ANGLICISMI di Massimo Fanfani 1. Attestazione

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ANGLICISMI di Massimo Fanfani 1. Attestazione
ANGLICISMI di Massimo Fanfani
1. Attestazione del termine
Il termine anglicismo («una voce o frase dell’idioma inglese; ovvero una maniera di parlare», così
nell’enciclopedia di Chambers tradotta a Venezia nel 1747; in ingl. anglicism risaliva al secolo
precedente) compare alla metà del XVIII secolo, quando l’‘anglomania’, dopo aver furoreggiato in
Francia, andava contagiando tutta l’Europa e si manifestava anche in Italia attraverso un interesse
crescente per le parole inglesi. Scriveva nel 1764 Giuseppe Baretti nella «Frusta letteraria»:
Che bella cosa, se mi venisse fatto di svegliare in qualche nostro scrittore la voglia di sapere bene
anche la lingua inglese! Allora sì, che si potrebbono sperare de’ pasticci sempre più maravigliosi di
vocaboli e di modi nostrani e stranieri ne’ moderni libri d’Italia! E quanto non crescerebbono
questi libri di pregio, se oltre a que’ tanti francesismi di cui già riboccano, contenessero anche
qualche dozzina d’anglicismi in ogni pagina.
Usato all’inizio in concorrenza con inglesismo (attestato dal 1757), dai primi decenni del
Novecento anglicismo è stato affiancato dalla variante anglismo e poi, per indicare in modo più
specifico le interferenze dell’inglese d’America, o queste accomunate a quelle inglesi, anche
da angloamericanismo.
2. Influenza dell’inglese dal medioevo al primo Novecento
Fino alla metà del Settecento, oltre a mancare il termine che li indicasse, anche gli anglicismi erano
piuttosto rari. Nel medioevo sono attestate alcune parole dovute ai rapporti commerciali con
l’Inghilterra: sterlini (1211), costuma«dogana» (dall’ingl. customs); in epoca rinascimentale voci
relative alla vita politica e alla società inglese in relazioni di ambasciatori o viaggiatori o in opere
storiche: alto tradimento (calco di high
treason), parlamento, coronatore(dall’ingl. coroner), puritani.
Alla fine del Cinquecento John Florio, insegnante d’italiano in Inghilterra, compose un vasto
dizionario italiano-inglese intitolato A worlde of wordes(1598) ma, come il precedente lavoro di
William Thomas (Principal rules of the Italian grammer, with a dictionaire, Londra 1550), è opera
soprattutto per anglofoni.
Solo dal Settecento l’inglese esercitò un’influenza sempre più incisiva. La rivoluzione industriale, il
nuovo sistema politico consolidatosi dopo la guerra civile del 1642 con le istituzioni parlamentari,
l’impero coloniale, e poi il mito della rivoluzione americana e della giovane nazione indipendente,
il crescente prestigio culturale e scientifico dei paesi anglosassoni, i loro successi economici e
diplomatico-militari, hanno via via alimentato un generale sentimento di ammirazione nei
confronti della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Nel Settecento diversi intellettuali italiani
soggiornano in Inghilterra e la lingua inglese, prima considerata barbara, viene rivalutata e
studiata, se ne scopre la letteratura, se ne traducono i capolavori, la si impara per diletto, per
essere al corrente, per necessità commerciali. Lo comprovano le tante edizioni e ristampe di
grammatiche inglesi destinate a italiani. Pregevoli anche i dizionari bilingui: quello di Baretti (1760)
ebbe sei riedizioni in quel secolo e numerose altre nel successivo. Tuttavia va ricordato che molto
della cultura e del lessico inglese è filtrato tramite il francese: perfino nel XIX secolo la maggior
parte dei romanzi di Walter Scott e di James F. Cooper, cui si deve la diffusione di molti anglicismi,
furono tradotti da traduzioni francesi (Benedetti 1974; Sullam Calimani 1995).
Appunto nel Settecento compaiono i primi consistenti nuclei di anglicismi: un settore
particolarmente ricco è quello dei termini della vita politica e sociale che, a parte pochi casi
(bill, club, pamphlet, humour), sono rappresentati da anglolatinismi o calchi facilmente integrabili
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(autodeterminazione, coalizione,comitato, costituzionale, legislatura, opposizione, ordine del
giorno, senso comune, ultimatum). Diversi anche gli aggettivi: immorale, sentimentale che deve la
sua fortuna alla traduzione del Sentimental journey di Laurence Sterne. Ma non mancano termini
legati ai commerci e alla navigazione (biglietto di banco, importare; brick, cutter), alla moda, ai cibi
e alle bevande (Cartago 1994: 727-735).
Nel corso dell’Ottocento, col diffondersi della stampa, l’influenza dell’inglese si fa più capillare e,
oltre al linguaggio politico (leader, meeting, premier,assenteismo, non intervento, radicale),
interessa la vita mondana (dandy,fashion, festival), i nomi di abiti e stoffe, di mezzi di trasporto
navali, la terminologia ferroviaria (rail, sostituito da verga o rotaia, locomotiva, vagone,tunnel).
Diversi anche i nomi di cibi e bevande (brandy, gin, whisky; rostbifadattamento di roastbeef, curry).
A cavallo fra Otto e Novecento sono interi settori del lessico che si sviluppano sotto la spinta del
modello inglese: dall’economia
(boom, business, check,copyright, depressione, export, manager, marketing, stock, trade-mark e il
suo calco marchio di fabbrica, trust), a diverse scienze e tecniche nuove, come quelle dei trasporti
(cargo, ferry-boat, yacht, rompighiaccio calco di ice-breaker;autocarro, bus, clacson), della radio,
del cinema (cartoni animati, cast, film, set,vamp). Si pensi in particolare alle terminologie di sport
che cominciano a praticarsi adesso, dal turf (derby, performance, outsider), al football (goal,cross, dribbling, offside e il suo calco fuorigioco), al tennis, al pugilato (ring,knock-out).
