LA DEFINIZIONE DEL COSTO STANDARD PER STUDENTE
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LA DEFINIZIONE DEL COSTO STANDARD PER STUDENTE
LA DEFINIZIONE DEL COSTO STANDARD PER STUDENTE: METODI PER IL RIPARTO DEL FONDO PER IL FINANZIAMENTO ORDINARIO DELLE UNIVERSITA’ Preliminary draft Giuseppe Catalano e Giulia Peruzzi* Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale “A. Ruberti”, Sapienza Università di Roma Via Ariosto, 25 - 00185 Rome, Italy Keywords: Educational finance; Funding Higher Education; Government Expenditures and Education; Standard Cost of Higher Education. Classificazione JEL: H52; I22; I23 Un particolare ringraziamento all’Ufficio Statistico del MIUR, alla dott.ssa Gianna Barbieri e ai suoi collaboratori, per la preziosa disponibilità e il costante supporto nella raccolta e analisi dei dati ed al dott. Daniele Livon, Direttore Generale per l’Università del MIUR, per aver incoraggiato e stimolato la riflessione sul tema. Gli autori desiderano ringraziare anche per i preziosi commenti i professori Piero Giarda e Alessandro Petretto, anche se, ovviamente, rimangono responsabili dei risultati e degli eventuali errori e imprecisioni. Corresponding author: Giulia Peruzzi E-mail address: [email protected] Tel: +39 06 77274 086 Fax: +39 06 77274129 Indice 1. Introduzione ...................................................................................................................... 3 2. Gli obiettivi ........................................................................................................................ 5 3. La metodologia .................................................................................................................. 7 4. 5. 3.1 La variabile dipendente: la nozione di costo adottata.................................................. 7 3.2 Le variabili esplicative................................................................................................. 8 3.3 Il dataset ....................................................................................................................... 9 3.4 Il modello econometrico ............................................................................................ 10 I risultati delle analisi ..................................................................................................... 11 4.1 Il modello di standardizzazione del finanziamento statale senza il gettito................ 11 4.2 Il modello di standardizzazione del finanziamento statale con il gettito ................... 14 4.3 Il modello di standardizzazione del costo totale senza il gettito ............................... 15 4.4 Il modello di standardizzazione del costo totale con il gettito .................................. 16 Prospettive applicative.................................................................................................... 17 Bibliografia ............................................................................................................................. 21 Appendice Statistica ............................................................................................................... 23 2 1. Introduzione Il tema del finanziamento e del riparto delle risorse statali ha acquistato sempre più rilevanza nel dibattito sulle modalità di governo, programmazione e valutazione del sistema universitario. L’istituzione del Fondo per il Finanziamento Ordinario delle università (FFO) risale all’inizio degli anni novanta (articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537), il cui riparto era finalizzato al riequilibrio delle risorse tra gli atenei attraverso il ricorso a standard di costo di produzione. La disciplina è stata attuata poi attraverso il modello Giarda et al. (1995) per un triennio, sostituito poi da approcci e metodologie maggiormente orientati alla premialità in relazione ai risultati conseguiti dalle università. Infatti, a partire dalla legge del 19 ottobre del 1999, n. 370, il legislatore ha legato il finanziamento statale anche al raggiungimento di obiettivi di sistema e ai risultati della valutazione. In particolare, la legge del 24 novembre 2006, n. 286, ha istituito l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e ha stabilito il principio che “I risultati delle attività' di valutazione dell'ANVUR costituiscono criterio di riferimento per l'allocazione dei finanziamenti statali alle università e agli enti di ricerca” (art. 2, comma 139). Più dettagliate indicazioni attuative sono state introdotte con la legge 9 gennaio 2009, n. 1, che all’articolo 2 ha stabilito che, a partire dal 2009, una quota non inferiore al 7% del FFO ” [...] è ripartita prendendo in considerazione: a) la qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi; b) la qualità della ricerca scientifica; c) la qualità, l'efficacia e l'efficienza delle sedi didattiche”. Tuttavia, l’adozione di criteri di riparto basati su meccanismi premiali, senza garanzie di pari opportunità di partenza, può determinare risultati indesiderati, poichè il conseguimento degli obiettivi è più agevole per gli atenei con una situazione economica e un contesto territoriale favorevole e più complesso quelli che si trovano in una situazione iniziale di svantaggio. Tali criticità sono accentuate in un sistema che negli ultimi anni ha conosciuto significative riduzioni dei trasferimenti statali e nel quale, quindi, la quota premiale è stata finanziata con riduzioni in termini nominali del trasferimento storico e non con risorse aggiuntive. Un significativo cambiamento di rotta è rappresentato dalla legge del 30 dicembre 2010, n. 240, che ha previsto il costo standard come criterio per la ripartizione del FFO: “[...] introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università, cui collegare l'attribuzione 3 all'università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1; individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, sentita l'ANVUR;” (art. 5, comma 4, lettera f). La determinazione del costo standard dovrà tenere conto, in particolare, delle “a) attività didattiche e di ricerca, in termini di dotazione di personale docente e ricercatore destinato alla formazione dello studente; b) servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo, finalizzati ad assicurare adeguati servizi di supporto alla formazione dello studente; c) dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari; d) ulteriori voci di costo finalizzate a riqualificare gli standard di riferimento e commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari” (art. 8, comma 2, D. Lgs. del 29 marzo 2012, n. 49). La nozione di costo standard è, dunque, legata all’obiettivo che ogni studente in corso abbia diritto ad una dotazione standard di risorse finanziarie, didattiche e infrastrutturali in ciascuna università del sistema. Il Decreto Ministeriale “Definizione delle linee generali di indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2013-2015” (15 ottobre 2013, n. 827), ha poi stabilito che la ripartizione del FFO per il triennio 2014-2016 sia effettuata per una quota non inferiore al 75% sulla base il criterio del costo standard per studente in corso e della qualità della didattica, in sostituzione della attuale quota base. Una quota gradualmente crescente, almeno sino al 14,4% sarà attribuita agli atenei sulla base dei risultati della ricerca e della valutazione delle politiche di reclutamento del personale, una quota tra 0,5 e 1,5% per la programmazione e il 3,5% per interventi perequativi e specifici. Recentemente il Ministro Giannini ha specificato, nella lettera alla CRUI del 24 luglio 2014, che l’adozione del costo standard sarà graduale nel tempo, entrando a regime nel 2018, in sostituzione della quota base, e che la quota premiale legata ai risultati della ricerca e del reclutamento sarà portata subito al livello del 18%. L’adozione del nuovo criterio richiede, quindi, la definizione e la condivisione di un nuovo modello e il ripensamento sostanziale dei meccanismi di riparto sinora adottati. 4 2. Gli obiettivi Il presente lavoro si propone, quindi, di contribuire al dibattito sul tema e all’attuazione delle disposizioni, individuando una metodologia per la determinazione del costo standard per studente in corso. La normativa parte dal presupposto che la spesa storica sottintenda differenziazioni ingiustificate nei costi unitari per unità di prodotto e che il processo di recupero di efficienza del settore e di riequilibrio nella ripartizione delle risorse debba essere perseguito in maniera graduale. In particolare, due cause spiegano la variabilità dei costi unitari: (i) legittime, relative a caratteristiche tecnologiche e ambientali o a una diversa qualità nella prestazione dei servizi; (ii) illegittime, relative a inefficienze e distorsioni che si sono accumulate storicamente. Il processo di standardizzazione tende a contrastare le cause illegittime e a valorizzare quelle legittime, garantendo agli studenti un’accesso ai servizi didattici dlele università a parità di condizioni. Sotto il profilo teorico, esistono due diversi approcci per la costruzione del costo standard. Il primo fa riferimento ai modelli bottom up (o “ingegneristici”), che ricostruiscono il costo in maniera analitica a partire da standard produttivi e tecnologici determinati ex ante attraverso l’analisi delle caratteristiche del processo produttivo. Si pone, quindi, l’obiettivo di costruire un contesto di produzione “ideale” da cui partire per la definizione del costo standard, discostandosi dai costi osservati nel passato, eliminando inefficienze ingiustificate senza tener conto delle condizioni reali in cui operano gli atenei. Un secondo metodo si riferisce invece ai modelli top down (o “econometrici”) che inferiscono il costo effettuando ipotesi, più o meno restrittive, sulla forma funzionale tra le caratteristiche del processo produttivo e il costo a esso correlato; tale relazione viene poi specificata e validata attraverso l’osservazione dei dati delle università, certificando quali caratteristiche siano effettivamente in grado di spiegare differenze nei costi di produzione. Nel presente lavoro è stato adottato il metodo econometrico, muovendosi nel solco di Giarda et al. (1995), poiché l’approccio ingegneristico richiede analisi molto onerose per la definizione degli standard produttivi, per la difficoltà di modellare nella produzione dei servizi universitari il legame tecnologico tra output e input necessari. Inoltre, il metodo econometrico ha il pregio di evitare una lunga ed estenuante contrattazione fra gli attori coinvolti sulla definizione degli indicatori - e delle voci di costo - più idonei a descrivere le caratteristiche “ottimali” di un processo produttivo complesso, i cui elementi peculiari si prestano a un’elevata discrezionalità, con riferimento sia alla differenziazione per le diverse 5 tipologie produttive (corsi di laurea, corsi di laurea magistrale, corsi di laurea magistrale a ciclo unico, ecc…, nelle diverse discipline) e sia alla presenza di economie di scala. Conseguentemente, il lavoro si pone l’obiettivo di analizzare e definire un modello di costo standard per studente in corso, verificando la validità del modello proposto nel 1995 a circa due decenni dalla sua introduzione, adattandolo al diverso contesto. Il passaggio segnato dalla riforma dell’ordinamento didattico ha richiesto, in primo luogo, l’adeguamento delle variabili considerate; ad esempio, quella relativa all’ouput del processo produttivo (gli esami sostenuti) è stata ricalcolata tenendo conto dei crediti formativi universitari e dei laureati classificati nelle diverse tipologie di corsi previsti dai nuovi ordinamenti. Allo stesso tempo, sono stati analizzati gli effetti del passaggio dal concetto di finanziamento statale a quello di costo totale dei servizi (per tenere conto della crescita del gettito da tasse e contributi), per cui nella definizione del modello si è tenuto conto di due diverse accezioni del costo da standardizzare. In primo luogo è stato considerato esclusivamente il finanziamento statale, adottando come variabile dipendente il Fondo per il Finanziamento Ordinario per studente in corso nella sua quota base, con l’esclusione della quota premiale non consolidata e delle altre voci specifiche a destinazione vincolata. Il livello di costo complessivo dei servizi è però condizionato significativamente dal livello di tasse e dei contributi. Tale aspetto, irrilevante nel 1995, assume oggi particolare significatività per la crescita del gettito (pari ad oltre 1,5 miliardi di euro all’anno). Si è, quindi, stimato anche il costo standard totale, tenendo conto anche delle entrate derivanti dalla contribuzione studentesca per la frequenza dei corsi di studio di primo e secondo livello. Questa impostazione richiede una certa cautela nell’analisi perché il gettito è riconducibile sia ad una diversa capacità contributiva degli studenti e delle loro famiglie in relazione al contesto territoriale in cui opera l’ateneo, sia a un diverso livello di qualità del servizi offerti, in conseguenza della natura tariffaria delle tasse e dei contributi studenteschi. Su tale variabile incide, inoltre, in modo significativo il numero di esoneri totali dal pagamento di tasse e contributi, stabilito per legge, per gli studenti “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi” beneficiari di borse di studio, la cui incidenza è fortemente differenziata sul territorio nazionale e di cui occorre tener adeguatamente conto in sede di riparto delle risorse statali. 