1. Gli accertamenti bancari tra evoluzione della disciplina e
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1. Gli accertamenti bancari tra evoluzione della disciplina e
ACCERTAMENTI BANCARI E CONTI INTESTATI A TERZI Sommario: 1. Gli accertamenti bancari tra evoluzione della disciplina e orientamenti giurisprudenziali; 2. L’utilizzo di conti intestati ad un soggetto diverso dal contribuente accertato; 3. La presunzione come strumento di prova della intestazione fittizia del conto bancario: praesumptum de praesumpto?; 4. I caratteri di gravità, precisione e concordanza della presunzione semplice basata sui legami personali e societari tra il terzo ed il contribuente; 5. Presunzione semplice e difesa del contribuente nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. 1. Gli accertamenti bancari tra evoluzione della disciplina e orientamenti giurisprudenziali L’accertamento tributario basato sulle indagini bancarie costituisce da tempo, ed in relazione a vari aspetti, un tema ampiamente dibattuto, in relazione al quale si confrontano diverse, e tra loro non facilmente conciliabili, ricostruzioni dei rapporti tra Fisco e contribuente.1 E’ da notare come, in relazione agli elementi di problematicità che, a livello interpretativo, connotano le disposizioni di cui agli artt. 32, primo comma, n. 2, D.p.r. 600/73 e 51, secondo comma, n. 2, D.p.r. 633/72, si siano progressivamente consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità certamente più attenti alla “ragione fiscale” che non ai profili di tutela delle posizioni giuridiche del contribuente. Già il quadro normativo risultante dalla riforma recata dalla legge n. 413 del 30/12/1991 segnava una forte discontinuità rispetto al passato, consegnando all’Amministrazione finanziaria uno strumento accertativo più agevolmente utilizzabile, sia per la semplificazione dei requisiti di autorizzazione sia per il venir meno di quegli “indizi di evasione fiscale” che, nel sistema previgente, dovevano essere valutati per poter penetrare il c.d. “segreto bancario”.2 1 Ai sensi dell’art. 32, n. 7, D.p.r. 600/73 (e dell’art. 51, n. 7 del D.p.r. 633/72), l’Amministrazione ha la facoltà di richiedere a banche, Poste, intermediari finanziari, imprese ed organismi di investimento, società di gestione del risparmio e società fiduciarie, “dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati” e le “garanzie prestate da terzi” relativamente ai loro clienti. L’art. 33, commi 2 e 3, D.p.r. 600/73 (e così l’art. 63, D.p.r. 633/72) prevede poi la facoltà, per gli Uffici dell’Agenzia e per la Guardia di Finanza, di rilevare direttamente gli elementi di cui sopra tramite accesso. 2 Si rinvia a D' AMATI, Verifica delle operazioni bancarie: la tutela del contribuente tra contenzioso tributario e processo amministrativo, in Boll. Trib., 1997, 101 ss.; SACCHETTO, Il segreto bancario: profili di tutela, in Il fisco, 1995, 8283 ss.; UCKMAR-MARCHESELLI, Il diritto tributario tra tutela della riservatezza e trasparenza delle attività economiche, in Dir. prat. trib., 1998, I, 227 ss.; FICARI, Spunti in materia di documentazione bancaria ed accertamento dei redditi tra evoluzione normativa e dibattito giurisprudenziale, in Riv. dir. trib., I, 1995, 913 ss.; SCHIAVOLIN, Appunti sulla nuova disciplina delle indagini bancarie, in Riv.dir.trib., 1992, I, 36 ss. ARMELLA-CAVALIERI, Le indagini bancarie, in AA.VV., Codice delle ispezioni e verifiche tributarie, a cura di Uckmar e Tundo, Piacenza, 2005, 222-3. Anche dopo tali modifiche, la disciplina ha continuato però a prevedere l’inversione dell’onere della prova, in capo al contribuente, per la dimostrazione della irrilevanza fiscale delle movimentazioni acquisite. Proprio sottolineando le profonde differenze con la disciplina previgente, con riferimento agli indici di “evasione fiscale” ora non più richiesti, in dottrina si è dubitato della natura legale e quindi della automaticità di simile presunzione3, invece pienamente affermata dalla Corte di Cassazione e giudicata ragionevole dalla Corte Costituzionale4. Ragionevolezza della presunzione che, nella lettura della Corte, pare fondarsi sia sul carattere “oggettivo” dei dati bancari, sia sulla effettiva possibilità, per il contribuente, di dare la prova contraria, in sede amministrativa e giurisdizionale. E’ però da notare come, per un verso, simile “ragionevolezza” sia più difficilmente affermabile in relazione alla presunzione di “ricavi e compensi” collegata, dall’art. 32, primo comma, lett. b), D.p.r. 600/73, ai prelevamenti e non solo ai versamenti, benché anche per questo aspetto la Corte Costituzionale abbia confermato la legittimità della disciplina.5 Per altro verso, proprio la lettera della norma sembra individuare nel “contraddittorio”6 anticipato tra contribuente ed Amministrazione lo strumento per soddisfare l’interesse generale e quello del singolo contribuente, subordinando l’operatività della presunzione legale all’invito a comparire formulato al contribuente. Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha in diverse occasioni affermato che il meccanismo della presunzione legale non viene meno qualora l’Ufficio non abbia posto 3 TOSI, Segreto bancario: irretroattività e portata dell'art. 18 della legge n. 413/1991, in Rass. Trib., 1995, 1383 ss.; PORCARO, Accertamenti bancari tra violazione di legge e giudizio sul fatto, in Corr.trib., 1999, 3180; CONSOLO, Segreto bancario e sua permeabilità al fisco: recenti evoluzioni normative, in Boll.trib., 1992, 492; MULEO, L’istruzione, in Giurispr.sist.dir.trib., diretta da Tesauro, Torino, 2001, 529; COMELLI, Gli accertamenti bancari nei confronti di terzi rispetto al soggetto verificato, in Corr.trib., 2003, 1163. 4 CORTE COST., ord. n. 260 del 3/7/2000. 5 CORTE COST., sent. n. 225 del 6/6/2005. Sul tema, MULEO, “Dati”, “dabili” ed “acquisibili” nelle indagini bancarie tra prove ed indizi (cenni minimi sulla abrogazione delle c.d. sanzioni improprie), in Riv.dir.trib., II, 1999, 605 ss.; FRANSONI, La presunzione di ricavi fondata sui prelevamenti bancari nell’interpretazione della Corte Costituzionale, in Riv.dir.trib., 2005, 967 ss.; MENTI, L’equiparazione ai ricavi dei prelevamenti bancari di somme non annotate nelle scritture contabili, in Dir.prat.trib., 2005, 991 ss. Sulla estensione della disposizione anche ai professionisti, per effetto della legge Finanziaria per il 2005, sia consentito rinviare a TASSANI-BULGARELLI, Riforma dell’Irpef e modifiche al sistema tributario: osservazioni in merito alle principali novità fiscali introdotte dalla legge finanziaria 2005, in Studium Iuris, 2005, 584-5. 6 Sulle “condizioni giuridiche” per l’utilizzo del termine, si rinvia a DI PIETRO, Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui redditi: dalla collaborazione al contraddittorio, in AA.VV., L’evoluzione dell’ordinamento tributario italiano, Atti del Convegno di Genova 2-3 luglio 1999, coordinati da Uckmar, Padova, 2000, 531 ss. il contribuente in condizione, tramite l’invito a comparire, di presentare le proprie ragioni e prove, prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento.7 A completare il quadro, viene in considerazione l’elemento sul quale si sorregge l’intera disciplina dell’accertamento bancario, quello, cioè, della riferibilità al contribuente dei rapporti oggetto di indagine. In particolare, si pone il problema della possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di utilizzare anche conti formalmente intestati a soggetti diversi dal contribuente accertato e delle prove che, a questo fine, l’Amministrazione è tenuta a fornire. Problema che è stato oggetto anche di recenti pronunce della Corte di Cassazione8 e che può considerarsi ancora non completamente risolto a livello giurisprudenziale. 2. L’utilizzo di conti intestati ad un soggetto diverso dal contribuente accertato Circa le condizioni in presenza delle quali l’Amministrazione finanziaria può porre a base dell’accertamento i dati relativi alle movimentazioni bancarie, l’art. 32, primo comma, n. 2, D.p.r. 600/73 fa riferimento a rapporti ed operazioni “acquisiti e rilevati” a norma del n. 7) del medesimo articolo e dell’art. 33, secondo e terzo comma9 (analoga norma è contenuta, ai fini I.v.a, nell’art. dell’art. 51, D.p.r. 633/72). Il comma 2, n. 7, parla di dati, notizie e documenti relativi a “qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata”, “con i loro clienti”, dagli istituti di credito ed altri enti considerati. L’art. 33, inoltre, riferisce i poteri di indagine a “tutti i rapporti intrattenuti dal contribuente”. La lettura giurisprudenziale condivisa è nel senso di non ritenere limitata l’attività di indagine ed il potere di accertamento ai soli conti e depositi10 “formalmente intestati” al 7 CORTE CASS., Sez. Trib., sent. N. 14847 del 5/6/2008; ID., sent. n. 22179 del 17/6/2008; ID., sent. n. 2821 del 6/11/2007; ID., sent. n. 144675 del 23 giugno 2006; ID., sent. n. 13808 del 27 giugno 2005; ID., sent. n. 8422 del 8/1/2002; ID., sent. n. 7267 del 17 maggio 2002: ID., sent. n. 4601 del 29 marzo 2002; ID., sent. n. 2814 del 26 febbraio 2002: ID., sent. n. 518 del18 gennaio 2002. In termini critici rispetto a simile orientamento, SERRANO’, Sulla opportunità del contraddittorio nelle indagini bancarie, in Boll.trib., 2008, 533 ss. Sul tema, CORDEIRO GUERRA, Questioni aperte in tema di accertamenti basati su dati estrapolati da conti correnti bancari, in Rass.trib., 1998, 560 ss.; MICELI, Il diritto del contribuente al contraddittorio nella fase istruttoria, in Riv. dir. trib., II, 2001, 371 ss.; PICCARDO, Utilizzo presuntivo dei dati bancari: sul contraddittorio preventivo e sull'applicabilità al lavoro autonomo, in Dir. prat. trib., II, 2000, 398 ss.. 8 CORTE CASS., Sez.trib., ord. n. 27186 del 8/10/2008; ID., sent. n. 19362 del 24/4/2008; ID., sent. n. 23652 del 10/7/2008. 