, che si è « riconta ta »
durant e il consiglio nazionale della Confedera zione a Verona, nel no vembre del 1921, allorché
Tasca ha propos t o una linea di resisten z a al padrona t o che non si svolga localmente ma,
attraverso la nomina di un comitato d'agitazione, elabori una piattafor m a comune per tutte le cate
gorie e le zone, da rivendicare con uno sciopero generale nazionale: la mozione comunista ha
avuto 415 712 voti contro 1 466 0002.
L'insistenz a sul tema dello sciopero generale è il carattere distintivo dell'opposizione comunista in
seno alla CGL, ed è naturale che si trasfe risca nel dibattito sulle pros pe ttive d'azione dell'Alleanza
che di per sé non escludono il ricorso a quell'« arma diretta ». Un comunicat o del Co mitato
esecutivo del PCd'I del 22 febbraio 1922 mentre prom et te di sciplina già invita i militanti a dare
all'unione delle forze proletarie un contenu t o di « decisa azione per la riscossa proletaria »3 e a
vigilare affin - ##
1 L'ordine del giorno approvato dal Consiglio nazionale del PSI (20 gennaio) dava manda to alla
direzione « di prom uovere e favorire iniziative e pratiche atte a raggiungere una intesa tra tutti i
par titi socialisti e comunisti d'Europa e d'America, per stabilire un piano di lotta interna zionale
contro la reazione borghese del dopoguerra». Cfr. Alberto malates ta, La crisi socialista cit., p. 202.
2 Cfr. il resocont o di «Battaglie sindacali», 12 novembre 1921, ora in La Confedera zione Ge nerale
del Lavoro cit., p. 345. Per la politica attuat a dal Comitato sindacale comunis ta in questo pe riodo,
cfr. luigi repos si, Le mouveme n t syndical et les com m u ni s t es italiens, «La Corres pon d a nc e
Internationale», a. 11, n. 24, 29 marzo 1922.
3 «Il Comunis ta», 22 febbraio 1922.
196
Capitolo tredicesimo
che « si eviti la degenera zione di una simile unione in senso opport u ni stico e collabora zionist a ».
Si toccano entra m bi i tasti: quello del sospet to e quello dell'incoraggia me nt o, portan d o magari
confusione negli stes si militanti, con indicazioni spesso oppos te 1. Si veda, ad esem pio, come
sinto mo dell'attesa benevola, anzi incoraggiante, un articolo che To gliatti scrive in polemica con «
i padreterni confederali » nel quale così intende difendere il partito dall'accusa di essersi
estraniato dalla prepa razione politica dell'Alleanza:
Non partecipa n d o al Convegno politico e propone n d o la rappre se n t a n z a pro porzionale delle
frazioni sindacali, i comunisti hanno voluto mostrare al Sindacato ferrovieri, iniziatore della
unione, la via più sgombra di ostacoli per raggiungere il massim o risultato. Non fare incontrare i
Partiti politici perché la incom pa tibilità dei loro progra m m i impedisce una comune qualsiasi
azione ma creare un organo che rispond a effettivame nt e alla composi zione politica del
proletariato, facendo ne convergere le forze sul terreno dell'azione diretta sindacale con un
effettivo impe gno da parte di tutti2.
Ma, al tem po stesso, le riserve e le diffidenz e del partito sono rese ben altrimenti esplicite in un
articolo di Edmondo Peluso destinat o al l'ambiente comunista interna zionale3. Il PCd'I avverte,
comun q ue, il bi sogno di ripresent a re un'iniziativa unitaria in termini che contengano un richiamo
all'azione diretta, di massa, e che contem p o r a n ea m e n t e, ali mentino una polemica verso il «
collabora zionis m o » della destra socia lista. Così, il 12 marzo, viene lanciato un appello «per il
fronte unico proletario» * in cui si sottolineano gli intendi m e n ti comunisti. « Solo lo sciopero
generale nazionale — vi si legge — può essere il mez zo con cui l'Alleanza del Lavoro raggiungerà il
suo scopo. E fin dal primo momen t o l'impegno delle organizz a zio ni che vi aderiscono deve essere
la prepara zione di questa forma decisiva di azione proletaria ».
La rivendicazione posta dagli scioperan ti dovrebbe essere - propo ne il PCd'I - complessiva, e
insieme concreta, delimitata. Compren d er e, cioè, sia la difesa del salario e dei patti di lavoro sia la
resisten z a all’« in tervento terroristico delle bande fasciste, alle prepote n z e e persecu zioni
dell'autorità statale ». Fino a questo moment o, l'Alleanza non si pro - ##
1 «Il Sindacato rosso», il settima nale sindacale comunist a, pubblica l'ri marzo (a. n, n. io) un
editoriale dal titolo Il poz zo delle chiacchiere in cui si sostiene che l'Alleanza del lavoro è un «co
lossale pateracchio» estraneo alle vicende dell'azione delle masse.
2 p. T., I comunis ti e l'Alleanza del Lavoro, «L'Ordine nuovo», 7 marzo 1922.
3 Edmondo Peluso scrive che l'Alleanza del lavoro non è altro che un accordo tra funzionari sin
dacali che dovrebbe fornire una verginità ai capi della CGL, e assicura che i comunisti italiani ve
gliano «a che i disfattisti del moviment o proletario non sfuggano alla loro sorte» (edmon do peluso,
La lutte pour le front unique en Italie, «La Correspon d a nc e internationale», a. 11, n. 19, n marzo
1922).
4 «Il Comunis ta», 12 marzo 1922.
Il parados s o dell'Alleanza del lavoro
197
nuncia sui metodi dell'azione: il progra m m a, l'obiettivo, appaiono co munque gli stessi.
Quando si va al congress o comunis t a di Roma, tocca a Gramsci, co me correlatore sulla questione
sindacale, di esprimere la posizione del partito sull'AdL, ed è qui che si riconosce il suo
caratteristico accento « ordinovista ». Gramsci critica « una forma di unità pura m e n t e burocra tica
», ammo nisce però che anch'ess a può costituire « la base per risol vere la questione dell'unità
organiz z a tiva del proletariato italiano » '. In che modo? Estende n d olo tra i lavoratori, in comitati
unitari, eletti di retta me n t e dal proletariato, anche da quello disorgani z z a t o, che sostitui scano
nella nuova situazione politica quei Consigli di fabbrica ormai im possibili.
Senonché, l'impron t a burocratica dell'AdL, « di vertice », come di rem mo oggi, è destinat a a restare
prevalente. La polemica politica, sem pre più violenta, tra le varie correnti del moviment o operaio,
insieme al l'offensiva rinnovata delle squadre fasciste, fa si che passino i mesi senza che l'unità di
base si possa cimentare in un indiriz zo nazionale concreto. L'Alleanza del lavoro dovrebbe
statut aria m e n t e prendere le sue decisio ni all'unani mit à perché esse divengano impegnative. Gli
anarco - sindaca listi (travagliati anch'es si da una lotta interna che si accent ua nel con gresso di
Roma dell'USI2) vi hanno aderito con l'esplicita clausola che l'USI accetta soltanto l'azione diretta.
Ma la CGL (tramite l'opera di mediazione che va svolgendo capitan Giulietti) è sempre più
prope ns a a cercare la strada oppost a nel fronteggiare i fascisti. I dirigenti confede rali sognano ora
di porsi sotto la tutela di Gabriele D'Annun zio3 come nuovo leader dei lavoratori e di entrare,
attraverso quell'iniziativa, in una nuova maggioran z a governativa. Persino Turati si acconcia in un
primo moment o a favorire tale disegno.
In tutta la condot t a della Confedera zione nel 1922 è evidente l'as - ##
1 «L'Ordine nuovo», 25 marzo 1922. L'impos ta zione di Gramsci viene accolta intera m e n t e dal
Congress o che approva all'unani mità alcune aggiunte alle Tesi, formulate negli stessi termini, Tesi
18: «La costitu zione formale dell'Alleanz a... non è che un primo passo...» Tesi 20: «Non può esclu
dersi che nella Alleanza del Lavoro si trovi una base per risolvere la questione dell'unità organiz z a
tila del proletariato italiano». Tesi 21: «Il tentativo di unità ha per ora forma pura m e n t e burocra
tica». Tesi 22: «I comunisti tendono soprat t u t t o a rendere i Comitati unitari diretta m e n t e elettivi
da parte delle masse proletarie». Cfr. il testo ufficiale nel «Comunist a», 30 maggio 1922.
2 Le due correnti, quella di maggioran z a (Borghi, Alibrando Giovannetti, Nencini) e quella di
minoran z a (Nicola Vecchi e Di Vittorio) si sono scontrate al congress o (10- 12 marzo 1922) sulla
que stione dell'adesione dell'USI all'Interna zionale sindacale rossa. Prevale la prima, contraria a
tale af filiazione, perché «l'Interna zionale dei Sindacati rossi è stretta m e n t e legata al Partito
comunist a e a questa resa subor dina tutta la sua attività sindacale e politica» (cfr. UGO fedeli,
Corso di storia del moviment o operaio, Ivrea 1957, p. 222).
3 Ai primi d'aprile D'Annun zi o riceve nella sua villa di Gardone Baldesi, uno dei segretari della
CGL; dopo il primo sondaggio è D'Aragona, il 26 maggio, a recarsi dal Comanda n t e. Su questi epi
sodi e sulla controffensiva fascista per neutraliz z a re D'Annun zi o, cfr. angelo tasca, Nascita e av
vento del fascis mo cit., pp. 284 - 86.
198
Capitolo tredicesimo
sillo (deter minat o anche dal calo, che di mese in mese si fa più impres sionante degli iscritti, dal
vero e proprio sgretolam e n t o della Federterra) di « sganciarsi » dal PSI, accentua n d o magari
l'appoggio al gruppo parlame n t a re egemoni z z a t o dai riformisti e pensa n do a una sorta di Par tito
del Lavoro, di cui appu nt o D'Annun zio dovrebbe essere il profeta. I progetti confederali si rivelano
presto sterili e lo stesso Turati sente questa volta il bisogno, il 1° maggio, di mettere in guardia
contro la for mazione di un partito « anodino, corpora tivo, piccolo - borghese, asociali sta e
antisocialista »2.
Manovre, incerte z z e, polemiche si succedono intense col risultato di inceppare un moviment o
unitario che pure si esprime attorno all'AdL in varie città, da Torino a Genova a Trieste3 dove si
registra la tenden z a a farne proprio quello stru m e n t o - che la CGL non è riuscita ad essere di
difesa e di controffensiva dei lavoratori, emana zione diretta delle mas se proletarie. Da più parti si
vorrebbe giungere a un Congres so nazionale dell'Alleanza, i giovani sembra no i più entusiasti del
nuovo organis m o, superan d o ostilità settarie4. L'invocazione ad un'azione generale e si multanea
5 che riparte dall'USI, diviene più pressa nt e.
Ma lo sviluppar si degli avvenimenti, tra marzo e luglio, avverte an che che l'AdL non riesce a darsi
quella strutt ur a zio ne elettiva auspicata da Gramsci e si limita a prestare la propria sigla
all'esplosione di prote sta che parte dalle masse di questa o quella città a seguito di qualcuna delle
gesta squa dristiche risponde n ti a un processo di « occupa zione» ##
1 Gli effettivi della Federterra cadono da 889 o;; alla fine del 1920 a 293 595 alla fine del 1921.
Cfr. A. serpieri, La guerra e le classi rurali in Italia, Bari 1930, p. 262. Nel giugno 1922 gli iscritti
alla Federterra non superano i 200 000.
2 Cfr. «La Critica sociale», 16- 21 maggio 1922, e le osservazioni che sul tema fa franco catala no
nella prefazione a La Confedera zione Generale del Lavoro cit., pp. lvi- lix.
3 Il sorgere dell'Alleanza del lavoro in varie province mostra uno schiera me n t o di adesioni va
stissimo e un notevole slancio progra m m a tico. A Trieste, il 19 marzo, l'Alleanza del lavoro si
forma con l'adesione di tutti i sindacati. Un ordine del giorno votato a conclusione dei lavori,
presso la Camera del lavoro, invoca l'impiego dei mezzi dell'azione diretta, la prepara zione di uno
sciopero generale, chiede la costitu zione, attravers o un congres so nazionale, di «un organis m o
centrale che sia diretta emanazione delle masse proletarie» (Rapporto del commissa riato di PS del
comparti m e n t o ferroviario di Trieste, 19 marzo 1922, in ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r.,
1923, C. 2, b. 36). A Genova, l'Alleanza del lavoro si forma il 20 marzo, con la rapprese nt a n z a,
anche, dei Lavora tori del Mare, inneggiando al fronte unico proletario, e da Savona, La Spezia,
Sampierda ren a, si hanno le stesse testimo nia n z e (ibid., rapport o del prefetto di Genova del r2
aprile 1922). A Torino l'i 1 aprile si tiene un grande comizio (parlano i comunisti Roveda, per la
Camera del lavoro, e Ta sca, l'anarchico Margherita, per l'USI, il segretario locale dello SFI, Tabuss o)
con analoghi accenti unitari (ibid., rapport o del prefetto di Torino, 14 aprile 1922).
4 Due sintomi interess a nti si hanno in giugno. A Roma i giovani repubblicani, diretti da Oronzo
Reale, sono favorevoli a un'intesa generale coi giovani socialisti, e divisano di lanciare un
manifesto comune (rapport o del questore di Roma del io giugno 1922, fonte dell'ACS, citata). A
Torino, il 9 giugno, nuovo comizio della gioventù proletaria al termine del quale si chiede
all'Alleanz a del la voro di intrapren de r e «un'azione generale di riscossa» (telegra m m a del prefett o,
del 13 giugno 1922, ibid.).
5 Da una circolare dell'USI, da Milano, datata 16 giugno (ACS, fonte citata).
Il parados s o dell'Alleanza del lavoro
199
dei centri operai e conta dini nevralgici della penisola '. È in giugno che la crisi interna al PSI tra
gruppo parlam en t a re e direzione fa dell'Allean za del lavoro lo specchio delle divisioni del
moviment o. Il PSI va ormai verso la scissione tra riformis ti e massim alisti2.
Nella condot t a dei comunis ti si alterna l'esalta zione dell'AdL alla po lemica contro la sua
inefficienza. Ciò che resta immut abile è l'avversione ad un accordo politico con altri partiti anche
quando esso è sollecitato più insistente m e n t e da massim alisti, anarchici e repubblicani, interpel
lati tutti dai dirigenti dell'Alleanza. Il quadro che presenta n o i dibattiti che intercorron o in maggio
tra rappres e nt a n ti del PCI, PRI, PSI e Unio ne anarchica è questo: tutti sembra no favorevoli a una
prospet tiva in surrezionale, meno i comunis ti che ritengono gli altri « in malafede o in coscienti »
3. Dai verbali presi da uno dei delegati del PCI a queste « riu nioni comuni avvenute tra i partiti
politici convocati dall’AdL » emerge, chiarissim o il sospet t o comunista, ma anche una riserva, non
meno ##
1 La prima mani£esta 2ione pubblica presiedu t a dall'Alleanza del lavoro ha luogo a Milano, alla
fine di marzo; vi si svolgono imponen ti funerali dell'operaio Emilio Coraz za ucciso dai fascisti. Più
importa n te la manifesta zione di Roma, della fine di maggio. In seguito a una serie di scontri e con
flitti a fuoco, l'Alleanza del lavoro proclam a lo sciopero generale nella città. Una vivace e
dettagliata cronaca delle Due giornate di lotta del proletariato di Roma è stesa da Palmiro Togliatti
sull'« Or dine nuovo», 26 maggio 1922.
2 Il 1° giugno i deput ati socialisti votano un ordine del giorno di Zirardini che dichiara di « ap
poggiare un ministero che assicuri il ripristino della legge e della libertà». La direzione del PSI scon
fessa questo voto. Il 14 giugno 1922, il Consiglio nazionale del partito approva una mozione di Ser
rati (con 13 voti contro 6 e 5 astensioni) dove si afferma che «la collaborazione, diretta o
indiretta... si concreta in una completa dedizione del proletariato di città e di campagna alle
violenze della rea zione e in un ripiegame n t o del proletariato sulle posizioni del capitalism o
finanziario». Si richiam a la CGL all'osservan z a del patto di alleanza col PSI, e si biasima
l'atteggiame nt o del gruppo parla mentare. Quest'ulti mo, però, con 32 voti favorevoli, 1^ contrari e
3 astenuti, riafferm a l'indiriz zo «collabora zionist a» già approvat o, si proclama autono m o dai
deliberati della direzione sino al pros simo Congress o e nomina un nuovo Direttivo di cui fanno
parte Turati, Treves, Matteotti, Modiglia ni, D'Aragona e Baldesi.
3 Nella Relazione eh. al IV congres so del Komintern (pp. 51- J3) si legge: «Noi eravam o per lo
sciopero sindacale da cui la lotta politica, che ne è anzi un episodio, si sviluppa, ma con un
processo più lungo in cui si doveva inserire, perché il successo fosse stato possibile, la nostra
opera di sostitu zione della nostra influenz a e quella dei socialisti e anarchici. Fummo contro ogni
coalizione di par titi nel dirigere l'azione insurre zionale e il moviment o rivoluzionario delle masse,
di cui gli altri parlavano con malafede o con incoscienza e in genere con spaventos a
imprepar a zio ne».
4 Il testo dei verbali (APC, 1922, 139 / 3 0 - 37} da conto di riunioni che si svolgono a Roma il 20 e il
21 maggio. Ne risulta che i rappres en t a n ti del PSI, premes s o «che la situa zione attuale di reazio ne
e di violenza non possa mutar si se non con un moviment o volto a mutare la organiz z a zione poli
tica dello Stato » chiedono un « patto di alleanza seria e fattiva tra tutti i partiti che combat t o no
sul terreno della lotta di classe». I rapprese n t a n ti del PRI sono anch'essi per «portare il moviment o
operaio italiano sul terreno della lotta rivoluziona ria contro l'attuale regime politico». Gli anarchici
« si impegna no di indiriz zare la loro azione alla sollecita prepara zione di tutte le forze
rivoluzionarie che al mome nt o dello sciopero generale abbiano quell'efficienza materiale e morale
capace di abbat tere il regime politico attuale». I comunisti ribadiscono che ogni azione va
condott a dall'Alleanza sul terreno di massa e precisano che « gli organi dirigenti del moviment o
durant e la lotta come dopo il successo di essa saranno fondati sulla sola base degli organis mi
alleati considera ti come emana zione della classe proletaria». Quanto ai partiti, le condizioni poste
dal PC sono quelle che si indicano nel testo. Solo su deliberazione unani me - precisa il docum en t o
comunist a - il Comitato comune diri gente potrà «trattare eventual me n t e con altri enti politici».
Cfr. anche la relazione che Bordiga pre senterà, su questo punto, per la «sinistra» del PCI, nel
1924, «Lo Stato operaio», a. 11, n. 18, 29 maggio 1924.
200
Capitolo tredicesim o
esplicita, dei socialisti. Tanto che, alla fine di lunghe dispute sull'occa sione e il mome nt o
opport u ni per un'azione risolutiva, quando è chiaro che un accordo preliminare sul carattere e gli
obiettivi di uno sciopero generale non è raggiunto, si addiviene soltant o alla conclusione di for
mare un « Comitato tecnico » che dovrebbe assecond a re l'azione dell'Al leanza '. I comunisti
sembra n o paghi di poter « smaschera re »2 gli altri, quella CGL, ad esem pio, che in giugno
accentua, in effetti, i suoi pro nunciam e nti « collabora zionis ti». Ma la situazione nel paese va
precipi tando verso una crisi più grave. I colpi reiterati dello squadris m o rendo no più forte la
pressione delle supers titi organiz z a zi oni operaie delle va rie località colpite, e dei militanti singoli
(ivi compre si quelli comunis ti) perché si rispon da e si rispond a in modo deciso, unitario.
Il luglio 1922 si present a, così, con caratteri dram m a tici che hanno numeros e analogie con quelli
del sette m br e del 1920. Il Consiglio na zionale della CGL che si convoca a Genova all'inizio del
mese è un'as semblea che richiama, di per sé, per l'incertez z a, l'ansia, la divisione del moviment o,
la famosa assise tenutasi durante l'occupa zione delle fab briche. Ogni frazione confederale offre
una pros pe ttiva different e e rifa il process o agli errori del passato. Sono in gioco tutti i motivi
della crisi operaia, ideali, politici, sindacali. I riformis ti most ra no di ritenere che le masse non
abbiano più la forza di una rispos ta diretta, sintom o anche questo del panico che invade
organiz z a t o ri i quali da mesi stanno assi stendo allo sfasciame nt o di leghe, camere del lavoro,
federa zioni di me stiere sotto l'infierire dei colpi del fascism o, dei licenziam e n ti, dei patti agrari
stipulati dagli agrari diretta m e n t e coi « ras » dello squadris m o pa dano che controllano ormai
centinaia di migliaia di lavoratori della terra e di disoccupati4. Ma anche lo spirito di resisten z a
che continua a espri mersi nei grandi centri operai, nei quartieri popolari di città e paesi, è pre - ##
1 I verbali delle riunioni del secondo giorno recano che i dirigenti comunis ti (si tratta, forse, di
Grieco e Terracini) sostengono la necessità di un impegno in base al quale tutti i partiti prom o tori
concorda no di non sottrarsi a una decisione comune di correspo n s a bilità fino alla conclusione
dello sciopero generale colla presa del potere. Un rappres en t a n t e socialista, Zannerini, dichiara a
que sto punto che « nessu no potrebbe proibire al partito socialista di acconten ta r si di un certo
risultato raggiunto che potrebbe anche non essere il rovesciame nt o del regime». Gli altri
rappres e nt a n ti del PSI (Fioritto e Vernocchi) aggiungono anche che non possono impegnar si per
tutti gli iscritti, es sendo nota la divisione che regna nelle loro file. Gli anarchici (Malatesta e
Sbrana) insistono invece sul valore che avrebbe una prospet tiva insurre zionale per le masse. (APC,
1922, 139 / 1 1 0 - 114).
2 Sintomatico, di questo intendi me n t o, un articolo che Umberto Terracini scriverà più tardi
(Comme nti a una propos ta, «L'Ordine nuovo», a. 11, n. 263, 24 settem bre 1922) in cui si affermerà
che lo scopo prefissosi era «lo smaschera m e n t o dei capi socialde mocratici».
3 Errico Malatesta rivelerà su «Umanità nova» del 30 giugno il contenut o di una lettera dell'o
norevole Dugoni, «pezzo grosso della Confedera zione», rivolta a un funziona rio della Camera del
lavoro di Mantova, che suona sfiducia completa da parte della segreteria confederale in una
possibile azione dell'Alleanz a del lavoro.
4 I fascisti tengono a Milano, all'inizio di giugno, il primo Congress o nazionale delle Corpora zioni
sindacali. La nuova organiz z a zione annuncia 4j8 000 membri dei quali 227 000 contadi ni e la
voratori agricoli (il 60%). Cfr. «Il Popolo d'Italia», 6 giugno 1922.
Il parados s o dell'Alleanza del lavoro
201
sente nelle accorate parole di rappres en t a n ti di tutte le correnti, più forte nei comunisti, nei
massimalisti, nei « terzinter n a zi on alisti ».
Tasca, parlando a Genova a nome dei comunisti (egli è ora il segreta rio dell'AdL a Torino), rilascia
un nuovo attestat o di fiducia nell'Allean za del lavoro, e richiama i delegati alla necessità di
un'azione comune precisan do che lo sciopero generale invocato non è « una dottrina », ma è
l'unico mez zo per far barriera tutti insieme contro l'assalto fascista. Si deve far sì, nella situa zione
attuale, « che il proletariato abbia in questo stato borghese, diritto di cittadina n z a » '. Eppure,
anche nell'intervent o di Tasca non vi è cenno ad un accordo politico. Si lascia cadere dai comu
nisti l'invito di parte massi malista - rivolto alla tribuna da Serrati e san cito nella mozione
present at a al Consiglio - affinchè la CGL prom uova « tutti quegli accordi con i Partiti sovversivi
anti - legalitari che vengano a costituire il fronte unico con tutti i mez zi che saranno di volta in
volta ritenuti necessari ».
È l'Esecutivo del PCd’I a impedire espres sa m e n t e ai suoi rappre se n tanti nel sindacato di accogliere
tale invito? La minoran z a di destra lo affermerà 2 senza incontrare smentite. In ogni caso, il
Consiglio di Ge nova da l'esatto pronos tico della successiva sconfitta di massa. Si vota su ben
cinque mozioni. Prevale di stretta misura quella dei « collabora zionisti» riformisti, che però
ottengono soltanto 537351 voti contro 253 558 dei comunisti e 247 433 dei massimalisti e 34 734
dei terzin ternazionalisti. (Una mozione « centrista » raccoglie 43 533 voti).
Si è rivelata, per la prima volta, una sinistra confederale che otterreb be la maggioran z a assoluta
se non si present as s e in ordine spars o. Ma i massi malisti, a loro volta, non si pronunciano più
sulla questione dello sciopero generale nazionale che l'onorevole D'Aragona a Genova ha de finito
rischioso e di esito incerto. L'Alleanza del lavoro si troverà in que sto modo a non essere in grado
di scatenare un'azione collettiva quando intere province sono in sciopero, i metallurgici impegnati
in forti agi tazioni sindacali e i fascisti non hanno ancora conquist at o le roccaforti rosse. La
proclam erà in ritardo, in una situazione equivoca dominat a da una nuova crisi di governo, colle
masse stroncate dalla disperata inutile resisten z a preceden te.
«L'Ordine nuovo», 6 luglio 1922. ##
Nello schema di tesi della «minora n z a» del Comitato centrale del PCI, pubblicato ne «Lo Stato
operaio», a. 11, n. 16, 15 maggio 1924, si legge: «Al convegno confederale di Genova, Bordiga che
tornava fresco fresco dall'aver assunt o un impegno di disciplina [dall'Esecutivo allargato dell'In
terna zionale comunista (N.d. A)] potè proibire all'oratore dei comunisti [Tasca (N.d.A.)] di fare un
qualsiasi cenno a un fronte unico realizzat o tra partiti politici e, a chi protes tava, rispon deva es
sere reale il dissidio tra l'Interna zionale comunis ta e il Comitato esecutivo del Partito, ma che, es
sendo egli convinto di trovarsi sulla buona strada e che il IV Congress o gli avrebbe dato ragione,
non valeva la pena di modificare la tattica in corso, perché vi si sarebbe fatto certame n t e ritorno di
lì a Pochi mesi».
Capitolo quattordicesimo
Il fallimento dello « sciopero legalitario »
Il fascismo ha scatena t o per tempo la sua grande offensiva dell'estate 1922, mentre l'inerzia, a
volte la resa a discrezione, degli organi dello Stato è divenuta clamoros a. Basti ricordare il caso di
Bologna, che fa se guito all'occupa zione di Ferrara da parte delle squadre di Italo Balbo
(accompagna t e da 45 000 disoccupa ti che chiedono una concessione di lavori pubblici). A Bologna,
alla fine di maggio, il segretario del partito fascista, Bianchi, ha ordinato la « mobilitazione
generale » dei fascisti della provincia per protest a contro il decreto del prefett o Mori che ha
proibito lo sposta m e n t o della mano d'opera. Bologna è stata occupata per cinque giorni dagli
squadris ti che minacciavano di non lasciare la cit tà sino a quando il prefetto Mori non fosse stato
trasferito. E il governo Facta, dopo qualche tergiversa zione, acconsent e: Mori è inviato a Bari, dove
i fascisti locali inscenano manifesta zioni ostili, perché non vogliono un « simile regalo » ! Il
fascis mo agrario « passa » ovunque. In luglio, da Rimini le spedi zioni si spingono sino alle Marche,
nel Lazio, nelle Pu glie; sono vere e proprie operazioni belliche: « cadono » Andria, Pesaro, Jesi,
Tolentino, Viterbo. Ora si punta da parte dei fascisti diretta m e n t e su Milano - Torino - Genova.
Dovunque si incendia e si amma z z a. In Li guria, mentre il 9 luglio gli squadris ti danno l'assalto al
comune di Sestri Ponente, è intensificata l'azione contro La Spezia, con la complicità del comand o
di Marina, e nel Carrarese, dove si accam pa un vero corpo d'e sercito fascista, vettovagliato dagli
indus t riali del marm o.
A Cremona viene devastat a la casa dell'onorevole Miglioli e il fatto ha una tale eco alla Camera che
provocherà sinanche la crisi del primo governo Facta. Viene docume n t a t o, tra l'altro, che i cortei
fascisti a Cre mona, conclusisi con l'incendio della Camera del lavoro e di varie coope rative, sono
stati scortati dai carabinieri, che hanno fatto loro ala. A No vara, la guerra civile assu me una forma
asperri ma. Le violenze fasciste provocano una rispost a armata delle masse operaie (qui i
comunisti sono l'anima della resisten z a) e in vari conflitti a fuoco si hanno 3 morti e 25
Il falliment o dello « sciopero legalitario »
203
feriti. La mobilità delle squadre fasciste è impres siona n t e ed è fattore principale dei loro successi.
A Novara giungono camion dalla Lomelli na, dal Bolognese, persino dalla Toscana, mentre il
battaglione del te nente smobilitato Giovanni Passerone si spinge sul Lago Maggiore, di strugge la
Camera del lavoro di Trecate « attaccan do gli autocarri alle co lonne che sostengon o le arcate e
facendo saltare il resto con le mine ». Mussolini non nascon de il suo tripudio, in una prosa che
preann u n z ia «l'imminen te crollo delle ultime roccaforti rosse».
La massim a confusione - egli aggiunge il 15 luglio - regna nel campo nemico. Chi invoca l'ausilio
del governo; chi minaccia lo sciopero generale; chi raccom an d a l'attesa e la pazienz a. Non c'è una
parola d'ordine. Non c'è un piano... Ancora e sempre ci chiama no banditi, canaglie, barbari,
schiavisti, briganti, venduti. Ce ne freghia mo. Voi stam pa t e, signori, delle inutili parole ingiuriose.
Noi vi rispon dia m o sabota n d ovi politicamen t e e sindacalme n t e le ossa. Con chirurgica
inesorabilità '.
Mussolini non si è inganna t o. La confusione « nel campo nemico » è al colmo. A leggere i grandi
titoli, a tutta pagina, dei giornali proletari di quei giorni si direbbe che essi proceda no all'unisono
nell'invocare una adeguata rispos ta. « Il proletariato non può tollerare un regime di terro re»,
intitola l'« Avanti! » del 15, «IlI proletariato opponga in blocco tutte le sue forze alla reazione »,
ripete il giorno appres s o. « Torino, Mi lano, Genova devono saper resistere al fascism o », « Contro
la mobilita zione fascista urge la mobilitazione proletaria », incalza, alle stesse date, «L'Ordine
nuovo». Il giornale comunist a torinese sottolinea l'urgen za di una rispos ta operaia nel triangolo
indus t riale. Si giunge, in effetti, a proclamare lo sciopero generale in Piemonte, il 18 luglio, il 19 in
Lom bardia - che si svolgono compat ti - ma a Genova i « socialisti autono mi », dell'estre m a
destra del moviment o, bloccano l'adesione della Li guria2. E anche qui si ripresent a una analogia
col sette m br e del 1920. L'unico segno di vita da parte del comitato nazionale della AdL è quello, il
20 luglio, di ordinare « la ripresa immediata del lavoro al proletariato in sciopero » delle due
regioni settent rionali e delle Marche. Il contrac colpo nell'avanguar dia operaia è grave: si grida al
tradime n t o3.
Invece di inserire immediat a m e n t e lo sciopero generale rivoluzionario nelle manifesta zioni
sponta nee delle province devastate mentre la controffensiva degli operai e dei contadi ni vi
prendeva propor zioni soddisfacenti e i fascisti vi erano impegnati a fondo, la Confedera zione
abbando n ò a se stesse le province in rivolta4. ##
1 Cfr. «Il Popolo d'Italia», 15 luglio 1922.
2 Cfr. gino bianco e gaetano perillo, / partiti operai in Liguria nel primo dopoguerr a cit., pp. 124 30.
3 Cfr. i numeri dell'* Ordine nuovo» dal 20 al 24 luglio 1922.
4 arman d o borghi, '/2 secolo di anarchia cit., p. 283.
204
Capitolo quatt or dicesi mo
Così ha scritto Armando Borghi, e il suo giudizio troverà concordi gli osservatori storici.
L'incertez z a, nel presente, è generale. Il 19 luglio cade il governo Facta. Mussolini, per evitare che
la crisi vada sotto il se gno antifascista e prepari una coalizione di centro - sinistra, accomu na i voti
fascisti alla mozione di sfiducia presenta t a a Facta da popolari e so cialisti, mentre prospet t a, dalla
stessa tribuna parlame n t a re, uno svilup po del fascis mo in «partito insurrezionale». Luigi Sturzo è
contrariato dal voto parlame nt a re che minaccia di lacerare una tela di collabora zione popolare socialista non ancora abbast a n z a salda, mentre i giolittiani pare guardino ormai più verso i fascisti
che i socialisti in vista di una nuova soluzione governativa di coalizione.
La CGL continua ad esercitare la sua funzione, tradizionale, tipica di tutto il primo dopoguer ra:
una funzione di remora. Nella riunione del Comitato nazionale dell’AdL, del 19- 20 luglio,
l'insisten z a dei rappre sentanti dello SFI e dell'USI riesce a strapp a re appena l'impegno di un
prossi m o « movimento d'assie me ». I massim alisti, che per bocca di Ser rati non hanno nascost o il
loro scetticism o su uno sciopero generale, re stano fedeli alla linea del « fronte unico proletario »,
ma sono arrocca ti, addiritt ura metafisicame n t e, sulla negazione di ogni « collaborazioni smo » a
un ventilato centro - sinistra governativo. È sempre Serrati che ha scritto:
La nostra dottrina nega espedienti di questo genere allo stesso modo che la dot trina cattolica
nega che si possa discutere dell'esiste n z a di Dio e si faccia l'esperi mento se esso è o non è '.
Quanto ai comunis ti, la crisi di luglio va rivelando una differen zia zio ne notevole tra l'azione
energica ed unitaria che dispiegano i torinesi2, e il machiavellismo, anzi l'incentivo al « tanto
peggio tanto meglio » che parte dal centro. Quando si dice torinesi non ci si riferisce tanto a un
gruppo politico particolare quant o ad un ambiente e ad un'at m os fera che riflettono meglio la
volontà di resisten z a delle zone in cui la battaglia di massa è ancora aperta. Sono i comunis ti, in
questi giorni, che si battono, in tutte le Camere del lavoro, per lo sciopero nazionale: una
pressione che si fa, di ora in ora, più insistente ed efficace, ma non trova tuttavia il modo di
esprimersi diretta m e n t e dal basso; i comitati elettivi dell'Al- #
1 G. M. serrati, Non si è più socialisti quando si dubita della lotta di classe, «Avanti! », 14 lu glio
1922.
2 Angelo Tasca accenna, in Nascita e avvento del fascism o, a un'iniziativa politica dei comunis ti
torinesi, che prendon o contatti colla sinistra del PPI e col gruppo giolittiano della « Stampa » per
organiz z a re un fronte unico con tutti i gruppi dispos ti a sbarrare la strada al fascism o. Due
delegati comunisti torinesi, recatisi a Roma al centro del partito per sollecitare su scala nazionale
tale inizia tiva, sarebbero accolti «con un sacco di ingiurie» da Bordiga (op. cit., p. 312).
Il falliment o dello « sciopero legalitario»
205
leanza del Lavoro non esistono '. Dall'altra parte, la riluttan z a comunis ta a un accordo
interpartitico è immut a ta 2. I segni dell'ostilità al fronte unico politico sono ricorrenti, giorno dopo
giorno, e indirizz ati proprio contro i socialisti che chiedono di fare il « blocco proletario». Il 24 lu
glio Bordiga scrive a Gramsci, che è a Mosca: « Siamo contro ogni poli tica di intesa coi
massimalisti serratiani: tenetelo fortem e nt e presen te... »4. Nel moment o culminant e della crisi lo
stesso Bordiga scrive sul l'« Ordine nuovo » :
I fascisti vogliono buttare giù il baraccone parlame nt ar e? Ma noi ne sarem m o lietissimi. I
collabora zionis ti vogliono lo sciopero generale, che hanno sempre av versato e sabotato per la
difesa diretta ed effettiva dei lavoratori, se sarà necessario per le manovre della crisi? Benissimo. Il
pericolo maggiore è ancora e sempre quel lo che si metta no tutti d'accordo a non smuovere le
acque per una soluzione parla mentare e legale5.
È la deduzione classica della linea sancita dal congresso di Roma, che emerge così più netta in
questi giorni decisivi. La crisi politica e parla mentare, dal 19 luglio fino alla data in cui appare
l'editoriale di Bordiga, del « tanto peggio tanto meglio », ha visto concretiz z ar si, una dopo l'al tra,
le varie « impossibilità » antifasciste che spiana no la strada al fasci smo. L'urto tra Giolitti e Sturzo
è tale che la democra zia giolittiana si oppone a un connubio socialisti - popolari6 per inserire i
fascisti nella maggioran z a di governo, come pensa anche Orlando. Il PPI mantiene la sua
pregiudiziale antifascista ma anche nel suo seno l'ostilità a una coali zione coi socialisti è forte, e
viene forse diretta m e n t e dal Vaticano. Falli scono così, uno dopo l'altro, i tentativi di Orlando, di
Bonomi (a cui so no ostili le destre e i giolittiani, e che vorrebbe dai socialisti un impegno ##
1 La prova migliore di questa carenza è offerta dalla stessa fonte comunis t a. Nell'editoriale del
l'«Ordine nuovo», I compari del fascism o (22 luglio), che appare proprio dopo la cessazione dello
sciopero in Piemont e e in Lombar dia, si continua a perorare: «Occorre che le basi dell'AdL siano
allargate, occorre che i suoi organi centrali siano sotto il controllo immediato delle grandi masse».
Ciò che, evidente m e n t e, non è ancora avvenuto.
2 Ruggero Grieco ha mandat o disposizioni alle province in cui ha raccoma n d a t o ai dirigenti co
munisti di attener si a questa linea di condot ta: «C'è la tenden z a in socialisti e anarchici di
propor re la costitu zione dei comitati segreti coi rapprese n t a n ti dei partiti. Dove siamo in
maggioran z a impe dirlo. Dove siamo in minoran z a accettare protes ta n d o per il fatto che l'AdL
cerca di nascon der si» (da una lettera a sua firma, datata Roma 18 luglio e indiriz za t a a Filippo
D'Agostino della Camera del lavoro di Bari. La lettera è sequest ra t a dalla quest ura di Roma, in ACS,
Min. Interno, Dir. gen. PS,A. g. er., 1922,K. 1, b. 88).
3 Cfr. quant o scrive Pietro Nenni sull'« Avanti!», 23- 24 luglio 1922 e l'editoriale anonimo del
l'«Ordine nuovo», 2j luglio 1922,1 socialisti e il fronte unico.
4 Lettera datata da Roma, 24 luglio 1922. (APC, 1522, 91/ 9).
5 amadeo bordiga, Il regime alla deriva, «L'Ordine nuovo», 26 luglio 1922.
6 «La Tribuna» pubblica, il 26 luglio, la famosa lettera inviata da Giolitti il giorno 20 in cui
annuncia da Vichy che non intende recarsi a Roma per partecipare alle consulta zioni e si chiede «
che cosa può venire di buono per il paese da un connubio Sturzo - Treves - Turati». I passi più
significativi della lettera sono stati riprodot ti da Paolo Alatri nella sua brillante ricostru zi one del
corso della crisi e del secondo ministero Facta (Le origini del fascism o cit., p. 171). Cfr. anche
Gabriele de rosa, op cit.,pp. 252 - 73.
206
Capitolo quattor dicesi m o
a entrare diretta m e n t e nel governo che il gruppo parlame nt a r e non può prendere, non volendo
giungere a una scissione immediata del partito), del popolare Meda, che declina il 27 luglio
l'incarico2.
È allora che torna insistente l'ipotesi, avanza ta da molti, di varare una coalizione che vada dai
socialisti sino ai fascisti. La crisi ha anche questa faccia. Mussolini pare addiritt ura propens o a
preferire tale solu zione. Non suona ciò a conferm a di quel che i comunis ti vanno dicen do?
Togliatti lo proclam a lo stesso giorno:
Il tiranno bieco contro il quale dovranno insorgere tutte le energie che ancora vivono nelle
moltitudini avrà un solo aspetto e un triplice nome. Esso si chiamerà insieme Turati, Don Sturzo, e
Mussolini4.
Il 28 luglio pare il mome nt o in cui il gruppo parlame n t a re socialista « collabora zionis ta » è deciso
ad andare oltre, pur di giungere a una so luzione della crisi: ad arrivare alla « collabora zione
diretta »5, ad entrare in un governo che si proponga il ripristino della legalità e la difesa delle
organiz z a zio ni libere. E Turati, il giorno appres s o, si reca al Quirinale, per delegazione del gruppo.
Ma la situazione è già compro m e s s a: chi prima chi dopo, giolittiani e popolari hanno ostacolato
una coalizione di centro - sinistra. Se è stato Giolitti a bloccarla il 26 luglio, se Bonomi non ha
potuto contare su un governo che inserisse i socialisti, tra il 26 e il 27, sono ora i popolari a
ritirare la loro pregiudi ziale contro la destra. Così, Turati, nel colloquio col re, è assai più prude nt e
di quanto la risoluzione del gruppo non lasci suppor re. E mentre sia i comunisti che i massima
listi gridano allo scandalo6 Turati manifesta al re il convinciment o che bisogni fare un governo
senza le destre e senza i socialisti. ##
1 Cfr. la testim onian z a dello stesso ivanoe bono mi nel suo La politica italiana dopo Vittorio Ve
neto, Torino 1953, pp. 162 - 68, nonché le opere di Paolo Alatri e Gabriele De Rosa citate e la docu
menta zione personale di cui si avvale Tasca (Nascita e avvento del fascismo cit., pp. 357 - 64).
2 Secondo G. De Rosa (che cita largamen t e quant o lo stesso Meda lasciò scritto nel suo collo quio
con il re) l'espone nt e popolare lombard o, resistend o a una pressione di Luigi Sturzo, «conside rata
la difficoltà di comporre un Ministero antifascista con Giolitti all'opposi zione e con i socialisti
sem pre indecisi, non accettò» (op. cit., p. 264).
3 Il 26 luglio l'onorevole Acerbo, fascista, dichiara che Mussolini è pronto a far parte del nuovo
ministero con Nitti, coi socialisti e coi popolari. Il 28 in un'intervista al «Petit Parisien» Mussolini
stesso dichiara che la soluzione della crisi può trovarsi «in una coalizione che si baserebbe sui tre
grandi partiti di massa esistenti attual me nt e in Italia: popolari, socialdem ocra tici e fascisti» («Il
Popolo d'Italia», 29 luglio).
* p. T., Destra e sinistra, «L'Ordine nuovo», 27 luglio 1922. Si noti, che un anno dopo, lo stesso
Togliatti scriverà che «nell'estate del '22 e anche prima un'allean za dei popolari con i socialisti sa
rebbe stata il solo mezz o di rendere possibile un governo socialde m ocratico e di ostacolare
l'avvento del fascis mo»! («Il Lavoratore», Trieste, 6 luglio 1923).
5 I deput ati socialisti votano a maggioran z a un ordine del giorno Modigliani in cui si impegnano a
non arretrare davanti ad alcuna azione capace di far rispetta re la volontà dell'Assem blea nazionale
a difesa delle libertà. L'onorevole Dugoni comm e nt a afferma n d o: «Venga pure la nostra collabora
zione diretta al potere nell'interes s e del proletariato» («Avanti! », 30 luglio 1922).
6 Sull'«Ordine nuovo» del 30 luglio Togliatti, in una nota da Roma, svolge la tesi, classica nel la
propaga n d a comunista, che la visita di Turati al re smaschera definitivament e il vecchio sovversi
vismo italiano e così conclude: «Turati è andato dal re. Il movimento socialista si sfascia. È un
cada -
Il falliment o dello « sciopero legalitario »
207
È una prova ulteriore dello « sfasame n t o » dei riformisti, sempre in certi a fare per tem po il passo
decisivo e ora superati dall'involuzione della situazione? Le vicende dell'estate del 1922 paiono
fatte appos ta per distribuire equa me n t e le respons a bilità per la vittoria dei fascisti, tra tutti i
gruppi non fascisti. Uno storico cattolico ha potut o infatti for mulare una condan na generale in
questi non contesta bili termini: «la furbizia dei fascisti si avvantaggiava dell'ingenuità dei socialisti
collabo razionisti, del qualunq uis m o catastrofico dei comunisti bordighiani, del l'impoten te
fatalism o dei massim alisti, dell'arren devole z z a ottimistica dei liberali, dell'amletis m o dei popolari
di Meda » '. In ogni caso, è tra il
28 e il 29 luglio che Turati avverte come l'offerta di collabora zione da parte dei deput ati socialisti
non abbia più il peso che aveva qualche gior no prima. E pensa ad usare un'altra arma di
pressione. È questo il punto che spiega come si arrivi finalment e allo sciopero generale, che viene
pro clamato all'unani mità dal Comitato « segreto » dell'Alleanza proprio il
29 luglio. Data fissata: 31 luglio, a mezz a n o t t e. La comunicazione alle organizz a zio ni operaie
dovrebbe essere data soltanto poche ore prima.
Le cose sono destinate, invece, ad andare molto diversa m e n t e; per alcuni fatti strani e
contrad di t to ri continuera n n o poi, per mesi ed anni, a intrecciarsi le polemiche e le recrimina zioni:
chi volle davvero lo sciopero, chi vi fu trascinato? Una ricostru zio ne, più minuta, sulla base di
docum e n ti finora sconosciuti, può aiutarci a dipanare la matass a. Fra il 25 e il 31 luglio si tengono
alcune significative riunioni del Comitato tec nico, diciamo interpar titico (da non confondere con
quello « segreto » dell'AdL). Sono riunioni che illuminano assai sulla divisione esistente tra i
politici e che hanno ad un certo punt o, come elementi catalizzat o ri, due fatti nuovi; entra m bi
cadono tra il 28 e il 29 luglio: uno è il « passo indietro » di Turati rispett o alla « collabora zione più
diretta », l'altro è lo scatenarsi di una serie di nuove violenze squadristiche, di Italo Balbo a
Ravenna, l'unica città dell'Emilia - Romagna in cui i fascisti non aves sero ancora fatto breccia.
Le riunioni dei cosiddet ti « tecnici » si tengono prima in un'osteria di Trastevere, poi nella bottega
di uno statuario nei pressi di piaz za Vittorio Emanuele, tra il 25 e il 31 : sei complessive. Vi
partecipano « Oscar » e « Ugo » - Grieco e, forse, Fortichiari - per i comunisti, Fioritto e Ver- ##
vere di meno da trascinare dietro per l'avvenire». Analogo il com me nt o dell'* Avanti! » lo stesso
giorno: « Il gesto di Turati spez za le contrad di zioni con le quali i compagni della destra erano e
sono riusciti a convogliare nella barca della loro frazione uomini e forze di diverse origini e di
contras t a n ti tem pera m e n ti».
1 Gabriele de rosa, Storia del partito popolare cit., p. 266, nota 57.
2 Una relazione di queste riunioni, non firmat a, è stesa per l'Esecutivo del PCd'I, da uno dei due
partecipan ti comunisti. Si tratta di otto fogli dattilografati, senza intesta zione (APC, 1922, 139 / 5 5 62)-
208
Capitolo quatt or dicesi mo
nocchi per i socialisti massi malisti, Malatesta, Sbrana e Forbicini per gli anarchici, Schiavetti (che
sarà assente dalle ultime) per i repubblicani. A rappres en t a re diretta m e n t e l'Alleanza c'è il
libertario Giusti, del Sin dacato ferrovieri. Nelle prime due riunioni, sono gli anarchici e i repub
blicani a most rar si i più decisi sulla linea che già conosciam o: attacco al l'inerzia dell'AdL e alla
riluttan z a dei comunisti a voler andare oltre, cioè a imposta re la lotta in senso insurre zionale '. I
socialisti si rivelano estre m a m e n t e riservati: non possono prescindere dall'azione che il grup po
parlam e nt a r e sta svolgendo2. Ancora durante la riunione del 28, la prospet tiva dello sciopero
generale pare nebulosa: Fioritto (PSI) ri sponde a Giusti e ai comunis ti che lo invitano a premere
sul direttivo della CGL per proclama rlo, che « ci proverà », ma non sa con quale esito.
Improvvisam e nt e, il 29, vi è un colpo di scena. Giusti annuncia che l'AdL ha finalmente deciso lo
sciopero generale, tra la sorpres a di tutti i pre senti.
Fioritto in una conversa zione amichevole con Ugo ha detto che, a parer suo, la mossa della
Confedera zione del Lavoro si spiega col fatto che, nonos ta n t e l'andata di Turati dal re, temono di
restare battuti sul terreno parlame n t a re 3.
Le ultime due riunioni non rivestono molto interesse: «i tecnici», di cui già le prime riunioni
rivelavano la scarsa inciden za sugli avveni menti, si limitano a una discussione in cui si vogliono
stabilire le rispet tive respons a bilità per l'improvvisa, e disordina t a, proclama zione dello sciopero.
In ogni caso si chiarisce, attraverso questa fonte, che lo sciopero ge nerale ha avuto come origine
immediata una decisione presa dalla mag gioranza riformista della CGL, che ha superat o la sua
precedent e rilut tanza in base a considera zioni legate agli ultimi avvenime nti politici, nella faticosa
crisi di governo; si può aggiungere ora che è Turati ad ave re vinto le ultime esitazioni e ad aver
scelto la pressione di massa per mutare a sinistra una situazione che sul terreno delle trattative
tra i ##
1 I repubblicani e gli anarchici giungerebbero a queste propost e, così riferite e comm e nt a t e dal
relatore comunis ta: «Malatesta chiede ai presenti se essi vedono utile un colpetto contro i capi
dello Stato, a Roma. Questa doman d a è accolta dal più glaciale silenzio. Ugo fa notare ai presenti
che gli atti individuali a scopo terroristico in grande stile sarebbero nella situazione present e
dannosi, per ché creerebbero in Italia ai partiti sovversivi il danno che ai partiti nazionalistici
hanno arrecato in Germania i recenti attenta ti. Schiavetti afferma, senza scendere nei dettagli, che
dieci uomini decisi al suicidio, potrebbero capovolgere la situa zione attuale. Malatesta gli risponde
di avere a sua dispo sizione non dieci ma cinquant a e forse più uomini dispos ti al suicidio. La
faccenda non ha alcun se guito. Il rappres e nt a n t e dei comunis ti non ritiene opport u n o chiedere
maggiori schiarimenti sul club dei suicidi anarrep u b blicano...» (fonte dell'APC citata).
2 «Fioritto dichiara che la direzione del PSI si riserva ampia libertà d'azione. L'atteggiame nt o
preso di fronte alla crisi ministeriale è giustificato dal fatto che " il PS ha un gruppo parlame nt a r e "
» (fonte citata).
3 Fonte dell'APC citata. * Ibid.
Il falliment o dello « sciopero legalitario » 209
gruppi gli è sfuggita di mano. Infatti, sugli intendi m e n ti di Turati, sul l'esatte z z a di tale ipotesi,
porta una luce nuova un docum e n t o che regi stra un suo scambio d'idee, intercors o il 31 luglio,
per telefono, con il sindacalista Storti, della Camera del lavoro di Milano. Il corrispo n de n t e di
Turati chiede chiarime nti sul carattere e il significato politico dello sciopero generale proclamat o.
storti La nostra opinione, a dirvela schietta, è questa: che noi consideria mo questo come un passo
molto azzard a t o e molto discutibile.
turati Ma perché? Dal momen t o che il Parlamento ha fatto sciopero... dal mome nt o che lo ha fatto
il governo... dal mome nt o che c'è una crisi che travaglia il Paese senza che ci sia la possibilità di
risolverla... dal moment o che continua no i fatti di Novara e di Ravenna, senza che sia possibile
all'inesisten te potere centrale di intervenire e agire secondo legge e giustizia... Nulla deve fare
stupire se gli ope rai insorgono con un moto generale manifesta n d o il loro ram m arico e il loro
sdegno con una riscossa favorevole al ripristino della legge, della libertà, della autorità... si tratta
alla fine di un manifest o notevole per sobrietà e rettitudine.
Storti continua ad espri mere la sua perplessità, e Turati rispon de in termini molto precisi per
chiarire il suo pensiero:
storti Noi siamo impressiona tissi mi. Voi di che opinione siete?... diteci chia ramente.
turati Mah... caro amico... negli scioperi c'è sempre una certa alea di im previsto, ma non sarebbe
serio lasciarsi prendere dalla paura... se si deve fare un monito al governo e al Parlame nt o affinchè
tutti e due la smetta no di fare i balordi lo si deve fare con il convinciment o di fare una cosa utile...
noi lo vediamo di buon occhio lo sciopero... è una forza convergent e con la nostra per mettere in
carreggiata la barca dello Stato.
storti Ma non è una buona spinta.
turati Insom m a, noi spingiamo dal di dentro e loro dal di fuori capisci, mo'? Devi pensare alla
nostra condizione anche che è terribile... anche la nostra one sta, sincera proffert a di collaborare è
stata accettata in modo che ci sta copren do di ridicolo... qualunqu e spinta dal di fuori purché
contenut a in deter mi na ti limiti mi pare che sia utile e da approvarsi.
Il manifesto a cui Turati si è riferito nella sua conversa zione telefo nica è l'appello lanciato dal
Comitato segreto dell'Alleanza, che fissa co me obiettivo allo sciopero « la difesa delle libertà
politiche e sindacali », per spez z a re l'assalto reazionario: monito al governo e insieme difesa della
democra zia da parte delle masse. L'accento legalitario è posto for temente nell'appello, e giustifica
l'appellativo di sciopero legalitario coniato proprio da Turati - sotto cui l'azione passerà alla
storia:
Nello svolgiment o dello sciopero generale i lavoratori devono assoluta m e n t e astenersi dal
comm et t ere atti di violenza che tornerebber o a scapito della solennità ##
1 La conversa zione, del 31 luglio ore 18,30, è registrata dalla polizia (ACS, Min. Interno, Dir, g.en.
PS, A. g.er., 1922, C. 1, b. 41).
210
Capitolo quattor dicesi m o
della manifesta zione e si presterebber o alla sicura speculazione degli avversari; sal vi i casi di
legittima difesa delle persone e delle istituzioni, contro le quali, malaugu ratam en t e, la violenza
avversaria dovesse scatenare i suoi furori... '.
Nonosta nt e la conclam at a segrete z z a, la notizia della proclama zione dello sciopero è resa pubblica
il 30 luglio mattina dal « Lavoro » di Ge nova, il cui redat tore - capo ha avuto nella notte una lunga
conversa zione telefonica col dirigente riformist a dell'AdL, vicesegretario della CGL, Azimonti, che
gli ha passato il testo dell'appello2. È un altro elemento oscuro in una travagliata vicenda dove
pare tutto congiuri per la scon fìtta operaia. Non si fìssa nell'appello una scaden z a allo sciopero: la
du rata indeter mi na ta può conciliarsi con il proclama to intento dimos tra tivo a carattere legalitario
della manifesta zione? Mentre, affannos a m e n te, le varie Camere del lavoro prendo no conoscen z a il
lunedì 31 luglio della data fissata per il suo inizio, la migliore mobilitazione è quella de gli
avversari. I fascisti, messi sull'avviso, minacciano subito una rappre saglia feroce se lo sciopero
non cesserà entro le quarant ot t'ore. I popo lari criticano la proclam a zi one dello sciopero, da cui la
CIL si astiene. Il re, preoccupa t o, ha chiamato Facta, sin dal 30 luglio, e gli ha riaffidato l'incarico. Il
nuovo governo, simile al precedent e e ancor più debole, con la partecipa zione di ministri popolari,
nonché di uomini di destra filofascisti, si costituisce in giornata: sola variante di rilievo: il mini
stero degli interni al senatore Taddei, ex prefetto di Torino.
Lo scontro assu m e sin dall'inizio - al mattino del 1° agosto - l'aspet to di una battaglia armat a
decisiva, al culmine della guerra civile: forze fasciste contro forze operaie. Ovunque
l'atteggiame nt o delle autorità di governo è, nella sostan z a, quello di avvalersi dell'apport o fascista,
trat tando diretta m e n t e coi suoi capi, per stroncare lo sciopero, punt an d o sem mai ad ottenere che
basti la minaccia dell'entra ta in azione delle squadre per farne proclam are la fine dalle
organiz z a zio ni camerali locali5. ##
1 Cfr. il testo dell'appello in angelo tasca, Nascita e avvento del fascis mo cit., p. 317.
2 Azimonti era corrispon de n t e del «Lavoro». Secondo la testimonian z a di A. Borghi, «Azimon ti
ammise di aver manda t o la notizia al capo redat tore Ansaldo perché la passas s e il lunedì 31 luglio
ma non prima» {'/2 secolo di anarchia cit., p. 285).
3 Il segretario generale del PNF invia una circolare, il 31 luglio, con cui invita i fascisti delle varie
province a punt are sui capoluoghi e a occuparli, a sorvegliare i nodi stradali, ad attenersi via via
agli ordini degli «Ispettori generali dei Consoli». Il testo in angelo tasca, Nascita e avvento del
fascis mo cit., pp. 322 - 23.
4 Sulla composi zione e natura del secondo gabinetto Facta, cfr. l'analisi di paolo alatri, op. cit., pp.
206 - 15.
5 Sintomatico questo telegram m a inviato il 2 agosto alle ore 23,15 dal nuovo ministro dell'In
terno Taddei al prefetto di Genova: «Prego comunicare a Massimo Rocca ed al comand a n t e forze
fasciste in Genova da parte on. De Vecchi che Governo assicura fronteggiare situazione et
prende re disposi zioni repres sive contro artefici sciopero pubblico servizi e che ritiensi sciopero
pubblici servizi cesserà entro doma ni tre. Restino quindi in attesa, f.to Taddei» (ACS, Min. Interno,
Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, C. 1, b. 41).
Il falliment o dello « sciopero legalitario » 211
Quasi ovunque, nelle città in cui vi saranno scontri, le autorità militari assu m era n n o i poteri
quando già i fascisti hanno provvedut o a ristabi lire il « loro » ordine di parte.
Il quadro comples sivo della resisten z a operaia - che, conviene ripe terlo, non è coordinata
centralme n t e né sospinta a un obiettivo preciso _ è quella di una manifesta zione già stanca, votata
alla sconfitta, ma qua e là impegnatissi ma in accesi combat ti m e n ti, laddove un'organiz z a zi one
armat a esiste e i dirigenti sanno impiegarla. Nel comples so, la classe ope raia del Nord rispon de
soltanto in parte all'appello dell’AdL: le scon fitte delle settim ane precedenti scotta no. Il fenome n o
si registra soprat tutto nel primo giorno, più pesante m e n t e a Torino ', ma anche a Mila no2, a
Trieste, a Bologna, sia il primo che il secondo giorno. Senonché, il numero delle astensioni dal
lavoro - che offre dati assai eterogenei ed è sorrett o soprat t u t t o dalla forte combat tività dei
ferrovieri - è sconvolto, a partire dal 3 agosto, dall'offensiva militare fascista che si scatena in
numeros e province, proprio quando central me nt e l'Alleanza del lavoro, in piena crisi di
disfacime nt o, decide la fine dello sciopero per il mez zo giorno. L'offensiva squadris ta è
imbaldan zit a dalla resa ufficiale del ne mico, e protetta dalle autorità e dalla forza pubblica3.