6 3. 3.1 La metodologia La variabile dipendente: la nozione di costo adottata I modelli hanno preso in considerazione due specificazioni della variabile dipendente. Un primo gruppo stima l’effetto dei regressori sulla variabile che sintetizza il finanziamento statale per studente in corso, la cui definizione non si è rivelata agevole per la disomogeneità delle voci di finanziamento negli ultimi anni. Il FFO è stato costituito nel 1994 con l'obiettivo di unificare in forma budgetaria indifferenziata il trasferimento dello Stato alle università, superando la precedente articolazione delle risorse in diversi rivoli a destinazione vincolata. Nel tempo, però, il legislatore ha introdotto nuovamente un significativo numero di attribuzioni (a destinazione vincolata) con finalità perequative, premiali, di incentivazione di singole voci di spesa (chiamate dirette, mobilità dei docenti, interventi per studenti disabili ecc.), nonché di copertura finanziaria di specifiche tipologie di spesa (piano straordinario associati, assegni di ricerca ecc.). Inizialmente, si è cercato di procedere ad un’operazione di aggregazione delle voci di finanziamento previste, al fine di costruire una misura “aggiustata” del finanziamento ordinario che comprendesse, oltre alla quota base, anche tutte le altre voci riconducibili al funzionamento ordinario (esclusa, quindi, la quota assegnata per i progetti di ricerca e quella destinata alla “premialità”). Tuttavia, il variare delle “voci” di finanziamento ha reso instabile la variabile dipendente così costruita e, quindi, meno “idonea” al lavoro econometrico proposto. Conseguentemente, si è preferito privilegiare l’omogeneità del dato e approssimare il finanziamento statale attraverso la quota base. Peraltro, la previsione del Decreto ministeriale del 25 ottobre 2013, n. 827, di sostituire l’attuale quota base con quella determinata attraverso il costo standard, conferma la fondatezza della scelta. Nella prospettiva di approssimare la nozione di costo totale alla variabile dipendente, precedentemente definita, è stato aggiunto il gettito della contribuzione studentesca per i corsi di studio di primo e secondo livello, escludendo la parte derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio e dai corsi post lauream (dottorato, corsi di specializzazione, master, ecc...). Tale nuova variabile è stata denominata costo totale e rappresenta un tentativo di approssimare il costo complessivo sostenuto per l’attività didattica delle università. In entrambi i casi, le variabili dipendenti sono state relativizzate tenendo conto del numero di studenti in corso. 7 3.2 Le variabili esplicative I regressori utilizzati, illustrati dettagliatamente nella tabella 1, fanno riferimento a: i) variabili di scala (studenti iscritti in corso); ii) variabili geografiche (dummy); iii) variabili finanziarie, ad esempio quella utilizzata come proxy del costo del fattore lavoro (spesa media il per personale docente a tempo indeterminato); iv) variabili tecnologiche, destinate a spiegare l’effetto sui costi del mix tecnologico legato alla diversa tipologia produttiva associata alle singole discipline (corsi di laurea dell’area scientifica; iscritti alle discipline mediche, ecc...); v) variabili di output, che sintetizzano la quantità dei servizi didattici e la qualità del processo didattico in relazione al risultato finale (crediti sostenuti, numero di laureati, ecc...). Le variabili inserite sono state scelte non soltanto per la loro significatività statistica, ma sulla base della loro coerenza logica e della loro capacità esplicativa rispetto agli obiettivi prefissati. La costruzione delle variabili ha richiesto un delicato lavoro di analisi sulla bontà statistica e la coerenza del dato fornito, per evitare che errori o imprecisioni potessero influire sui risultati delle regressioni e, di conseguenza, sui valori standard stimati. L’analisi è stata effettuata attraverso strumenti di statistica descrittiva che hanno evidenziato eventuali difformità sia con riferimento all’andamento del dato nel tempo, sia con riferimento alla media osservata fra gli atenei. In questo modo è stato possibile osservare, ad esempio, alcuni valori anomali nella variabile spepro1: in particolare, poichè essi si trovavano in corrispondenza degli atenei già esclusi dal dataset utilizzato per la regressione, le difformità non hanno inficiato il processo di inferenza econometrica, ma la loro presenza richiama, comunque, la necessità di una verifica puntuale alla fonte dei dati utilizzati. Tabella 1 Il set delle variabili utilizzate variabili dipendenti Qb/isc importo della quota base del FFO, stabilito dai decreti ministeriali di ripartizione, per iscritto in corso Costotot costo totale per iscritto in corso sostenuto dalle università, definito come /isc somma della quota base del FFO e del gettito di tasse e contributi per i corsi di laurea e di laurea magistrale 8 variabili indipendenti Qmed iscritti in corso all'area medica (medicina e chirurgia, veterinaria, odontoiatria) / iscritti in corso totali Qscient corsi di laurea dell'area scientifica (area scientifica propriamente detta e farmacia) /iscritti in corso totali Spepro1 scostamento del costo del personale docente a tempo indeterminato (ordinari, associati e ricercatori a tempo indeterminato) dell'ateneo rispetto al costo medio a livello nazionale (espresso in milioni di euro). Gettstud gettito delle tasse e dei contributi degli iscritti totali per i corsi di laurea e di laurea magistrale/ iscritti in corso totali Qcfu crediti formativi universitari / iscritti in corso totali Qlautr laureati dei corsi di laurea (triennali) / iscritti in corso totali Qlaubi laureati dei corsi di laurea magistrale (biennali) / iscritti in corso totali Qlaucu laureati a ciclo unico (esclusi quelli dell'area medica) / iscritti in corso totali Invisc reciproco degli iscritti in corso totali: assume valore 0 se gli iscritti totali in corso <14.700; negli altri casi