9 O acquisiti ai sensi dell'articolo 18, comma 3,lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. 10 Il problema della riferibilità a soggetti diversi da coloro che risultano formalmente esserne i titolari, si è posto con riferimento ai conti e depositi bancari, e quindi solo per quei rapporti che consentono movimentazioni di denaro in entrata ed in uscita, tali da poter essere utilizzati, almeno in linea teorica, anche per operazioni inerenti alla attività di un soggetto terzo. In questo senso, è da ritenere che la problematica qui in esame interessi solo marginalmente le società fiduciarie, vista la difficile contribuente accertato, essendo consentito all’Amministrazione finanziaria di provare la “natura fittizia” dell’intestazione o, “comunque, la sostanziale riferibilità … dei conti medesimi o di singoli dati od elementi di essi”.11 Dalle sentenze emerge come la Corte non richieda, a questi fini, la prova del carattere simulato, nel senso di cui all’art. 1414 c.c., del conto e, quindi, del rapporto giuridico che lega il soggetto intestatario, il contribuente accertato e lo stesso ente. Si tratterebbe, peraltro, di una prova estremamente ardua da fornire, avendo ad oggetto l’accordo di simulazione cui partecipano i diversi soggetti coinvolti nella interposizione fittizia di persona.12 Ed è da notare come potrebbe essere assai difficilmente invocato l’art. 37, terzo comma, D.p.r. 600/73, che prevede un forte alleggerimento procedimentale a favore dell’Amministrazione finanziaria nelle specificate ipotesi di interposizione fittizia.13 La disposizione da ultimo citata, infatti, fa riferimento ai “redditi di cui appaiono titolari altri soggetti”, consentendo all’Amministrazione, nell’ambito della rettifica o dell’accertamento d’ufficio, di imputare i medesimi a colui che ne è l’”effettivo possessore”, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti. A parte la inutilizzabilità della disposizione nel settore dell’Iva e quindi ai fini dell’art. 51, secondo comma, n. 2, D.p.r. 633/72, la stessa non pare in ogni caso trovare applicazione quando si tratta di determinare l’effettiva titolarità non di un reddito, bensì di un rapporto giuridico distinto, tra un soggetto ed un ente, funzionale all’attivazione di un determinato iter procedimentale.14 riconducibilità del rapporto di intestazione fiduciaria delle quote al paradigma del rapporto di conto o deposito. Sulla estensione dei poteri istruttori di cui all’art. 32, D.p.r. 600/73 e 51, D.p.r. 633/72 nei confronti delle società fiduciarie, operata con la legge n. 311/2004 (Finanziaria 2005), si veda STUFANO, Le società fiduciarie nella nuova disciplina delle indagini finanziarie, in Corr.trib., 2007, 22 ss. 11 Tra le altre, CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 2980 del 14/12/2001; ID., sent. n. 13391 del 21/2/2003; ID., sent. n. 17243 del 22/5/2003; ID., sent. n. 20268 del 23/7/2008; ID., sent. n. 23652 del 10/7/2008. In questo modo, come rileva LUPI, Indagini bancarie e soggetti terzi: la necessità di una valutazione amministrativa, in Rass.trib., 2002, 2089, si presuppone che il potere di indagine possa essere rivolto al “contribuente”, inteso come ogni “soggetto nei cui confronti si svolgono le indagini, anche a prescindere da quello cui si dovrà indirizzare l'atto impositivo”. 12 Sul punto, GALGANO, Diritto civile e commerciale, Bologna, 1993, II, 1, 343. 13 Per tutti, si rinvia a PAPARELLA, Possesso di redditi ed interposizione fittizia, Milano, 2000, 306 ss. 14 Non si realizzano, in altri termini, i presupposti applicativi della norma, che agisce su un piano distinto, quello della imputazione della fattispecie impositiva, rispetto a quello in esame, in cui si tratta di determinare le condizioni che fondano il riconoscimento di specifici poteri istruttori. Da cui, certo, può conseguire anche l’imputazione di un reddito ad un soggetto distinto da quello “apparente”. Questa, però, rappresenta una conseguenza solo eventuale dell’iter procedimentale e che, comunque, si colloca in un momento logico-giuridico distinto e successivo rispetto a quello in esame. Non ritengono si tratti di ipotesi di interposizione fittizia LUPI, Indagini bancarie e soggetti terzi, cit., 2088 ss.; MARELLO, Note minime in tema di accertamento effettuato nei confronti di una società di persone in base ad indagini bancarie a carico dei soci, in Rass.trib., 2001, 884 ss. Nel senso di ritenere applicabile al caso in esame l’art. 37, terzo comma, D.p.r. 600/73, BURLA-NASTASIA, E’ “automatica” l’estensione delle