Mai come in questo momen t o i Fasci assum o n o l'aspett o e la fun zione reali di « braccio punitivo »
dello Stato, mentre tutta l'opinione pubblica borghese e piccolo - borghese è schierata con loro. Essi
dettano legge e impongon o davvero le feroci rappresaglie che hanno minacciato. La « coda » dello
sciopero diventa così un sussulto di disperata resisten za locale che ha come protagonis ti alcuni
centri e quartieri popolari do ve le forze operaie continuan o a battersi e dove le devasta zioni
fasciste sono più gravi: Ancona, Brescia, Milano, Bari, Genova, Livorno, e so pratt ut t o Parma. Lo
sciopero è finito male, l'attacco fascista trasfor m a il falliment o in una vera e propria rotta: non a
caso si farà il nome di Ca poretto. L'elenco delle nuove devasta zioni di circoli, organiz z a zio ni, am
ministra zioni popolari, copre tutta la penisola.
Ad Ancona il 4 agosto, le squadre, giunte per ferrovia dall'Emilia e dall'Umbria, uccidono due
operai, devasta no due circoli comunisti, in- ##
1 Dalla fonte prefettizia risulterebbe che lo sciopero il 1° agosto vede alla Fiat soltanto 800
astensioni su io 000 operai, ma che il secondo giorno le percent u ali degli scioperan ti aument a no
con siderevolmen t e (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., C. 1, b. 41). Anche le fonti operaie
registrano la fiacchez z a della rispos ta del proletariato torinese.
2 Il 3 agosto il prefetto Lusignoli sollecita telefonicam e n te l'onorevole Treves a « fare cessare lo
sciopero», che egli «non tiene più i fascisti». Analoga pressione esercita il dirigente sindacale
Bensì: «Questo sciopero è completa m e n t e fallito» (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, C.
1,
3 A Milano l'assalto all'« Avanti! » avverrà in pieno giorno «sotto gli occhi benevoli, paterni
dell'autorità, con centoventi soldati e quarant a carabinieri, che fingevano di custodirlo in nome
della
s». come scriverà Serrati il 24 agosto.
212
Capitolo quatt or dicesi mo
cendiano un circolo repubblicano; si registrano scontri violenti nei sob borghi della città ma i
fascisti hanno la meglio. A Brescia incendiano la Camera del lavoro, la cooperativa ferrovieri, un
circolo socialista. A Ge nova, nella zona del Porto, si hanno conflitti a fuoco con tre morti, due
antifascisti e uno fascista; viene devastat a la sede del « Lavoro » e si co stringe il Consorzio
autono m o port ua rio a revocare la concessione alle Cooperative di lavorare in porto. A Milano,
occupat o Palazzo Marino, sede del Municipio - dal cui balcone D'Annun zio tiene un'orazione pa
triottica - i fascisti danno l'assalto all'« Avanti! » e devasta no un cir colo comunis ta. Anche qui, nei
quartieri periferici, violenti combatti menti di strada, con sei morti e numerosi feriti. La polizia
opera 600 ar resti, tutti tra gli operai. A Bari i lavoratori riescono ad asserragliarsi in un vecchio
quartiere, difenden d o si con trincee, barricate e reticolati, mentre il prefetto fa occupare dalla
trup pa la Camera del lavoro che i fa scisti non sono riusciti ad espugna re. Scontri armati si hanno
anche a Roma, al quartiere Trionfale, e a Livorno, dove l'amminist ra zio ne socia lista è costrett a a
dimettersi.
Ma è a Parma che la resisten z a operaia scrive la sua pagina più glo riosa. Qui, dove è rimasto
efficiente il raggrup p a m e n t o armato degli Ar diti del popolo, guidati dal deputat o massimalista
Guido Picelli (che passerà poi al PCI) un migliaio di squadristi, al comand o di Italo Balbo giungono
« in treno speciale» ' da Suzzara, devastano la sede del « Pic colo » e incendiano il Circolo
ferrovieri. Con l'arrivo di nuove squadre - fino a 15 000 uomini - i fascisti tentano l'assalto ai
quartieri di Oltre Torrente, che la popolazione operaia ha trasfor m a t o in campi trincerati, ma
l'assalto fallisce dinan zi a una resisten za popolare che segna mome nti straordina ri in cinque
giorni di lotta. Mussolini consiglia a Balbo di ri nunciare a proseguire l'attacco che è già costato
alle squadre 39 morti e 150 feriti: sarà l'autorità militare che, partiti i fascisti, procederà all'oc
cupazione e allo sgombero dei quartieri operai.
Quando si tirano le som me dello « sciopero legalitario », balza anzi tutto l'inefficienza
dell'Alleanza del lavoro. La pressione del governo è bastata, visto l'esito del primo giorno di
sciopero, a fare arrendere i diri genti, non solo al centro ma anche in alcune Camere del lavoro, da
Mi lano a Bologna. L'abbatti me n t o e il risenti me n t o delle masse operaie sono enor mi e si
misurera n n o appieno soltant o nei mesi successivi. Lo sciopero dell'1 - 3 agosto, sconfitto,
soffocato, repress o, è l'ultimo bagliore della resisten z a popolare al fascismo. Mussolini, che grida
al trionfo, con ##
1 Cfr. la cronistoria raccolta e ordinata da Mario de micheli, Barricate a Parma, Roma i960, che si
avvale di numeros e testim onia n z e scritte e orali sull'episodio.
Il falliment o dello « sciopero legalitario » 213
il consens o crescente dei ceti medi e di settori sem pre più numerosi del l'appara t o statale, ha ora
verame nt e la via sgombra verso il potere. L'il legalismo fascista ha ricevuto una sorta di sanzione
ufficiale dallo Stato, dai suoi poteri civili e militari, dagli organi di stam pa conservatori '.
Si può ripetere qui un'avverten z a che comincia, del resto, a valere dal tempo dell'occupa zione
delle fabbriche. Che soltanto in base al suc cessivo trionfo della reazione si potrà misurare la
gravità della sconfitta operaia. Eppure, lo stato d'animo di prostra zione delle masse è già ri
scontra bile al mome nt o (vi è un tracollo organiz z a tivo, nei sindacati e nei partiti, le fila
dell'organi z z a zi one fascista si ingross a no ovunque, con il passaggio in massa di operai agricoli ai
fasci) e le organiz z a zi oni che avevano dato vita all'Alleanz a del lavoro sono percorse anch'esse —
sin tomo tipico della definitiva disgrega zione imminent e - da un rapido mo to centrifugo. Il
Sindacato ferrovieri si stacca dall'Alleanz a, la Confede razione del lavoro si appres ta a rompere il
patto stipulato con il PSI.
I comunisti sembra no gli unici a voler mante nere in vita un organi smo agoniz za n t e e del tutto
squalificato agli occhi delle masse. Durante le giornate dello sciopero l'atteggiam en t o del partito è
stato quello di un appoggio aperto e deciso2, pur cercando di mante ne re alla propria orga nizza zione « militare » - molto gracile - la sua autono mia d'azione. Dopo ; la infelice conclusione i
comm en ti di stam p a - quasi tutti dovuti a Togliatti —, paiono preoccupa ti di reagire allo stato
d'animo di sfiducia e di rancore esistenti nelle masse, sviluppa n d o il motivo propaga n dis tico del ;
tradime n t o socialdem ocr atico e continua n d o a puntare sull'Alleanz a co : me « forma concreta del
fronte unico proletario », che perciò « non può |e non deve morire ».
È difficile sottrar si all'impres sione che i comunisti, seguendo i ma tchiavellici indirizzi dettati da
Bordiga sin dalla costituzione dell'AdL, siano sostan zialm e n t e paghi di aver portat o la
disgrega zione più forte nelle file politiche e sindacali del Partito socialista, anche perché questo è
il punto che verrà messo in risalto nella relazione che il PCI presente rà ##
1 Significativo il comme n t o del «Corriere della Sera», I due moniti, del 4 agosto, che giustifica I
l'assalto fascista a Palazzo Marino con la debolez z a del governo e accusa i socialisti di essere
contro Itutta la nazione. Due giorni appres s o il foglio di Albertini (Realtà) scrive che la
maggioran z a della «[Nazione, posta tra i due contende n ti e costretta a scegliere, ha scelto i
fascisti. Cfr. sull'atteggiam ene Ito del giornale in questi frangenti l'antologia a cura di pierò
melograni, Corriere della Sera, Bolo : gna 1965, pp. 81- 163.
2 Il primo bollettino dirama to dal Centro (APC, 1922, 12^) la sera del 1° agosto reca: «L'ordine per
i comunisti è la lotta fino all'ultimo, la lotta a fianco degli operai e contadini di ogni fede poli tica,
che formano il fronte unico di fatto del moviment o diretto dall'Alleanza del Lavoro: la nostra
° mobilitazione di partito è completa».
3 Cfr. l'articolo, non firmato, / / tradime nt o e la beffa, «L'Ordine nuovo», a. n, n. 229, 21 ago Lsto
r922. Altri comme nti di Togliatti: Come siamo venuti dio sciopero e che cosa esso insegna, i
«L'Ordine nuovo», a. 11, n. 214, j agosto e Insegna me n ti, ibid - , n. 234, 26 agosto 1922.
214
Capitolo quatt or dicesi mo
al IV congres so dell'Interna zi onale comunis ta '. Non ci si avvede che la sconfitta dell'agosto ha
disarm a t o tutt'intero il movimento operaio e che i comunis ti, lungi dal poter volgere a loro favore
la crisi subita dalle compo ne n ti maggioritarie (massim aliste e riformiste) sono destinati ad essere
le prime vittime del successo della reazione e della disgrega zione del fronte proletario. È vero che
la sconfitta è comune. Per i riformisti anche se la loro illusione resterà tenace fino alla vigilia della
marcia su Roma - l'anda m e n t o della crisi di governo ha significato che le sinistre borghesi non
hanno affatto apprez z a t o l'aiuto fornito da un'azione che schierava il proletariato in difesa delle
libertà costituzionali. Ma per i comunis ti lo «smaschera m e n t o», la chiarificazione auspicata
risultano altretta nt o sterili. Avrà buon gioco Tasca, l'anno appres s o, a formulare, per conto della
minoran z a, un atto d'accusa all'Esecutivo comunist a per la condot t a che esso ha tenuto nei
confronti dell'AdL, che è assai fonda to: « L'interpret a zione del fronte unico come una trappola da
tendere ai socialdem ocr atici ci ha regalata invece una trappola in cui il PC si è fatto impigliare... ».
Un osservatore comunista ungherese in Italia dirà qualcosa di più sulla stessa situazione dei
rappor ti di forza tra il fascismo e le masse la voratrici:
Quando, dopo il deplorevole scacco dello sciopero del 1° agosto 1922, divenne evidente che il
proletariato rivoluziona rio era incapace di una resisten z a appre z z a bile, quando le squadre
allargarono il campo della loro attività e raddop piar on o in crudeltà, si produs s e una modificazione
qualitativa nella passività delle masse, che era aument a t a progressivam e n t e... Per finirla con le
violenze alle quali erano espo ste ad ogni istante le masse erano pronte ad accettare qualsiasi via
d'uscita. Anzi, avevano sete di una via d'uscita4. ##
1 Nella Relazione cit. al IV congress o del Kominter n (pp. 55- 56) si afferma che fu un bene non
impegnarsi da soli, si ammet t e che le consegue n z e dello sciopero sul moviment o sindacale furono
gravi ma si aggiunge con soddisfa zione: «Nessuno ascolta più i massi malisti, è finita anche
l'influen z a dei dittatori gialli del moviment o operaio».
2 Cfr. una serie di interess a nti osservazioni sullo «stupore» dei riformis ti fatte da franco cata
lano, in Storia d'Italia, Torino, voi. V, pp. 135 - 57.
3 Tasca, facendo la cronistoria degli avvenimenti, dirà: «In un primo tempo il partito ha rifiu tato
di partecipare all'Alleanza perché era prom os s a da partiti politici. Non essendo voluto entrare per
la porta dei partiti politici cercò di passare per la finestra delle organiz z a zioni sindacali. Nel l'AdL
il PCI si è sempre tenuto sulla soglia per non compro m e t t e r si. Ciò poteva sembrare un'abile tattica,
A che, in realtà, si concluse? Noi abbiamo visto che nel momen t o culminant e della lotta con tro il
fascis mo siamo giunti a confidarne la direzione a un organis m o che non eravamo minima m e n t e in
grado di controllare... Dopo la sconfitta, noi abbiamo proclama t o che gli altri hanno tradito il mo
vimento. Ma alle masse che credevano nell'Alleanz a, che l'hanno seguita e che sono state condott e
a! macello colla nostra complicità tali discussioni postu m e non hanno per nulla servito. L'alibi non
ci è riuscito. E la realtà è che l'interpret a zione del fronte unico come una trappola da tendere ai so
cialdem ocra tici ci ha regalata invece una trappola in cui il PC si è fatto impigliare...» (dal resoconto
dell'intervent o pronunciato all'Esecutivo allargato dell'Interna zio nale comunist a, giugno r923, pub
blicato in «Lo Stato operaio», a. Il, n. 12, 17 aprile T924).
■* Da una nota di Giulio aquila [julius sachs], Roma, 1° gennaio 1923, «L'interna tionak
comm u nis t e», a. iv, n. 24, marzo 1923.
Il falliment o dello « sciopero legalitario »
215
È questo anche il mome nt o preciso nel quale l'opinione pubblica che esprimo no gli strati
interme di e che ispirano i grandi organi di stam pa (in primo luogo il « Corriere della Sera ») vede
ormai nel fascismo la for za che fa uscire il paese dalla crisi. Sui giornali borghesi un vero coro sol
lecita e plaude alla repressione contro gli sciopera nti « sovversivi ». La decisa svolta sarà così
ricordat a da Gramsci:
La catastrofe dello sciopero legalitario dell'agosto 1922 ebbe il solo risultato di spingere gli
indus t riali e la Corona verso il fascismo e di far decidere l'on. Musso lini al colpo di Stato. ##
1 Le elezioni, non firmato, «L'Ordine nuovo», serie III, a. 1, n. i, 1° marzo 1924.
Capitolo quindicesimo
La scissione socialista dell'ottobre 1922
La crisi dei rapporti tra il PCI e l'Interna zionale comunis ta non è un aspett o secondario della storia
del primo (e neppur e di quella della se conda). È un mome nt o centrale che illumina la condot t a dei
comunisti italiani, del loro primo gruppo dirigente, almeno fino al V congress o del Kominter n,
nell'estate del 1924. E sulla controversia si riverbera no gli avvenimenti che porta no al trionfo del
fascis mo, acutiz za n d ola e compli candola ulterior m e n t e. Il congress o comunis t a di Roma non
lasciava certo presagire un appiana m e n t o del dissens o. Nel corso del 1922 due nuove assise
interna zionali lo spingono sino al limite della rottura aper ta. La ragione sta nel divario crescente
che si apre tra la prospet tiva a cui lavora l'Interna zionale comunista, una pros pet tiva di
riavvicinam e nt o alle altre Interna zionali Operaie nel quadro della tattica del fronte uni co, e
l'ostilità che manifesta no ad essa i comunisti italiani.
In aprile, ad esempio, si è tenuta a Berlino una conferen z a comune delle Tre Interna zionali, votata
del resto all'insuccesso tante sono anco ra le diffiden ze ed ostilità reciproche1. Ma anche lì
Bordiga, giunto alle ultime fasi dei dibattiti, si è oppos to alle propos te unitarie di Radek e ha
coperto di contu m elie Serrati favorevole al fronte unico. Anche Ber lino, dunque, ha registrato un
nuovo scontro. Risulterebbe inoltre, ad un « fiduciario » della polizia, che già nell'aprile del 1922
(proprio in oc casione della conferen z a delle tre Internazionali) un incontro di Radek e Bucharin, a
Berlino, sui problemi italiani, con Bordiga e Tranquilli, riveli «un dissens o totale»3. Il 26 maggio
partono per Mosca Bordiga, Gramsci e Graziadei, « sollecitati per radiotelefono da Zino - ##
1 Alla conferen z a partecipa no Vandervelde, Huysma ns, Starning, MacDonald per la II Interna
zionale; Crispien, Dittman n, Paul Faure, Longuet, Adler, Bauer, Martov, Grimm, per la II e '<;
Bucharin, Radek, Frossard, Bordiga, Klara Zetkin, Rosmer, Smeral e Sen Katamaya per la III. Ser rati
rappres e nt a il PSI. La conferen z a, in cui esplode la questione dei processi in Russia ai «socialri
voluzionari», si conclude con un nulla di fatto, se si tiene presente che l'unico compro m e s s o rag
giunto, la forma zione di una commissione paritetica per studiare una possibile unità d'azione,
resiste appena due mesi.
2 Cfr. l'intervista di Bordiga all'«Ordine nuovo», 16 aprile 1922. Ivi Bordiga definisce «buffo nesco
l'atteggiame nt o del sig. Serrati».
3 Da un rappor to confidenziale datato Roma, 30 maggio 1922, non firmato, dal titolo Informa
zioni di un fiduciario comunista (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1922, K. 1, b. 88).
La scissione socialista dell'ottobre 1922
217
vev ' », per partecipare alla riunione della sessione plenaria dell'Esecuti vo dell'Interna zionale
comunist a del 9- 11 giugno. A Bordiga e Gramsci, per la maggioran z a, si unisce, a Mosca, il
deput a to livornese Ersilio Am brogi, il primo rappres e nt a n t e effettivo del PCI a Mosca. Graziadei
reca la voce della minora n z a nella commissione apposita sulla « questione ita liana », di cui sono
eletti mem bri, con Zinov'ev e Radek, il francese Su varin, il cecoslovacco Kreibic e il bulgaro
Jordanov.
Gli italiani debbono discolparsi, in primo luogo, dal non aver preso parte alle riunioni politiche dei
partiti antifascisti sulla costitu zione del l'Alleanza del lavoro. La reprimen d a di Zinov'ev è violenta
sul tema del fronte unico2, giunge a porre il PCI di fronte ad un ultimat u m: la fini sca «
immediata m e n t e e categoricame n t e » 3 con le sue esitazioni, lanci, nel più breve tem po possibile,
la parola d'ordine del governo operaio, piattafor m a progra m m a tica della lotta contro il fascismo.
La reazione uf ficiale degli italiani è, sul momen t o, blanda. Si limita a rilevare torti e debolez ze dei
socialisti, ment re accetta formal me nt e le critiche alle Tesi di Roma sulla tattica, riconoscen d ole «
inesatte ». I comunis ti italiani si impegnano ad « attener si incondiziona ta m e n t e alle decisioni di
Mosca », a prende re, al loro prossi mo congres so, « una decisione in armonia, anzi in perfetta
concorda n z a con la linea tattica dell'Interna zi onale comuni sta » ", e a lanciare, entro la metà di
luglio, la parola d'ordine del governo operaio.
Ciò spiega come, nel pieno della crisi di governo e della polemica con tro i socialisti,
improvvisam e n t e appaia un editoriale5 sulla stam p a co munist a che « esegue » tale mandat o, pur
senza impos tare un discors o politico ad esso adeguato. D'altro canto, nel Comitato centrale del
PCI, Bordiga, appena tornato da Mosca, ha confessa to ai compagni che la pa rola d'ordine del
governo operaio verrà lanciata dal PCd'I « per discipli na », che tale governo in realtà « non potrà
aversi se non dopo il rove sciamento del regime borghese »6. Gramsci, che è restato a Mosca, si ##
1 ibid.
2 Zinov'ev dice: «Come può afferm are un marxista che la lotta economica che si sta svolgendo
non riguarda i partiti politici? I nostri compagni non hanno visto in modo chiaro la tattica del
fronte unico e in più hanno mostra to anche mancan z a di disciplina» (dai brani pubblicati
sull'«Ordine nuovo», 25 giugno 1922).
3 Da una «risoluzione confidenziale» approvat a dalla commissione sulla «questione italiana», il
cui testo viene riportat o soltanto due anni dopo, sullo «Stato operaio», a. il, n. 7, 13 marzo 1924.
4 «L'Ordine nuovo», i" luglio 1922.
5 L'editoriale, dal titolo Governo operaio, reca tra l'altro: «Operai, conta dini, soldati! Ricor datevi
che la vostra lotta e il vostro sacrificio debbono essere fatti per uno scopo che vi garantisca
solidame n t e dell'avvenire, non per la socialde m ocra zia equivoca e traditrice, ma per la creazione
di un Governo di operai, contadini, soldati». Non vi è cenno, nello scritto, ad un'intesa politica con
altre forze (da «L'Ordine nuovo», r8 luglio 1922).
6 Dal verbale della sessione del Comitato centrale del PCI del 29 giugno 1922, presenti Grieco,
Bordiga, Terracini, Fortichiari, Flecchia, Gennari, Gasperini, Azzario, Berti e Togliatti (APC, 1922,
104 / 8).
218
Capitolo quindicesim o
adopera nel fratte m p o nella stessa direzione. La maggiore fatica dei diri genti italiani è quella di
modificare l'opinione dell'Esecutivo della Inter nazionale comunist a sui massimalisti, su Serrati in
particolare. E, ap punto in occasione di un manifest o che il Komintern prepara alla fine di luglio
per i lavoratori italiani ', Gramsci insiste presso Radek affinchè non si dia credito a Serrati:
Serrati non ha dietro a sé neppur e un operaio della massa, egli ha dietro di sé la sua frazione di
partito che anch'essa non è formata di operai ma di funzionari sindacali e municipali. Serrati non
può parlare in piaz za; egli viene fischiato da tutti gli operai, non solo dai comunisti. La parte che
riguarda Serrati può essere modifi cata - suggerisce Gramsci - riferendola ai massi malisti in
genere 2.
Anche se Gramsci, come nuovo rapprese nt a n t e italiano presso l'In terna zionale comunista (gli
resta affiancato l'Ambrogi), non assu me s s e, di iniziativa propria, tali posizioni, l'Esecutivo del
PCd'I provvedereb be ad indurvelo. Bordiga scrive da Roma il 24 luglio a lui, per la delega zione
italiana a Mosca:
Siamo contro ogni politica di intesa coi massim alisti serratiani: tenetelo forte mente presente. Per i
maffisti la intesa politica è possibile, organiz za tiva m e n t e è un altro affare3.
E un mese dopo, lo stesso Bordiga raccoma n d a ai compagni che stan no a Mosca di far pervenire
all'Esecutivo dell'Interna zionale comunist a
il nostro disapp u n t o per il fatto che si vede il proble ma centrale nel congresso so cialista e si
mette ogni mome nt o in forse la nostra qualità di partito solida me nt e costituito e si progett a no
rabberciame n ti organiz z a tivi.
E precisa, ulterior m en t e:
Sulla questione specifica del PSI, ecco quanto: siamo contro, per ragioni di principio e pratiche, ad
ogni noyautage anche «ufficioso» nel PSI e non trattere m o né con maffisti né con serratiani, agli
effetti del congresso socialista e di fusioni col nostro partito. Sul terreno sindacale e del fronte
unico è un'altra cosa; ma per trat tare per entrare nell'Interna zi onale, no: si passa dalla porta e uno
per uno. Non ##
1 Il manifest o viene pubblicato, su tutta la prima pagina, dell'«Ordine nuovo», 30 luglio 1922. È un
appello accorato agli operai socialisti, ai massi malisti in particolare, affinchè rom pa no coi rifor
misti, non solo, ma organizzi no «in unione coi comunis ti la lotta contro il fascis mo». Il manifesto
appoggia aperta m e n t e Ja linea di condot ta della frazione di Maffi, Lazzari e Riboldi.
2 Il testo della lettera, firmata Antonio Gramsci, datata Mosca 22 luglio 1922, in APC, 1922, 91/ 8.
Da una lettera successiva all'Esecutivo del PCI, firmata da Gramsci e da Ambrogi, del 24 ago sto
1922, si appren de che Gramsci non potè partecipare alla redazione del manifesto in questione
perché «malato di febbri malariche». Si aggiunge anche, nella missiva, che Radek, ricevuta la
lettera di Gramsci quando stava partend o da Mosca per Berlino, dispose, con un telegram m a, di
acconsen tire alla richiesta di Gramsci. «Però Radek non nascose che si trattava solo di una
mascherat ur a, ma che il disegno era proprio quello, di ritirare [ifc] se possibile, Serrati
nell'Interna zio nale poiché dietro Serrati si trovavano degli operai rivoluziona ri». Dal contes to si
arguisce che «ritirare» è usato nel senso di «tirare nuova me nt e dentro» l'Interna zionale comunis ta
il Serrati (APC, 1922, 91/ 20 - 21).
3 APC, 1922, 91/ 9.
La scissione socialista dell'ottobre 1922
219
decam per e m o da questa tesi senza un congress o del nostro partito. In questo po tremo anche
accettare l'ordine di tacere e rinunziare a difendere il nostro punto di vista: al tempo stesso
rinunziere m o definitivame nt e a restare alla testa di un par tito che non vogliamo dirigere violando
il dovere della disciplina e che non possia mo indefinitivame nt e dirigere mentre si creano ogni
giorno cause di debolez za nella dirittura continua e logica della azione nostra '.
Il lettore è già familiariz za t o, dalle Tesi di Roma, con questa condot ta che non decam pa dinanzi
ad avvenimenti che possano contra d dir ne le premes se. Il tono delle direttive citate indica quale
sarà l'atteggiam en t o consegue nt e che il capo del PCI terrà nel futuro. Per ora, Bordiga può contare
sull'appoggio di tutta la maggioran z a nel partito. Da Mosca Gramsci e Ambrogi applicano
rigorosa m e n t e quelle direttive. Ed espri mono le rimostra n z e del PCI per il fatto che
l'Interna zionale continua ad intrattene re rappor ti diretti con il PSI. La verità è che l'Interna zio nale
comunist a è quant o mai decisa, invece, ad intensificare tali rapporti. Disegno e pros pe t tive non
potrebbero essere più contras t a n ti. I comu nisti italiani continua no a ritenere il PSI un partito da
liquidare, l'Inter nazionale è convinta che sia da recuperare3. Si giunge, piuttos t o, ad una
situazione parados s ale per la quale - come non mancherà di rilevare la minora n z a comunista
italiana (Tasca) - l'Interna zionale comunist a si in durrà, per due anni, « a lavorare in Italia in una
condizione di illegalità nei confronti della sua Sezione », a cercare al di sopra del PCI, un con tatto
diretto colle frazioni socialiste di sinistra. Ràkosi, ad esem pio, ver rà in Italia, all'uopo,
ripetut a m e n t e (vi torna già in sette m b re) nonos ta n te il parere sfavorevole del Partito comunis ta.
Nell'imminen z a del congress o socialista, l'Interna zionale, che preve de la scissione tra
massimalisti e riformis ti, è per attuare rapida m e n t e un processo di reinserim en t o del PSI nelle sue
file, per prom u overe accordi immediati tra comunisti e socialisti nella lotta al fascism o. Le
pressioni ##
1 APC, 1922, 91/ 2 3 - 23 bis.
2 Da una lettera di Gramsci e Ambrogi all'Esecutivo del PCd'I, del 24 agosto (APC, 1922, 91/ 2 0 21) si appre n de anche che essi hanno fatto present e a Mosca «che fare dei passi verso Serrati
significa far marciare a destra l'Interna zionale sconfess an d o tutta l'opera sin qui svolta dal PCd'I».
3 Una successiva lettera di Ambrogi del 16 settem b re (APC, 1922, 91/ 2 9 - 30) preann u ncia una
visita in Italia di Rakosi, invano sconsigliata dai delegati italiani. Lo stesso Ambrogi scrive il 19 set
tembre (APC, 1922, 91/ 31 - 32) che la linea dell'Interna zi onale «finirà col porre i dirigenti italiani
nell'impos sibilità di guidare il partito e nella necessità di cedere ad altri una tale respon s abilità».
4 Nello Schema di tesi della minora n z a del CC del PCd'I, del 1924, già citato, si legge, testual
mente: « Il conflitto tra PCI e Interna zionale comunis ta durò per due anni: il partito, pur non igno
rando gli scopi cui l'Interna zionale comunist a tendeva ne sabotò con pertinace ostina zione il
raggiun gimento e l'Interna zio nale comunist a non volle mai prendere una posizione aperta e
decisiva dicendo chiarame n t e quel che voleva, lasciando perciò incancrenire uno stato di cose
inverosimile. Si arrivò così all'assur do che l'Interna zionale comunist a invece di fare del nostro
partito il centro della sua azione di conquist a del PSI, dovette cercare al di sopra del PC un
contatt o diretto colle frazioni di sinistra del PS e lavorare in Italia in una condizione di... illegalità
nei confronti della sua Sezione» («Lo Stato operaio», a. 11, n. 16, 15 maggio 1924).
5 Dalla lettera di Ambrogi da Mosca del 19 settem br e cit.
220
Capitolo quindicesim o
di Zinov'ev e Radek sono sempre più forti in questo senso, su Gramsci in primo luogo, che
attraversa un periodo di cattiva salute e passa gran parte del tem po in una casa di cura '. Zinov'ev
vuole che Gramsci rediga con lui un indirizz o da rivolgere al congres so socialista. Non sappia m o
se Gramsci abbia potuto o voluto accedere a quell'invito; l'Ambrogi in forma i compagni a Roma
che gli italiani, nelle discus sioni interne all'In terna zionale comunis t a, hanno tentat o di dissua dere
gli altri dalle illu sioni sui massi malisti, ma che sono restati isolati.
Malgrado il contegno deciso di Gramsci all'ultima riunione si pensa forse an cora che egli sia il più
arrendevole 2.
Il Partito, in Italia, si trova in una situazione organiz z a tiva assai dif ficile dopo lo sciopero generale
(gli iscritti, nel sette m br e del 1922, risul tano scesi a 24 638). Si aggiunga che si sono succeduti
nelle fabbriche molti licenziam e nti di comunis ti (mentre migliaia di operai colpiti co minciano ad
emigrare all'estero)3. La direzione è ancor più consapevole della gravità dell'urto a cui torna ad
andare incontro nei rappor ti con la Centrale di Mosca. Il Comitato centrale del PCI, all'unani mità,
ribadisce che in ness un caso il partito, « organis m o storicame n t e definito nella sua organiz z a zio ne
e nella sua funzione politica fin dalla sua costituzione » 4 — è la formula delle Tesi di Roma —
può accondiscen de re a fondersi con al tri gruppi, neppu re se il PSI giungerà alla scissione interna.
Terracini mette il dito sulla piaga delle relazioni coll'Interna zionale comunista 5, e non nascon de
che si va al peggio. I comunis ti italiani obbedira nn o, in de - ##
1 Dalla stessa lettera, del 19 sette m b re, si appre n de che Gramsci è amm alato. Già in una missiva
precedent e l'Ambrogi (lettera del 4 settem bre, APC, 1922, 91/ 25 - 26) infor mava che Gramsci era ri
coverato in un «Sanatorio», che era dubbio se si trattas se di febbri malariche, ma certam en t e vi era
un esaurime n t o nervoso. L'Ambrogi aggiungeva: «Ora pare che stia meglio. Comunq ue, le sue con
dizioni non sono mai state allarma nti. Gramsci vi prega di mandare per suo conto 500 lire di
medici nali che egli intende donare al Sanatorio che lo ospita con tante cure. Chiede
particolar m en t e tintura di iodio, olio di ricino, creosoto e chinino, perché di ciò è maggiore difetto
in quel Sanatorio».
2 Dalla lettera cit., del 19 sette m br e r922.
3 Nella sessione del Comitato centrale del PCd'I che si tiene il 10- n sette m b re, Ruggero Grieco da
notizia delle difficoltà sopra accennate. Ricorda anche le ristrette z z e finanziarie del partito (su 72
segretari federali soltanto 4 sono stipen diati) aggravate dal fatto che la distribu zione della stam p a
co munist a è avversata in tutti i modi (centinaia di copie bruciate davanti alle edicole dagli
squadris ti, molti rivenditori costretti a rifiutare le copie). Si parla di soppri m ere «Il Comunist a»
che costa 90 000 lire mensili. Togliatti è il primo a chiederne la soppres sione anche perché il
quotidiano ro mano «ha una vita artificiale in un centro non proletario» (dal verbale della seduta
in APC, 1922, 104 / 2 0 - 43).
4 Il testo della risoluzione - non pubblica - presa dal Comitato centrale del PCI in APC, 1922,
104 / 1 6 - 19.
5 Terracini afferma, tra l'altro, che «l'Interna zionale comunis ta - ha sovvenut o, anche finanzia
riament e, la frazione Maffi all'insap u t a del nostro partito» e aggiunge: «Noi conserviam o la nostra
convinzione che il PSI deve essere distrut t o dalla fonda m e n t a; solo in tal modo il materiale buono
che tuttora lo compo ne potrà essere da noi utilizza t o... L'Interna zionale opina che è meglio tenere
in efficienza una parte dell'edificio per unirla al nostro partito... La tattica dell'Interna zio nale
comuni sta ci riporrà nella situazione di Livorno: due anni di lavoro diutur no e indefesso sono
stati spre cati» (APC, 1922, 104 / 2 0 - 43).
La scissione socialista dell'ottobre 1922 221
finitiva, ma «resterà una questione personale per ciascuno di noi; essa verrà risolta nel modo che a
ciascuno verrà suggerito dalla propria co scienza e dalle proprie convinzioni » '.
Che siamo alla vigilia della scissione nel PSI non viene più messo in dubbio neppu re dai comunisti,
giunti a questo punto. Il XIX congres so nazionale del partito è convocato in un mome nt o in cui la
disfatt a d'ago sto delle organiz z a zio ni operaie ha lasciato i suoi segni pesanti, e accen tuato la
lacerazione interna non solo per il falliment o dello sciopero ge nerale, ma dopo la infrutt uo s a
visita di Turati al re. Si è registrato piut tosto - ciò che all'Interna zionale non è sfuggito e su cui
essa punta - un riaccosta m e n t o del tradizionale gruppo massim alista serratiano alla fra zione dei
terzinter n a zion alisti.
Ancorché esistano quattro frazioni (massim alista, concent ra zi onis t a, centrista - unitaria,
terzinter n a zion alista) lo schiera m e n t o congres s uale vedrà polariz za r si a sinistra Serrati e Maffi e a
destra Turati coi centristi Baratono e Cazzam alli. La dialettica interna, o internecina, dei socialisti
italiani, dinanzi al radicalizza rsi della situazione, riprod uce ancora una volta l'eterno dissidio delle
due anime. Prevale in quella massim alista l'orrore per il « collabora zionis m o » a cui paiono votati e ci si illude che sia con successo - i riformisti. Di fronte ad una scelta ormai impro crastinabile,
Serrati si induce a compiere ciò che a Livorno gli pareva de littuoso, rompere con i riformis ti.
Tanto, la rivoluzione non è più alle porte!2. La scelta avviene in omaggio a una « questione di
principio », tradizionale nel massim alis m o: colla borghesia non si collabora. Serrati ritiene che,
quant o più imperversa la reazione (un'ondat a che tutti pen sano dovrà pure passare), tanto più i
socialisti debbono restare fedeli al loro progra m m a e fare di esso un'insegna. I frutti della
coerenz a si rac coglieranno dopo. O non era stato così nel 1898, nel 1912, nel 1915? Prenden do la
parola al Congress o, nella giornat a di apert ura, il 1° otto bre, Serrati così concluderà il suo
intervento :
Tutti quelli che sono per la rivoluzione oggi, domani, tra un secolo non possono lavorare con
quelli che vogliono stringersi alla borghesia. L'intransigenz a del più tipico rappres en t a n t e del
massimalis m o non è dunque quella maschera che i comunisti vogliono strap pa rgli : è il suo volto
autentico. Politicament e, l'intransigen z a non conduce ad altra po- ##
1 Ibid.
2 Serrati sosterrà al congress o che nella situazione attuale il numero non importa più. Nel I9r9
1920 bisognava essere tutti uniti per il potere: «Oggi che noi dobbiam o rispond er e alla reazione oc
corre sostituire al fronte vasto il fronte ristrett o della qualità». Cfr. su questo e altri atteggiame nti
di Serrati, l'interes sa n t e analisi che conduce aldo giobbio nel suo saggio dedicato all'« Avanti! »,
1919 - 26, in Dopoguerra e fascis mo, Bari 1965, pp. 667 sgg.
3 Cfr. Il PSI nei suoi congressi cit., voi. Ili, p. 228.
222
Capitolo quindicesi mo
sizione che a quella di « essere tanto più se stessi quant o più infuria la reazione », cioè a restare
immobili, come nel biennio rosso quando si attendeva dalle cose l'immancabile avvento del
socialismo. Ma è purt ut tavia per una discriminan te ideologica che i massim alisti chiedono, nella
loro mozione, l'espulsione dei riformisti, della « frazione collabora zioni sta ». La scelta in favore
della III Interna zionale è, a sua volta, più senti mentale che politica. Per usare l'espres sione di
Serrati, «bisogna andare nell'Interna zio nale degli sfrut tati », « per una rivoluzione che in oriente si
difende come può». Una vera adesione politico - organizz a tiva al co munis m o risulterà invece
controvers a, a scissione compiuta, quanto e più di prima.
L'accusa, che Treves lancerà dalla tribuna congress uale, essere l'In terna zionale comunista ormai
uno stru me n t o in mano dello Stato russo, è più condivisa di quanto non appaia nelle stesse file
massimaliste. Ed essa si salda con quel geloso patriottis m o di partito che contribuirà non poco,
combinan d o si col settaris m o comunist a, a impedire la fusione. Si gnificativo sarà intant o, in
congres so, il fatto che un dirigente massim ali sta come Velia prenda la parola per affacciare serie
riserve al ventilato nuovo reinseri me nt o del partito nel Kominter n, e lo faccia non soltanto per
ribadire la necessità di una autono mia del PSI e del manteni me n t o del suo nome ma accusan d o
l'Interna zionale comunist a di agire secon do scopi e misure più nazionali, russe, che
interna zionali, adom bra n d o quindi la tesi di Treves. E con Velia si dirà d'accordo il giornalista
Sacerdote (Genosse) che gode di largo credito nel partito. Ciò spiega come la reazione dei socialisti
del gruppo di Velia alla fusione coi comunisti, al l'inizio del 1923, riceverà tali consensi da
rovesciare rapida m e n t e la cor rente più favorevole all'adesione incondizionat a a Mosca.
Frattant o, prima del congress o, la situazione ha posto in termini ur genti l'altra questione: quella
della separa zione dei riformisti. La posi zione della destra non è più, infatti, unitaria da tempo. Il
1922 è stato un anno in cui, nell'azione politica, i riformis ti hanno agito come una corrente che
aveva una linea oppost a a quella della direzione massim ali sta, sfidando ne vieppiù le misure
disciplinari e la sconfessione. A vero dire, nella condot ta dei massim alisti nei confronti dei
riformisti, si mi schia ancora una volta alla pregiudiziale ideologica un calcolo opport u ni stico.
Almeno in parte e in alcuni dei dirigenti del PSI. Lo dirà un anno e più dopo lo stesso Velia:
Noi abbiamo a Roma fatto la scissione coi riformis ti perché speravam o che ad ottobre Facta
cadesse e i riformisti, liberi da noi, si decides sero ad andare al potere. ##
1 Dal verbale delle discus sioni tra i rappres e nt a n ti del PSI, PSU, e PCI, nella sedut a del 28 gen naio
1924, pubblicato in «Rinascita», a. xx, n. 4, 26 gennaio 1963.
La scissione socialista dell'ottobre 1922
223
Ciò spiega come la scissione abbia un carattere, per così dire, indolo re, in un'at m o s fer a ben
diversa da quella che caratteriz z ò la separa zione di Livorno, e come il dialogo tra massim alisti e i
riformisti non sia inter rotto ma sia invece destinat o a riprende re più fitto nell'imme diat o futu ro.
I primi non hanno alcuna pros pe ttiva politica reale e si affidano ai secondi per realizzare quella «
collabora zione » colla borghesia che non vogliono attuare essi stessi pur auspican dola, e
vergogna n d o s e n e. Mo digliani lo dirà con tagliente ironia e l'impoten z a dei massi malisti, co me la
loro inconfess at a speran z a, emergono ancor meglio dalle parole del segretario del partito, Fioritto,
che ricorda n d o i fatti dell'agost o escla merà:
Il gruppo parlam en t a re aveva manda t o Turati a salire quelle scale che aveva già percorso Bissolati.
Unica giustificazione avrebbe potuto essere il successo. Ma Bissolati aveva ottenu to il suffragio
universale, ment re Turati aveva acquisito l'as salto a Palazzo Marino '.
Così, il cinismo si mischia alla recrimina zione in un congresso che uno storico socialista ha
definito « di uno squallore senza precede nti » 2.
La separa zione è scontata: i riformisti vi si sono preparati anche or ganizz ativam e n t e e con loro
confluiscono alcuni « centristi », come s'è detto. Treves, alla tribuna, per primo constata che la
scissione è già in atto. Egli difende « una collabora zione tem por ane a avente il fine di im pedire che
la reazione finisca di distruggere le conquiste e il patri monio del proletariato ». Con chi? Con
quella borghesia che in avvenire po trebbe « uscire dal covo della sua vigliaccheria » e allearsi al
proletariato contro il fascis mo. Treves, nel suo discorso, definisce appu nt o la III In terna zionale
uno stru me n t o degli interes si della Russia e lancia lo slo gan: « I socialisti coi socialisti, i comunis ti
coi comunisti ». L'« unitari smo » dei riformis ti si dovrà dunque intendere in questo senso: unità
dei socialisti non comunisti, anzi anticom u ni s ti.
La scissione socialista si consu m a rapida m e n t e. Il partito si spacca a metà. Dei poco più che
settant a mila soci rappres e nt a ti al congres so 32 106 votano la mozione massi malista e 29 119
quella dei «destri»4. Subito dopo il risultato della votazione, la sera del 3 ottobre, Turati va alla
tribuna per una dichiarazione di com miato, comm os s a ed amara. E la mattina dell'indo m a ni
Turati, Treves, Giacomo Matteotti si riuni scono con gli amici della loro frazione per dare vita al
Partito Socialista ##
1 Il PSI nei suoi congres si cit., voi. Ili, p. 226.
2 gaetano arfé, Storia del socialismo italiano cit., p. 311.
3 11 PSI nei suoi congressi cit., voi. Ili, p. 234.
4 Risultano iscritti al PSI al momen t o del congresso 72 065 soci, 11 040 dei quali non votanti o
luti.
224
Capitolo quindicesim o
unitario italiano, di cui diviene organo ufficiale « La Giustizia » che è trasferita da Reggio Emilia a
Milano. Matteotti è il segretario del nuovo partito, Treves il direttore de « La Giustizia ». Il PSUI
potrà contare sulla maggioran z a dei deput a ti socialisti (61 parlam e nt a ri contro 30 ri masti nel PSI,
e qualche « dispers o »), su forti posizioni nelle cooperati ve e nei sindacati; esso aderisce alla
Interna zionale di Vienna, 2 e Vi, che all'inizio del 1923 si riunirà alla II Interna zionale. Il PSI, dopo
la scis sione, non raggrup p a più nelle sue file che 25 000 militanti. I suoi rap porti colla III
Interna zionale occupa no i lavori congres s uali, dopo la scissione. Il messaggio di Zinov'ev ai
congres sisti è esplicito:
Il compito più element are e urgente in Italia consiste in ciò: unità al più presto possibile di tutte le
forze rivoluzionarie e creare, sìc in tal modo un blocco prole tario contro il blocco delle forze
riformiste, fasciste o imperialiste. Davanti a voi ci sono due vie: o voi tenterete di creare un
qualcosa di mez zo, un partito centrista così detto indipende n t e, e allora, dopo sei mesi o un anno,
tale vostro Partito di venterebbe di nuovo la preda dei riformis ti e della borghesia. Oppure
seguirete un'altra via: con risolute z z a e senza deviazioni, prenderet e orienta me n t o per una unione
con il Partito Comunist a Italiano, vi metteret e sulla via della lotta vera mente rivoluzionaria e con
questo scopo, prima di tutto, tornerete sotto la bandiera dell'Interna zio nale Comunista '.
Il president e dell'Interna zio nale comunis ta propone quindi, nel mes saggio, l'invio di una
delegazione socialista all'imminen t e IV congres so del Kominter n « e la costituzione di un Comitato
d'azione proletaria unificato al PCd'I come premes s a all'aus picata riunificazione delle forze
verame nt e rivoluziona rie in Italia ». Per ora, il congress o socialista, no nostant e le forti riserve di
Velia, acclama la rinnovata adesione alla III Interna zionale e si impegna ad inviare a Mosca una
delegazione ufficiale (di cui faranno parte Maffi, Tonetti, Serrati, Garruccio e Romita). Fio ritto è
nuovam e nt e eletto segretario del partito e Serrati direttore del l'* Avanti! »
La posizione di Serrati simboleggia indubbia me n t e « l'autocritica » del massim alis m o italiano. C'è
ormai in lui la convinzione « di essersi sbagliato da Livorno in poi »2. E tutta la sua condot ta
futura porterà il segno di quest'aut ocritica, personale e morale prima ancora che politi ca3. La
vera, piccola novità, del congres so di Roma è nell'acquisizione ##
1 Il testo in Il PSI nei suoi congressi cit., voi. Ili, pp. 241 - 42.
2 L'espres sione è di Pietro Nenni in una lettera, datata Milano 14 novembre 1925, ai compagni del
PSI, in cui esamina il process o delle scissioni socialiste del 1921 - 22. La lettera, con altri docu
menti, è appars a in «Mondo operaio», a. xviii, n. 8- 9, agosto - settem b re 1965, pubblicata a cura di
Renzo De Felice.
3 Piero Gobetti traccerà questo significativo ritratto di Serrati : « Egli dimost rò nel settem bre 1920
e a Livorno un'incapacità politica desolant e. Ma oggi si è ristabilito come figura morale, rive
landosi assai superiore alla mentalità politica degli italiani. Ci vuole un coraggio morale poderos o
La scissione socialista dell'ottobre 1922
225
ormai definitiva di Serrati a una corrente come quella terzinter na zio nali sta che, nonos ta n t e
appaia sul mome nt o in maggioran za, non avrà poi la forza e la capacità di conquistare il partito.
Forse lo stesso travaglio di umiltà di Serrati gli impedirà di imboccare subito con baldanz a la
nuova strada dell'unità organica coi comunisti. Nel 1923 la sua condott a sarà ancora incerta. Del
resto, i comunis ti non si mostra no affatto lieti dei ri sultati del congres so, né paiono voler
sfrutt are il valore propagan di s tico e politico di un atto (l'espulsione dei riformis ti) che ha dato
ragione alla loro battaglia di Livorno. Togliatti scrive il 5 ottobre che il pentime n t o massi m alista è
tardivo e che «la questione (dell'organiz z a zi one politica del proletariato) si pone in un modo
inesorabilmen te fissato da termini storici che non è possibile modificare ». Vi è, tuttavia, un tono
nuovo, di prude n z a e di circospe zione nello scritto togliattiano (che è una presa di posizione
ancora personale):
I comunisti italiani hanno già dimos t rat o di non essere né dei senti me nt ali, né dei persecutori di
personali puntigli. Quella che essi credono di difendere tra le masse italiane è una mentalità
politica, ed è con questa mentalità che essi giudicano oggi il presente e l'avvenire. I comunisti
sanno che i partiti politici non sono né circoli familiari, né associazioni di amici: ma
organiz z a zio ni di interes si e di vo lontà che dalla realtà traggono origine e dalle esigenze della
realtà sono condizio nate. Il loro contegno in questo mome nt o è determinat o dal solo proposito di
man tenere integri la forza e il prestigio della Sezione italiana della Terza Interna zio nale '.
È un tono « storicistico » ben diverso da quello che vedrem o prevale re, subito dopo, sulla stam p a
comunist a, per la penna del suo maggiore dirigente, laddove si esprime una reazione negativa
senza mezzi termini. Infatti Bordiga rispon de, ben più nettam e n t e, con un rifiuto, sin dal 7 ot
tobre. Premesso (affinchè chi deve intende re intenda) che spetterà sol tanto al prossi m o congress o
del PCI risolvere i rapporti con l'ala sinistra del socialismo italiano, Bordiga sostiene la tesi che
Serrati è sempre quel lo del passato, che l'attuale nuova divisione nelle file del socialismo non
mostra nessu n contenu t o di sinistra ma è soltanto un corollario del falli mento dei massim alisti,
ormai ridotti a difendere posizioni personali e di gruppo.
per conda nn ar si come ha fatto Serrati a una pubblica penitenz a e confessione dei propri errori,
rinun ciando a tutto, amici, cariche, amor proprio, dando ragione sponta nea m e n t e a quelli che gli
erano stati nemici implacabili e persino ingiusti... Per mille arrivisti e demagoghi il partito
socialista ci ha dato almeno un carattere e un esem pio integerrim o di amore per la verità» (da
Commen ti, «La Ri voluzione liberale», a. Il, n. 4, 1° febbraio 1923, ora in Scritti politici, Torino
i960, p. 453). #
1 p. T., Dopo la scissione, «L'Ordine nuovo», } ottobre 1922. Che lo scritto di Togliatti non rifletta
la posizione ufficiale della direzione è most ra t o dallo scritto di Bordiga di cui parliamo ap presso.
Togliatti ricorderà di aver avuto un rabbuffo dal capo del PCI (Conversa n do cit., p. 107) e di essere
stato invece difeso da Rakosi che impedì una sconfessione ufficiale.
226
Capitolo quindicesim o
Il compito del PCI è un altro: condurre sotto le bandiere del comunis m o le masse del proletariato
italiano che sono finora state zimbello della politica di prin cisbecco che ha per teatro i congres si
socialisti, le loro pietose beghe e la loro mi serevole sceneggiat ura '.
Frattant o Rakosi è giunto in Italia, insieme con lo jugoslavo Vuiovic, segretario dell'Interna zionale
giovanile e il tedesco Bòttcher. I tre diri genti partecipa no alle riunioni che tengono l'Esecutivo e il
Comitato centrale comunist a, rispettivame n t e il 6 e il 12 ottobre. Il dibattito co gli emissari del
Komintern è dell'as pre z z a che le precedenti vicende (e il fatto nuovo della scissione socialista)
hanno fatto esplodere. Rakosi ha il mandat o di prom uovere la forma zione della commissione tra il
PSI e PCI, « presiedu t a da un compagno dell'Esecutivo dell'Interna zionale co munista incaricata di
realizzare la collaborazione tra i due partiti »2. Sa rebbe il primo passo, auspicato da Zinov'ev, per
la fusione. In quella ri stretta assem blea soltant o il motivo disciplinare è accolto come valido dai
comunisti italiani per accettare la propos t a di Rakosi3. Ma nel Co mitato centrale, il 12 ottobre, è
ormai sul tappeto la pros pe t tiva di dimis sioni del gruppo dirigente. Bordiga e Terracini la
avanza n o aperta m e n te4. Soltanto Togliatti solleva, per la prima volta, la preoccupa zi one che
risulterà dominan t e, nel prosieguo della contesa, in Gramsci e nei suoi più stretti collaboratori,
destinati a formare un nuovo gruppo dirigente. Togliatti afferma che bisogna tenere conto della
situazione nuova, non restringersi in una intransigenz a assolut a, « per non abbando n a r e le re dini
del partito alla minoran z a »5. Ma egli dice anche qualcosa di più, che prelude aperta m e n t e alla
prossi m a differenzia zione nel seno della maggioran z a:
[Togliatti] è convinto che i compagni del Comintern non desidera no una fusio ne immediata del
Partito comunista col Partito socialista. Se essi chiedessero una cosa simile certam e n te nessu no
degli attuali dirigenti del Partito si sentirebbe in grado di iniziare una discus sione sopra eventuali
condizioni di fusione. I compagni del Comintern probabilme nt e invece non desidera no altro se
non che attraverso ad ##
1 amadeo bordiga, Il valore della divisione socialista, «L'Ordine nuovo», 7 ottobre 1922.
2 Il Comitato esecutivo allargato del PCI si riunisce, con i tre invitati succitati, e con la parte
cipazione di Bordiga, Grieco, Togliatti, Terracini, Azzario, Gnudi, Marabini e Berti {FGCI). Rakosi è
in contat to diretto coi massim alisti, e giunge a minacciare di andare da loro «per comunicare che il
PCI rifiuta di eseguire una delibera zione dell'Interna zi on ale». «La respons a bilità delle ripercus
sioni di questo fatto — egli aggiunge — ricadrebbe completa m e n t e sui compagni dell'Esecutivo
comu nista italiano» (dal verbale della riunione del 6 ottobre 1922, in APC, 1922, 104 / 3 2).
3 Dal verbale citato (APC, J922, 104 / 3 3 - 37) si ricava che all'inizio si pronu nciano contro la
propos t a rakosiana Bordiga, Terracini, Marabini, Togliatti e Grieco. Uno dopo l'altro essi afferm a no
che accettano la commissione per pura disciplina.
4 Bordiga rileva che sono ormai troppi i punti di dissens o: « Non ostacolere m o colle nostre per
sone la modificazione della tattica e dei metodi che l'Interna zionale ci chiede». Terracini: «Comun
que avvenga, la fusione sarà un gran danno. E a dirigere il partito debbono andare quei compagni
che la fusione vollero. È questione di onestà politica» (APC, 1922, 104 / 3 9 - 43).
5 Ibid.
La scissione socialista dell'ottobre 1922 227
un periodo di azione coordinat a tra i due partiti si sottopo nga n o ad una prova gli elementi
massimalisti allo scopo di esperime nt ar e se nel loro seno esistano forze utilizzabili per un
rafforza m e n t o della Sezione italiana della Terza Interna zionale. Questo periodo non dovrà essere
breve e l'azione dei comunisti dovrà, per la sua durata, essere volta a provocare una
differenzia zione che si deve tendere a far culmi nare in una nuova crisi del gruppo massim alista.
La crisi avrà la sua origine dal fatto che i massi malisti, in questo periodo di lotta comune nel
campo sindacale, politico, parlam en t a re, ecc, saranno costretti ad affronta re praticame n t e, e non
Solo a parole, i proble mi la soluzione dei quali costituisce la pietra di paragone dell'esisten z a di
gruppi dotati di mentalità comunist a e di capacità di essere assorbiti in un organi smo comunis t a.
Soltanto dopo che questa crisi avrà avuto sufficiente sviluppo si po trà affront are il problem a di
una fusione. Se i compagni della Interna zionale pon gono la questione in questo modo l'attuale
gruppo dirigente il Partito non deve ri fiutarsi di applicare questo progra m m a, deve anzi sostenere
che l'applicazione di esso è parte integrante del compito del gruppo politico che, effettua n d o la
scissione di Livorno, si è addos sa t o il dovere di guidare la forma zione in Italia di un partito
rivoluzionario della classe operaia '.
È evidente, nell'import a n t e intervento di Togliatti, la differenzia zio ne di metodo e di sostan z a
politica dall'im pos ta zio ne bordighiana. To gliatti offre un terreno di manovra, di trattativa, di
dibattito con l'Inter nazionale che non sia quello della negativa assoluta, e richiama al tempo
stesso una funzione storica del PCI che è quella di sperimen t a re una ca pacità egemonica nel
moviment o operaio italiano. Nonostan t e il proces so sia appena all'inizio e debba trovare nello
stesso Togliatti, durante il suo sviluppo, esitazioni e resisten z e fortissime, si può situare a questa
data la sua prima estrinseca zione.
Si deve a questa sua « sortita » (asseconda t a nel Comitato centrale da Gennari e Marabini) se
Togliatti non farà parte della delegazione italia na a Mosca? Egli lo afferm erà, nei suoi ricordi,
raccolti trent'a nni dopo. Dai docume n ti dell'epoca non tras pare alcun contras to che si esprim a in
un voto. Alla fine dei lavori del Comitato centrale viene approvato al l'unani mità un ordine del
giorno in cui si affida alla delegazione italiana per l'immine nt e IV congres so dell'Interna zi on ale
comunist a il compito ##
1 Dal verbale citato (APC, 1922, 104 / 4 0 - 41).
2 In Conversa n do con Togliatti cit., pp. 107 - 8, gli autori, sottolineata la differen zia zione tra
l'editoriale di Togliatti del ; ottobre e quello di Bordiga del 7, richiama n o la discus sione nel Comi
tato centrale, A questo punto accenna no al fatto che «una mozione di Togliatti e Marabini, di fidu
cia nella politica e nelle propos te dell'Interna zio nale comunis ta, fu approvat a a maggioran z a». Di
ciò non è traccia nel verbale della sessione. La rievocazione dell'episodio così continua: «Natural
mente, Bordiga ripose la mozione nel casset to e dalla lista dei delegati al IV Congresso il nome di
Togliatti venne depen na t o». Dal verbale risulta che la mozione conclusiva (cui accenniam o più
avan ti) è approvata all'unani mità e che subito dopo «Terracini da comunica zione dei nomi dei
compagni che costituiscono la delegazione italiana ai congressi politico, sindacale, giovanile,
cooperativistico di Mosca» (APC, 1922, 104 / 4 2). In ogni caso, è non meno import a nt e ciò che
Togliatti richiamerà nel la sua relazione al Convegno dei segretari di federazione del 1924, che
«una prima separa zione» nel vecchio gruppo dirigente si manifesta appun t o nella riunione del
Comitato centrale italiano che pre cede il IV congress o dell'Interna zionale comunista (cfr. «Lo
Stato operaio», a. n, n. 18, 29 apri le 1924).
228
Capitolo quindicesim o
di difendere la posizione del PCI, e si stabilisce che, laddove il congres so interna zionale debba
decidere altrimenti, si convochi un congress o stra ordinario del partito italiano l.
La delegazione che si appres ta nella seconda metà d'ottobre a partire per Mosca è numerosissi m a,
compren d e n d o anche i delegati alle assise del Profintern, della Federazione giovanile mondiale, del
moviment o cooperativo, concomita nti al IV congres so. È rappre se nt a t a adeguata mente la
minoran z a del PCI tanto che si può dire che il « quadro » più respons a bile del partito è investito,
nel suo insieme, del problem a del dissidio con l'Interna zionale comunis ta. Partono anche i delegati
del PSI. Sono, questi, tutti concordi? Romita, l'ingegnere torinese che è no to per le sue posizioni
moderate, ha un orienta m e n t o diverso da quello di Maffi, il popolare « medico dei poveri » ligure,
del deput at o Veneto Tonetti e dell'avvocato Garruccio, e poco entusias ta della fusione in
condizionat a è anche Serrati. Del resto, sin dal 12 ottobre, il nuovo re dattore capo dell'«Avanti! »,
Pietro Nenni, che proviene dalle file re pubblicane, ed è stato corrispon d e n t e del giornale socialista
da Parigi pri ma che Serrati lo chiami al suo fianco a Milano, mostra di condividere le riserve di
Velia. Se Velia in congres so aveva espres s o il suo scetticis mo sulla fusione, Nenni, all'asse m blea
della sezione socialista milanese, ag giunge che il problema non è ancora maturo, che bisogna
intanto stu diare le tesi dell'Interna zio nale, « abituarsi al suo metodo critico, infor marsi dei
problemi concreti »2.
Si prepara n o le condizioni per un nuovo scontro. Dei comunis ti par tono, chi con un passa por t o
regolare e chi no, Bordiga con la moglie Or tensia De Meo, Tresso, Carretto, Azzario, D'Onofrio,
Germanet t o, Ca milla Ravera, Bombacci, Longo, Peluso, Tasca, Natangelo, Arcuno, Vo ta, Lunedei,
Scoccimarro, Marabini, Gennari, Giulianini, Graziadei, Pre sutti, Gorelli e il polacco - russo «
italianiz z a t o » Chiarini. L'assise inter nazionale si deve aprire il 5 novembre.