assume valore pari ad 1 / iscritti in corso totali Dummyn assume valore 1 se l'ateneo si trova al nord; 0 se si trova al centro o al sud Dummys assume valore 1 se l'ateneo si trova al sud; 0 se si trova al centro o al nord 3.3 Il dataset Il dataset utilizzato comprende le informazioni di 59 atenei statali, messe a disposizione dal MIUR (Ufficio di Statistica), che fanno riferimento alle seguenti rilevazioni: i dati relativi alle variabili universitarie sono estratti dall’Indagine sull’istruzione universitaria; i dati della contribuzione studentesca si riferiscono alla rilevazione “Contribuzione e Interventi”; infine, i dati relativi al FFO sono tratti dagli allegati ai decreti ministeriali di ripartizione. I dati si riferiscono sia a variabili riconducibili all’anno solare che all’anno accademico. Conseguentemente, un primo lavoro effettuato sul dataset ha riguardato la ricomposizione temporale delle variabili osservate: agli anni accademici 2009/2010, 2010/2011 e 2011/2012, ad esempio corrispondono i valori relativi agli esercizi finanziari 2010, 2011 e 2012, sia per quanto riguarda l’FFO sia il gettito da tasse e contributi . Vale lo stesso ragionamento anche per alcune informazioni relative agli elementi caratteristici del processo formativo, quali ad esempio il numero di laureati per ciclo di studi: i dati forniti dal MIUR fanno riferimento, infatti, agli anni solari 2010, 2011 e 2012 che corrispondono agli anni accademici 2009/2010, 2010/2011 e 2011/2012. Nell’analisi non sono stati presi in considerazione alcuni atenei, che pure partecipano al riparto del FFO. Si tratta delle università per Stranieri di Siena e Perugia, dell’Università 9 Roma “Foro Italico” e delle scuole a ordinamento speciale (Scuola “Sant’Anna” e Scuola Normale – entrambe di Pisa – la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, ecc.) per la loro diversa e peculiare attività produttiva, che comporta costi diversi e che richiede sistemi di finanziamento specifici. Sono stati esclusi temporaneamente i tre atenei il cui FFO nel periodo di riferimento è stato stabilito esogenamente in seguito ad accordi di programma (l’Università de L’Aquila, per la quale il criterio di assegnazione delle risorse statali ha tenuto conto degli effetti del terremoto dell’aprile del 2009, e le università di Macerata e Camerino, interessate da un processo di cooperazione e integrazione ancora in corso). 3.4 Il modello econometrico La metodologia statistica applicata per la definizione di costo standard è un modello di regressione OLS di tipo pooled. Rispetto al modello inizialmente implementato da Giarda et al. (1995), si è potuto implementare un’analisi per dati panel, invece che cross-section, grazie all’utilizzo di una serie storica di dati omogenei. Per evitare il problema tipico dei dati panel, legato alla violazione dell’ipotesi di indipendenza e identica distribuzione degli standard errors, il modello statistico è stato corretto attraverso l’introduzione di standard errors robusti, “clusterizzati” sugli atenei. Di conseguenza, i modelli stimati si distinguono, in primo luogo, per la nozione di costo utilizzata: un primo gruppo fa riferimento al solo finanziamento statale standard, e un altro considera il costo complessivo per lo studente in corso. All’interno di ciascun gruppo sono state prese in considerazione due diverse accezioni dell’output del processo formativo: così fra i regressori sono stati inseriti alternativamente i crediti formativi conseguiti in media da ciascun studente in corso e i laureati per studente in corso, distinti per corso di studi1. Infine, i modelli si differenziano per l’inserimento o meno fra le variabili indipendenti del gettito di tasse e contributi per studente in corso. In termini generali, tutti le specificazioni mostrano statistiche di fit e di adattamento complessivo molto buone, con un valore dell’R2 elevato per tutte le specificazioni dei modelli, un alto valore osservato del test di Fisher, e valori dei test t dei regressori sempre significativi. In questo caso, quindi, si considerano tre diverse variabili per sintetizzare l’output: la quota di laureati nei corsi di laurea (triennali), la quota nei corsi di laurea magistrale (biennali) e la quota di laureati nei corsi di laurea a ciclo unico (esclusi quelli dell’area medica, per evitare la correlazione con la variabile qmed). 1 10 4. I risultati delle analisi I modelli sono stati stimati considerando come misura dell’output sia i crediti formativi universitari sia i laureati, senza mostrare sostanziali differenze. In questo paragrafo sono riportate le statistiche relative ai modelli con i crediti, poiché consentono di tenere conto adeguatamente anche dell’attività degli studenti prima del conseguimento del titolo di studio; i modelli con i laureati, riportati nell’appendice statistica, rimangono ugualmente esplicativi con leggere variazioni nell’entità dei coefficienti. 4.1 Il modello di standardizzazione del finanziamento statale senza il gettito La prima ipotesi di lavoro è la riproposizione di quella stimata da Giarda et al. (1995): 𝑞𝑏/𝑖𝑠𝑐 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑞𝑚𝑒𝑑 + 𝛽2 𝑞𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡 + 𝛽3 𝑞𝑐𝑓𝑢 + 𝛽4 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑐 + 𝛽5 𝑠𝑝𝑒𝑝𝑟𝑜1 + 𝛽6 𝑑𝑢𝑚𝑚𝑦𝑛 Il modello mostra un R2 pari a circa 0.66 con coefficienti statisticamente significativi ad eccezione della dummy nord che mostra, comunque, un coefficiente negativo, in linea con le attese (la variabile territoriale acquista, invece significatività statistica nelle altre successive specificazioni). Conseguentemente, si è scelto di stimare un modello di finanziamento statale senza dummy territoriale, oltre che senza gettito delle tasse universitarie come variabile esplicativa, le cui statistiche sono riportate nella tabella 2: 𝑞𝑏/𝑖𝑠𝑐 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑞𝑚𝑒𝑑 + 𝛽2 𝑞𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡 + 𝛽3 𝑞𝑐𝑓𝑢 + 𝛽4 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑐 + 𝛽5 𝑠𝑝𝑒𝑝𝑟𝑜1 L’assenza della dummy nord non sembra incidere sull’adattamento complessivo del modello, che presenta un R2 pari a circa 0.65 e livelli di significatività dei coefficienti molto elevati. Anche il segno dei coefficienti è in linea con i risultati attesi: il finanziamento statale appare, quindi, essere positivamente correlato sia a variabili riconducibili alle caratteristiche produttive dei corsi offerti (qmed e qscient), al costo del fattore lavoro, agli output prodotti, rappresentati dal numero di crediti formativi sostenuti dagli studenti e a variabili di scala (invisc). 