Abbondano anche i termini riferiti alla vita quotidiana, al costume sociale, alle professioni
(barman, boss, boy-scout, camping, gangster, killer,shopping, snob, proibizionismo, recital) (cfr.
Cartago 1994: 735-743).
3. L’anglicismo dalla metà del Novecento ad oggi
Già dalla fine della prima guerra mondiale si notano segni di cambiamento: si riduce il ruolo del
francese come tramite dell’anglicismo; cresce l’attrattiva della lingua inglese e in particolare,
specie nel secondo dopoguerra dopo il boom economico degli anni Cinquanta, dell’American
English.
L’inglese è usato sempre più largamente nelle relazioni fra stati, nelle grandi organizzazioni
internazionali, negli scambi legati alla vita culturale e alla ricerca scientifica, tanto da semplificarsi
e rimodellarsi per favorire la massima comunicatività: anche perciò è stato accolto come lingua
franca per un mezzo globale come internet. Cresce via via nella scuola italiana lo studio
dell’inglese, che dal 1990 è pressoché l’unica lingua insegnata al livello dell’obbligo. Anche le
pubblicazioni e le lezioni universitarie di alcuni settori scientifici vedono oggi l’inglese in un ruolo
dominante.
Riguardo alla lingua comune, gli attuali fenomeni di interferenza sono fortemente determinati dai
mezzi di comunicazione sociale, che favoriscono una diffusione ‘dal basso’ dei prestiti e una loro
rapida ambientazione. Gli anglicismi sono imposti dalle esigenze della società globale e
dall’omologazione tecnologica e informatica: la simultanea trasmissione mondiale delle
informazioni veicola dovunque i medesimi internazionalismi che accentuano la convergenza fra le
lingue e che sono difficilmente sostituibili. Inoltre, mentre fino ad alcuni decenni fa gli anglicismi
erano in gran parte filtrati attraverso la pagina scritta e introdotti dagli strati più colti, oggi la loro
interferenza è soprattutto orale, anche se si tratta di oralità indotta e condizionata dai mezzi di
comunicazione sonori che rendono disponibili i prestiti con una pronuncia già impostata e una
prima ambientazione semantica, tanto che ogni parlante ha una certa facilità a farli propri e
riutilizzarli.
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Taluni singoli settori risultano però più permeabili all’anglicismo, come il linguaggio di cinema e
televisione (cult, news, zapping), di pubblicità e marketing (sponsor, spot, testimonial), il gergo
giovanile (dark, punk, wow) e sportivo, il lessico di diverse discipline scientifiche, a partire dal
settore economico-finanziario (Rando 1990; Rosati 2005) e da quello dell’informatica (Marri 1994;
Lanzarone 1997). Ma ciò che mostra l’efficacia dei mezzi di comunicazione sono i tanti termini
comuni (call center, fiscal drag, flop,mobbing, outing, stand-by, ticket) che riescono ad acclimatarsi
rapidamente perché ricorrono in uno slogan, in un film, in una notizia televisiva (cfr. Guţia et
al. 1981; Fanfani 1997). Tali elementi spesso danno luogo a derivati (chattare,flashato, ticketteria)
o composti (hacker-terrorista, tagliaspot), inserendosi nelle strutture morfologiche della lingua alla
stregua di quelli tradizionali (cfr. Klajn 1972; Schweickard 1998; Iamartino 2001; Bombi 2005) (
➔ adattamento; ➔calchi; ➔ prestiti).
4. Aspetti linguistici
Fra gli anglicismi contemporanei sono ancora i nomi la categoria più rappresentata. Un segno della
pervasività dell’inglese è però il crescente apporto di aggettivi (bipartisan, no global, noprofit, trendy, cordless), talora sostantivati (i big), di avverbi e interiezioni, e in particolare di
fraseologismi (job on call, book on demand, denial of service, marketing one-to-one, pay per view).
Ogni prestito che inizi il suo processo di acclimatamento viene subito rapportato alle strutture
dell’italiano. Ma, a differenza di un tempo, le ridotte capacità di assimilazione, la maggior
conoscenza della lingua straniera, le modalità con cui avvengono le interferenze, rendono rari gli
adattamenti grafici e fonomorfologici, sentiti come riproduzioni distorte e provinciali del modello.
Così oggi gli anglicismi sono accolti o come prestiti integrali o come calchi o in entrambe le forme
(attachment / allegato, hacker / pirata, web / rete, download / scaricare).
Per la pronuncia dei prestiti integrali si tende ad approssimarsi più o meno, a seconda della
situazione o della cultura del parlante, a quella inglese o americana, talora con incertezze fra i due
tipi. Fanno eccezione le voci radicatesi popolarmente (shampoo, overdose,
watt); tuttavia anche
̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍
̍̍̍̍̍̍
qui si stanno diffondendo pronunce più ‘corrette’ (bus [bas], raid [̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍̍ˈrεid],
festival[ˈfεstival]).
L’assimilazione fonetica è minima: di solito il fonema inglese privo di un corrispondente in italiano
viene reso col suono più vicino: [æ] > [ε] (match), oscillante con la resa [æ] > [a] (fan, manager); [ʌ
] > [ a] (pick-up, punk). Nella ➔ fonetica sintattica, oltre al completo ambientamento delle
consonanti finali e all’estensione delle possibili occorrenze della semiconsonante [w] in posizione
iniziale (welfare, windsurf, workshop, wow), la s sorda o sonora segue l’uso italiano, con
sonorizzazione davanti a sonora (snowboard).
Anche la grafia può indurre qualche adattamento: le doppie di solito si rafforzano
(cannabis, horror). Si hanno tuttavia ipercorrettismi (➔ipercorrettismo) e
contaminazioni: curling che si dovrebbe pronunciare con [ε] come avviene per surf, analogamente
alla resa [ʌ ] > [ a] in voci come cult, cut,pub, si è recentemente diffuso nella pronuncia [ˈkarlin(g)]
(Baglioni 2007). Per la grafia, ridottisi gli ipercorrettismi, emerge qualche adeguamento alla
pronuncia (bodygard). Sempre praticata la riduzione dei composti al primo elemento, anche nei
casi di sequenza germanica, segno della persistente vitalità della struttura tradizionale
determinato + determinante (slot-machine >slot, soap opera > soap).