Mentre i delegati italiani intrapre n d o n o il lungo viaggio ( tappa obbli gata: Berlino) in Italia succede
quel che si sa: la marcia su Roma. È da mesi che Mussolini si pone il problema della conquis ta del
potere. Il debole e accomod a n t e governo Facta non impedisce certo la prepara zio - ##
1 APC, /022, 104 / 4 2. Quali siano ancora lo stato d'animo e gli intendi m e n ti prevalenti dei di
rigenti italiani è rivelato da una lettera che l'Esecutivo del PCI invia l'8 ottobre ad Ambrogi e
Gramsci: «A Mosca sosterre m o la tesi della non fusione con i socialisti, dopo il IV Congress o si
convocherà un congresso straor dinario del PCI e noi rassegnere m o i nostri manda ti. Ci
consideria mo politicame nt e squalificati e non crediam o possibile dì restare a dirigere il partito per
le sole attitu dini tecniche quando l'Interna zionale opina che non siamo all'altez z a di fare una
politica comuni sta. D'altron de noi non condividiam o, e lo diremo a Mosca, la politica generale
dell'Interna zio nale» (APC, 1922, 104 / 4 0).
2 «Avanti!», 12 ottobre 1922.
La scissione socialista dell'ottobre 1922 229
ne dell'impres a ma bisogna fare presto, prima che una nuova crisi riporti magari al governo
Giolitti. La disorganiz z a zi o ne e l'abbatti me n t o esi stenti nel moviment o operaio creano anch'es si le
condizioni migliori per il colpo di Stato. La collabora zione con la borghesia liberale che Treves
ancora cercava come salvez za dalla reazione si rivela impossibile. Il ri formis m o è tradito dalla sua
fiducia tenace nella vecchia prospet tiva di questa alleanza. La borghesia può, e vuole, farne a
meno.
La situazione generale dell'ottobre 1922 è assai più a destra di quella dell'agost o. Si può persino
afferm are che non esista più una « sinistra » borghese. Giolitti è tutt'altro che avverso a un
esperime nt o di governo diretto dai fascisti, che considera inevitabile. Per parte sua egli rifiuta
numeros e sollecitazioni ad assum ere le redini del governo: non vuole esporsi ad uno smacco.
Mussolini prepara ed attua in segreto il colpo di Stato, pur chieden do da Napoli, il 24 ottobre, una
sem plice presen z a dei fascisti (cinque ministeri) nel gabinett o che dovrebbe sostituire il vacil lante
governo Facta.
Il tragico è - ha scritto Gabriele De Rosa - che né Facta né Giolitti né i loro amici o collaboratori
pensano mai, nem m e no lontana m e n t e, a resistere al fascism o. Sono già dei rassegna ti, dei vinti,
che hanno nelle mani solo un lungo mestiere di ministerialis mo clientelare, senza più l'ombra di
quella forza e di quel prestigio po litico che fu patrimo nio del giolittism o nel primo decennio del
secolo '.
Il direttore del « Corriere della Sera » Albertini e il senatore Conti, uno dei più autorevoli espone nti
della Confindus t ria, telegraferan n o per sino a Facta per pregarlo di chiedere al re di affidare a
Mussolini la for mazione del ministero2. Il Vaticano tiene un atteggiam e nt o più che be nevolo,
incoraggiante. Nel PPI i deputa ti spingono la direzione rilut tante a una condott a collabora zionista
verso Mussolini per « il ritorno all'ordine della pace interna ». Alle adesioni, connivenze, calcoli
oppor tunistici della classe dirigente, corrispon de la debolez z a del fronte ope raio, battut o e
diviso. La scissione socialista non apre la strada a un'al leanza colla sinistra borghese che si è
sfaldata, e la CGL è ormai ridotta a civettare nuova me nt e con D'Annun zio e ad accent ua re fino alla
com plicità con il fascismo la sua « neutralità » dalle contese politiche.
I comunisti, nelle loro posizioni pubbliche, in ottobre, continua no ad insistere sul connubio
fascis mo - democra zia, sull'inserim e nt o del primo ##
1 Storia del partito popolare cit., p. 293.
2 Cfr. sull'episodio i particolari forniti da pierò melograni, Confindus t ria e Fascismo tra il 1919 e
il 1925, in «Il nuovo Osservatore», a. vi, n. 44- 45, novembre - dicembre 1965.
3 Cfr. un giudizio di Gramsci sulla scissione, secondo cui, sostan zial me n t e, essa renderebbe inu
tilizzabile una collaborazione dei socialisti da parte di una democra zia borghese che voleva
piuttos t o «catturare la maggioran z a della classe operaia organiz za t a». Dalla relazione Il significato
e i risultati del III Congres so del PCd'I, «L'Unità», 24 febbraio 1926.
230
Capitolo quindicesim o
nella « tradizione politica giolittiana » '. Nella relazione al IV congres so dell'Interna zi on ale
comunist a (più volte qui ricordat a: la sua stesura si situa intorno alla metà di ottobre), pur
escluden d o violenti sovverti menti di regime, il quadro che si offre è più ricco e concreto: si
prevede per novembre la crisi del governo Facta, si aggiunge che solo un mini stero di destra potrà
afferrare le redini dello Stato. Non ci si nasconde un rincrudi me n t o reazionario, ma si torna a
ribadire:
Il fascismo arriverà al potere e apport erà solo questo rinnovam e n t o: che, men tre gli attuali
governa nti pseudo - liberali aiutano e appoggiano la reazione, il prossi mo governo fascista
eserciterà esso stesso diretta m e n t e la reazione senza l'interpo sizione di organiz z a zi oni
irrespo ns a bili e mercenarie2.
Bordiga aggiungerà l'anno dopo che il PCd'I sapeva che esso non era in grado di mutare il proces so
ormai in atto:
Il Partito riteneva assai più probabile il compro m e s s o incruent o tra il fascismo e le forze statali
che lo scoppio del conflitto armato. Non solo nella prima ipotesi ma altresì nella seconda i
comunisti non ritenevano, soprat t u t t o dato l'atteggiame n to degli altri partiti proletari, di potere
avere un'influen z a autono m a sul corso degli avvenimen ti: quindi si dava ordine alle nostre forze
di non assu me re alcuna inizia tiva e di agire solo nel caso di attacchi e provocazioni dirette contro
il proletariato e i suoi istituti3.
La posizione dei massim alisti non è stata diversa. E ciò è un altro sintom o di una imprepa ra zi one
comune, che spiega l'atteggiame nt o di tutta la sinistra operaia. L'« Avanti! » ha scritto infatti:
Supponen d o nello Stato, per ragioni non fossero che tradizionaliste, un minimo di capacità a
resistere, nel caso di sovrappo si zione violenta del fascismo, non abbia mo mai credut o e non
crediam o alla marcia su Roma. Abbiamo invece previsto e prevedia mo tra il fascismo e le vecchie
forze conservat rici e liberali, il compro m e s s o che è nell'ordine logico delle cose, nello svolgiment o
naturale degli avvenimenti4.
Può servire, dunque, come giudizio complessivo sull'atteggiame n t o della sinistra proletaria
italiana dinanzi al fascismo ciò che scriverà in proposito Lev Trockij :
Il Partito comunis t a non si rendeva conto della portat a del pericolo fascista, si pasceva di illusioni
rivoluzionarie... Si raffigurava il fascism o solo come «reazione ca- ##
1 Un editoriale non firmato, dal titolo Stato fascista? («L'Ordine nuovo», 3 ottobre 1922), af ferma:
«Le prospet tive dei prossi mi sviluppi della situazione politica italiana lasciano prevedere che il
fascis mo, malgrado le sue smargiass ate retoriche, si inserirà come elemento integrante nel gioco
delle forze politiche tradizionali, e si acconte nt erà in sostan za della funzione di puntello del
vecchio edificio, Mussolini sembra si sia deciso per il corno legalitario. Democratici e fascisti si
dividerann o il bottino e la tradizione politica giolittiana avrà realizza t o un nuovo trionfo».
2 Dalla Relazione cit. al IV congress o dell'Interna zio nale comunis ta.
3 amadeo bordiga, 11 processo ai comunis ti e gli altri, «Lo Stato operaio», a. 1, n. n, 8 novem bre
1923.
4 Editoriale anoni mo, Un conflitto che non ci sarà, 15- 16 ottobre 1922.
La scissione socialista dell'ottobre 1922 231
pitalistica». I tratti particolari del fascismo, deter mina ti dalla mobilitazione della piccola borghesia
contro il proletariato, il Partito comunis ta non li discerneva. Se condo le inform a zioni degli amici
italiani, eccettuat o Gramsci, il Partito comunist a non ammet teva neppu re la possibilità della presa
del potere da parte dei fascisti. Poiché la rivoluzione proletaria ha subito un insuccesso; poiché il
capitalism o ave va saputo resistere e la controrivoluzione aveva vinto, quale colpo di Stato contro
rivoluzionario poteva ancora aver luogo? Era pur sempre impossibile che la bor ghesia insorges se
contro se stessa! Questo fu, essen zial me n t e, l'orienta m e n t o poli tico del Partito comunist a italiano.
Non bisogna dimenticare però che il fascis mo italiano non era allora che un fenome no nuovo, in
via di forma zio ne: sarebbe stato difficile anche per un partito sperimen t a t o definirne i tratti
specifici. ##
1 lev trockij, E ora? (1931), in Scritti, Torino 1962, pp. 346 - 47.
Capitolo sedicesimo
La marcia su Roma vista da Mosca
È superfluo ripercorrere qui le ultime tappe che porta no all'avvento di Mussolini. L'arrivo in
vagone letto del nuovo president e del Consiglio designato, da Milano, il 30 ottobre, è la
conclusione legale di pressioni, cedimenti, connivenze che sono ben note, dalla marcia su Roma
delle colonne fasciste - la cui minaccia grava da tem po ' - alla mancata firma da parte del re del
decreto di stato d'assedio sottopo s t ogli da Facta, dal fiancheggiame n t o della casta militare al
favore, più o meno scettico, con cui la soluzione è accolta dalla maggioran z a dei gruppi dirigenti
borghe si, politici ed economici.
La resisten za che oppone il moviment o operaio è pura m e n t e simbo lica. Nenni ha ricordat o che «
tutti in Italia erano concordi a non pren dere il fascismo sul serio »; il 25 ottobre, mentre era reso
noto il propo sito dei fascisti riuniti a congres so a Napoli di calare sulla capitale, la di rezione del
PSI si trovava riunita a Milano per coordinare l'invio della delegazione socialista a Mosca e nessu no
dei presenti valutò come reale la minaccia contenu t a in quel proposito. « L'indoma ni la
delegazione, con alla testa Serrati, prendeva il treno per Mosca, con l'assolut a certez za che non
sarebbe successo nulla »2.
Dei maggiori dirigenti comunis ti sono presenti in Italia Togliatti, Grieco, Terracini, Fortichiari e
Repossi. Il partito, quando pare certa la proclama zio ne dello stato d'asse dio, lancia un appello allo
sciopero ge nerale ', attraverso il suo comitato sindacale, ma la CGL parla di provo cazione
comunist a e giunge sino a dichiarare:
La CGL sente il preciso dovere, nel mome nt o in cui la passione politica divam pa e due forze
estranee ai sindacati operai si contend o n o estrem a m e n t e il posses s o ##
1 Un particolare interess a nt e è reso noto dal questore di Roma al ministero dell'Interno, in un
rappor to del 30 settem bre 1922: che «i maggiori esponen ti della tenden z a di sinistra» della
sezione romana del PPI, radunatisi il giorno prima presso la CIL, hanno raccolto una voce secondo
la quale « il 28 ottobre dovrebbe effettua r si un grande concentra m e n t o di fascisti allo scopo di
occupare mili tarmen t e la Capitale». Il questore, riferendo la voce, assicura che non risulta
conferm a t a, anzi deve «ritenersi insus sis ten t e»... (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 192), C.
2, b. 36).
2 Pietro nenni, Vent'annì di fascism o, Milano 1964, p. 105. La conferm a di questa convinzione si
ha dall'« Avanti! » del 28 ottobre. Il corrispon de n t e romano del giornale dava il 27 per più proba
bile un ministero Giolitti, la mattina; un ministero Salandra la sera.
3 «L'Ordine nuovo», 29 ottobre 1922.
La marcia su Roma vista da Mosca 233
del potere statale, di mettere in guardia i lavoratori dalle speculazioni di partiti o di
raggrup p a m e n ti politici intenziona ti a coinvolgere il proletariato in una contesa dalla quale deve
assoluta m e n t e rimanere appartat o per non compro m e t t e re la sua indipen de n z a '.
Si sa che Mussolini, attraverso Acerbo, ha sollecitato l'ingress o di uno dei dirigenti della CGL,
Baldesi, nella lista dei suoi ministri, che Baldesi ha accettato, e che soltanto il veto delle destre
politiche fa fallire la manovra2. L'offerta ministeriale illumina l'atteggiam en t o della Con
federa zione. Mentre soltanto qualche gruppo proletario (come a Roma, nel quartiere di San
Lorenzo, e a Parma3) tenta una disperat a resisten z a, gli organi di stam pa dell'opposizione
antifascista sono oggetto di varie misure repressive o squadristiche. « La Voce repubblicana » è
occupat a dalla polizia, l’« Avanti! » a Milano è invaso dai fascisti: lo stabile di via Settala è non solo
saccheggiato, ma messo a fuoco e distrutt o (il giornale riprenderà le pubblicazioni altrove alla
metà di novembre). Anche « Il Lavoratore » a Trieste e « L'Ordine nuovo » a Torino sono sospesi
d'au torità il 29 ottobre: qui è la polizia ad aprire le porte al saccheggio fa scista 4.
A Roma, « Il Comunist a» è invaso, il pomeriggio del 28 ottobre, da squadris ti armati che penetra n o
nella tipografia di via della Guardiola. Togliatti è sorpres o al suo tavolo di lavoro. E riesce
fortuno s a m e n t e a scam pare alla « esecuzione » da parte di un plotone di camicie nere, fug gendo
dalla tipografia per i tetti. Bordiga racconterà l'episodio dalla tribuna del IV congresso
dell'Interna zio nale comunista facendo applau dire il redattore - capo del « Comunist a » da tutta
l'assem blea.
Togliatti è nel suo ufficio. I fascisti entrano e si impadr oniscono di lui. Il nostro compagno ha un
atteggiame nt o verament e eroico; valorosa me n t e dichiara di essere il redat tore - capo: viene messo
al muro per essere fucilato, mentre i fascisti fanno indietreggiare la folla per procedere
all'esecu zione. Il nostro compagno non ha po - ##
1 Cfr. il testo sulla «Stampa», 31 ottobre 1922.
2 Cfr. la docum e n t a zio ne che offre angelo tasca, Nascila e avvento del fascis mo cit., p. 477 e nota
309 a p. 533.
3 A Parma, della cui resisten z a è animatore il deput a to socialista Guido Picelli (che entrerà nel
1924 nel PCI), non si scioglie il «Comitato di difesa proletaria» che tenta anzi di intessere le fila di
un'organi z z a zi one nazionale militare antifascista anche dopo la marcia su Roma. Ne fa fede una
cir colare del Picelli, da Parma, in data 19 dicembre in cui si preann u ncia un «convegno nazionale
se greto». Copia della circolare in ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, C. 2, b. 36.
4 Cfr. la testim onian z a di Mario Montagnana, all'epoca redattore dell'«Ordine nuovo»; nei suoi
Ricordi di un operaio torinese cit., pp. 219 - 20.
5 Giovanni Giardina, amministra to re prima dell'*Ordine nuovo», quindi del «Comunista» ha
rievocato la circosta n z a in Ricordi dell'Ordine Nuovo, «Il Ponte», a. xxi, n. io, ottobre 1965, pp.
1305 - 6, renden do omaggio «al sangue freddo e alla coerenz a di un uomo il cui comport a m e n t o,
non essendo dovuto certam en t e a sciocco ottimis m o, conferm ava che la sua personalità dava
garanzia di un grado elevato di resisten z a morale».
234
Capitolo sedicesimo
tuto sfuggirvi se non perché i fascisti si diedero a cercare di prendere gli altri redat tori che
scappava no per i tetti '.
L'andam e n t o della crisi politica di fine ottobre, la forma zione di un governo di coalizione in cui
entrano, sotto la presiden z a del capo dei fa scisti, i democratici - sociali (Di Cesare), i popolari
(Tangorra al Tesoro e Cavazzo ni al Lavoro), i giolittiani (Teofilo Rossi), i nazionalisti (Feder zoni e
Giuriati), i salandrini (De Capitani) oltre al filosofo Giovanni Gentile, al maresciallo Diaz e al « Duca
del mare » Thaon di Revel, po trebbe suonare confer ma al giudizio comunista, che esclude il
carattere di colpo di Stato e accentua l'element o di compro m e s s o istituzionale, in effetti ora
domina nt e2. Anche i massimalisti hanno espres s o esatta me n t e
lo stesso parere. Il PCd'I è pronto a « sprofon da re nell'illegalità ». (I so cialisti non si pongono né si
porran no più tardi il problem a). Una circo lare dell'Esecutivo comunist a, a tutte le federazioni, ha
il tono solenne dell'ora grave:
Vedrem o forse allontana rsi da noi taluni e passare al nemico. Subiremo forme assai dure di
persecuzioni. Siamo ben prepara ti a subire le vicende della lotta. At tendiam o la reazione legale
con serenità... I fedeli si sperime nt a n o oggi3.
Togliatti si affretta ad inviare un rappor to ai compagni che ormai so no a Mosca, e che ha lo scopo
di completare la Relazione prepara ta dal l'Esecutivo alla metà d'ottobre con un ragguaglio sugli
ultimi avveni menti. Le note di Togliatti (forse della seconda settima na di novembre) riferiscono
ampiam e n te sul decorso della crisi e pongono l'accento su tre elementi: 1 ) la continuità del
processo involutivo coll'identificazione del fascis mo nello Stato borghese senza che si scalfisca «
alcuno dei tradizio nali pregiudi zi democratici»4; 2) la compat te z z a most ra t a dal partito e
il prestigio acquistat o nella avanguar dia operaia, in contra p p o s t o allo sfaldam e n t o del PSI e alla
capitolazione della CGL; 3) la necessità di ##
1 Dal resocont o stenografico del rapport o presenta t o da Amadeo Bordiga sul fascis mo, il 16 no
vembre, in «Bulletin du IV Congrès de l'Interna tionale Comm u nis te», Moscou, n. 12, 22 novem bre
1922. Cfr. anche l'episodio in Marcella e Maurizio Ferrara, Conversa n do con Togliatti cit., pp. 108 9.
2 Un manifesto del PCI del 28 ottobre («L'Ordine nuovo» del 29, cit.) riafferm a l'equivalenza di
una soluzione fascista e di una soluzione democratica. Su «Rassegna comunista», al fascicolo che
porta la data del 31 ottobre 1922, si ribadisce: «Neghiamo all'avvento ogni carattere rivoluzionario
e ogni parvenz a anche lontana di colpo di stato... Un colpo di stato abbatte un ceto dirigente e
muta le leggi fondam e n t ali di uno stato; fino ad oggi la vittoria fascista ha rinnovato un
gabinetto».
3 La circolare, in data 1° novembre 1922 in APC, 1922, 106 / 4 8.
4 Le note, costituite da 7 fogli, di cui sei dattiloscritti e uno manoscritto, non recano data, e hanno
la seguente intesta zione: Suppleme n t o al rapport o del PCI al IV Congress o dell'I. C. Per quant o non
firmato, questo «supple m e n t o» è da attribuirsi a Togliatti, sia per le correzioni a penna alle prime
6 cartelle sia per la cartella 7, manoscrit ta, in cui è riconoscibilissima la sua calligrafia. Al l'inizio
delle note si afferma appun t o che esse intendo no completare la Relazione citata « che si arre sta
alla metà di ottobre» (APC, 1922, 87/ 11 0 - 16).
1
La marcia su Roma vista da Mosca 235
consolidare la organiz z a zi one illegale, non poten do escludersi nuovi col pi del nemico'.
In realtà, questi colpi verranno alla fine del 1922 e nei primi mesi del 1923 e saranno durissimi.
L'organiz za zi one legale del partito (le se zioni e le federazioni) ne sarà completa m e n t e som m er s a.
Anche nel PCI si manifestera n n o abbando ni e diserzioni. Né pare efficiente, subito, l'ap parato «
illegale » sottopo s t o alla direzione di Fortichiari. Vi è però una brillante manifesta zione di risposta
cospirativa che viene da Torino, do ve il quotidiano comunis ta riprende le pubblicazioni alla
macchia. La vi cenda dell'« Ordine nuovo » clandestino è un breve capitolo, eroico, tan to più
importa n te in quanto è l'unica voce del partito che risuoni in no vembre e dicembre (« Il
Comunis ta », la cui sede è stata devastata, non riprende più ad uscire; « Il Lavoratore » risorgerà a
Trieste, ma più tar di). « L'Ordine nuovo » è stato chiuso dalle autorità di Pubblica Sicu rezza (ora
diretta dal « quadru m viro » generale De Bono, che succede al Vigliani) con la motivazione che nella
sua sede la polizia ha rinvenut o alcune armi2 (ma non ha trovato la bomba che — era voce
corrente — do veva far saltare in aria l'edificio in caso di assalto fascista: essa era stata tolta da
tem po). « L'Ordine nuovo » viene prima stam pa t o con un pro cediment o zincografico, poi « tirato »
a macchina piana, in un sottoscala della Cooperativa dei sarti, quindi in un laboratorio di linotipia.
Viene diffuso nelle officine ma si riesce anche a venderlo nelle edicole; i riven ditori lo danno
sottoba nco ai vecchi lettori '. Secondo la testim onian z a di un comunist a torinese, Giovanni Casale,
accadde addirittur a che
noi continuava m o a mandare il giornale nelle edicole come se si trattas s e di cosa perfetta m e n t e
norm ale, e la maggior parte dei rivenditori, a parte la diversa veste tipografica e il diverso formato,
non si accorsero che si trattava di un giornale stam pato alla macchia, anche se natural m e n t e
usavano qualche precauzione nel ven - ##
1 Su questa linea si diffondo no anche due circolati a firma Grieco del 12 novembre (APC, 1922,
104 / 5 0 - 52) che raccoma n d a n o di evitare ogni convocazione pubblica di assem blee e di adottare
l'or ganizz a zi one illegale sulla base del sistem a del raggrup p a m e n t o (di io compagni al massim o),
di pre parare i recapiti illegali delle federazioni, da cambiare mensilment e, pur continua n d o «ad
afferrare ogni brandello di libertà, senza scrupoli». I comunisti vengono anche diffidati dal
prende re contatt o coi massimalisti. «Ogni voce fusionistica tra PSI e PCI deve ritenersi
tende n zios a»!
2 La senten z a di rinvio a giudizio del redatt ore - capo Alfonso Leonetti, dei redat tori Umberto
Calosso, Angelo Pastore (fratello di Ottavio), del disegnat ore Pietro Ciuffo, dell'am mi nist r at o re
Gennaro Gramsci (il fratello maggiore di Antonio) per deten zione abusiva di armi ed esplosivi enu
mera un quantitativo esiguo di armi (2 pistole e 17 rivoltelle), 31 bombe a mano e 250 gram mi di
miscela esplosiva. Il process o che ha luogo il 3 aprile 1923 presso il Tribunale di Torino si
conclude con l'assoluzione degli imput ati. Su tutta questa vicenda cfr. un dettagliato esame di A.
dal pont, a. leonetti, m. massara, Giornali fuori legge, Roma 1964, pp. 45- 69.
' Dalla ricostr u zio ne storica citata sopra si ricavano numerosi particolari interess a nti. Pia Care na,
steno - redatt rice del giornale, componeva grandi colonne di carta, scritte a macchina poi impagi
nate con colla e pennello. I fogli, in formato quotidiano erano portati, divisi in quattro parti, a zin
cografi diversi « perché non potes ser o render si precisam e n t e conto dei rischi che correvano
riducen do quei grandi fogli in clicbés di dimensioni più piccole». I primi tre numeri clandes tini del
giornale Portano la data del 4, del 6 e dell'8 novem bre.
236
Capitolo sedicesimo
derlo. Il bello è che, anche per questo fatto, in un primo tempo la stessa polizia e i fascisti non
intralciavano le vendite. Essi erano così convinti che il giornale avesse cessato le pubblicazioni con
l'occupa zione della tipografia che dappri ma non si cura rono di fare altre verifiche. A quell'epoca
era infatti sem pliceme nt e assurdo pensare che un giornale potesse uscire in altro modo che
legalmente '.
I comunisti torinesi non rinunciano neppur e a tenere alcune riunioni. Togliatti, giunto a Torino,
comm e m o r a, il 4 novembre, l'anniversario della rivoluzione d'ottobre in una Casa del popolo di un
quartiere popo lare, alla presenz a di alcuni deputati socialisti, tra cui Vincenzo Pagella, mentre
squadre armate comunis te proteggono la folla degli ascoltatori;. Il 18 novembre, in una località
della periferia torinese, vi è una nuova, singolarissim a, manifesta zione di cui da conto un numero
dell'« Ordine nuovo » clandes tino. È in progra m m a la consegna dei « gagliardet ti di combatti m e n t o
» alle squadre comunist e d'azione.
Oltre 800 compagni, forman ti due battaglioni, erano schierati su tre file, agli ordini dei rispettivi
coman da n ti. Quattro più quattro compagnie di 100 uomini, in titolate a Leo Trotzky, M. Facta; C.
Liebknecht, V. Todeschini, Isidoro Provera, G. Miglioretti, C. Bretto e Rosa Luxemburg. Il
gagliardett o è rosso, e la stella a cinque punte che adorna l'asta simboleggia il futuro esercito
rosso.
Dopo la consegna dei gagliardet ti, accolta « da un triplice hurrà de gli squadristi », pronu ncia
alcune parole un dirigente (forse lo stesso Togliatti) che dice tra l'altro:
Agli operai è proibito oggi sventolare le loro bandiere. Essi devono nascon derle, sottrarle quasi, in
attesa di giorni migliori, che indubbia me n t e verranno. Nel la storia delle rivoluzioni passate e nello
stesso Risorgiment o esistono episodi ana loghi. Nel 1815, dopo il crollo dell'Impero napoleonico,
un veterano delle campa gne di Napoleone I, nascose il tricolore che doveva poi nuovame n t e
sventolare nel 1848. Nel Cadore, per impedire la caduta dell'ultima bandiera italiana in mano agli
austriaci, essa venne divisa e nascosta addoss o a parecchie donne patriote; gli stessi brani di
bandiere qualche anno dopo servivano a dare il segnale della ripresa della lotta contro lo straniero.
I comunisti fanno oggi lo stesso. Sotterrano simbolicame n te la bandiera rossa per agitarla dinanzi
alle masse operaie il giorno della riscossa 3.
L'immagine è tradott a da Umberto Terracini in uno slogan bordi ghiano che avrà largo corso:
Rosso contro tricolore. La rivoluzione, ##
1 Giornali fuori legge cit., p. 53.
2 Ne da notizia lo stesso Togliatti nel «supple m e n t o» del rapport o inviato a Mosca, citato: «È
accaduto, ad esem pio, a Torino, che l'accanito anticom u ni st a, deputa t o massimalista Pagella,
invitato da un gruppo di comunis ti a parlare in un comizio indetto dai comunis ti e al quale egli
assisteva ha chiesto, piangen do, di essere ammes s o a fare parte delle squadre comunis te che
avevano attraversat o la città e in quel momen t o difendevano da possibili attacchi fascisti la folla
adunat a a comizio». L'e pisodio serve al relatore per ribadire che nella situa zione italiana «anche i
capi dello sfasciato Partito Massimalista non possono chiedere al Partito comunis ta che posizione
di semplici gregari».
3 «L'Ordine nuovo», a. 11, n. 314, 21 novembre 1922.
4 Dall'articolo La classe ouvrière italienne et Vaggressioni fasciste, in «La Correspo n d a n ce inter
nationale», a. 11, n. 90, 23 novem bre 1922.
La marcia su Roma vista da Mosca 237
contro tutti i «partiti nazionali». Che questi facciano unanim e m e n t e buon viso al fascismo è
indubbio. Dopo che Mussolini si è present a t o all'Assem blea con un discors o che ha rivendicato i
diritti del colpo di Stato e non si è peritato di affermare:
Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo spranga re il Parlament o e
costituire un governo esclusivame n t e di fascisti. Potevo; ma non ho, almeno in questo primo
tem po, voluto '
tutta l'area « democratica » crede, o finge di credere, alla normaliz z a zi o ne o è dispos ta ad
accettarla passivame n t e. Votano per Mussolini 306 deput ati (tra cui Bonomi, Giolitti, De Gasperi,
Meda, Salandra, Orlan do), contro 116 (i rapprese nt a n ti del moviment o operaio). Ma tra gli «
oppositori » vi è anche chi, come il segretario generale della CGL, D'Aragona, ribadisce che la
Confedera zione vuole essere indipen de n t e da ogni partito: una distinzione cui Mussolini plaude
calorosa m e n t e nel la sua replica. Turati rileva, in un efficace discorso, l'offesa al Parlamen to.
Quanto ai comunis ti, il deput at o Rabez za na di Torino legge una di chiarazione (l'unica presa di
posizione pubblica del partito ridotto al silenzio per la soppre s sione dei suoi organi quotidiani di
stam pa) che è l'esatto riscont ro del discorso clandes tino prima citato:
Il fondersi di tutti i partiti borghesi intorno al fascism o è una confer m a del l'esatte z z a della critica
nostra. Il fascism o al governo dimost r a assai meglio di cento e cento conferen z e nostre che
un'epoca rivoluziona ria si è aperta. La morte della democra zia coincide con l'agonia della classe
domina nt e. Che cosa chiede il prole tariato al nuovo governo? Nulla. Ci darete poca o molta
libertà? Noi ci serviremo di quella libertà che ci darete. Le briciole di libertà saranno per un'ora e le
impie gherem o in modo redditizio. Voi fascisti siete i continuat ori ed eredi legittimi di tutta la
tradizione politica della borghesia italiana 2.
A Mosca intant o si è aperto il IV congress o dell'Interna zion ale co munista. Gli avvenime nti italiani
sono seguiti con grande interes se e at tenzione dai delegati. Del fascis mo il congres so si occupa in
due relazio ni, l'una di Radek, dedicata all'offensiva del capitalism o in Europa, l'al tra di Bordiga
sull'avvento di Mussolini al potere. Ne parla anche Lenin nel breve discors o che pronuncia alla
tribuna. Lenin è malato, è già stato colpito dal primo attacco e le sue condizioni si aggraverann o
presto. Egli ha ricevuto nel suo studio Amadeo Bordiga e Camilla Ravera, appena giunti dall'Italia.
Dal ricordo di Camilla Ravera si hanno queste note, che, dopo aver ricordat o come Bordiga
minimiz z a s s e il carattere di « no- ##
1 Si vedano le pagine di circostan zi at a descrizione del dibattito parlame nt ar e che vi hanno dedi
cato luigi Salvatorelli e Giovanni mira nella loro Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 19.56,
Pp. 229 - 37.
«L'Ordine nuovo», 21 novembre 1922.
238
Capitolo sedicesimo
vita » della presa del potere da parte dei fascisti, così proseguo no, su Lenin:
Egli ci venne incontro sorriden d o, salutan doci in italiano e continua n d o poi il discors o in
francese... Bordiga gli disse che eravam o stati in ansia e preoccupa zio ne per la sua salute. «Sto
bene - disse subito - debbo però obbedire a tiranniche pre scrizioni dei medici: per non
riam m alar mi... » Lenin espress e a Bordiga il desiderio di sentire qualche notizia diretta e qualche
opinione - non sulla questione dei rap porti con il Partito socialista di cui si sarebbe discuss o
nell'apposita commissione ma sui nuovi avvenimenti d'Italia. Bordiga espose i fatti e ripetè i
giudizi e le opi nioni già espress e con noi. Lenin ascoltava serio e - mi pareva - un po' stupito. Ad
un tratto chiese che cosa pensas ser o di quegli avvenimenti gli operai, i contadini, la gente del
popolo. Bordiga rimase un momen t o interdet t o; poi accennò alle battaglie valorose sostenu te dagli
operai contro i fascisti in molte città d'Italia. « Bene », disse Lenin; e come risponde n d o al
precedent e discorso di Bordiga aggiunse: « avrete un periodo di lavoro difficile e di lotta dura». Ma
il colloquio fu interrot t o... '.
Lenin non nascon derà nella sua relazione al IV congres so, accentrata sullo sviluppo della
rivoluzione in Russia, né la perplessità né il ram m a rico già adom bra ti nel breve incontro con
Bordiga. Sono, le sue, parole che si compren d o n o bene se inquadr a te nel contras t o generale dell'In
terna zionale comunista con la politica del PCd'I. Lenin dice:
I compagni stranieri debbono digerire un buon pezz o di esperien za russa. Come questo avverrà,
non lo so. Forse i fascisti in Italia, per esem pio, ci rendera n n o dei grandi servigi, mostra n d o agli
italiani che non sono ancora abbast an z a istruiti, che il loro paese non è ancora garantito contro i
cento neri.
Il IV congress o dell'Interna zionale comunist a registra la ritirata ge nerale del moviment o
rivoluzionario in Europa e il successo della con troffensiva reazionaria, che si è sviluppa t a dalla
Spagna alla Polonia, dal l'Italia alla Germania, dalla Cecoslovacchia ai paesi balcanici. Ai fattori
negativi si contrap p o ng o n o il consolida m e n t o interno della Russia sovie tica, la ripresa economica
avviata dalla NEP, l'uscita dall'isolame nt o in politica estera (con la partecipa zione alla conferen z a
di Genova e più an cora con l'intesa raggiunta a Rapallo con la Germania). Le discussioni sul
fascis mo sono appena all'inizio, variament e abboz z a t e. Il dato di par tenza è comune: un successo
della controrivoluzione che ha prevenut o la rivoluzione. L'espres sione, ad esem pio, è usata da
Trockij che osserva come la borghesia italiana abbia ceduto il potere a Mussolini « che rap
present a l'organiz z a zio ne e l'unione di tutte le forze controrivoluziona - ##
1 La testimo nian z a scritta di Camilla Ravera è stata stesa, sulla base dei suoi ricordi personali, nel
1964 (Archivio Leonetti).
2 Dalla relazione letta il 13 novem bre 1922 su Cinque anni di rivoluzione russa e le prospet tive
della rivoluzione mondiale, in lenin, Opere scelte, voi. II, Mosca 1948, pp. 7- 89- 98. Il richiam o ai
«cento neri » è volto a ricordare il successo reazionario ottenut o dai proprietari terrieri della
vecchia Russia feudale.
La marcia su Roma vista da Mosca 239
rie con in più certe forze che si possono ancora guadagna re alla rivolu zione » '.
Di qui si sviluppa un dibattito che investe le questioni nuove poste dalla marcia su Roma con
questi dilem mi: il fascismo italiano è un feno meno locale o è il primo segno di un indirizzo che
può prende re tutta la reazione interna zio nale, da quella dei governi conservatori francese e in
glese al nascente nazionalsocialis mo tedesco alle forze più aperta m e n t e « terroristiche » di destra
degli Stati balcanici? Il fascismo è un prodott o della piccola borghesia, oppure degli agrari, o,
ancora, degli indus t riali? E destinat o a durare oppure no? La sua dinamica può rientrare nel clas
sico alveo della « dittat ura borghese » di tipo tradizionale, democratico parlame nt a re? La prima
form ula zione è quella contenu t a nel messaggio congress uale ai lavoratori italiani:
I fascisti sono, innanzit ut t o un'ar ma nelle mani dei grandi proprietari terrieri. La borghesia
indus t riale e comm erciale segue con ansia l'esperime n t o di feroce rea zione che considera come
un bolscevis mo nero2.
Zinov'ev, nel suo rapport o generale, introdu t tivo al congresso, pur esorden d o col dire che l'Italia
occupa il posto più importa nt e sulla scena attuale degli avvenime nti interna zion ali, non dedica
molta atten zione ai riflessi generali del proble ma, tende anzi a diminuirne le dimensioni. Nel
discors o del preside nte del Kominter n l'accento viene posto sul carattere transitorio del
fenom en o. Il IV congres so deve sancire e approfon dire la parola d'ordine del fronte unico, del
governo operaio e contadino, della pros pet tiva più lunga verso il potere. Ma Zinov'ev non è
dispos to ad ana lizzare a fondo le difficoltà che quella parola d'ordine ha incontra t o né vuole
rinunciare a tutta la carica di polemica antisocialde m ocr atica con tenuta nelle proprie prese di
posizione precedenti. Zinov'ev si chiede se il 28 ottobre italiano sia stato un colpo di Stato o una
comm edia e se la cava piuttos to disinvolta m e n t e:
Dal punt o di vista storico - egli rispon de - è una comme dia. Fra qualche mese la situazione
evolverà a vantaggio della classe operaia; per ora è un colpo di stato serio, una vera
controrivoluzione 3.
Oltre, ben oltre questa analisi sfumat a (che non impedirà certo a Zi nov'ev di attaccare i comunisti
italiani) va Radek nel suo rappor to sul l'offensiva del capitale. Il rapport o è pervaso dalla
preoccupa zi one di non ##
1 Dal discors o su La rivoluzione russa e le prospet tive della rivoluzione mondiale, pronu nciato il
14 novembre al congress o, in «L'Interna zionale comunis ta» cit.
2 J. degras, The Comm u nis t International, 1919 - 1943, Docume nti, Oxford, voi. I, p. 377.
3 Cfr. «Bulletin» cit., n. 2, 12 novembre 1922, p. j.
240
Capitolo sedicesimo
confonde re l'avvento del fascis mo al potere con la reazione, più tradizio nale, che colpisce altri
paesi europei, adombra n d o un quadro molto più pessimistico di quello delineato da Zinov'ev.
Radek è l'unico relatore che dica aperta m e n t e che la conquista del potere da parte del proletaria to
in Europa non è più all'ordine del giorno. Quanto all'Italia, la sconfit ta operaia è intesa in tutta la
sua gravità, su scala interna zionale, oltre che nazionale, come
la più grave disfatta che il socialism o e il comunis m o abbiano subito dall'inizio del periodo della
rivoluzione mondiale, una disfatta più grave di quella dell'Ungheria sovietica perché è la
consegue n z a di un fallimento spirituale e politico del sociali smo italiano e del moviment o operaio
italiano intero '.
Radek ha un appre z z a m e n t o sferzan t e nei confronti del PCI2 e cerca di dare una valutazione
sociale più precisa dell'avvento fascista, indican done la matrice principale nell'irrequiete z z a della
piccola borghesia, de gli intellett uali in specie, nella loro illusione che il fascismo sia un inter
mediario efficace tra capitale e lavoro; un'illusione che tiene dietro al di spetto per l'ostracis m o
decretat o dal socialismo italiano verso i ceti inter medi, gli ex combat te nti, gli stessi mutilati.
È indubbio che Radek riflette in questi accenti, anche se un po' sche maticam e nt e, suggestioni e
rilievi venutigli da Gramsci. Una derivazione diretta appare evidente sia nell'analisi del peso avuto
dalla piccola bor ghesia nella controrivoluzione sia negli apprez z a m e n ti critici sul rappor to tra ex
combat te n ti e moviment o operaio organiz z a t o. Ecco la nascita del fascism o - esclama Radek - : la
piccola borghesia che va al potere grazie all'appoggio della grande borghesia. E in questa alleanza
spuria starebbe il germe delle contrad di zioni fatali del moviment o, che, a lungo andare, il
progra m m a sociale e gli interes si della piccola borghesia ver ranno in contras t o col grande capitale
(così sarà della tenden z a agraria prevalente che si opporrà a quella della borghesia indus triale del
Nord) e il conflitto disgregherà il sistema di potere fascista.
Il congres so, che non discute molto sul rappor t o di Radek, affida a Bordiga il compito di tenere
una relazione sul tema specifico del fasci smo. Di nuovo, in essa, rispetto alle posizioni già note, vi
è una cura nel rettificare, qua e là, le formula zioni di Radek e, natural m e n t e, di delimi tare le
respons abilità nel successo del movimento fascista al vecchio Par- ##
1 Dal discors o pronu nciato su L'offensiva del capitale, il 15 novem bre, in «Bulletin» cit., n. 11, 2r
novembre 1922, p. 8.
2 Radek dice: «Se i nostri amici italiani, i comunis ti, vogliono mantenere un partito ristrett o e
puro, io posso dire loro che un partito ristrett o e puro trova molto facilmente il proprio posto in
prigione. Là essi potran no blandire e intrattene re il loro spirito in pura meditazione. Ma se il PCI
vuole diventare una forza deve mobilitare le masse proletarie e piccolo - borghesi contro il
fascis mo » («Bulletin» cit., n. ir,p. 11).
La marcia su Roma vista da Mosca 241
tito socialista. Anche Bordiga concorda nel ritenere la piccola borghesia come incubatrice e
aliment at rice del fascis mo ma non intende distingue re il fenome n o da quello generale della
controffensiva capitalistica:
Il fatto è che il fascism o è un grande movimento unitario della classe domina n te, capace di
sottom e t t er e al suo fine generale, perseguito utilizza n d o tutti i mez zi, gli interes si parziali, locali,
di certi gruppi di padroni agricoli e indus triali '.
Se, come Radek, anche Bordiga accenna alle contra d di zioni future del fascism o, il secondo è assai
meno propen s o a sottolineare la novità. Il fa scismo non ha bisogno di distruggere le istituzioni
democratiche, anzi converge con la socialde m ocra zia. Quasi per correggere un'impo s t a zi one
ottimistica, Bordiga sente poi il bisogno di aggiungere che quando egli prevede « un fascis mo
liberale e democratico »2 non intende dedur ne che la situa zione sia favorevole per un proletariato
che era già a terra ed è restat o passivo, se si eccettua lo spirito di lotta delle avanguar die comu
niste.
L'Interna zionale resta ancora, in sostan z a, alle battute iniziali in un dibattito sul fascis mo che
accom pagne rà tutto il suo corso (tanto che ai differenti giudizi su di esso e sui suoi rapporti colle
altre forze politiche borghesi si possono richiamare le successive svolte del 5°, del 6°, del VII
congres so del Komintern). Per ora, ferme restan do le prime appros si m a zioni sull'origine piccolo borghese del movimento e sul suo carattere ag gressivo di reazione agraria, le conclusioni
politiche generali sembran o accogliere più le preoccupa zioni di Radek che la vecchia prospet tiva di
Bordiga. In due appelli dell'Esecutivo e del Profìnter n, stilati nel gen naio del 1923, il fascism o è
indicato, infatti, come un grave pericolo per tutto il moviment o rivoluzionario interna zionale e per
la libertà dei po poli. Anzi, i primi tentativi di applicazione della linea generale del fronte unico
emersa dal congresso sono costituiti da due appelli rivolti alle Cen- ##
' Cfr. «Bulletin» cit., n. 12, 22 novembre 1922, pp. 5- 12.
2 Ibid., p. 11. Bordiga annuncia anche che esiste uno studio di Togliatti sul fascism o, non an cora
pervenut ogli. Tale studio si soffer ma ampiam en t e su tutta la crisi del primo dopoguerra e sul
fallimento della capacità politica del PSI, da un quadro dettagliato della strutt u r a e dell'organiz z a
zione del moviment o fascista e squadris ta, e degli organi del potere statale che lo hanno protet to e
sorret to, ma non contiene elementi di giudizio che si discostino dalla linea tradizionale
dell'imerpre tazione comunis t a del fenom en o. Del resto, gli appu nti dello stesso Togliatti, già qui
richiamati (p. 234), sono un'att ualiz z a zione dello studio analitico prima prepara t o. Le note di
Togliatti ritro vate, con una lacuna, nell'archivio del PCI, sono state pubblicate in due puntat e da
«Rinascita», a. xix, nn. 30 e 31, l'i e l'8 dicembre 1962. L'autore stesso precisava in un'avverte n z a
introdu t tiva che il suo Rapport o sul fascis mo per il IV Congres so dell'Interna zionale comunist a era
stato steso prima della marcia su Roma.
3 A. Rosmer ha notato, nel suo Moscou sous Lénìne (Paris 19^3, pp. 248 - ji) le differen ze tra
l'impos t a zi one di Radek e quella di Bordiga di cui critica lo schema tis m o e l'erroneità dell'identifi
cazione tra fascismo e democra zia borghese. Radek - egli osserva anche - mostrava di apprez z a r e
con Più esattez z a la situazione, mentre Zinov'ev era assai facilone nel suo pronos tico di un
fenom en o Passeggero.
242 Capitolo sedicesimo
trali socialde m ocra tiche politiche e sindacali per un'azione comune con tro il fascismo italiano1.
Quanto ai comunis ti italiani in tutto il 1923 e 1924 li sentire m o ri prendere variamen te le prime
interpret a zioni con accenti diversi, dall'u no all'altro dirigente, sulla preminen z a dell'origine
piccolo - borghese o della risultante reazionaria, della compo ne n t e agraria o dell'espre s sione di
tutta la classe dirigente. ##
1 Il primo manifesto, Contre le fascisme italien!, «La Corres pon d a nce internationale», a. in, n. 3, 26
gennaio 1923. Il secondo, del Profintern all'Interna zi onale sindacale di Amsterda m, ibid., n. 4, 2
febbraio 1923.
Capitolo diciassettesimo
La mancata fusione col PSI
Sappiam o con quale animo sia partita la maggioran za dei delegati ita liani al IV congres so
dell'Interna zio nale comunista: per accettare una battaglia sulla cui sorte non si fa molte illusioni;
Bordiga prevede infatti di uscirne battut o e di « passare la mano » a quella « minoran z a » che è la
sola dispost a ad avviare la riunifìcazione con il partito socialista1. La « questione italiana » si
iscrive all'ordine del giorno del congress o al pa ri di quella francese, di quella cecoslovacca, di
quella norvegese, di quel la norda m ericana. Tutte sezioni in cui le direttive di Mosca erano state
male accettate e poco o punto applicate.
La sconfitta della rivoluzione in Occidente, la diminu zione numerica e lo scarso peso politico di
quasi tutti i partiti comunisti europei, con trappos ti al rafforz a m e n t o della Russia sovietica,
accentua no l'egemonia bolscevica nel Komintern. Si instaura una centralizz a zi one più dura che si
traduce anche in nuove misure organiz z a tive: l'Esecutivo dell'Inter nazionale comunis ta sarà
compos t o di 25 mem bri eletti non più dai vari partiti ma dal congres so; il Presidium, di 11
mem bri, diventa un ufficio politico e nomina un ufficio organiz z ativo di 7 membri. Si riproduce
così l'organiz z a zio ne del partito russo2. Le riunioni dell'Esecutivo allargato si devono tenere, d'ora
innan zi, due volte l'anno e i partiti comunis ti si impegna no a convocare i loro congressi non prima
ma dopo quelli del Komintern per potersi meglio ispirare ai risultati di questi. I dirigenti ##
1 Bordiga riunend o la delegazione italiana in una stanz a dell'Hotel Lux, l'8 novembre, ha affer
mato senza mezzi termini: «Poiché la Centrale non condivide la politica dell'Interna zionale comu
nista sulla questione italiana, si considera politicamen te esautorat a. In questo momen t o in Italia
non vi e una rapprese n t a n z a dell'Interna zio nale. Dato tutto questo, non ho pensato nem m e n o di
rientra re in Italia dopo aver appreso le notizie degli ultimi avvenimenti. Il mio ram m arico è
soltanto di ordine sentimen t ale, non politico, poiché la situazione in cui l'Interna zionale ha messo
il partito gli impedisce di fare una politica» (dal verbale della riunione in APC, 1922, 84/ 1 - 2).
2 Cfr. le osservazioni e le inform a zioni del carr, La rivoluzione bolscevica cit., pp. 1212 - 28.
Gramsci, nel febbraio del 1924, in una lettera da Vienna a Togliatti, Terracini ecc, accennerà al
tema scrivendo che «lo Statuto dell'Interna zio nale da al partito russo l'egemonia di fatto
dell'organi z z a tone mondiale», aggiungend o che i compagni russi possono disporre anche
dell'inform a zione dello Stato; « i loro orienta m e n ti sono pertant o fondati su una base materiale
che noi non potre m o avere se non dopo una rivoluzione e ciò da alla loro supre m a zi a un carattere
perma ne n t e e diffìcilment e in taccabile» (da La forma zione ecc, cit., p. 190).
244
Capitolo diciassette si m o
del PCI non si pronu nciano affatto, neppu re Bordiga, contro questo pro cesso di centraliz za zio ne,
anzi afferm a no di auspicarlo sempre più effi ciente. Quanto ad accettarne le conseguen z e
pratiche, è altro conto.
Se si escludono certe punte di Radek, le relazioni e gli interventi al IV congress o non most ra n o di
voler considerare scartata la pros pe ttiva della rivoluzione in Occidente (è sempre sulla Germania
che si appun t a no le speran z e dell'Interna zi onale) ma piuttos t o di prevedere tem pi più lunghi '. E,
nel fratte m p o, diviene prevalente la considera zione che il più grande dovere rivoluzionario dell'ora
per tutte le sezioni è quello di aiu tare il consolida m e n t o del regime sovietico, di appoggiare la
politica e stera dello Stato russo, di proteggerlo dai pericoli di una nuova confla grazione europea.
Bisogna impedire l'estende rsi dell'involuzione reazio naria di tipo fascista in Europa, stabilendo
tutte le alleanze necessarie e, prima di ogni altra, quella colle forze socialiste che si mostra n o
sensibili a un appello unitario.
È certo in questo quadro, o almeno anche in questo quadro, che va vi sta l'insisten z a del
Komintern perché si giunga alla fusione tra PCI e PSI in Italia. Non diversa, infatti, è l'ispirazione
che presiede alle criti che rivolte al partito francese che si è rivelato avverso alla politica del fronte
unico, seppure partend o da considera zioni di « destra »2. La com missione per la questione
francese, presiedu t a da Trockij, pone sotto ac cusa il segretario del PCF, Frossard, che nel gennaio
del 1923 darà le di missioni. Un nuovo Comitato centrale, formato a Mosca, proclama la sua
accetta zione della linea del fronte unico.
Il conflitto con la delegazione italiana è più aspro, e la sua soluzione del tutto illusoria e formale.
Difficile si appalesa un tentativo di mutare il gruppo dirigente, di isolare il capo del PCI dalla
maggioran z a che egli raccoglie. Bordiga prende la parola come primo oratore che interviene sul
rappor to introdu t tivo di Zinov'ev (5 novem bre) e attacca subito la concezione del fronte unico e la
parola d'ordine del « governo operaio » di cui il relatore ha offerto una fitta casistica di possibili
applicazioni: da un governo operaio « liberale » a un governo operaio - contadino, da un governo di
coalizione tra socialde m ocratici e comunis ti sino a un « genui no governo proletario » degli operai.
La questione del governo operaio ##
1 Trockij afferma al congresso: «La Russia può dire ora, come diceva al III Congress o, e con più
tranquillità: se la rivoluzione mondiale mette ancora uno o due anni a scoppiare, troverà la Russia
più ferma ancora di oggi» («Bulletin» cit., n. io, 20 novem bre 1922, p. 7).
2 Cfr. sulle vicende del PCF nel 1922, L'histoìre du Farti com m u nis t e francais, manuel (un te sto
ufficiale, elaborato dalla Commis sione di storia presso il Comitato centrale del PCF), Paris 1964,
pp. 124 - 29. Cfr. anche latitch, Lenin ecc. cit., p. 2r7; Jacques fauvet, Histoire du Partì Comm u niste
francais, I, pp. 47- 48. Il PCF si present ava al IV congress o diviso in tre frazioni, la sinistra con
Suvarin e Rosmer, il centro con Frossard e Cachin e la destra con Renoult.
3 Il testo in «Bulletin» cit., n. 3, 13 novembre 1922.
La mancata fusione col PSI 245
è una delle più intricate, dal 1922 sino al 1924 e oltre. La parola d'ordi ne, che perm a ne un asse
della tattica e della propaga n d a del Komintern assum e rà significati politici diversi al IV e al V
congres so, anche se, va lendosi di una certa persiste nt e ambiguità di formula zioni chi, come Zi
nov'ev, vorrà fissarne la continuità potrà sostenere che si tratterà sem pre della stessa cosa. Nella
sostan z a, per il moviment o comunista si tratta dei rapporti con la socialde mocra zi a, dei margini di
manovra più o meno am pi che le circostan z e consent o no nei confronti degli altri partiti operai e
democratici.
Zinov'ev sostiene, e la risoluzione approvata al IV congress o confer ma, che si debbono
considerare come possibili un governo « operaio libe rale » in Inghilterra, un governo « operaio e
contadino » in Cecoslovac chia, un governo « operaio e socialdem ocratico » in Germania e che a
queste eventualità conviene aggiungere appun t o quella di un governo operaio « con la
partecipa zione dei comunis ti » e l'altra, quella di « un genuino governo operaio » proletario che
non può essere realizza t o se non dal Partito comunis ta. È indubbio che, nel quadro di tutta la
tattica del fronte unico, l'accento al IV congresso sia posto sulle possibilità di compiere un tratto
di strada in comune con altre forze politiche. Il cam mino della rivoluzione - si dice - può esigere
ora una coalizione politica tra comunis ti e socialdem ocra tici. Zinov'ev ha precisato chiaram e n te
che, « difende n d o la tattica del fronte unico, i comunis ti non devono, in certe circosta n z e,
rinunciare alla forma zione di un governo insieme a partiti non comunisti ». Il governo operaio
viene quindi concepito come una tappa verso la dittat ura proletaria, anche se si è piuttos t o
guardinghi nel dare a questo possibilismo politico una veste di sistem a zione teorica. La
risoluzione dice a tale proposito:
I tipi di « governo operaio e contadino » e di governo operaio con la partecipa zione dei comunis ti
non sono ancora la dittat ur a del proletariato, non sono neppu re una forma transitoria
storicame n t e indispens a bile, ma possono divenire un punto di parten z a importa nt e per la sua
conquis ta '.
Si discute se a simile forma zione di potere si debba o possa arrivare solo con spinta delle masse («
dal basso ») oppure anche con contatti po litici diretti tra i partiti. Si vogliono fondere le due
sollecitazioni badand o bene a stabilire che non si escluda una spinta « dall'alto »: « Anche un go
verno operaio uscito da una combina zion e di forze parlame n t a ri, cioè un governo di origini
pura m e n t e parlame nt ar e, può contribuire al successo proletario ».
„ Cfr. il testo che pubblica nel suo rapport o al V congress o Zinov'ev, con le osservazioni che fa
Kadek, in Le V Congrès de l'ìnternation dle Contniunìste, Paris 1924, pp. 141 - 43 e pp. 73- 78.
246
Capitolo diciassett esi m o
L'Interna zionale comunista raccom an d a alle sue sezioni di provvede re comun q ue a dichiarare
aperta m e n t e agli operai che soltant o la dittat u ra del proletariato assicura la vera emancipa zione
di classe e da quella tribuna la polemica verso la socialdem ocra zia è sempre presente '. Molto
importa n te, del resto, per compre n de re lo spirito dell'indiriz z o stabilito al IV congresso saranno le
risoluzioni che, confor m a n d o si a quelle diret tive, prender a n n o i comunisti tedeschi. Nel suo
congres so di Lipsia, nel gennaio 1923, il KPD affermerà:
La tattica del fronte unico non è una manovra per smaschera re i riformisti. Al contrario, lo
smaschera m e n t o dei riformisti è un mez zo per creare un fronte unico, compat t o e combat tivo del
proletariato. La concezione secondo cui la creazione di un fronte unico sarebbe possibile soltanto
invitando la massa alla lotta (soltanto « dal basso »), oppure dipendereb be soltanto da trattative
con gli organi superiori (soltant o « dall'alto ») non è dialettica ma immobilistica 2.
Circa il « governo operaio » così ci si esprime a Lipsia:
Il governo operaio non è né la dittat ura del proletariato, né una pacifica via parlame nt a re per
raggiungerla. È un tentativo della classe operaia di effettua re una politica nel quadro e con i mezzi
della democra zia borghese, una politica che pog gia sugli organi proletari e sul moviment o di
massa proletario. Zinov'ev, nel suo rapport o, ha sostenu t o appun t o che, una volta rea lizzato, il
governo operaio « non può essere che una fase di transizione ». La formula zione, ancor prima
dell'indiriz z o che esso implica, pare più che mai eterodos s a a Bordiga. Infatti, le obiezioni che egli
muove sono anzi tutto di dottrina. Che tipo di potere rappres e nt a la formula del governo operaio?
Può esistere uno Stato che si basi su una forma di transizione} L'assemblea interna zio nale
comincia ora a conoscere non solo l'aspre z z a polemica del dirigente italiano ma la sua mentalità
rigorosa m e n t e mate matica, le contra p p o si zioni lineari tipiche del suo argomen t a re. Se il go verno
operaio - obietta Bordiga - è sinonim o di dittat ura del proleta riato, bene; se invece è una forma di
transizione non è nulla, in linea teo rica, è sem plicem e nt e una forma di governo borghese. Perciò,
politica mente, essa si traduce in un tatticis mo che si ritorce contro la classe ope raia poiché la
illude e la disarm a (e non solo metaforicam e n t e), le fa cre dere che essa possa andare al potere per
altra via che non sia quella — l'u nica percorribile - della lotta armata, dell'insurre zione violenta4.
Dalla tribuna di un congres so dell'Interna zi on ale per la prima volta ##
1 Zinov'ev ha precisato: «Il fronte unico non è una combina zione elettorale né un'alleanz a orga
nica con la socialdem ocra zia. Ciascuno di noi si lascerebbe piuttos t o tagliare un braccio che conclu
dere un'allean za con i più grandi traditori della classe operaia» («Bulletin» cit., n. 3).
2 Bericht uber die Verhandlu nge n des III. Parteitages der KPD, Berlin 1923, p. 417.
3 Ibid., p. 420.
4 Bordiga parla nella sedut a del 9 novembre. Cfr. «Bulletin» cit., n. 12, 12 novembre 1922.
La mancata fusione col PSI
247
nella storia del PCI si leva una voce polemica contro il capo del partito da parte di un altro italiano:
Antonio Graziadei, l'uomo che non a caso già a Livorno s'era detto poco entusiast a di una
scissione che si era fatta troppo a sinistra. Graziadei è, in un certo senso, il vero uomo di destra
del PCI sul terreno politico come su quello ideologico (di economia poli tica). Gramsci che ne darà
in una nota dal carcere un ritratto severissim o (« era dei più destri opport u nis ti... un liquidatore
del partito ») giungerà a chiedersi come fosse potuto divenire comunis t a un uomo restato sul
terreno tipico del revisionis m o della II Interna zionale e accennerà una spiegazione riferente si a un
« curioso fenome no di psicologia di intellet tuale, che è persuas o intellettual me n t e dell'asinità del
riformis m o politi co e perciò se ne distacca e lo avversa » '. Le accuse cocenti di Gramsci, a tanti
anni da questo periodo in cui Graziadei prende parte alla lotta po litica interna, illuminano anche
sulla forza dell'avversione, sul vero inor ridito timore che hanno insieme con Bordiga anche gli ex
ordinovisti al l'idea che il partito possa essere preso in mano da dirigenti simili. Essi al tro non
sono ai loro occhi se non socialde m ocratici mascherati e liquida tori della rottura di Livorno. Per il
solo fatto che possano, nel muta m e n to di tattica intervenu to negli orienta m e n ti del Komintern,
apparire co me i più ortodos si e fedeli assertori della linea dell'Interna zio nale comu nista,
dovrebbero dirigere il partito nato da quella rottura?