indagini finanziarie ai soggetti “vicini” al contribuente?, in Il fisco, 2008, 4871 ss. Come accennato, però, la giurisprudenza non richiede all’Amministrazione uno sforzo probatorio rilevante come quello della prova del carattere simulato del rapporto, così come non richiede che venga necessariamente accertato uno specifico accordo tra il soggetto titolare ed il contribuente accertato, con cui il primo attribuisca al secondo la disponibilità del proprio conto. In passato, in una ipotesi di conto corrente intestato al figlio, la Cassazione ha ritenuto raggiunta la prova della riferibilità al padre del conto, sulla base della delega rilasciata15. E’ però da notare che, in un caso analogo, la Suprema Corte ha altresì sostenuto l’insufficienza di simile prova, sostenendo che il potere di delega potrebbe esprimere “compimenti di atti in nome e nell’interesse del destinatario, non ascrivibili ad operazioni proprie del rappresentante”.16 Ciò che deve essere provato è la circostanza che il conto, nonostante la formale intestazione, è utilizzato per i rapporti e per l’attività del soggetto terzo, essendo quindi nella concreta ed effettiva disponibilità di quest’ultimo. Si tratta di una circostanza di fatto, che, nella interpretazione giurisprudenziale, è in grado di integrare i requisiti legislativi del “rapporto intrattenuto” e della “operazione effettuata”, in quanto sostanzialmente riferibili ad un soggetto diverso dal titolare. 3. La presunzione come strumento di prova della intestazione fittizia del conto bancario: praesumptum de praesumpto? La Corte ha in diverse occasioni affermato17 che la prova della riferibilità del conto bancario al contribuente accertato può essere fornita, dall’Amministrazione finanziaria, “anche tramite presunzioni”. Tale affermazione non sembra potere essere contestata, se si considera che non si pone più in dubbio, nel diritto civile come in quello tributario, che le presunzioni semplici “appartengono al settore delle prove” e che “non hanno, di per sé, una efficacia dimostrativa inferiore a quella della prova storica (ed in particolare di quella documentale)”.18 E’ però da sottolineare che, qualora la prova della “fittizietà” dell’intestazione del conto fosse fornita attraverso presunzioni semplici, si avrebbe come conseguenza quella di fondare su una presunzione [semplice] una ulteriore presunzione [legale], quale quella 15 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 7957 del 15/3/2007. 16 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 8826 del 9/4/2001. Sul tema si veda LOVISOLO, Condizioni e limiti di applicabilità delle presunzioni di imponibilità alle operazioni bancarie desunte da rapporti formalmente intestati a soggetti terzi rispetto al contribuente accertato, in Corr.trib., 2007, 763 ss. 17 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 19362 del 24/4/2008; ID., sent. n., 4423 del 31/10/2002; ID., sent. n. 17243 del 22/5/2003. 18 CIPOLLA, La prova tra procedimento e processo tributario, Padova, 2005, 440, nt. 211, cui si rinvia anche per ulteriori riferimenti bibliografici. che inverte l’onere della prova, a carico del contribuente, circa la imponibilità/non imponibilità delle movimentazioni bancarie. Come messo in luce nella sentenza della Corte di Cassazione n. 19362/2008, una volta “parificato il conto intestato all’amministratore al conto intestato alla società”, attraverso un ragionamento presuntivo, “scatta l’ulteriore presunzione legale di carattere relativo che consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti sui conti bancari, gravando sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria”. Si verificherebbe, quindi, un fenomeno di presunzioni “a catena”, visto che i fatti noti su cui si fonda la presunzione legale, ossia le movimentazioni bancarie riferibili al contribuente, sarebbero provati attraverso una presunzione semplice. Appare importante evidenziare simile risultato, visto che l’orientamento tradizionale della Corte di Cassazione non sembra ritenere legittime le presunzioni a catena19. Al tempo stesso, però, devono essere svolte due considerazioni. La prima, che una parte della dottrina, anche di diritto tributario20, ormai da tempo ammette a livello teorico che la prova del fatto noto su cui si fonda una presunzione possa essere fornita attraverso una presunzione semplice, sulla base della considerazione che ogni prova deve essere considerata in termini di “probabilità e non di certezza”.21 Ulteriormente, una volta abbandonata l’idea che tra fatto noto e fatto ignoto debba sussistere un rapporto di “implicazione necessaria”,22 il problema diventa quello di verificare, caso per caso, se, in base al criterio della “probabilità prevalente”, la presunzione possa dirsi grave, precisa e concordante. Questa conclusione rende necessaria