11 La variabile di scala, invisc, merita un qualche approfondimento. L’iniziale stima presentava un coefficiente negativo; ulteriori elaborazioni hanno messo in luce come la funzione di produzione assomigli ad una linea spezzata: nel primo tratto, cioè per un numero di iscritti in corso inferiore a 14 mila e settecento, il coefficiente associato è negativo; successivamente – cioè per un numero di iscritti in corso superiore al valore soglia – il coefficiente assume valore positivo. Di conseguenza, la funzione di produzione mostra economie di scala solo al di sopra di una certa soglia. Tale andamento rappresenta la più significativa novità rispetto al modello originario Giarda et al. (1995). Questa minore rilevanza delle economie di scala è attribuibile al fatto che il processo di accreditamento dei corsi di studio ha introdotto coefficienti tecnici fissi di produzione in relazione al numero degli studenti iscritti. Nel modello non è stato considerato il tratto negativo, attribuendo alla variabile valore pari a 0 al di sotto del valore soglia; invece, la presenza di economie di scala è stata considerata, assegnando il valore della variabile agli atenei al di sopra del valore soglia. I valori riportati sono espressi in euro, ad eccezione del coefficiente di spepro1, che è espresso in milioni di euro per rendere più agevole il confronto col valore dei coefficienti stimati nel 19952. Esattamente come nostrato nel lavoro di Giarda et al. (1995)3, la forma della funzione del costo medio per ateneo a carico dello Stato è rappresentata da: 𝑄𝑏 = 𝛼 + 𝛽 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑐 𝑖𝑠𝑐 dove 𝛽 è il coefficiente di invisc e 𝛼 è l’asintoto a cui tende la curva di costo medio e che comprende la somma di tutte le variabili, esclusa invisc, per i propri coefficienti, cioè, utiizzando i valori riportati nella tabella 2: 𝛼 = 1924.06 + 6608.82 𝑞𝑚𝑒𝑑 + 218690.90 𝑞𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡 + 40.35 𝑞𝑐𝑓𝑢 + 41866.39 𝑠𝑝𝑒𝑝𝑟𝑜1 Passando alla funzione di costo affine a carico dello Stato si ha che: 𝑄𝑏 = 𝛼 𝑖𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑖 + 𝛽 2 3 I valori proposti nel lavoro di Giarda et al. (1995) sono espressi in lire. Giarda et al. (1995), pag. 18. 12 e da questa, conseguentemente, si ricava che il costo marginale è pari a α. Di conseguenza, il coefficiente associato a invisc rappresenta il costo fisso per lo Stato sostenuto dall’ateneo, così come nel modello inizialmente proposto nel 1995 e pari a circa 9 milioni di euro. Tutti i modelli stimati rimangono significativi e validi anche senza la variabile di scala fra i regressori, la cui introduzione migliora leggermente l’adattamento complessivo, ma senza stravolgere il significato e la capacità esplicativa del modello4. Rispetto al 1995 il peso della variabile di scala si è comunque molto ridotto. Tabella 2 Le statistiche del modello di standardizzazione del finanziamento statale Number of obs F ( 5, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = = 162 40.15 0.00 0.6521 661.37 Coef. Robust Std. Err T P>|t| [95% Conf. Interval] Qmed 6608.82 2304.90 2.87 0.01 1985.77 11231.86 Qscient 218690.90 24733.97 8.84 0.00 169080.80 268301.00 Qcfu 40.35 13.90 2.90 0.01 12.48 68.23 Invisc 8968015.00 3727851.00 2.41 0.02 1490893.00 16400000.00 spepro1 41866.39 10259.03 4.08 0.00 21289.38 62443.39 Intercetta 1924.06 621.50 3.10 0.00 677.48 3170.63 I coefficienti associati alle altre variabili compongono, invece, il valore del costo marginale sostenuto dall’ateneo. Così, sempre con riferimento ai dati riportati nella tabella 2, se lo studente in corso è iscritto alle facoltà mediche, ha un costo per lo Stato aggiuntivo pari a circa 6.600 euro, in aggiunta al costo di circa 1.900 euro rappresentato dall’intercetta. L’introduzione di un ulteriore corso di laurea scientifico, a parità di studenti in corso, comporta un costo aggiuntivo di circa 220 mila euro, mentre il costo marginale per un credito formativo sostenuto è di circa 40 euro. Infine, il coefficiente associato a spepro1 indica la variazione del costo marginale al variare di un’unità dello scostamento rispetto alla media del costo per il personale docente, espresso in milioni di euro. 4 I modelli sono riportati in appendice. 13 4.2 Il modello di standardizzazione del finanziamento statale con il gettito La tabella 3 mostra le statistiche relative al modello di finanziamento statale standard che tiene conto fra le variabili indipendenti anche del gettito derivante dalla contribuzione studentesca e della dummy: 𝑞𝑏/𝑖𝑠𝑐 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑔𝑒𝑡𝑡𝑠𝑡𝑢𝑑 + 𝛽2 𝑞𝑚𝑒𝑑 + 𝛽3 𝑞𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡 + 𝛽4 𝑞𝑐𝑓𝑢 + 𝛽5 𝑑𝑢𝑚𝑚𝑦𝑛 + 𝛽6 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑐 + 𝛽7 𝑠𝑝𝑒𝑝𝑟𝑜1 La presenza di tali variabili migliora sia l’adattamento complessivo del modello che la significatività dei regressori. Il coefficiente associato al gettito è positivo, anche se inferiore a 1: ciò significa che, almeno nella storia recente, livelli di contribuzione studentesca più elevati sono associati a trasferimenti statali più alti, anche se la presenza del segno negativo associato alla dummy territoriale mitiga in parte questo effetto. Infatti, all’ateneo localizzato nelle regioni del nord dovrebbero essere riconosciuti circa 480 euro per studente in corso in meno rispetto agli atenei che si trovano nel resto d’Italia. Sembrebbe chiaro che la presenza di un minor trasferimento statale associato agli atenei settentrionali, ceteris paribus, possa essere spiegato con la presenza di fonti alternative, quali, appunto, il gettito delle tasse. Tabella 3 Le statistiche del modello di standardizzazione del finanziamento statale, con gettito di tasse e contributi e dummy fra i regressori Number of obs F ( 7, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = = 162 32.47 0.00 0.6750 643.31 Coef. Robust Std. Err t P>|t| [95% Conf. Interval] Gettstu 0.59 0.29 2.08 0.04 0.02 1.17 Qmed 7399.87 2394.30 3.09 0.00 2597.53 12202.22 qscient 213941.70 24999.99 8.56 0.00 163798.10 264085.30 Qcfu 35.77 14.09 2.54 0.01 7.51 64.03 dummyn -476.42 219.94 -2.17 0.04 -917.56 35.28 Invisc 8262210.00 3463308.00 2.39 0.02 1689807.00 18400000.00 spepro1 36813.22 9890.78 3.72 0.00 16974.84 56651.61 intercetta 1479.96 606.38 2.44 0.02 263.73 2696.20 14 4.3 Il modello di standardizzazione del costo totale senza il gettito La