L'attacco che muove Graziadei è aspro. Dopo aver affermat o di con dividere il rapport o di Zinov'ev
egli denuncia come estremist a la condot ta politica della maggioran z a del PCI, conda nn a come tali
le Tesi di Ro ma, e osserva che i dirigenti del partito italiano hanno tenut o nei con fronti dei
socialisti un atteggiame nt o fondat o su una ipotesi erronea: quella che il PSI non si sarebbe mai
diviso. Quanto al proble ma del go verno operaio, Graziadei va al di là della stessa formula zione
zinoveviana: è per una interpre ta zio ne estensiva della parola d'ordine che com prenda anche una
coalizione parlam e nt a r e di sinistra. Egli taccia quindi Bordiga di spirito di ribellione, che questi
considererebbe la disciplina « come una cosa di pura forma».
La cosa più grave nella sortita della minora n z a del PCI è il fatto che le critiche avanza te da
Graziadei collimino perfetta m e n t e con i rilievi dell'EKKI nei riguardi della maggioran z a del PCI.
Non è forse stato lo stesso esecutivo dell'Interna zi onale ad aver prom os s o, o almeno accele rato, il
processo di forma zione di questa minora n z a? La cosa è certa e verrà più volte richiamat a in
seguito. Senonché, la minoran z a non è tutta ##
1 Antonio gramSci, Il materialism o storico e la filosofia di Benedet to Croce, Torino 1949, PP. 278 79.
2 Cfr. il testo nello «Stato operaio», a. 11, n. 7, 13 marzo 1924.
248
Capitolo diciassette si m o
costituita di uomini dal passat o socialista e dalle caratteristiche intellet tuali di Graziadei, è fatta
anche di forze più vive e autentiche del partito e la differenzia zione politica che l'ha caratteriz z a t a
è venuta radicalizza n dosi in occasione dello sciopero generale e sopratt u t t o dinan zi ai risulta ti
del congres so socialista. Alla sua testa è ormai un uomo politico capace come Tasca, anche se non
provato come dirigente. Tasca penserà poi da sé a liberarsi di un compagno di corrente come
Graziadei che si rivelerà incomo do proprio per i suoi exploits di revisionis m o della dottrina eco
nomica di Marx. In comune con il profess ore romagnolo quello piemon tese ha forse un
atteggiame nt o nei confronti del partito e della tradizione socialista molto meno ostile di quello di
Bordiga, o di Gramsci e di To gliatti, la separa zione dai quali risale alle lotte dell'« Ordine nuovo »
e al la diversa interpret a zio ne delle funzioni dei Consigli e del sindacato. (Ciò significa che essi
temono ancor più Tasca che Graziadei come liqui datore del partito, anche perché riconoscono le
capacità personali del primo). Ma sta di fatto che a Mosca Tasca, a differenz a di quanto avven ne al
congres so di Roma, assu m e la leadership della minoran z a e si segna la in questo senso ai dirigenti
dell'Interna zio nale. La pattuglia dei mino ritari è abbast a n z a consistent e al congress o. Con Tasca,
oltre a Grazia dei, Bombacci, Presutti, si è schierato il segretario della Federazione gio vanile, Berti,
due dirigenti sindacali importa nti come Vota, segretario della Lega dei lavoratori del legno e
l'espone nt e torinese Giovanni Rove da divenut o segretario della Camera del lavoro di Torino, due
giornalisti come Ottavio Pastore e Nicola Cilla. Non tutti sono presenti a Mosca, ma il loro peso, e
la loro legittima rappres e nt a tività si fanno sentire.
Intanto, in assem blea plenaria, Bucharin e Zinov'ev si alternano nel denunciare lo schematis m o e
l'estre mi s m o bordighiano. Bucharin, che prende la parola l'11 novembre, afferma:
Il principale errore di Bordiga consiste nel fatto che egli non cerca la logica viva ma vuol fissare
l'ignoto. Vuol fare l'inventario di tutte le ipotesi ed elaborare ogni sorta di misure di prude n z a per
non comm et t ere alcun errore. Ma poiché la vita è estrem a m e n t e complicata e non si può mai
prevedere tutto, ecco che Bordiga se ne sta a braccia conserte... Guardate la situazione italiana;
tutto chiama, esige, l'unità e Bordiga non ce ne dice verbo... La disciplina interna zionale è tradot t a
nel modo seguent e: l'Interna zionale ha tutti i poteri ma noi restiam o autono mi e agiremo co me
vorrem o '.
E Zinov'ev, nelle conclusioni:
Bordiga vuol sapere come faremo a contare la maggioran z a; non andre m o dal notaio. Si tratta di
lottare per estende re l'influen z a del partito nella classe operaia. ##
1 «Bulletin» cit., n. ;, 1; novembre 1922, p. 12.
2 Ibid., n. 7, 16 novembre 1922, p. 15.
La mancata fusione col PSI 249
E già nei loro attacchi è anticipata tutta la requisitoria contro la prima direzione politica, che
risorgerà dalle file stesse del partito italiano. Non sfugge, però, sin d'ora, ai delegati l'accusa,
tutt'altro che larvata, di indi sciplina. Ma non sono che le avvisaglie di un dibattito sul tema della
fu sione col PSI, ormai scotta nt e, nel seno della apposita commis sione per l'Italia nominat a dal
congres so. In essa, con Zinov'ev preside nte, e Ra dek, sono presenti Trockij, Ràkosi, segretario, e
molti altri in rappre se n tanza di vari partiti comunisti, tra cui Klara Zetkin e il bulgaro Kabak ciev.
La maggioran z a del PCI vi compare come imputa t a; la minora n z a (per essa sono presenti
Graziadei, Tasca, Bombacci, Presutti e Vota) co me testim one d'accusa. Una commissione ristretta,
poi, provvede a trar ne le debite conclusioni e a tenere i contatti con la « parte lesa », i dele gati del
PSI.
Tra gli italiani è presente anche Antonio Gramsci. È in cattive condi zioni di salute, ma partecipa
attivament e alla discussione. La sua posizio ne personale è difficile, la sua condot t a mutevole. Così
traspare dai reso conti e dai docum e n ti, così è ram me n t a t a da lui stesso nella corrispon d e n za che
scambierà, nel 1923 - 24 con gli amici « ordinovisti ». Gramsci ha nei primi giorni un lungo
colloquio con Bordiga, e riceve una nuova pres sione da parte di Rakosi che va, naturalm e n t e, nel
senso oppos to. Il ri cordo di Gramsci è particolareggiato su questo punt o:
Al IV Congress o io ero da pochi giorni (pochi numerica m e n t e e non solo meta foricamen te)
rientrato dal sanatorio, dopo circa sei mesi di perm a ne n z a che mi ave vano giovato poco, che
avevano solo impedito un aggrava me nt o del male e una pa ralisi delle gambe che mi avrebbe
potuto tenere immobiliz zat o a letto per qual che anno. Dal punto di vista generale persisteva
l'esauri me n t o e l'impos sibilità di lavoro per le amnesie e le insonnie. Il Pinguino2, con la
delicate z z a diplom atica che lo distingue, mi prese d'assalto per offrirmi nuovam en t e 3 di
diventare il capo del partito eliminan do Amadeo che sarebbe stato addiritt ura escluso dal
Cominter n se continuava nella sua linea. Io dissi che avrei fatto il possibile per aiutare l'Esecu tivo
dell'Interna zio nale a risolvere la questione italiana ma non credevo che si po tesse in ness un modo
(tanto meno con la mia persona) sostituire Amadeo senza un preventivo lavoro di orienta m e n t o
del Partito. Per sostituire Amadeo nella situa - ##
1 Lo ricorda, nella testim onian z a citata; Camilla Ravera: «Con Bordiga, Gramsci volle avere delle
conversa zioni particolari sui problemi italiani e interna zio nali: conversa zioni - diceva - scambi di
opinione, per chiarire reciproca m e n t e il proprio pensiero; desideran d o, anche con questa impost a
zione formale, escludere ogni idea di contra p p o si zione, di aperto dissens o e rottura. Fra Gramsci e
Bordiga esistevano rapporti affettuosi. Bordiga sentiva e manifestava una preoccupa zi one molto
viva Per la salute di Gramsci; e una profond a ammira zione per la sua intelligenza e sapienza.
Gramsci am mirava in Bordiga la personalità vigorosa e le capacità generali, e di lavoro, ed
appre z z ava la parte positiva della opera da lui compiuta, in condizioni assai difficili, nella prima
costru zione ed organiz zazione del partito». Gramsci stesso rievocherà, nel 1923, questi colloqui,
adom bra n d o, però, l'aprir si di un dissens o generale (La formazione ecc. cit., p. 64).
2 Rakosi.
3 Cfr. p. 160 del presente volume.
250 Capitolo diciassette si m o
zione italiana bisognava, inoltre, avere più di un elemento perché Amadeo, effetti vamente, come
capacità generale e di lavoro, vale almeno tre, dato che si possa so stituire un uomo del suo valore.
Io camminavo sui carboni ardenti e non era questo il lavoro più confacente alla mia condizione di
debolez z a cronica. Mi accorsi come la maggioran z a della delegazione non avesse alcuna direttiva
propria. Bastava, con ognuno, accennare anche vagament e alla situazione perché si sbottona s s e e
manife stasse di essere potenzial me n t e un minoritario. Era una cosa pietosa e politicament e
disgus tos a. Se il Pinguino invece che un fesso, fosse stato provvisto di un gram m o di intelligenza
politica, il Partito avrebbe fatto una figura delle più meschine, per ché la maggioran z a, almeno
nella sua delegazione congres s uale, si sarebbe dimost ra ta un fantas m a senza consisten z a. Il solo
fatto che io e Negri parlassi m o con i com pagni di queste questioni, fece adom bra re Amadeo che,
se non sbaglio, adoperò pa role molto forti al nostro indiriz zo. Che cosa sarebbe avvenuto se io
non avessi « an guilleggiato » come purtrop p o ho dovuto fare? Che la maggioran z a della delegazio
ne sarebbe stata con me, meno qualche element o come Azzario, e si sarebbe avuta la crisi del
Partito a distan za, senza un accordo con voi: Urbani (Terracini), Bruno (Fortichiari), Luigino
(Repossi), Ruggero (Grieco), Amadeo (Bordiga) si sarebbero dimes si e la minoran z a, ancor meno
prepara t a di quanto sia stata in seguito avrebbe preso in mano un pugno di mosche...2.
Nella lettera di Gramsci c'è tutto il senso del travaglio della delega zione italiana a Mosca, e anche
quello della «mediazione», se si vuole anguilleggiante, tentata da Scoccimarro e da Gramsci stesso.
I docume n ti riservati, o venuti alla luce qualche anno dopo, lo mostra no adeguata mente. Nei
primi giorni Gramsci appoggia in pieno Bordiga. Il 13 e il 15 novem bre lo scontro coll'Esecutivo
dell'Interna zio nale comunista pa re insanabile3, e non vi sono crepe nella maggioran z a della
delegazione italiana, ostile affatto alla fusione col PSI, mentre Tasca insiste a pero rarla
calorosa m e n t e: secondo lui urge farla presto, questa fusione. In tal ##
1 Scoccimarro.
2 Dalla lettera, cit., a Scoccimarro e Togliatti del r° marzo 1924, in La forma zione ecc. cit., pp.
228 - 29.
3 Il 13 novembre ha luogo la riunione della delegazione italiana con la «Commissione ristret ta per
la questione italiana». Bordiga è contro la fusione con il PSI, Tasca a favore, Zinov'ev prende atto
delle due posizioni contras t a n ti e annuncia seccame nt e: «La piccola Commis sione si riunirà ora coi
socialisti: poi da sola stabilirà il da farsi che vi verrà comunicat o». Il 15 novem bre, nuova riu nione
degli italiani con la Commissione al completo. Gramsci si allinea con Bordiga: niente fusione, se
non per «adesione individuale dei massim alisti al PCI». Egli aggiunge che il PSI si è volatiz za t o
dopo la marcia su Roma e trova una curiosa immagine: «Fondere i due partiti è come volere fare
sposare Gianduia con la figlia del re del Perù che non ha re e che quindi non ha figlia del re.
Quando la Commis sione doma n de r à ai massim alisti quali siano le loro forze attual me nt e in Italia
questi non potran no dare alcuna spiegazione». Zinov'ev è altrettan t o polemico, in direzione
oppos t a: «Se il PCI non cambia tattica perirà in questo periodo. L'afferma zione di Gramsci che il
PSI è rappres e n tato solo dai suoi delegati è uno scherz o». Gramsci ribatte: «Per l'Interna zionale è
un gran successo il ritorno al suo seno del PSI. Ma il problem a del movimento operaio italiano
consiste nel fare si che la rivoluzione italiana non sia un fenom en o massim alista, come nel 1919 20. La fusione che si prepa ra ci preoccup a perché non risolve nel senso voluto questo proble ma».
Interviene anche Ugo Arcuno per dire che « la fusione coi massim alisti porta ad una diminuzione
della capacità d'azione del PCI ». Infine, Bordiga sostiene che Serrati «va a destra», è più a destra
che a Livorno! (dal verbale della riunione pubblicato in «Lo Stato operaio», n. 7 cit.).
La mancata fusione col PSI
251
senso si esprim on o anche Klara Zetkin, Bucharin e Kabakciev '. Trockij arriva a dire:
È il punto massim o di divergen za tra il PCI e l'Interna zionale comunista. Più in là vi è la rottura...
Gramsci vuole un privilegio di intransigenz a per l'Italia. Sulla questione del fronte unico voi avete
fatto blocco con la Francia e la Spagna. Gli al tri hanno già riconosciuto il loro torto, voi no... Voi
ripetete in ogni questione lo stesso errore... Noi vi propo nia m o di accettare l'adesione collettiva2
prima, dopo farete la selezione individuale... Se voi non avrete le simpatie delle grandi masse, non
potrete agire legalment e. Se voi volete restringere la vostra base rimarrete sen za base e sarete
considera ti una setta 3.
È il 24 novembre che la resisten z a del PCI si incrina, che la sua mag gioranza si spacca
provvisoriame n t e. Gli italiani sono posti dinanzi a una lettera del Comitato centrale del Partito
comunist a russo, che porta le firme di Lenin, Trockij, Zinov'ev, Radek e Bucharin. Una lettera che
im pone al PCI una scelta nel momen t o stesso in cui comunica una decisio ne già presa. La fusione
col PSI è stata decisa all'unani mità dalla com missione congress u ale: i comunis ti italiani vogliono
manifestare, forse, una pubblica opposizione ?
Il PCI sarà del tutto isolato, il danno politico sarà enorme. L'errore sarà irrepa rabile. Il nostro
consiglio: voi potete al Congresso fare una breve dichiara zione che la maggioran z a della vostra
delegazione era contro la fusione e ha già portato le sue ragioni, ma dovete conte m p o ra ne a m e n t e
dichiarare che, siccome la Commis sione ha deciso altrimenti, voi accettate questa decisione e
l'attuerete cosciente m e n t e 4.
La delegazione, anzi la maggioran z a (che, per la minoran z a, il proble ma non si pone) accetta.
Bordiga per primo. Ed è lui a redigere una ama ra rispost a così concepita:
La nostra convinzione non è per niente scossa. Lo dichiariam o aperta m e n t e. Ma un passo del
nostro Partito fratello della Russia non è per i comunisti italiani senza valore. Compre n dia m o che
si tratti di far forza su di noi stessi e di rompere noi stessi la linea legittima del nostro contribut o
alla lotta dell'Interna zionale, con dotta fino ad oggi con slancio entusiastico, che d'altron de non
saprebbe né vorrebbe ##
1 Klara Zetkin afferma: «La situazione italiana richiede ora la unione di tutte le masse proleta rie e
il PC dovrebbe estendere su di esse la sua influenz a ideologica e organizz a tiva. Non bisogna in
gannarsi. Se il PSI dovesse rimanere indipen de n t e non perderebbe gran che dei suoi effettivi». Bu
charin sostiene le stesse argome nt a zio ni e aggiunge: «Nel PSI vi sono dei buoni operai e dei buoni
contadini; nessuno lo potrà negare». Kabakciev è ancora più critico: « A Livorno, al Congresso Con
federale, vi erano 400 000 voti per i comunisti, oggi sono quasi diminuiti della metà. Il PCI fa una
lotta teorica, non di massa e di azione. Nel PCI vi è un resto di sindacalis mo, antiparla m e n t a ris m o,
blanquis m o, settaris m o» {ìbid.).
2 Del PSI.
3 Dal verbale della riunione pubblicato in «Lo Stato operaio», n. 7 cit.
4 La lettera porta la data: Mosca, 24 novembre 1922. Il testo nello «Stato operaio», n. 7 cit. ■ ^ Dal
verbale di una riunione della maggioran z a della delegazione italiana, del 24 novembre
1922, si ricava: «Bordiga da lettura di una lettera del PCR alla delegazione italiana. Si stabilisce di
rispond er e, come propone Bordiga, di accettare l'invito in essa contenu t o. Bordiga è incaricato di
re digere la rispos t a» (APC, 1922, 84/ 9).
252
Capitolo diciassette si m o
essere confuso con una testar daggine volgare. Noi prendia m o davanti al nostro Par tito la
respons abilità di ritornare sulla risoluzione già presa. Dopo il vostro invito, il vostro fraterno
consiglio, noi vi dichiariam o che la rapprese n t a n z a della maggioran za del PCI tacerà. Essa non
sosterrà le opinioni che voi conoscete e della giuste z z a delle quali resta convinta '.
Senonché, è proprio a questo punto che sorge la questione politica che già in Italia Togliatti aveva
adom bra t o. Un gruppo dirigente, battu to e in un certo senso abdicante al mandat o ricevuto dal
Comitato cen trale italiano, può continuare a dirigere il partito? Deve farsi da parte nella trattativa
sui termini della fusione? Deve lasciare campo libero alla minora n z a? L'opinione di Bordiga la
conosciam o. Ma è qui che si deli nea la spaccat ura. Scoccimarro prima2, e ora Gramsci con lui,
sostengo no, posti dinanzi a tale dilem m a, che bisogni assum ere un atteggiam en t o attivo,
discutere le condizioni della fusione, non lasciare il partito nuovo nelle mani della minoran z a
comunist a e dei massi malisti. Si arriva a un voto che divide il gruppo di maggioran z a. Con Bordiga
(« non scendere a trattative») sono la moglie Ortensia De Meo, Arcuno, D'Onofrio, Na tangelo e
Lunedei. Con Gramsci si schierano i più: Longo, Gorelli, Az zario, Germanet t o, Gennari,
Scoccimarro, Peluso, Marabini, Giulianini, Tresso, C. Ravera3. E si da manda to a Gramsci
Scoccimarro e Marabini di illustrare davanti alla commissione ristret ta il punto di vista e le con
dizioni del gruppo di maggioran z a.
Da questo mome nt o si apre una nuova logorante fase. La controver sia si sposta sui termini della
fusione, sulle garanzie che il PCI richiede. Sono Gramsci e Scoccimarro (mentre Bordiga pare ormai
puntare soltan to sulla richiesta di convocazione di un congres so straordinario del PCI4) a battersi
affinchè la fusione avvenga lasciando al vecchio gruppo diri gente comunis ta una posizione
preminen t e. Come si sa, l'ostilità di Gramsci verso i massi m alisti e la minoran z a, non è certo poca
ed egli fa di tutto per porli in una situazione di subalter ni, quasi di « vigilati spe ciali » nel nuovo
organis m o5. Dopo tre settima ne di discussione, Zino- ##
1 La lettera porta anch'es sa la data: Mosca 24 novembre 1924, ed è indirizz a ta al Comitato cen
trale del PCR («Lo Stato operaio», n. 7 cit.).
2 Il 21 novembre, quando ancora la maggioran z a italiana era d'avviso di contras t are pubblica
mente la fusione, Scoccimarro faceva notare che, in ogni modo, non ci si poteva estraniare dalle
trat tative per la fusione, qualora essa fosse decisa dal Congres so, «per non lasciare in mano la
questione alla minoran z a» (APC, 1922, 84/ 7).
3 Dal verbale della riunione nottur na del 24 novembre 1922 (APC, 1922, 84/ 1 0).
4 Il 27 novembre, in una nuova riunione del gruppo di maggioran z a, Bordiga chiede formal mente
che si telegrafi ai compagni in Italia affinchè preparino la convocazione immediata del congres so
del PCI. Vi è un'obiezione di Gennari e ci si orienta piuttos t o verso una richiesta all'Interna zio nale
comunist a di consentire la convocazione del congres so. L'autoriz z a zio ne evidente me n t e non vie
ne, anzi Zinov'ev vi si oppone aperta me n t e. La maggioran z a decide di affidare a Gramsci e a Scocci
marro la rappres e nt a n z a nella commis sione di fusione (APC, 1922, 84/ 1 2 - 15- 18- 19).
5 Un prome m o ria firmato da Antonio Gramsci (senza data) indiriz za t o, in francese, «au prési dent
de la Commis sion pour la question italienne» pone come condizioni: la esclusione dal nuovo
La mancata fusione col PSI 253
v'ev riesce ad elaborare, e a far approvare, un proget to di fusione che so lo in parte accoglie le
condizioni poste dal partito italiano la cui maggio ranza, formal me n t e ricompo s t asi, si piega
all'inevitabile dopo nuove pro teste e resisten z e.
Eppure, un grosso problem a politico è ormai aperto: quello di Bor diga. Egli rifiuta, reiterata m e n t e,
nonost a n t e le più vive pressioni di Zi nov'ev, di entrare a far parte della com mis sione interpartitica
per la fu sione incaricata di realizzar ne la modalità (che è il risultato maggiore del le trattative).
Colui che è ancora il capo indiscus s o del Partito comunist a italiano è già, dunque, all'opposi zione.
Nella commis sione entrano per la maggioran z a comunista Gramsci e Scoccimarro, per la
minoran z a Tasca; per i socialisti partecipano soltanto i « fusionisti » convinti: Serrati, Maf fi e
Tonetti. Cioè, anche da questa contropar t e, la rappres e nt a n z a effetti va della direzione
massimalista è parziale, tutta fatta di « terzinter n a zi o nalisti ». La commissione è presiedu t a da un
mem bro dell'Esecutivo del l'Interna zionale comunis ta (Zinov'ev, nelle prime riunioni di Mosca, poi
in Italia Manuil'skij o Ràkosi).
In ogni modo, ai primi di dicembre, la risoluzione conclusiva (nota come « i quattor dici punti »),
che il IV congresso dell'Interna zio nale ap prova all'unani mità in seduta plenaria decide la fusione
immediata del PCI e del PSI in un nuovo raggrup p a m e n t o politico che dovrà assu me re il nome di
Partito comunista unificato d'Italia: entro il primo gennaio del 1923 si debbono fondere i giornali
comunisti e socialisti (e la loro re dazione verrà designata dall'Interna zio nale); entro il 1° marzo si
dovrà tenere il congres so della fusione e, fino a quel moment o, i Comitati cen trali dei due partiti
vengono subor dinati alla Commissione interpartitica della fusione '. Zinov'ev, tenendo, il 4
dicembre, la relazione sulla « que stione italiana », accenna appena alle resisten ze psicologiche
della mag gioranz a della delegazione del PCI. Il suo discorso intende volgersi al l'avvenire:
È assoluta m e n t e necessario raggrup p a re tutti gli operai italiani pronti a lottare contro il fascismo,
quali che siano gli elementi di cui si compongo no... La parola ##
partito del gruppo di Velia; una lista redatt a dal PCI di iscritti al PSI da escludere «per indegnità
personale», al pari degli ex comunis ti passati al PSI; una revisione degli eletti massimalisti in Parla
mento e nelle amminist ra zi oni comunali, a cui si potrà ritirare il mandat o. Gramsci chiede inoltre
che il Comitato centrale del partito unificato venga compos t o per due terzi da comunisti e un
terzo da socialisti, che i redattori dei giornali del partito siano scelti tra i comunis ti. Come non
bastas se, «il PCI avrà il diritto di veto, d'accordo con l'Esecutivo dell'IC, per l'entrata negli organi
dirigenti di tutti coloro che riterrà opport u n o» e la fusione, a livello di federa zione e sezioni, si
farà sulle stes se basi che per gli organi centrali (APC, 1923, 1.57 / 7 2 - 73).
1 Il testo della risoluzione in l'« Avanti!» del 29 dicembre 1923 e in «Lo Stato operaio», n. ci tato.
Gli altri punti sanciscono l'esclusione del gruppo Velia, la costituzione di comitati per la fusio ne
nelle grandi città italiane, la creazione di un comitato sindacale unico collegato con il Profintern e
altre condizioni organiz z a tive minori.
254
Capitolo diciassett esi m o
d'ordine della lotta contro il fascismo, che risuona ancora abbast an z a fievolmente, avrà un'eco
sem pre più vasta fino al giorno della battaglia supre m a contro la classe dominan te... Un Partito
comunist a unificato in Italia sarà un simbolo per tutta la classe operaia, aprirà una nuova era nel
moviment o operaio italiano e renderà alla classe la fiducia in se stessa che ora ha perdut o... La
fusione stimolerà nuova me nt e le masse operaie alla lotta contro i riformis ti e i fascisti. È per
questo che la fusione è assoluta m e n t e necessaria e deve essere realizza t a '.
Alla tribuna del congres so la delegazione della maggioran za del PCd'I si limita ad un atto di
obbedienz a formale, prom et t e n d o disciplina alle direttive tracciate, « senza discus sioni ed
esitazioni ». Calorosa è, ovvia mente, l'accoglienza della minoran z a comunis ta. La delegazione del
PSI si pronu ncia anch'essa a favore non senza alcune resisten z e esplicite di Romita e qualche
riserva di Serrati, volta a salvaguar da re maggior me n t e la presenz a massim alista. In ogni caso, la
delegazione del PSI chiede un avallo della direzione del partito. Comincia ora a lacerarsi la tela
tessu ta con pazienz a a Mosca. Si vedrà che, se il Partito comunist a è riluttan te, sospett o s o, il PSI
esprime un'opinione non meno diffident e e ostile. La repres sione fascista compirà, da parte sua,
quell'opera di smantella mento che i gruppi dirigenti proletari non hanno saputo evitare: nel gi ro
di tre mesi la fusione si rivela impos sibile.
Tutto questo periodo vede assom m a r si le remore e i ritardi provoca ti dalle direzioni socialista e
comunist a, con gli ostacoli frappos ti da una caccia all'uom o che il governo intrapre n de subito: con
il risultato di fa re fallire « l'opera zione » tanto invocata e sollecitata. Non appena, il 29 dicembre
1922, viene pubblicato dall'« Avanti! » il Manifesto stilato a Mosca sulla fusione, che contiene un
veemente appello alla resisten za contro il fascis mo3, la macchina della repres sione si mette in
moto: i fir matari italiani del Manifesto sono denunciati presto alla magistrat u ra. E già il 31
dicembre una riunione della direzione del PSI, con alcuni dele gati socialisti reduci da Mosca (meno
Serrati, Tonetti e MafE ancora in ##
1 Il testo del discors o di Zinov'ev è pubblicato dal «Lavoratore», 3- 4 febbraio 1923.
2 Tutte e tre le dichiara zioni rese alla tribuna del congres so vengono pubblicate congiunt a m e n te
dall'« Avanti! », e dal «Lavoratore», il 14 gennaio 1923. Sulla condott a della delegazione socialista
cfr. anche una lettera di ex terzinter na zi on alisti aH'«Unità», 12 febbraio 1961.
3 L'appello, dando conto dell'avvenut o accordo tra le delegazioni del PCI e del PSI, afferma che si
apre al proletariato italiano il periodo della riorganiz z a zi one delle sue forze di cui il Partito
comunist a unificato deve diventare il centro motore, e l'avanguar dia «nella lotta contro il fascis mo
maledet to». Si legge anche nel testo, dopo la parola d'ordine di un governo operaio: «Resistete! Di
fendete la causa del comunis m o legalmente, quando sia possibile, illegalmente quando sia necessa
rio! » Il manifesto è firmato dai membri della Presiden z a del IV Congres so e, per i comunis ti
italiani, da Arcuno, Azzario, Bombacci, Bordiga, D'Onofrio, Giulianini, Gramsci, Graziadei, Gorelli,
Ger manett o, Gennari, Longo, Lunedei, Marabini, Natangelo, Presut ti, Peluso, Scoccimarro, Tasca,
Tres so; per i socialisti da Garruccio, Maffi, Romita, Serrati, Tonetti. L'«Avanti!» pubblicando il
docu mento avverte che « sugli atti e le propos te di Mosca deve esprimere anzitut t o il proprio
avviso la Direzione del Partito».
La mancata fusione col PSI 25.5
Urss) riserba un'accoglienz a al progetto di fusione che non è neppu re tiepida, è freddis si m a; si
decide intanto di rinviare a un congres so del partito - il XX, da convocare presto - ogni decisione '.
Pochi giorni do po si sviluppa all'interno del PSI, l'opposi zione efficace di un gruppo (e non a caso
è quello che il progetto di fusione vuole bandire dal nuovo partito) capeggiato da Velia e Nenni,
che costituirà, contro la fusione, un « Comitato nazionale di difesa socialista »2. E si vedrà come la
direzione del partito, stretta tra fusionisti e antifusionis ti, rimanga inerte spetta trice della
contesa, favorendo colla sua neutralità l'azione di questi ul timi.
Avevano ragione Bordiga, e anche Gramsci, a sostenere che i massi malisti non davano
affidam en t o, oppure era stato l'atteggiam en t o della maggioran z a comunis ta a frustrare i propositi
fusionisti del PSI e le in sistenz e della frazione chiamata terzinter na zio nalist a (e di qui terzina)}
Tasca docum e n t e rà per conto della minora n z a comunis ta che il sabotag gio alla fusione condot t o
a Mosca dalla delegazione del PCI ha compro messo per primo l'unificazione, facendo perdere i
due mesi cruciali, alla ricerca delle « garanzie » 3. Altretta nt o indubbio è il fatto che, mentre las sù
si perfeziona faticosa m e n t e l'accordo, in Italia il PSI è già domi nato dalle correnti centrifughe e «
autono mi s t e », che conquista n o la ##
1 Cfr
Dal verbale della riunione (APC, 1922, 148 / 2 7 - 41; poi pubblicato sull'« Avanti! » [29
novem J^ bre 1923]) risulta che Fioritto e Romita sono decisa me nt e contrari alla riunificazione, che
Garruccio fa giustifica l'approva zione data a Mosca al Manifesto soltant o «per frustrare l'opera
antiunitaria della £- ' maggioran z a della missione comunis ta», che Pagella è perples so. Soltanto
Buffoni e Riboldi si rive p lano favorevoli, pur con non celato scetticis m o. Fioritto minaccia di
dimettersi e si astiene sull'ordi .y ne del giorno finale che accetta, nel suo compless o, il progetto,
riprom et t e n d o si di esaminarlo più a ? fondo; sollecita la prom o zio ne di un fronte unico del
proletariato e assicura che ogni decisione verrà £
affidata a un deliberato congress uale del PSI.
,t
2 Sull'« Avanti! » del 3 gennaio 1923 compare, accanto a un articolo inviato da Serrati e
inneg ^
giante a 11 '« unità comunis ta» uno scritto di Nenni che suona come una rispos ta
immediata negativa. Nenni protest a contro la «liquida zione sotto costo del PSI come un fondaco di
mercante», definisce *"
errata la tattica di Mosca, trova inconcepibile una subordi na zio ne a una
superiore giurisdizione e ■ s*
prome tt e una iniziativa del partito contro «una direzione che si
pone fuori delle delibere congres A
suali». L'iniziativa è tosto assunt a. Il 14 gennaio si
riuniscono a Milano molti esponen ti socialisti Ifa
(con Nenni sono Lazzari, Faralli, Sacerdote,
Assenna t o, Velia, Amedeo, Vernocchi, Calandra ne, Bo ^
vio, Viotto, Acciarini) e deliberano di
formare il Comitato succitato « per garantire a tutto il partito *"!
il suo diritto di decisione
sovrana». Anche il gruppo parlame nt a r e del PSI insorge contro il progetto *>
di fusione, e
nomina Velia segretario del gruppo, destitue n d o Buffoni, fusionista.
3 Tasca present a, a nome della minora n z a del PCI, una relazione all'Esecutivo allargato dell'In
terna zionale comunista, del giugno 1923, in cui illustra ampia me n t e tale sabotaggio. Il testo in La
forma zione ecc. cit., pp. 72- 87.
4 Un docume n t o che porta la data del 18 gennaio 1923, dal titolo Résolutìons prises par la com
missìon pour la fusìon du PCI avec le PSI et approuvées par le Presidiu m de l'I, C. viene firmato da
Gramsci, Scoccimarro, Chiarini, Bucharin, Maffi, Serrati, Tonetti (APC, 1923, r6o /i2 - i5). Tra le
condizioni fissate per la fusione le seguenti: Gramsci e Serrati saranno i direttori dell'« Avanti! »,
or gano del Partito unificato; nel Comitato centrale i comunisti avranno 2/3 dei seggi; il
«Presidiu m» del PCIU consterà di 7 membri, tra cui Bordiga e Tasca (su 4 comunis ti) e Maffi e
Serrati (su 3 socia listi); se i fusionisti del PSI restass ero in minoran z a dopo il congress o socialista
dovranno abbando nare il vecchio partito e fondersi subito coi comunisti. Parte del docum e nt o
verrà riprodot t a sull'« A vanti! », 29 novembre 1923.
256
Capitolo diciassette si m o
maggioran z a nel gruppo parlame n t a re e nelle sezioni e che controllano con Nenni l'« Avanti! ».
Invano Serrati invia da Mosca vibrate proteste contro Nenni '. Nel PSI non vige certo la disciplina
che impedisce ai co munisti italiani di manifest are pubblicame n t e il loro dissens o2.
In febbraio si trascina stanca me n t e la questione. La commissione di unificazione non esercita in
realtà alcuno dei poteri che l'Interna zionale contava di poterle affidare. Il partito massim alista va
verso un congress o nel quale è evidente che le forze antifusioniste avranno la meglio. A que sto
punto, la tattica di Zinov'ev muta: egli rinuncia all'obiettivo imme diato della fusione, ripiegando
sulla propos ta del blocco politico tra i due partiti. Il PCI si lagna che in tal modo si stracciano i
deliberati del IV congress o3. In uno dei quattor dici punti, infatti, si prevedeva che i fu sionisti, ove
fossero risultati in minora n z a, sarebbero entrati come fra zione nel Partito unificato, senza
ulteriori indugi. Ma Zinov'ev è preoc cupato dell'event ualità di provocare una nuova rottura nel PSI
e spera di ricuperarlo in un secondo tempo. La protes ta comunist a - inoltrata l'8 marzo - , il
richiamo a deliberati accettati da tutti, possono anche essere considerati un aspet to pretes t uo s o
della disput a. Ma non altretta n t o si può giudicare il rilievo di fondo contenu t o in essi, e che viene
da un par tito che agisce nella situazione generale in cui si deve muovere il partito italiano: non si
può essere costretti a mutare continua m e n t e di linea tat - ##
1 Serrati scrive da Mosca, il 13 gennaio del 1923 alla direzione del PSI: «Sono meravigliato del la
vostra inattività di fronte alla azione disgregant e di Nenni e alle sue minacce di non sottom e t t e r si
a voi». Dopo aver invocato contro di lui misure disciplinari, Serrati aggiunge: «Comunicate a Nenni
il seguent e telegram m a che si deve compren d e re nel senso giornalistico: Sono colpito della tua
posi zione la quale e contraria agli usi giornalistici e contraria ai fatti: ti ordino di sotto m e t t e rti al
C. C. e al direttore dell'Avanti!. Rìboldì e Buffoni devono sostituir mi alla direzione dell' Avanti! »
Copia della lettera, firmata, in APC, 1923, 164 / 3. Un precede nt e telegra m m a, analogo, ma più
violento nei confronti di Nenni, a firma Serrati, sembra doversi riferire al mese di dicembre (APC,
1922, 148 / 2 5).
2 L'Esecutivo del PCI da conto, in una lettera del dicembre 1922, firmata da Grieco, «a tutte le
federa zioni», delle decisioni di Mosca, in termini stretta m e n t e burocratici che mal celano il disap
punto. Nella lettera si ricorda, anzi, che la maggioran z a della delegazione italiana al IV congress o,
« interpre te delle decisioni del II Congres so comunis ta in Roma ha combatt u t o in linea di principio
e in via specifica la fusione ma ha infine dichiarato che il nostro partito sarà sempre disciplinat o
alle decisioni dell'Interna zio nale». La lettera aggiunge inoltre che «noi chiedere m o al C. E.
dell'Interna zionale il permes s o di tenere il nostro congres so prima del congresso di fusione».
Copia della lettera, sequest ra t a dalla quest ura di Modena, l'8 febbraio 1923, in ACS, Min. Interno,
Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, K. 1, b. 69.
3 Il 24 febbraio 1923 in una riunione della commissione di fusione, in Italia, alla presen z a di
Beruz zi (Manuil'skij) e Giacomo (Ràkosi), cui partecipano Scoccimarro e Tasca (Gramsci è a Mosca)
nonché Maffi, Tonetti e Serrati, ci si limita a constatare che la direzione del PSI tiene «un contegno
debole e ambiguo» (Maffi) e che non si cura delle decisioni prese a Mosca (Scoccimarro). Serrati
con fessa di non riuscire ad estro m e t t ere Nenni dall'«Avanti!». Serrati teme un arresto - che verrà
- e non si reca al giornale (verbale in APC, 1925, 160 / 2 9 - 34). Il io marzo, nuova riunione tra
Beruz zi, Scoccimarro, Tasca, Maffi, Tonetti. Ivi, Beruz zi comunica che l'Interna zionale comunis ta,
visto l'in successo del processo di fusione, punta sul rinvio del congress o socialista e sulla
creazione immediata di un fronte unico e di un'azione comune tra i due partiti. La nuova linea
suscita perples sità nei fu sionisti socialisti. I comunis ti, al corrente della propos t a, già hanno
protest a t o, attraverso una lette ra di Terracini dell'8 marzo che accusa l'Interna zionale comunist a
di battere in ritirata di fronte ai socialisti antifusionisti (APC, 1923, 160 / 3 5 - 42 e 180 / 6 1 - 62).
La mancata fusione col PSI
257
tica, «data specialment e la nostra terribile condizione»1; ciò provoca inevitabilment e una paralisi,
anzi l'esautora m e n t o di una direzione poli tica. Da Mosca, oltre al resto, non hanno tutti gli
elementi necessari per giustificare una tattica a zig- zag, che il partito italiano è il meno indicato
ad attuare. Si vede, infatti che, in questo caso specifico, l'Interna zionale comunist a gioca una carta
sbagliata: quella di puntare su un rinvio del congresso socialista 2. E i comunisti italiani, per la
penna tagliente di Ter racini, la mettono in guardia.
Il PSI ha fissato la data del suo congresso alla metà d'aprile. La forma zione del blocco sottinten d e
e impone il rinvio senza data del congress o; non vi ponete la possibilità (vorrei dire la certez z a)
che la direzione del PS rifiuterà il rinvio? Ed an cora una volta, quale danno non verrà,
all'Interna zionale, da questo rifiuto dei so cialisti ad una sua propos ta la quale tende chiarame n t e
ad evitare la sconfitta al Congress o? 3.
Ruggero Grieco, pochi giorni dopo, rivela dram m a ticam e n t e che la corda della disciplina si è
spez za t a, che non si è più dispos ti ad accettare ogni zig- zag tattico (quando poi non si condivide
la sostan z a di un indi rizzo):
Non sappia m o scrivere su quant o non sentiam o e a favore di ciò di cui non sia mo convinti. Ci
manca - egli scrive al Comitato esecutivo dell'Interna zio nale comu nista - la capacità di sostenere
indifferent e m e n t e due o tre tesi contras t a n ti: è pro babile che questa esperienz a verrà a noi.
La sua è una lettera di dimissioni, non personale ma collettiva per conto dell'Esecutivo del partito
italiano. Il carteggio dei mesi precedenti dimost ra che la decisione maturava da prima del IV
congres so.
Noi sentiam o - prosegue Grieco - che non si può lavorare con i nervi saldi se occorre difendersi su
tutti i fronti, dai vostri richiami qualche volta ingiusti, dal l'opera di alcuni esponen ti della
cosidett a opposizione, dalle insinua zioni dei socia listi, dalla ferocia degli avversari. È necessario
rom pere questo equivoco... Vi chie diamo di mettere al nostro posto uomini che godano la fiducia
dell'Interna zio nale Comunist a perché solo godendo tale fiducia si potrà godere quella del partito.
Forse la nostra sostitu zione potrebbe anche favorire i vostri progetti di fusione perché le ##
1 Terracini, nella lettera ricordat a sopra, aferma appun t o tale concetto aggiungen do: «Insistia mo
che bisogna al più presto dare l'assoluta sicurez z a di base al nostro lavoro organiz za tivo, il quale
è altrimenti destinato a fallire tra il cozzo dei colpi dell'avversario». Il testo della lettera in La for
mazione ecc. cit., pp. 46- 50.
2 Oltre che dalle comunicazioni ai comunis ti italiani, la tattica dell'Interna zi onale comunis ta verso
il PSI è comprovat a da una lettera dell'EKKI. in data 2 aprile, indirizz a ta a Maffi e Riboldi per «il
comitato unionista» del PSI. L'indicazione ivi contenu t a è di cercare di riman da re il con gresso
socialista. Gli unionisti debbono, ove non riuscissero a protrarlo, non farsi «cacciare fuori» dal
partito, perché tra breve potra nn o riconquist ar ne la maggioran z a e « avendolo di nuovo rinforza t o
e rinsaldat o nel mome nt o quando comincerà la decom p o si zione delle forze reazionarie del
fascis mo, il proletariato italiano troverà nel Partito unito un'avangua r dia solidale e organizz a t a»
ecc. (APC, 1923, 181 / 3 2).
3 Dalla lettera di Terracini cit., pp. 49- ^0.
258
Capitolo diciassett esi m o
nostre persone sono un ostacolo che molti socialisti non credono di poter superare. I nostri nomi
sono troppo legati al periodo della scissione perché, nella coscienza element are di qualche
proletario socialista essi possa no legarsi a un periodo di fu sione. Se in questa nostra decisione voi
vedete una nuova manifesta zio ne del nostro infantilis mo, sentirete voi stessi la superiore
necessità di togliere alle nostre mani inespert e la direzione di un partito rivoluzionario '.
A compre n de re il contes to politico e morale in cui la lettera si colloca basta la sua data: 14 marzo
1923. Bordiga è in carcere, il partito è colpi to da un'onda t a di arresti e di persecu zioni
eccezionale. Due settim ane dopo anche Grieco viene arrestat o. L'Interna zionale comunista
ignorerà ufficialment e le dimissioni del Comitato esecutivo del PCI, ma - come vedre mo —
provvederà in modo non meno drastico alla sua sostitu zio ne. Conviene però anche ricordare che
una voce russa si leva a difende re il partito italiano. È di Manuilskij, di cui la polizia italiana (che
non riesce, però, a identificarlo nel nome convenzionale che assum e di Be ruzzi) appren de l'arrivo
in Italia, dal suo più solerte funzionario inviato in missione a Berlino3, nella seconda metà di
marzo. La voce di Dmitrij Manuil'skij è ben diversa da quella di Ràkosi. Prendend o a soggiornare in
Italia, egli viene a contatt o con la dura realtà del mome nt o. Per que sto, già in marzo, invia una
relazione all'Interna zionale comunista in cui mette in guardia l'Esecutivo dal continua re ad
attaccare l'estre mi s m o, la rigidità, il dogmatis m o del PCI:
Bisogna che voi compre n di ate, cari compagni, che oggi non si tratta soltant o di fare la fusione ma
anche di salvare ciò che del moviment o operaio italiano rimane di sano e di onesto nella
decom p osi zion e e demoraliz za zio ne attuale. Il PCI sta bat tendosi contro lo spirito di
liquidazione4. ##
1 Il testo della lettera, datata 14 marzo 1923, «per il Comitato esecutivo del PCI» ed indiriz za ta
all'Esecutivo dell'Interna zionale comunist a, in APC, 192}, 180 / 7 0 - 72. L'episodio verrà ricordato
dallo stesso Grieco (ormai distaccatosi da Bordiga) in un articolo dal titolo Le frazioni e il resto sul
l'«Unità», 9 luglio 1925, in cui dirà: «Non si può tenere il Partito contro l'Interna zionale. E infatti
dopo il IV Congresso [dell'Interna zi onale comunis ta] il C. E. dette le dimissioni. Ma questo atto era
lo sviluppo di un errore, e perciò era un errore più grave. Moltissimi compagni della sinistra, for se
la maggioran z a, ce lo hanno rimproverat o. Noi dovevamo restare al nostro posto, per applicare la
tattica del IV Congress o. La pratica delle dimissioni (per la storia: la lettera di dimissioni fu redat ta
da rne) nasce da una concezione niente affatto comunista del partito rivoluzionario della classe
ope raia; essa deriva da una concezione democratica e socialde m ocr atica che agli organi direttivi
dei par titi si alternino gli espone nti dei gruppi... »
2 Nell'articolo di R. Grieco del 9 luglio 1925, citato prima, si legge in proposito: «Il Comitato
esecutivo dell'Interna zio nale, anziché accogliere le nostre dimissioni ci sostituì senz'altro: non
pote va fare diversa m e n t e. Non poteva prende re atto delle nostre dimissioni. Le ignorò
formal me nt e. Se le avesse conosciute ufficialmente le avrebbe dovute respingere...»
3 Si tratta di un rappor t o firmato «Il Questore Bertini», inviato da Berlino il 23 marzo a De Bono
sulla base di un verbale, spedito da Milano, che lo scrivente assicura di aver potut o vedere. « Il
giorno io marzo è stata tenuta a Milano una riunione con l'intervent o di Fortichiari, Grieco, Terra
cini, Repossi, Beruz zi (?), Manonilsky [sic] delegato della Terza Interna zionale, commiss ario dell'a
gricoltura della repubblica ukraina». Tale verbale - aggiunge il funzionario - è firmato da Mano
nilsky e da Beruz zi, «ma il suo nome è completa m e n t e sconosciuto» (ACS, Min. Interno, Dir. gen.
PS, A. g- e r., 1923, K.i,b. 68).
4 Il testo della relazione di Manuil'skij è riprodot t o nello «Stato operaio», a. 11, n. 11, io apri le
1924.
La mancata fusione col PSI 259
Forse per avere espres s o questo parere Manuil'skij è richiamat o a Mosca e Rakosi è rispedito in
Italia ', ment re Zinov'ev provvede anche a inviarvi in missione da Parigi Humbert - Droz, che poi
tornerà in Italia ri petut a m e n t e, e soggiorna n d ovi a lungo, nel 1924. (Anche Manuirskij, però, nel
secondo semes tre del 1923, ritorna in Italia). ##
1 Se ne ha notizia in due successive lettere: una di Terracini a Zinov'ev (del io aprile 1923Ì che,
appreso il ritorno in Italia di Giacomo (Rakosi), chiede di quale mandat o questi sia fornito (APC,
J923, 181 / 1 0) e un'altra di Terracini, Repossi, Fortichiari e altri in cui (14 aprile) si ramm e n t a che il
PCI si atterrà alle direttive di Beruz zi (Manuil'skij) nonos ta n t e questi venga richiam at o in Russia.
Presenta n d o il carteggio comunist a dal titolo La forma zione ecc. cit., Togliatti aggiungerà che «Ma
nuilski subì, a Mosca, per le posizioni da lui prese, una critica e i compagni italiani gli furono rico
noscenti e rimasero a lui particolar m e n t e legati» (p. 71).
Capitolo diciottesimo
La « battuta anticomunista » del 1923
Il governo fascista ha aperto la grande battut a anticom u ni s t a da tempo prean nunciata. Nello
spazio di una settima na la polizia ha arrestat o oltre 5000 compagni fra i quali tutti i segretari
delle nostre federazioni, tutti gli organiz z a t ori sindacali comunisti, tutti i nostri consiglieri
comunali e provinciali. Inoltre, essa è riuscita ad impadro nir si di tutti i nostri fondi dando un
colpo forse mortale alla nostra stam pa... Non puoi immaginarti ciò che sta succeden d o per le
nostre città e per le nostre campagne da una settim ana: è la vera caccia all'uom o che è stata
organiz z a t a dalla polizia in accordo con le squadre fasciste e donne e vecchi non si sottraggono
alla sorte maledett a... Il nostro partito non piega e non cede: arrestati un quarto dei propri iscritti,
spez za t e le maglie della sua organiz z a zio ne, soffocata la voce della sua stam pa, sciolte le sue
sezioni, privo del suo capo, il compagno Bordiga, minac ciato nei suoi membri di morte e di
tortura, il Partito Comunis ta d'Italia ha già ri preso la sua funzione e i suoi lavori.
È il testo di una lettera del 13 febbraio del 1923, scritta da Umberto Terracini ai compagni italiani
residenti negli Usa1. Bordiga è stato arre stato dieci giorni innan zi. Ma la repres sione
anticom u ni st a viene prepa rata assai prima dal nuovo direttore generale della Pubblica Sicurez z a,
l'ex quadru m viro, generale De Bono. Essa si configura all'indo m a ni stes so della formazione del
gabinetto Mussolini come uno degli aspetti della norm aliz z a zione che il nuovo governo persegue.
Si vuole, metten d o in pratica fuori legge il PCd'I, dimost r are che vi è finalment e un potere ese
cutivo efficace che colpisce gli uomini al soldo di Mosca, gli « antina zio nali », e soltant o essi.
Mussolini, che ha fatto arrestare Bordiga, riceve Baldesi, e sui giornali si parla di unificare tutte «le
forze del lavoro». Ma la repressione anticom u ni s t a ha anche un obiettivo preciso: impedi re la
progetta t a fusione PSI- PCI. Non paiono leciti dubbi al riguardo. Con i dirigenti comunis ti si
colpiscono infatti principalm en t e i socialisti terzint er n a zion alisti. Serrati è arrestat o il 1° marzo,
appena sceso dal tre no al suo rientro a Milano per le corrispon d e n z e inviate all'« Avanti! » da
Mosca e tratten u t o in carcere fino al 5 giugno. ##
1 La lettera, datata Roma, è indirizz at a alla Federazione italiana comunis ta degli Stati Uniti e viene
pubblicata da «Alba nuova», organo della sezione italiana del Workers Party of America, New York,
a. ni, n. io, 17 marzo 1923.
La «battuta anticom u ni s ta» del 1923
261
Il dispotis m o del potere esecutivo si accentua con la « rivoluzione » che si istituzionaliz z a. Prende
a funziona re il Gran Consiglio del fasci smo, un organo di per sé non costitu zionale ma elevato da
Mussolini (che vi presiede) a massi m o ispiratore del nuovo ordine. Mentre la Guardia Regia viene
sciolta, si crea, con gli elementi squadris ti, la Milizia volon taria per la sicurez z a nazionale: una
forza armata di parte, che essa non presta giurame nt o al re ed è alle dirette dipende n z e del
president e del Consiglio, ma al tem po stesso una forma zione irreggiment a t a nello Stato che
dovrebbe anzi garantirlo contro il perpet u ar si dell' illegalismo fa scista». In verità, la
norm aliz za zi one dello squadris m o è tutt'altro che facile e sem plice. Posizioni di potere e
prepot ere locale, ambizioni perso nali di « ras », delinquen z a comune, manifesta zioni di vendetta
dei vin citori, malum ore « sovversivo » contro la eccessiva e subitanea parla mentari z z a zi one e
burocrati z z a zio ne del partito al potere, si appunt a n o contro le direttive centrali di Mussolini.
È stata fatta, ad esem pio, ampia luce sui retroscena che stanno alla base dei sopras s alti violenti
dello squadris m o verificatisi in varie località anche dopo la marcia su Roma, gravi in alcuni casi,
come a La Spezia, do ve i fascisti uccidono sei avversari politici e ancora più sanguinosi a To rino.
Quivi, dopo una serie di scontri, in tutto il mese di novembre e nella prima quindicina di dicembre,
e assalti fascisti ai circoli comunisti (il 28 novembre è ucciso durante un attacco di squadris ti il
comunist a Pietro Longo, zio di Luigi), nella notte del 18 dicembre viene perpetrat a dal Fascio una
vera e propria strage (come « rappres aglia » per il ferimen to di due fascisti in un banalissi mo
fatto privato). Gli squadristi incen diano la Camera del lavoro, devasta no nuova me nt e la sede dell'«
Ordine nuovo » (occupat a dalla polizia!), bastona no, perquisiscono e infine tru cidano ventidue
persone e altrettan te feriscono graveme nt e. Tra le vitti me, barbara m e n t e seviziati e uccisi sono il
segretario della FIOM Pietro Ferrerò, della corrente anarchica, e il consigliere comunale comunista
Carlo Berruti. È un episodio di violenza che si esprime dalle lotte interne di una fazione fascista
contro l'altra ' ma è anche il sintom o di altri gravi fenome ni. La strage di Torino indica infatti,
anzitut t o, che la « rappres a glia » fascista, nello stile delle spedizioni punitive, si esercita sulla
città operaia in cui la presen z a e l'iniziativa comunis ta si sono fatte più sentire e costituisce una
nuova intimida zione contro un moviment o riluttant e a una « norm aliz z a zione » rivolta alla
soppre s sione dell'auton o mia delle organiz z a zi oni proletarie; in secondo luogo, mostra che il
governo di coa lizione, nonost a n t e blande deplora zioni, lascia impunite violenze ed effe - ##
1 Cfr. la docum e n t a zi on e offerta da renzo de felice in I fatti di Torino del dicembre 1922, «Studi
storici», a. iv, n. 1, gennaio - marzo 1963, pp. 51- 122.
262
Capitolo diciottesi m o
ratez z e (di cui già le autorità locali sono state inerti spettat rici). Segno che il governo di coalizione
lascia carta bianca alla repressione (legale e illegale) anticom u ni st a avviata da Mussolini.
Autoriz z a t o dal Consiglio dei ministri ad agire con i mez zi ritenuti più opport u ni contro i pro mo
tori di turba m e n ti, egli esercita tale facoltà nel modo più deciso.
Tutta la polizia è mobilitata da De Bono nella caccia ai comunis ti. Mussolini personal m e n t e ha
dato ordine, il 30 dicembre, di arrestare Bordiga, Gramsci, Natangelo, Arcuno, Camilla Ravera,
Scoccimarro, Pe luso, Presut ti, Tasca, delegati italiani al Congres so di Mosca '. I dirigen ti
comunisti, che ormai vivono e operano clandestina m e n t e, pervengono a sottrarsi per un mese
all'arrest o, ma le loro cautele cospirative (assai rudimen t ali ancora, nonost a n t e un'abbon d a n t e
serie di misure e di av vertenz e organiz za tive) reggono per poco tempo. Il 3 febbraio prende avvio,
dopo una serie di arresti nelle varie province, e una denuncia del la quest ura di Milano alla
magistrat ur a contro i firmatari del Manifesto di Mosca, quella « battuta anticom u nis t a » cui si
riferirà, nella lettera ci tata, Umberto Terracini. La polizia riesce ad arrestare Bordiga a Roma,
all'uscita della sede clandes tina della « Centrale » comunista. Egli viene trovato in posses s o di una
forte som m a in sterline, equivalente a 240 000 lire. Si tratta di un assegno spiccato da una banca
inglese: la sovvenzione dell'Interna zi onale comunista alla sezione italiana, fatta pervenire trami te
la missione commerciale sovietica a Londra2.
Il grosso colpo non da luogo soltanto a una campagna di stam p a bensì provoca una serie di
denunce e di arresti in cui vengono coinvolti, sotto l'incriminazione di associazione a delinquere e
di eccitamen t o all'insur rezione contro i poteri dello Stato, assieme ai dirigenti - a quelli di loro
che non riescono a sottrarvisi — centinaia, anzi migliaia di comunis ti di base, o di sospet ti
aderenti al partito3. Lo zelo delle autorità di polizia ##
1 Il 30 dicembre un biglietto firmato da Aldo Finzi, sottosegret ario fascista all'Interno, è inviato al
direttore generale della PS, accom pagna t o da un ritaglio di stam p a (del «Messaggero») che da no
tizia - con indicazioni di nomi inesatte - di una riunione del Comitato centrale del PCI a Roma. Il
testo del biglietto reca: « L'È. V. provveda, d'ordine del President e del Consiglio, ad arrestare le per
sone, di cui all'annes s o trafiletto, marcate in blu». Mussolini aveva «marcato» tutti i dirigenti sun
nominati ed escluso due deput ati perché protetti dall'im m u ni tà parlame nt a re: Bombacci e
Graziadei (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, K. i, b. 68).
2 Gli agenti di PS arresta no Bordiga proprio quando egli cerca di mettere in salvo, da eventuali
perquisizioni, la som ma e vari docume n ti riservati, «in una voluminos a cartella di cuoio». Nella car
tella sono rinvenute tre banconote della Banca di Londra per comples sive 2500 sterline. Nella sede
comunist a (in via Frattina 3j) viene anche sequest ra t a la som ma di 36 700 lire in valuta italiana.
Bordiga non negherà la provenien z a della som m a, sostenen d o in pari tem po che il governo
sovietico non ha altra partecipa zione alla sovvenzione che quella di consentirne l'inoltro, tramite i
suoi uffici, dalla Interna zionale comunis ta alla sua sezione italiana.
3 La denuncia del questore di Roma, Bertini, in data 6 febbraio (per reati contem plati dagli artt.
246, 247 e 231 del Codice penale) che si basa sia sulle frasi contenu t e nel manifesto di Mosca, di
ap pello alla lotta contro il governo fascista, sia sulla scoperta della som m a e dei docum e n ti
requisiti a Bordiga, riguarda tutti i mem bri dell'Esecutivo comunista nonché Giuseppe Dozza e
Teodoro Silva
La «battuta anticom u ni s ta» del 1923 263
periferiche è tale che persino De Bono è indott o a raccoma n d a r e maggio re «pondera zione»'. La
maggioran z a degli imputa ti (salvo i dirigenti maggiori) sarà infatti prosciolta in sede istrutt oria.
Trenta d ue accusati verranno invece process ati - come diremo - dal tribunale di Roma, nel mese di
ottobre. Saranno tutti assolti, ma l'incarcera m e n t o di Bordiga, per quasi nove mesi, nel mome nt o
del contras to decisivo con l'Interna zionale comunis t a, avrà un'impor t a n z a rilevante.
Frattant o, tra febbraio e aprile, viene arrestato quasi tutto il Comita to centrale e 72 segretari
federali nonché 41 segretari delle organiz z a zioni giovanili provinciali. È soppre s s a «
L'Avanguardia ». In maggio, a Milano «cade» anche la segreteria della FGCI. Nella sede clandesti na
dell'organi z z a zi one giovanile vengono arrestati Berti, Longo, Guerman di e Cassitta; nuovi
docum e n ti, « capi d'accusa », sono seques t ra ti dalla polizia2. Tasca è inviato in Svizzera, poi a
Parigi (sia per sottrarlo all'ar resto sia perché si occupi della numeros a emigrazione politica ivi
rifugia tasi, che si raccoglie, per quanto riguarda i comunisti, in una vera fede razione di partito;
ma, probabilme nt e, anche per allontanare un troppo acceso fusionista). Anche Vota è clandes ti no.
Fortichiari andrà in Russia per discutere, in qualità di dirigente dell'ufficio illegale, un piano di resi
stenz a efficace alle persecuzioni. Grieco viene arrestat o a Milano il 31 marzo. Sono prima Grieco e
Terracini, poi il solo Terracini a reggere il peso della direzione politica nel momen t o della
maggiore reazione che è anche quello in cui più ingarbugliata, inestricabile, ormai, è la matass a
della fusione. E, conviene ram me n t a rlo, si tratta di una direzione dimis sionaria nei confronti
dell'Interna zio nale comunista, che, poco prima dell'arrest o di Grieco, si è avuta la crisi deter minat a
dalle ultime diretti ve ritenute inaccettabili dall'Esecutivo italiano. Ciò da la misura comple ta della
situazione dram m a tica in cui si trova il giovane partito.
