Mata Hari
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Mata Hari
Mata Hari di Alessandro Iori In scena una sedia. Sinossi: In attesa dell’esecuzione, Mata Hari ripensa alla sua vita. 1 L’abito bianco, voglio indossare l’abito bianco. Sì, con i guanti ed il cappello di paglia di Firenze. Ho deciso, sarò bellissima e fiera anche negli ultimi istanti della mia vita. La domanda di grazia è stata respinta, ormai manca poco all’esecuzione ed io voglio dimostrare di essere una donna senza paura, come sono sempre stata, anche nel momento della morte. Del resto, la tua vita, Margaretha, è stata una magia, dai, ammettilo! Chi te l’avrebbe detto, da bambina, che tu, olandese di famiglia agiata, ti saresti ritrovata, di colpo, travolta dal dissesto economico di tuo padre e dalla separazione dei tuoi genitori, a finire affidata al tuo padrino a Sneek! Poi rispondesti a quell’inserzione di matrimonio e, così, ti trovasti ad essere la moglie del malaticcio capitano Rudolph e ti trasferisti con lui ad Amsterdarm da sua sorella, dopo un triste viaggio di nozze a Wiesbaden. Poi la nascita di tuo figlio Norman John e, finalmente, cominciò l’avventura. Prima Giava, ad Ambarawa, poi Tempoeng, vicino Malang, dove nacque tua figlia Janne Louise, detta Non, dal malese nonah, piccolina. Poi la promozione da capitano a maggiore di Rudolph ti portò a Medan, sulla costa orientale di Sumatra. Certo la vita coniugale non era un granché, tra le gelosie di Rudolph e le sue ubriacature, ma a te piaceva fare gli onori di casa a tutti gli ufficiali che venivano a trovarvi. Del resto, ti è sempre piaciuto piacere! Poi la morte di Norman, avvelenato, e ti ritrovasti di nuovo a Giava, dove dovesti superare il tifo. Poi il ritorno in Olanda, la fine del matrimonio, la perdita di Non che restò affidata a Rudolph e, finalmente, Parigi! Non fu facile, modella di un pittore, piccole parti in Teatro, prostituzione, le provasti tutte! Poi di nuovo in Olanda e, finalmente, l’incontro con Henry. Diventata la sua amante, l’amante del Barone de Marguèrie, tutto cambiò. Il bel mondo parigino divenne finalmente il tuo mondo. Così conoscesti Molier, fosti amazzone per il suo circo e, finalmente, in quella festa a casa sua, potesti dare inizio alla tua carriera di menzogne. Menzogne, infatti, da allora furono solo menzogne. Raccontavi a tutti che la danza che portasti, prima nella case dei nobili e degli intellettuali, poi nei migliori teatri di Parigi, era quella delle sacerdotesse del Dio orientale Shiva. Ricordi le tue interviste? Sono nata a Giava e vi ho vissuto per anni, sono entrata, a rischio della vita, nei templi segreti dell’India, ho assistito alle esibizioni delle danzatrici sacre davanti ai simulacri più esclusivi di Shiva, Visnù e della dea Kalì, persino i sacerdoti fanatici che sorvegliano l'ara d'oro, sacra al più terribile degli dei, mi hanno creduto una bajadera del tempio, la vendetta dei sacerdoti buddisti per chi profana i riti è terribile, conosco bene il Gange, Benares, ho sangue indù nelle vene. Bugie, una vita di bugie, ma non eri più Margarethe Gertruida Zelle, ma Mata Hari, la divina, la splendida Mata Hari, l’Occhio dell’alba, cioè il Sole! E dopo l’esibizione all’Olimpya, divenisti “la donna che è lei stessa danza”, “colei che riesce a dare il senso più intenso e struggente dell’anima indiana”, il fascino proibito dell'erotismo e la purezza dell'ascesi, in un assurdo sincretismo in cui la mite saggezza di un Buddha veniva parificata ai riti sanguinari - per quanto inesistenti - di terribili dee indù. Dopo “Le roi de Lahore” per la musica di Massenet, all’Opera di Monaco, scrissero addirittura che tu eri la “danzatrice unica e sublime”. Persino Puccini si definì tuo ammiratore. Poi, divorziata da Mc Lehod, andasti a Berlino e cominciasti ad avere per amanti gli uomini 2 più importanti e ricchi del tempo. Tra i tanti ci fu anche Hans, con il quale andasti a Vienna, a Londra ed in Egitto. Intanto il tuo mito cresceva e tu inventasti nuove bugie. Il successo provocò anche imitazioni, ma nessuna raggiunse mai la tua fama. Il tuo nome fu accostato a quello delle maggiori vedettes del passato, come Lola Montez, e del tempo, come la Bella Otero, Cléo de Mérode e Isadora Duncan. Nessuna, però, seppe mai danzare come te. Danza. Con la morte del Principe ereditario austriaco, però, finì la Belle epoque e cominciò la guerra. Ma tu, abile come sempre nell’arte di sopravvivere, diventasti l’amante di uomini potenti, al punto da far sì che la Germania ti assunse come spia con il codice H21, trasformato in AF44, dopo l’addestramento curato dalla famosa Fraulein Doktor. Pochi, però, sapevano che come spia eri ben pagata anche dalla Francia. Fu in quel periodo che ti conobbi, Vladim Masslow. Fu in quel periodo che conobbi l’amore. Sì, Vladim, la donna dai mille amanti s’innamorò di te, l’unico uomo che riuscì a rubarle il cuore. Ora sto per morire Vladim, ma sappi che la cosa che mi addolora di più è che tu abbia detto che la nostra fu solo una relazione di poco conto, un’avventura. Tu non hai neanche idea di quanti amanti abbia avuto, tu non puoi immaginare quanta gente avrebbe dato la vita per giacere con me, ma per te sarei stata solo un’avventura? Non ci credo. Non ci crederò mai. Ho detto così tante bugie nella vita che ora mi piace credere che su questo abbia mentito tu, l’unico uomo che io abbia mai amato veramente. La realtà è che, aldilà delle menzogne, la mia vita è stata unica ed irripetibile. Nessuna donna può vantare una vita come la mia, in tempo di pace come di guerra, perché dietro le mie menzogne, resta la realtà di un sogno. Un sogno di danza e di doppio gioco, di povertà e ricchezza, di umiliazioni e di gloria, di infiniti amanti e di un unico amore. Vladim nessuno mi ha mai tradita, tranne te, nessuno potrà farmi male come te, nemmeno chi, tra poco, mi fucilerà. Ho vissuto di menzogne e muoio sperando che tu abbia mentito sui reali sentimenti che hai nutrito per me. Strano destino, il mio. Da adorata ad inquisita, da osannata a condannata, da desiderata a fucilata. Già, strano destino, ma morirò in piedi, con il mio cappello di paglia di Firenze, il mio abito bianco ed i miei guanti. Nessuno mi benderà, perchè, per quanto possa aver mentito agli altri, Vladim, io, almeno, non ho mai mentito a me stessa. FINE. 3