Anno X num 202 - Comunità Armena di Roma
Transcript
Anno X num 202 - Comunità Armena di Roma
1 Anno 10, Numero 202 Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT 1 giugno 2015 — C M.Y. Akhtamar on line Riconoscimento, condanna e poi? Facciamo un po’ di chiarezza sul futuro Passata la fase culminante delle commemorazioni del genocidio, ci si chiede: “E ora?” Dopo le quasi unanimi condanne del genocidio armeno, si può ragionevolmente affermare che esso è un fatto universalmente riconosciuto, perché il negazionismo della Turchia, e di qualche irriducibile da essa foraggiato, ormai può dirsi sconfitto. Inizia cioè una nuova fase che va al di là del riconoscimento ed è effica- cemente rappresentata dallo slogan stesso del centenario: “Ricordo e pretendo”. Ma che cosa pretendiamo? E come, e perché? Sarà bene fare un po’ di chiarezza. Per gli armeni l’Armenia occidentale, oggi in Turchia, è la patria storica, la culla della nazione che, reclamando giustizia, ne rivendica il possesso. Ma oltre l’aspetto patriottico e rivendicativo, il ripristino dei confini storici dell’Armenia, risolverebbe una volta per tutte il problema della sopravvivenza degli armeni, in quanto nazione avente una propria identità…. (segue a pag. 2) etnico-culturale. Infatti ormai da sedici secoli, dalla caduta del regno Arsacide, gli armeni a più riprese si sono trovati sull’orlo dell’estinzione e questo pericolo non è cessato neppure oggi che c’è uno Stato armeno indi- Sommario Riconoscimento, condanna e poi? 1-3 Un’occasione mancata 3 Sargsyan a Riga parla all’Europa 4 La voce dell’Artsakh 5 Centouno 6 Qui Armenia 6 Euroflop? 7 Bollettino interno di iniziativa armena 2 Akhtamar pendente, perché questo, assediato ad oriente ed occidente da paesi nemici che ostacolano il suo normale sviluppo economico, è soggetto, per questo motivo, ad una massiccia emigrazione che, se dovesse continuare con il ritmo attuale, spopolerebbe il paese. Né la Diaspora può essere un antidoto al pericolo di estinzione, poiché essa è soggetta ad una forte assimilazione per cui nel giro di poche generazioni, scompare, o, comunque, si riduce drasticamente. Il pericolo di estinzione degli armeni è presente pure in Armenia ed è dovuto, oltre alla massiccia emigrazione, al fatto che la Turchia, come Stato e come popolazione, è espansionista; perciò, per un paese piccolo, avere ai propri confini un paese grande e per di più espansionista, costituisce un ulteriore pericolo per la sua tessa esistenza, non solo come Stato, ma anche come nazione avente una propria identità. Quindi, sia per l’Armenia che per la Diaspora, vi è il serio rischio di scomparire, perciò un’estensione territoriale dell’Armenia, con uno sbocco sul mare, le consentirebbe uno sviluppo economico, bloccherebbe l’espatrio e la renderebbe più forte nel contrastare l’espansionismo turco. In altri termini garantirebbe, agli armeni, un futuro privo del rischio di estinzione, ed all’Armenia, una maggiore sovranità. Uno dei pilastri fondamentali sui quali si basano le rivendicazioni territoriali armene è costituito dal diritto storico su quelle terre, ma oggi, a livello di politica internazionale, questo diritto non viene riconosciuto, sebbene nel caso degli armeni, almeno sul piano morale, vi sarebbero delle valide ragioni per riconoscerlo. Vi è il trattato di Sèvres, internazionalmente riconosciuto, che, con un arbitrato vincolante per entrambe le parti, Turchia ed Armenia, assegna a questa le regioni orientali dell’attuale Turchia. Ma nelle contese internazionali il diritto in sé non è sufficiente per ottenere giustizia, se non è sostenuto dalla forza; e nel contenzioso fra Armenia e Turchia è più che evidente qual è la parte forte, che, infatti ha ignorato quanto disposto dal trattato di Sèvres. Dal punto di vista demografico, poi, nei territori reclamati dagli armeni oggi abitano turchi e curdi, perciò un’annessione di quelle regioni all’Armenia, ammesso che sia attualmente realizzabile, creerebbe una situazione paradossale, perché si verrebbe ad avere un’Armenia nella quale gli armeni sarebbero circa il 20% della popolazione. In pratica l’attuale Repubblica armena A N N O 1 0 , NU M E R O 20 2 diverrebbe uno Stato turco o curdo con una minoranza di armeni. Da tutto ciò si deve concludere che, per ora, ed anche per un futuro non prevedibile, il ripristino dei confini storici