Al plurale, secondo le raccomandazioni dei grammatici, gli anglicismi restano invariati; ma in certi
contesti anche voci ormai stabilizzate (club, sport, test) sono usate col plurale all’inglese. Per il
genere dei nomi l’adattamento è pacifico quando si tratta del genere naturale (lo steward, la
hostess) o del genere della persona in questione (il/la tutor). In altri casi è determinato dalla forma
della parola: gli anglicismi in -tion sono femminili, come i nomi italiani in zione (devolution, fiction, location); quelli in -ing maschili (screening, walking). Oppure dipende dal
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genere della parola italiana corrispondente per significato (il badge, la e-mail, il nickname, la slide);
prevalente è comunque il maschile (Thornton 2003).
5. Pseudoanglicismi
A testimoniare un’influenza riflessa dell’inglese (e degli anglicismi già presenti nella lingua) sono i
falsi anglicismi, dovuti a parlanti che hanno una certa dimestichezza con elementi inglesi ma che li
interpretano in modo errato o li riutilizzano per nuove creazioni indipendenti da un preciso
modello.
Ci sono i veri e propri pseudoanglicismi dovuti a un fraintendimento della struttura o del
significato: prestiti decurtati (lift per liftboy), reinterpretazioni semantiche (parking «luogo di
parcheggio» invece che «sosta»), calchi inesatti (aria condizionata da air
conditioned «condizionato per mezzo dell’aria», fuga di cervelli su brain drain «esodo di
cervelli», caso di studio invece che studio di casi per case study). E gli anglicismi apparenti, creati in
modo più o meno corretto in italiano impiegando analogicamente strutture formative dell’inglese,
note dai prestiti o dalla lingua (beauty case a cui si sono aggiunti beauty engineering, beauty point;
così da trendsetter e opinion maker si è fattotrendmaker). Oggi è questo il tipo più ricorrente,
specie nel settore pubblicitario-commerciale dove, pur di disporre di un anglicismo di richiamo, lo
si inventa. Se tali neoconiazioni muovono da morfemi già radicati in italiano (autostop, videobar),
o seguono moduli tradizionali (babykiller «bambino-killer»), sono equiparabili alle formazioni della
lingua (Bombi 2005: 147-158).
6. Effetti più profondi
L’influenza dell’inglese non si esaurisce nelle interferenze lessicali, ma attraverso di esse giunge a
interessare altri settori. Sul piano grafico si nota un maggior impiego nel linguaggio pubblicitario
delle lettere non tradizionali (specie k, y e x), il ricorso gergale a grafemi anglicizzanti (briosha), usi
iconici di lettere (inversione a U su U-turn, T-shirt). Per la fonetica, oltre a una maggior tolleranza
per nessi insoliti e nuove distribuzioni dei fonemi, ben rappresentati negli anglicismi, è vinta la
resistenza alle finali consonantiche, presenti in neoformazioni e in certi usi emergenti (ad es.
l’estensione del non finale tonico).
Nella morfologia lessicale i modelli inglesi hanno contribuito ad aprire l’italiano a nuove risorse
formative e a rivitalizzare alcuni moduli, rendendo tutto il settore più duttile e moderno. I nuovi
costrutti possono impiegare, anche in forme insolite e ‘ibride’, elementi dei tipi più disparati:
elementi formativi greco-latini o alloglotti (➔ elementi formativi), abbreviazioni, clipping di
lessemi, sigle; gli aggettivi e i sostantivi hanno funzioni sempre più intercambiabili; se serve a
semplificare è adottata la sequenza determinante + determinato propria dell’inglese e dei
composti di tipo greco; generalmente estesa la tendenza all’abbreviazione (contrazioni di parole,
usi ellittici, riduzioni morfematiche, sigle).
Nella prefissazione è noto l’uso di co- anche davanti a consonante (cobelligerante, copilota) e
di non- coi nomi (indotta da prestiti e calchi comenonsenso, nonviolenza, no comment, non
conformismo). Numerosi i nuovi formanti ottenuti con clipping: e- da electronics (e-mail, ebook), cyber- dacybernetics, docu- da document, net- da internet, ecc.; -matic da automatic, camda camera, -gate da Watergate, ecc. Il suffisso -ese, su modello americano, è usato per
indicare varietà o stili linguistici (giornalese, politichese).
Sospinta dall’inglese la diffusione del tipo compositivo costituito da un primo elemento (avverbio,
aggettivo o sostantivo) + un aggettivo (o participio) che ne è determinato
(lungodegente, sieropositivo, videodipendente). E quella delle giustapposizioni attributive di due
nomi in cui uno qualifica l’altro, seguendo sia l’ordine romanzo (fine settimana, ragazza copertina)
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sia quello germanico (Presidente-pensiero). Rivitalizzati i vecchi composti verbali del tipo tira e
molla(usa e getta, gratta e vinci). In diversi casi singoli elementi di composizione tendono a
trasformarsi in suffissoidi o prefissoidi e quindi a rendersi disponibili per nuove autonome
creazioni lessicali (Dardano et al. 2000; Bisetto 2003; Bombi 2005).
Nel settore della sintassi affiorano diversi moduli di matrice inglese, fra cui l’uso dell’articolo
indeterminativo in funzione predicativa specie nei titoli (per es., Una cultura classica nella scuola);
la tendenza all’impiego avverbiale degli aggettivi (pensa positivo); tipi di costrutti con sintagmi
preposizionali staccati dalla reggenza (fatto da e per donne; pronto a, ma ancora lontano
da, venire); il ricorso alla co-disgiunzione e / o; le interrogative ‘multiple’ (chi fa che cosa?).
