Uomini di Dio

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Uomini di Dio
Esercizio di consolidamento religione – classe 4° LSU
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Scheda film Titolo originale: Des hommes et des dieux. Regia:i Xavier Beauvois. Francia 2010 Drammatico, 120”
Il film Uomini di Dio si fonda su di un fatto realmente accaduto nel 1996, in Algeria: sette monaci benedettini, integrati
armoniosamente in una piccola comunità algerina, dopo essere stati minacciati, vennero rapiti dalla Jihad islamica e
successivamente trucidati. Di essi, dopo qualche tempo dall'eccidio, vennero ritrovate le sole teste.
Il film ci mostra questi minuscolo gruppo di uomini che vivono semplicemente (ma intensamente), impegnati nell'alternarsi
quotidiano degli atti previsti dalla loro regola fondamentale dell' "ora et labora".
Vivono per Dio, per la preghiera - che con l'ausilio del canto si eleva al cielo - e per la comunità.
Uno dei monaci è medico e con i pochi farmaci disponibili, indeffesamente malgrado l'età avanzata e gli acciacchi, si
occupa della salute della piccola comunità di Algerini che sono rimasti a vivere lì, proprio perchè hanno nel monastero un
punto di riferimento. Nel fare dei monaci vige il rispetto: a loro non interessa convertire altri alla loro fede, semmai
occuparsi convivialmente del prossimo, e con amorevolezza e dedizione. Dio è per tutti, senza distinzione. Il film è
toccante, anche perchè nel momento del pericolo, i monaci non si offrono come martiri, ma mostrano in pieno le loro
debolezze, dubbi, perplessità: poi, alla fine, decidono di restare, perchè la loro missione è lì tra quella gente, in quel
luogo. E, andandosene per legittima (e non condannabile) paura, tradirebbero se stessi e il loro voto, prima ancora che la
propria fede. La stessa idea del martirio, in quanto tale, viene ricusata da questi monaci che esprimono senza remore e
senza vergogne la paura di morire, sia pur supportati dal loro profondo e sofferto credo. E' una storia che illustra il valore
delle proprie convinzioni (non solo in materia di fede, ma anche e soprattutto umane): e riesce a far ciò, proponendo una
rappresentanzione degli "uomini di Dio" molto umana e predicando il valore dell'universalità della fede e della possibilità di
una convivenza pacifica di convinzioni religiose diverse, messe in crisi e distrutte dalla cupezza omicida del
fondamentalismo più estremo. In questi tempi di odio forsennato, c'è bisogno di film come questi. Non a caso il titolo
originale del film è "Des hommes e des dieux", proprio per sottolineare il valore dell'universalità della Fede e di tutte le fedi
e di tutti i credo, che non devono essere fine ultimo e assoluto (perchè così sevono soltanto a tracciare la via del
fondamentalismo e dell'intolleranza), ma strumento per affrontare con carità, comprensione ed empatia il mondo e le
relazioni con gli altri.
FRASI CHIAVE DEL FILM:
“Chi sono queste persone, che hanno nella loro testa?” (donna del villaggio di Tibhirine)
"...voi siete il ramo e noi gli uccelli che si fermano a riposare su di esso. Dove andremmo noi, se il ramo
se ne va?” (donna del villaggio di Tibhirine)
“ Io sono suo e seguo le sue orme; vado verso la mia piena verità pasquale. Vista la direzione che prendono
le cose e la piega degli avvenimenti... vi dico, in piena verità, va tutto bene. La fiamma si è piegata, la luce
si è inclinata... Posso morire. Eccomi qui.” (frate Christophe)
‎"...non ho paura della morte, sono un uomo libero..." (padre Luc)
TESTAMENTO DI PADRE CHRISTIAN
Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora
tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che
la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe
essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta?
Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha valore più di un’altra. […]
Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che
potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di
sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore
chi mi avesse colpito. Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come
potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla a un
Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.
So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature
dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via
religiosa con gli integralismi dei suoi estremismi. L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un
anima. L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così
spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in
Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani. La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli
che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”.
Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio
piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede
Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta
sarà sempre di stabilire la comunione,giocando con le differenze. Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente
loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici
di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e
questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio,
Padre nostro, di tutti e due. Amen! Inch’Allah.
Algeri, 1° dicembre 1993 Tibihrine, 1° gennaio 1994
TITOLO DEL FILM
REGISTA
ANNO
NAZIONALITA’
GENERE
A partire dalla visione del film, esponi alcune riflessioni personali facendo anche riferimento a fatti di attualità che
affliggono chi è perseguitato in ragione della propria religione.
1- Come si relazionano i monaci con gli abitanti musulmani del paese di Tibhirine ?
2- In quale scena del film si raggiunge il culmine della commozione? Hai riscontrato un’associazione con una scena
evangelica? La musica contribuisce a generare pathos ed emozione nell’osservatore?
3- Quale dialogo ti ha particolarmente colpito e perché (puoi fare riferimento alle fonti allegate).
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