dell’Armenia non sia realisticamente praticabile. Ma il fatto che oggi non sia attuabile non significa che non sia auspicabile e che vi si debba rinunciare per sempre, perché, come la storia insegna, nel corso dei secoli si sono verificati moltissimi sconvolgimenti che hanno prodotto risultati neanche lontanamente immaginabili poco tempo prima. Un esempio di ciò è anche il Karabagh; infatti trentaquaranta anni fa chi si sarebbe immaginato che questa regione avrebbe potuto staccarsi dall’Azerbaigian per costituire uno stato indipendente com’è oggi? Inoltre, proprio partendo dall’esempio del Karabagh, questa regione è riuscita a staccarsi dall’Azerbaigian, anche perché non ha mai smesso di coltivare l’idea della riunione all’Armenia, anche nei periodi più sfavorevoli al perseguimento di questo obiettivo. Ma se, di fronte alle difficoltà oggettive, avesse rinunciato a pensare di dover un giorno riunirsi all’Armenia, ora non si sarebbe liberata dalla dominazione azera. Per lo stesso motivo, l’obiettivo di ricostituire un’Armenia entro i suoi confini storici, che sono anche confini naturali, va tenuto sempre vivo, anche se, all’atto pratico, oggi non è perseguibile. Ma ciò che è impossibile oggi, può divenire possibile domani. L’importante è essere sempre pronti, per approfittare dell’occasione propizia, o per crearla, qualora se ne presentino le condizioni. In altre parole: pensarci sempre, parlarne mai. Quindi anche se il ripristino dei confini storici dell’Armenia attualmente non è realizzabile, pur tuttavia rimane sempre on line auspicabile ed in quanto tale non vi si dovrebbe rinunciare in linea di principio, perché solo ripristinando un’Armenia sufficientemente estesa e forte verrebbe allontanato, una volta per tutte, il rischio della sua scomparsa, che aleggia su di essa da sedici secoli; e gli armeni potrebbero finalmente avere un’esistenza tranquilla, com’è il diritto di tutti i popoli. Di conseguenza va adottata una strategia che, conciliando gli obiettivi finali, auspicabili ma oggi non realizzabili, con la realtà attuale dei fatti e dei rapporti di forza, sia ragionevolmente perseguibile e produca degli effetti che, seppure molto parziali, vadano nella giusta direzione. Stando così le cose, quali possono essere le rivendicazioni che gli armeni oggi possano realisticamente e ragionevolmente presentare? Innanzitutto queste richieste devono avere, come obiettivo immediato, l’affermazione della presenza armena su quel territorio ed il riconoscimento che esso faceva parte dell’Armenia, con tutti i diritti che ne conseguono e cioè il ripristino, il restauro e la restituzione di tutto quello che è possibile. Tutto ciò, ovviamente, non comporterebbe, oggi, grandi sconvolgimenti geopolitici, poiché, altrimenti, oltre alla Turchia, avremmo contro il mondo intero. Quindi, in questa prima fase, che potrà durare anche molti decenni, bisognerà limitarsi a richieste relativamente modeste che possano anche avere il sostegno di almeno una parte dell’opinione pubblica mondiale. Più o meno come avviene per il riconoscimento del genocidio. Venendo al concreto, che cosa rivendicare, oltre alla condanna del genocidio? Innanzitutto la restituzione di chiese, conventi e proprietà comunitarie ed il loro restauro a spese del governo turco. Poi creare le condizioni ambientali per Pagina 2 3 Akhtamar cui nessun armeno debba celare la propria identità nazionale e tutti quegli armeni che lo hanno fatto, o sono stati costretti a farlo - si parla che possano essere più d’un milione possano ufficialmente essere riconosciuti come armeni, senza più subire discriminazioni e vessazioni da parte dello Stato e della popolazione musulmana. Ovviamente non tutti questi “cripto-armeni” desidererebbero ritornare all’etnia d’origine: alcuni sono musulmani e rifiutano persino di avere un’origine armena, altri, musulmani, pur ammettendo la loro origine non vogliono ridiventare armeni e cristiani; altri ancora sanno di essere armeni, celano la propria identità e la propria fede, ma appena possibile si fanno battezzare per rientrare a far parte della loro nazione. In primo luogo è quest’ultimo gruppo di persone che dev’essere facilitato nel riappropriarsi della propria identità armena. Ciò vuol dire che, a tale proposito, devono essere emanate leggi che non rimangano sulla carta, ma che di fatto facilitino a tutti i criptoarmeni