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PRESTITI di Massimo Fanfani
1. Definizione
In linguistica il prestito indica un qualsiasi fenomeno di ➔ interferenza, dovuto al contatto e
all’influsso reciproco di comunità che parlano lingue diverse, e non solo lingue letterarie o
generalmente diffuse, ma anche quelle di cerchie più ristrette, fino agli idioletti propri dei singoli
parlanti: la lingua di ciascun individuo, infatti, viene appresa per imitazione di quella dell’ambiente
in cui vive e ogni innovazione è un prestito da un idioletto all’altro. Tuttavia il concetto diprestito è
di solito riservato a quei fenomeni più rilevanti che riguardano l’interferenza fra sistemi linguistici
di carattere interindividuale, ovvero fra lingue nazionali, fra una lingua e i suoi dialetti, fra vari
registri o fasi diverse di una stessa lingua (prestito interno), fra lingue del passato e quelle viventi
(prestito colto).
In italiano il termine prestito designa sia il fenomeno generale dell’interferenza come processo di
riproduzione di elementi alloglotti (fr. emprunt, ted.Entlehnung, ingl. borrowing e loan), sia ogni
singola parola o espressione polirematica (➔ polirematiche, parole) che riproduca nella forma e in
un suo specifico significato un dato modello straniero (ted. Lehnwort, ingl. loanword): sono prestiti
francesi croccante e crème caramel (➔ francesismi), spagnoliflamenco e paso doble (➔ ispanismi),
norvegesi fiordo e slalom.
Il termine circola in italiano dall’Ottocento ed è comunemente accolto dai linguisti, anche se è
nato dalla falsa idea che nel processo d’interferenza una lingua ceda qualcosa di suo che l’altra
prende in prestito, magari solo per espellerla prima possibile, secondo i desideri dei puristi (cfr.
Gusmani 19862: 12-20; Orioles 2002: 163-174). In realtà il fenomeno non scaturisce da scambio o
trasferimento, ma è un aspetto della creatività di una lingua che, per adeguare in modo vitale i
suoi mezzi espressivi, specie nella sfera lessicale, necessita di innovarsi continuamente: ora
coniando nuove parole secondo i propri schemi formativi e semantici; ora, quando chi compie
l’innovazione abbia competenze bilingui, ispirandosi ai modelli offerti da una diversa tradizione
linguistica. Con il prestito si ricrea o appunto si imita uno di tali modelli inserendolo nella lingua,
dove potrà o meno ambientarsi (➔ lessico; ➔adattamento).
2. Modi e tipi
Gli aspetti del fenomeno dipendono fondamentalmente dalle condizioni in cui esso avviene e dal
tipo di rapporto che sussiste fra le due lingue. Oggi, in una realtà globalizzata e fittamente
interconnessa dai mezzi di comunicazione, fra le varie lingue si stabiliscono contatti di tipo
culturale; un tempo, invece, essi erano prevalentemente di carattere intimo, come avveniva in
particolare quando gruppi parlanti lingue diverse, in seguito a migrazioni o conquiste, si trovavano
a convivere nel medesimo territorio: anche se uno dei due gruppi aveva il sopravvento, la fase di
simbiosi dava luogo a sciami di prestiti. La direzione del loro flusso era determinata dal prestigio
culturale di cui godeva una data lingua (si pensi ai ➔ grecismi presenti nel latino) o dalla sua
superiorità in determinati ambiti (si pensi ai termini militari conosciuti in seguito alle invasioni
germaniche: guerra, guardia, sgherro, albergo, elmo, strale; ➔ germanismi; ➔ militare,
linguaggio). Ma l’origine di un prestito può scaturire dalle più fortuite circostanze: il maremoto
dell’Oceano Indiano nel dicembre 2004 ha reso noto ovunque il termine giapponese tsunami,
peraltro già registrato nel GRADIT (Grande dizionario dell’italiano dell’uso) con la data 1966.
Un fattore importante è anche il modo attraverso cui avviene l’interferenza, che può realizzarsi
per via orale o scritta, da parlante a parlante o trasmessa dai mezzi di comunicazione, all’interno di
ambiti settoriali, o a vasto raggio: di solito i forestierismi diffusisi per via orale e di larga
circolazione sono caratterizzati da un più profondo adattamento alla pronuncia e alla morfologia
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della lingua mutuante. Un certo peso è esercitato anche dalle censure dei puristi o dalla
predisposizione di una società ad aprirsi alle influenze straniere.
Va inoltre considerato il grado di somiglianza fra la lingua modello e la lingua replica: se esse
presentano affinità nelle strutture fonomorfologiche e lessicali, di solito riescono a influenzarsi
maggiormente, perché è più facile identificare gli elementi dell’una che possono essere mutuati
dall’altra. Non tutti i settori di una lingua sono poi interessati in ugual misura dai fenomeni di
prestito: il lessico, che è un sistema aperto e con una più debole coesione interna, ne è
maggiormente coinvolto; ed è attraverso la presenza di serie di prestiti lessicali che nella lingua
replica trovano spunto anche innovazioni che interessano la pronuncia e la morfologia (come
l’induzione di suffissi). Fra gli elementi lessicali, sono i sostantivi – e specie quelli legati a nuovi
oggetti o nuove nozioni – i più soggetti all’interferenza, mentre risultano rari i verbi e ancor di più
gli aggettivi, a meno che fra le due lingue non si sia instaurato un rapporto più intimo.
Così, più che mostrare un atteggiamento di passività o di sudditanza linguistica (anche se è
indubbio che le lingue dominanti o di maggior prestigio esercitino un’influenza maggiore), il
prestito costituisce una straordinaria risorsa che la lingua possiede per arricchirsi e rinnovarsi. Le
sue motivazioni dipendono quasi sempre da necessità onomasiologiche interne, come avviene per
la creazione di ogni altro neologismo (➔ neologismi). Cade di conseguenza anche la tradizionale
distinzione fra prestiti di necessità e prestiti di lusso(quelli superflui, per i quali già esisterebbero
nella lingua termini corrispondenti), perché inizialmente ogni processo d’interferenza risponde a
un preciso bisogno, almeno per colui che ne è l’artefice. All’origine, infatti, i prestiti non son altro
che un atto di parole di individui bilingui mossi da esigenze terminologiche, espressive, evocative:
solo quando le innovazioni si diffondono nella langue, le motivazioni originarie possono talora
indebolirsi, tanto che alcuni forestierismi marginalizzati nel sistema lessicale sembrano superflui.