Il gruppo dirigente provvede a colmare in primo luogo i vuoti aper - ##
(amminist ra t ore) in quant o affittuari della sede illegale « nella simulata qualità di rappres e nt a n ti
di com mercio» (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 192}, K. 1, b. 69). In quasi tutte le altre
province sono form ulate dalle quest ure denunce analoghe. Gli arrestati ammo nt a n o a 2000
secondo la fonte governativa, salgono a ^000 secondo quella comunista. Tra i dirigenti e i
funzionari comu nisti più noti vengono arrestati, in febbraio, a Cuneo Azzario e Germanet to, a
Napoli Ortensia De Meo, Ugo Arcuno, Sanna, Natangelo, a Trieste Vittorio Vidali, Rita Maierotti,
Polano, Giardina, Ra vagnan, Amoretti, Viglongo, Bice Ligabue a Modena, Virgilio Bellone e Nicola
Cilla a Milano, Pre simi a Teramo.
1 Nella circolare ai prefetti dell'n febbraio 1923, De Bono telegrafa: «Si inoltrano denun zie
Autorità Giudiziarie relazione procedi me nt o penale in corso Roma senza consiste n z a positiva,
senza elementi giuridici materiali di reato. Occorre Autorità PS proceda ovunque ponderat e z z a in
base con creti seri accerta m e n ti fatto poiché denun zie generiche basate soltanto su precede nti
politici o su semplice possess o di stam pa ti propagan d a ovvero sulla qualità fiduciario comunista
non possono por tare utile concorso alla procedu ra iniziata Roma anzi potrebber o svalutare
consisten z a prove già rac colte» (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, K. 1, b. 69).
2 Ne da notizia in un rappor to del 15 maggio, il prefetto Lusignoli (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS,
A. g. e r., 1923, K. 1, b. 68).
264 Capitolo diciottesi m o
tisi nelle proprie file. Il Comitato esecutivo coopta come suoi membri « provvisori » Togliatti e
Scoccimarro e chiama a far parte del Comitato centrale, con quest'ultim o, anche Camilla Ravera e i
due « destri » Tasca e Graziadei. Entramb e le integrazioni sono compiute « dietro indicazioni di
uno dei rapprese nt a n ti del Kominter n » che si trova in Italia. La mi sura è presa il 5 marzo2, ma
per Tasca e Togliatti resta ancora sulla Carta, che il primo è all'estero e il secondo, malato, è senza
contatti col centro ' per tre mesi e potrà assum e re efficaceme nt e il suo posto soltanto dopo la
metà di aprile.
Nonosta nt e la stam pa prenda a dire che i comunisti sono spariti, dal l'estre m o lembo nord orientale della penisola, a Trieste, dove « Il Lavo ratore » continua le sue pubblicazioni nonos ta n t e
la falcidia di redatt o ri (uno dei quali è ucciso dai fascisti)4, si risponde sin dal 9 febbraio: « Per
antica abitudine i compagni sanno che il nostro partito non riceve colpi mortali »5. È lo stile già
afferm at osi in due anni di guerra civile. Il fascismo - insistono i comunis ti - compie quanto è nella
sua logica.
Soltanto in un caso questo stile severo, quasi altero, si accende in un omaggio appas siona t o a
Bordiga, nel cui nome si salutano « tutti i com pagni carcerati ». È un articolo sintom a tico perché
per la prima volta un organo ufficiale del partito parla del suo capo e perché il giudizio condu ce a
un significativo confront o, non privo di maliziosa partigianeria per il primo, tra Bordiga e Gramsci.
Lo scritto è dovuto a Ruggero Grieco6. ##
1 Dalla Relazione del Comitato centrale del PCI al V congress o dell'Interna zio nale comunis ta, APC,
1924, 229 / 6.
2 Ne da notizia U. Terracini con una lettera all'EKKI del 6 marzo 1923 (APC, 1923, 180 / 5 8).
3 Ne La forma zione ecc. cit., p. 52, Togliatti testim onia che «amm alatosi seriame nt e durante
l'inverno, potè ripren dere i contat ti col centro del partito soltanto nel mese d'aprile». L'« Avanti! »,
che ospita frequent e m e n t e in questo periodo i comunicati dell'Esecutivo del PCI, pubblica, il 12
aprile 1923, questo singolare avviso (redatto da U. Terracini): «Si invita il compagno Palmiro To
gliatti a rimettersi immediata m e n t e in rapporti diretti con il C. E. del Partito».
* Alla redazione del « Lavoratore » sono accorsi molti giornalisti del partito dopo la forzata chiu
sura degli altri organi di stam p a, quotidiani e periodici: Alfonso Leonetti (che sarà arrestat o, poi
rilasciato), il giovanissim o Giuseppe Amoretti, Andrea Viglongo (che si dimetterà dal partito in que
sti mesi), Angelo Pastore, fratello di Ottavio, Luigi Polano, Secondino Tranquilli. Nonosta nt e arresti
successivi il giornale continuerà le pubblicazioni sino a luglio, pur con frequenti interru zioni, ti
rando t7ooo copie di cui 7000 vendute a Trieste, 1500 a Roma, 600 a Milano, 500 a Torino e la
rimanen z a nelle altre province. A redigerlo sono in tutto 2 redatt ori legali e 2 clandes ti ni. (Da un
rappor to del Comitato esecutivo del PCI, del 23 luglio 1923, in APC, 178 / 5 8). Nel mese di giugno,
nel corso di una delle tante rinnovate azioni squadris tiche dei fascisti triestini viene pugnalato un
falegna m e, Domenico Bat, perché trovato in posses s o di una copia del «Lavoratore» e un redattore
del giornale, Mario Bercé, è trucidato.
5 « Il Lavoratore».
6 L'editoriale, Bordiga, sul «Lavoratore», 7 marzo 1923 è firmato ***. Che sia di Grieco si de duce
da un preciso riferime nt o dell'autore quando tornerà sul parallelo tra i due dirigenti in uno scritto
dell'anno successivo, dal titolo Gramsci su «Prometeo», «rivista di cultura sociale», a. 1, n. 2,
Napoli, rj febbraio 1924, afferma n d o: «Io dissi altrove che il Bordiga è per tempera m e n t o pro
penso alle sintesi, in confront o a Gramsci analista...» Gramsci stesso, prima di leggere, nel marzo
1924 a Vienna, il profilo che Grieco gli ha dedicato, scrive a Togliatti che glie n'ha accenna to: «Ho
letto, nel marzo 1923, un articolo sul "Lavoratore" che ritengo sia dello stesso Grieco e che conte
neva apprez z a m e n t i al mio riguardo completa m e n t e errati» (La forma zione ecc. cit., p. 254).
La «battuta anticom u ni s ta » del 1923 265
L'autore, dopo aver elogiato ferme z z a di carattere, passat o di lotta, forza politica di Bordiga,
scrive:
Bordiga non è né filosofo né scienziato né scrittore. È un comunista giunto al comunis m o
attraverso lo studio dei suoi Maestri. Agli agi della sua famiglia di an tica nobiltà e della sua
professione in cui poteva eccellere, ha preferito farsi condot tiero di masse. Interess an t e diviene
un confront o tra le due mentalità più caratteri stiche del nostro moviment o, Gramsci e Bordiga. Il
primo è tempera m e n t o filoso fico, di studioso indefesso, di « affamato di dottrina », propens o
all'analisi, paziente raccoglitore di elementi intorno ad un'analisi. L'altro, il Bordiga, è un sintetiz za
tore, che diffida dei libri, innamor a t o della battaglia, giovialissimo e fortissim o. Nel primo il
giudizio ha uno sviluppo più lento ' perché ha bisogno della ricerca di tutti i suoi elementi, nel
secondo il giudizio è più sollecito per la rapidità con cui avviene la soluzione tra gli elementi utili
e necessari, da quelli inutili e superflui. Il Gram sci tende alla divulgazione, alla scuola,
all'insegna m e n t o, il Bordiga preferirebbe coman da re battaglioni armati: ha un po' in uggia la
cattedra ed anche il podism o dei peripatetici2. Bordiga non ha scritto libri e temiam o che non ne
scriverà mai... Non ha mai visto la copertina di un libro di Croce o di Gentile... Ma quello che più
conta è l'educa zione rivoluzionaria che egli ha dato al partito, l'abitudine allo stu dio e alla
discus sione.
Ci sono, sicura m e n t e, nello scritto anche un'eco o un sopras s alt o del la polemica contro la
forma zione idealistica di Gramsci e dei suoi compa gni più vicini, polemica che nel ceppo
bordighiano è destinata a riesplo dere presto, mentre gli ordinovisti sono anch'es si alla vigilia di
riscoprire le ragioni di un loro specifico raggrup p a m e n t o di frazione. In questo mo mento,
comun q ue, le preoccupa zioni organiz z a tive sono un coefficiente di coesione.
Mentre il partito mantiene a Roma un « ufficio centrale » legale tenu to dai tre parlame n t a ri più
collegati al centro effettivo, Repossi, Grazia dei e Belloni, l'Esecutivo si riorganiz z a presso Milano
in due sedi clande stine, l'una alla periferia della città, l'altra ad Angera sul Lago Maggiore, in una
villa « che all'aspet to testimo niava d'un lungo abbando n o » 3. Con la fine d'aprile Togliatti,
rientrato in attività, diventa anche il dirigente più respons a bile dell'appara t o. Terracini andrà a
Mosca, Scoccimarro a Berlino. Lavorano in stretto contatto con Togliatti Camilla Ravera, Al fonso
Leonetti, Rita Montagna na, Giuseppe Amoretti, Felice Platone: quasi tutti ex ordinovisti. Tasca, al
suo rientro dall'estero, si occuperà ##
1 Nello scritto di Grieco, del 1924, Gramsci cit., l'autore preciserà: «Il process o di genera zione
dell'idea - sintesi è, nel Gramsci, lento... è il risultato di un lungo e spesso torme nt o s o
procedi me n t o. Un fatto che urti contro il suo cervello brilla dei propri mille elementi. Gramsci si
innam ora di co testi elementi...» (p. 30).
2 È un ironico riferiment o all'abitudi ne di Gramsci di accom pagna r si per istrada coi compagni in
lunghe conversa zioni: un'abitudi ne che ricordano in particolare tutti coloro che lavorarono con lui
all'«Ordine nuovo» ram m e n t a n d o le camminat e nella Torino nottur n a dopo il lavoro comune in
redazione. Gramsci manterr à queste abitudini anche a Mosca.
3 C. Ravera ha rievocato l'atmosfera di quel rifugio clandes ti no («L'Unità», 21 dicembre i960).
266
Capitolo diciottesi m o
soprat t u t t o del settore economico - sindacale. Qual è la loro attività prin cipale? Su che forze
possono contare? Qual è lo stato del quadro di par tito? Considera n d o la dispersione dei militanti,
la soppre s sione delle se zioni e delle federazioni, la mancan z a di ogni attività legale, tutto lo sfor
zo consiste nel sopperire alle prime necessità di ricostit uire una rete di collegamen ti sconvolta
dagli arresti in massa, mentre i comunis ti attivi sono poche migliaia, 5000, 7000 al massim o. Che
problemi e difficoltà abbia aperto l'ondata repressiva dirà eloquente m e n t e la Relazione del PCI al
V congres so dell'Interna zi on ale comunista, del giugno 1924:
Nella maggior parte delle regioni tutti i compagni che fino al colpo di Stato ave vano tenuto nelle
loro mani le file della organiz z a zione di partito o delle organiz z a zioni sindacali da noi
controllate, dovettero allontana rsi dalle loro sedi, ed emigra re. Si ebbe inoltre una emigrazione di
un enorm e numero di altri elementi o iscritti al partito oppure semplicem en te operai conosciuti
per le loro tenden z e sovversive. Calcoliamo il numero di questi proletari emigrati dall'Italia per
ragioni politiche a più di centomila. Bisogna inoltre tenere conto del numero grandissi m o dei com
pagni arrestati sotto la imputa zione di avere preso parte a conflitti svoltisi nei mesi
immediata m e n t e antecedenti al colpo di Stato fascista e di operai sovversivi coin volti nelle stesse
imputa zioni. Nel solo carcere di Forlì sono tuttora rinchiusi 180 operai e compagni nostri; nel
carcere delle murate di Firenze se ne trovarono du rante il 1923 più di 2000 di cui 187 come
imputati di un solo processo, quello per la rivolta popolare di Empoli contro un'incur sione armata
di fascisti compiuta nel l'anno 1921! Centinaia di compagni e di contadini simpatiz z a n ti con il
nostro par tito si trovarono al principio del 1923, e buona parte si trovano tuttora, nelle car ceri
delle Puglie... Si deter minò per questi motivi un'estre m a rarefazione di ele menti utilizzabili per il
lavoro di partito e quegli stessi che poterono essere utiliz zati dovettero agire mantene n d o si
nascosti e più di una volta, scoperti, dovettero allontana rsi e si rese necessaria la loro sostitu zione
'.
Il primo consiglio che il partito da ai suoi illegali è quello di avvici narsi « al metodo di vita di
persone insos pe tt a bili sia per le loro modera te opinioni politiche sia anche per il loro sistema di
vita che appunt o per questo non possono, socialment e, avere posizioni prepon de r a n ti e quin di
non attirano sulla loro persona atten zione alcuna ». Trasform a rsi, in som ma in piccoli borghesi.
«Copiare rigorosa m e n t e gli individui che fanno parte della classe piccolo - borghese ». Si tratta
anche, natural m e n te, di procurarsi docume n ti di riconosci me nt o che dovrebbero corrispon dere a
persone reali che si trovano lontane dal proprio domicilio, ma non appare superflua l'avverten z a
di « sincerarsi, prima di assu m ere le gene ralità di un individuo, che questi non abbia conti con la
giustizia e non sia ricercato ». L’illegale « deve cercare di fare sparire, magari con artifi - ##
1 PCd'I, Relazione cit. al V Congres so della Interna zionale Comunist a.
2 ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, K. 1, b. 69.
La «battuta anticom u ni s ta» del 1923 267
Ci, segni particolari di riconosci me nt o conosciuti sia dalla polizia che dal le persone colle quali
ebbe rapporti legali », « mutare espressione del vi so senza però ricorrere a mezzi quaranto t t e sc hi
».
I collegamen ti con il centro verranno tenuti, per l'innanzi, da fiducia ri provinciali, singole persone,
che a loro volta sono in contatt o soltanto con altri « fiduciari » di quartiere, di zona, in una
strutt u ra zi one vertica le che deve servire a fornire il minimo appiglio alla repres sione. Anche la
base del partito va organiz z a t a in modo analogo, attraverso il raggrup pament o di cinque, sette,
dieci compagni al massim o che non hanno con tatti con altri militanti. Il capogrup p o è l'unico a
mantene re un rappor to con i dirigenti attraverso il respons a bile del quartiere, della zona, e que sti
con quello della città. Per l'organiz z a zio ne illegale in fabbrica verran no più tardi disposi zioni più
precise. Comincia, all'indo m a ni stesso del l'ondat a repressiva, un paziente lavoro per « ricuperare
» i comunis ti di spersi, per ritessere la trama della organiz z a zio ne illegale. È un lavoro che da la
misura della novità stessa del partito nella storia del movimen to operaio italiano. Nulla di simile
era accadut o per il passat o, nulla la scia presagire che il PSI intenda adottare analoghe misure. È in
questi mesi che nasce anche quella figura del cospiratore comunista, del funzio nario di partito,
che per vent'anni animerà la resisten z a del PCI alla dit tatura nemica trionfant e. Comincia la
girandola dei « nomi di battaglia », dei recapiti illegali, delle tipografie clandestine, delle valige a
doppio fondo, di una esisten za precaria ma retta da ferree regole interne. Igna zio Silone
(Secondino Tranquilli) ce ne ha dato l'immagine più efficace, anche se con una colorazione
esasperat a e roman z e s ca che mette in om bra la presa di coscienza d'una scelta.
Le condizioni di vita imposte dalla conquist a fascista dello Stato furono assai dure per i comunisti
ma costituivano anche la pietra di paragone di alcune loro tesi politiche e l'occasione di attuare un
tipo di organiz z a zio ne assai adatta alla loro mentalità. Così, anch'io, durante alcuni anni, mi
adattai a vivere come straniero in Patria. Fu necessario cambiare nome, abbando na re ogni
precedent e relazione di fa miglia e consuet u di ne, fissare la residen z a in province prima mai
frequent a te, e con durre una vita apparen te che allonta nas se ogni sospet to di azione cospirativa. Il
partito diventò famiglia scuola chiesa e caserm a; all'infuori di esso il mondo restan te era tutto da
distruggere. Il meccanis m o psicologico della progressiva identifica zione del singolo militante
comunist a con l'organis m o collettivo è ormai noto; è quello stesso che da risultati press'a poco
identici in alcuni ordini religiosi e in cer te scuole militari. Ogni sacrificio era ben accetto, come un
doveros o contribut o per sonale al prez z o del comune riscatto. E sia ben chiaro che i vincoli che ci
legavano al partito erano sem pre più saldi, non malgrado i pericoli e i sacrifici che essi com
portavano ma grazie ad essi. ##
1 ignazio silone, Uscita di sicurez z a, Firenze 196^, pp. 81- 82.
268 Capitolo diciottesi m o
I vincoli di dedizione al partito non stempe rera n n o nella solidarietà comune le lotte interne più
violente né i contras ti e i casi personali più aspri e dolorosi. Ma la tensione morale altissim a è un
tratto intrinseco, illustra la natura di questa nuova forma zione e la sua capacità di reggere alle
difficoltà treme n de dell'ora. Ed è anche questa la chiave migliore per leggere la numerosis si m a
serie di avvisi, disposizioni, che si emanano da parte del gruppet t o di perseguitati: un comples so
di provvedim en ti, e più spesso di propositi, che non è inteso soltanto a « sprofon d ar e » nella
illegalità per resistere meglio ai colpi dell'avversario, ma, più costrut tiva mente, a mantenere quei
collegamen ti che debbono stringere il centro al la periferia e il partito alle masse in un modo
adeguato ai compiti del pre sente e dell'im m e diato avvenire.
In aprile, ad esempio, vengono creati cinque « interregionali », gran di zone dirette da un
funzionario qualificato che è il solo a inviare rap porti al Centro: il 1° interregionale compre n de il
Piemonte e la Liguria, il 2° la Lombardia e l'Emilia, il 3° il Veneto e la Venezia Giulia, il 4° la
Toscana, l'Umbria, le Marche, il Lazio, l'Abruz z o, il 5° il Mezzogiorno, dalla Campania alle isole. Il
partito è presto impegnatis si mo nel ritesse rare per il 1923 i suoi soci: un censiment o che è anche
un mezz o per re gistrare la temperat u r a della base operaia e contadina, e lo stato generale delle
masse. È ora che abbonda n o le circolari e un fittissimo scambio di corrispo n de n z a tra la direzione,
gli interregionali, i « fiduciari », i segre tari di federazione, ancora reperibili.
Una delle prime circolari che il Centro invia ai segretari e ai fiduciari dopo l'ondat a dei primi
arresti di febbraio da una serie di consigli per i militanti in caso di arresto; sono consigli e norme
cospirative che si rin noveranno poi e si riadattera n n o al mutarsi delle condizioni della lotta per
un ventennio. I comunisti sono autoriz z a ti a negare la loro apparte nenza al partito se interrogati
dalle autorità:
La polizia e la magistrat u ra tentera n no di strapp ar e notizie e date interroga n do i compagni
arrestati, usando a volte maniere violente, minacce, a volte maniere cor tesi, blandizie, apparen te
noncura n z a. Accade spesso che i nostri compagni arre stati si illudano di cavarsela,meglio dando
mezz e notizie, giocando d'astu zia. Quasi sempre questo contegno conduce l'inquisito ad
impigliarsi in contra d di zioni, ammis sioni, reticenze, sciocchez z e, di cui approfitta l'inquirent e per
farlo cantare. Spesso l'inquirent e ricorre al mezz o di finte delazioni, di falsi tradime n ti da parte di
com pagni per riscuotere lo spirito dell'inquisito, per fargli credere vano negare, per in durlo a
delazioni. Il compagno arrestat o o anche interrogat o a piede libero, se non è più che sicuro di se
stesso si mantenga negativo qualunqu e sia la doman d a in qualsia si modo fatta: sulle cose del
partito, sui soci, sui dirigenti, sulla loro opera, ecc. ... '. ##
1 Copia della circolare n. 12, destinata a Ravenna e intestat a « ai segretari e ai fiduciari» in ACS,
Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, K. i, b. 70.
La «battuta anticom u ni s ta» del 1923
269
Forse più significativa è un'altra circolare, ma questa non del Centro nazionale bensì diramat a
ancora da una Commis sione esecutiva cittadi na, e accom pagna t a dall'indicazione Leggere e
distruggere. (Si deve alla leggerez za di uno dei destinatari, i « capi quartiere », se essa cade in ma
no alla polizia; ma anche se la possia m o riesum ar e...) Si stabilisce che la città venga divisa in dieci
quartieri e che ogni quartiere abbia un certo numero di squadre anch'es se capeggiate da un
iscritto. E poi si aggiunge che bisogna reagire al disfattis m o, rivelando l'orgoglio della prova a cui i
comunisti sono chiamati:
Della ricostru zione facilona in tempi migliori nessuno sa cosa farsene: è nelle attuali condizioni
che si costituisce una Sezione della Interna zionale Comunist a! In questo periodo in cui la reazione
si incarica della selezione di coloro che per debo lezza di animo o per assenz a di fede non sono
fatti per militare in un partito rivolu zionario: in questo periodo in cui la reazione diventa una
scuola ricca di amm ae stra me n t o per tutti. Di Barnum ' non se ne parlerà mai più. Del resto, i
compagni russi ci hanno insegnato che cosa debba essere un Partito comunista, anche dopo la sua
vittoria :.
È quell'anim o cui Silone si riferiva e che ci da la misura dello spirito di resisten z a, dei suoi motivi
morali (anche qui si vede quanto pesi l'i deale esempio del partito russo - cui ci si ispira, del resto,
nella tecnica cospirativa — nonché quale sia l'atteggiame n t o della base nei confronti dei socialisti).
Beninteso, vi è l'altro verso della medaglia. Per restare al caso di Torino (uno di quelli su cui più
assiduo è il controllo di polizia) e di altri centri vicini, sappia m o da una relazione che mander à
Angelo Ta sca, in agosto, che i comunis ti torinesi collegati al partito sono nel mese di aprile del
1923 soltant o 68 (su 600 che contava la sezione nel 1922) e che divengono 200 nell'estate. Nel
Biellese se ne calcolano 400, in tut ta la Liguria sono rimasti appena 276 soci (78 a Genova e 82 a
Savona, 12 a Oneglia, 17 a Cornigliano, ecc.)3. La situa zione delle varie altre province non è
dissimile, a giudicare dal quadro che delineano i vari di rigenti «interregionali». Una cinquanti na di
iscritti a Bologna, 150 a Imola, 200 a Reggio Emilia, una decina a Parma, 15 a Mantova, 30 a
Brescia, e così via: un'otta ntina a Pistoia, 28 a Siena, 34 a Pisa, 157 a Firenze, 34 a Pesaro, 50 ad
Ancona, 57 ad Ascoli, 43 a Terni, 120 a Ro ma, 54 a Napoli. Una situazione quale quella che viene
registrat a a Ra venna ci fornisce ragguagli forse tipici. Sono stati ritesserati 300 comu nisti di cui
68 sono incarcerati; 300 compagni sono emigrati e un'ottan - ##
1 Una copia delle circolari va nelle mani della quest ura di Torino che la invia, con lettera del 14
giugno 1923, a Roma (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 192), K. 1, b. 70).
2 Dal testo di una relazione di Serra (A. Tasca) dell'agosto 1923 (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A.
g. e r., Atti sequest r ati al PCI [1920 - .2.5], b. 3, f. 30).
3 Il PSI.
270
Capitolo diciottesi m o
tina di braccianti « passati ai fasci ». Le relazioni insistono tutte sul dato di fondo: la
disorganiz z a zi o ne dei lavoratori, lo scoram e n t o, la sfiducia.
Le difficoltà maggiori - scrive il rappre se n t a n t e dell'interregionale della Vene zia Giulia - che si
riscontra no nell'opera di riorganiz z a zio ne e propaga n d a nascono dalla profond a apatia che ha
colpito i compagni in generale e un po' tutti gli operai dopo le sconfitte subite in occasione degli
ultimi scioperi generali. Inoltre, la disoc cupazione, sempre più dilagante in questa plaga, è una
delle cause maggiori dell'at tuale scoraggiame nt o della massa operaia '.
In Emilia si verifica un fenome no nuovo: le masse salariate agricole, quasi in blocco affluite o
irregiment a t e nei sindacati fascisti, mostra no la loro irrequietez z a per il predo mi nio agrario
sem pre più pesante e qua e là la tensione tra braccianti e mez za d ri è forte. Ma l'esercito operaio
nel suo insieme è in una situazione di sfacelo organiz z a tivo. Molte Ca mere del lavoro sono sciolte
o inoperanti, il regime di fabbrica, se non ha ancora abolito le Commissioni interne, ne ha ridott o
enorm e m e n t e funzioni ed autono mia. Numerosi sindacati raccolgono un ventesim o dei soci di due
anni prima, le Confedera zioni nazionali di classe sono preci pitate perde n do dal 60 all'80% degli
affiliati2. I salari subiscono ridu zioni che vanno dal 20 al 50%. I disoccupa ti rasenta no il mezzo
milione. Trenta mila ferrovieri vengono licenziati per rappres aglia allo sciopero dell'agosto 1922. Il
governo Mussolini offre ai lavoratori una regola menta zione di legge dell'orario di lavoro di otto
ore, che sarà sempre meno applicata. Esso abolisce il 1° maggio e vi sostituisce come «festa del
lavoro » il 21 aprile, « Natale di Roma ».
Qua e là scatti di resisten z a rabbiosa, ormai anch'ess a illegale, si ma nifesta no in episodi
significativi. A Torino, ad esem pio, dove la Camera del lavoro largamen t e influen za t a dai
comunisti è sciolta dalla CGL e dove i licenziam e n ti politici impediscono alla Fiat la presenta zio ne
di una lista in cui vi siano rappres e nt a n ti del partito, gli operai, per prote sta, decidono di votare,
quando sono chiamati al rinnovo della Commis sione interna, per la maschera locale di « Gianduia
»3. Altri episodi sono ##
1 Dalla relazione dell'Esecutivo della Federazione della Venezia Giulia alla Centrale del Partito,
datata Trieste, 23 luglio 1923 a firma Gildo Beri (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., Atti
seques tr a ti al PCI [1920 - 25], b. 3, f. 36). Gli altri dati emergono, per il segretariato interregionale n.
4, da una relazione di «Pesci» (Montagna na?), rinvenut a alla stessa fonte (b. 3, f. 37); per il se
gretariato n. 2 da una relazione di A. Piccini (Gustavo Mersù) (b. 2, f. 28); per il segretariato n. 5 da
una relazione anonima (b. 3, f. 41).
; In un rappor to in francese, che la delegazione del PCI present erà a Mosca, nel maggio del 1923
per l'Esecutivo allargato dell'Interna zio nale comunis t a di giugno (APC, 1923, 157 / 3 2 - 71) si for
niscono questi dati: la CGL, che aveva nel 1921 più di due milioni di iscritti, nel 1923 ne conserva
soltanto 150000; la CIL scende da 900000 a 300000; il Sindacato ferrovieri, colpito dalle repres
sioni più forti ha soltanto più 20 000 iscritti. I sindacati fascisti raggnippa n o per contro 1 295 000
lavoratori, per il 60% delle campagne e per il 157Ó impiegati pubblici e privati.
3 L'episodio è descritto da Camilla Ravera in Une courageuse manifesta tion du prolétariat de
Turin, «La Corres pon d a nc e imernationale», a. ni, n. 32, 20 aprile 1923.
La «battuta anticom u ni s ta» del 1923 271
non meno clamorosi. Abbarbicarsi alle fabbriche, anche con una piccola organiz z a zio ne
clandestina, è la parola d'ordine che il partito da ai pro pri attivisti. E proprio perché la direzione
della CGL è sempre più av versa a consentire una penetra zione comunista si pensa di far leva su
quelle Commissioni interne che sono in grado di riflettere in una certa misura un'azione autono m a
dei lavoratori. Nel moment o più oscuro il partito pare voler riprende re la tematica tipica
dell'ordinovis m o. È Togliatti a insistere sugli « organi di fabbrica »2 in questo preciso signifi cato.
Vi è forse soverchio ottimis m o in tale pros pet tiva che vorrebbe creare finalmente un contraltare
alla CGL ormai rassegnat a alla capi tolazione più completa. Tasca, non a caso, si è most ra t o di
parere di verso.
Nei rapporti personali che egli prende a tenere con l'Interna zio nale comunist a, ha insistito sul
fatto, che egli ritiene essenziale: « la sola for za considerevole che possa esercitare una influen za
politica d'un certo peso è rapprese n t a t a dalle masse che sono raggrup p a t e nel PSI e soprat tutto
intorno all'"Avanti! "». Quanto alla valutazione della forza che possiede ancora il Partito
comunist a, Tasca è assai pessi mis ta; in una let tera confidenziale inviata a Mosca, a quel Chiarini
con cui intrat tiene un contat to diretto:
Il Partito è stato terribilment e colpito dagli ultimi avvenimenti. Però, malgra do le perdite subite
(arresti, emigrazioni, stanche z z a e passaggio al fascism o) ci re sta un'elite di qualche migliaio di
compagni che rapprese nt a n o senza dubbio un'a vanguardia ammirevole e molto selezionat a. Ma i
nostri legami con le masse, che del resto il partito ha nel passato molto trascura to, sono ora
debolissi mi: non ab biamo né stam pa (il « Lavoratore » di Trieste ha un'influen z a prevalente m e n t e
lo cale e non arriva nel resto d'Italia che molto tardi) né organiz z a zi one sindacale o cooperativa: il
partito è verament e staccato dalle masse, almeno per ora. ##
1 In un rapport o, non firmato, all'EKKI del 9 maggio (APC, 1923, 181 / 2 6 - 29Ì, l'Esecutivo del PCI fa
sapere che a Torino l'astensione dal lavoro il 1° maggio ha raggiunt o il 5O>O in alcuni stabi
limenti e che due giovani comunisti, quel giorno, sono riusciti a issare un drappo rosso in cima
alla Mole Antonelliana; che a Roma 20 000 lavoratori, in specie al Testacelo, hanno incrociato le
braccia, che notevoli astensioni dal lavoro si sono avute a Milano, Genova, Parma, Firenze e Bari.
2 In un convegno sindacale che si terrà illegalmente il 17- 18 agosto, alla presen z a di Serra (Ta
sca), Palotta (Vota), Ferri (Leonetti) e altri dirigenti operai come Roveda, Azzario e Oberti, Palmi
(Togliatti) present a una mozione che reca: «La prospe t tiva della nostra azione deve essere quella
di allargare il ristretto cerchio della vita delle CI., di far di esse dei centri di raccogliment o non
solo sindacale ma politico delle masse, di lanciare per loro tramite parole d'ordine relative a
questioni immediate che tocchino la vita della classe operaia e in seguito parole d'ordine politiche
generali, soprat t u t t o per quanto si riferisce alla lotta contro il fascis mo... Gli organi di fabbrica
debbono ten dere ad accentrar si in un organis m o nazionale centralizz a t o atto a sostenere le
future lotte sindacali e politiche» (APC, 1923, 213 / 1 2 - 18).
3 È una lettera, in francese, indirizza t a « au camara de Chiarini, Comintern, Moscou», datata da
Milano il r8 marzo 1923. Dal testo si ricava, inoltre, che Tasca si era impegnat o parten do da
Mosca, dopo il IV congress o, di inviare rappor ti confiden ziali al destinata rio di questa lettera.
Tasca comu nica anche che viene mandat o a Parigi dal partito. (Ma ne tornerà presto). La lettera è
in APC, 192}, 180 / 7 3 - 76.
272 Capitolo diciottesi m o
C'è da segnalare, però, un'interes s a n t e iniziativa dei giovani. Essi fonda no nell'aprile il primo
giornale « cripto comunista » (il secondo, al suo apparire, sarà proprio «L'Unità», l'anno appres s o).
È un quindici nale dal titolo « La voce della Gioventù » '. E realizza no un'unità coi gio vani socialisti
che si concretiz za in un manifest o comune lanciato il 1° maggio, che inneggia alla « riscossa
proletaria »2. Le nuove leve comuni ste non rinunciano a un'azione di propaga n d a che consente di
cogliere il significato di una resisten z a, più o meno clandes tina, i cui frutti mature ranno già nel
1924, quando la situa zione politica si riaprirà sia per le ele zioni dell'aprile, sia e più colla crisi
seguita all'assas si nio di Matteotti. Il 1923 sarà ricordat o, per molto tem po, anche durant e la
clandestinità as soluta, dai militanti come l'anno nero, come il momen t o più duro. Gram sci da
Mosca, dove è rimasto come rappres e nt a n t e del PCI nell'Esecu tivo dell'Interna zio nale comunist a
(Gennari è entrato nel Presidium), scrivendo in maggio a Togliatti non ha nascosto le sue
preoccupa zi oni per le sorti del partito. « Abbiamo la coscienza di essere deboli e di poter essere
som m er si... Noi ci stacchia m o dalla massa: tra noi e la massa si forma una nuvola di equivoci, di
malintesi, di bisticci complicati »3. To gliatti gli aveva chiesto di avvicinarsi all'Italia. « Abbiamo
bisogno che la tua guida si faccia sentire nuova me nt e in modo ampio... »4. ##
1 Il foglio, redatt o da Teresa Noce con la collabora zione di Alfonso Leonetti, Enrico Minio, Erasmo
Travi, Cesare Dumini, Raffaele Tornaquinci, durerà fino al 30 novembre 1923. È stam p a t o nella
tipografia Zerboni di Milano, dove si stam pa anche l'organo della frazione fusionista del PSI,
«Pagine rosse». Notizie sull'iniziativa in una lettera di Alfonso Leonetti, in «Rinascita», a. xx, n. 9, 2
marzo 1963.
2 Copia del Manifesto seques t rat o in ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923 K. 1, b. 69.
3 Dalla lettera del 18 maggio 1923, in La forma zione ecc. cit., p. 66.
4 Dalla lettera del 1° maggio 1923, ibid., p. .59.
Capitolo diciannovesimo
L'atto d'autorità del Komintern
Il 1923 - 24, il periodo della malattia e della morte di Lenin, col vuoto che si apre al vertice del
potere sovietico (mentre matura n o all'interno della società russa nuovi problemi e nel gruppo
dirigente bolscevico nuo vi contras ti) è stato definito dal Carr L'interregno. Una certa analogia,
seducente e pericolosa come ogni analogia storica, può fissarsi per le vi cende del Partito
comunist a d'Italia. Anche qui registriam o una fase di interregno tra la direzione di Bordiga e quella
di Gramsci, una fase in cui l'esecutivo del partito, praticam e nt e retto da Togliatti, (ma con la par
tecipazione di Tasca dall'estate del 1923) compie si un lavoro assiduo di riorganiz za zi one interna
ma è ancora assai incerto e contrad di t to rio nel l'indiriz zo politico.
Senonché l'interregno, per i comunisti italiani, segna anche l'aggro vigliarsi dei nodi (alcuni dei
quali destinati ad essere recisi dalla spada del Komintern) intrecciatisi nei rapporti coi socialisti e
le loro varie ten denze, e lo svolgersi di un vasto process o di ripensa m e n t o che investe la tattica
impiegata dal 1921, la condot ta attuale, il giudizio sul fascis mo e la situazione del paese, la stessa
concezione del partito e della sua collo cazione nella classe operaia. La traccia fonda m e n t ale
aperta alla conside razione storica è data dal carteggio intercors o tra Gramsci e i suoi com pagni
che Togliatti pubblicò, in gran parte, quarant'a n ni dopo, nella no ta raccolta su La forma zione del
gruppo dirigente del PCI nel 1923 - 24. Ad essa largame nt e attingere m o con quelle integrazioni e
quei completa menti che la ricerca ulteriore, e in altre direzioni (archivio Humbert Droz) ha
consentito.
Prevale ancora in questo periodo che va dalla vigilia della convoca zione dell'Esecutivo allargato
dell'Interna zio nale comunista, nel giugno 1923, sino al convegno di Como dei segretari federali del
PCI nel mag gio del 1924 e quindi alla successiva assun zione, da parte di Gramsci, della segreteria
generale del partito, l'immagine di un moviment o politi co chino su se stesso, non solo per le
eccezionali difficoltà obiettive ad emergere alla luce del sole, alla ribalta politica, ma per
l'impellente ne cessità di una chiarificazione interna.
274
Capitolo diciannovesi mo
Non si può non partire dalle battute che deter mina no, nella primave ra del 1923, il definitivo
fallimento della unificazione coi socialisti e la conseguen t e messa sotto accusa del PCI, come
principale respon sa bile di tale fallimento, da parte delle dirigenze del Komintern. La commissione
per la fusione PSI- PCI è esautorat a già alla fine di marzo '. Mentre « Il Lavoratore » prosegue
l'attacco ai socialisti e non pubblica un solo arti colo di dirigenti della maggioran z a che si muova
in senso « unionista », l’« Avanti! », dal canto suo, aliment a la corrente antifusionist a che in fatti
respinge la propos t a - di cui conoscia mo la genesi - di rinviare il congress o del PSI. È un partito
che — seppure del tutto ancora legale — è ridotto anch'esso a piccoli nuclei di « fedelissimi » e al
tradizionale « quadro » di organiz z a t o ri, avvocati, parlam e nt a ri, giornalisti, del mas simalis mo
italiano.
Quando, dal 15 al 17 aprile, la XX assise socialista si tiene a Milano, gli iscritti ammon t a n o appena
alla cifra di 10.250 e il « Comitato di di fesa socialista » diretto da Velia e Nenni ottiene la
maggioran z a dei voti: 5361, contro 3968 che vanno ai fusionisti, a cui si riaccosterà il vecchio
Lazzari. La nuova direzione è tutta antifusionis ta: Fabbri, Momigliano, Nenni, Nobili (segretario),
Pirri, Romita, Velia e Vernocchi. Il partito massimalista, tuttavia, continua a non differen ziarsi
formal me nt e dalle precedenti manifesta zio ni di intransigen z a all'interno e di filobolscevi smo su
scala interna zionale. Se la vittoria degli antifusionis ti sta ad indi care la sua organica resisten z a a
farsi assorbire nel comunis m o, non perciò la porta viene rinchius a nei confronti del Kominter n né
si esce ufficial mente dalla linea del « fronte unico proletario al fine di preparare l'av vento di un
governo operaio »2. È proprio Nenni, anzi, ad afferm are al congress o che « il nostro pensiero è e
rimane un pensiero rivoluziona rio nell'ambito della III Internazionale » e che « attraverso la forma
zione del governo operaio e del fronte unico il proletariato italiano po trà preparare nuove
situazioni di fronte alle quali non ci precludere m o la strada ». La porta pare piuttos t o sbarrata a
destra anche se si vedrà che que - ##
1 In un rapport o, in francese, per l'Esecutivo dell'Interna zion ale comunist a, Scoccimarro, il 5 aprile
1923, rifa la storia della mancata fusione, che è nota al lettore. Il rapport o insiste sia sulla catti va
volontà della direzione socialista, sia sullo sconcerto portato dal muta m e n t o di direttive dell'In
terna zionale comunista dopo le prime difficoltà incontrate. Scoccimarro riferisce anche che la
frazione fusionista dei PSI si è ricostit uita con ritardo, che in marzo Serrati viene arrestat o subito
dopo avere firmato un accordo di compro m e s s o con la direzione del suo partito e che i fusionisti
pubblicano un loro organo, «Più Avantil ». A quella data, Scoccimarro ritiene che l'unico compito
rimanga quello di smascherare gli opport u ni s ti del PSI, «di sconfiggere la destra socialista fino ad
eliminarla» (il te sto in APC, 1923, 160 / 9 2 - 110).
2 Dalla mozione del «Comitato di difesa socialista». Cfr. Il PSI nei suoi congres si, voi. III cit., P.
276.
3 L'«Avanti!», 18 aprile 1923.
L'atto d'autorità del Komintern 275
sto sbarra me n t o sarà più formale che sostan ziale. Di fronte alla socialde mocra zia, dinan zi alla
prospet tiva di « blocchi della libertà » che si apre dopo il congres so di Torino del PPI (dove,
nonost a n t e la riconfer m a del la linea assunt a colla marcia su Roma di partecipare al governo, «
perché la rivoluzione fascista si inserisca nella Costituzione », si rivela una mag gioranz a
sostan zial me n t e avversa a un collabora zionis m o incondiziona to), i massi m alisti rispon do n o
ancora no: essi rimangono sul terreno di classe, senza conta minar si colla borghesia liberale: «
essere sempre più classe e sempre meno democrazia, sempre più proletariato e sempre me no
popolo »2.
È una posizione che risponde, in effetti, alla natura e alla tradizione del massi malis m o, alla sua
rigidità intransigent e. Ma l'avvio al fronte unico proletario non viene concreta m e n t e dal congress o
di Milano, anzi, viene ancor meno da questo che da quello precedent e di Roma, data la
composizione della nuova maggioran z a. La polemica tra i due gruppi di rigenti di maggioran z a del
PCI e del PSI è simile a un gioco di rimpiat tino, o, se si preferisce, a quello di porgere la mano per
ritirarla prima che l'altro possa afferrarla. Quando, il 26 aprile, il Comitato esecutivo del PCI
propone alla direzione del PSI « di fare un blocco dei nostri due partiti», quasi un'im provvisa
resipiscenz a 3, Nobili rispon de, per la di rezione del PSI, chieden do una pubblica autocritica degli
errori del pas sato e una deplora zione degli attacchi a cui i socialisti continuan o ad es sere oggetto
da parte dei comunisti. Nella loro profferta egli teme si celi un ennesi mo « espediente polemico »4.
La controre plica comunista, fir mata da Togliatti, non è meno pregiudiziale. Il fronte unico è
concepito per « proseguire sopra un terreno nuovo la lotta contro i traditori del proletariato »5.
Jules Humbert - Droz, che è stato mandat o da Zinov'ev a seguire il congres so del PSI (e con Ràkosi è
riuscito a staccare il vecchio Lazzari dalla maggioran z a antifusionist a) ha inviato un rapport o nel
quale ha ri velato la sua impres sione che la fusione sia ancora lontana e che con venga, piuttost o,
avviare una lunga fase di collabora zione politica dei due partiti. « Oggi - egli scrive a Zinov'ev non si deve dimenticare che la maggioran z a del PSI e la maggioran z a del PCI sono ostili alla fusio ##
1 Cfr. Gabriele de rosa, Storia del Partito popolare cit., pp. 338 - 73.
2 Dall'editoriale anoni mo, dal titolo Verso i blocchi della libertà, «Avanti!», 26 aprile 1923.
3 La lettera viene pubblicata sul «Lavoratore», 2 maggio 1923. Tasca noterà nella relazione al
l'Interna zionale comunist a cit. (La forma zione ecc. cit., pp. 7^ - 76) che la propos ta viene fatta
senza comm en t o, anzi seguita da nuovi attacchi al PSI, definito «un cadavere di cui sbara z z a r e la
strada» («Il Lavoratore», 8 maggio).
* «Avanti!», io maggio 1923.
5 «Il Lavoratore», a. xxxi, n. 5323, 18 maggio 1923.
276
Capitolo diciannovesi mo
ne»1. I dirigenti comunisti si affretta no ad inviare a Mosca, da parte loro, un'auto difesa2 che non
convincerà di certo Zinov'ev. Del resto, Ta sca ha provvedut o a stendere una relazione di
minoran z a 3 che sarà non soltant o la base al process o impiant at o al gruppo dirigente di maggioran
za, ma una vera e propria richiesta a sostituirlo, a cambiare la direzione, a chiamarvi « il gruppo
minoritario di destra, che present ava se stesso come il solo capace di interpreta re giusta m e n t e e
applicare con sincerità le decisioni dell'Interna zion ale »4.
Ciò provocherà, tra i comunisti « maggioritari », un moto di difesa e di controffensiva più aspro in
cui si uniranno tutti i loro esponen ti che partecipano alle sedute dell'Esecutivo allargato: da
Gramsci a Scocci marro, da Terracini a Fortichiari a Gennari. Ma non è questione di riva lità
personale, né soltanto di sfiducia reciproca tra maggioran z a e mino ranza. Il dibattito e i
docum e n ti appron t a ti in vista di esso rivelano che, in questo momen t o, lo scontro è davvero
generale e vede schierati da una parte Zinov'ev, con Tasca e i rappres e nt a n ti della frazione
fusionist a socialista, invitati anch'es si alle riunioni di Mosca (Maffi e Pagella) e, dall'altra, tutti i
dirigenti della vecchia maggioran z a. In questo mome nt o Gramsci si differenzia ancora poco, nel
fondo delle interpre t a zi oni e del le previsioni, dagli altri compagni, da uno schiera m e n t o che
compren d e con i presenti a Mosca anche Togliatti rimasto in Italia per reggere il timone
dell'Esecutivo ma la cui opinione è espress a in una import an t e lettera5, e lo stesso Bordiga che dal
carcere fa pervenire il primo abboz z o di un docum e n t o 6 sul quale alcuni mesi dopo s'accent rerà la
discus sione.
Prima della parten z a per Mosca dei delegati della maggioran z a il Co mitato esecutivo, già
dimissionario, riassu m e in un altro docum e nt o la sua posizione, che fìssa anche il manda t o ai
propri rappres e nt a n ti: se ##
1 Cfr. Annali Feltrinelli cit., pp. 145 - 47.
2 Si tratta di due docume n ti redatti in francese, senza data, dal titolo l'uno di Le PCI et ses
respons abilités dans la questìon de la fusion avec le PSI e l'altro, sempliceme n te, Annexe (APC,
1923, 1.54 / 4 - 7 e 74- 77).
3 Rapport de la minorité de la Délégatìon italienne à l'Exécutif elargì (1923), pubblicato in La
forma zione ecc. cit., pp. 72- 87. Che il rappor to sia firmato e present a to da Tasca risulta dalla sua
pubblicazione in italiano, colla data Mosca, 1° giugno 1923, sullo «Stato operaio», a. 11, n. n, io
aprile 1924.
4 Dalla presenta zi one di Togliatti alla relazione di minora n z a, pubblicata in La forma zione ecc.
cit., pp. 71.- 725 È la lettera inviata a Gramsci, il 1° maggio 1923, pubblicata in La formazione ecc. cit., pp. 53 60,
che già abbiamo richiama t o e ancora citerem o più avanti. Il dilem ma «senza via d'uscita» che
Togliatti pros pe t t a qui a Gramsci è quello tra la fedeltà a posizioni di principio e politiche che gli
paiono irrinunciabili e la abdicazione, in omaggio alle direttive dell'Interna zio nale che non si condi
vidono.
6 Si tratta di un Manifesto ai compagni del PCd'I steso probabilme nt e tra maggio e giugno, di cui
gli altri dirigenti prendon o visione prima della riunione del Comitato esecutivo allargato del Ko
mintern (12 giugno 1923). Il testo, nella sua prima stesura, è stato reperito e pubblicato da Stefano
merli su «Rivista storica del socialismo», a. vii, n. 23, settem bre - dicembre 1964, pp. 515 - 21.
L'atto d'autorità del Komintern 277
l'Interna zionale comunist a non rom perà ogni rapport o con i socialisti italiani il Comitato esecutivo
insisterà sulle dimissioni « non sentend o di poter assum er e le respons a bilità di una linea politica
diversa » '. An che coi « terzini » si è disposti a lavorare soltanto se escono dal PSI. Il terreno della
lotta dovrebbe così essere sgombro di equivoci, anche se i delegati partono per Mosca con la
raccoma n d a zi one di evitare una rottu ra aperta con il Kominter n.
È il dibattito che si apre a Mosca è appun t o la prima grande occasione di un bilancio e di un
giudizio complessivo sulla sezione italiana dell'In terna zionale comunista. Per dirla con le parole
che impiegherà Gramsci, si discute:
Se il PCI ha compre so la situa zione generale italiana e se è in grado di guidare il proletariato; - se
il PCI è in grado di sviluppa re una vasta campagna politica, cioè se è attrez z a t o ideologicame n t e e
organiz z a tiva m e n t e per un'azione deter mina t a; se il gruppo dirigente del PCI ha assimilato la
dottrina politica dell'Interna zionale comunista, che è il marxis m o come si è sviluppat o nel
leninism o, cioè in un corpo organico e sistem atico di principi di organiz z a zio ne e di punti di vista
tattici2.
Infatti il dissenso tocca tutti i temi di tattica e strategia : il ruolo del Partito comunista, la
concezione del governo operaio, il tipo di lotta al fascismo, e la prospet tiva d'azione.
Bordiga, come sempre, è stato il più netto: tutta la linea dell'Interna zionale comunist a nei
confronti del movimento italiano sta dando come risultato (che, del resto, per lui è corrispon d e n t e
alle intenzioni dei so stenitori della fusione) la liquidazione pura e semplice della scissione di
Livorno; ciò significa « ripiomba re il proletariato italiano nella morta gora del centris m o
massimalista vile e bagolone »3. In Bordiga matura la convinzione - che egli esprimerà presto
aperta m e n t e - che si sia di nanzi ad una degenera zione opport u ni s tica del Komintern, e che si
tratti di reagire ad essa magari spingen do le cose sino a una rottura radicale. È adom bra t a, in
questa opposizione, una funzione di punta, di sinistra, del partito italiano su scala interna zionale.
Se né Scoccimarro né Terra cini, né tanto meno Gramsci saranno dispos ti a seguirlo su questa
china (il caso di Togliatti è different e) ora la reazione di ciascuno di essi dinan zi al pericolo di
liquidazione del partito sorto a Livorno, e dell'antitesi che esso rapprese n t a rispett o alla tradizione
socialista italiana, è altret tanto appas sionat a e violenta di quella di Bordiga.
Togliatti ha scritto in maggio che è sempre più convinto che la ripresa ##
1 Il docume n t o, datato 28 aprile 1923, in APC, 1923, 151 / 1.
2 Da una lettera a Togliatti, probabil me nt e dell'agosto 1923, di,cui si possiede solo un fram
mento. (Cfr. La formazione ecc. cit., p. 101}.
3 Dal docum e n t o citato, p. 519.
278
Capitolo diciannovesi mo
del movimento può e deve avvenire al di fuori e anche contro la tradi zione che s'incarna nel PSI
ed ha aggiunto:
Se per disciplina alla Interna zionale si è accettat o di staccarci da questo punto di vista
(manovra n do per conquis tare masse nel momen t o in cui quello non era il proble ma attuale) si può
continuare anche ora ma non fino al punto che ci impedi sca di sviluppare il progra m m a che è
stato la ragione del sorgere del Partito comuni sta d'Italia1.
E in varie relazioni al Komintern Togliatti è poi tornat o sugli stessi concetti: che col PSI non vi sia
più nulla da fare, che esso sia « un incep po ad ogni utile lavoro rivoluziona rio » 2, concetti che
Scoccimarro e Ter racini ribadirann o alla tribuna dell'Esecutivo allargato. Senonché, vi è qualcosa
di più. La maggioran z a comunis ta italiana è convinta - o mo stra di esserlo - che un partito coeso,
comunist a, intransigente, sia lo stru me n t o indispen sa bile in una situazione che si avvicina
rapida m e n t e a una nuova crisi rivoluziona ria. È questo il motivo essenziale che illumina le
resisten z e della maggioran z a. Se ne ha già un sentore nel giudizio poli tico che si sottopo ne al
vaglio interna zionale in un docume n t o che è una sorta di rappor to 3 sullo stato della situa zione in
Italia: ivi si parla di un declino del potere fascista, dello sviluppo a destra di un'opp osi zione li
berale, di un contrast o tra indust riali siderurgici che sarebbero filofasci sti e quelli meccanici e
tessili, avversi al protezionis m o governativo (don de la condot t a critica della « Stampa », del «
Corriere della Sera » e del « Mondo »). Si da un quadro che accentua gli elementi di crisi (il disagio
delle classi medie, la riduzione dei salari indust riali, il deficit del bilancio salito a 4 miliardi di lire)
e si prospet ta come imminente la guerra civile. Di qui, come corollario logico, viene
l'appre z z a m e n t o che « la situazione creata dal governo fascista è oggettivam en t e più favorevole
per l'azione comunista di quanto non lo fosse per il passat o », e che, in vista dell'acutiz z a r si delle
contrad di zioni del potere fascista sia, più che opport u n o, pregiudiziale ricreare l'unità della classe
operaia attorno al PCI sgom brando il campo dall'equivoco socialista.
È indispe ns a bile - si aggiunge in quel testo - che, a questo proposito, il Komin tern, dopo il
Congress o di Milano del PSI, prenda una posizione molto netta nei riguardi di questo partito, tale
che gli operai possano compre n de r e e giustificare. Da parte sua, il PCI deve sfrutt are tutti i mezzi
per distruggere l'influen z a che il PSI esercita ancora sulla classe operaia italiana. ##
1 Dalla sua lettera a Gramsci del 1° maggio 1923 cit., p. 58.
2 Vari brevi rappor ti di Togliatti, dal 1° al 29 maggio in APC, 1923, 178 / 1 - 23.
3 Il rappor to, senza data, siglato A. O., inviato per l'Esecutivo allargato dell'Interna zio nale co
munista, è un dattiloscritt o in francese dal titolo La situation politique en Italie (APC, 1923, 157 /
17- 31)-
L'atto d'autorità del Komintern 279
In simile contest o, anche la parola d'ordine del governo operaio, ri badita al IV congress o del
Komintern, è concepita dai comunisti italiani in null'altro modo che quale strum e n t o
propaga n dis tico in attesa dello scatenarsi della guerra civile (quando il « governo operaio » non
potrebbe che essere sinonim o di dittat ur a proletaria). È quanto ribadisce Scocci marro nel suo
intervento all'Esecutivo allargato, nel quale sottolinea la necessità di posse de re un partito « la cui
ideologia, organiz z a zio ne, strut tura, siano una garanzia che esso può verament e preparare e
dirigere una lotta rivoluzionaria»1. Si torna alla piattafor m a del 1920, in un certo senso, quella che
ispirò la scissione di Livorno.
Ciò che più colpisce è che Gramsci, che pure tatticam en t e già ha una linea più sfuma t a (egli ha
parlato in maggio di « assorbire » il PSI2), con divida la stessa prospet tiva. Nel suo discorso
dinan zi alla Commis sione format a dall'Esecutivo allargato per la questione italiana3, rivendica co
me sacrosan t a l'azione svolta nel passato per salvaguar da re natura e fun zione del PCI.
Noi dichiariam o - afferma Gramsci - che siamo pienam e n t e dispos ti a lottare per salvaguar da re in
Italia le tradizioni, la base sana del Partito comunist a perché noi consideriam o che è il destino
della rivoluzione in Italia che si decide quando si gettano le basi costitutive della organiz z a zio ne
di partito. Noi non vogliamo che succeda in Italia quello che è successo in Ungheria, che, per fare
la fusione, all'avvi cinarsi del moviment o rivoluziona rio, si faccia quello che hanno fatto i
compagni ungheresi, e che essi hanno riconosciut o essere non completa m e n t e giusto. Attual
mente in Italia vi è la stessa situazione. Dopo il periodo del governo fascista si en trerà nel periodo
della lotta decisiva per il proletariato, per la conquis ta del potere. Questo periodo giungerà in un
tem po più o meno lontano. È difficile dire, profetiz zare, come si svilupperà la situazione in Italia
fino alla conquis ta del potere. Ma si può affermare che in Italia la decom p o si zione del fascismo
segna il principio della lotta decisiva del proletariato per la conquis ta del potere. Gramsci
denun zi a l'attacco concentrico sviluppat o contro la direzio ne comunist a italiana dalla minora n z a
unita ai fusionisti del PSI, tanto che si sarebbe format a « una piccola frazione socialista nel PCI ».
Ma an che qui non è questione di etichetta. La divisione è creata dal contrast o di pros pe t tiva. Il
docum e n t o della minoran z a si basa infatti su una valu tazione politica oppos t a. Esso mostra di
non ritenere che la situazione ##
1 Dal discors o pronu nciato il 14 giugno. Cfr. il testo integrale in «Lo Stato operaio», a. 11, n. 10, 3
aprile 1924.
2 Dalla sua lettera, citata, a Togliatti del 18 maggio 1923.
3 La commissione per la questione italiana è così compos ta: Suvarin (Francia); Trockij Luna
carskij, Zinov'ev, Bucharin (Russia); K. Zetkin, Bottcher (Germania); Bluer (Cecoslovacchia); Ko larov
(Bulgaria); Koritschone r (Austria); Amter (Usa); Falk (Norvegia); Schuller (l'Interna zionale giovanile);
Kraenskij (Polonia); Apki (Giappone); Rakosi, Manuil'skij.
4 Dal discors o pronu n zi at o nella Commis sione apposita. Cfr. il testo integrale nello « Stato ope
raio», a. 11, n. 13, 24 aprile 1924.
280
Capitolo diciannovesi mo
presente sia più favorevole al partito, minimiz z a l'opposi zione liberale al regime e le contese
interne ai gruppi fascisti, chiede quindi, per avvia re a successi parziali la lotta antifascista, ben
lungi dalla sua conclusione, che si costituisca finalment e un fronte unico proletario, attraverso la
stretta collabora zione tra comunis ti e socialisti, un blocco dei due partiti operai. Esso formerebbe
il noyau di un raggrup p a m e n t o più vasto in cui possa no entrare i popolari, o almeno la sinistra
contadina del partito po polare. La concezione strategica è davvero diversa, è la negazione della
parola d'ordine rosso contro tricolore:
In un paese in cui tutte le libertà sono state soppre s s e, in cui la classe operaia è ridotta in
schiavitù, in cui anche gli strati marginali che avevano dato un certo ap poggio al fascismo (ex
combat te n ti, piccola borghesia, piccoli coltivatori) sono stati profond a m e n t e feriti nei loro
interessi, sarà facile trovare argome nti di agitazione che possano attirare i consensi di larghissimi
strati sociali '.
E Tasca non tralascia nepp ur e di trarre le consegue n z e pratiche della contrap p o si zione di linee.
Come può attuare una politica di fronte unico un gruppo dirigente pervaso di « spirito di setta »,
ancorato alle Tesi di Roma, avverso alle direttive del Komintern? Esso è il primo ostacolo da
rimuovere.
Il dibattito sulla situazione italiana si sviluppa in un mome nt o in cui il Komintern deve fare i conti
con nuove difficoltà sullo scacchiere euro peo. L'orizzo nt e si è oscurato con l'occupazione
francese della Ruhr e con il peggiora m e n t o delle relazioni anglo - sovietiche. Si teme persino in
maggio di essere alla vigilia di un nuovo conflitto europeo, che si potreb be risolvere in un
rinnovato assalto militare alla giovane repubblica dei Soviet. Proprio perciò viene rinviata al 12
giugno la convocazione del Comitato esecutivo allargato che era prevista per il mese precede nt e. E
il proble ma del fascism o torna ad affacciarsi non più come un problem a soltant o italiano ma come
una questione che investe tutta la politica del l'Interna zionale, in particolare quei due paesi come
la Germania (dove si sviluppa il moviment o hitleriano di estrem a destra) e come la Bulga ria (dove
matura una reazione agraria di tipo terroristico) che in effetti, qualche mese dopo, saranno teatro
di due grandi sconfitte del movimen to comunist a.