di ritornare alle loro origini ed inoltre puniscano ogni persona, pubblico ufficiale o singolo cittadino, che dovesse offendere, discriminare o vessare un armeno. Accanto a ciò dovrebbe essere permesso il rimpatrio di tutti quei discendenti di armeni che ne facessero richiesta, assicurando pari diritti con la popolazione del luogo e, nel caso che ve ne siano i presupposti, restituendo le loro proprietà. Ovunque si dovesse così formare un nucleo di armeni, dovrebbe essere facilitata la restituzione di chiese e la costruzione di scuole ove si insegni l’armeno. Un’altra richiesta dovrebbe essere quella di istituire un corridoio dall’Armenia al mar Nero, con uno statuto speciale internazionalmente riconosciuto e garantito, affinché l’Armenia possa comunicare con l’esterno senza pagare dazi e tasse di nessun genere alla Turchia. Infine, dato il valore simbolico del monte Ararat e della città di Anì, questi dovrebbero essere restituiti all’Armenia, a dimostrazione della buona volontà turca. Trovandosi entrambi a ridosso del confine la loro restituzione, più che un’annessione territoriale sarebbe una rettifica confinaria che non avrebbe nessuna conseguenza dal lato A N N O 1 0 , NU M E R O 20 2 geostrategico sulla Turchia. Infine dovrebbero essere ripristinati tutti i toponimi armeni, che sono stati cambiati con l’avvento della Repubblica Turca. Tutte queste richieste non avrebbero certamente un impatto devastante sulla Turchia che potrebbe tranquillamente “assorbirle” senza subire grandi sconvolgimenti. E’ ovvio che ciò porrebbe si di essa un carico economico di una certa entità; ma, in fin dei conti, sarebbe una restituzione, per giunta parziale, di ciò che aveva sottratto agli armeni. Inoltre, nel caso di nessun reato il colpevole può cavarsela solamente chiedendo scusa, senza indennizzare la parte lesa e senza subire una punizione. Lo stesso discorso, ed a maggior ragione, vale per la Turchia che non può soltanto chiedere scusa, poiché un vero pentimento presuppone un’espiazione. D’altro canto, dando seguito alle richieste armene, la Turchia guadagnerebbe il plauso del mondo intero, con positivi risvolti nei suoi rapporti con l’opinione pubblica internazionale. Oltre a ciò potrebbe risparmiare le ingenti somme che spende annualmente per promuovere all’estero la propria immagine. E queste somme sono, forse, superiori di quelle che esborserebbe per soddisfare le richieste armene. Il perseguimento di questi obiettivi richiederà sicuramente vari decenni di intenso lavoro, ma, data la loro natura e la relativamente modesta entità, potrebbero certamente ottenere l’appoggio non solo dell’opinione pubblica internazionale, ma anche di certi strati della popolazione turca. E’ ovvio che la Turchia, intuendo quali possano essere gli obiettivi finali degli armeni, cercherebbe di ostacolare il più possibile l’attuazione di queste modeste richieste, ritenendole un cavallo di Troia per preparare l’annessione di vasti territori all’Armenia. Ma non è detto che esaudire le attuali richieste sia solamente a danno della Turchia, poiché, tenendo presente l’annoso problema curdo, e la maggior crescita demografica di questo popolo rispetto ai turchi, potrebbe essere utile alla Turchia far entrare un terzo giocatore nella partita fra turchi e curdi. Starà agli armeni saper giocare bene e non farsi irretire dall’astuzia turca. Esse on line UNA OCCASIONE MANCATA La stizzita, collerica, reazione turca alle parole di papa Francesco sul genocidio armeno nonché i continui tentativi di interferenza nelle questioni interne nazionali allorché un Comune o una Regione votano una mozione di solidarietà al popolo armeno, dimostrano ancora una volta quanto la diplomazia turca sia lontana da una piena maturità. Quello del papa il 12 aprile è stato un incredibile assist offerto al governo turco che poteva cogliere al volo l’occasione per lasciare alle spalle decenni di negazionismo e affrontare con più saggezza e lungimiranza il futuro. Sarebbe bastato ammettere, magari a mezza bocca, scaricare sugli ottomani ogni responsabilità magari disquisendo su quella parola (“genocidio”) che tanto poco piace ad Ankara. Ecco che la Turchia aveva la possibilità di compiere un balzo in avanti di enorme portata, presentarsi al mondo con una faccia nuova, fare pace - finalmente - con l’antico nemico e diventare un grande stato. Ma