3. Calchi e prestiti
Fra i vari tipi d’interferenza, occorre distinguere fra i casi in cui l’imitazione riguarda solo la
struttura interna del modello (ingl. unreliable → inaffidabile,flying saucer → disco volante) o la sua
articolazione semantica (ingl.amendment → emendamento «modifica di legge»); e i casi invece in
cui se ne riproduce anche la forma esteriore: in modo integrale (fin de siècle, cañón,Föhn) o
adattata alle strutture fonomorfologiche e alla grafia della lingua
(brindisi, canotto, sciovinismo, stoccafisso) (➔ adattamento). Nel primo caso si parla di calchi
strutturali e di calchi semantici (➔ calchi), nel secondo diforestierismi o prestiti
integrali o adattati (➔ forestierismi). Il prestito, dunque, non necessita che di una minima
conoscenza preliminare della struttura e della semantica del termine alloglotto, nascendo da una
attività imitativa o riproduttiva semplice e immediata, tanto che risulta meno raffinato e più
facilmente riconoscibile degli altri tipi d’interferenza.
Non sempre è dato scoprire le ragioni che, caso per caso, orientano la scelta fra un calco o un
prestito: molto dipende dall’atteggiamento individuale e dal grado di affinità fra le due lingue. Se
non si ha piena conoscenza della lingua straniera, per lo più si tende a ricorrere ai prestiti; se le
due lingue presentano omonimie e moduli formativi simili, sono favoriti i calchi, i quali inoltre,
essendo meno appariscenti, sfuggono più facilmente alle censure dei puristi. Tuttavia i prestiti
integrali, proprio per la loro esibita visibilità, sono meno ambigui dei calchi e posseggono tratti
connotativi che in certi contesti sono particolarmente richiesti. Non è raro comunque che si
mantenga a lungo una certa indecisione fra le due possibilità di scelta e che calchi vengano poi
affiancati e sostituiti dai prestiti corrispondenti (come pallacanestro da basket) o viceversa
(come public relations da pubbliche relazioni).
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Anche se i prestiti si presentano in forme più o meno adattate (roast-beef,rostbif, rosbif, rosbiffe) e
progressivamente vengono integrati nel sistema lessicale, tanto da non essere più riconosciuti
come tali, la loro origine è assicurata dalla possibilità di dimostrare che sono scaturiti da un
effettivo episodio d’interferenza. In mancanza di un preciso modello alloglotto antecedente, per
quanto la parola sembri forestiera, si potranno avere semmai dei falsi forestierismi: derivati da
prestiti, neoconiazioni con elementi stranieri, evoluzioni semantiche autonome. Così è importante
stabilire con una certa sicurezza la cronologia delle varie attestazioni, ma ancor di più la storia dei
rapporti culturali, in modo da essere in grado di valutare la consistenza e la direzione di certi
influssi linguistici. Decisivi gli indizi forniti dalla fonetica: molti prestiti colti greco-latini in italiano
sono riconoscibili dalla presenza di nessi consonantici inusuali e da altre particolarità fonetiche
(claustrale, pensione,genio, cibo; ➔ cultismi). Anche la struttura formativa – la presenza di un
certo affisso o l’ordine non romanzo degli elementi di un composto – possono essere spia di un
modello straniero (è il caso di omaggio e di ferrovia). I cosiddetti prestiti di ritorno, invece, pur non
distinguendosi apparentemente dalle parole autoctone, sono forestierismi a tutti gli effetti,
risultando da un doppio processo d’interferenza: camera è un italianismo che nell’angloamericano
è stato usato col nuovo significato di «macchina da presa», con il quale si è ripresentato come
prestito nell’italiano del XX secolo (Gusmani 19862: 117-119).
Un’interferenza può avvenire in presenza di contatti diretti fra le due lingue, ma anche a distanza,
attraverso la trasmissione scritta o i mezzi di comunicazione. Non è infrequente il caso di una
lingua terza che svolga un ruolo di intermediazione nella conoscenza di prestiti alloglotti, talvolta
condizionandoli sia sul piano formale sia su quello semantico, tanto che nella lingua replica essi
mostrano traccia di tale passaggio: il suffisso dell’anglicismo boicottaggio rivela subito il tramite
del francese. Molte parole esotiche e amerindiane sono giunte in Europa nei secoli XVI e XVII
attraverso lo spagnolo e il portoghese; nel Settecento è stato il francese ad avere la funzione di
lingua veicolare, come oggi è l’inglese. Tuttavia, se l’intermediazione avviene rapidamente e la
lingua mediatrice non ha completamente assorbito il termine alloglotto nelle sue strutture tanto
da opacizzare il riferimento alla fonte primitiva, occorre riferirsi a quest’ultima come modello del
prestito (cfr. Bombi 2005: 27-31).
I prestiti sono preziose testimonianze della storia e delle relazioni reciproche fra i popoli, il cui
studio consente di ricostruire e ripercorrere i tanti sentieri degli scambi culturali, rinvenendo
informazioni sulle lingue interessate, sulla storia del loro lessico, su aspetti di fonetica storica e su
vicende morfologiche che sarebbe difficile o impossibile recuperare altrove.
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CALCHI di Massimo Fanfani
1. Definizione e distinzioni
Fra le diverse tipologie del prestito (➔ prestiti), il calco (nella sua accezione linguistica il termine è
usato la prima volta in Francia alla fine del XIX secolo, ma furono poi A. Meillet e Ch. Bally a dar
rilievo al fenomeno nel XX, divulgando la parola calque; ted. Lehnprägung; ingl. loan translation)
rappresenta la forma più raffinata e complessa. Infatti non si tratta della riproduzione più o meno
fedele di un modello alloglotto nel suo aspetto esteriore, come avviene coi forestierismi integrali o
adattati, ma della ricreazione mimetica della sua conformazione interna per mezzo di elementi
della propria lingua: la parola o la frase straniera viene così ‘ricalcata’ strutturalmente attraverso
un nuovo elemento che combinando materiali indigeni ne riproduce la forma e il significato,
oppure riverbera tratti del suo significato su un termine analogo della lingua mutuante
rimodellandone la semantica.
