Il Rosso e il Nero

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Il Rosso e il Nero
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
TERRORE E SOGNO
6 dicembre 2012
La strana atmosfera di questa fine anno
Terror und Traum, Terrore e
Sogno, è il titolo di un libro di 800
pagine che lo storico tedesco Karl
Schlögel ha dedicato alla Mosca del
1937 (ne è appena uscita la versione
inglese, Moscow 1937). È un’istantanea
affascinante di un punto nello spazio e
nel tempo in cui l’idea di essere a un
passo dal più radioso dei paradisi
terrestri ha potuto coincidere per
milioni di persone con la paura di
essere svegliati all’alba dalla polizia
politica ed eliminati entro poche ore
senza nemmeno sapere il perché.
La Mosca del 1937 è la sede di
grandiosi processi politici in cui le
colpe degli accusati, completamente
inventate,
vengono
comunque
minuziosamente elencate e analizzate.
Dietro le quinte, intanto, il precursore Terrore e Sogno. Il libro di Schlögel sulla
del Kgb, l’Nkvd, emana l’Ordine Mosca del 1937.
Operativo 00447 nel quale, con metodo
top-down, vengono assegnati provincia per provincia, distretto per distretto,
i budget di vittime da fucilare senza processo. Cinquemila tondi a Mosca,
quattromila a Leningrado, duemila a Kiev e via discendendo per ogni angolo
remoto dell’immenso spazio sovietico, fino ai 300 da scovare (si immagina
con fatica) tra i laghi e le foreste della bellissima Carelia.
Al tempo stesso, a Mosca si vive in uno stato di esaltazione. Sono appena
iniziati i lavori per il rifacimento completo della città. Architetture oniriche,
piazze e viali metafisici, futurismo monumentale. L’infaticabile Commissario
del popolo all’Industria Lazar Kaganovich alterna la compilazione di liste di
migliaia di dirigenti e operai da fucilare con l’attenzione febbrile ai lavori di
costruzione della lussuosa e spettacolare metropolitana di Mosca, le cui
stazioni vengono inaugurate una dopo l’altra. Registi della Mosfilm
accorrono a riprendere gli eventi. L’impaziente Medvedkin, nel girare La
Nuova Mosca, anticipa con fondali disegnati lo skyline del futuro prossimo,
così diverso da quello di New York.
Yuri Pimenov. La nuova Mosca. 1937
Sappiamo come è
andata a finire. La
guerra ha interrotto
per sempre i lavori per
la nuova Mosca. La
Russia poststaliniana è
scivolata velocemente
nel
grigiore
burocratico. Il terrore
e il sogno si sono
trasformati
nella
stanchezza decrepita,
nella
ruggine,
nel
cadere in pezzi così
bene descritto nel 1984
dal regista georgiano
Eldar Shengelaya nel
film
satirico
Le
Montagne Azzurre.
La convivenza insolita di grande paura e grande speranza è il tratto
caratteristico dell’America di queste settimane. A seconda di come si legge il
fiscal cliff prossimo venturo si può vivere questa fine anno in due modi
completamente diversi.
Il primo modo è da ultimi giorni di Pompei (o dell’Avana di fine 1958,
con Castro sulla Sierra sempre più vicino e il sipario che sta per calare per
sempre sulla dolce vita). È un’atmosfera da fine regno in cui si salva chi può.
Si vendono i titoli per realizzare gli utili finché ci sono e finché sono tassati al
15. Le società distribuiscono in fretta e furia i dividendi di tutto l’anno
prossimo e fanno fuori tutta la cassa che possono. Si fanno fusioni
acrobatiche per approfittare degli ultimi giorni di imposizione bassa. Si
bloccano progressivamente gli investimenti. Qualcuno licenzia.
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Una variante della lettura pessimista si concentra non tanto sugli
aumenti di tasse quanto sul protrarsi dello stallo a tutta la prima metà del
2013. Ci sarà un accordo minimo, secondo questa lettura, per bloccare gli
aumenti sotto una certa fascia di reddito, ma su tutto il resto ci sarà una rissa
politica prolungata. Che l’accordo tampone arrivi per fine anno o a gennaio
importa poco, in questa interpretazione. Il clima sarà comunque avvelenato,
i repubblicani cercheranno di vendicarsi in tutti i modi e i democratici
passeranno il tempo a tendere loro trappole. Ci sarà lo scontro sul debt ceiling
e si litigherà per mesi su come riabbassare le tasse salite improvvisamente il
31 dicembre. Questo clima scoraggerà gli investimenti, le assunzioni, gli
acquisti di case. Ethan Harris, un economista serio e prudente, stima la
crescita americana all’uno per cento nella prima metà del 2013 nello scenario
più probabile, quello di una soluzione a piccoli passi del fiscal cliff.