Erdogan e Davutoglu hanno preferito la più semplice strada del mantenimento del negazionismo: con un occhio alla politica interna e vittima dell’abbraccio mortale del dittatore del Caspio, la Turchia non ha colto al volo l’occasione fornita dalle autorevoli parole del Pontefice e invece di ringraziarlo per l’aiuto lo ha etichettato come il capo del fronte del Male coinvolgendolo nella presunta congiura planetaria contro i turchi. D’altro canto gli stessi armeni hanno più volte teso la mano nella speranza che qualcuno, dall’altra parte, si decidesse a stringerla: ma sono rimasti così, senza riscontro, senza un segnale di ravvedimento, di scuse. Qualche timida parola pronunciata da Erdogan nel 2014 è stata inserita in un contesto talmente assurdo che ha addirittura appesantito quel senso di negazione che ancora resiste nella politica turca. Le proposte indicate nell’articolo sono a basso impatto economico per un grande stato come la Turchia, ma di fortissimo peso politico; aggiungiamo che non sarebbe certo pensabile alla restituzione di tutto l’Ararat, ma la montagna dell’arca (come abbiamo già scritto in passato) potrebbe diventare il simbolo della pace e la vetta essere in comune tra i due ex grandi nemici. Ma per fare tutto questo ci vuole coraggio, molto coraggio; ed è quello che manca alla politica turca ancora troppo attenta al nazionalismo interno. A noi, tutto sommato, potrebbe anche star bene così: finché siamo in trincea, ci fortifichiamo e siamo combattivi; ma pensiamo alle generazioni armene future (dentro e fuori dalla repubblica) che hanno diritto a vivere con più serenità degli avi. Però, fin tanto che avremo a che fare con i questi turchi il discorso non cambierà. Pagina 3 4 Akhtamar on line Il presidente Sargsyan a Riga parla all’Europa In occasione del vertice dell’Unione Europea per il partenariato orientale, tenuto il 22 maggio a Riga, capitale della Lituania, il presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan ha indirizzato un messaggio di saluto ai colleghi europei. Egregio primo ministro Straujuma, illustre presidente Tusk, signore e signori, Ringrazio le autorità lettoni e i nostri colleghi europei per l'eccellente organizzazione del quarto vertice del partenariato orientale. Sin dal lancio del partenariato orientale lo abbiamo ritenuto un formato per approfondire la nostra cooperazione con l'Unione Europea, favorendo i contatti tra le nostre società, e l'esecuzione di una specifica cooperazione in vari settori. In tutto questo periodo il consolidamento della collaborazione con l'Unione Europea ha dato nuovo impulso agli sforzi per modernizzare il nostro Stato sui principi di democrazia, diritti umani e stato di diritto, ha dettato la nostra agenda di riforme su larga scala e in modo significativo ha contribuito al consolidamento della società civile. Cari colleghi, La risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh è importante anche per la costruzione di un'Europa libera da linee di demarcazione. L'approccio dell’Armenia è in consonanza con la posizione della comunità internazionale, che si è riflessa nelle Dichiarazioni dei leader delle nazioni copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE. È ben noto che le parti negozianti sotto l'egida del Processo di Minsk dell'OSCE con la mediazione di Russia, Francia e Stati Uniti hanno convenuto che il conflitto del Nagorno Karabakh dovrà essere risolto sulle base delle disposizioni di legge della Carta delle Nazioni Unite e della dichiarazione finale di Helsinki, in particolare quelle relative a diritto del popolo all'autodeterminazione, al non ricorso alla minaccia o all'uso della forza e all'integrità territoriale. È anche noto che il Nagorno Karabakh non ha alcuna relazione di sorta con l'integrità territoriale dell'Azerbaigian in quanto non ha mai costituito una parte dell'Azerbaigian indipendente. Nel frattempo, le autorità di quel paese, considerando l'integrità territoriale come unico principio, la propongono come loro slogan assoluto e costantemente interrompono il processo di pace, negando A N N O 1 0 , NU M E R O 20 2 altri principi non meno importanti e altrettanto legittimi per la risoluzione. Nel ventunesimo secolo l'integrità territoriale, infatti, deve essere rispettata dagli Stati, ma quando che l'integrità porta alla mutilazione del destino di una parte di quella