Nel primo caso si parla di calchi formali o strutturali: ad es., ferrovia è un composto
di ferro e via coniato per riprodurre la struttura dell’analoga formazione tedesca Eisenbahn (a sua
volta dall’inglese railway); pallacanestroreplica l’inglese basket-ball; far buon viso a cattivo gioco è
una frase modellata sul francese faire bonne mine à mauvais jeu; insostenibile ricalca il
franceseinsoutenable, superuomo il tedesco Übermensch.
Nel secondo caso abbiamo i calchi semantici: diligenza assume il significato di «veicolo» alla fine
del Seicento sull’esempio del francese carrosse de diligence;caffè, sempre per influsso francese,
indicherà anche la «bottega del caffè»;angolo nel senso di «calcio d’angolo» è un’estensione
semantica che rispecchia quella dell’inglese corner; permissivo «troppo tollerante» dipende dal
significato che ha l’aggettivo nell’espressione permissive society.
Affinché possa avvenire un calco, sono perciò necessari un modello straniero ‘trasparente’, cioè
motivato semanticamente e strutturalmente, e una buona competenza linguistica in chi lo
effettua, che deve essere in grado di cogliere, oltre al significato, la forma interna straniera del
modello, e di individuare nella propria lingua un modo per riprodurla adeguatamente. Di
conseguenza il calco è un fenomeno nel suo complesso più colto del semplice prestito (anche se
non mancano calchi popolari) e investe soprattutto il lessico intellettuale, addensandosi nei
periodi in cui l’attività culturale e le conoscenze linguistiche sono maggiori.
Come non sempre è possibile tracciare un confine netto fra prestiti e calchi (specie quando
l’interferenza avvenga fra lingue affini e si ignori l’atteggiamento psicologico di chi la compie), così
anche la differenza fra i calchi strutturali e quelli semantici, che si fonda sul diverso tipo di
motivazione individuata nel modello (formale e semantica nel primo caso o solo semantica nel
secondo caso), è più di grado che di sostanza. E anche in questo caso, quando non sia chiaro
l’atteggiamento che sta dietro all’interferenza e l’espressione straniera abbia già un corrispettivo
nella lingua d’arrivo, si può restare nel dubbio, come per tavola rotonda, che sul modello
dell’inglese round table ha assunto nell’italiano contemporaneo il nuovo significato di «discussione
fra esperti» e che si può considerare un calco strutturale solo ipotizzando una introduzione del
neologismo avulsa dalla precedente espressione letteraria che indicava un’assise di cavalieri.
2. Calchi strutturali
Nei calchi strutturali, come si è accennato, viene riprodotta la ‘forma’ del modello, che deve poter
essere interpretata e scomposta nei suoi elementi costitutivi, così da consentire una resa con
materiali indigeni che abbiano la stessa articolazione strutturale della parola straniera e ne
restituiscano la motivazione semantica. Occorre quindi che il modello straniero sia un derivato, o
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un composto, o una unità fraseologica analizzabili sincronicamente: con il calco si creerà una
nuova formazione che andrà a collocarsi nell’inventario lessicale della lingua ricevente.
Merita distinguere fra calchi strutturali di ➔ derivazione e calchi strutturali di ➔composizione. Nel
primo caso i derivati stranieri, prefissati e suffissati, vengono riprodotti con elementi equivalenti
della lingua d’arrivo. Se le due lingue sono affini, si instaurano corrispondenze quasi automatiche
che talvolta possono contribuire alla fortuna di un morfema formativo, come avvenne nel XVIII e
XIX secolo con i calchi di derivati francesi in isme (autoritarismo,capitalismo, deismo, giansenismo, parallelismo) e poi coi calchi di parole
inglesi in -al (attuariale, colloquiale, congeniale, costituzionale, cruciale, editoriale,educazionale).
In qualche caso il calco derivazionale è preceduto dal prestito: dall’ingl. behaviourism prima si è
avuto l’adattamento behaviorismo e poi il calco comportamentismo.
Carattere più vario e problematico possiede il calco strutturale di composizione. Per di più, nel
caso dell’italiano, fino a tempi recenti lingua poco incline alla formazione di composti (a esclusione
di quelli imperativali, sempre abbastanza produttivi, e di pochi altri tipi), tale categoria di calchi è
stata uno dei principali fattori che negli ultimi due secoli hanno forzato le strutture tradizionali,
aprendo la lingua a nuovi moduli compositivi. Infatti nel ricalcare i composti stranieri si sono
progressivamente imitati tipi strutturali estranei all’italiano (➔ adattamento): ad es., calchi
come banconota sull’ingl. bank-note, insieme alle neoformazioni con elementi classici
(burocrazia, fotografia; ➔elementi formativi), hanno aperto la strada nella composizione alla
sequenza determinante + determinato propria del greco e delle lingue germaniche.
Tuttavia non di rado anche le strutture tradizionali sono riuscite a condizionare in vario modo la
forma del calco inquadrando, ad es., le rese secondo la tradizionale sequenza neolatina
determinato+determinante, come per il ted.Blitzkrieg capovolto in guerra lampo, l’ingl. handball in pallamano, social climber in arrampicatore sociale. Nel caso di rendiconto (sul fr. compterendu),schiaccianoci (sul ted. Nussknacker), grattacielo (sull’ingl. sky-scraper) ci si è allineati al
diffuso tipo dei composti imperativali; in altri casi ancora il calco si è risolto in un fraseologismo: il
ted. Arbeitsgeber in datore di lavoro, l’ingl.brainwashing in lavaggio del cervello, summit
conference in conferenza al vertice. In questo modo, come si distinguono i forestierismi integrali
dai forestierismi adattati, ci sono calchi perfetti che riproducono fedelmente la struttura
dell’archetipo, e calchi imperfetti o approssimativi che invece la adattano agli schemi propri della
lingua.