previsione normativa di definizione del “costo” per studente spinge alla analisi di modelli, presentati in questo e nel prossimo paragrafo, che stimano lo standard a partire da una specificazione della variabile dipendente più estesa, comprendente oltre alla quota base del FFO anche il gettito di tasse e contributi degli studenti, come proxy del costo complessivamente sostenuto degli atenei. La prima specificazione è quella più vicina al modello Giarda et al. ed è identico a quello mostrato nel paragrafo 4.1, ad eccezione, appunto della variabile dipendente: 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜𝑡𝑜𝑡/𝑖𝑠𝑐 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑞𝑚𝑒𝑑 + 𝛽2 𝑞𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡 + 𝛽3 𝑞𝑐𝑓𝑢 + 𝛽4 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑐 + 𝛽5 𝑠𝑝𝑒𝑝𝑟𝑜1 I risultati delle stime sono riportati nella tabella 4: i parametri di significatività delle variabili rimangono buoni, mentre migliora l’adattamento complessivo del modello, con un leggero aumento del valore dell’ R2, che cambiando la variabile dipendente passa da circa 0.65 a 0.68. Tabella 4 Le statistiche del modello di standardizzazione del costo statale Number of obs F (5, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = = 162 38.91 0 0.6725 767.75 Coef. Robust Std. Err t P>|t| [95% Conf. Interval] Qmed 6529.21 2798.98 2.33 0.02 915.17 2143.25 qscient 221467.70 30024.51 7.38 0.00 161246.10 81689.20 Qcfu 82.03 18.10 4.53 0.00 45.72 18.34 Invisc 9774154.00 4410849.00 2.22 0.03 927110.90 8600000.00 spepro1 45991.91 13471.63 3.41 0.00 18971.23 3012.58 intercetta 1422.60 829.32 1.72 0.09 -240.81 86.01 15 4.4 Il modello di standardizzazione del costo totale con il gettito Infine, nella tabella 5 sono riportate le statistiche relative al modello che considera il costo totale (trasferimento dello Stato e gettito di tasse e contributi), ma inserisce fra i regressori anche il gettito delle tasse e dei contributi e la dummy territoriale: 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜𝑡𝑜𝑡 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑔𝑒𝑡𝑡𝑠𝑡𝑢𝑑 + 𝛽2 𝑞𝑚𝑒𝑑 + 𝛽3 𝑞𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡 + 𝛽4 𝑞𝑐𝑓𝑢 + 𝛽5 𝑑𝑢𝑚𝑚𝑦𝑛 𝑖𝑠𝑐 + 𝛽6 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑐 + 𝛽7 𝑠𝑝𝑒𝑝𝑟𝑜1 che mostra un valore dell’R2 molto elevato (pari a quasi lo 0,80) e un altrettanto elevata significatività dei coefficienti associati ai regressori. Si noti che in questo caso, a differenza che nel modello precedente, il coefficiente positivo associato alla variabile che rappresenta il gettito da tasse e contributi è meno problematico e più logicamente comprensibile: quando si approssima il costo totale attraverso il complesso delle entrate, tale valore non può che crescere al crescere del gettito delle tasse e dei contributi. Tabella 5 Le statistiche del modello di standardizzazione del costo totale Number of obs F( 7, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = = Coef. gettstu qmed qscient qcfu dummyn invisc spepro1 intercetta 1.59 7399.87 213941.70 35.77 -476.42 8262208.00 36813.23 1479.96 162 50.71 0 0.7730 643.31 Robust Std. Err 0.29 2394.30 24999.99 14.09 219.94 3463308.00 9890.78 606.38 t P>|t| 5.59 3.09 8.56 2.54 -2.17 2.39 3.72 2.44 0.00 0.00 0.00 0.01 0.04 0.02 0.00 0.02 [95% Conf. Interval] 1.02 2597.53 163798.10 7.51 -917.56 1315693.00 16974.84 263.73 2.17 12202.22 264085.30 64.03 35.28 15200000.00 56651.61 2696.20 16 5. Prospettive applicative In questo lavoro è stato proposto un modello che consente di definire in maniera affidabile il costo dei servizi didattici, e delle relative strutture di supporto, per studente in corso, da erogare in condizioni di efficienza e di appropriatezza su tutto il territorio nazionale. Il modello è stato definito assumendo un concetto di efficienza che riflette i comportamenti e le capacità di tutti gli atenei del sistema. Il costo standard è stato stimato a partire dalle caratteristiche (quantitative/qualitative) che contribuiscono in maniera più efficace a spiegare la variabilità del costo economico dei servizi erogati attraverso un’analisi econometrica multivariata. L’analisi ha confermato la capacità interpretativa del modello Giarda et al. (1995) con le variazioni rese necessarie dalle modifiche istituzionali ed economiche nel frattempo intervenute. La robustezza statistica dei modelli stimati, anche a molti anni di distanza, mostra che le variabili esplicative della varianza dei costi rappresentano aspetti strutturali della funzione di produzione che appare opportuno considerare nel processo di standardizzazione. I modelli proposti appaiono, peraltro, coerenti con i requisiti stabiliti dalla norma per la definizione del costo standard, poiché dal lato della variabile dipendente approssima i costi degli atenei per la produzione dei servizi didattici e di supporto ad connessi, tenendo conto di tutti i fattori produttivi, dall’altro le variabili esplicative costituiscono indici strettamente collegati alle diverse tipologie dei costi di studio, tenendo conto dei differenziali di costo relativi ai corsi scientifici e dell’area medica, ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali, attraverso la variabile dummy, e quella di scala, tenendo conto anche di indicatori del relativo output. Per comprendere gli effetti dei modelli appare necessario confrontare i valori effettivi del finanziamento statale e del costo totale per studente in corso con quelli determinati con l’approccio econometrico descritto. A partire dai coefficienti stimati attraverso la regressione, si possono calcolare i valori standard del finanziamento statale e del costo totale per studente in corso, ma a causa delle peculiarità dell’analisi econometrica per dati panel, tali coefficienti devono essere applicati alla media dei valori osservati nel triennio considerato. Il segno negativo indica un valore standard inferiore a quello osservato nella media del triennio; analogamente, quello positivo indica che l’ateneo ha ricevuto una quota di finanziamento inferiore a quella standard così calcolata. 