Al tempo stesso, a volte nelle stesse teste, girano idee aggressivamente
ottimistiche sul 2013. Chi ragiona così considera il fiscal cliff come un
incidente passeggero, una specie di tempesta tropicale che arriva e se ne va.
Se ne minimizza il costo, ovvero l’aspetto restrittivo della politica fiscale.
La lettura ottimista mette insieme il permanere in tutto il mondo
sviluppato di politiche monetarie espansive per il 2013, la stabilizzazione
dell’Europa, la volontà
di rilancio della Cina e,
in America, il forte
andamento dei consumi
e la ripresa del mercato
immobiliare
e
dell’edilizia. Ne ricava,
come si vede dalle
previsioni sul prossimo
anno che le grandi case
stanno pubblicando in
questi giorni, un quadro
ancora
abbastanza
favorevole per i bond e
molto incoraggiante per
Aleksandr Medvedkin. La Nuova Mosca. Film. 1938
l’azionario.
C’è del buono e
dell’utile in entrambe le letture, ci pare. Il fiscal cliff non sarà indolore e
alcuni aumenti di tasse si faranno sentire. Questi aumenti, tuttavia, non
saranno alla fine così terribili come in questi giorni si paventa. A Obama non
interessa molto riempire le casse pubbliche, quanto piuttosto ottenere una
vittoria politica. Potendo scegliere, preferirebbe raccogliere 50 con aumenti
delle aliquote marginali piuttosto che 100 attraverso la limitazione delle
detrazioni per i redditi più alti. Obama vuole una vittoria che infligga il
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massimo dolore possibile ai suoi avversari repubblicani, dividendoli e
costringendone una parte a violare l’impegno a non alzare mai le tasse. Fu
proprio una violazione di questo tipo che costò la rielezione a Bush padre.
Gli aumenti, quindi, non saranno giganteschi e, in ogni caso, non
verranno toccate, se non marginalmente, le detrazioni più care ai
contribuenti americani, prima tra tutte quella sui mutui. Per questo sembra
eccessiva la caduta dei titoli dell’edilizia, proprio in un momento in cui le
società del settore segnalano una forte ripresa di attività.
Quanto all’effetto (moderatamente) restrittivo della politica fiscale
americana, questo sarà compensato a livello globale da una politica fiscale
europea sempre più indulgente verso i disavanzi mediterranei (solo con
l’Italia la linea tedesca è ancora intransigente) e da una Bce che si prepara a
scendere in campo con acquisti diretti di titoli spagnoli e, in prospettiva,
portoghesi e italiani. La Cina, dal canto suo, non prepara manovre espansive
paragonabili a quella imponente del 2008-2009, ma darà comunque un po’ di
gas all’edilizia, sostenendo in questo modo l’industria pesante cinese e quella
mineraria globale.
Qualcuno ipotizza, per la seconda metà del 2013, la fine del bull market
obbligazionario e un travaso di liquidità dai bond verso l’azionario.
Sui bond bisogna però distinguere. I corporate non corrono rischi, anche
se quelli di
qualità sono
ormai
quasi
arrivati.
I
governativi
americani
e
tedeschi sono
anch’essi a fine
corsa, ma non
c’è motivo per
pensare
a
ritracciamenti
che non siano
temporanei. I
governativi
La nuova Mosca di Putin.
mediterranei e
i
finanziari
europei hanno ancora strada da fare, ma non bisogna pensare che siano
definitivamente fuori dal guado.
Come ha detto Stark, la crisi europea non è assolutamente finita. Stark
non lo ha detto, ma è possibile che pensi a un momento in cui l’acquisto di
titoli spagnoli da parte della Bce (non ancora iniziato, ma nell’aria) susciti a
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un certo punto inquietudine in Germania. Si aprirebbe allora una fase
indubbiamente delicata.
Quanto alle borse, è normale che il loro rialzo prosegua per uno-due anni
anche dopo che le obbligazioni hanno raggiunto il loro livello più alto.
L’andamento dell’azionario, tuttavia, benché tendenzialmente positivo, sarà
molto irregolare. Questo perché le inquietudini e le tensioni dei mercati, in
questo ciclo così diverso dai precedenti, continueranno a scaricarsi sulle
borse, lasciando tranquilli i bond (con la possibile eccezione di periferia e
banche europee).
Nel breve, di qui a fine anno, è probabile che le borse europee continuino
ad andare meglio di quella americana. Negli Stati Uniti, il confronto tra
paura e speranza produrrà ancora per qualche giorno un mercato piatto. Un
accordo tampone che lasci in dubbio le aliquote su dividendi e capital gain
provocherà un rialzo breve e contenuto, non così ampio, probabilmente,
come il mercato pensa. Solo un accordo esteso, se e quando arriverà, potrà
essere legittimamente festeggiato (se sarà il caso) con un recupero più
significativo.
Alessandro Fugnoli +39 02 777181
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