società, quando porta alla morte di qualsiasi prospettiva di sviluppo di quest'ultima, allora il diritto all'autodeterminazione del popolo non deve essere subordinato a tale integrità. Alla fine della giornata, se il principio di integrità territoriale fosse stato l'unica regola da seguire, non avrebbero dovuto esserci così numerosi rappresentanti di vari Stati presenti attorno a questo tavolo semplicemente perché non avrebbero dovuto esserci così tanti Stati. Cari colleghi, quest'anno abbiamo commemorato il centenario del genocidio armeno che è stato perpetrato nell'Impero Ottomano. Numerose nazioni europee si sono unite a noi pagando rispetto alla memoria di un milione e mezzo di vittime, che erano state martirizzate per il solo fatto del loro essere armene e cristiane. Siamo grati a tutti coloro che non hanno calibrato le proprie azioni sulla convenienza politica, e hanno portato il loro contributo alla causa della prevenzione dei crimini contro l'umanità. Il 15 aprile 2015 la struttura più rappresentativa dell'Unione Europea ha adottato la risoluzio- ne sul genocidio armeno che invia il messaggio di riconoscimento genocidio a tutte le nazioni dell'Europa unita, e anche in Turchia. Distinto Signor Presidente, l’Armenia si è impegnata ad adottare misure in collaborazione con i suoi partner europei per la progettazione di nuove basi giuridiche per le nostre relazioni, che rifletteranno, da un lato, il contenuto dei negoziati precedenti che l’Armenia ha condotto con la UE e, dall'altro, sarà compatibile con gli altri processi di integrazione, in particolare, con gli impegni derivanti dalla nostra adesione all'Unione Economica Eurasiatica. L’Armenia, nel frattempo, considera grandemente l’applicazione di approcci differenziati e su misura per ogni singolo paese, che sono progettati intorno i progressi compiuti nell'attuazione delle riforme, e la reiterazione del principio "more for more." Siamo fermamente convinti che tutti i partner devono aderire ai valori condivisi e garantire la pace e la stabilità della regione. La Repubblica di Armenia continuerà a funzionare esattamente in questa direzione. Vi ringrazio Serzh Sargsyan (traduzione redazionale non ufficiale) Pagina 4 5 Akhtamar on line la voce dell’Artsakh La magnanime corte azera... È stata magnanime la corte azera che ha giudicato Arsen Baghdasaryan, l’ex militare armeno (congedato dall’Esercito di difesa del Nagorno Karabakh per abbandono del posto in servizio) che aveva avuto la brillante idea di disertare e vagare nei dintorni di Aghdam (Akna) fino a farsi catturare dai militari dell’Azerbaigian. Solo quindici anni di condanna, invece dei diciotto chiesti dal procuratore. Ben gli coglie, verrebbe voglia di commentare riguardo quello che agli occhi dei suoi commilitoni appare niente altro che un disertore. Ma liquidare il tutto con una battuta non sarebbe giusto anche perché di mezzo c’è la vita di un uomo che si è visto accusare di crimini ridicoli e condannare a una pena detentiva sproporzionata. Sappiamo però come ragionano gli azeri e soprattutto l’irascibile Aliyev che da quando furono catturati, processati e condannati i suoi connazionali (sabotatori e assassini) non dorme più sonni tranquilli; da allora ha avuto un solo chiodo fisso in testa, catturare e processare un armeno per poter “equilibrare” la bilancia della giustizia. E magari scambiarlo con i due criminali (hanno ucciso anche un ragazzo di diciassette anni durante la loro scorribanda in territorio della repubblica del Nagorno Karabakh nell’estate scorsa) che ora, al termine di un giusto processo, sono in carcere a Stepanakert. Baghdasaryan è capitato a fagiolo, e poco importa che non fosse a capo di un manipolo di incursori armeni come goffamente la corte di Ganja ha cercato di definirlo, che le sue “armi” fossero decisamente spuntate e che l’unica accusa fondata pote- LA GIOVANE DEMOCRAZIA ARMENA Quindici giorni or sono il presidente della repubblica del Nagorno Karabakh/Artsakh ha firmato i decreti di promulgazione di numerose leggi. Tra i tanti provvedimenti alla firma di Bako Sahakyan, ci piace ricordarne tre di particolare significato politico: si tratta delle norme di “Verifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, di quelle di “Verifica del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali”, e del pacchetto normativo relativo alla “Verifica