17 Le prime elaborazioni mostrano una sostanziale uniformità del posizionamento degli atenei, a parità di condizioni, in entrambi i modelli di finanziamento e costo standard: sostanzialmente, gli atenei che hanno ricevuto un trasferimento statale o hanno sostenuto un costo superiore ai valori standard sono gli stessi. Ad eccezione di qualche caso molto particolare, gli scostamenti, positivi o negativi che siano, si mantengono dentro un range di circa il 10-15%, sia per il finanziamento statale – che comunque ha un campo di variazione leggermente maggiore – sia per il costo standard. Ai fini dell’applicazione ai fini istituzionali di riparto del FFO, il valore standard per studente in corso determinato dal modello viene moltiplicato per il numero di studenti in corso di ciascun ateneo per determinarne il valore standard totale. Infine, l’incidenza del valore standard dell’ateneo sul totale del sistema consente con facilità di individuare la percentuale di riparto della quota del FFO da ripartire sulla base del costo standard. In questo modo gli atenei sono incentivati a promuovere la propria efficienza, secondo il principio della yardstick competition, poiché il costo standard consente di definire il costo del servizio a prescindere dal particolare operatore che lo erogherà. Il finanziamento dello Stato potrà riconoscere a ciascuna università un ammontare di risorse in grado di remunerare i costi di un (ipotetico ma realistico) ateneo ragionevolmente efficiente e non dei suoi costi specifici. Occorre essere consapevoli, però, che la scelta delle variabili, tra quelle che manifestano significatività statistica nella spiegazione dei costi, può avere effetti importanti nella definizione di effetti di incentivo nelle scelte di governo degli atenei. L’approccio metodologico presentato non presuppone, infatti, il perseguimento dell’obiettivo di una equilibrata distribuzione delle risorse per la produzione dei servizi didattici solo attraverso il trasferimento delle risorse statali agli atenei, ma introduce indicazioni di riferimento agli attori nelle proprie scelte di governo. Proprio il ruolo significativo attribuito da questi modelli all’iniziativa attiva degli attori deve portare il policy maker a valutare con attenzione gli effetti indesiderati di comportamenti opportunistici sulle variabili sotto il controllo degli atenei. In ogni caso, il ruolo attivo degli atenei, fisiologico all’approccio presentato, introduce importanti effetti di incentivo non solo al miglioramento assoluto delle proprie performances, ma anche a quello relativo rispetto agli altri atenei per migliorare la propria posizione nella distribuzione delle risorse statali. 18 A parità di capacità esplicativa della varianza, potrebbe essere preferibile utilizzare i modelli che utilizzano i crediti formativi come variabile di output, poiché tale specificazione consente di tenere conto dell’avanzamento del percorso di studi ed è, quindi, una misura più completa dell’output del processo formativo. D’altra parte, però, la presenza nel modello del numero dei laureati nelle diverse tipologie di corsi di studio potrebbe fornire agli attori indicazioni più chiare di policy nella prospettiva del successo del processo formativo. L’analisi econometria ha evidenziato la maggiore significatività statistica dei modelli nei quali sono presenti congiuntamente fra le variabili esplicative sia la dummy nord che il gettito delle tasse, sottolineando il profondo collegamento logico tra esse. Da un lato, infatti, appare verificato il legame positivo tra livello del gettito delle tasse e finanziamento/costo standard dall’altro il segno negativo della dummy nord evidenzia, come e più che nel passato, il permanere di una necessità di perequazione su base territoriale, legata evidentemente ad una differenziane del gettito delle tasse e dei contributi. Inoltre, la stima di un coefficiente positivo del gettito delle tasse presenta implicazioni che vanno valutate con attenzione, poiché esso, sebbene inferiore a uno, può determinare un finanziamento statale maggiore al crescere di tasse e contributi universitari, con un incentivo almeno teorico per gli atenei ad aumentare il livello di contribuzione richiesta agli studenti, effetto che potrebbe essere impedito dal fatto che molti atenei hanno raggiunto da tempo il livello massimo di incidenza del gettito sul FFO consentito dalla normativa vigente. L’introduzione di questo modello richiederebbe, quindi, un’approfondita analisi degli effetti di compensazione e di sterilizzazione in gioco attraverso i valori dei coefficienti sugli atenei interessati. In ogni caso il tema della presenza nella situazione attuale di un gettito di tasse e contributi accresciuto rispetto al passato e fortemente differenziato tra gli atenei non può essere eluso. Infatti, un trasferimento statale standard associato ad un gettito difforme delle tasse e dei contributi tra gli atenei determinerebbe una disponibilità effettiva di risorse per la produzione dei servizi didattici molto diversificata sul territorio nazionale. Più in generale, l’obiettivo di garantire la standardizzazione del costo totale per studente appare maggiormente appare in linea con il dettato delle norma, ma anche la sua applicabilità comporta, tuttavia, qualche problema per la presenza del gettito di tasse e contributi, anche nel modello in cui è calcolato a prescindere dal gettito come variabile esplicativa. 19 In una prima ipotesi i risultati potrebbero essere utilizzati come criterio di riparto, calcolando il peso percentuale di ciascun ateneo sul costo standard complessivo del sistema, da applicare al complesso del finanziamento statale, ma in tal modo non si terrebbe compiutamente conto, comunque, della differenziazione del gettito. Si potrebbe pensare, allora, di utilizzare il finanziamento statale in un’ottica perequativa: dato il gettito delle tasse, agli atenei sarebbero assegnate quote di finanziamento statale tali da raggiungere il costo standard. Il percorso in questa direzione dovrà confrontarsi con un potenziale incentivo ad abbassare il gettito della contribuzione studentesca, ma soprattutto con la necessità di affrontare la questione diversa capacità contributiva dei territori in cui gli atenei operano. In sostanza, lo Stato dovrebbe compensare gli atenei non tanto in relazione al gettito effettivo, ma a quello potenziale (o standard), la cui definizione appare particolarmente complessa. Al tempo stesso, occorre ricordare che il gettito delle tasse universitarie presenta natura tariffaria legata alla qualità dell’offerta di servizi agli studenti, come appare dalla differenza di gettito anche tra atenei localizzati nella stessa sede. Congegnare un sistema di perequazione non appare semplice, dovendo tenere conto di questi aspetti. Nella utilizzazione istituzionale delle le stime fornite dal modello econometrico utilizzato per specificare e validare la forma funzionale del legame tra le caratteristiche