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Francia
Mons. Dagens
Visioni
di accademico
I
l 17 aprile mons. Claude Dagens, vescovo
di Angoulême, è stato accettato all’Accademia di Francia, istituzione pubblica
laica e prestigiosa che raccoglie intellettuali di riferimento nel paese. Prende il posto
del suo maestro, R. Remond (è suo il profilo che Regno-att. 10,2007,352 ha dedicato a
questo intellettuale). È una voce significativa della Chiesa francese con la quale la nostra rivista ha da tempo una stretta collaborazione, a partire da quel «Rapporto Dagens – Proporre oggi la fede» (cf. Regnodoc. 11,1996,340) che ha rappresentato un
passaggio rilevante della pastorale locale.
Mons. Dagens non incarna tanto la dimensione pubblica o politica, né un accademismo di maniera, quanto piuttosto una specifica sensibilità pastorale e spirituale:
«Non mi rassegno alla rassegnazione sull’avvenire del cristianesimo».
Rispetto a letture che tendono a confermare la marginalizzazione della fede,
Islam
Chiese cristiane
Le altre
risposte
I
l carteggio avviato dai 138 studiosi islamici ha incontrato anzitutto la Chiesa cattolica (cf. Regno-doc. 19,2007,588; Regnoatt. 20,2007,680; 22,2007,755; 4,2008,88), ma
ha coinvolto anche altre Chiese cristiane. Il
14 aprile è stata resa nota la lettera di Alessio II della Chiesa ortodossa russa, che sottolinea soprattutto il dovere della conoscenza reciproca, del comune impegno per
la pace e la giustizia e delle possibili convergenze teologiche. «I cristiani e i musulmani
hanno molti obiettivi comuni e possiamo
unire i nostri sforzi per raggiungerli. Una ta-
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IL REGNO -
AT T UA L I T À
8/2008
mons. Dagens illumina gli elementi positivi
che la situazione offre alla testimonianza
cristiana e non si stanca di indicare gli elementi iniziali e sorgivi di una nuova stagione. A partire dall’esigenza della conversione personale. Senza negare il vistoso indebolimento sociale della Chiesa francese
«noto anche un altro fenomeno sicuramente meno appariscente, ma altrettanto
reale: una sorta di ricomposizione del tessuto della fede e della Chiesa, che da noi si
manifesta nei referenti parrocchiali e nella
costituzione di gruppi di animazione pastorale» (cf. Regno-att. 2,2008,5).
Nella premessa al volume Méditation
sur l’Eglise catholique en France: libre e
présent (Paris 2008) sintetizza così l’approccio spirituale alla condizione ecclesiale attuale: «Ho ragioni per “soffrire per e
dalla Chiesa”, soprattutto quando i suoi
membri e i suoi responsabili si lasciano impressionare da valutazioni esclusivamente
statistiche a proposito dell’avvenire invece
di percepire le sfide che abbiamo davanti
facendo appello alle risorse della nostra fede in Cristo. Sono molto lieto quando persone che non sono dell’ambito cattolico,
come il giornalista Jean-Claude Guillebaud
o il filosofo Marcel Gauchet, ci lanciano avvertimenti realistici invitandoci a iscriverci
con risolutezza e intelligenza dentro la nostra società secolarizzata, mettendovi in
opera un “civismo cristiano”. Prendo posizione a favore dell’evangelizzazione ordi-
naria e profonda, quella che punta semplicemente sul lavoro incessante di Dio in
mezzo al popolo dei battezzati, soprattutto quando lo Spirito Santo ci insegna e ci
obbliga a capire le questioni della vita e
della morte che nel nostro contesto e nelle nostre relazioni ci vengono sollevate da
bambini, giovani e adulti.
Sono convinto che conversioni molto
profonde sono attese da noi se accettiamo
di capire che il nostro paesaggio culturale e
spirituale è diventato complesso, ma anche che la verità di Dio rivelata in Gesù Cristo può evidenziarsi ed essere riconosciuta
come una reale novità. Su questo terreno
molte aperture di dialogo non solo sono
possibili, ma sono attese. È in carico a noi
fare spazio alla pastorale del “cominciamento” della fede e alla pedagogia del
cammino iniziatico che non sono affatto
formule facili, ma rappresentano la pura fedeltà a quanto conosciamo della storia
delle origini cristiane e della testimonianza
dei Padri della Chiesa. È altrettanto urgente riconoscere che la vita spirituale non è
un ambito riservato a un’élite, ma che è accessibile a tutti. O meglio, che deve essere
resa accessibile a tutti i battezzati attraverso la preghiera, la parola di Dio e i sacramenti della fede. Abbiamo tutti bisogno di
imparare a collocarci su questo terreno essenziale per l’esistenza cristiana e per l’evangelizzazione».
L. Pr.
le unione è resa possibile soltanto dal riconoscimento reciproco del valore religioso
degli altri». Cristianesimo e islam «ricordano all’umanità la presenza di Dio e la dimensione spirituale dell’uomo e dell’universo.
Testimoniamo il legame fra la pace e la giustizia, la morale e la legge, la verità e l’amore (...). Sul piano dottrinale il nostro dialogo
può affrontare questioni importanti come
la conoscenza di Dio, dell’uomo e dell’universo. Nello stesso tempo, sul piano pratico, la cooperazione fra cristiani e musulmani potrebbe proseguire nella difesa del ruolo della religione nella vita pubblica, nella
lotta contro la diffamazione, l’intolleranza
e la xenofobia».
Il 20 marzo è stato diffuso dal Consiglio
ecumenico delle Chiese (CEC) il documento «Imparare a esplorare l’amore insieme».
Frutto di una consultazione, si pone come
risposta alla sollecitazione avviata dalle guide islamiche, sviluppando i due temi centrali della lettera (l’amore di Dio e del prossimo). Il CEC proporrà di rendere stabile una
serie di consultazioni per affrontare via via i
temi più urgenti. Pur senza sottovalutare le
differenze «che non possono essere ignora-
te» il testo riconosce «il coraggio della loro
azione» e la «sincerità del loro gesto». Invita tutti a mettere da parte i pregiudizi reciproci e a cercare la conoscenza e la sapienza dell’altro, arricchendo il tal modo la propria conoscenza e identificando «principi e
azioni comuni».
Il 16 ottobre scorso aveva già risposto il
vescovo Mark Hanson, responsabile delle
Chiese evangelico-luterane americane e presidente all’Alleanza mondiale luterana. «Ricevo questa lettera – scrive – come un importante segno di fede e di speranza», capace di alimentare il patrimonio spirituale di
ciascuno, fondato sulle Scritture e sulle confessioni di fede, in vista di un comune impegno per la pace. Cristiani e musulmani sono
chiamati «a vivere una pacifica coesistenza.
La lettera mostra con forza come i due comandamenti siano strettamente connessi
nel Corano come nella Torah o nel Nuovo
Testamento». Questa comune visione impegna tutti e tre i monoteismi a opporsi ai
conflitti in nome della convinzione di essere figli di Dio.
L. Pr.