Dall'insieme dei dibattiti che seguono la relazione di Zinov'ev, dagli interventi di Klara Zetkin e di
Radek in particolare, emergono differen ziazioni profonde, e un'incerte z z a generale. Si può
afferm are soltanto che continua a venire posto l'accento sul fascis mo come « fenom en o so- ##
1 Dalla tradu zione italiana del docum e nt o citato, sullo «Stato operaio», a. il, n. n, io aprile 1924.
L'atto d'autorità del Komintern 281
ciale », grave, aggressivo, « un nemico estre m a m e n t e pericoloso e terri bile », ma nel cui interno gli
antagonis mi di classe si ripercuot o no pro fonda m e n t e e che perciò si presta ad un'azione che non
sia soltanto di lotta frontale, ma anche di penetra zione nelle sue file per fare scoppiare le sue
contrad di zioni '. Su questa strada le tenta zioni più pericolose, rela tive alla Germania, vengono da
parte di Radek. Senonché, per la « que stione italiana » non è il giudizio sul fascis mo come
fenom en o europeo a determinare contese, diatribe, misure concrete. È il processo alle re
sponsa bilità comunist e per l'avvento al potere di Mussolini - quel pro cesso che ovviamente al IV
congres so non si era ancora potuto allestire ad aprire la lettura delle imput a zioni. Sia Zinov'ev che
Radek - su que sto ancora concordi — come Ràkosi, testimo ne diretto, espri mon o l'opi nione che
tali respons a bilità siano state gravi, in un certo senso decisive, per come gli avvenimen ti sono
precipitati nel 1922.
È un martellante elenco di capi d'accusa: per il PCI, il nemico prin cipale era restat o Serrati quando
in realtà diveniva Mussolini3; nono stante l'Interna zionale abbia messo in guardia per tempo i
compagni ita liani la loro tattica ha portato ad un disastro l'intero movimento ope raio; essi sono
degli eccellenti militanti ma hanno com mes s o errori tali che solo per questo la reazione ha
trionfato4; il PCI è stato un testimo ne impas sibile, sorpres o poi dal colpo di Stato, tanto è vero che
i migliori dirigenti erano all'estero il 28 ottobre 1922 5. Invano Manuil'skij pren de le loro difese,
chieden do: sono respon s a bili del fascism o i comunisti soltant o perché questo li ha battuti? Strana
« legge universale » '.
Non solo i russi ma i tedeschi accusano gli italiani. E Zinov'ev ripren de poi in Commissione la
requisitoria sulla mancata fusione. I comunis ti l'hanno sabotata prima a Mosca, poi in Italia, «
hanno fatto di tutto per ##
1 L'intervent o più importa n te sul tema del fascism o è quello che tiene Klara Zetkin che sviluppa
appunt o l'analisi del fenome n o come « offensiva generale della borghesia mondiale » ma anche
come «espressione della decaden z a dell'econo mia capitalistica e sintom o della decom po si zione
dello Stato borghese» e rivela la contra d di zione tra le promes s e sociali dei fascisti e i fatti. Klara
Zetkin parla di decaden z a inevitabile del fascismo anche se « il process o di decom p osi zione
militarm en t e non sarà breve» e sarà precedu t o da un intensificarsi del terrore. Cfr. il testo su «La
Corres pon d a nce interna tionale», a. in, Suppléme nt n. ;}, 4 luglio 1923, pp. 8- 10.
2 Come è ben docum e n t a t o dal caer (La morte di Leniti, Torino 1565, pp. 169 - 74) Radek svilup pa
all'Esecutivo allargato le sue teorie sul nazionalbolscevis m o, adom br a n d o un'alleanz a tra comu
nisti e nazionalisti tedeschi in nome della lotta all'imperialis m o francese. Radek sostiene che «ciò
che viene chiamat o nazionalis m o tedesco è non soltanto nazionalis m o ma un largo movimento
nazio nale avente un ampio significato rivoluzionario » e formula quindi una sorta di avance a un
fronte comune nazionalisti - comunisti. Non si può con ciò affermare che questa diventi la
piattafor m a del l'Interna zionale, che anzi la risoluzione approvata sul fascism o parafras a
largame nt e il discorso di K. Zetkin ed esorta alla lotta a fondo contro di esso.
3 Dal rapport o present at o da Zinov'ev nella seduta d'apert ur a, il 12 giugno 1922. Cfr. il testo ne
«La Correspo n d a n ce internationale», a. ni, Suppléme nt n. 53, 4 luglio 1923.
4 Ibid.: l'intervent o di Radek del 13 giugno.
5 Ibid. : l'intervent o di Ràkosi del 14 giugno.
6 L'intervent o di Manuil'skij è riportat o sullo « Stato operaio », a. n, n. 12,17 aprile 1924.
282 Capitolo diciannovesi mo
non effett uare i deliberati del IV congres so»1. Zinov'ev sviluppa l'at tacco sino ad accusare
personal m e n t e Gramsci di doppiez z a:
Gramsci aveva prome ss o di scrivere delle lettere per la fusione; egli ha scritto delle lettere che
sono contro la fusione. Aveva prom es s o di scrivere degli articoli; non ne ha scritti o se ne ha scritti
essi dicono il contrario di ciò che dovrebbero dire. Egli fa delle promes s e vaghe e quando le
mantiene esse hanno un effetto contrario a quello che ci si aspett a 2.
Anche qui varrà l'avverten z a a non restringere la disput a a una que stione di ritorsioni personali.
Tutte le resisten z e del PCI alla fusione tra il novem bre 1922 e questa data sono state seguite sofferte si potrebbe dire - dal Komintern come segno d'un errore strategico fonda m e n t ale. Oltre
agli avvertimenti, incitam enti, consigli che già segnala m m o, con viene ricordare un preceden te
monito di Mosca che da bene il senso della esaspera zio ne cui si è giunti ora. L'Esecutivo
dell'Interna zio nale comu nista era arrivato infatti fino a dire al PCI, qualche mese prima:
Noi consideria m o nostro dovere sottolineare ancora una volta che, se voi non date prova di buona
volontà e non sostenet e effettivam en t e l'opera di unificazione, il moviment o operaio italiano sarà
per lunghi anni disorganiz z a t o e distrut t o 3.
È per questo che, giunti a tale punto, il problem a di mutare la dire zione del Comitato centrale del
PCI viene posto in termini immediati, drastici: bisogna, aggiunge Zinov'ev, eleggere nel Comitato
esecutivo del partito italiano compagni che seguano, non soltant o per disciplina ma per
convinzione, la tattica dell'Interna zio nale comunis ta. E la tat tica resta quella, di non considerare
perdut o il PSI alla fusione (« Ci vor ranno due anni e non due mesi come sarebbe accadut o se i
comunisti italiani non avessero comm es s o errori, ma ci arriverem o»)4, di comin ciare intanto ad
accoglierlo come simpatiz z a n t e nell'Interna zi onale co munist a: ciò che pare possibile, dato
l'atteggiame nt o interlocutorio del la direzione del PSI, che rivendica ora un'auto no m i a risponde n t e
alla sua funzione storica ma rinnova la doma n d a ad essere accolta nell'Inter nazionale comunis ta «
pur con tutte le ragionevoli riserve »5.
Tasca e Maffi concertano, dal canto loro, l'offensiva contro la maggio ranza del PCI. Maffi afferma
che i « terzintern a zion alisti » hanno rice- ##
1 «Lo Stato operaio», a. n, n. 13, 24 aprile 1924.
2 Ibid.
3 Da una lettera in francese, senza data (forse di febbraio o marzo) contras s egna t a dal termine
Confidentid inviata dall'Esecutivo dell'Interna zionale comunis ta a quello del PCI (APC, 1923,
160 / 7 1).
4 Questa frase, che non compare nei resoconti forniti dal PCI, è attribuita a Zinov'ev dalla do
cumenta zi one ufficiale pubblicata sull'« Avanti! » del 29 novembre 1923.
5 Da una lettera del segretario del PSI Tito Nobili al Komintern, datata Roma, io giugno 1923 (APC,
162 / 2 - 4).
L'atto d'autorità del Komintern 283
vuto continue pressioni da parte dei dirigenti comunis ti per uscire dal PSI; invece quella è la
trincea in cui essi debbono battersi per giungere a un'unificazione ancora possibile: « Io penso che
se si vorrà cucire, bi sognerà cercare di foggiare una macchina da cucire e non servirsi di una
macchina per battere il grano » '.
Tasca accusa i dirigenti dell'Esecutivo di aver sempre avuto sfiducia nelle masse, di non aver
saputo utilizzare le energie che esse esprimeva no, di dividere gli stessi compagni tra eletti (loro, i
depositari della pu rezza ideologica e organiz z ativa del partito) e reprobi (la minoran z a); quindi
conclude : « Occorre prendere misure tali da garantire che il pro gram m a e la tattica dell'I. C.
potran no trovare nel nostro Paese comple ta applicazione »2.
Se i docume n ti del dibattito che verranno resi noti l'anno appres so dai comunisti italiani
mostrera n n o come tutti i « maggioritari » si siano impegnati a Mosca soprat t u t t o a difender si dalle
accuse di sabotaggio e di indisciplina, è invece da una lettera personale di Scoccimarro a To gliatti
che sappia m o qualcosa di più sulla loro condott a tenuta dinanzi alla decisione presa dal
Komintern di nominare d'autorità un nuovo Co mitato esecutivo del PCI: una decisione, del resto,
che veniva almeno incoraggiata dal fatto che quello vecchio si era present at o dimissiona rio, sin dal
marzo. Scoccimarro riferirà a Togliatti che in un primo tempo, durante le discussioni in
commissione, si rispose da parte italiana con un secco rifiuto; poi, « sostene m m o la tesi: tutto il
potere alla minoran z a »4, la tesi di Bordiga. Ma neppu re questa viene accettata. In un'at m o s fer a
tesa, che rivela « sistemi » preoccupa n ti per i futuri reciproci rappor ti aggiunge Scoccimarro — la
Commissione decide di creare in Italia un Esecutivo « misto », o di coalizione, in cui tre dei cinque
mem bri siano ancora della vecchia maggioran z a - Fortichiari, Scoccimarro, Togliatti e due della
minoran z a, Tasca e Vota.
Perché non si è affidata intera m e n t e la direzione del partito italiano alla minoran z a? Non
possia mo su questo punt o che avanzare congett ure. Forse perché, anche dinan zi agli altri partiti, i
dirigenti bolscevichi non vogliono prendere misure troppo radicali; forse perché Manuirskij li
mette in guardia dal puntare unicamen t e su Tasca; forse perché si pensa ##
1 Il testo dell'intervent o di Maffi nello «Stato operaio», a. n, n. 12, 17 aprile 1924.
2 Ibid.
3 Cfr. p. 2^7 del presente volume. Gramsci, scrivendo a Togliatti il 27 gennaio 1924, dirà che la
situazione critica, anzi caotica, del gruppo dirigente italiano nella primavera del 1923 fece un'im
pressione disastros a a Mosca, tanto che egli stesso avrebbe allora ammes s o che « sarebbe stato
meglio farla finita una buona volta e riorganiz z a re il partito dall'estero con elementi nuovi scelti
d'autorità dall'Interna zio nale» {La forma zione ecc. cit., p. 175).
4 La lettera, in Gramsci: carteggio 192}, «Rinascita» cit., 22 gennaio 1966. La data della lette ra è,
pres u mi bilmen te, il 7 agosto 1923.
284
Capitolo diciannovesi mo
che il partito italiano, nelle condizioni in cui si trova, non soppor te rebbe una così brusca
inversione di rotta, o meglio un cambio totale di timo nieri fatto d'autorità1; forse ancora perché si
spera, così, di recuperare quel Bordiga che gode sempre di vasto credito nel comunis m o interna
zionale. Il rigore del provvedime n t o dall'alto si rivela comun q ue nel ver detto finale. Il partito
italiano è sottopo s t o ad una severa « risoluzione » dell'Esecutivo allargato, che gli attribuisce, con
l'intona zione di una con danna storica, le respon s a bilità principali per la mancata fusione2. Il PCI è
invitato perentoria me n t e ad applicare le decisioni che vengono prese: cercare un'alleanz a politica
con il PSI; prom u overe un'azione coerente per unire in un solo fronte le forze proletarie italiane.
La vittoria politica di Tasca non potrebbe essere più completa. Ai so cialisti italiani si chiede di
manda re una delegazione a Mosca per realiz zare la forma migliore di reinseri me nt o nel seno
dell'Interna zio nale co munista, magari come partito simpati z z a n t e.
Già a Mosca, due dei tre rappres e nt a n ti della maggioran z a del PCI nominati nel nuovo Comitato
esecutivo sono contrari a subire tale desi gnazione: Scoccimarro e Fortichiari. Essi non giungono
sino «a com mettere una mancan z a disciplinare »3 soltanto per l'insisten z a di Grani sci, Terracini
e Gennari, che si rendono conto come non vi sia altro da fare, per il momen t o. La scossa è,
nondi me n o, fortissim a. Togliatti re sterà per mesi dubbioso se accettare o meno la carica offerta a
Mosca, Bordiga dal carcere consiglierà il rifiuto e riuscirà ad ottenerlo da parte di Fortichiari. Ma
soltanto qualche tempo dopo emergerà l'aspet to nega tivo della condott a del Komintern. È la
prima volta, infatti, che si è provvedut o d'autorità, da parte dell'organo esecutivo dell'Interna zi o
nale comunista, a nominare i dirigenti di una sezione nazionale, passan do sopra al parere
contrario degli stessi designati, anche se gesti d'auto rità nei confronti di altri partiti (il tedesco e il
francese, ad esem pio) non sono mancati né manchera n n o. E, accanto alla questione di principio,
che così si solleva, viene a porsi quella sorta dalla composi zione del nuo vo Comitato esecutivo del
PCI designato. Perché questo compro m e s s o? Perché tornare ad affidare a quella maggioran z a così
criticata la prevalen - ##
1 Questa è anche l'ipotesi che avanza Tasca nella riunione del Comitato centrale del PCI, il 9
agosto 1923 (verbale in La forma zione ecc. cit., p. 109).
2 La risoluzione afferma su questo punto: «Ipnotiz z a t a dalla lotta passata contro il gruppo Ser
rati, soffren do in genere di dogmatis m o, la maggioran za del C. C. del PCI non si rese conto che la
situazione del moviment o operaio era radicalme nte mutat a e che l'unione di tutte le forze operaie
rivoluzionarie in un Partito comunist a unificato era una questione di vita o di morte per il prole
tariato. La maggioran z a del C. C. del PCI, nonos ta n t e le risoluzioni prese al IV Congress o dell'I. C,
non solo non condus s e una campagna metodica per l'unione col Partito socialista, ma paralizz ò di
fat to l'applicazione di questa decisione» (dal testo integrale pubblicato in «Pagine rosse», l'organo
della frazione fusionista del PSI, a. 1, n. 2, ij luglio 1923).
3 Dalla lettera di Scoccimarro a Togliatti cit.
L'atto d'autorità del Komintern 285
za in esso? Come si configurerà la collabora zione tra maggioran z a e mi noranz a? Aperta resta, al
tem po stesso, la questione di Bordiga, incar cerato, che è il dirigente tuttora più influente del
partito, sui quadri e sui militanti. Come è già accadut o in passat o e come continuerà ad acca dere
fino al 1925, Bordiga viene blandito dal Komintern con l'offerta di far parte del suo massi m o
organo rapprese nt a tivo (forse con la speran z a di neutraliz za r ne l'azione? O di recuperarlo col
lavoro interna zio nale?) L'Esecutivo allargato decide infatti di cooptare Bordiga nel Presidium
dell'Interna zio nale comunista, insieme a Terracini (che, in effetti, entrerà invece nell'Esecutivo,
trasferen do si a Mosca a partire dall'agost o del 1923). Non diminuirà per questo l'opposizione di
Bordiga - come ve dremo.
Singolare resta la posizione di Gramsci. Egli non può tornare in Italia perché colpito da mandat o di
cattura. Il partito italiano (Togliatti per primo) insisterà perché comun q ue si avvicini all'Italia,
essendo deciso che Terracini lo sostituirà come rapprese n t a n t e del PCI nell'Esecutivo del
Komintern. Dalla riunione di giugno Gramsci sorte come un coim putat o al processo intentat o al
vecchio gruppo dirigente. Eppure egli ini zia, subito dopo quest'as sise ', un'evoluzione politica che
lo farà apparire come l'« uomo dell'Interna zionale » nei confronti dei compagni italiani rilutta nti
ad accettarne le decisioni organiz z a tive. Ma Gramsci non è neppure il solo «uomo
dell'Interna zio nale». Tasca, che a Mosca si è battuto vivacement e contro la maggioran z a, tiene un
contatt o personale perma ne n t e con membri influenti del Komintern, e se Manuil'skij ha forse
contribuito a trattenere l'EKKI dal dare a Tasca « tutto il potere », si vedrà come i futuri inviati del
Komintern in Italia, da Ràkosi a Hum bert - Droz, considerera n n o proprio Tasca come il loro vero
fiduciario nel nuovo Esecutivo, che né Scoccimarro né Togliatti godono della stessa fiducia. E
Gramsci stesso se la deve conquis tare.
Dobbiamo a Bordiga la prima presa di posizione, radicale, sulle deci sioni dell'Esecutivo allargato.
Il partito è riuscito, tramite una guardia carceraria amica, a stabilire un rappor t o perm ane n t e con
Bordiga, reclu so a Regina Coeli. Incaricato di tenere i contat ti tra il Centro clandes tino e il
prigioniero (come con Grieco, del resto) è Mario Montagnana che in questo periodo dirige il
segretariato interregionale che compren d e La zio, Umbria, Toscana, Marche e Abruz z o. Bordiga
invia ai compagni ##
1 Sull'atteggiam e nt o di Gramsci durante i lavori dell'Esecutivo C, la testim onian z a tesa da lui non
concorda molto con quella di Terracini. Mentre Gramsci ricorderà di aver sin da allora difeso il
principio di applicare le decisioni del Komintern (cfr. la sua lettera a Terracini da Vienna del 12
gen naio 1924, in La forma zione ecc. cit., p. 156) Terracini scriverà che ivi Gramsci non si era
pronun ziato sul docum e n t o polemico propos t o da Bordiga se non con fievoli riserve (cfr. la sua
lettera allo stesso Gramsci, a Scoccimarro e a Togliatti del 2 gennaio 1924, in La forma zione ecc.
cit., p. 14^).
286
Capitolo diciannovesi mo
dell'Esecutivo, a Togliatti spesso diretta m e n t e, brevi missive di stile te legrafico (e dalle parole
sono abolite le vocali). Sin da quando ancora non sa quanto sia successo a Mosca, Bordiga
raccoma n d a di portare in piena luce la polemica, di non assu m ere nessun incarico nella « nuova
Centra le» '. Non appena è al corrente delle novità, è del parere «che nessun o di noi resti nell'E.
[Esecutivo] ».
Si capisce - egli scrive - che chi accettas s e in tutto i tattici di Mosca può e deve restare: non chi si
consideri legato alla nostra differente scuola. Almeno io dichiaro che non sentirò nessuna
solidarietà con chi si pones se in tale situazione. Cosa vuol dire il pasticcio di me e Umberto : nel
Presidium? Vada pure, purché nessun o deb ba restare a Mosca 3.
Ed è solo la prima reazione. Bordiga è convinto che il Kominter n stia « marciando a precipizio
verso il revisionis m o comunis ta ab itnis funda mentis». In una successiva lettera, del 15 luglio, il
tono è più impera tivo. Bisogna rifiutare le cariche date a Mosca. Senza ulteriori indugi:
Se per caso non volete fare quanto vi propongo, ecco, ancora, le mie decisioni personali. Non
pretend o di rappres en t a re altro che il signor me stesso ma dichiaro che... la mia azione sarà
indipen de n t e da quella dei rappre se nt a n ti dell'ex maggio ranza nella Centrale e che non
collaborerò in nessun modo (salvo vecchie penden z e tecniche da sistema re, si capisce) al lavoro di
direzione del partito.
Dall'Esecutivo sono lieto di essere già escluso: mi dimetto dal Comitato Cen trale. Non mi dimetto
da non so che cariche mi hanno dato a Mosca ma se dovessi uscire non andrò laggiù neanche per
poco tempo4.
Non c'è, nella protest a di Bordiga, per ora, la contesta zio ne della le gittimità dell'atto autoritario
del Komintern; essa verrà soltant o più tardi. Vi è piuttos t o una critica sprez z a n t e sia per la
condott a che per il carattere dei dirigenti dell'Interna zi onale comunist a (in una lettera egli chiama
Zinov'ev, « Gregorio il pallista... ») e la cura assidua di portare gli altri compagni del vecchio
Esecutivo sulle proprie posizioni di rot tura. Grieco è subito d'accordo con lui. S'era già
dimissionari - questi ricorda dal carcere ai compagni - bisognava tenere fede all'impegno5. ##
1 La serie di lettere di Amadeo Bordiga al Comitato esecutivo del PCI vanno dal 29- 30 giugno
1923 alla vigilia del processo da cui uscirà assolto (ottobre); fotocopie in APC, 1923, 190 / 1 sgg.
2 Terracini.
3 Da una lettera indirizza t a a Togliatti del 7 luglio 1923. APC, 1923, 190 / 3.
4 Ibid., 190 / 9.
5 Il 1° agosto Grieco scrive a Terracini e Togliatti: «Il mandat o della delegazione a Mosca era: 1)
difenderci dalle accuse mosseci; 2) dare le nostre dimissioni nelle mani del C. E. che seguivano
quelle preceden t e m e n t e tras m es s e per iscritto. Partendo per Mosca, Umberto scrisse: "Andiamo
con intenzioni di... finirla! " Se non avessimo sempre pensato così tutti avrem m o deciso di restare
al nostro posto. Se noi fossimo un gruppo nessun o dei nostri compagni accetterebbe di sostituirci!
Io rifiuto d'accettare lo stato di fatto, nel senso che ciascuno riprende la sua libertà d'azione:
vedre mo poi se si ritroverà il gruppo originario del partito». Il biglietto, vergato con la stessa
tecnica di quelli di Bordiga è siglato con la cifra convenzionale di def e indirizz a to a «Palmiro e
Umberto» (APC, 1923, 191 / 1 8).
L'atto d'autorità del Komintern 287
Ed egli annun zi a, non senza solennità, le proprie dimissioni anche da mem br o del Comitato
centrale1. Fortichiari tiene lo stesso atteggiam en to. Rifiuta la carica datagli da Mosca, e
reiterata m e n t e rinnoverà in ago sto le dimissioni. Le ragioni che « Bruno » adduce sono
esatta m e n t e quelle avanza te da Bordiga: l'Interna zionale ha condan na t o e pubblica mente
squalificato il vecchio Esecutivo italiano, quindi c'è da cambiare direzione. Questo nuovo Esecutivo
« misto » è un non senso, contrario agli stessi criteri organiz z a tivi dei partiti comunis ti che
richiedono un centro direttivo omogeneo. Egli, per di più, è l'unico compagno che, dei cinque
vecchi mem bri dell'Esecutivo, ritornerebbe nel nuovo. È quant o non può accettare perché si sente
solidale con gli esclusi (Bordiga, Grie co, Terracini, Repossi) e perché, inoltre, non accetta la
spiegazione da tagli a Mosca secondo cui la propria riconfer m a verrebbe dalle mansioni tecniche
che egli ricopre (dirigente dell'Ufficio illegale). Fortichiari sarà sostituito da Gennari.
Gli altri dirigenti della maggioran z a si comport a n o in un modo diver so, sebbene più nella forma
che nella sostan z a. Essi tengono una riunio ne di gruppo, il 12 luglio, nella quale decidono di
costituirsi in una sorta di frazione interna, o meglio di trasfor m a re la vecchia maggioran za - di cui
si riconosce tuttora ad Amadeo Bordiga, una vera e propria leader ship - in frazione. Con
quest'ulti mo il dissens o è dunque soltanto di op portu ni tà. Vale a dire che essi (in primo luogo
Terracini con Leonetti e Camilla Ravera) ritengono non si possa no invalidare le decisioni dell'In
terna zionale ma convenga piuttos t o « conservare posizioni tali da assicu rar [loro] il dominio del
partito e della situazione politica »3 dinanzi ad una minoran z a penetra ta nel Comitato esecutivo,
ment re Bordiga trova ##
1 Alla stessa data, biglietto dattiloscritto (nella fotocopia): def a Palmiro. Il testo reca: «Dopo
presa nozione dei risultati dell'Esec. Ali. sento il dovere di present are le mie dimissioni da membro
del Comitato Centrale del PC. Tali dimissioni sono irrevocabili e desidero rispar miarvi la cortesia
di discuterle. La mia decisione non è una diserzione. Vi do la mia parola di comunist a che mai
come in questo mome nt o ho sentito il desiderio di essere processa to, per togliere ogni maligna
interpret a zione al mio atto. Vi prego di rispetta re questo mio pudore! Mi riservo di decidere sul
mio atteggia mento successivo. Con fraternità: def. Postscript u m: È mio parere che Bruno non
possa accettare» (APC, 191 / 2 8).
2 La prima notizia delle dimissioni di Fortichiari da membro del nuovo Comitato esecutivo del
PCd'I si ha con una sua lettera del 16 luglio (APC, 1923, 171 / 2 8). Una motivazione politica più am
pia si ha in un'altra sua lettera dell'8 agosto, indirizz a ta al Comitato centrale, nella quale, precisati
i punti di principio e politici che riferiam o sopra, egli ha cura di respingere l'obiezione che solo al
l'Interna zionale comunist a spetti accettare o meno le sue dimissioni. È il Comitato centrale che «ha
il dovere e il potere di decidere» (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 192}, K. 1, b. 67). Il
Comitato centrale le respinge una prima volta e Fortichiari le rinnova il 30 agosto, allargandole in
un certo senso. Si dimette infatti anche da mem bro dello stesso Comitato centrale (cfr. ha
forma zione ecc. cit., pp. 126 - 27). Le nuove dimissioni sono respinte una seconda volta dal
Comitato esecutivo riunito il 7 settem b re (APC, 1923, 771 / 7 6 - 83); saranno però accettate
nell'aut u n n o, quando Forti chiari, nel fratte m p o esule a Vienna, è in gravi condizioni di salute e
ottiene un congedo per ma lattia.
3 Dall'interven t o di Terracini alla riunione del 12 luglio 1923 (il verbale in La forma zione ecc. cit.,
pp. 88- 89).
288 Capitolo diciannovesi mo
contrad di t to ria e illusoria questa linea di condott a '. « Non fate la massi ma fesseria della vostra
vita! »2, torna a dire il 1° agosto a Terracini e a Togliatti insistend o sulla necessità di dimissioni di
tutta la maggioran z a; ed egli da l'esem pio rifiutand o la carica a cui è stato chiamato, di membr o
del Presidium del Komintern. Togliatti è a mezz a strada, anzi sul fondo del proble ma è quasi del
tutto d'accordo con Bordiga4. Comunica infatti ai compagni che accetterà la carica affidatagli a
Mosca alla condizione non soltant o che il vecchio gruppo dirigente si costituisca in frazione ma
che esso inizi
una polemica aperta con l'Interna zionale e con la minora n z a del partito, attraverso una serie di
dichiarazioni di principio e polemiche che non debbono essere solo co municate all'Interna zio nale
ma diffuse tra le masse 5.
Il punctu m dolens è sempre quello: la tema che si vada, collaboran d o con la minoran z a (il giudizio
personale di Togliatti su Tasca è ancora più aspro di quello di Gramsci) a un processo di
liquidazione del partito. Togliatti indiriz za in proposito una lettera comune a Gramsci e a Scocci
marro (che è a Berlino) il 16 luglio in cui, tra l'altro scrive:
Quello che i compagni della minoran z a vogliono liquidare è tutta la tradizione e la esperienz a del
moviment o politico proletario che ha portato alla creazione del partito comunis ta. Sono i principi
per i quali si è fatta la polemica nell'interno del ##
1 Bordiga scrive a Togliatti il 20 luglio: «Non dovete accettare di restare nell'Esecutivo. Sa rebbe
una situazione impossibile per voi... Se restate nell'Esec. sarete tacciati di mancare agli im pegni e
quelli della minora n z a avranno buon gioco. Datemi retta: non vi cacciate in tale vicolo cieco:
piuttos t o capitolate definitivame nt e, bevendo il calice amaro della disciplina e lasciate mi
l'iniziativa della campagna per la difesa della nostra modes ta ma non dispre z z a bile tradizione
politica: ora cor rete il rischio di non fate né l'una né l'altra cosa e avrete tutti gli svantaggi. Non
vedete che vi han no dispos to nelle cariche in modo che già siete imbottigliati?...» (APC, 1923,
190 / 8).
2 Nella lettera del 1° agosto Bordiga, precisan do le ragioni della propria intransigen z a e di quel la
di Grieco, dice tra l'altro: «Non mi considero solidale col lavoro di direzione del partito perché so
che non sarete voi ad ispirarlo ma Mosca e i pinguini» (gli inviati dell'Interna zionale comunist a).
Bordiga aggiunge anche che non vuole ricevere più in carcere il sussidio del partito, ma che
bisogna invece continua re ad aiutare Grieco perché senza mezzi (APC, 190 / 1 0).
3 Togliatti invia all'Esecutivo del Komintern copia della lettera cifrata indiriz za ta ad esso da
Bordiga, in data n agosto 1923 e che suona così: «Cari compagni, non mi è stato esatta m e n t e comu
nicato a quale carica io sia stato nominat o dagli organi centrali del Cominter n nell'ultimo
Allargato, ma parmi che si tratti di un posto nel Presidium a partire da una certa data. Siccome
dopo la mia eventuale scarcera zione io voglio e devo restare in Italia, dichiaro che non accetto né
accetterò tale carica. Saluti comunisti» (APC, 1923, 178 / 7 3 - 74). La lettera al Kominter n è
accom pagna t a da un biglietto che Bordiga invia ai compagni italiani confer ma n d o le sue dimissioni
dal Comitato centrale del PCI così motivandole: «Non ho condiviso l'opera degli attuali organi
dirigenti del partito che per la loro composizione ritengo inadeguati al compito. Non faccio con ciò
eccezione alla legittimità della loro designazione secondo gli statuti del Comintern e del partito
ritenen do di trascurabile im porta n z a tale questione. Solo stabilisco che io sono al di fuori di tale
combina zione. Vogliate pren derne atto per le ulteriori rispettive respons a bilità». Il biglietto,
crittogra m m ico, decifrato dalla poli zia, si trova in ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., Atti
seques tr a ti al PCI dalla Quest ur a dì Milano (1920 - 2;), b. 3, ff. 33- 34.
4 Conviene richiamare qui il giudizio che darà Gramsci in una lettera a Leonetti del a8 gennaio
1924: «Togliatti non sa decidersi, com'era un po' sempre nelle sue abitudini; la personalità
vigorosa di Amadeo lo ha forteme n t e colpito...» (La forma zione ecc, cit., p. 18).
5 Dal verbale, citato, della riunione del 12 luglio 1923.
L'atto d'autorità del Komintern 289
partito socialista e tra le masse prima e dopo Livorno, che sono stati fino ad ora di guida della
azione del gruppo che ha avuto la direzione del partito sino ad ora, e che costituiscono ancora,
almeno per noi, il punto a cui bisogna tener fermo se si vuole garantire al moviment o proletario
un avvenire che non sia simile al passato '.
Sappiam o già quale sia la discrimina zione fissata con la minoran z a, or mai da più di un anno.
Togliatti inform a Gramsci che anche nell'azione concreta tra gli operai i « minoritari » sollevano la
questione degli errori com mes si dal vecchio gruppo dirigente e popolari z z a n o una concezione del
fronte unico coi socialisti che la vecchia maggioran z a non può accet tare. Le obiezioni di Togliatti
sono così profon de che non solo egli con ferma a Gramsci di essere « assai perples so ad accettare
la carica di mem bro del nuovo Comitato esecutivo del partito », ma desidera che le sue
considera zio ni vengano comunicate « ai compagni che dirigono l'Inter nazionale». Analoga lettera
è inviata, per una richiesta di consigli, al l'amico Mario Montagna na.
Le risposte dei tre corrispon de n ti sono il primo vero segno di una svolta nella situazione interna,
che pare a Togliatti senza altra via d'usci ta che non sia la rottura preconi z z a t a da Bordiga. Sia
Gramsci quant o Scoccimarro quant o, e più calorosa m e n t e, Montagnana, reagiscono con pronte z z a.
No, non si deve cedere il timone proprio ora, non si può pas sare la mano a Tasca, non si può e
non si deve rom pere con l'Interna zionale!
Su questo terreno [della rottura] - scrive Montagnana - non solo io non sono d'accordo ma sono
certo che tutti gli iscritti al Partito meno al massi m o una cin quantina, in tutta Italia, la pensano
come me... Specialment e in questo periodo di sacrifici, di sconfitte e di sconfort o il sentirsi
stretta m e n t e legati all'Int. è l'unica cosa che riesca a dare forza e fiducia ai compagni. Non
parliamo perciò di ritiro o di rottura con l'Int.! Sarebbe il più grave degli errori poiché oggi
porterebbe alla morte del nostro Partito2.
Montagnana è anche il primo a rivendicare il passato, la tradizione, le differenzia zioni del «
gruppo torinese » ordinovista da quello astensio nista. Scoccimarro invece spera che la
maggioran z a costituitasi tra Li vorno e Roma, sotto la guida di Bordiga e dello stesso Gramsci,
possa ancora ricompor si e battere la destra con l'aiuto di Bordiga, ma la sua rispost a è altretta n t o
netta: intant o, niente dimissioni, restare alla testa del partito. Gramsci comincia, dal canto suo,
un'azione di convincimen to che ne farà il vero protagonist a della svolta. Per ora il suo è uno scat
to, duro e frement e, di ribellione alla pros pe t tiva di darsi vinti: ##
1 Da La forma zione ecc. cit., pp. 92- 93.
2 È la lettera del 24 luglio 1923 cit.
3 Dalla lettera che ha la data presu mibile del 7 agosto 1923 cit.
290
Capitolo diciannovesi mo
La tua lettera - rispon de a Togliatti - mi ha profon da m e n t e impressionat o e addolorat o: ora
capisco meglio come si sia potuta creare la situazione parados s ale che ci delizia, di una minora n z a
che non esiste obiettivame nt e, che è stata creata dai nostri errori e dalla nostra passività e che
avrà, se il tuo punto di vista si attua, la direzione del Partito], e di una maggioran z a che non si sa
con esatte z z a cosa sia, se abbia un progra m m a, se sia degna di stare al suo posto nel momen t o
terribile che il proletariato italiano attravers a. Scusa le parole dure: ma ti confesso riuscirmi
assoluta m e n t e incom p re n sibile che dei rivoluzionari che siano convinti del loro pro gram m a,
abbando ni no il loro posto, che oggi, data la situazione generale, è una barricata da difendere e non
solo dai nemici che stanno di fronte '.
Già si adombr a in questa critica il process o a un tipo di maggioran z a « che non si sa che cosa sia ».
A una maggioran z a dominat a da pregiudi ziali bordighiane, da una concezione del partito e dei
rappor ti con l'In terna zionale che Gramsci non condivide, pur essendo si schierato contro Tasca e
le sue accuse. Non a caso sarà su Bordiga che avverrà l'urto tra Gramsci e i suoi amici: la scelta si
sta per imporre in modo definitivo. ##
1 La lettera di Gramsci a Togliatti, databile ai primi d'agosto del 1923, in «Rinascita» cit., 22
gennaio 1966.
Capitolo ventesimo
Gramsci protagonista della svolta
Il periodo che Gramsci trascorre a Mosca, dal maggio 1922 al dicem bre 1923, e quindi a Vienna
sino al maggio del 1924, è apparso per mol to tem po come una parentesi quasi sconosciuta nella
vita del rivoluzio nario sardo. Egli non potè prendere parte al moviment o che culminò nello
sciopero dell'agosto 1922, né vivere in patria il periodo dell'avven to fascista, della prima «
illegalità » del partito, del lacerant e conflitto interno. Anche la sua posizione di dirigente era, e
continuava ad essere, in questo biennio, eccezionale. Soltanto da chi gli era stato più vicino la sua
forza di pensiero politico e le sue capacità di capo erano conosciute quando egli lasciò l'Italia. Né
l'essere il rappre se nt a n t e italiano all'EKKI aveva di per sé aument at o il suo peso d'intervent o
direzionale, nel PCI. Eppure, al suo ritorno, al primo contatt o che ripren de col quadro di par tito al
convegno segreto dei segretari di federa zione del maggio 1924, egli è alla testa del nuovo gruppo
che assum e la direzione e qualche mese dopo sarà il segretario generale, carica che prima non
esisteva neppure nel partito.
Una trasfor m a zio ne: è il frutto di un'evoluzione politica, di un nuo vo impegno personale, è anche
un'investitura di Mosca? A mano a mano che nuovi docume n ti e nozioni sono venuti ad illuminare
il periodo « russo » di Gramsci si è potuta misurare l'impor ta n z a decisiva acquisita dall'esperienz a
fatta nell'ambiente, nel cuore stesso della III Interna zio nale, e insieme il processo di riflessione
critica che egli, da lontano, ha compiuto sul passato, le origini, lo sviluppo (e l'involuzione) del
movi mento comunista in Italia, di quella falange d'acciaio, assottigliatasi as sai nei primi tre anni
di vita, ma posta tuttavia dinan zi a nuove prove impegnative. E ciascuno di questi due aspetti influenz a del Kominter n e sforzo originale di « costru zione comunis ta » del moviment o — è stret
tament e collegato all'altro.
Gramsci non sapeva partend o dall'Italia quant o tem po si sarebbe tratten u t o a Mosca. Anche se
l'Interna zionale richiedeva una presenz a assidua e perma ne n t e del rappres e nt a n t e italiano
nell’EKKI, sin dall'a -
292 Capitolo ventesimo
gosto del 1922 - quando le sue condizioni di salute erano pessi me - egli scriveva alla giovane
russa conosciuta nel « sanatorio » del Bosco d'Ar gento alla periferia di Mosca, Julca Schucht, la
sua futura compagna, che forse sarebbe rimasto in Russia soltanto per un mese ancora '. Gli impe
gni ve lo tratte nn er o, invece, e per due volte rinviava la parten z a. La prima, all'inizio del 1923,
quando si era deciso che Gramsci avrebbe condiret to l'« Avanti! », come nuovo organo del Partito
comunist a uni ficato, insieme a Serrati, ed era stato quest'ulti mo2, al corrente della si tuazione
delicata all'interno del PSI e del giornale, per la rivolta antifu sionista capeggiata dal redatt ore capo Nenni, a pregarlo di attendere che le acque fossero meno tempes t os e. La seconda, qualche
mese dopo, al lorché un telegra m m a dei compagni lo « inchiodava »3 ancora a Mosca
annun zi a n d ogli che esisteva contro di lui - come sappia m o - un mandat o di arresto in Italia.
Gramsci, compatibilment e con lo stato di salute, non è vissuto certo isolato a Mosca. Ha preso
parte a tutte le assise dell'Interna zio nale, e alle innum erevoli riunioni indette dai vari uffici
dell'organi z z a zi one (« Ci convocano ad ogni mome nt o, nelle ore più impensa te »), ha visto molti
compagni italiani, da Bordiga a Terracini a Scoccimarro a Gennari, a Ca milla Ravera, a Tasca, sino
ad alcuni dei « suoi » più fedeli amici operai torinesi, Vincenzo Bianco ad esem pio, e Giovanni
Parodi, o ancora quel giovane operaio veneto Pietro Tresso - distaccato presso l'Interna zio nale
sindacale rossa - con cui nel 1923 lavora assidua m e n t e e si accom pagna spesso. Già conosciam o
la parte da lui svolta nei dibattiti accesi del IV congresso, e dell'Esecutivo allargato del giugno
1923. Fino a questo moment o, salve le virtù diploma tiche, di tattica anguilleggiatile, che gli hanno
creato la fama di un abilissimo navigatore, egli non si è pubblicame nt e differenziat o né dalle
posizioni né dalle respons a bilità della vecchia maggioran z a. Il punt o di principio, tante volte nel
fratte m po rivendicato da Togliatti, di salvaguar da re il partito nato a Livorno come strum e n t o
nuovo, autono m o, della classe operaia italiana, egli l'ha condiviso e difeso dinan zi all'attacco
combinato di Zinov'ev e Tasca e ##
1 Cfr. 2000 pagine di Gramsci cit., voi. II, p. 20.
2 Da un'altra lettera di Gramsci a Julca Schucht, del 10 gennaio 1923; ibid., p. 21.
3 In una lettera a Julca Schucht, senza data, ma presu mibilme nt e del marzo 1923, Gramsci rac
conta che, giunto il telegram m a dall'Italia, nacque a Mosca una grande confusione poiché egli era
as sente dall'albergo e non lo si riusciva a rintracciare. « Rientrat o alle sette, sono stato accolto
quasi come un resuscitato. Il Presidium riunitosi nella sera, ha deciso che io debba rimanere fino a
nuova disposizione» (da 2000 pagine di Gramsci cit., voi. II, p. 25).
4 Nella lettera a Togliatti, del 27 gennaio 1924, Gramsci scrive che, nel periodo in cui è rimasto a
Mosca, dovendo essere molto guardingo su problemi e cose di cui era scarsissi m a m e n t e inform at o,
egli si è «involont aria m e n t e guadagna to la fama di una volpe dall'astu zia infernale» (La
forma zione ecc. cit., p. 178).
Gramsci protagonis ta della svolta 293
forse per questo ha tenut o in ombra i dissensi, antichi e rinnovati, con Bordiga, che coll'aut un n o
del 1923 si preciseran no in tutta la loro am piezza.
L'ambiente del Komintern ha però già consentit o a Gramsci di guar dare le cose in modo nuovo, di
cogliere quegli elementi formalistici o provinciali che nutrono un certo tipo d'intra nsigen z a degli
italiani '. E più d'una volta egli ha tratten u t o i compagni dalla prope nsione o dalla tenta zione della
rottura aperta. Ci sono alcuni appunti manoscritti2 di Gramsci, rimasti inediti, che illuminano
quale sia l'impos t a zione del rap porto tra il PCI e il Komintern concepita in questo moment o dal
dirigen te italiano, che da più di un anno si trova in Russia.
La nota di Gramsci - probabilmen te del giugno 1923 - si inizia così:
Finora è stato assunt o verso il C.[omintern] un atteggiame n t o che è sembrat o equivoco: mentre si
afferm ava la massim a disciplina formale e si teneva un lin guaggio non come deve essere tenut o
tra eguali, ma tra inferiori e superiori, si ope rava in modo da dare l'impres sione che si volesse
fare di tutto per eludere sostan zialmente le parole d'ordine stabilite dai Congres si] o
dall'Esecutivo. È un prin cipio di orienta zione politica ormai divenuto fonda m e n t ale che ogni
atteggiame nt o locale deve aver un riflesso interna zionale e può portare a una organiz za zi one, o
almeno a un movimento interna zionale facendo comparire nel seno del Comintern delle frazioni, È
certo che l'Esecutivo combat te rà aspra m e n t e ogni manifesta zione di tal genere.
Gramsci individua dunque qui una delle regole più caratteristiche della dialettica interna al
Komintern. E ne esemplifica un tratto tipico, prosegue n d o la sua nota in questi termini:
Una delle manifesta zioni a cui l'Esecutivo più tiene è che nelle votazioni ci sia sem pre l'unani mità.
Non è questa una sem plice questione formale. Da tutta l'espe rienza della Riv. Russa risulta che
l'assenz a di unani mità nelle grandi votazioni pubbliche determina atteggiame nti speciali in mezz o
alle grandi masse: gli avversari politici si polariz za n o verso la minoran z a, ne allargano e
generaliz za n o la posizione, pubblicano cospirativame n t e manifesti, progra m m i, ecc, firmati
magari dagli op positori o da un gruppo di loro amici, e compiono tutto un lavoro di agitazione
che può divenire estrem a m e n t e pericoloso in un momen t o deter mina t o. Un atteggiame nt o
difensivo contro tali manovre è l'unani mità nelle votazioni, che dinan zi al ##
1 Importa nt e, a questo proposito, la lettera di Gramsci a Togliatti del 18 maggio 1923: «Se con
tinuiam o ad assum ere gli atteggiame n ti formalistici che abbiamo assunto finora (- bada che essi
sono formalistici, per me, per te, per Bruno, per Umberto, non per Amadeo - ) otterre m o il fine
oppos t o a quello voluto: l'opposi zione di fatto diventerà la rapprese n t a n t e del partito e noi
rimarre m o tagliati fuori...» (La forma zione ecc. cit., p. 66).
2 Si tratta di quatt ro fogli manoscritti, di cui fotocopia in APC (1923, 188 / 1 - 4), dal titolo: Im
posta zione dei rapporti tra il PCI e il Cominter n. L'appun t o non ha una data. Senonché, sia il ri
chiamo al Partito comunist a tedesco e alle sue vicende, sia l'analogia di alcune afferma zioni con il
discors o che Gramsci tiene sulla «questione italiana» all'Esecutivo allargato dell'Interna zionale co
munista, fanno ritenere la sua stesura intorno al giugno del 1923. Cfr. il prosieguo del testo, per
questi richiami.
294
Capitolo ventesimo
pubblico appare come un raggiunto accordo e come la prova dell'unità più franca. Da questo
canone, diventato fonda me n t ale per i Partiti Com. in quant o essi devono atteggiarsi oggi in
previsione del doma ni, conseguono corollari che si riferiscono anche ad atteggiame nti nostri,
come quello dell'afferm a zi one che si sarà disciplinati anche se non convinti, la minaccia delle
dimissioni, ecc. Più pericoloso anzi questo atteggiam en t o in quanto fa nascere o può far nascere
dicerie, suss urri e può por tare a pseudo - rivelazioni di retroscena che nel campo interna zionale
possono avere ripercussioni molto gravi. È meglio pertant o porre nelle discus sioni private le que
stioni in tutta la loro ampiez z a sostene n d o il proprio punt o di vista con fierezz a e dimost r an d o
che si è dispos ti anche a lottare. Si capisce che tali questioni possono sorgere solo entro i limiti
statut ari e delle decisioni già prese dai Congres si e dalle Conferen ze.
A questo punt o - svolta una critica che si attaglia precisam e n t e alla condot t a del partito italiano —
la nota allarga lo sguardo alla situazione interna zionale e ai casi del partito tedesco, non meno
travagliato di quel lo italiano.
Noi siamo - vi si trova scritto — in una posizione discutibile], data la situa zione interna z. La
tattica del fronte unico, impos tat a con abbasta n z a precisione dai compagni russi sia teoricam en te
che come indirizzo generale, per le sue applicazioni pratiche non ha trovato in nessu n paese
Partito e uomini che sapessero concertarla. La Germania, dove pareva fino a poco tempo fa che si
fossero fatte cose esem plari, è stata acuta m e n t e criticata. La grande maggioran za del Partito
tedesco non ha ca pito questa tattica e la minoran z a è l'espressione di questo stato d'animo
diffuso. La delegazione di Francoforte, inviata ad Amsterda m, non ha saputo far altro che
espletare una pratica burocratica ed è stata perciò ripresa. Evidente m e n t e tutto ciò non può essere
casuale. C'è qualche cosa che non funziona in tutto il campo internazionale e c'è una debolez z a o
una deficienza di direzione. La questione italiana deve essere vista in questo quadro, non come
qualche cosa che dipenda da malvolere di individui e che può essere modificata dal primo villano
che vuole fare il Marcello. Noi dobbia m o sostenere che così vogliamo impos ta re il problem a
dinan zi agli altri partiti, servendoci degli elementi a nostra disposizione se si nega di ri conoscere
il nostro buon volere e la nostra dirittura.
Gramsci con la critica, la ricerca, e la stessa azione che comincia ad espletare cerca, in sostan z a, di
far uscire il partito italiano dall'im pa s s e deter mi nat o sia dal « pericolo di destra » sia dal
rinchiuder si nell'eterno dilem m a del fusionis m o - antifusionis m o. Sul primo punto gli appun ti non
dicono nulla di nuovo rispet to alla posizione che Gramsci tiene nel suo intervento all'Esecutivo
allargato; ne ribadiscono anzi la sostan za di principio, aggiungend o un'accusa precisa ai metodi
dei « fiduciari » del ##
1 A Francoforte nel marzo 1923 fu convocata dall'Interna zion ale comunist a una conferen z a in
terna zionale sul pericolo del fascismo in Europa, invitandovi le organiz z a zio ni politiche e
sindacali socialde m ocratiche. La discussione e l'invito a un'azione comune furono proseguiti, con
poco succes so, da una delegazione tedesca espress a dalla Conferen z a che si recò alla Centrale dei
«sindacati gial li», socialdem ocra tici, di Amsterda m. Sulle lotte interne al KPD cfr., più avanti, p.
307 e p. 367 del presente volume.
Gramsci protagonis ta della svolta 295
Komintern, che si ritorcono poi contro il prestigio dell'Interna zio nale. Gramsci scrive testual me n t e
nelle ultime due cartelle dell'app u n t o:
La maggioran z a attuale del PC intende difendere fino all'estre m o la sua posi zione e la sua
funzione storica in Italia, dove bisogna costituire il PC unificato con un centro ideologico che non
sia quello tradizionale] del PS e neppu re un com promes s o. Noi difendia m o l'avvenire della
Rivoluzione italiana. La situazione del PS dipende in gran parte da una situazione simile in un
gruppo di dirigenti so cialisti. Essi difendo no e difendera n n o fino all'ultimo e con ogni mez zo la
loro figu ra politica e il loro avvenire. Possiam o aver fatto degli errori e siamo dispos ti ad
emenda rli ma non siamo dispos ti a permet te re che si tras porti il centro di attrazione ideologica e
di assimilazione dei nuovi elementi che entreran no nell'organo italiano] del Cominter n ad una
base nuova che è rappre se n t a t a da individui che vogliono fare un compro m e s s o coi socialisti sulla
quistione fondam e n t ale. L'atteggiamen t o del Comintern e l'azione dei suoi fiduciari porta la
disgrega zione e la corruzione nelle file comunis te. Noi siamo decisi a lottare contro gli elementi
liquidat ori del nostro Partito e contro gli elementi corrotti. La situazione di illegalità e
l'emigrazione ci obbligano a ciò. Non vogliamo che si ripeta in Italia ciò che è avvenuto per
l'Ungheria e la Jugoslavia. Se in questa lotta di rimbalzo verrà colpito il Cominter n] la colpa non
deve essere data a noi: non bisogna le garsi con elementi infidi.
L'appun t o va integrato con un altro importa n te docume n t o di Gramsci che è da lui vergato dopo
l'Esecutivo allargato. È una lettera a Togliatti, e, « per inform a zione », a tutto il quadro dirigente di
compagni che lavorano con lui: Scoccimarro, Leonetti, Montagna na, Fortichiari, Platone, Terracini,
Camilla Ravera, Peluso.
Sono assoluta m e n t e persua s o - scrive qui tra l'altro Gramsci - che oggi ogni discussione che da
parte nostra si limiti agli aspetti organiz z a tivi e giuridici della quistione italiana non può avere
nessun risultato utile; essa potrebbe solo peggio rare le cose e rendere più difficile e pericoloso il
nostro compito. Bisogna invece la vorare concreta m e n t e, dimost rare, attraverso tutta un'azione di
Partito e una ope rosità politica che sia adeguata alla situazione italiana, che si è quelli che si
preten de di essere e non continua re più con l'atteggiame nt o finora avuto di geni incom presi '.
Bisogna attende re qualche mese per vedere come Gramsci intenda questa operosità politica. Il
primo segno tangibile cadrà nel sette m b re del 1923. Gramsci si è occupato nel fratte m p o molto
del lavoro organiz zativo che l'Interna zionale imposta per creare centri europei di inform a zione
sul fascism o e di coordina m e n t o nella lotta contro di esso - uno a Berlino l'altro a Vienna. Può egli
dedicarsi a questi compiti, mentre in- ##
1 Fotocopia della lettera « Al compagno Paolo Palmi » e agli altri succitati in una cartella di ap
punti gramsciani conservata presso l'Istitut o Gramsci in Roma. Togliatti pubblicò questa lettera (in
compiuta) in La forma zione ecc. cit., pp. 100 - 2, senza indicare i nomi degli altri destinat ari, sulla
base di una copia trascritta da Tasca.
2 La prima notizia precisa viene da una lettera firmata Gramsci e controfirm a t a Gennari, senza
data (ma collocabile nei primi mesi del 1923) indirizz a ta da Mosca al Comitato esecutivo del PCI in
296 Capitolo ventesimo
tensifica il proprio intervento nella crisi del gruppo dirigente italiano? Dall'Italia desidererebber o
che Gramsci fosse più a contat to col partito Quando Terracini parte per Mosca, intorno alla metà
d'agosto, per rico prire la carica di rappres e nt a n t e italiano nel Presidium, Togliatti scrive al
Segretariato del Kominter n:
È nostro desiderio che il compagno Gramsci lasci Mosca e si avvicini all'Italia Il C. E. del PCI
prende rà in seguito i provvedim en ti necessari per la utilizzazione del lavoro del compagno
Gramsci, a seconda delle possibilità sue e di decisioni che ancora debbono essere definite, relative
all'organiz z a zio ne dei nostri uffici di par tito all'estero1.
Gramsci dovrebbe andare a Berlino presso quell'ufficio interna ziona le, a sostituire Scoccimarro
incarcerat o in settem bre 2. Senonché la desti nazione pare tutt'altro che felice, a Terracini ad
esem pio, che fa una serie di valide obiezioni, alcune riferentisi alle condizioni di salute di Gram sci
(questi ha bisogno perma ne n t e m e n t e di un compagno che lo aiuti e lo assista), altre alla sua
utilizza zione politica specifica:
Riferendo m i - scrive appunt o Terracini - alla utilizza zione di Antonio nel mo do migliore per il
nostro moviment o credo che da Berlino egli non potrebbe più che da Mosca vivere la vita del
partito, parteciparvi, darle il valore della sua capa cità e della sua autorità3.
Dalla lettera di Terracini si appre n de inoltre che l'Esecutivo del PCI pensa a far risorgere l'«Ordine
nuovo » come rivista teorica del partito, e intende incaricare Gramsci della redazione. Uno dei
problemi più im pellenti che stanno dinan zi al partito è infatti quello di far risorgere la stam p a
comunist a, bersagliata da sequest ri e vere e proprie soppre ssioni. Ad esem pio, « Il Lavoratore » è
costrett o dal prefett o di Trieste a cessare le pubblicazioni dal 15 luglio4. Togliatti e i suoi più
vicini collaborat ori
cui si informa che l'EKKI «ha deliberat o l'istituzione di un bureau centrale a Berlino per la lotta
contro il fascism o ed uno a Vienna». Gli uffici tardera n n o parecchi mesi ad essere allestiti. Quello
di Berlino funzioner à da ottobre, diretto dal comunist a tedesco Willy Munzem be rg, a cui si affian
cherà Francesco Misiano. L'ufficio di Vienna verrà affidato a Gramsci, come diremo. Il suo compito
è quello di tenere il collegame nt o tra il PC italiano, semiclandes tino in patria, con gli altri partiti
comunisti, occupar si dei profughi politici italiani all'estero e fare propaga n d a tra di essi. (La lette
ra di Gramsci e Gennari in ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., Atti seques tr a ti al PCI [1920 2^], b. 1, f. io). La circolare, da Vienna datata 30 novembre 1923, in cui si precisano i com piti di
quell'ufficio, rintracciata alla stessa fonte, in «Rinascita» cit., 22 gennaio 1966. ##
1 Dalla lettera firmata Paolo Palmi, in data 13 agosto 1923, al Segretariato del Komintern (APC,
1923, 172 / 1).
2 Dal verbale della riunione del Comitato esecutivo del PCd'I, del 20 agosto 1923 (APC, 1923,
171 / 4 8), Scoccimarro inform a il Comitato esecutivo del PCI, con una lettera del 5 sette m b re 1923,
che ancora è in discus sione la funzione dell'ufficio di Berlino: se debba essere solo un centro di
pro paganda antifascista oppure anche di agitazione. Dopo l'arresto, per detenzione di passapo rt o
falso e la conda nn a a due mesi di carcere, Scoccimarro rientra in Italia. A Berlino lo sostituisce
Ambrogi (cfr. ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., Atti sequest r ati al PCI [1920 - 2^], b. 1, f. 1).
3 APG, 1923, 172 / 3.
4 Il provvedi me nt o di sospensione è preso dal prefetto di Trieste « sia per l'opera antinazionale
che "Il Lavoratore" spiegava con articoli eccitanti all'odio di classe e alla rivoluzione sia per il pe -
Gramsci protagonis ta della svolta 297
danno vita, nell'agost o del 1923, al settima nale di orienta m e n t o politico, «Lo Stato operaio » che si
stam pa, in condizioni di semilegalità a Mila no. Ma manca sia il quotidiano sia una rivista
culturale - politica di forma zione teorica. Il nome di Gramsci è fram mis t o ad entra m be le iniziative.
La prima è presa diretta m e n t e dall'Esecutivo del Komintern, ai primi di settem b re, quando una
nuova grave e questa volta insanabile « verten za » è scoppiata nei confronti del PSI.
La vicenda della ultima rottura appare la conseguen z a logica di quelle che nel primo semes tre del
1923 hanno reso ripetut a m e n t e impossibile la fusione. Questa volta in primo piano si pone però
l'urto diretto tra la Centrale di Mosca e il PSI che mal sopport a l'esisten z a e l'organiz z a zio ne della
frazione « terzina » nel suo seno1. Vengono radiati dal partito i redattori della rivista « Pagine
rosse », Serrati, Buffoni, Malatesta, Maffi, Riboldi. Dalla radiazione si passa all'espulsione ed è
proprio prende n d o atto della nuova situazione, dei continui, reali, ostacoli frappos ti dalla
direzione del PSI al processo di riunificazione - ostacoli che i comunis ti italiani accolgono come
una dimostr a zi one della giuste z z a della propria condott a diffident e2 - che il Komintern decide la
pubblicazione di un giornale quotidiano per « controbilanciare l'influen z a dell'" Avanti! " sul le
masse ». Il nuovo quotidiano dovrebbe essere un organo comune per i comunisti e per i « terzini »,
l'organo che prepari la loro fusione, vistasi definitivame nt e sfumat a quella con tutto il PSI.
Anche la « piccola fusione » non sarà semplice ma ciò che più qui ci ##
ticolo di rappres aglie minaccianti l'ordine pubblico che già si erano manifestati per i suoi attacchi
contro la milizia nazionale». Così l'arbitrio è difeso dal sottosegret ario Finzi alla Camera (cfr. il re
soconto dell'* Avanti! », 18 luglio 1923). ##
1 La rottura tra PSI e Interna zionale comunist a avviene nel mese d'agosto. La direzione sociali sta,
in una riunione con Ràkosi e Manuil'skij a Milano, pone come condizione per l'ingresso del PSI
nell'Interna zio nale comunista in qualità di partito simpati z z a n t e che si sciolga la frazione
fusionist a. Il PSI si impegna inoltre di mantenere col PCI « rapporti di cordialità e di intesa
fissando tre comi tati misti perm a ne n ti, politico, sindacale e parlame nt a re». Dopo varie
discus sioni, progetti e contro progetti (i rappres en t a n ti dell'Interna zi onale comunista chiedono
che si fonda no le due frazioni op poste del PSI, che il partito segua in politica estera i deliberati
del Komintern e in politica sinda cale quelli del Profintern) le trattative naufragano alla fine
d'agosto. Accusand o il Komintern di at tentare alla propria autono m ia, la direzione socialista si
irrigidisce, espelle i redattori di «Pagine rosse» e afferma che nessuna soluzione di compro m e s s o è
più possibile con la Terza Interna zionale. (Cfr. la docum e n t a zio ne offerta dall'«Avanti!», 29
novembre 1923).