della Convenzione europea sulla salvaguardia del patrimonio archeologico”. Come è noto, l’Artsakh è uno stato-non stato: cioè pienamente funzionante, con tutto il suo apparato completo, ma ufficialmente non ancora riconosciuto da alcun Paese membro dell’ONU e quindi come se non esistesse; uno stato “fantasma”. Per questo motivo non può aderire ad alcuna convenzione internazionale. A N N O 1 0 , NU M E R O 20 2 Può, però, valutare se il proprio impianto legislativo è in linea con quanto previsto dai trattati internazionali. Ed è quello che queste nuove leggi, appena approvate, fanno. Cercano di avvicinare ancora di più la piccola repubblica sud caucasica ai parametri internazionali ed europei in particolare. Ai primi di maggio si sono svolte elezioni libere e trasparenti che hanno visto concorrere sette liste e ne hanno portate cinque in Parlamento (di cui due di opposizione). Con il passare del tempo si consolida la vocazione democratica ed europeista dell’Artsakh e si rimarca ancora di più la differenza con la confinante dittatura azera. Di là il petrolio, di qua democrazia e valori europei. Verrà un giorno in cui l’Europa dovrà fare una scelta non dettata dalle convenienze economiche ma dai valori di principio: e, quel giorno, la decisione non potrà che essere una sola. va essere quella della penetrazione illegale nel territorio azero. Un’occasione del genere non capita tutti i giorni e a Baku non se la sono lasciata sfuggire dopo aver tentato inutilmente nei mesi passati ripetute incursioni suicide portando al massacro decine di soldati al solo scopo di tentare di catturare vivo qualche armeno. La sentenza “esemplare” dello sprovveduto (e codardo…) ex soldato armeno mira appunto a bilanciare i conti. Fin qui la cronaca. Ma la vicenda del giovane armeno Baghdasaryan ha riflessi politici e morali di ben altro spessore. Il processo è stato fortemente criticato da alcuni (anche autorevoli) osservatori internazionali e cresce la convinzione del basso livello di legalità e democrazia in Azerbaigian. Però il petrolio del Caspio continua sempre a far gola e l’Occidente cerca di mimetizzare le proprie perplessità politiche evitando prese di posizione più nette. Il caro leader di Baku continua a gettare benzina sul fuoco; per ora l’incendio è sotto controllo, i pompieri osservano a distanza e di tanto in tanto pompano acqua. Ma se le fiamme dovessero divampare violente cosa succederà…? TOH, E’ SPARITA LA BANDIERA ARMENA… Gli azeri hanno talmente paura degli armeni da cercare di schivarli il più possibile… così i media di Baku hanno ripreso la parata di Mosca per il 70° anniversario della Vittoria patriottica. ma poiché dietro al vessillo azero c’era quello armeno, ecco arrivare il colpo di forbice … Penosi…! Pagina 5 6 Akhtamar on line centouno Il centenario del genocidio armeno non finisce il 24 aprile del 2015. Quella è una nuova data di partenza e ora più che mai ogni nostro sforzo deve essere impegnato nel ricordare ed esigere. COMITATI CONTRO I GENOCIDI L’Armenia ha chiesto, per tramite del presidente dell’Assemblea Nazionale Galust Sahakyan, che tutti i parlamenti del mondo formino commissioni deputate a studiare e prevenire ogni forma di genocidio. Rivolgendosi a maggio ai partecipanti del forum internazionale «Il futuro del processo di Bologna» e del 68° congresso dell’Unione degli studenti europei, il presidente del parlamento armeno ha preannunciato che l’Assemblea di Yerevan rivolgerà un appello a tutti i colleghi del mondo affinché si coalizzino nella lotta contro i genocidi e dedichino ad essa una proficua attività. Qui Armenia VERDE ARMENIA Altri 58.200 alberi sono stati piantati in varie regioni da «Armenia Tree Project» (ATP) nell’ambito di una campagna di rimboschimento del territorio saccheggiato ai tempi del terremoto (per la conseguente chiusura della centrale di Metzamor) e della guerra con l’Azerbaigian. Dal 1994 allorché cominciò la campagna di riforestazione sono stati quasi quattro milioni e ottocentomila gli alberi (anche da frutto) piantati in tutta l’Armenia. Entro l’autunno ne verranno piantumati altri duecentomila e così il totale salirà a oltre cinque milioni. L’Armenia è sempre più verde. LEONE D’ORO ALL’ARMENIA L’Armenia si è aggiudicata il Leone d’oro per nazioni alla Biennale di Venezia, edizione 2015. E’ stato così premiato l’importante lavoro e lo