Si parla di semicalchi quando l’imitazione del modello è resa con una certa autonomia sia sul piano
formale che su quello semantico: ad es.,campanilismo riproduce attraverso un derivato
l’espressione francese esprit de clocher; guardalinee e fuorigioco non hanno perfetta
corrispondenza con la semantica degli archetipi linesman e offside. Un’altra categoria è
rappresentata dai calchi parziali o calchi-prestiti, quando ci si limita a tradurre solo un elemento
del composto straniero: uomo-sandwich sull’ingl. sandwich-man. Nei calchi per falsa motivazione,
infine, l’approssimazione della resa non dipende da restrizioni o da precise scelte, ma dall’errata o
imperfetta interpretazione del modello: aria condizionata deriva da un travisamento dell’ingl. airconditionedche si riferisce a un ambiente «condizionato con l’aria»; cartoni animati traduce in
modo equivoco l’ingl. cartoons «disegni» (➔ anglicismi).
I calchi fraseologici (detti raramente sintematici) concernono la riproduzione di un’intera
espressione polirematica (➔ polirematiche, parole): tornare alla caricasul fr. revenir à la
charge; terra di nessuno sull’ingl. no man’s land. Spesso si tratta di fraseologismi che risalgono
indietro nel tempo e che si sono irradiati sinonimicamente in molte lingue europee, ma il
fenomeno concerne anche la lingua contemporanea, con una vitalità e una forza di penetrazione
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sorprendenti: the man in the street, uomo della strada, fr. homme de la rue, ted.Mann auf der
Strasse, spagn. hombre de la calle.
3. Calchi semantici
Se con il calco strutturale viene imitato anche il significato del modello, come risulta in modo
particolarmente evidente quando questo non corrisponde alla somma dei significati dei singoli
componenti (anatra zoppa «persona o impresa in difficoltà» sull’ingl. lame duck), con il calco
semantico l’interferenza concerne solo la sfera del significato: una voce che condivida certi tratti
semantici con una parola straniera viene indotta a imitare l’articolazione del significato straniero e
assume nuove accezioni motivate come estensioni, usi metaforici, specializzazioni, ecc. Il
fenomeno non si instaura con la singola parola straniera presa isolatamente, ma scaturisce dai
contesti in cui essa compare con quel significato particolare: forma «condizione fisica» è un
significato nuovo della parola, ma che proviene dall’espressione essere in forma, calcata
sull’ingl. to be in shape. Diversi calchi semantici di singole parole sono così preceduti dai calchi
delle espressioni che li contengono: voga «reputazione» da essere in voga sul fr. être en
vogue; affluente «benestante» dasocietà affluente (o società opulenta) dall’ingl. affluent society.
I calchi semantici risultano meno appariscenti degli altri tipi d’interferenza, ma si stabilizzano in
modo più rapido e profondo. Sono ovviamente favoriti dall’affinità formale fra i lessemi delle due
lingue, ma questa può anche non sussistere: bambola «ragazza procace»
sull’ingl. doll, congelare «sospendere un credito» sull’ingl. to freeze, falco «guerrafondaio»
sull’ingl. hawk. Il rapporto di motivazione tra le diverse accezioni semantiche del modello
alloglotto si basa sul significato comune con il termine corrispondente, e se è vero che il calco
avviene tanto più facilmente quanto minore è il salto semantico da compiere, risulta poi più
difficile dimostrare, senza prove che attestino il processo d’interferenza, che non si sia trattato di
un parallelo sviluppo avvenuto autonomamente nella lingua. Ad es., solo l’ampia diffusione del
forestierismo authority lo fa ritenere responsabile della nuova accezione diautorità «organismo di
controllo»; solo la compresenza del prestito integralesingle può spiegare la recente accezione
di singolo «uomo che vive da solo» come un calco semantico sull’inglese.
La somiglianza della forma esterna può talvolta influenzare chi compie un calco, inducendolo a
privilegiare un termine più affine al modello, anche se privo di tratti semantici perfettamente
coincidenti: sulla scelta di fallo nel linguaggio sportivo per rendere l’ingl. foul «infrazione» ha certo
pesato la somiglianza del significante. Se però fra i due termini c’è solo una corrispondenza
formale, ma manca ogni antecedente comunanza di significati, non si ha più un calco semantico,
ma un prestito omofono indipendente dalla parola preesistente: camera «macchina da presa» è
un prestito dell’ingl.camera (a sua volta dall’italiano) e non un calco semantico ancorato al
significato italiano di camera «stanza». In altri casi, quando fra il significato che viene indotto dal
modello straniero e quello che la parola possedeva prima la distanza è notevole e difficilmente
motivabile, non sempre è possibile stabilire se si tratti di un calco o di un prestito: realizzare ha
assunto il significato di «comprendere» sul modello dell’ingl. to realize «accorgersi (di)», ma il salto
dal precedente valore del verbo è tale che più che di estensione semantica si può parlare di
omonimia.
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INTERFERENZA di Massimo Palermo
1. Definizione
Il termine interferenza si riferisce all’azione di un sistema linguistico su un altro e agli effetti
provocati dal contatto tra lingue, e si usa in una duplice accezione: per indicare i ➔ prestiti di
elementi lessicali, fonomorfologici o sintattici da un sistema linguistico a un altro, oppure i
mutamenti innescati nella competenza del parlante dal contatto tra due o più lingue (➔ contatto
linguistico).
L’interferenza è uno dei fattori del mutamento diacronico delle lingue. In casi di contatto intenso e
prolungato e in situazioni caratterizzate da forte differenza di status tra le lingue, l’interferenza
può determinare effetti ancor più profondi, fino al completo rimpiazzamento della lingua
subalterna: è quanto avvenne, per es., con la progressiva scomparsa delle lingue prelatine in
seguito alla latinizzazione politica e linguistica dell’Italia. Un altro caso di interferenza forte è dato
dallo sviluppo di lingue miste (➔ mistilinguismo; ➔ italiano come pidgin; ➔ lingua franca, italiano
come) in situazioni di contatto commerciale o d’altro genere tra popolazioni che non hanno una
lingua in comune.