2 Togliatti scrive, in una lettera al Comitato esecutivo dell'Interna zi onale comunista, il 3 set
tembre 1923: «Noi ritenia mo che nel momen t o e nelle condizioni attuali, ogni nuovo passo che si
riteness e utile di compiere verso i capi del PS, nella speran z a di smuoverli dalla loro situazione o
di affrettare la loro liquidazione, anziché darci dei risultati, si risolverebbe in un nuovo insucces so
e quindi in un danno sia del PC che della frazione che in seno al PS ha il compito di sviluppare la
tat tica dell'Interna zion ale comunist a» (APC, 192}, 178 / 8 2).
3 La comunicazione della decisione del Presidiu m dell'Interna zi on ale comunist a è inviata da Otto
Kuusinen, in una lettera indirizza t a al Comitato centrale comunist a e al direttivo dei « terzini »,
datata Mosca j sette m br e 1923. La lettera precisa: « Il giornale, che deve apparire senza
un'etichet ta di partito, sarà redatto in comune da apparte ne n ti al PCI e da mem bri della frazione
fusionist a del PSI...: Il giornale dovrà dare alle masse italiane le direttive e la parola d'ordine su
tutte le questioni politiche e sindacali» (APC, 192}, 164 / 3 0).
298 Capitolo ventesimo
interess a è che Gramsci inserisce nel progetto una propria concezione del terreno politico e sociale
su cui l'azione va sviluppat a. Deve essere un terreno sgombro dalla vecchia controversia e più
rispond e n t e al disegno strategico di un fronte unico, di un impulso unitario reale, in vista del
l'obiettivo del « governo operaio e contadi no ». Nello stesso mese di set tembre, infatti, Gramsci
form ula la prima indicazione generale progra m matica nella lettera che invia da Mosca al Comitato
esecutivo del PCI, il 12 settem b re 1923, a proposit o della fonda zione di un « quotidiano ope raio »
decisa dal Komintern. Gramsci insiste, in primo luogo, sul caratte re non di partito che il giornale
dovrà avere, sia per assicurarsi una più stabile esistenz a legale, sia per riflettere tutta « la sinistra
operaia, rimasta fedele alla tattica della lotta di classe », compresi quindi gruppi anar chici,
sindacalisti, repubblicani, e soprat t u t t o le masse lavoratrici, per ri suscitare in esse un movimento
reale. Quanto ai rapporti con i « serratia ni » essi saranno di collabora zione, badand o a evitare
ogni polemica di tono settario. Ma la parte più importa nt e della lettera è quella che con cerne
l'indirizzo politico generale.
Io propongo - scrive Gramsci - come titolo « L'Unità » che avrà un significato per gli operai e avrà
un significato più generale, perché credo che dopo la decisione dell’Esec. All. sul governo operaio e
contadino, noi dobbiam o dare importa n z a spe cialmente alla questione meridionale, cioè alla
questione in cui il problem a dei rap porti tra operai e contadi ni si pone non solo come un
problem a di rapport o di clas se, ma anche e specialmen te come un problema territoriale, cioè
come uno degli aspetti della questione nazionale. Personal me nt e io penso che la parola d'ordine
«governo operaio e contadino» debba essere adattata in Italia così: «Repubblica federale degli
operai e contadini ». Non so se il mome nt o attuale sia favorevole a ciò, credo però che la
situazione che il fascismo va creando e la politica corporativa e prote zionis tica dei confederali
porterà il nostro partito a questa parola d'ordine. A questo proposito sto prepara n d o una
relazione per voi che discuterete ed esami nerete. Se sarà utile, dopo qualche numero, si potrà nel
giornale iniziare una pole mica con pseudoni mi e vedere quali ripercus sioni essa avrà nel paese e
negli strati di sinistra dei popolari e dei democratici che rapprese nt a n o le tenden z e reali della
classe contadi na e hanno sem pre avuto nel loro progra m m a la parola d'ordine del l'autono mi a
locale e del decentra m e n t o. Se voi accettate la propos ta del titolo, « L'Unità », lascerete il campo
libero per la soluzione di questi problemi e il titolo sarà una garanzia contro le degenera zioni
autono mi s tiche e contro i tentativi rea zionari di dare interpret a zio ni tenden ziose e poliziesche
alle campagne che si po tranno fare: io d'altronde credo che il regime dei Soviets, con il suo
accentra m e n t o politico dato dal Partito comunis t a e con la sua decentralizz a zio ne amminist ra tiva
e la sua colorizz a zi one delle forze popolari locali, trovi un'otti ma prepara zio ne ideo logica nella
parola d'ordine: Repubblica federale degli operai e contadini. ##
1 La lettera, sequest ra t a poi dalla polizia con altri atti e docum en ti del PCd'I è stata rinvenuta e
pubblicata da Stefano Merli in «Rivista storica del socialism o», a. vi, fase. 18, gennaio - aprile 1963,
pp. 115 - 16.
Gramsci protagonis ta della svolta
299
Il docume n t o, di grande import a n z a, è il primo segno concreto di una svolta, non solo e ancora
non intera m e n t e nel campo politico, sibbene in quello del metodo e delle pros pet tive di lavoro del
partito. Colpisce su bito l'accento posto sulla questione meridionale, che avrà, nell'elabora zione
gram sciana, successivi più ampi sviluppi. Ma più ancora sono nuo vi lo sguardo generale e lo
sforzo di penetra zione sulla situazione e i com piti del presente. Gramsci ha dinanzi a sé il quadro
di un radicalizz ar si della crisi del regime fascista, ma non ripropone il vecchio schema di in
transigen z a settaria, bensì l'individua zione di un compless o di forze po litiche e sociali che
possa no dare vita a un governo operaio e contadi no essendo n e le espressioni reali. Non muta la
prospet tiva finale di un go verno « soviettista » - né muterà nel 1924 - 26 - ma essa è concepita co
me il punto terminale di un process o in cui si inseriranno varie compo nenti che il partito dovrà
sapere egemoni z z a re. Ed è in questo quadro che si accenna anche ai limiti più pesanti dell'azione
confederale, che si dovrà superare punt an d o a un raggrup p a m e n t o che vada al di là di una
impos ta zione « corporativa e protezionis tica ».
Di qui prende concrete z z a la cura di volgersi a un lavoro di creazione di organis mi unitari nelle
fabbriche, attraverso la conquist a delle Com missioni interne: un indirizz o che già Togliatti ha
propugna t o dall'ago sto e che sia Gramsci quanto Tresso ' vorrebbero veder poten ziato, anche se
una scissione dalla Confedera zione è ritenut a, ora e dopo, erronea. L'i dea dei Consigli è sempre
presente. Ma non è questo il punto essenziale. Le tappe del lavoro costruttivo di Gramsci,
dall'aut u n n o del 1923 alla primavera del 1924, sono altre, facilmente rintracciabili. La sua lettera
del 12 sette m br e giunge in Italia poco prima che un nuovo colpo della polizia scompagini il
Comitato esecutivo del partito: vengono arrestati a Milano Togliatti, Tasca, Vota e Gennari, insieme
a Leonetti e a Mario Montagnana, il 21 sette m b re. Ma le nuove persecuzioni e vicissitudini
giudiziarie - le seguirem o più avanti - non spez z a n o il filo dei rapporti epistolari tra Gramsci e il
centro italiano che riprender a n n o più intensi dalla fine dell'anno con la liberazione dei compagni
arrestati.
Gramsci si appres ta finalment e in novembre a raggiungere Vienna ##
1 Il Komintern insiste, in questo periodo, per la ricostru zio ne dei sindacati classisti ma Tresso, in
una lettera da Mosca del 12 settem bre, si pronuncia nello stesso senso della direttiva di Togliatti:
dare vita o irrobus tire le organiz z a zioni di fabbrica che già esistono cercando di dare loro « al più
presto una forma centralizza t a, non solo nazionalm e n t e... ma anche per indus tria» (dalla «Rivista
storica del socialism o», n. 23 cit., p. 524) Gramsci, in un articolo che appare sullo «Stato operaio»,
a. 1, n. 8, 18 ottobre 1923 (11 nostro indiriz zo sindacale) precisa che non si tratta di abbando n a re
la CGL per dare vita a un sindacat o autono m o, bensì di lavorare nella fabbrica «per costituire
gruppi rivoluzionari che controllino le C. I. e le spingano ad allargare sem pre più la loro sfera
d'azione». Gramsci perora anche un collegamen t o tra le fabbriche «che segua la naturale linea di
sviluppo dalle organiz z a zio ni di fabbrica, dalle Commissioni Interne al Consiglio di fabbrica».
300 Capitolo ventesimo
per dirigere il nuovo ufficio: un organo di collegame nt o del PCI cogli al tri partiti comunisti. Si
congeda da Zinov'ev. Pietro Tresso che lo ac compagna nella visita di commiat o al president e del
Komintern, ha rife rito in proposito: «Il colloquio durò venti minuti. Si parlò un po' di tutto: di
Nenni e di Serrati, del manifesto dell'Interna zi onale agli ope rai socialisti e della lettera di Maffi
che considerava troppo violento il ma nifesto medesi mo; del governo operaio e contadino e della
sua eventuale concretiz z a zio ne per l'Italia attravers o la formula propos t a da Antonio di
Repubblica italiana federativa dei Soviet » '.
Tresso non dice se la form ula gramsciana sia stata o meno condivisa da Zinov'ev. Ma mostra che
essa è prospet t a t a da Gramsci in quella sede impegnativa come la linea generale che egli si
appres ta a propug na re per il partito in Italia. La situazione della « questione italiana », frattant o,
conosce nuove vicende che però si possono rapidam e n t e riassu m e r e. Il manifest o
dell'Interna zio nale agli operai socialisti, della fine di ottobre, ricordat o da Tresso, ha pratica me nt e
sanzionat o la rottura con il Partito socialista italiano: è una denuncia dei « dirigenti traditori », un
attacco violento contro Velia e Nenni, « coscienti crumiri contro l'organiz za zi o ne interna zionale
del proletariato », « agenti della borghesia », e un ap pello ai lavoratori socialisti a cacciare simili
dirigenti « per combat tere spalla a spalla con il PCI » e « salvare l'onore del PSI »2. I comunis ti
spingono ora le cose a che la frazione fusionista si incorpori - mediante adesioni individuali - nel
PCI. Ed è qui che trovano la resisten z a dei « terzini » rilutta nti a rompere ogni ponte con il vecchio
partito e, so pratt ut t o, a farsi assorbire in quello nuovo. Sia Maffi che Serrati sono di tale avviso
per tutto il 1923 e l'Interna zionale comunis ta, che intrattie ne con la frazione rapporti diretti (e
spera forse che essa possa trascinare con sé una buona parte del PSI, se non si lascia
premat ur a m e n t e bandi re) è assai sensibile a questa preoccupa zione 3. Humbert - Droz, che torna
##
1 Dalla lettera di P. Tresso (firmata Lanzi) del 23 novem bre 1923, al Comitato esecutivo del PCI
(ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., Alti seques t ra ti al PCI... [1920 - 25], b. 3, f. 45).
2 Il manifest o è pubblicato sullo «Stato operaio», a. 1, n. io, 1° novembre 1923.
3 Kuusinen scrive al Comitato esecutivo della frazione «terzina», in data 20 novembre 1923, ap
provando la decisione di questa di far restare i proprii aderenti nel PSI (APC, 192}, 164 / 5 3). Nella
frazione si rivelano quindi due linee tattiche. Maffi e Serrati per « aggrap par si » tuttora al vecchio
Partito, e Buffoni e Malatesta per la fonda zione di un nuovo partito affiliato alla Interna zionale
comu nista (APC, rapport o di «Piero», del 29 novembre 1923, 160 / 6 8). In una successiva
comunicazione del 16 dicembre 1923 di Maffi a Zinov'ev (APC, 1923, 164 / 5 2 - 53) ci si lamenta che
si cominci ad ef fettuare la fusione tra giovani comunisti e giovani terzini. In un rappor t o dello
stesso Maffi, in fran cese, Aux camarade s àu Presidium, del 30 dicembre 1923, si ribadisce che la
frazione è contraria ad entrare nel PCI e si sostiene che i primi passi fusionisti debbono farsi con
l'alleanz a politica tra PSI e PCI, sotto la guida costante dell'Interna zio nale comunista (APC, 1923,
164 / 5 4 - 64). Probabilme nt e la condiscen de n z a dell'Interna zio nale comunista dinanzi alla tattica
prospet t a t a dai terzini viene dal fatto che i rappres en t a n ti di quest'ultim a assicura no di
controllare il 40% dei militanti socialisti e numeros e sezioni, mentre la realtà si rivelerà assai più
modes t a.
Gramsci protagonis ta della svolta 301
in Italia alla fine del 1923, è d'accordo con Maffi e Serrati. Egli segnala le resisten z e del PCI e
propone anzi di prom u overe una discus sione poli tica nelle sue file per « spingere l'ala modera ta
della maggioran z a a for mulare le sue critiche nei confronti della politica del vecchio Comitato
esecutivo » '.
La questione del fronte unico registra nuovi tentativi ufficiali del PCI in direzione anche dei
socialisti, ma senza successo. La rispet tiva diffi denza è ancora più profon da e i socialisti, che
parlano anch'es si di fron te unico, hanno piuttos t o lo sguardo volto alla loro destra, al Partito so
cialista unitario, di Treves, Turati e Matteotti. È una dinamica del PSI che si accent uerà
ulteriorm e n t e nel 1924.
Gramsci, in questo periodo - è arrivato a Vienna, il 4 dicembre - , la vora su un piano meno
condizionat o dalla tattica immediata. È qui che la sua azione di costru zione e di chiariment o si fa
precisa ed efficace. La prepara zione della nuova serie dell'« Ordine nuovo » cui egli attende, tra
molte difficoltà, mira a dar vita ad una rivista che non sia di « attualità immediata in senso
cronistico » ma aderisca ai « problemi più urgenti e vitali della classe operaia italiana »3. Ed è
soltanto parte di un program ma politico - culturale che Gramsci intende realizzare col partito in
vista di un elevament o ideologico dei militanti e di una vasta azione di educa zione operaia4. Si
tocca così un punto importa n te dell'azione gramscia - ##
1 Lettera confiden ziale a Zinov'ev da Parigi (dopo un viaggio in Italia) del 26 dicembre 1923
(Archives Jules Humbert - Droz, 0008).
2 Una prima lettera del Comitato esecutivo del PCI alla direzione del PSI, del 9 settem b re 1923,
propone un fronte unico perm a ne n t e tra i due partiti « sul terreno della difesa attiva degli
interessi generali delle masse lavoratoci» nei confronti del fascis mo, nell'azione sindacale,
nell'assiste n z a alle vittime politiche proletarie (APC, 1923, r6o / 5 5). La lettera è pubblicata, più
tardi, sullo «Stato operaio» (a. 1, n. j, 22 settem b re) con un comme n t o che sottolinea la necessità di
portare tra le masse la propos t a perché essa non stagni «nelle acque morte delle trattative
diplomatiche tra i partiti». I socialisti rispond o n o negativame nt e. « Il fronte unico ha un valore più
poten ziale che attuale in Italia». La direzione del PSI osserva anche che i comunis ti perseguon o
l'unità comunis t a mentre i socialisti quella proletaria (« L'Avanti! », 7 novem bre r923), Non si
vogliono però da quella parte escludere discus sioni tra tutti i partiti operai per un'azione concorde
contro il fascism o. La rottura tra PSI e Interna zionale comunis ta allontana anche questa
prospet tiva. A questo punt o il Comitato esecutivo del PCI scrive al Comitato esecutivo della
frazione «terzina» dicendo che più che mai si deve combat tere «l'equivoco dello
pseudo m a s si m alis m o e l'opport u ni s m o cronico dei capi del PSI», e smaschera rli davanti alle
masse: «È necessario perciò che voi ci coadiuviate con tutte le vostre forze,... occorre cioè che la
vostra frazione si muova in seno al PSI in tutte le sezioni e federazioni battend o si su una mozione
per il fronte unico immediat o con i comunis ti nei termini delle nostre propos te risalenti al 9
sette m b re» (APC, 1923, 160 / 6 5 - 67). Lotta, questa, che porterebbe i terzini al l'espulsione di tutti
gli aderenti alla frazione.
3 Le indicazioni su questo tema provengono da due lettere di Gramsci al Comitato esecutivo del
PCI, datate da Vienna, rispettiva me n t e il 6 e il 13 dicembre 1923, reperite presso l'ACS, e da noi
Pubblicate in «Rinascita» cit., del 22 gennaio 1966. Importa n te la condizione, che Gramsci pone, di
poter controllare tutto il materiale redazionale, e la cura volta a che la rivista, stesa in «una forma
non stretta m e n t e dipenden t e dal partito», possa diffonder si anche in ambienti intellettuali.
* Gramsci propone la compilazione di «una specie di annuario della classe operaia», nonché
quatt ro fascicoli all'anno di una rivista di discussioni teoriche e di tratta zione di problemi concreti
specialment e italiani, che dovrebbe intitolarsi «Critica proletaria» (il proget to non si concreterà).
Inoltre egli pensa a un giornale « Il Seme », quindicinale o mensile, da diffondere tra i contadini
più poveri. Tutto questo progra m m a è concepito da Gramsci come «una specie di inventario delle
no-
302 Capitolo ventesimo
na: la convinzione che soltanto allargando e sviluppa n d o la prepara zione dei militanti,
approfon d e n d o la questione della rivoluzione in Italia sulla base della dottrina e dello studio della
realtà si possa difendere il partito dai pericoli di corruzione socialdem ocratica. Quindi non un
corpus ideo logico inalterabile ma un'elabora zione continua e coraggiosa, a contat to con le masse.
Senonché il problem a centrale che Gramsci affronta da Vienna è quello dei rappor ti con Bordiga. È
lui che rom pe con il vecchio capo del partito - scarcerato dal 26 ottobre, e più che mai deciso a
dare la sua bat taglia - e non rompe con l'avallo dell'Interna zio nale che anzi vorrebbe reinserire
Bordiga nel Comitato esecutivo del PCI bensì per una decisio ne personale, rischiando l'isolamen t o,
seppur e in nome della disciplina alle decisioni e dell'adesione convinta alla linea generale del
Komintern. Ciò facendo, Gramsci è dispos to a separar si da Togliatti, Terracini e Scoccimarro.
Nessuno di essi, per la verità, è sulla linea di Bordiga. Tutti hanno accettato, in sostan z a, le cariche
loro assegnate, stanno diri gendo il partito nonos ta n t e Bordiga li abbia sconsigliati ripetuta m e n t e.
E il loro rapport o con Gramsci è, se non un rappor to gerarchico, assolu tamente impens abile, un
rappor to di stima particolare verso il compagno il cui consiglio è più prezioso e l'indirizz o più
illuminant e. Non è un caso che a Gramsci abbiano pensat o essi per redigere la nuova serie dell'« Or
dine nuovo » e che cerchino in tutti questi mesi di farlo avvicinare all'I talia e alla direzione
effettiva. Nondimeno, la disputa si sviluppa accesa ed è l'estre m a decisione di Gramsci a costituire
l'element o determina n t e per vincere riluttan z e, riserve, arrocca me nti al passato degli altri.
L'occasione del chiarimen to è offerta dal risorgere della esigenza pre sentata sin dalla primavera
del 1923 da Bordiga di firmare insieme una sorta di manifest o ai militanti, di « lettera aperta » che
metta ogni iscrit to al corrente del lungo dissens o con l'Interna zionale comunis ta e delle
consegue n z e che esso ha trascinato con sé. Per la verità, proprio in segui to alle lacerazioni
prodot t e dall'Esecutivo allargato del giugno e per i rappor ti rimasti di diffidenz a e quasi di
reciproca neutralizz a zione tra maggioran z a e minoran z a del PCI ', lo scopo della lettera aperta
non è soltant o quello di illustrare la ragione e il torto degli uni o degli altri, per ##
stre forze organiz z a tive e intellettuali, per essere in grado di utilizzarle al momen t o opport u n o».
Cfr. le lettere da Vienna del 20 dicembre 1923 al Comitato esecutivo del PCI, del 23 a Terracini, in
«Ri nascita» cit., nonché quella del 12 gennaio 1924 a Terracini, e del 27 marzo 1924 a Togliatti, in
Lfl forma zione ecc. cit., pp. 159 - 60 e 257 - 58, oltre a vari cenni presenti in tutto il carteggio di
quei mesi. 1 Illuminant e su questo punto è la lettera che Togliatti invierà dal carcere di San Vittore
a Ter racini, nell'ottobre del 1923, in cui sostiene che la minoran z a nel Comitato esecutivo
comunist a « non ha portato nessun contribut o nuovo al lavoro politico e organiz z a tivo del
partito» e che in ogni riu nione si doveva tornare su cose già decise con «il conseguen t e scarso
rendi me nt o pratico effettivo» {La forma zione ecc. cit., pp. 129 - 32).
Gramsci protagonis ta della svolta 303
il passat o, ma di avere una base di parten z a per aprire finalment e il di battito nel partito, su
posizioni politiche chiare, per il present e. È ciò che avvertono come preminen t e esigenza
Scoccimarro e Togliatti1. Se nonché, il docum e n t o propos t o da Bordiga - con scarse correzioni,
pro babilmente, rispetto a quello da lui steso in marzo - aprile - è un docum e n to tutto rivolto
all'indietro, è una arringa defensionale del partito italia no nei confronti dell'atto d'accusa del
Komintern, dal 1921 al 1923, su tutti i punti noti: fronte unico, Tesi di Roma, rapporti coi
socialisti, que stione delle respons a bilità per l'avvento del fascis mo, concezione del «governo
operaio ». Al Komintern si imputa l'errore di aver fatto credi to ai massi malisti, di aver suscitato
nel PCI una minoran z a « pettegola » e raccogliticcia e, ritorsione più grave, di voler procedere alla
« liquida zione del partito quale esso sorse a Livorno e combat te per oltre due an ni, non senza
onore » 2.
Prima della fine del 1923, colla liberazione di tutti i dirigenti comu nisti, Bordiga riesce a
convincere i membri della vecchia maggioran z a a sottoscrivere quel docum e n t o. Togliatti è il
primo ad accorgersi del suo limite:
un carattere quasi esclusivam e nt e storico, o almeno di attualità implicita ed assai difficile ad
essere esplicata... Di qui la impressione di sterilità a cui - continua lo stesso Togliatti - non ho
potuto sfuggire esaminan d olo, e che avrà chiunque con fronti il succo di esso con le condizioni e
le necessità presenti. Penso perciò assai pericoloso al partito chiudersi in una discussione di
questo genere. Essa mi pare sia una semplice ricerca dei titoli di nobiltà del partito. A che cosa ci
servono oggi que sti titoli di nobiltà? Vivere su di essi certo non si può, anzi, dobbiam o noi, con i
nostri atteggiam e nti odierni, dare la prova che i titoli sono realmente tali, cioè han no un valore 3.
Pur cogliendo così il vizio fonda m e n t ale del docume n t o, perché To gliatti è propen so ugualmen t e
a firmarlo? Perché esso consente di inve stire il partito e la classe operaia della controversia. Ma
anche perché egli ancora ritiene, come Scoccimarro e Terracini, che la vecchia maggioran z a abbia
pure il diritto di rivendicare la coerenz a di convinzioni e di condot ta politica che l'ha tenuta unita
per tre anni. Gramsci taglia invece il nodo ##
1 Scoccimarro scrive a Gramsci il 25 dicembre 1923 che la discussione, sulla base del docume n t o,
«riguarder à anche la tattica attuale del partito e l'azione da svolgere per l'avvenire» [La formazione
ecc. crt., p. 137). Togliatti aggiunge allo stesso Gramsci, con una lettera del 29 novembre 1923, che
«la pubblicazione di esso [docume n t o! mi pare indispens a bile allo scopo di investire il partito - e
perché non diciamo anche gli operai in genere? - di una questione che non può non interes sa rlo.
Se noi escludes si m o che la questione interes si il partito intiero e la classe operaia vorrebbe dire
che la riduciam o noi stessi a una controversia tra gruppi dirigenti attorno al potere e nulla più.
Cosa non vera, per primo, cosa brutta qualora fosse vera. La discus sione doveva essere fatta prima
e non si è fatta: ora ne subiam o le conseguen z e» (La forma zione ecc. cit., p. 140).
2 Cfr. «Rivista storica del socialismo», n. 23 cit., pp. ji^ - 21.
3 Dalla lettera di Togliatti a Gramsci del 29 dicembre 1923, in La forma zione ecc. cit., p. 140.
304
Capitolo ventesimo
intricato: staccarsi da Bordiga e formare un nuovo gruppo ', un gruppo di « centro » che si collochi
tra la « sinistra » di Bordiga e la « destra » di Tasca. È quanto Gramsci propone in lettere - non
rintracciate - da cui partono le rispos te dei suoi corrispon d e n ti. Egli — li avverte — non firme rà il
manifesto bordighiano, non lo firmerà in ness un caso, suscitan do una reazione quasi indispet tita
di Terracini e Scoccimarro2; quanto a To gliatti, questi appare come il più sensibile alle ragioni di
Gramsci, anche se mantiene la pregiudiziale del manifesto. La posizione di Togliatti e merge
meglio da una lettera, sinora inedita, indirizz a ta a Terracini che dice:
Caro Urbani Tranquillo 3,
ho letto la ultima lettera di Masci4. Non concordo in tutto con lui. Ma non mi pare grave il fatto
che egli non firmi. Anche io ritengo come lui, e come del resto anche Negri, che la unità del gruppo
di maggioran z a non potrà più a lungo essere manten u t a specialme nte se, come credo necessario,
la discus sione si svilupperà non soltanto sul passato ma anche sulla pros pe t tiva a venire del P. e
della sua azione. La posizione di Masci può essere il germe della forma zione di un gruppo
interme dio che è quello che oggi effettivam en te dirige il P. ma non ha ancora una coscienz a chiara
di quello che è e di quello che rapprese n t a o potrà rapprese n t a re nell'avve nire. Io insisto però nel
ritenere utile la dichiara zione: per porre un punto di par tenza e fissare le posizioni e
respons abilità del passat o 5.
Gramsci ha proprio questa funzione: di dare la coscienza chiara che manca, investend o tutta la
tematica della posizione del PCI, della sua collocazione nel moviment o interna zionale, della sua
prospet tiva. Egli rivendica per la prima volta in toto la linea del Komintern, e non solo le ragioni di
principio, di disciplina, di opport u ni tà valide per applicarla.
Non sono [...] d'accordo nella sostan z a del manifesto. Ho un'altra concezione del partito, della sua
funzione, dei rappor ti che debbono stabilirsi tra esso e le mas se senza partito, tra esso e la
popolazione in generale. Non credo assoluta m e n t e che ##
1 Indubbia me n t e, la prima idea di questo gruppo sorge in Gramsri da mesi e forse soltanto
l'aspre z z a delle accuse del Komintern alla vecchia maggioran z a ha ritardat o l'esecuzione della pro
posta. Nella lettera a Togliatti del 18 maggio 1923 Gramsci scriveva: «Bisogna creare nell'interno
del partito un nucleo, che non sia una frazione, di compagni che abbiano il massim o di
omogeneità ideologica e quindi riescano ad imprimere all'azione pratica un minimo di unicità
direttiva» (La formazione ecc. cit., p. 64).
2 Terracini scrive a Gramsci, Scoccimarro e Togliatti il 2 gennaio 1924 che Gramsci ha atteso a
intervenire attivamen te nella questione proprio all'ultimo momen t o, mentre nessun o si aspettava
«un tale estrem o suo comport a m e n t o», e trova grave che esca il manifest o porta n do «la firma di
tutti noi» e non quella di Gramsci. Che penserà il quadro di partito? Quante frazioni si
formera n n o? (La forma zione ecc. cit., pp. 145 - 46). Quanto a Scoccimarro, egli scrive a Gramsci il
25 dicembre 1923 che non considera utile creare un nuovo gruppo, almeno per il momen t o, e che
una suddivisione im mediata della maggioran z a avrebbe consegue n z e dannos e (La forma zione ecc.
cit., pp. ^7 - 38).
3 Terracini.
4 Gramsci.
5 La lettera inedita, senza data, di Togliatti (APC, 192}, 250 / 2 7) è, probabilme nt e, degli ultimi
giorni di dicembre o dei primi di gennaio del 1924. Essa reagisce infatti alla lettera di Gramsci (non
ritrovata) a cui rispond o n o negli stessi giorni sia Terracini che Scoccimarro.
Gramsci protagonis ta della svolta
305
la tattica che si è sviluppat a attraverso gli Esecutivi Allargati e il Quarto Congresso ; sia sbagliata.
Né per l'impos t a zio ne generale, né per dettagli rivelanti... '.
Il carteggio esprime, via via, entra m bi i motivi gramsciani. Per la con cezione del partito, la
polemica ha un bersaglio: lo spirito di setta della vecchia direzione, la sopravaluta zione
dell'element o di organiz z a zio ne, di centralizz a zio ne2, di appara to, il distacco sostan ziale dalle
masse, te nute per il passat o estranee al suo process o di sviluppo.
Non si è concepito il partito come il risultato di un process o dialettico in cui convergono il
moviment o sponta neo delle masse rivoluzionarie e la volontà orga nizzativa e direttiva del centro,
ma solo come un qualcosa di campat o in aria, che si sviluppa in sé e per sé e che le masse
raggiungeran n o quando la situazione sia pro pizia e la cresta dell'onda t a rivoluzionaria giunga
fino alla sua altezz a, oppure quan do il centro del partito ritenga di dover iniziare una offensiva e
si abbassi alla massa per stimolarla e portarla all'azione3.
Gramsci colpisce al cuore, in questa critica, la concezione delle Tesi di Roma, riprende il nocciolo
dell'esperien z a ordinovista; egli sviluppe rà il tema nel biennio successivo e nelle Note del
carcere4; benintes o,
non tutto procederà piana m e n t e e la lotta politica si incaricherà di mo strare quante difficoltà, quali contamina zio ni, quant a complessità sussi steran no nel rapport o
ideologia - azione concreta sotto la direzione di Gramsci. Qui conviene intanto ricuperare l'altro
element o della diffe renziazione senza il quale il discorso critico gramsciano sarebbe unica mente
teorico. Gramsci vede ciò che pare sfuggire a qualcuno dei suoi
contrad dit t ori e volgersi in altro modo per qualcun altro: che, nella situa zione generale del
moviment o comunis ta internazionale, ripresent a re la annosa polemica contro l'Esecutivo
dell'Interna zio nale comunista signi i fica andare rapida me n t e a una nuova più grave sconfessione, e non so lo: significa fare del PCI il
centro di una lotta a fondo, da sinistra, con tro l'Interna zionale, il « perno di tutta un'oppo si zione
»5. Gramsci è ##
1 Dalla lettera di Gramsci a Scoccimarro del ; gennaio 1924 (La forma zione ecc. cit., p. 1.50).
2 Nella lettera a Scoccimarro del j gennaio 1924, Gramsci scrive appun t o: « È innegabile che la
concezione che finora è stata ufficiale intorno alla funzione del partito ha portato a cristallizzar si
nelle sole discussioni di organiz z a zio ne e quindi a una vera e propria passività politica» (La
forma zione ecc. cit., p. 131).
3 Dalla lettera a Togliatti, Terracini ecc. del 9 febbraio r924 (La forma zione ecc. cit., p. 195).
4 Cfr. in particolare la nota «Spontaneità e direzione consapevole», in cui si sviluppa larga mente
l'argome nt o, si rivendica il valore del '«moviment o torinese» e si aggiunge come element o di
riflessione un punto di critica così form ulato: «Concezione storico - politica scolastica e
accade mica, per cui è reale e degno solo quel moto che è consapevole al cento per cento e che anzi
è determina t o da un piano minuta m e n t e tracciato o che corrispo n de (ciò che è lo stesso) alla teoria
astrat ta. Ma la realtà è ricca delle combina zioni più bizzarre ed è il teorico che deve in questa
bizzarria rintracciare la riprova della sua teoria, tradurre in linguaggio teorico gli elementi della
vita storica e non vicever sa la realtà present a rsi secondo lo schem a astratt o» (Passato e Presente
cit., pp. 58- 59).
5 Dalla lettera citata del 9 febbraio 1924 (La forma zione ecc. cit., p. 196).
306
Capitolo ventesimo
convinto che Bordiga proprio a questo voglia arrivare. Poiché né condi vide la natura della sua
opposi zione, né pensa che l'Interna zionale potrà essere indotta a rivedere « tutto lo sviluppo
tattico avvenut o dopo il Ter zo Congress o », da battaglia. Su questo punto, in specie da parte di
Ter racini, la previsione politica è assai diversa, quasi oppost a. Terracini è convinto che
l'Interna zionale stia andan do molto a sinistra e che ciò compor ter à una revisione totale della
tattica del fronte unico e dei rap porti con la socialde m ocra zia '.
Che cosa è avvenuto? Il moviment o comunist a interna zio nale, colla fine del 1923, ha dovuto
registrare due sconfitte gravi e una lotta aspra sviluppat a si al vertice del partito bolscevico. In
Bulgaria, il Partito comu nista ha respinto ogni prospe t tiva di alleanza con l'Unione contadina e ha
assistito da «neutrale » al colpo di Stato reazionario di Aleksande r Can kov, nel giugno del 1923,
che rovesciava il governo contadino di Stam bolijski. Una linea che l'Interna zionale comunis ta
definirà, poi, « dogma tico - dottrinaria ». Il regime militare e terroristico instaurat o dalla destra
agraria bulgara si è scatenat o in settem bre sui comunisti, perseguitati e costret ti alla clandes tinità,
dopo uno sfortun a t o tentativo di resisten z a. Per Gramsci l'episodio è un segno di mancat a
applicazione della tattica del fronte unico e un incentivo a studiare più concreta m e n t e il proble ma
del rappor t o operai - contadi ni. Più comples sa e più grave la sconfitta te desca dell'ottobre del
1923, venuta dopo un periodo in cui la crisi rivo luzionaria ha avuto una grande ampiez z a sociale;
una sconfitta in cui le respons a bilità dell'Interna zionale comunist a sono state indubbie.
Nel sette m b re, dinan zi all'inas pri m e n t o della situazione, l'EKKI in sieme ai comunisti tedeschi e
forse spinto da loro, elabora il piano della rivoluzione in Germania, decide che il partito debba
entrare nei governi regionali della Sassonia e della Turingia in mano a socialdem ocr atici di sinistra
dispos ti a collaborare coi comunis ti. Si avranno, così, tipici « go verni operai » conte m pla ti dalla
casistica di Zinov'ev. Lo scopo è quello di provvedere meglio ad armare il proletariato per
l'insurre zione generale: una « tappa », quindi, verso la dittat ura del proletariato, secondo il
form ulario adottato quando si è elaborata la tattica del fronte unico. Il 10 ottobre, i comunisti
entrano nel governo sassone. Il 21, a Chemint z, si tiene la conferen z a dei Consigli di fabbrica
sassoni e la direzione del KPD - guidata da Brandler - lancia un appello allo sciopero generale
contro le misure che il governo centrale tedesco di Strese ma n n ha preso nei confronti del governo
regionale di estre m a sinistra. L'appello ha ##
1 Cfr., in particolare, la lettera di Terracini a Gramsci, Scoccimarro e Togliatti del 24 gennaio 1924
{La forma zione ecc. cit., pp. 167 - 72).
Gramsci protagonis ta della svolta
307
scarso successo e l'unità coi socialdem ocra tici non regge alla prova. La stessa prepara zione
militare dell'insur re zio ne si rivela scarsa. A questo punto, Brandler, d'accordo con Radek,
rappres e nt a n t e dell'EKKI in Germania, decide il ritiro subitaneo dalla lotta. Soltanto ad Amburgo i
comunisti attuano ugualmen t e un tentativo d'insurre zione che è soffoca to e repres s o
dall'esercito. La sconfitta apparirà nella sua gravità eccezio nale soltant o più tardi ma neppur e
parecchi mesi dopo l'Interna zio nale comunist a most rerà di accorgersi che la pros pe t tiva della
rivoluzione te desca è chiusa, almeno per qualche anno, e si apre un periodo del tutto nuovo in
Germania. (Quanto alla occasione rivoluziona ria rapprese nt a t a dal 1923, non si finisce di
discuter ne ancora oggi, e sono lecite le più am pie riserve sulla sua consiste n z a reale).
Quando Gramsci, Terracini e Togliatti disputa n o di ciò, tra il gen naio e il febbraio del 1924, - e la
loro discus sione è stretta m e n t e legata alle questioni interne del PCI - gli avvenimenti tedeschi
hanno comun que provocato nel moviment o una diffusa revisione di giudizio sulla tatti ca
generale. Mentre si sviluppa una crisi nel partito tedesco (diviso in tre gruppi) e la sinistra (Ruth
Fischer, Thalmann, Maslov) accusa Brandler, Thalheimer, e con loro Radek, di aver peccato di
opport u nis m o, di esser si ritirati dalla lotta allorqua n d o bisognava avere più fiducia nello slan cio
rivoluzionario delle masse, Zinov'ev, via via, tra il novembre e il gen naio, compie tutta una
evoluzione che lo porta ad afferma zioni assai di verse da quelle fatte al IV congress o. Il governo
operaio, la tattica del fronte unico, ricevono una interpre ta zio ne sempre più restrittiva, stru
mentale, di « sinistra ». Zinov'ev conduce un attacco a fondo alla social democra zia che, per la
prima volta - come gli accade nel suo discorso al la XIII conferen za del PC russo - viene
addiritt ura definita come « un'a la del fascism o » '. E la definizione non vale solo per la
socialde m ocra zia « traditrice » tedesca (di cui la vecchia direzione comunist a, avrebbe avu to il
torto di fidarsi). Il gruppo di Brandler, intanto, è messo sotto ac cusa alla sessione del Presidium
del Komintern del gennaio 1924. Lo so stituiscono alla testa del partito - provvisoriam e nt e fuori
legge - i rap presenta n ti del centro e della sinistra, la quale poi, appoggiata dall'Inter nazionale
comunist a, conquisterà la direzione effettiva al congres so del KPD di Francoforte, in aprile. Radek
- che è già un coimput at o - si di fende aspra m e n t e, e risentire m o la sua controaccus a al V
congres so. La maggioran z a del partito polacco è anch'es sa sorta in difesa di Brandler, di Radek e
della tattica del fronte unico così come questa era stata form u lata al IV. ##
1 Trinadcatyj sjezd Rossijskoj kom m u ni s ticeskoj partii, Moskva 1924, p. 3.57.
308
Capitolo ventesim o
È dinan zi a questa disput a, per illuminar ne un aspet to essenziale, che conviene richiam are la
situazione esistente nel PC russo, la lotta in corso del cosiddet t o « triumvirat o » (Zinov'ev,
Kamenev, Stalin), che regge il ti mone dello Stato e del partito, contro Trockij e altri oppositori.
La « questione russa » è scoppiata nell'aut un n o del 1923 colla famo sa lettera di Trockij alla «
Pravda » e ha avuto subito una grande eco in terna zionale. Sul tappet o sono stati posti temi che
interess an o da vicino tutto il moviment o: il rapport o tra centralism o e democrazia, tra «vec chia
guardia » bolscevica e nuovi quadri, tra il potere dell'appa ra t o, col pericolo di burocrati z z a zio ne
che esso contiene, e una libertà di critica che non sconfini nel frazionis m o. Trockij non si è
identificato con la «piattafor m a dei 46 » (Pjatakov, Preobraz en s kij, Kaganovic, Antonov Ovseenko,
ecc.) che ha posto in primo piano, nell'ottobre del 1923, la critica alla politica economica (il
manifesto denunciava « il carattere asi stematico e sconsiderat o delle decisioni del Comitato
Centrale », che ave vano condot t o alla crisi monetaria, a disparità salariali, e ai bassi prez zi dei
prodot ti agricoli) ma è appars o in una posizione singolare, rilutta nt e a impegnarsi a fondo, chiuso
in una sorta di « aristocratico dispre z z o » '. Le posizioni dei « 46 » e quelle di Trockij, accentrat e
sulla minaccia di « degenera zio ne » che il « burocratis m o dell'appa ra t o » fa pesare sul par tito2,
sono state però accomu na t e e fortem en t e battute alla XIII confe renza.
Quanto la contesa all'interno dello stato maggiore bolscevico influen zi la condot t a di Zinov'ev e
degli altri sulla questione tedesca, e le nuove interpret a zioni di vecchie parole d'ordine, è
problem a che occupa da tem po la critica storica. Anche se non sembrere bbe giustificato attribui re
soltanto a questa disput a un generale « revireme nt » (la sinistra del partito tedesco è tutt'altro che
malleabile) è evidente che Zinov'ev teme il formarsi di una opposizione interna zionale, anche se
eterogenea, che contesti tutto l'insieme dell'orienta m e n t o del Komintern dal IV con gresso in poi.
Perciò egli tende a ridurre i motivi di critica ad errate interpret a zio ni della tattica del fronte unico,
a rovesciare sulle spalle di Brandler e di Radek la respons a bilità del fallimento tedesco
dell'ottobre, punta n d o sulla carta della sinistra tedesca, che infatti, ottenut o l'appog gio
dell'Esecutivo del Komintern, eviterà la polemica più generale. An cor più Zinov'ev teme l'attacco
di Trockij che, dicendosi convinto del carattere obiettivam en t e rivoluziona rio della situazione
tedesca durante ##
1 Cfr. l'introdu zi one di Giuliano Procacci a La «rivoluzione perma ne n t e » e il socialismo in un
paese solo, Roma 1963, p. 17.
2 Tutta la discussione che si sviluppa sulla «Pravda» tra il dicembre 1923 e il gennaio 1924 è
riprodot t a in Le parti Bolscbévik resterà Bolscbévik, «Librairie de L'Humanité», Paris 1924.
Gramsci protagonis ta della svolta 309
molti mesi del 1923, accusa d'incapacità l'intero partito tedesco e inve ste la stessa direzione
interna zionale, con più di una frecciata a quel tal Zinov'ev il quale nell'ottobre del 1917 si era
posto contro lo scatena mento della rivoluzione in Russia '. Si vedrà, al tempo stesso, che Zino
v'ev, volendo sventare sopratt u t t o attacchi da sinistra, baderà ad acco munare sotto l'etichetta di
deviazioni opport u ni s tiche piccolo - borghesi sia le rivendicazioni « democraticistiche » delle
opposi zioni russe quanto la condott a della « destra » tedesca di Brandler (che Trockij finisce per
difendere, non accettan d o la tattica di farne il capro espiatorio di errori comuni).
I dirigenti italiani non most ra n o in questi mesi di esaminare appieno il viluppo di tutta una
situazione così compless a, ma essi sono estrem a mente sensibili ai segni di sterzat a a sinistra
dell'orienta m e n t o del Ko minter n. E non stupisce certo che, data la loro polemica degli anni pre
cedenti, molti degli accenti nuovi di Zinov'ev suonino graditi alle loro orecchie. Terracini, anche
perché scrive dal punto di osserva zione di Mosca, è il più pronto a segnalare le novità e a porre
una serie di pro blemi ad esse conness e. Terracini parte dalle risultan z e della riunione del
Presidium della Interna zionale di gennaio dedicata alla questione te desca:
Zinov'ev - riferisce — ha parlato molto chiara me nt e del sorgere di una tenden za
socialde m ocra tica nel seno del Cominter n ed ha usato parole fortissi me contro di essa. Le
afferm a zio ni tattiche, poi, che sono incluse nella risoluzione tedesca, so no destinate ad essere
evidente m e n t e sviluppa te nei prossi mi tem pi in una applica zione pratica di tutti i partiti. Queste
afferm a zio ni del Presidium dell'Interna zio nale non sono affatto tali da convincerci di avere avuto
torto fino ad oggi, comple tamente torto. Quando l'Interna zio nale scrive in un suo docum e n t o così
importa n te che bisogna rompere decisam e nt e colla socialdem ocra zia e non avere più con lei al cun
rappor to, che « uguale cosa bisogna fare colla sinistra socialdem ocra tica », che il fronte unico deve
essere « praticato soltanto più dal basso » e precisa che la sua realizza zione deve ricercarsi
attraverso « agli organi del fronte unico: i consigli di fabbrica, le com mis sioni di controllo, ecc. »;
quando si legge in detto docume n t o che « la tattica del fronte unico e del governo operaio sono
tattiche della rivoluzio ne e non della evoluzione », e che esse sono mez zi di « agitazione e di
mobilitazione delle masse » e di più, « chiunque affermi che esse significano qualcosa di più cade
nel più puro opport u ni s m o»; quando l'Interna zionale, solenne m e n t e, dopo le af ferma zioni del IV
Congress o e la teorizza zio ne tedesca del governo operaio, dichia ra che il governo operaio non
può essere realizza t o con un compro m e s s o parlame n tare, che esso deve essere precedu t o
dall'arm a m e n t o del proletariato, che esso non può che segnare l'inizio della guerra civile per la
presa del potere; quando ciò av viene io credo di potere giusta me n t e afferma re che molto si è
riveduto del passato e ##
1 Oltre al carr (La morte di Leniti cit., pp. 289 - 319, che contiene anche un'am pia bibliografia
sull'argom e n t o) cfr. milos hajek, L'influenz a degli avvenimenti tedeschi del 1923 sulla politica di
fronte unico del Komintern, in «Studi storici», 1966, a. vii, n. 2, pp. 291 - 323.
310
Capitolo ventesimo
che la nostra piattafor m a di ieri è più vicina a quella attuale del Cominter n di quan to questa non
sia vicina alla passata piattafor m a dell'Interna zi onale '.
A questo punt o, a Terracini pare che non possa presenta re un perico lo il rendere pubblica la
famosa lettera aperta propos t a da Bordiga, an che perché « sarebbe strano che mentre
l'Interna zionale rivede così la propria tattica (natural me n t e senza ritirare pubblicame nt e le parole
del fronte unico e del governo operaio), sarebbe strano che proprio noi ne divenissi mo i rigidi
fautori ».
La rispost a di Gramsci rivela davvero la forza e la coeren za dei suoi convincime nti. In essa sono
interess an ti molte osservazioni originali e acute (ad esem pio il definire « puccista » la condot t a di
Brandler, e il co gliere lo stru m e n t alis m o dell'accusa di destris m o mossa ai tedeschi2, e non meno
importa n te si dovrà rivelare la sua sensibilità ai pericoli di bu rocratiz z a zio ne e di involuzione
all'interno del partito bolscevico3). Se nonché l'essen ziale sta nella ferme z z a con cui egli scinde il
problem a di Bordiga dalle variazioni di tenden z a al vertice dell'Interna zionale. Può darsi che d'un
canto egli sottovaluti la portata della sterzat a a sinistra in corso (né Gramsci è più tenero degli
altri verso la socialde m ocra zi a, di destra o di sinistra, tedesca o italiana) e dall'altro intravveda
meglio di Terracini l'impos sibilità per l'Interna zionale di porsi sotto accusa in un momen t o così
delicato, esponen d o si all'attacco concent rico della destra e della sinistra. Ma egli tiene per fermo e l'immediato futuro gli darà ragione - che la natura della polemica di Bordiga contro il Kominter n
va ben al di là della disputa sul fronte unico dal basso o dall'alto, investen do la stessa egemonia
dei bolscevichi sul moviment o (un'egemonia che egli considera meritata e necessaria) e la
concezione della rivoluzione nel l'Occidente europeo.
Si tratta di un'antitesi totale che si richiama a due oppos te concezioni della società
capitalisticam en t e sviluppat a. In Gramsci, mentre egli insi ste sulla inconciliabilità della
opposi zione di Bordiga con il perma nere del partito italiano all'interno del moviment o comunista
quale si è stori camente configurat o e organiz za t o, il discorso spazia lontano anticipan do ##
1 Dalla lettera a Gramsci, Scoccimarro e Togliatti del 24 gennaio 1924 {La forma zione ecc. cit., pp.
170 - 71).
2 Gramsci scrive in proposito: «È naturale che Zinoviev, il quale non può attaccare Brandler e
Thalheimer come incapaci e nullità individuali, ponga la questione su un piano politico e ricerchi
nei loro errori gli spunti per accusarli di destris m o... Sotto certi rispetti Brandler è un puccista più
che un destro e si può anche dire che è un puccista perché è un destro...» (dalla lettera a Togliatti,
Terracini ecc. del 9 febbraio 1924, La forma zione ecc. cit., p. 189).
Gramsci così definisce le preoccupa zi oni di Trockij e dei suoi amici: «Domand a n d o un maggior
intervento dell'eleme nt o operaio nella vita del partito e una diminu zione dei poteri della
burocra zia, essi vogliono, in fondo, assicurare alla rivoluzione il suo carattere socialista e operaio»
(La forma zione ecc. cit., p. 187).
Gramsci protagonis ta della svolta 311
alcune notazioni dei Quader ni del carcere sulla strategia del movimento proletario in paesi, e
situazioni socio - economiche, più complessi di quelli a cui il bolscevis mo si trovò dinan zi nella
Russia del 1917. Scrive Gram sci:
Amadeo... pensa che la tattica dell'Interna zio nale risenta i riflessi della situazio ne russa, sia cioè
nata sul terreno di una civiltà capitalistica arretrat a e primitiva. Per lui questa tattica è
estre m a m e n t e volontaristica e teatrale, perché solo con un estrem o sforzo di volontà si poteva
ottenere dalle masse russe un'attività rivolu zionaria che non era deter mi nat a dalla situazione
storica. Egli pensa che per i paesi più sviluppa ti dell'Europa centrale ed occidentale questa tattica
sia inadegua ta o addiritt ura inutile. In questi paesi il meccanis m o storico funziona secondo tutti i
crismi marxisti: c'è la deter mina zio ne che mancava in Russia, e perciò il compito assorben t e deve
essere quello di organiz z a re il partito in sé e per sé. Io credo che la situazione sia molto diversa. In
primo luogo perché la concezione politica dei co munisti russi si è formata su un terreno
interna zionale e non su quello nazionale; in secondo luogo perché nell'Europa centrale ed
occidentale lo sviluppo del capita lismo ha determinat o non solo la forma zione di larghi strati
proletari ma anche e perciò creato lo strato superiore, l'aristocra zia operaia con i suoi annes si di
buro crazia sindacale e di gruppi socialde m ocra tici. La deter mina zio ne, che in Russia era diretta e
lanciava le masse nelle strade all'assalto rivoluziona rio, nell'Europa cen trale e occidentale si
complica per tutte quelle supers t r u t t u r e politiche, create dal più grande sviluppo del capitalism o,
rende più lenta e più prude nt e l'azione della massa e doman d a quindi al partito rivoluzionario
tutta una strategia e una tattica ben più compless a e di lunga lena di quelle che furono necessarie
ai bolscevichi nel periodo tra il marzo e il novembre 1917 '.
Per Gramsci Bordiga, in attesa che trionfi interna zional m e n t e la sua concezione, ha come scopo di
dilazionare una sanzione del Kominter n nei suoi confronti. In altri termini, « Amadeo si pone dal
punto di vista di una minora n z a interna zionale, noi dobbia m o porci dal punto di vista di una
maggioran z a nazionale ».
È questa l'occasione in cui Gramsci guarda più lontano. Forse per questo la sua intransigenz a è
così ferma, pur non avendo nessun caratte re di ostilità personale a Bordiga, ed egli può sentirsi
più tranquillo degli altri a proposito degli zig- zag della tattica del Komintern. Sulla situazio ne
italiana Gramsci è ottimista. Non c'è, secondo lui, da attender si un af fievolirsi della reazione
fascista bensì una sua crisi profon da che rimet te in moto forze molteplici. Perciò egli intravede
una pros pe ttiva imme diata in termini che tengono presenti varie fasi suppletive:
È un po' opinione che una ripresa proletaria possa e debba avvenire solo a be neficio del nostro
partito. Io credo invece che ad una ripresa il nostro partito sarà ancora di minora n z a, che la
maggioran z a della classe operaia andrà coi riformis ti e che i borghesi democratici liberali avranno
ancora da dire molte parole. Che la si- ##
1 La forma zione ecc. cit., pp. 196 - 97.
312
Capitolo ventesimo
tuazione sia attivamen t e rivoluzionaria non dubito e che quindi entro un deter mi nato spazio di
tem po il nostro partito avrà con sé la maggioran z a; ma se questo pe riodo forse non sarà lungo
cronologica me nt e esso sarà indubbia m e n t e denso di fasi suppletive, che dovrem o prevedere con
una certa esattez z a per poter manovrare e non cadere in errori che prolunghere bbero le
esperienz e del proletariato '.
Gramsci riesce, tra febbraio e marzo, a trascinare con sé tutti gli ami ci che gli hanno mosso varie
obiezioni, da Terracini che pure non è affat to convinto della giuste z z a delle critiche rivolte
all'indiriz z o passato2, a Togliatti, a Scoccimarro, agli altri. Nella decisione di costoro di rinun ziare
al manifesto e di separarsi dalla sinistra entrano fattori molteplici. Uno è certam e nt e
l'atteggiame nt o di Bordiga, sem pre più intransigente nonosta n t e le nuove avances del Komintern
nei suoi confro nti. L'altro è l'impegno da tutti assunt o nella lotta politica che si sta aprend o con la
nuova campagna elettorale. Infine, oltre alla forza di convinzione che Gramsci ha manifestat o, vi è
nei suoi corrispon d e n ti, in Togliatti in pri mo luogo, la coscienza che senza di lui, non sia più
possibile realizzare l'unità del partito come si sarebbe voluto *.
Il gruppo che si affaccia alla ribalta è dunque il gruppo ordinovista (anche Scoccimarro è stato nel
1921 redatt ore del quotidiano torinese)? Gramsci è avverso, profond a m e n t e, a rivendicare quella
comune origi ne: per ragioni di opport u ni tà, che già uno strascico troppo fastidioso hanno lasciato
nei militanti le vecchie, rinnovate accuse di interventis m o e idealismo mosse al gruppo torinese,
tanto da dividere su questo punto aspram e n t e i compagni, e per ragioni più intrinseche. Gramsci
le espone ora ampia me n t e, ramm e n t a n d o gli errori del gruppo torinese, i limiti della sua stessa
coesione interna, allora e negli anni trascorsi dal periodo ordinovista. Del resto, come non
bastas ser o tante riserve, è la situazione obiettiva così diversa dal primissi m o dopoguer ra a
richiedere altre paro le d'ordine e un raggrup p a m e n t o di dirigenti capace di raccogliere, sul ##
1 Dalla stessa lettera del 9 febbraio 1924 (La forma zione ecc. cit., p. 200).
2 Terracini osserva, nella lettera a Gramsci Togliatti ecc. del 20 febbraio 1924, che aver dato la
prevalenz a, nei primi anni dì vita del partito, al fattore organiz z a tivo è stato giusto: «Un più vasto
nostro lavoro politico non avrebbe certame n te evitato il colpo fascista e l'attuale dittat ura; i frutti
di quel lavoro sarebbero stati dispersi dalla reazione sferratasi dopo un così breve periodo» (La for
mazione ecc. cit., p. 204).
3 Bordiga ha scritto da Napoli il 22 dicembre 1923 al Comitato esecutivo del PCI respingen do la
designazione del Presidiu m dell'Interna zion ale comunist a di far parte del nuovo Esecutivo italia
no. Il rifiuto è motivato dal fatto che egli non condivide « le attuali "direttive dell'Interna zio nale
comunist a», e perciò non può applicarle come dirigente. Quindi si considera in modo definitivo,
finché non muti l'orienta m e n t o politico dell'Interna zio nale comunis ta, «collocato al posto da me
doma n d a t o di semplice gregario del partito» (La forma zione ecc. cit., p. 134).
4 È nella lettera a Gramsci del 23 febbraio 1924 che Togliatti accetta alfine l'impost a zio ne di
quest'ulti mo. Egli dice: «Senza di te, questa unità (di tutto il partito, salvo la minoran z a) non c'è
più». Togliatti aggiunge che non si può più seguire Bordiga in una lotta ad oltranz a all'Interna zi o
nale. «Ci è parso quindi non sia male lasciare piena libertà di critica a lui e pensare noi per conto
nostro a precisare la nostra posizione» (La forma zione ecc. cit., p. 210).
5 Cfr. p. 61 del presente volume.
Gramsci protagonis ta della svolta
313
piano nazionale, tutte le forze più sane e tutti i quadri migliori espres si nel fratte m p o dal partito.
È questo il senso della rispost a che Gramsci da ad Alfonso Leonetti, uno dei dirigenti rimast o a lui
più affezionat o e vicino e che ripropo ne più di altri il valore della tradizione ordinovista '.
Gramsci, a proposito dei vecchi « torinesi », non cela il suo pensiero né sull'intima incertez z a del
carattere di Togliatti2 né sul « fonda m e n t ale estre mis m o » di Terraci ni, per non dire di Tasca la
cui rottura con gli altri risale al 1920. In che cosa dunque potrebbe rivivere il gruppo? Una sola
cosa Gramsci riven dica della tradizione ordinovista, del lavoro fatto nel 1919 - 20 nel qua dro di
un'am ara riflessione:
I nostri meriti sono molto inferiori a quello che abbiamo dovuto strom ba z z a r e per necessità di
propaga n d a e di organiz z a zi one; abbiam o solo, e certo questo non è piccola cosa, ottenut o di
suscitare e organiz z a re un forte moviment o di massa che ha dato al nostro partito la sola base
reale che esso ha avuto negli anni scorsi. Oggi le pros pe t tive sono diverse...3.
In ogni modo, il gruppo di « centro » si sta forma n d o e lo compongo no uomini che, quasi tutti,
provengono dalla esperien za torinese, susci tata ed espress a in primo luogo da Gramsci. Questi
non ritiene, con ciò stesso, di doverne e poterne divenire il leader effettivo, anche se tale è già
considera t o dagli altri. Nella lettera che conclude la fase saliente del carteggio, preso atto con gioia
del raggiunt o accordo, Gramsci pare ab bandona rsi all'ansia e al timore che lo invadono (e l'hanno
sem pre inva so) di non riuscire, date le proprie condizioni di salute, a realizza re tutto ciò a cui la
volontà sua e la fiducia dei compagni lo sprona no. Gramsci scrive:
Si può costituire un gruppo capace di lavorare e di iniziativa forte. A questo gruppo io darò tutto il
contribut o e la collabora zione che le mie forze mi consen tono, per quello che tali cose possono
valere. Non mi sarà possibile fare tutto ciò che vorrei, perché ancora attravers o giornate di
debolez z a atroce, che mi fanno te mere una ricaduta nello stato di coma e di istupidi me n t o in cui
mi sono trovato ne gli anni scorsi, ma mi sforzerò ugualme nt e. Ho fiducia in voi, per il nostro
moviment o e penso che nel lavoro comune riuscirem o ad avere con noi la maggioran z a del Partito]
e a creare un organis m o sano, robust o, capace di sviluppo e di lotta, co me la classe operaia
italiana, ha il diritto di avere dopo tanti sacrifici e tanti dolori4. ##
1 In una lettera a Gramsci del 20 gennaio 1924, Leonetti scrive: «Da quando tu sei partito e mi hai
lasciato a Torino, troppi avvenime nti sono accaduti, dei quali non vorrò certo farti una breve
istoria. L'O.N. che tu ci hai affidato parten do l'abbiamo difeso con il medesi m o spirito di abnega
zione e di sacrificio con cui tu l'avresti fatto. Credo che se un giornale abbia lasciato una traccia e
un ricordo profondi nelle masse operaie, questo giornale non è che l'O. N. Così pure ritengo che se
un simbolo deve scegliersi a rappres en t a re la tradizione del PC questo simbolo non può essere che
l'O. N. Il PCI non ha creato nuh"altro di vivo».