sforzo dei curatori di allestire un padiglione (isola di san Lazzaro) degno di un Paese che ricorda proprio quest’anno il centenario del genocidio. La motivazione recita: “per aver creato un padiglione basato su un popolo in diaspora, dove ogni artista si confronta non solo con la sua località specifica, ma anche con il suo retaggio culturale. Il padiglione prende la forma di un palinsesto, con elementi contemporanei inseriti in un sito A N N O 1 0 , NU M E R O 20 2 160.000 A LOS ANGELES Non erano centotrentamila, ma addirittura centosessantamila i partecipanti alla marcia commemorativa del centenario che si è svolta a Los Angeles il 24 aprile. Le autorità governative dello stato hanno corretto al rialzo il numero già elevato di manifestanti. BLOCCATA LA DEMOLIZIONE? La demolizione del vecchio orfanotrofio armeno (Kamp Armen) di Istanbul il cui annuncio era stato dato proprio a ridosso della data del centenario sembrerebbe bloccata, come riferisce “Agos”. Le proteste dei cittadini sembrano aver fatto, almeno provvisoriamente, decadere il progetto. L’edificio, costruito per iniziativa della chiesa protestante, era stato espropriato alla comunità armena nel 1987 e vane sono state in passato le iniziative per rientrarne in possesso. La notizia della avviata demo- lizione, proprio nell’anno del centenario, è finita anche sui media italiani oltre che di tutto il mondo. ITALIA RICORDA Sono aumentate nel mese di aprile le istituzioni italiane che hanno ufficialmente riconosciuto il genocidio armeno. Il «Consiglio per la comunità armena di Roma» aveva lanciato nei mesi scorsi una (sotterranea) campagna di sensibilizzazione che ha portato la regione Toscana, la regione Piemonte, le città di Trieste, Lucca, Novara e Olbia a esprimersi ufficialmente sul tema. Altri consigli hanno votato mozioni di vicinanza al popolo armeno. A tutti gli enti il Coniglio ha inviato un messaggio di ringraziamento e ha comunicato ufficialmente al Museo del genocidio di Yerevan i nominativi degli enti interessati da inserire nella lista dei giusti. (v. lista sul sito) nal Geographic Traveller magazine (edizione russa) tra le dieci top località da visitare nel territorio dell’ex Unione Sodel patrimonio storico. Nell’anno che vietica. segna un’importante pietra miliare per il popolo armeno, questo padiglione AUTOSTRADA A PEDAGGIO rappresenta la tenacia della confluenza Alcuni tratti della costruenda autostrada e degli scambi transculturali”. Un gran- detta “corridoio nord-sud” che attraverserà de successo per il ministero della cultura tutta l’Armenia dal confine con la Georgia dell’Armenia, per il curatore Adelina a quello con l’Iran potrebbero essere sogCuberyan von Furstenberg, per l’amba- getti a pedaggio. Tale ipotesi è stata avansciata italiana e l’organizzatore Vartan zata, nel corso di un’audizione all’AssemKapapetyan. blea Nazionale, da David Dole, responsaIntanto ha destato curiosità la notizia bile per l’Armenia della Asian Develodell’allestimento nel padiglione della pment Bank che finanzia con 500 milioni Turchia a cura dell’armeno Sarkis con di dollari il progetto il cui costo complesuna installazione dai contenuti voluta- sivo è quasi doppio. Si dovrebbe trattare di mente politici (Dink, Gezi park, Paraja- segmenti ad alta intensità di traffico o nov). riguardanti particolari tunnel o ponti graGUERRA ALLA TURCHIA L’Armenia ha dichiarato guerra alla Turchia. Ma niente allarmismi… si tratta solo di una disposizione transitoria di bando nei confronti di pollame (e prodotti derivati) di provenienza turca al fine di impedire la diffusione della influenza aviaria. Nessuna belligeranza diplomatica, dunque, ma solo una misura precauzionale decisa dal Dipartimento armeno per la sicurezza alimentare. SEVAN AL TOP Il lago armeno è stato inserito dal Natio- zie ai quali l’intero percorso di 495 km accorcerà comunque di sessanta chilometri il precedente tracciato. CINEMA ARMENO L’Armenia sta cercando di riformare il sistema legislativo di aiuti alla produzione cinematografica e di agganciarsi al sistema di fondi per lo sviluppo internazionale. Lo ha sostenuto il ministro della cultura Hasmik Poghosyan che conta di avere i primi risultati tangibili all’inizio del 2016. Nel 2015 cinque film, 12 documentari e un cartone animato sono stati coprodotti dallo stato. Pagina 6 7 Akhtamar on line Euroflop? Bollettino interno