una seconda considerazione. Ossia che il divieto della praesumptum de praesumpto è stato tradizionalmente riferito alla concatenazione di presunzioni semplici, mentre nel caso in esame si assisterebbe ad una presunzione semplice cui segue una presunzione legale. L’aspetto appare sicuramente rilevante, perché la dottrina processual-civilistica ha messo in luce la profonda distinzione tra le 19 Tra le tante, CORTE CASS., sez. II, sent. n. 1044 del 28/1/1995; ID., sez. I, sent. n. 3593 del 15/4/1994; ID., Sez. I, sent. n. 935 del 6/2/1996; ID., Sez. I, sent. n. 6033 del 23/6/1994. In dottrina, TRIMELONI, Le presunzioni tributarie, in Tratt.dir.trib., diretto da Amatucci, Padova, 1994, II, 195 ss.; ANDRIOLI, Presunzioni (Diritto civile e Diritto processuale civile), in Noviss. Dig. It., Torino, 1966, XIII, 770 ss.; MANZONI, Potere di accertamento e tutela del contribuente nelle imposte dirette e nell’Iva, Milano, 1993, 207 ss. Sul tema, in generale TINELLI, Presunzioni (diritto tributario), in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991, 1 ss. 20 GENTILLI, Le presunzioni nel diritto tributario, Padova, 1984, 146 ss.; LUPI, La doppia presunzione è vietata … solo quando non è convincente!, in Rass.trib., 1994, 1618 ss.; CIPOLLA, op.ult.cit., 452 ss. 21 CIPOLLA, op.ult.cit., 452. 22 Sul tema, CIPOLLA, op.ult. cit., 51 ss.; VERSIGLIONI, Prova e studi di settore, Padova, 2007, 53 ss.; MUFFATO, La presunzione di distribuzione di utili occulti nel caso di rettifiche a società di capitali a base ristretta o familiare, in Riv.dir.trib., 1999, II, 357. presunzioni semplici, quali mezzi di prova, e le presunzioni legali, che non mirano al convincimento del giudice, bensì ripartiscono l’onere della prova, prevedendo una regola di giudizio.23 In quanto criterio normativo di ripartizione dell’onere della prova, la presunzione legale ben può, in simile prospettiva, ammettere che la prova del fatto [noto] possa essere fornita con tutti i mezzi che l’ordinamento riconosce. Senza che questo incida sulla gravità, precisione e concordanza della presunzione legale che, ai sensi degli artt. 2728 e 2729 c.c., il giudice non può valutare. E non sembra potersi facilmente affermare che, in relazione ad una determinata presunzione legale, la prova del fatto noto fornita attraverso una presunzione semplice possa incidere sui caratteri di “logicità e ragionevolezza” che, nella valutazione costituzionale della disposizione, la presunzione deve possedere.24 Concludendo sul punto, appare dunque legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria che dimostri la riferibilità dei conti al contribuente avvalendosi di una presunzione semplice, senza che simile scelta possa incidere sulla piena operatività della presunzione legale.25 4. I caratteri di gravità, precisione e concordanza della presunzione semplice basata sui legami personali e societari tra il terzo ed il contribuente Per fornire la prova della fittizietà della intestazione del conto corrente, l’Amministrazione finanziaria fa spesso ricorso ad uno specifico ragionamento presuntivo che si fonda su “particolari legami” tra il terzo ed il contribuente. Può trattarsi di legami di ordine personale, con riferimento ai familiari della persona fisica accertata. Oppure di legami societari, come nel caso di soci ed amministratori della società oggetto di accertamento; oppure di legami allo stesso tempo societari e personali, per i familiari di soci ed amministratori della società accertata. Appurati simili legami, l’Ufficio presume che i conti intestati ad uno di questi soggetti siano utilizzati dal contribuente per i propri rapporti e le proprie attività. Il fatto noto è costituito dal rapporto tra contribuente e soggetto terzo; il fatto ignoto, che si assume provato, è quello della riferibilità al contribuente del conto. 23 PATTI, Prova (diritto processuale civile), in Enc.giur., XXV, Roma, 1991, 12. 24 Sia consentito rinviare, a TASSANI, L’accertamento dei corrispettivi nelle cessioni immobiliari e la nuova presunzione fondata sul valore normale, in Rass.trib., 2007, 152 ss. 25 Sul tema anche MARCHESELLI, Presunzioni fondate su accertamenti bancari e difesa del contribuente, in Corr.trib., 2006, 443 ss.; PICCARDO, L’utilizzo presuntivo dei dati bancari alla luce del nuovo regime del segreto bancario, in Dir.prat.trib., 1999, II, 64 ss. Rimane il problema della valutazione della presunzione come qualificata o meno, se cioè la stessa si presenti, così come deve essere ex art. 2729 c.c., quale “grave, precisa e concordante”. Su questo aspetto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione non risulta univoca. Una parte delle sentenze ritiene pienamente legittima la presunzione in esame, quando la stessa si riferisca a società di persone o a società “a ristretta base