2 Cfr. nota 4 a p. 288 del presente volume.
3 Dalla lettera a Leonetti cit. (La forma zione ecc. cit., pp. 183 - 84).
4 Dalla lettera a Scoccimarro e Togliatti del 1° marzo 1924 (La formazione ecc. cit., p. 230).
Capitolo ventunesimo
Il primo processo al PCI
È nel luglio del 1923 che Amadeo Bordiga, altri membri dell'Esecu tivo comunis t a, e numerosi
dirigenti periferici e semplici militanti, quasi tutti in stato di deten zione dal febbraio, vengono
dalla sezione d'accusa rinviati a giudizio presso il tribunale penale di Roma per risponde rvi di vari
reati, dai più gravi (associazione a delinquere, eccitazione pubblica alla rivolta, e alla diserzione
dei militari e cospirazione per rovesciare i poteri costituiti dello Stato) a quelli minori (incitame nt o
all'odio), che comport a no complessivame n t e pene detentive sino a dodici anni. Al tri 97 imputati
vengono prosciolti per insufficienza di prova. Solo in ottobre si celebra il processo, intenta to
complessivam e n te a 31 impu tati1.
La condizione normale in cui il partito lavora da tempo è quella della illegalità, o meglio,
semilegalità, di uno stato perma ne n t e di rischio e di insicurez z a, essendo i margini « legali » nei
quali si può muovere altret tanto stretti quant o l'arbitrio delle autorità di governo è largo si da con
sentire arresti, sequest ri, perquisizioni, varie vessazioni senza bisogno di applicare nuove
disposizioni di legge liberticide. « Il Lavoratore », ad esem pio, è soppre s s o un anno prima che
Mussolini si avvalga del nuovo decreto - legge, varato nell'estate del 1923, che limita forte me nt e i
diritti della stam pa d'oppo si zione. Mentre si sviluppa il torme nt a t o dibattito interno, sul primo
numero dello « Stato operaio », Togliatti sente il biso gno di espri mere i « motivi di credere », di
proclam are la fiducia dei mili tanti, intatta nonost a n te le avversità del presente. È una prosa che
rie- ##
1 Gli imputa ti sono: Dirigenti centrali: Amadeo Bordiga, Umberto Terracini, Bruno Fortichiari,
Ruggero Grieco, Giuseppe Berti, Edoardo D'Onofrio, Teodoro Silva, Giuseppe Dozza, Giovanni
Germanet t o, Isidoro Azzario, Angelo Tasca, Giuseppe Vota, Antonio Gramsci; Provincia di Pavia:
Mario Viazzoli; Belluno: Giusto Dalla Lucia; Bologna: Ennio Gnudi, Paolo Betti, Arturo Vignocchi,
Amleto Tibaldi; Modena: Guido Giberti, Bice Ligabue; Teramo: Smeraldo Presutti, Lino Leo ne; Bari:
Giovanni Di Tullio, Giuseppe Basile, Francesco Introna; Cosenza: Fortuna to La Camera; Reggio
Calabria: Francesco Morabito; Messina: Pietro Pizzuto; Palermo: Gaspare Di Gaetano. Sono latitanti
Fortichiari, Terracini, Silva, Azzario, Gramsci. A piede libero D'Onofrio, Germanet t o, Leone,
Presut ti; in più Coraz zoli (rinviato a giudizio per la mancata denuncia di una rivoltella!) Gli altri in
stato di detenzione.
Il primo processo al PCI
315
cheggia il miglior idealismo del periodo ordinovista allorquan d o si rivelò la personalità originale
del giovane collaborat ore di Gramsci:
Le cose in cui noi crediam o sono tanto più vere quant o maggiore è la saldez z a della fede nostra in
esse, quanto più grande è la costanz a con la quale noi le affer miamo, la tenacia con la quale
lottiamo, lo spirito di sacrificio che nel lavoro e nella lotta ci anima. Siamo noi, in questo senso,
che le rendiam o vere, certe, assoluta mente certe, come è certo che nessuno sforzo di volontà e di
passione mai nel mon do può andare perdut o. I nostri compagni che sono morti, quelli che di
fronte alla morte non hanno rinnegato se stessi, quelli che battono con serenità le vie dell'esi lio,
quelli che il carcere tempor a nea m e n t e toglie al nostro lavoro, quelli che hanno sacrificato e
sacrificano le cose più care, quelli che non piegano attraverso le prove più aspre : ecco i nostri
motivi di credere, i motivi della certez z a che noi abbiam o di non essere nell'errore, di battere una
grande via sicura, di avere la forza per aprirce la fino in fondo. Abbiamo in noi le sorgenti della
fede nostra. Il nostro successo per noi è una cosa certa. La fiducia nostra si rinnova ogni giorno e
si rinnova al contatto stesso con le difficoltà che dobbia m o superare '.
Su foglietti clandestini che escono « quan do possono », delle organiz zazioni locali, troviamo
espres si nello stile della tradizione operaia più radicata nelle coscienze la stessa fiducia. Su uno di
essi si legge:
Ammainate le nostre bandiere, nascosti i nostri gagliardet ti, con i nostri edifici distrutti e i nostri
giornali messi a tacere, silenziosa m e n t e, tenace me n t e, con fede e con forza dobbiam o mante ne re
in piedi le nostre Sezioni. Anche se siamo in pochi non importa. Purché riusciamo ad esserci
dapper t u t t o. Purché in ogni officina, in ogni opificio, in ogni paesello ci sia una nostra fedele
scolta, ci sia uno dei nostri... Dobbiamo sentire tutta la bellezza della nostra azione, la grande z z a
della nostra fe de, la sublimità delle nostre aspirazioni2.
E un altro foglio aggiunge: «L'attuale dovere d'assolvere è quello della paziente e silenziosa
riorganiz za zi on e di tutte le forze e di tutte le istituzioni del partito... Compagni all'opera! »3.
Quanti sono i comunis ti che il partito ha ritessera to e in qualche mi sura « organiz z at o », dopo la
prima « battut a anticom u ni s t a »? Se in apri le del 1923 erano forse 5000 o poco più, nel novembre
ammo nt a n o esat tamente a 8619, più numerosi in Emilia, Lombardia e Piemonte4, 5923 ##
1 Editoriale siglato « Trau » dal titolo Motivi di credere, «Lo Stato operaio», a, 1, n. 1, 16 agosto
1923. Lo pseud oni m o «Trau» è usato abitualme n t e da Togliatti nei suoi scritti di questo periodo.
2 Dal «Compagno», bollettino della Federazione provinciale comunis ta di Torino, a. 1, n. i, «esce
quando può», seques tr a t o dalla polizia il 20 novem bre 1923 (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e
r., 1923, K. 1, b. 68).
3 Dal bollettino comunis t a stam pa t o alla macchia a Roma, dal titolo «B. C. » (forse «Battaglia
comunist a»). Sedici copie del bollettino vengono seques t ra t e dalla polizia in casa del comunista
Lamberto Corvesi, tranviere nell'Azienda dei Castelli romani, secondo quant o comunica in suo pro
memoria del 26 agosto 1923 il Questore di Roma (ACS, Min Interno, Dir gen PS, A g. e r., 1923 K.
i,b. 68).
* La ripartizione degli iscritti per regione è la seguente: Piemonte, 1244; Liguria, 350; Lombar dia,
1260; Veneto, 818; Venezia Giulia, 866; Emilia - Romagna, 1385; Toscana, 989; Marche, 280;
Umbria, 123; Lazio, ^8j; Abruz z o - Molise, 150; Campania, 394; Puglie, 340; Calabria, 378; Sicilia,
338; Sardegna, 119.
316
Capitolo ventune si m o
ripartiti nell'Italia del Nord, 2127 nell'Italia centrale, e 1569 tra il Mez zogiorno e le Isole. Togliatti
svolge un'opera intensissi ma di carattere organiz z a tivo, di cui restano tracce nei numerosi
rappor ti epistolari che egli avvia colle federazioni e agli « interregionali », spesso seques t ra ti dalla
polizia. Ivi risaltano la estre m a minuziosità e precisione delle indi cazioni, delle critiche, degli
incoraggiame n ti. Basterà un esem pio fra i tanti:
Bisogna trovare, anche al di fuori degli organi direttivi della sezione un gruppo di compagni che
svolgano, tra i compagni stessi, quella che una volta si chiamava della propaga n d a, che girino, che
cerchino i supers titi, si facciano vedere da essi, fac ciano delle piccole riunioni di gruppo anche
minime, ma alle quali non si vada per bere del vino e mangiare dei sandwich, ma per parlare e
discutere le cose del par tito, e del moviment o operaio in genere, con la serietà e con la elevatez z a
che in questi mome nti da queste cose si richiede '.
Il paziente lavoro di ricostru zione di una forza organiz z a t a è bru scament e interrott o, in
sette m b re, dall'arrest o di Togliatti, Leonetti, Vota, Tasca, Montagna na, Gennari (oltre a quello di
due attive dirigenti fem minili, Teresa Noce e Caterina Piccolato). I sei dirigenti centrali, quattro dei
quali mem bri dell'Esecutivo, che così viene decapitat o, sono arrestati il 21 settem b re in una casetta
di Porta Ticinese a Milano (men tre prendon o parte ad una riunione che Togliatti giudicherà troppo
am pia per aver rispett at o le regole cospirative2) probabilme nt e in seguito ad una «spiata» di
informa t ori della polizia. La quale, per giustificare la irruzione, il fermo, e il successivo arresto,
riferisce in questi termini sul valore del materiale requisito nella perquisizione:
L'esame fugace delle carte già da la sensa zione che nelle riunioni segrete e mi steriose della villetta
del villaggio Baravalle si concertavano e stabilivano piani de littuosi: gergo convenzionale, uso di
cifrari per corrispon d e n z a criptografica, distru zione di carte e docume n ti più compro m e t t e n ti,
giuste le raccoma n d a zi oni di Mo sca, archivi da riparare all'estero, comunicazioni a mez zo di
misteriosi corrieri, ma neggio di denaro richiesto ed import at o dall'estero, andaz z o, divenuto
regola, di oc cultare la propria personalità con mutevoli pseudo ni mi e persino con nomi di don na,
danno l'insieme di tutto l'illegale congegno per quella subdola attività adatta ad eccitare le masse
alla disubbidien z a della legge e all'odio fra le classi sociali, fine da raggiungere con la criminosa
propaga n d a, attività svolta d'intesa e con l'appog gio, anche finanziario, di comitati residenti a
Mosca (Comitato Esecutivo dell'Inter nazionale Comunist a). Né dubbio può sorgere sui concerti
criminosi dei compo ne n ti ##
1 Lettera firmata Paolo Palmi, inviata «Dall'Esecutivo di Milano al Segretariato Interregionale n. 1
», il 28 giugno 1923 (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. e r., 1923, K. 1, b. 68).
2 Togliatti scriverà dal carcere a Terracini in ottobre: «... La riunione non era stata ben orga
nizzat a; era infatti, la terza volta, mi pare, che ci si recava in quel posto, né si erano fatte ricerche
accurate sugli abitanti le case vicine, tra i quali è forse da ricercare la spia» (La formazione ecc. cit.,
p. 129).
Il primo processo al PCI
317
l'Esecutivo del Partito Comunis ta italiano, che aveva stabilita la sua sede nella nota remota villetta,
ove si avvicendavano le riunioni, se si guardi alla figura degli arre stati '.
Su queste figure, un'altra fonte di polizia schizz a profili assai coloriti. È un solerte informa t or e che
scrive, ad esem pio, con tono assai meno ufficiale:
Palmiro Togliatti. Ho avuto occasione di segnalarlo ripetuta m e n t e e di additar lo per tutte le cure e
i riguardi del caso. È il despot a del Part. Com. d'Italia. Unico ed assoluto Membro del Comitato
Esecutivo dopo l'arresto di Bordiga, Grieco e la fuga di Misiano e Fortichiari. Tutto era nelle sue
mani. Denari, ordini, cifrari, ecc. Lo segnalai ripetut a m e n t e, ma sempre riusci a sfuggire. E soltanto
la piccola riunio ne di Milano ha offerto il mez zo per toglierlo dalla circolazione. Degli arrestati
odierni è il più scaltro ed il più agguerrito. Lo conosco perfetta m e n t e da molti anni e posso
afferm are e fargli l'onore di riconoscerlo come il più furbo dei comunisti ita liani. Nessuna polizia
era mai riuscita ad agguant arlo... Con l'arrest o sensa zionale del Togliatti il movimento di
riorganiz za zi on e delle file comuniste si arena irrime diabilment e... 2.
In verità, né il bottino affastellato dalla perquisizione della polizia è probante di intenti « criminosi
» né il lavoro « si arena irrimediabilmen te ». Denunciati per complot to contro la sicurez z a dello
Stato, gli arre stati di Milano verranno prosciolti in istrut toria e liberati dopo tre mesi di carcere
preventivo passati a San Vittore. In favore del proscioglimen to influisce l'assoluzione generale che
nel fratte m p o è pronu nciat a al pro cesso contro Bordiga e gli altri dirigenti, che vengono raggiunti
alla sbar ra dai correi Tasca e Vota, rimasti sino al mome nt o dell'arrest o milanese latitanti.
Il primo processo alla direzione del Partito comunis t a d'Italia di venta anche l'occasione per
riportare dinan zi all'opinione pubblica, alla luce del sole, il gruppo di cospiratori che pareva
assente dalla ribalta po litica. E si trasfor m a in una grande manifesta zione di forza e di dignità
degli imputa ti. È anche un successo personale di Bordiga. Il dirigente comunist a ha inviato al
tribunale un memoriale nel quale la linea difen siva centrale è apparsa chiara, semplice: il PCI ha
come suo obiettivo l'abbatti me n t o dello Stato borghese, ma esso non ha di fatto perseguito
nell'azione questo fine, nel 1921 - 23, trovando si in una situazione difen siva, sotto i colpi
dell'avversario, e avendo dovuto provvedere (legal mente e illegalmente, data la persecu zione cui è
fatto oggetto) alle prime ##
1 Da un rappor to del Questore di Milano, del 24 sette m b re 1923 (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS,
A. g. er., ic>2}, K. i,b. 68).
2 Da una nota di un inform at or e anonim o da Genova (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. er.,
1923, K. i,b.68).
318
Capitolo ventune si m o
necessità di organiz z a zio ne e di propagan d a. Il memoriale così si conclu deva:
Negli alti strati della polizia si persegue la politica partigiana del governo at tuale ben sapen do che
si elevano accuse insussiste nti. Al present e governo preme presenta re alla pubblica opinione
l'exploit della elimina zione di ogni attività poli tica rivoluziona ria. A questa si oppone la
resisten z a del Partito Comunist a, che può essere malmena t o e mal ridott o ma non prende rà mai le
vie dell'adat t a m e n t o e della prude nt e dissimula zione, necessarie a farsi tollerare dai prepote nti. E
per schiac ciare questo Partito indebolito ma per nulla dispos t o a sbigottirsi delle gesta bru tali
della parte politica trionfant e, la polizia dello Stato ha fabbricato sur com mande l'accusa che ci si
muove. Ora noi siamo pronti a trovare storicame n te logico che il governo fascista ci tenga in
carcere perché comunisti, e ci tratti anche peggio; ma se ci si contest a di aver comme s s o un fatto
che non abbiamo comme s s o, così come rivendichia mo tutte le respons a bilità della nostra opera,
respingiam o l'accusa falsa e inverosimile fino alla più evidente assur dità '.
Il processo si apre il 18 ottobre. Presidente del tribunale è il dottor Carlizzi. Il collegio dei
difensori compren de noti avvocati e deput ati so cialisti delle varie correnti come Trozzi, Buffoni,
Riboldi, Modigliani, Mucci, Niccolaj e altri professionisti e uomini politici, come Bruno Cassi nelli,
Mario Ferrara (collaboratore della rivista di Gobetti), Renato Mar torelli, D'Angelo, Ciccotti, Gessa.
L'interrogatorio di Bordiga consent e all'impu ta t o di esporre con ampiez z a la linea difensiva già
adottat a ed espres sa nel memoriale, non senza uno scambio frequent e di battut e iro niche con la
Presidenz a. Il resocont o stenografico così le registra:
bordiga Noi non siamo così ingenui da dare oggi al povero soldato l'ordine di ribellarsi
individual me n t e ai superiori. Abbiamo detto anzi ai compagni militari di rimanere al proprio posto
e di fare i buoni soldati per accum ulare quella esperien z a tecnica che potrà servire doma ni alla
classe proletaria. Non è vero in linea di fatto che noi abbiamo eccitato alla disobbidien z a: è
possibile che in certo momen t o noi potre m o arrivare a questo, quando sarà giunta l'ora
dell'insurre zione generale.
president e Questo sarà in tempo futuro. Speriamo di non arrivarci né io né lei.
bordiga Essendo più giovane non so per dovere di cortesia che cosa devo au gurare a lei!...2.
Quanto all'element o di fatto della sovvenzione del Komintern sco pertagli nella borsa, Bordiga
afferm a che l'organiz z a zi one comunist a è in ternazionale non nazionale; perciò, allo stesso modo
come si adopera « il denaro che viene dalla forte federazione di Torino per dare sussidi alle
federa zioni deboli di Tarant o o di Avellino così le sezioni della Interna zionale che sono in migliori
condizioni danno alle sezioni più deboli, at- ##
' Il process o ai comunis ti italiani: 1923, Libreria eclittice del PCI, Roma 1924, pp. 44- 45. 2 Ibid., pp.
75- 76.
Il primo processo al PCI
319
traverso un centro organizz a tivo che è il Comitato Esecutivo di Mosca, sovvenzioni in denaro». La
preoccupa zi one dell'imp ut a t o è quella di escludere ogni partecipa zione del governo russo, che non
sia quello di un tramite burocratico - commerciale:
Il Comitato Esecutivo Interna zionale Comunista - afferma Bordiga - potrebbe risiedere anche in
altre nazioni. Per esem pio a Roma, se non vi fosse una polizia così abile che sa scoprire persino la
nostra sede di via Frattina, il che sconsiglia di traspor t ar e qui la sede dell'Esecutivo... In Russia
abbiamo lo Stato Russo e un Par tito comunist a che è russo ma che è anche sezione
dell'Interna zio nale. Non solo il governo russo e i suoi vari organi non possono disporre in materia
di moviment o comunist a interna zionale in quant o solo la Interna zionale può fare questo; ma la
politica del Governo russo che è dettat a dal congress o e dagli organi direttivi del PCR può essere
discus sa e modificata dall'Interna zio nale '.
L'interrogatorio si conclude con queste battute:
bordiga Dicendo questo non intendo dare nessu n senso di ripugnan z a all'idea di avere dei rapporti
col governo russo; intendo solo ristabilire la verità dei fatti. Noi siamo contro tutti i governi attuali
che sono in mano alla borghesia, ve n'è uno solo con cui siamo solidali ed è il governo russo che
ha raggiunto la prima realizza zione dei nostri ideali.
president e
E allora perché non se ne vanno tutti in Russia?
bordiga Per poterlo fare in questo momen t o sarebbe stato necessario che ella emettes s e l'ordine di
scarcera zione. (Viva ilarità).
president e
Andranno dopo.
bordiga Dopo andre m o, se del caso, in Russia, tornere m o in Italia, saremo ovunque ci chiamerà il
nostro dovere di lottare per il comunis m o, signor Presidente!
president e
Bene, bene, per ora ritorni al suo posto! 2.
L'interrogatorio degli altri imputati non present a molte variazioni al tipo di contesta zio ni e di
difesa registrat o nell'interrogatorio di Bordiga. Berti ricorda come la tradizione antimilitarista sia
radicata nel movimen to socialista italiano e come centinaia di opuscoli simili a quello che la
Federazione Giovanile Comunist a dedica ai coscritti « sono stati diffusi nel passato da giovani
socialisti ora divenuti vecchi, in cui meglio o peg gio si dicevano le stesse cose e per cui nessu no è
stato in precede n z a im putat o». Nessuno degli accusati, dai dirigenti ai semplici iscritti, si sot trae
alle respons a bilità derivanti dalla sua appart ene n z a al partito. Bor diga riprende quindi la sua
autodifesa a proposito di varie circolari ema nate da « Loris » (Fortichiari) in tema di
inquadra m e n t o militare dichia randone apocrife alcune, e giunge sino a « dimos tra re » coi teore mi
del calcolo delle probabilità che le missive cifrate della corrispon de n z a inter na possono essere
lette con chiavi diverse talché « quando se ne è trovata ##
1 Il process o ecc. cit., p. 81.
2 Ibid., pp. 81- 82.
320 Capitolo ventune si m o
una, c'è la possibilità di contest are che sia l'unica ammissibile e di inficia re quindi la prova
giudiziaria ». La mentalità mate m a tica, che verrà spes so imput at a a Bordiga nell'affronta re
quistioni politiche, è messa in que sto caso evidente m e n t e a buon partito!
La requisitoria del pubblico ministero ribadisce la validità dei capi d'accusa, ritenen do dimost ra t o
che tutta l'attività propaga n dis tica e organiz z a tiva del PCI, quale risulta dai docume n ti sequest r ati,
dall'in terrogatorio degli imputati e dall'escus sione dei testi (quasi tutti funzio nari di PS), sia volta
a provocare un conflitto armato rivoluzio na rio e la sovversione violenta degli istituti dello Stato.
Quanto alla provenienz a del denaro, poca differen z a farebbe l'accertare se da essa si debba risalire
al governo russo oppure al Kominter n; è accertato quant o basta: che il PCI disponeva di « mez zi
finanziari cospicui che dovevano servire per qualche altra cosa oltre al pagame nt o degli impiegati
che, onesta m e n t e, si contentava no di stipendi piuttost o modesti ». Le richieste del pubbli co
ministero sono però assai tenui, i minimi conte m pla ti dai reati ascrit ti: 18 mesi di deten zione per
Bordiga, Fortichiari, Terracini, Berti, Gnu di e Gramsci, 14 mesi per Tasca, Germanet t o, Azzario e
altri, e pene mi nori per i rimanenti, salvo cinque da mandar si assolti per insufficienza di prove.
L'arringa defensionale di Mario Ferrara è tutta imperniata sulla licei tà dell'organiz z a zi o ne e della
propaga n d a comunista, in nome dello Sta tuto e del diritto di associazione. Espresso anche un
elogio al valore in tellettuale dei dirigenti comunis ti (« Credo di aver raram e nt e letto cose tanto
acute quali quelle che stam p ava "L'Ordine Nuovo", rivista, anche se non mi sarei sentito di
sottoscriverle») il giovane avvocato liberale osserva che il lavoro illegale altro non è se non un
ricorso legittimo dinanzi alle persecu zioni che il Partito comunista subisce. E proclama quindi
solenne m e n t e la sua fede storicista nel liberalismo, nel valore della tolleranz a, la sua
comprensione del contributo delle idee socialiste allo sviluppo del pensiero umano:
Possiamo cancellare tutto questo dalle conquiste dello spirito umano il quale ha aggiunto
all'interpre ta zio ne dei suoi valori e del suo divenire questo che è il ca none del materialism o,
l'interpret a zi one critica, dal punto di vista econo mico, della storia?... Bruciamo tutto, dal Capitale
di Carlo Marx al manifesto di Bordiga e rico minciam o da capo. Ma poi cosa si dovrebbe
ricominciare? E chi è capace di rico minciare da capo la storia? 2. ##
1 L'avvocato Ferrara afferma anche: «Lasciatemi dire che il Partito Comunis ta ha dato, nel do
poguerra, un contribut o d'idee che è, senza dubbio, il primo contribut o originale dell'Italia allo
svolgiment o della dottrina della lotta di classe. Idee che non possono andare perdut e e sarann o un
giorno riprese dal moviment o critico del Partito Comunista» (Il process o ecc. cit., p. 168).
2 Il processo ecc. cit., pp. 172 - 73. L'appas sionan t e perora zione dell'avvocato liberale suscita un
comm en t o dello «Stato operaio» (a. 1, n. 11, 8 novem bre 1923) preoccupa t o di scindere il punto di
Il primo processo al PCI 321
Le altre arringhe defensionali sono volte soprat t u t t o a contest are mi nuta me n t e, per i vari
imputati, la realtà dei capi d'accusa e la stessa con sisten z a del finanzia m e n t o che avrebbe avuto il
PCI, nonché — come mo stra l'avvocato Cassinelli - a denunciare il criterio arbitrario con cui sono
stati incriminati quei 31 militanti, dopo averne arrestati e prosciolti duemila. Né si distacca quella
di Modigliani, che si definisce, come rifor mista, un « accusat o degli accusati », ma aggiunge di
aver avvertito che c'era una questione di principio da difendere al di là e al di sopra degli imputa ti.
I quali, per bocca di Tasca e di Bordiga, riconfer m a n o poi la loro posizione: siamo un moviment o
politico rivoluzionario, non un'as sociazione a delinquere, la questione della nostra condot ta
pratica e teo rica non ha una dimensione giudiziaria.
Noi non crediam o - conclude Bordiga col suo classico stile - alla funzione dei martiri, degli eroi,
delle élites di uomini d'eccezione. Sentiam o di essere rappre se n tanti di un partito politico che è
l'organo della missione storica della classe prole taria, ci sentia mo esponen ti del proletariato nel
conflitto incancellabile fra le op poste classi, strum e n ti a disposizione di questa funzione
collettiva... Potrem m o, forse, desiderare dei rapporti più comodi per le nostre persone, ma questo
non ha importa n z a. Quello che import a è il rapport o reale di forza tra noi e gli avversari. La realtà
è che in questo momen t o noi siamo degli sconfitti e ci troviamo in una si tuazione di inferiorità.
Non si tratta di appoggiare su astrazioni di un vuoto libera lismo un nostro diritto ad essere
rispar miati: a noi basta dire senza spavalderia che, liberi oggi o più tardi, continuere m o a lavorare
per cambiare quei rapporti effettivi ora a noi sfavorevoli e per invertirli un giorno '.
La Corte accetta nella sostan z a la tesi della difesa. Manda assolti tutti gli imputa ti (meno
Coraz zoli, conda nn a t o a quatt ro mesi, di cui tre con donati) sulla base di una senten z a che suona
così nel motivo centrale, di diritto :
Il Partito Comunista in Italia è stato tollerato e riconosciuto come partito poli tico, tanto è vero
che, dopo la scissione avvenuta al congres so di Livorno dei sociali sti, si è afferm at o come tale al
Parlament o nazionale, a mezz o dei suoi rapprese n tanti politici. Onde gli apparte ne n ti a detto
partito che, per quanto sovversivo, dal le nostre leggi liberali non è elevato a titolo di reato, non
possono per la loro profes sione di fede soltanto o per le cariche che vi potessero ricoprire
costituire quell'as sociazione di sediziosi, la quale ha forme tipiche e caratteristiche di
delinque n z a sociale2.
Non si possono dunq ue condan na r e i comunis ti in quanto tali. Le prove di un'attività sediziosa
mancano. Il tribunale di Roma esprime
vista del PCI dai «valori» esaltati in quella difesa: «L'avvocato Ferrara chiede l'assoluzione comu
nista in nome dei principi liberali... Per noi è... salus ex inimicis. Accettiam o ma non ci compro
mettiam o tanto meno con degli avversari amici così fini ed insidiosi...» ##
1 Il process o ecc. cit., p. 225.
2 Ibid., p. 233.
322
Capitolo ventunesi m o
quindi l'atteggiame n t o di una magistra t ur a che, nello Stato « liberale » non ancora riforma t o dal
fascis mo, nel quadro della legislazione vigente, non trova stru m e n ti giuridici sufficienti per
mettere al bando un'organi z zazione politica nazionale. È anche il segno di un disagio, di una
protest a del potere giudiziario nei confronti dei metodi polizieschi del fascismo?
O è, invece, un acconciarsi alla « normaliz za zio ne » rivendicata dal suo duce? Certo, la senten z a
assolutoria provoca molta sorpres a (tra gli stes si imputati che non se l'attendeva no) e una nota
dell'agenzia ufficiosa del governo, la Volta, il 27 ottobre, pare - forse facendo buon viso a cattivo
gioco - voler accreditare la seconda ipotesi, anche se questa può suonare offesa all'indipen de n z a
della magistrat u ra: « La senten z a è semplicem en te intonat a a quell'indiriz z o di clemenz a e a
quegli atti di pacificazione che il Governo fascista si è propos t o di compiere nella ricorrenz a del
pri mo anniversario della marcia su Roma, così che la senten z a in discorso, lungi dal contra d dire,
assecon da e fa propria l'ispirazione che anima l'au torità politica ».
Sta di fatto che il governo intensificherà l'assidua vigilanza sull'atti vità comunist a e se, in
dicembre, come s'è accennat o, vengono prosciolti in istrutt oria gli imputa ti arrestati a Milano,
successive misure repressi ve di polizia colpiscono la stam p a comunist a che tra il dicembre del
1923 e il gennaio del 1924 è nuova me nt e ridotta all'assoluto silenzio'. I diri genti comunisti
riprendo n o i loro posti alla testa dell'organiz z a zio ne. Soltanto Bordiga se ne resta apparta to a
Napoli all'opposizione più in transigente, rifiutan do qualsiasi incarico di direzione. Grieco, pur
dimis sionario dal Comitato centrale, accetta di lavorare al Centro del partito, nell'ufficio stam p a e
propaga n d a. Tasca (libero dal 27 ottobre) intensifi ca, a sua volta, l'attività nell'Esecutivo. Si
registra una piccola crisi per sonale, il « caso » Bombacci. Il deputa t o comunis t a, piuttos t o isolato
nel partito, ha assunt o da tem po posizioni che lo collocano all'estre m a de stra. In occasione della
stipula zione di un trattat o commerciale tra l'Ita lia e la Russia sovietica, Bombacci parla di affinità
delle due rivoluzioni. Scoppia un vero scandalo e Bombacci è costrett o dall'Esecutivo del par tito a
dimettersi da deputa t o2.
Sappiam o come si sviluppa, nel fratte m p o, il dibattito interno. Per
i comunisti si tratta ora di affronta re la situazione politica che si apre col la nuova scaden z a
elettorale tornan d o all'attività legale per eccellenza, quella collegata alle «inevitabili elezioni». Non
sarà, nepp ur e psicolo - ##
1 Approfitta n d o della devasta zione - il io dicembre 1923 - da parte dei fascisti della tipografia
milanese che stam p a «Il Sindacato rosso», «Lo Stato operaio» e «Compagna», nonché fogli dei
«terzini» e degli anarco - sindacalisti, la polizia sospe n de per misure di ordine pubblico la pubblica
zione di tutti questi giornali, che riappaiono soltanto verso la fine di gennaio.
2 Cfr. «Lo Stato operaio», a. 1, n. 15, 6 dicembre 1923.
Il primo processo al PCI
323
gicament e, un passaggio facile. Il 1923, l'anno nero, si è appena conclu so con la riorganiz z a zio ne
dell'appar a to e con l'allacciame nt o di scar si collegame nti con le province, in forma ancora molto
rudimen t ale. È quant o riferirà la Relazione del PCI al V congress o dell'Interna zi on ale comunist a,
che darà con efficacia il senso della psicologia del partito bat tuto dalla tempes ta:
La riorganiz z a zio ne delle nostre file era costata, specie in talune regioni, battute dalla reazione,
una som m a inestima bile di sforzi, di sacrifici, e poiché si ama molto ciò che è costato molto, molti
compagni temevano che le necessità della lotta elet torale potessero scoprire troppo i nostri
organis mi e li espones s ero perciò ai colpi della polizia e dei fascisti in modo irreparabile. Pareva
loro che non « valesse la pena » per la campagna elettorale di mettere in giuoco l'esistenz a stessa
del partito in alcune zone. Il C. E. non ignorava questa specie di riluttan z a della periferia a passare
di colpo da un periodo di vita quasi sotterra ne a e pura me n t e « organizz a tiva » a quella di una
lotta politica che, per le sue caratteristiche, doveva tendere ad avere la massi m a pubblicità, la
massima risonan z a nei più larghi strati della po polazione '.
Il partito uscirà non di meno alla luce del sole.
APC, 1924, 229 / 2 8.
Capitolo ventiduesimo
Le elezioni dell'aprile 1924 e il caso Bordiga
La nuova legge elettorale che la maggioran z a della Camera ha appro vato nell'estate del 1923 ha
dato il segno della forza ma anche delle pre occupa zioni di Mussolini. Alternan do minacce di
nuove violenze (che si continuan o a consu m a r e) a dichiara zioni ortodos s a m e n t e costitu zionali,
Mussolini si è preparat o per la nuova legislatura una maggioran z a par lament are solida. Alla lista
che su scala nazionale otterrà la maggioran z a relativa (e i fascisti sono riusciti a imporre un
quoru m bassissim o, il 25%) saranno assegnati i due terzi dei seggi. Nella battaglia parlame n tare
sulla nuova legge elettorale Mussolini ha messo in crisi il Partito popolare, da cui si è scisso un
gruppo di destra, mentre Don Sturzo ha dovuto dimettersi. Il Vaticano guarda ormai con crescente
favore al go verno fascista e alle avances conciliatoriste del suo capo. Fusosi dall'inizio dell'anno
col movimento nazionalista, il fascis mo sta sgretolan do o assorben d o gruppi liberali e democratici
le cui basi clientelari, specie nel Mezzogiorno, confluiran no in gran parte nel « listone »
governativo. «Durare», «mettere ordine», restaura re l'economia dello Stato con i classici sistemi del
liberism o « corretto » da molte cautele protezionis ti che, è la linea del primo anno di governo
fascista. Essa vale a Mussolini un notevole favore di opinione pubblica borghese e piccolo borghese, ma è un favore che parte soprat t u t t o da alcuni gruppi finanziari e indust riali, soddisfat ti
del seppellimento della legge sulla nominatività dei titoli a zionari, delle modifiche al sistema
tributario che favoriscono gli investi menti, della riduzione dell'impos t a sul reddito e sulle nuove
costru zioni indust riali, cui seguiran no lo sblocco degli affitti, la privatiz z a zi one delle assicura zioni
sulla vita, e dei telefoni, mentre gli agrari accolgono con sollievo la sospe nsione di ogni progett o di
riforma agraria e il ristabili mento della libera disponibilità dei fondi.
È una politica economica che riesce a far superare la crisi culminat a nel fallimento della Banca di
sconto e dell'Ansaldo (ricostituita con una nuova società), a ridurre il disavan zo statale, a favorire
un processo di espansione indust riale. La contropa r ti ta è pesant e, però, sul piano socia -
Le elezioni dell'aprile 1924 e il caso Bordiga 325
le e su quello economico. Sono i lavoratori a pagarne per primi le spe se. È vero che gli scioperi
sono quasi cessati nel nuovo clima politico: 295 929 ore di lavoro perdute nel 1923, rispet to a 18
milioni e 800 mila nel 1919, a 16 milioni e 400 mila nel 1920, a 6 milioni e 600 mila nel 1922, ma è
anche vero che i salari reali sono scesi, fortem e nt e in molti casi. Come ha scritto Rosario Romeo,
la riprova più vistosa [di una grossa contropa rtita al passivo] si scorge nella vita indust riale, dopo
la distru zione delle organizz a zio ni sindacali democratiche, nella depres sione dei salari operai, che
negli anni del primo dopoguer ra erano tornati, in termini reali, al livello raggiunto prima del
conflitto e che ora invece accusavano una sensibile diminu zione '.
Non meno pesante m e n t e ricade sulle masse contadi ne il progra m m a di restaura zio ne integrale del
fascis mo. Distrut te le leghe rosse e bian che, inquadra ti burocratica m e nt e e spesso militarme n t e i
braccianti nei sindacati fascisti, osteggiata ogni forma cooperativa, anche i piccoli affit tuari e i
mezz a d ri perdera n n o presto la speran z a di diventare piccoli pro prietari, mentre il reddito dei
lavoratori della campagna scende al livello del 1913 - 14, ed anche più giù. Il contrat to di
mezz a d ria viene ridotto entro i suoi tradizionali confini2.
Si aggiunga che i prez zi prendo no a salire notevol me nt e, la lira si in debolisce e tutti gli strati a
reddito fisso, compresi i piccoli rispar miatori, sono più colpiti che avvantaggiati dalla nuova
situazione. È difficile mi surare quanto, all'inizio del 1924, quando la Camera è sciolta e comincia
il periodo preelettorale, la base di consens o piccolo - borghese al fascis mo sia già erosa. I socialisti
e i comunisti si fanno indubbia me n t e molte illu sioni in merito, che il sistema politico avviato, la
commistione di legalita rismo e di propaga n d a demagogica e nazionalista, le intimida zioni e i
brogli, le alleanze di destra che il fascism o ha stretto, sono in grado di garantire quel successo
elettorale di parten z a destinat o dal « premio di maggioran z a » a trasfor m a r si in un trionfo.
Un'opposizione di massa pe rò, anche se al solo livello - contras ta t o - di opinione da esprimersi
nel l'urna, sussiste e si farà sentire. Mussolini lo sa e la pressione che eserci ta, soprat t u t t o
rinnovan do violenze e persecuzioni su tutte le forze e i simboli non addo me s ticati né spentisi, da
quelli del PPI ai due partiti socialisti al PCI, è pesante. E non meno vivace è la lotta del fascis mo
contro quei giornali d'opinione liberale - « Il Corriere della Sera », « La Stampa», « Il Mondo» - che
rivendicano, soprat t u t t o per la coeren za personale di uomini come Albertini, Salvatorelli, Cianca,
Amendola, le ##
1 rosario romeo, Breve storia della grande indust ria, Bologna 1961, p. 101.
2 Cfr. le cifre e le considera zioni di luigi preti, Le lotte agrarie nella valle padana, Torino 195.5, PP.
471 - 77-
326
Capitolo ventiduesi m o
ragioni stesse della sopravvivenz a di uno Stato costitu zionale. Una vio lenta repressione contro i
lavoratori socialisti di Molinella, roccaforte del riformis m o contadi no e cooperativistico, l'uccisione
di un coraggioso prete antifascista, Don Minzoni, l'arresto dei dirigenti comunisti a Mi lano,
un'aggres sione a Giovanni Amendola, e un'impre sa squadris tica in casa di Nitti, bastona t u re a due
fascisti dissidenti, marcano la continuità della « maniera forte » muss oliniana mentre indus t riali e
sindacati fasci sti stringono accordi che devono preludere al monopolio della rappres en tanza
sindacale addo me s ticata da parte di questi ultimi '.
In una situazione simile si ripropo ne a tutte le minoran z e, dal Par tito popolare (astenut o si nel
voto sulla legge elettorale e che ancora non si proclama partito d'opposi zione) alle sinistre
democratiche liberali e repubblicane sino a quelle operaie, socialiste e comunis te, il proble ma
pregiudiziale se accettare o meno una competi zione elettorale in cui le garanzie di libero
svolgiment o dei comizi e di presenta zi one dei candi dati, di rispett o del segreto del voto, appaiono
assai aleatorie. Sono so pratt ut t o i socialisti unitari (Matteotti) e il gruppo del « Mondo » 2 a pro
spettare, in un primo tempo, l'eventualità di una astensione, forma so lenne di protes ta. La
propos t a trova il Partito socialista massi m alista incerto, più propen s o che avverso. Alla base
comunist a essa suona tut t'altro che sgradita, in parte per il fascino delle vecchie posizioni asten
sionistiche e in parte per quella forma mentis cospirativa, per la tema di scoprirsi, di cui già
abbiamo conoscen z a. Senonché, la tenden z a è subito avversata dalla direzione comunista, come
opport u nis tica. E la pront a decisione di opporvisi ha un peso indubbio.
Sotto le apparen z e del solito massi malis m o la parola dell'inerzia vile e oppor tunista - si legge
nella Relazione al V congress o dell'Interna zio nale comunis ta poteva guadagnare larghi strati di
masse e in parte immobilizz are anche il nostro partito; ed allora si decise di reagire pronta m e n t e
metten d o gli altri partiti e le stesse masse di fronte al fatto compiuto di una nostra delibera zione
di partecipare alla lotta qualunque ne fossero le condizioni3.
Infatti, il 23 gennaio 1924, il Comitato centrale del PCd'I vota una mozione in cui, pur rilevando
che « il congegno della legge elettorale, la situazione oggettiva del Paese e il modo come sono
costretti a funziona - ##
1 Rispetto ai sindacati fascisti la linea del PCI è così tratteggiata nella Relazione al V congress o
dell'Interna zio nale comunista: «Il nostro scopo, dappert u t t o dove i sindacati fascisti sono riusciti a
ISSO
a
raccogliere delle masse è di favorire una crisi nel loro seno, ponen do in contras t o queste masse, na
turalme nt e tratte alla difesa del loro interes se di classe e i dirigenti burocratici al servizio degli
indu striali e degli agrari. La parola adatta ad ottenere questo scopo non è tanto quella di ritorno
alla lotta di classe quant o quella di ritorno alla vita sindacale» (APC, 1924, 229 / 4 2).
2 Cfr. giampiero caeocci, Giovanni Amendola nella crisi della Stato italiano, Milano 1956, pp. 106
sgg.
3 APC, 1924, 229 / 2 8.
Le elezioni dell'aprile 1924 e il caso Bordiga 327
re i partiti proletari tolgono più che mai alle prossi m e elezioni ogni va lore come mezz o di
espres sione della volontà politica della maggioran za », decide di parteciparvi ugualmen te « per
sfrutt are ogni possibilità di azione legale » '. Dinanzi al fatto nuovo anche il PSI decide di parteci
parvi, « per una dignitosa difesa della propria fede dalla quale può sca turire l'inizio della ripresa
politica e sindacale del proletariato italiano»2. Per ultimo rompe gli indugi, alla metà di febbraio, il
PSU an ch'esso « non tanto per impegnare una vera lotta elettorale di cui manca il primo
pres up p o s t o, la libertà» ma perché, visto l'atteggiame n t o co munista e massim alista, « intende
afferm are le ragioni ideali, d'essere, nazionali e interna zion ali del Partito ». Ma la presen z a dei
partiti operai su un'arena elettorale così insidiata è decisa soltanto per salvare l'anima? Non c'è
forse la possibilità di rea lizzare un blocco proletario, di cui comunisti con un accento, socialisti
con un altro, parlano da tempo, seppur e spesso il discorso sia stato un espedient e per reciproche
accuse di malafede? Questa volta, sul tema, vi è una precisa propos ta comunis ta, la prima
iniziativa politica aperta che il partito prenda su questo terreno e che viene assunt a dal nuovo
Esecu tivo secondo il manda t o del Comitato centrale che nella sua mozione ci tata suonava così:
Il C. C. considera la lotta elettorale come un momen t o dell'azione che il partito comunis ta conduce
per la forma zione di un fronte unico di difesa degli interessi economici e politici della classe
lavoratrice di cui il fascismo è la negazione; respin ge ogni criterio di blocco che fosse rivolto
unicamen t e ad ottenere uno sposta m e n t o nei risultati numerici delle elezioni e che partisse da
preoccupa zi oni esclusivame n t e elettorali; e perciò ritiene che ogni accordo elettorale debba avere
un carattere pro gram m a tico che possa costituire la base di un fronte unico perma ne n t e di azione;
constata n d o che la borghesia si serve della conquist a fascista dell'appa ra t o dello Stato come dello
stru me n t o più perfezionat o e più efficace della propria dittat ura, afferma che questo fatto pone
alla classe degli operai e dei contadi ni la necessità di realizzare una unità rivoluzionaria per
affront are la lotta che attraverso successivi sviluppi deve portare a sostituire al governo di
dittat ura borghese un governo degli operai e dei contadini; delibera di propor re ai partiti proletari
italiani di aderire ad un accordo per la present a zione di una lista comune di unità proletaria e per
un'a zione di cui la lotta elettorale non deve rappre se n t a re che il momen t o iniziale4.
L'iniziativa comunis t a risponde, in linea generale, alle indicazioni emerse dall'Esecutivo allargato
del giugno 1923 in cui la prospe t tiva del fronte unico in vista di governi operai e contadini è stata
ribadita con forza. Ne è, anzi, la prima concreta applicazione alla situazione apertasi ##
1 Relazione al V congress o cit., APC, 1924, 229 / 2 9.
2 Dal manifesto della direzione del PSI, l'« Avanti!», 3- 4 febbraio 1924.
3 Comunicato della direzione del PSU, «La Giustizia», 20 febbraio 1924.
4 APC, 1924, 229 / 2 9.
328
Capitolo ventiduesi m o
con la campagna elettorale1. Ma è davvero realizzabile un blocco ope raio, di classe, che vada sino
ai riformisti? Lo si poteva escludere sulla base stessa degli orienta me n ti del PSU, non equivoci. Il
suo anticom u nismo è insieme politico e sociale, per così dire; è fatto si di motivi ideo logici ma
anche di una scelta politica che rifiuta l'unità d'azione delle forma zioni operaie sul terreno di
classe. Il Partito riformis ta respinge l'alleanz a coi comunisti, per molti segni, sin da prima che
venga un'of ferta formale da quella parte. Esso punt a piuttost o a un accordo di forze interme die,
che si spinga sem m ai sino ai massimalisti (senza crederci molto) ma che sostan zial m en t e si
articoli con un'allean za verso la sini stra popolare, i repubblicani e il gruppo di Amendola. Sarà
l'asse politi co — foriero di sconfitta - dell'Aventino. È intant o chiaro che l'unione elettorale col
PCI è scartat a a priori dal PSU al quale Turati per primo assegna il compito di far risaltare la
coinciden z a persiste nt e di interessi tra proletari e « capitalisti intelligenti »2. Una linea
socialde m ocra tica di destra davvero classica che sta alla radice di tutta la condott a dei rifor misti
nel primo dopoguerra e che spiega anche le discus sioni che avver ranno sulla natura della
socialde m ocra zia: forza borghese o forza ope raia? Non stupisce quindi che Giacomo Matteotti
rispond a subito di no alla propos t a di lista unitaria affacciata da Togliatti con una lettera del 23
gennaio 1924 3; un no secco, che esclude ogni discus sione ulteriore4. Il meno stupito è, in effetti,
lo stesso Togliatti. Questi, sin dal 18 gen naio, ha così motivato al segretariato del Komintern la
tattica elettorale del PCI, sulla piattafor m a di una opposi zione proletaria alla dittat ura:
Se, in generale, i comunis ti basano la loro propagan d a sulla critica della demo crazia borghese e
sulla dimost r a zi one dell'insufficienza della democra zia borghese a ##
1 È ciò che sottolinea la present a zio ne redazionale (di Franco Ferri) alla pubblicazione dei do
cumenti su questa iniziativa, intrapre s a da «Rinascita», a. xx, nn. 3- 5, 19 gennaio - 2 febbraio
1963. Nella riunione del Comitato centrale del PCI conclusasi con la mozione già citata è emersa la
con cordan za sostan ziale di Tasca con Togliatti sulla propos t a, anche negli elementi teorico politici leni nisti di fondo. («L'opposizione proletaria deve porre a base del suo progra m m a il
riconoscime n t o della impos sibilità per la classe operaia di condurre una lotta liberatrice senza
aver precede nt e m e n t e spez z a t a la macchina dello Stato borghese»).
2 Turati afferma, nel suo discorso di Torino, del 21 gennaio 1924: «Non bisogna dimenticare le
funzioni che le classi interme die hanno nella società moder na. Il comunis m o respinge politica
mente queste classi, che sono bensì esponen ti di pensieri incerti, che rappres e nt a n o degli interessi
compositi ma che sono una grande forza morale e tecnica di cui abbiamo bisogno... Inoltre larghe
zone degli interessi del proletariato coincidono con gli interes si degli stessi capitalisti, dei
capitalisti intelligenti dell'indus t ria e non degli avventurieri... Occorre che il proletariato
compren d a questa ne cessità e che la borghesia da parte sua faccia uno sforzo per capire» (cfr. il
testo sulla «Giustizia», 22 gennaio 1924).
3 La lettera di Togliatti (cfr. «Rinascita» cit., 19 gennaio 1963) insiste sulla necessità della for
mazione organica di una «opposizione proletaria» al fascis mo, fuori dei quadri dello Stato
borghese, di cui lo schiera m e n t o elettorale è solo il primo mome nt o.
4 Matteotti rispon de il 25 gennaio che il porre da parte comunista tali condizioni pregiudiziali
rende assoluta m e n t e impos sibile l'intesa e vana una discus sione poiché il PSU ritiene invece che
ogni intesa antifascista deve « mirare, innan zi tutto e in ogni modo, alla riconquista delle libertà
politiche
Le elezioni dell'aprile 1924 e il caso Bordiga 329
realizzare e a dare inizio a un process o di liberazione del proletariato in Italia, dopo
la vittoria del fascismo e la creazione di una dittatur a che non mira che a darsi la maschera di
una legalità democratica, le tesi dei comu nisti sono divenute d'una evidenza che non può essere negata. Il fascis mo ha aperto per il proletariato un periodo di
rivoluzione perma ne n t e e il partito proletario che dimenticherà questo punt o e
che contribuirà a nutrire tra gli operai l'illusione di una possibilità di mutare la si tuazione
presente tenendo si sul terreno d'una opposizione liberale e costituzionale darà, in ultima analisi,
punti d'appoggio ai nemici della classe operaia e contadi na italiana '.
Sono posizioni molto importa n ti che converrà richiamare dinan zi a tutta la condot ta del PCI nella
crisi politica del 1924. Esse dicono al con tem po come la linea tattica espri ma non un mero calcolo
di opport u nit à, anche se esso è presente - ma un disegno generale. Che ci si attende, infatti, dai
socialde m ocra tici? Un rifiuto. « Il rifiuto dovrà darci - è sem pre Togliatti a prevederlo l'occasione per sviluppa re una campagna ', polemica contro il Partito riformist a »2. E la campagna
avrà come tema centrale questo punto : che « qualsiasi partecipa zione d'un Partito pro letario a
un blocco d'opposizione costitu zionale si risolve in un vero tra > diment o della classe operaia
perché contribuisce a rinforza re la posizione della dittatur a fascista e a facilitare la legalizza zione
che essa cerca»3. Quanto ai socialisti massim alisti - argome nt a Togliatti - anch'essi ;
probabilmen te rifiuteran n o la propos t a comunis ta ma in questo caso la ; campagna politica e non
solo polemica sarà condot ta in seno al PSI dai ', « terzini » che devono impegnarsi, nelle sezioni da
loro influenz a t e, a la vorare per le liste unitarie di blocco proletario, andan do sino in fondo4.
L'Interna zionale comunista è d'accordo anche sull'impos t a zio ne gene rale 5 e la manovra politica
si sviluppa proprio nei termini previsti da Togliatti che mirano, tra l'altro, a risolvere la questione
dei terzini assor bendoli finalment e nel PCI.
I socialisti massim alisti assum o n o una posizione che oggi si chiame rebbe interlocut oria: si discuta
ancora, tutti insieme, per cercare un ac cordo a tre ma non a due, che l'unione PSI- PCI è
considera t a poco pro elementa ri». Matteotti fa ricadere sui comunisti la respons abilità di dividere
il proletariato «nel mo mento di più grave oppressione e pericolo» («Rinascita» cit., 26 gennaio
1963). ##
1 La lettera è firmata Paolo Palmi (APC, 1924, 241 / 1 1 - 12).
2 Ibid.
3 Ibid.
_4 Dal verbale del Comitato centrale del PCI del 22- 23 gennaio, nella parte non riprodot t a su
«Rinascita», si ricava che Palmi (Togliatti) sostiene che la questione dei terzini deve essere rapida
mente risolta, poiché l'«Avanti! » e la direzione del PSI «sono perduti». I terzini quindi «devono
svolgere in seno al PSI una lotta politica sulla base della propos ta comunista di blocco elettorale
fino a spez za re il PSI e a ordinare alle loro sezioni di votare la lista di unità proletaria in cui ci
saranno loro stessi» (APC, 1924, 236 / 4 - 6).
5 Nella lettera del 31 gennaio 1924, firmata «Il Presidiu m», in francese, l'Interna zionale comu nista
afferm a: «Non si esce dalla dittat ur a fascista sul terreno costitu zionale» (APC, 1924, 241 / 1 3 14).
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Capitolo ventiduesi m o
ducente ed essi non la vogliono. La discus sione, cui sarà presente anche Matteotti («per puro
dovere di cortesia», come egli si affretta a dire) riprod uce le divisioni più profon de. I comunisti
pongono alla base stes sa del costitue n do blocco elettorale la questione di principio: un accordo
progra m m a tico che non solo escluda un'alleanz a con altri raggrup p a menti non di classe ma
riconosca che « il problem a di ristabilire una si tuazione di democra zia anche relativa in Italia è il
problem a del rovescia mento dello Stato fascista » '. I massi m alisti paiono, d'un canto, impe gnati
in una opera seria di mediazione, dall'altro non sono affatto con vinti dell'impos t a zio ne di fondo
comunist a. Velia, il più possibilista tra loro, afferma:
I socialisti massim alisti si preoccupa no dell'element o « senti me nt ale » che deve stare alla base del
blocco la cui notizia rianimerà il proletariato. Si tratta di ricon quistare un clima storico di libertà,
perché non ci troviamo di fronte a una dittatur a di classe, ma a una dittat ura personale, che si è
servita di forze borghesi. Non dob biamo fin d'ora compro m e t t er e i riformis ti e tagliar loro la via
alle alleanze con i borghesi, ma spingerli invece al potere e non sabotarli nel primo periodo del
loro governo 2.
Anche queste convinzioni e questo atteggiam en t o spieghera n n o in parte la condot ta dei
massimalisti nell'Aventino. Il fondo del loro giudi zio sul fascism o non è diverso da quello che
danno i riformisti {non è una dittat ura di classe...) Come nel 1922 proprio Velia e Nenni speravano
che con la scissione i riformisti bloccassero l'avvento fascista alleandosi alla borghesia liberale
così ora e dopo il delitto Matteotti continua n o a guardare con speran z a, ancorché inconfess at a,
alla loro destra e non han no alcuna fiducia nelle sorti di un'op posi zione di classe. È per questo
che i massim alisti non vedono di buon occhio un blocco di estre m a che li di stacchi ulterior m en t e
dai riformisti, e temono inoltre una coalizione in cui i comunis ti e la frazione terzina potrebbero
assorbire le forze non fusioniste del PSI. Ma forse che i comunisti - che pure la formulano
spingono a fondo la propos t a del blocco a due? Tutt'altro3. Prevalgono, a questo punto, le
preoccupa zi oni per un processo politico che potrebbe riportare il problem a della fusione in quei
termini in cui era rimasto nel primo semes tre del 1923. Il disegno tattico del PCI è quello di
mettere ##
1 Dal rapport o inviato da Valle (Tasca) al Comitato esecutivo dell'Interna zio nale comunista,
riprodot t o in «Rinascita» cit., del 2 febbraio 1963.
2 Dal verbale della riunione a tre del 26 gennaio 1924, riprodot t o in «Rinascita» cit., del 26
gennaio 1963.
3 È interess a nt e come affronti questo punto Franco Ferri nella presenta zi one dei docume n ti su
«Rinascita» citata (del 2 febbraio 1963): «Va detto che quest'ultim a propos t a comunista non dovet
te essere avanza ta con molta convinzione, né particolarm e n t e auspicata. Un blocco a due avrebbe
present at o, a differen z a di un accordo più generale tra tre partiti, una più aperta qualificazione
poli; tica e necessaria m e n t e ripropos t o tutte le questioni sulle quali si erano venuti acuendo i
rappor ti con i massimalisti: da quella della fusione a quella della frazione terzintern a zion alista».
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piuttos t o una pietra tombale sulla fusione, affretta n d o anzi, con lo schie ramento elettorale
propos t o, l'incorpor a zi one dei « terzini ». E conviene aggiungere che l'Interna zionale comunist a
pare ora appoggiare piena mente tale disegno. Certo si è che il rappre se n t a n t e del Komintern pres
so il PCI, Humbert - Droz, giunto dalla Francia, è assai esplicito proprio nella riunione che
l'Esecutivo comunis ta italiano tiene il 31 gennaio. Dice Humbert - Droz: « Dobbiamo porre i
massimalisti in tali condizioni che, se accettano la propos t a di un blocco a due, appaia a tutti
impos si bile che essi rimanga no alla testa del PSI » '.
L'aspetto più strum e n t ale è colto proprio da lui, dunq ue. E porta con sé un'accent ua zio ne della
polemica comunis ta durante la campagna elet torale contro gli altri due partiti che hanno respinto
la propost a di un blocco comune, oltre alle conseguen z e logiche nei confronti dei terzini, i cui
margini di manovra sono ormai scom pa rsi dovendo essi decidere se restare nelle liste socialiste o
entrare in quella della « Alleanza per l'uni tà proletaria» che il PCI si appres t a a varare. La scelta è
indubbia, an che si accompag na a preoccupa zi oni, resisten ze, protest e, richieste di un'adegua t a
rappres e nt a n z a nella lista comunis t a (e del resto il loro in gresso nel Partito comunis ta tarderà
ancora, sino al V congress o del Ko minter n). La consiste n z a numerica della frazione è debole, più
di quanto i suoi dirigenti non pensino2, si riduce a poco più di duemila iscritti. L'apporto politico
che da alla campagna elettorale comunista non va in vece sottovaluta to: i comunis ti rom po no in
questo modo il loro isola mento e alcune figure di dirigenti popolari tra le masse operaie - da Ser
rati (che però non si candida alle elezioni) a Maffi al giovane Di Vittorio, passato alla frazione dalle
file sindacaliste3 — concorron o egregiamen t e a porre dinan zi agli elettori operai il volto di una
nuova forma zione che si batte in nome della tradizione intransigent e e rivoluzionaria del socia
lismo italiano, chiaman d o attorno a sé a raccolta le masse disperse. È quant o proclama il
manifesto elettorale dell'Alleanz a, redatt o da To gliatti:
L'Alleanza per l'unità proletaria afferma che soltant o nella classe degli operai e dei contadini
esistono le forze e le capacità necessarie a imposta re e condurre la lotta per l'abbat ti me n t o della
dittat ura fascista. Essa invita gli operai e i contadini a raccogliersi sul terreno rivoluzionario di
classe per porre la base necessaria all'inizio di questa lotta. Essa lancia la sola parola che oggi sia
storicame n t e attuale ed effica ce: quella dell'unità di tutte le forze rivoluzionarie che sono sul
terreno di classe 4. ##
1 Dal verbale della seduta, APC, 1924, 238 / 1 2.
2 In una riunione con Scoccimarro e Tasca, il 6 dicembre 1923, Maffi assicura: «Abbiamo la
maggioran z a nelle più importa n ti sezioni (Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Bologna), in Sicilia
e in Liguria e Milano (provincia)» (APC, 1923, 235 / 1 - 5).
3 Cfr. anita di Vittorio, La mia vita con Di Vittorio, Firenze 1965, p. 69.
4 «Rinascita» cit., 2 febbraio 1963.
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Capitolo ventiduesi m o
Siamo già nel quadro fonda m e n t ale del « fronte unico dal basso », ma c'è comunq u e il fatto
rilevante che esso si accom pagna a un accordo poli tico tra due gruppi, per quanto affini, diversi, e
- com'è nel disegno clas sico dell'Interna zio nale - alla disgregazione di una parte delle forze so
cialiste. È forse il nuovo rappres e nt a n t e del Komintern a spingere su questa strada? Dai rappor ti
cheHumbe r t - Droz invia a Mosca esce un'im magine differente della sua funzione, piuttos t o di
stimolo al dialogo con le altre forze e in ogni caso all'iniziativa politica. Vero è che certi schemi di
giudizio con cui sarebbe facile catalogare di « aperto » o « chiuso » questo o quello espone nt e
politico del partito peccano di faciloneria. Che spesso questa apert ura o chiusura concernon o il
problem a della con dotta che i « terzini » debbono adottare nei confronti di quel Partito so cialista
nel quale essi hanno ancora « un piede dentro » ma dal quale so no ormai sostan zial me n t e
separati proprio per la loro scelta netta in fa vore della III Interna zionale. Per il resto, i lineame nti
generali della tattica da perseguire nei confronti di forze politiche social