a cura di comunitaarmena.it Q U E S T A P U B B L I C A Z I ON E E ’ E D I T A CON IL FAVORE DEL MINISTERO DELLA DIASPORA il numero 203 esce il 15 giugno 2015 w w w. k a ra b a k h. i t I nf or m az i one q uot i di a na i n i t al i an o s ul l ’ Ar t s ak h Niente da fare. Nonostante tutte le attese della vigilia e le favorevoli previsioni che autorevoli commentatori avevano fatto (da ultimo il britannico Guardian), il gruppo armeno dei “Genalogy” non solo non è riuscito a vincere l’Eurofestival o a piazzarsi fra le prime posizioni della classifica finale, ma ha raccolto solo un deludente sedicesimo posto. Ben al di sotto delle aspettative, dunque. Il progetto (ne abbiamo parlato anche negli scorsi numeri) era ambizioso e pienamente condivisibile: aggregare sei giovani armeni provenienti dall’Armenia e dai cinque continenti in un ideale abbraccio tra Madre patria e Diaspora. Il tutto nell’anno del centenario, con annesse polemiche (il titolo della canzone “Don’t deny” era stato cambiato in corsa su pressione dell’Eurovision preoccupata delle polemiche politiche. Il video di presentazione, girato per settimane in rete, era molto accattivante e commovente; ma la rappresentazione sul palco non ha evidentemente reso allo stesso modo. Due sono gli aspetti che vogliamo sottolineare: come abbiamo già scritto negli anni passati, il popolo armeno vuole anche sentir cantare in armeno; magari solo qualche strofa, magari solo qualche nota di duduk. Invece i rappresentanti dell’Armenia da qualche edizione a questa parte hanno preso l’abitudine di uniformarsi al format festivaliero dove quasi tutti cantano in inglese. Si perde, insomma, la nota caratteristica, quel tocco “etnico” che può far vincere una canzone o quanto meno suscitare le simpatie dei connazionali. Se la Francia (mezzo milione di armeni) dà solo tre punti ai Genealogy vuol dire che la canzone non ha fatto vibrare neppure le loro corde del cuore. Dovere patriottico avrebbe imposto di votare, a prescindere, il gruppo armeno soprattutto nell’anno del centenario. Ma è evidente che questo non è avvenuto. Così pure da Russia e Grecia, tradizionali serbatoi di voti armeni, sono arrivati consensi minori alle aspettative. Non sarebbe cambiato il risultato finale, l’Armenia comunque sarebbe stata lontano dal podio, ma almeno non avrebbe avuto l’onta di farsi sopravanzare da altre nazioni. Quindi, ripetiamo, l’Armenia deve tornare a colpire i cuori della Diaspora e proporre canzoni che, sia pure di sfuggita, non rinneghino la tradizione musicale nazionale. Altra questione riguarda la qualità del prodotto presentato alla platea europea. Noi ci siamo commossi a vedere la clip del gruppo con la famiglia armena che poco alla volta si assottiglia; ma il pubblico continen- tale, distaccato, non può avere ovviamente la stessa sensibilità. Così la differenza la fanno i testi, la scenografia, gli arrangiamenti. In una competizione dove il melodico alla Celine Dion imperversa (con tanto di capelli al vento stile Titanic) e dove alla fine vince un belloccio ragazzotto con un brano poco più che dignitoso, bisogna fare la differenza con qualcosa di tecnicamente più appetibile. Anche perché il voto nazionale è costituito al 50% da quello popolare e al 50% da quello di una giuria tecnica che, se non animata da altre intenzioni, guarda alla sostanza del motivo (appunto il testo, l’arrangiamento, la musica, la scenografia/coreografia). Aram Mp3, peraltro cantando solo in inglese, nel 2014 sfiorò il podio: era un bel testo fu premiato. In precedenza i risultati migliori sono arrivati con brani che, sia pure solo in parte, richiamavano suoni e parole dell’Armenia. Quindi un giusto mix di folclore e globalizzazione musicale. Così si vince l’Eurofestival. Ad ogni buon conto, duecento milioni di telespettatori (anche in Italia) hanno ascoltato la storia del gruppo armeno e sono stati informati sulla ricorrenza del centenario del genocidio. Basta e avanza per dire che un risultato è stato raggiunto. Al prossimo anno. Forza Armenia! L’ARMENIA ALL’EUROFESTIVAL 2006 - André, Without your love (8) 2007 - Hayko, Anytime you need (8) 2008 - Sirusho, qele qele (2) 2009 - Inga e Anush, jan jan (6) 2010 - Eva Rivas, Apricot Stone (10) 2011 - Emmy, Boom boom (non in finale) 2012 - A Baku non ha partecipato 2013 - Doryans, lonely planet (12) 2014 - Aram Mp3, Not alone (4)