proprietaria” oppure, in generale, per i rapporti familiari “stretti” delle persone fisiche. La “ristretta base proprietaria” di una società di capitali, è stata ritenuta sufficiente per presumere la riferibilità alla società dei conti intestati a soci, amministratori ed ai loro familiari26. Alla stessa conclusione si è giunti in una ipotesi di controllo quasi totalitario di una S.r.l., per quanto attiene ai conti del socio titolare del 90% del capitale sociale, utilizzati per l’accertamento nei confronti della società27. Con riferimento alle società di persone, è stata affermata la identificazione tra soci ed amministratori, da una parte, e società dall’altra, al fine della utilizzabilità dei conti 28. In caso di attività esercitata da una persona fisica (imprenditore o lavoratore autonomo), è stato ritenuto sufficiente il rapporto tra genitore e figlio oppure quello tra marito e moglie. 29 Diversa è invece la posizione di un’altra parte della giurisprudenza di legittimità, così come di quella di merito30, secondo cui l’Amministrazione avrebbe l’onere di dimostrare la puntuale riferibilità delle movimentazioni bancarie al soggetto non intestatario, non potendosi limitare al solo rilievo dei “vincoli familiari o 31 commerciali”. Affermazione che può essere letta nel senso che la presunzione basata genericamente sui “particolari rapporti” prima esaminati non potrebbe essere considerata di per sé come grave, precisa e concordante, divenendo quindi inidoneo strumento di prova, 26 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 6743 del 1/3/2007; ID., sent. n. 13391 del 21/2/2003; ID. sent. n. 5 del 14/1/2008. 27 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 2980 del 14/12/2001. 28 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 2738 del 3/11/2000; ID., sent. n. 4987 del 9/10/2002. 29 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 8683 del 14/1/2002; ID., sent. n. 18868 del 28/6/2007. In quest’ultima sentenza, la Corte ha altresì affermato che la considerazione dei rapporti personali o societari assume di per sé rilievo a maggior ragione in caso di accertamento di ufficio, essendo legittimo, ex art. 41, D.p.r. 600/73, anche l’utilizzo di presunzioni c.d. “semplicissime”, ossia prive dei requisiti della gravità, della precisione, della concordanza 30 Tra le più recenti, COMM.TRIB.REG. Lazio, sent. n. 377 del 23/9/2008; COMM.TRIB.PROV. Reggio Emilia, sent. n. 113/2006; COMM.TRIB.REG. Lazio, sent. n. 55/2005; COMM.TRIB.PROV. Macerata, sent. n. 134 del 16/12/2005; COMM.TRIB.REG. Lazio, sent. n. 123 del 19/10/2005; Contra COMM. TRIB. PROV. Firenze, sent. n. 5/2008. 31 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 17243 del 22/5/2003; ID., sent. n. 19213 del 6/7/2007; ID., sent. n. 13819 del 7/3/2003; ID., sent. n. 1728 del 27/11/1998; ID., sent. n. 8826 del 9/4/2001; ID., sent. n. 6073 del 10/10/2002. come tale non in grado di sorreggere l’accertamento bancario e, quindi, la conseguente presunzione legale. Circa la configurabilità degli ulteriori mezzi di prova, la giurisprudenza ha fatto riferimento a “lettere commerciali, ordinativi di commissione”, in grado di stabilire se, a fronte di taluni movimenti di capitali, siano state poste in essere operazioni commerciali.32 In un altro caso, sono stati considerati elementi quali il fatto che i versamenti venivano effettuati nei libretti in concomitanza con la riscossione di assegni provenienti dai clienti della società; la circostanza che il socio non svolgesse attività tali da motivare la titolarità di così cospicue somme di denaro e che i numerosi libretti (al portatore) erano nel possesso del socio ma intestati a nomi di fantasia33. Si noti, infine, che la stessa Agenzia delle Entrate,34 nel riconoscere la possibilità di utilizzare conti intestati a terzi, “specialmente se legati al contribuente da vincoli familiari o commerciali”, ha posto la “condizione che l'ufficio accertatore dimostri che la titolarità dei rapporti come delle operazioni è fittizia o comunque è superata, in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie rilevate dalla documentazione bancaria acquisita”. Non sembra quindi sufficiente, nemmeno per la più recente prassi dell’Agenzia, la sola presunzione semplice basata sui vincoli familiari, commerciali o societari.35 5. Presunzione semplice e difesa del contribuente nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. Dai due orientamenti della Corte di Cassazione emergono profili di tutela del contribuente tra loro profondamente differenti. Se, rispetto ad una presunzione semplice, il contribuente può, in linea teorica, contestare sia la prova del fatto noto fornita dall’Amministrazione sia la gravità, precisione e concordanza del ragionamento presuntivo, certamente l’avallo di una parte della giurisprudenza alla presunzione fondata sui soli legami familiari e societari limita notevolmente le possibilità difensive del medesimo. 