dell’output del servizio e il suo costo economico, potrebbero essere introdotti opportuni vincoli di carattere normativo tipici dei modelli ingegneristici (in tal senso, il valore finale non rifletterebbe necessariamente quanto predetto dal modello top down, ma potrebbe discostarsi da questo in maniera coerente con gli incentivi programmatici definiti). In questo modo, si può definire un modello ibrido, dove, da una parte, si riesce in maniera agevole a tenere conto delle specificità degli operatori, evitando di dover ricorrere a scelte discrezionali, e dall’altra, si ampliano i casi in cui si possano tener conto di alcune caratteristiche della produzione del servizio non accettabili dal punto di vista della collettività (ma storicamente determinate). Come si vede, il lavoro per la definizione del costo standard per studente e per la definizione delle modalità delle sua applicazione al riparto delle risorse è appena iniziato. L’auspicio è che questo lavoro possa contribuire all’approfondimento del dibattito tra gli studiosi e gli attori istituzionali, che appare da troppo tempo sopito. 20 Bibliografia Agasisti T., Catalano G. (2006), “Governance models of university systems- toward quasimarkets? Tendencies and perspectives: a European comparison”, in Journal of Higher Education Policy and Management, vol. 28, n. 3, pp. 245-262. 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Giarda P., (1993), “L'Università italiana tra diversificazione, inefficienza e autonomia finanziaria.”, in Rivista Internazionale di Scienze Sociali, vol. 1, pp. 69-90. 21 Giarda P., Petretto A., Catalano G., Silvestri P. (1995), “La standardizzazione dei costi nel sistema universitario italiano”, in Politica Economica, anno XII n. 1, pp. 3-48. Jacobs B., Van der Ploeg, F. (2006), “Guide to reform of higher education: a European perspective”, in Economic Policy, vol. 21, n. 47, pp. 535-592. Johnstone D. B., Arora A., Experton, W. (1998), The financing and management of higher education: A status report on worldwide reforms, Washington, DC, World Bank. Johnstone, D. B., Marcucci, P. N. (2010), Financing higher education worldwide: Who pays? Who should pay?, Baltimore, Mariland, The John Hopkins University Press. Lepori B., Benninghoff M., Jongbloed B., Salerno C., & Slipersaeter, S. 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Uno sguardo d'insieme, POLIS, n. 162, Institute of Public Policy and Public Choice-POLIS. 22 Appendice Statistica Tabella 6 Le statistiche del modello di standardizzazione del finanziamento statale con i laureati, senza gettito di tasse e contributi e senza dummy F (7, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = 34.06 0 0.6697 648.53 Coeff. Robust standard error qmed 9011.18 2474.81 qscient 222087.20 25833.47 qlautri 4838.70 1947.04 qlaubi 8306.58 3076.45 qlaucu 13052.63 9718.47 invisc 8895913.00 3654260.00 spepro1 36450.16 10476.28 intercetta 2164.89 458.99 t 3.64 8.60 2.49 2.70 1.34 2.43 3.48 4.72 P>(t) [95% Conf. Interval] 0.00 4047.35 13975.01 0.00 170271.80 273902.60 0.02 933.42 8743.97 0.01 2135.99 14477.16 0.19 -6440.15 32545.41 0.02 1566396.00 16200000.00 0.00 15437.41 57462.91 0.00 1244.27 3085.51 Tabella 7 Le statistiche del modello di standardizzazione del finanziamento statale con i laureati, con il gettito di tasse e contributi e con la dummy F ( 9, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = 29.85 0 0.685 637.47 Coeff. Robust standard error gettstu 0.51 0.27 qmed 9255.08 2697.84 qscient 217655.50 26101.45 qlautri 4049.72 1955.12 qlaubi 7160.85 3283.32 qlaucu 11804.01 9914.56 dummyn -392.49 211.36 invisc 8228618.00 3522104.00 spepro1 33504.46 10194.96 intercetta 1842.23 485.79 t 1.90 3.43 8.34 2.07 2.18 1.19 -1.86 2.34 3.29 3.79 P>(t) [95% Conf. Interval] 0.06 -0.03 1.04 0.00 3843.90 14666.27 0.00 165302.60 270008.40 0.04 128.25 7971.20 0.03 575.35 13746.36 0.24 -8082.08 31690.10 0.07 -816.43 31.45 0.02 1164173.00 15300000.00 0.00 13055.96 53952.96 0.00 867.85 2816.61 23 Tabella 8 Le statistiche del modello di standardizzazione del costo totale con i laureati, con il gettito di tasse e contributi e con la dummy F ( 9, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = 46.99 0 0.78 637.47 Coeff. Robust standard error gettstu 1.51 0.27 qmed 9255.08 2697.84 qscient 217655.50 26101.44 qlautri 4049.72 1955.12 qlaubi 7160.85 3283.32 qlaucu 11804.01 9914.56 dummyn -392.49 211.36 invisc 8228616.00 3522103.00 spepro1 33504.46 10194.96 intercetta 1842.23 485.79 t 5.64 3.43 8.34 2.07 2.18 1.19 -1.86 2.34 3.29 3.79 P>(t) [95% Conf. Interval] 0.00 0.97 2.04 0.00 3843.90 14666.27 0.00 165302.60 270008.40 0.04 128.25 7971.19 0.03 575.35 13746.36 0.24 -8082.08 31690.10 0.07 -816.43 31.45 0.02 1164171.00 15300000.00 0.00 13055.97 53952.96 0.00 867.85 2816.61 Tabella 9 Le statistiche del modello di standardizzazione del finanziamento statale senza invisc, senza gettito di tasse e contributi e senza dummy F ( 4, 53) Prob > F R-squared Root MSE = = = = 27.29 0 0.6224 686.76 Coeff. Robust standard error qmed 7118.47 2500.96 qscient 197853.20 27378.90 qcfu 36.17 15.07 spepro1 44454.84 10902.17 intercetta 2373.65 705.63 t 2.85 7.23 2.40 4.08 3.36 P>(t) 0.01 0.00 0.02 0.00 0.00 [95% Conf. Interval]. 2102.18 12134.76 142938.10 252768.30 5.94 66.41 22587.87 66321.82 958.34 3788.96 24 Tabella 10 Le statistiche del modello di standardizzazione del finanziamento statale senza invisc, con il gettito di tasse e contributi e con la dummy F (6, 53) Prob > F R-squared Root MSE gettstu Qmed qscient Qcfu dummyn spepro1 intercetta = = = = 21.62 0 0.6501 665.38 Coeff. Robust standard error 0.66 0.30 7933.10 2527.55 194471.10 27717.24 31.06 15.75 -516.56 195.12 38702.63 10657.08 1859.31 664.00 t 2.20 3.14 7.02 1.97 -2.65 3.63 2.80 P>(t) 0.03 0.00 0.00 0.05 0.01 0.00 0.01 [95% Conf. Interval] 0.06 1.25 2863.47 13002.73 138877.40 250064.90 -0.52 62.65 -907.92 -125.20 17327.23 60078.03 527.49 3191.13 Tabella 11 Le statistiche del modello di standardizzazione del costo totale senza invisc, con il gettito di tasse e contributi e con la dummy F (6, 53) Prob > F R-squared Root MSE gettstu Qmed qscient Qcfu dummyn spepro1 intercetta = = = = 39.34 0 0.7556 665.38 Coeff. Robust standard error 1.66 0.30 7933.10 2527.55 194471.10 27717.23 31.06 15.75 -516.56 195.12 38702.63 10657.08 1859.31 664.00 t 5.55 3.14 7.02 1.97 -2.65 3.63 2.80 P>(t) 0.00 0.00 0.00 0.05 0.01 0.00 0.01 [95% Conf. Interval] 1.06 2.25 2863.47 13002.73 138877.40 250064.90 -0.52 62.65 -907.92 -125.20 17327.23 60078.03 527.49 3191.13 25