2. L’interferenza nel sistema linguistico
2.1 Tipi e ambiti
L’interferenza può riguardare tutti i livelli d’analisi della lingua. I principali fenomeni a cui essa dà
luogo a livello lessicale e semantico sono il passaggio di parole da una lingua a un’altra (➔ prestiti;
per es., l’accoglimento di ➔forestierismi in italiano e di ➔ italianismi in lingue straniere) e il
prestito semantico, vale a dire l’allargamento o la specificazione della gamma di significati di una
parola italiana già esistente per effetto di un modello straniero.
Nei casi di interferenza più recenti il prestito semantico può non essere ancora registrato dai
lessicografi: per es., evidenza è sempre più frequentemente usato nel senso di «prova» per
influsso dell’ingl. evidence; lo stesso missionenel significato di «obiettivo primario, scopo
fondamentale» di un’azienda, un’agenzia, un’istituzione pubblica; per il momento, però, questi
nuovi significati non sono stati accolti nei dizionari. Il prestito semantico è spesso trattato sotto la
categoria dei ➔ calchi, che comprende molti fenomeni di riproduzione in una lingua del significato
e della struttura di elementi di un’altra lingua, fra cui, per es., la traduzione di un termine straniero
composto con i corrispondenti elementi italiani: ingl. week-end > it. fine settimana,
ted.Eisenbahn > it. ferrovia.
L’accoglimento di un prestito lessicale può comportare l’occasionale riproduzione di fonemi o
morfemi estranei alla nostra lingua, ma ciò non implica una modifica del repertorio fonologico o
morfologico dell’italiano (➔adattamento). Per es., la pronuncia del fr. parvenu non implica
l’accoglimento del fonema /y/, così come il ted. Länder (plur. di Land) non arricchisce la flessione
nominale dell’italiano del morfema plurale -er.
[…]
La sorte delle parole può seguire le vicende che hanno governato nel tempo i rapporti di potere e
di prestigio tra i rispettivi popoli: alcuni germanismi e arabismi entrati in italiano, che avevano in
origine un significato positivo o neutro, hanno subito nel tempo un processo di degradazione
semantica finendo con l’assumere un valore negativo: sguattero e stamberga derivano da
longobardo wahtāri e *stainberga, che indicavano rispettivamente un guardiano e una casa di
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pietra (quindi un edificio di pregio), aguzzino e facchino derivano dalle parole arabe alwazīr e faqīh che valevano «ministro, luogotenente» e «teologo, giureconsulto».
[…]
Sarebbe errato considerare i prestiti lessicali come semplici aggiunte di nuovi elementi a un
inventario. L’ingresso di un nuovo elemento, a meno che non indichi un referente nuovo per la
lingua d’arrivo (per es., patata, pomodoro, introdotti in italiano dopo la scoperta delle Americhe),
determina una ristrutturazione dei rapporti tra le parole di significato affine (Gusmani 1983 e
1987). Per es., l’ingresso, accanto a mutanda, di slip, boxer, tanga e perizomaha ridefinito l’area
semantica relativa all’indumento intimo. Più spesso la rideterminazione semantica del prestito
riguarda gli aspetti connotativi del significato: si pensi a drink nei confronti
di bibita o bevanda, chef accanto acuoco, macho accanto a maschio, ecc. Inoltre va osservato che
le parole prese in prestito raramente trasferiscono nella lingua ricevente tutta la gamma di
significati della lingua modello; assai più spesso si verifica una restrizione semantica più o meno
marcata: miss è entrato in italiano solo nel significato di «vincitrice di un concorso di
bellezza», workshop solo nel significato di «laboratorio (didattico), seminario» (in ingl. vale anche
«bottega, officina»),staff si usa solo nell’accezione di «gruppo di collaboratori» (in ingl. vale anche
«bastone, sostegno, asta»). Analoghi processi di restrizione semantica hanno interessato gli
italianismi diffusi all’estero: in fr. cantine (‹ it. cantina) è passato nel solo significato di «mensa»
(scolastica o aziendale), in ingl. e in ted. licenzaha solo il significato tecnico musicale di «eccezione
alle regole del contrappunto e dell’armonia» (Stammerjohann et. al. 2008).
Più rari sono i casi di prestiti di elementi morfologici, limitati alla morfologia derivazionale. Fra i
suffissi entrati in passato in italiano da altre lingue si possono ricordare -ingo (con la variante engo) e -ardo, di origine germanica
(casalingo, guardingo, solingo, camerlengo; bugiardo, codardo); -agno e -ore, di origine provenzale
(grifagno, olivagno; bellore, dolzore); -iere (con la variante -iero), di origine francese
(cavaliere, cameriere, guerriero, forestiero).
Fra i costrutti sintattici la cui diffusione si deve a influssi esogeni vi è, per es., la frase scissa (è lui
che ha reclamato; ➔ scisse, frasi). Si tratta di una costruzione presente sporadicamente in testi
italiani fin dai primi secoli, ma diffusa solo a partire dal XVIII secolo per influsso del francese
(D’Achille, Proietti & Viviani 2005). Analogamente la perifrasi progressiva stare + gerundio (
➔ perifrastiche, strutture) ha aumentato la propria frequenza d’uso nel corso del Novecento per
influsso dell’inglese (Durante 1981: 268-269).
Quanto all’ordine dei costituenti, si può osservare un influsso dell’inglese nella recente diffusione
di composti che presentano l’ordine determinante + determinato in luogo dell’ordine determinato
+ determinante tipico dell’italiano (portaombrelli, cartapesta): si tratta nella maggior parte dei casi
di espressioni con il determinante (baby-delinquenza, computer-grafica) o il determinato (drogaparty, nonno-sitter) inglese, ma in un numero limitato di casi i composti sono interamente di
origine italiana: calciomercato, nullatenente.
Appartiene alla stessa serie il tipo x-pensiero, dove x sta per il nome di un personaggio noto (Bossipensiero, Mao-pensiero e sim.; Bombi 2005; Dardano & Frenguelli 2008).
[…]
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