32 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 17243/2003, che ha in questo modo richiamato la Nota Ministeriale, Dir.Gen.Tasse, n. 420334 del 22/4/1980. 33 CORTE CASS., Sez.trib., sent. n. 13819/2003. 34 Circolare n. 32/E del 19/10/2006. 35 Ma in questo senso anche la già citata NOTA MIN. n. 420334/1980 e la RIS.MIN. n. 53067 del 4/6/1992. Sul punto, LOVISOLO, op.cit., 765. E’ però indubbio che simile presunzione si presenti molto meno salda, nei presupposti applicativi, rispetto a quella, per molti versi analoga, che la stessa giurisprudenza ha creato con riferimento alla distribuzione degli utili nelle società di capitali a base proprietaria “ristretta” e/o “familiare”. Presunzione semplice, quest’ultima, i cui profili di gravità, precisione e concordanza non sono, almeno negli ultimi anni, mai stati messi in discussione dalla Corte di Cassazione.36 La maggior cautela che, nel complesso, i precedenti della Corte evidenziano in relazione alla presunzione di riferibilità dei conti bancari sembra muovere proprio da un diverso rapporto tra contribuente e soggetto terzo. In un caso (la presunzione di distribuzione degli utili), si tratta di affermare una regola di esperienza secondo cui i maggiori redditi occultati da una società a base ristretta sono normalmente distribuiti ai soci, che fanno parte del medesimo “sodalizio” e partecipano allo stesso “interesse comune”. Nell’altro caso (la presunzione di riferibilità dei conti correnti), si tratta di affermare che nelle società a base ristretta, oppure nei rapporti di tipo familiare, il soggetto terzo pone normalmente in essere comportamenti attivi, come quello di mettere a disposizione il proprio conto bancario e di compiere le operazioni necessarie per creare un collegamento con l’attività della società o dell’imprenditore. Tale ultimo ragionamento non appare facilmente riportabile al paradigma dell’id quod plerumque accidit, perché in grado di comprendere anche soggetti estranei alla compagine societaria e perché presuppone un insieme (è da immaginare, coordinato) di condotte da parte di tutti i soggetti coinvolti. Particolarmente problematiche sono inoltre le conseguenze sul piano del diritto di difesa del contribuente.37 Quest’ultimo, infatti, qualora fosse privato della possibilità di contestare la presunzione semplice facendo valere la mancanza di una complessiva e puntuale attività istruttoria dell’Amministrazione, avrebbe come, praticamente unica, possibilità di difesa quella di 36 Da ultima, si veda CORTE CASS., Sez. Trib., sent. n. 18640 del 8/7/2008. In dottrina, BEGHIN, L’occulta distribuzione dei dividendi nell’ambito delle società di capitali a “ristretta base” tra automatismi argomentativi e prova per presunzioni, in Giur.trib., 2004, 431 ss.; PAPARELLA, La presunzione di distribuzione degli utili nelle società di capitali a ristretta base sociale, in Dir.prat.trib., 1992, II, 465 ss.; FICARI, Presunzione di assegnazione di utili extrabilancio ai soci e imputazione di costi fittizi, in Corr.trib., 2008, 1054 ss.; BENAZZI, La ristrettezza della base sociale legittima l’accertamento basato su criteri presuntivi, in Corr.trib., 2008 , 212 ss. 37 In termini critici rispetto alla legittimità in sé della presunzione in commento, anche LOVISOLO, op.cit., 768 ss.; COMELLI, op.cit., 1160 ss.; IAVAGNILIO, Limiti all’utilizzo dei dati bancari dei soci per l’accertamento in capo alla società, in Riv.giur.trib., 2008, 39 ss.; BURLA-NASTASIA, op.cit., 4871 ss. dimostrare che le movimentazioni bancarie utilizzate dall’Ufficio sono relative a rapporti ed operazioni riferibili al solo soggetto intestatario del conto.38 Prova che può risultare assai complessa se si considera che il soggetto su cui incombe l’onere è un soggetto diverso da quello che ha titolarità giuridica del conto e che possiede [o dovrebbe] le conoscenze e le informazioni, oltre che la documentazione, su cui fondare la prova del primo. In tutti quei casi, quindi, in cui la “fattiva attiguità” tra i differenti soggetti è soltanto presunta in base alla composizione societaria oppure al vincolo di parentela, e non sostenuta da ulteriori elementi probatori, si corre il rischio di rendere eccessivamente difficile il concreto esercizio del diritto di difesa.39 Risulta dunque del tutto condivisibile l’affermazione, contenuta nella ordinanza della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione n. 27186/2008,40 per cui la riferibilità al contribuente dei conti intestati a soggetti legati a questo da un rapporto “organico o familiare” sarebbe una “semplice possibilità, sia pure avvalorata dalla concreta osservazione del fenomeno” e non, invece, una “regola di comune esperienza rispondente al canone dell’id quod plerumque accidit”. Ad avviso della Corte, in assenza di una presunzione legale di riferibilità all’attività fiscalmente rilevante del contribuente delle movimentazioni dei conti di terzi, collegati al contribuente in virtù dei “particolari rapporti” di cui si è detto, ciò comporta l’onere per l’Amministrazione finanziaria di dare la prova di quegli “elementi concreti, diversi dalla semplice relazione con l’intestatario, che collegano il conto al contribuente”. Elementi che, a giudizio della Corte, possono anche avere una valenza presuntiva, come “l’assenza di fonti apparenti che giustifichino i versamenti in conto oppure la coincidenza tra versamenti o prelevamenti ed operazioni di presumibile equivalente 38 Ovviamente, il contribuente potrebbe anche ulteriormente provare che le movimentazioni bancarie, che non trovano riscontro nella contabilità o nella dichiarazione, non si riferiscono a redditi occultati o ad operazioni Iva non assoggettate ad imposta, secondo quanto dispongono l’art. 32, n. 2, D.p.r. 600/73 e l’art. 51, n. 2, D.p.r. 633/72. Simile prova contraria, però, si riferisce specificamente alla presunzione legale e non a quella semplice su cui la prima si fonda. Sul punto, da ultime, CORTE CASS., Sez.Trib., sent. n. 21180 del 4/6/2008; ID., sent. n. 25473 del 26/9/2008. 39 L’esperienza insegna che i rapporti umani, soprattutto quelli familiari, sono estremamente mutevoli, oltre che problematici, e come “ i rapporti tra parenti non siano affatto necessariamente migliori di quelli intercorrenti fra estranei legati da vincoli di stima o di amicizia. Non per nulla un proverbio, forse eccessivamente pessimistico, definisce i parenti come … serpenti” (BERLIRI, La tassazione in complementare dei soci delle c.d. società familiari, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1958, 697). Gli stessi possono quindi deteriorarsi e rendere difficile per il contribuente accertato entrare in possesso delle informazioni necessarie per difendersi; così come potrebbe accadere per i rapporti tra i soci, magari di maggioranza e minoranza. Oppure potrebbe configurarsi un contrasto di interessi, quando il soggetto titolare del conto non voglia o non possa, per diversi motivi, divulgare dati e documentazione relativi alle proprie movimentazioni. 40 Del 8/10/2008. valore effettuate dal contribuente o anche l’abnormità delle movimentazioni in denaro rispetto all’attività del titolare del conto”. Non è ovviamente possibile [pre]determinare quali (e quanti) elementi, oltre al rapporto particolare intercorrente tra contribuente e terzo, l’Amministrazione dovrà fornire per rendere in questo modo qualificata la presunzione semplice di riferibilità dei conti al contribuente. Ciò non può che dipendere dalle circostanze concrete, integrando dunque un giudizio di fatto, come tale rimesso al giudice di merito. E’ probabilmente troppo presto per poter affermare che la Corte di Cassazione ha sicuramente abbandonando ogni tipo di “automatismo”, nella costruzione della presunzione di riferibilità dei conti di terzi al contribuente. E’ però opportuno sottolineare come la più recente giurisprudenza si sia orientata nel senso della necessità di una considerazione globale di una pluralità di elementi istruttori per poter fondare la presunzione semplice, come emerge, oltre che dalla esaminata ordinanza n. 27186/2008, anche dalla sentenza n. 19362/200841. Nella fattispecie, il soggetto intestatario del conto era amministratore delegato della società per azioni, nonché socio all’85%; gli altri soci erano i genitori ed il coniuge dell’amministratore. La presunzione di riferibilità del conto alla società poteva dunque basarsi su indiscutibili vincoli di carattere societario (visto che il soggetto controllava e gestiva la società) oltre che sulla natura della società stessa come a base “ristretta”, oltre che “familiare”. Tuttavia, nella decisione di cassare con rinvio la sentenza di appello e nella formulazione della regola iuris, la Corte attribuisce rilievo anche alla dichiarazione fornita dallo stesso amministratore, secondo cui “gran parte delle operazioni sui propri conti erano riferibili a rapporti della società con i relativi clienti”. Anche nella sentenza n. 23652/200842, la Corte giunge alla cassazione della sentenza impugnata, che aveva ritenuto non sussistente la presunzione di riferibilità dei conti personali dell’amministratore unico alla società, mostrando però di considerare rilevanti anche ulteriori elementi quali la “particolare struttura” societaria e l’indisponibilità, da parte dell’amministratore, di “redditi diversi da quelli derivanti” dal proprio ruolo nella società. Thomas Tassani Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” 41 Del 24/4/2008, cit. 42 Del 10/7/2008, cit.