Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990

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Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
TAR LAZIO - ROMA, SEZ. III - sentenza 17
gennaio 2007 n. 301 - Pres. Baccarini, Est.
Panzironi - Impresa Pizzarotti & C. s.p.a.
(Avv.ti Satta e Giorgianni) c. Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti (Avv.ra Stato),
Ministero della Giustizia e Siit per il Lazio,
Abruzzo e Sardegna (n.c.), Opere Pubbliche
s.p.a. (Avv. De Portu e Cancrini) e Eugenio
Ciotola s.p.a. (n.c.) - (respinge).
La P.A. puo’ negare ad una impresa concorrente
l’accesso agli atti di una gara pubblica, espletata
per l’affidamento dei lavori di costruzione di un
edificio da adibire a penitenziario, e, in
particolare, di accesso alla lettera invito, alle
offerte e documentazione presentata dalle ditte
concorrenti, ai verbali della procedura, al
provvedimento di aggiudicazione, nel caso in
cui, per assicurare il soddisfacimento di misure
di sicurezza e segretezza da adottare in tale
particolare tipo di appalto, la procedura di gara
sia stata dichiarata segretata ai sensi dell’art. 33
della legge n. 109 del 1994.
con domicilio eletto in ROMA
VIA SISTINA, 42
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E
DEI TRASPORTI
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con domicilio eletto in ROMA
VIA DEI PORTOGHESI, 12
presso la sua sede
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
SIIT PER IL
SARDEGNA
LAZIO
ABRUZZO
E
-----------------------e nei confronti di
REPUBBLICA ITALIANA
SOC OPERE PUBBLICHE SPA
TRIBUNALE
REGIONALE
rappresentato e difeso da:
AMMINISTRATIVO
DE PORTU AVV. CLAUDIO
PER IL LAZIO
CANCRINI AVV. ARTURO
SEZIONE TERZA
con domicilio eletto in ROMA
nelle persone dei Signori:
VIA G. MERCALLI, 13
STEFANO BACCARINI Presidente
MARIA LUISA DE LEONI Consigliere
GERMANA PANZIRONI Consigliere , relatore
presso
CANCRINI AVV. ARTURO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
e nei confronti di
SOC EUGENIO CIOTOLA SPA
Visto il ricorso 5017/2006 proposto da:
per l’annullamento
SOC IMPRESA PIZZAROTTI & C SPA
rappresentata e difesa dall’avv. SATTA
IGNAZIA
eGIORGIANNI
AVV.
FRANCESCO,
- della nota prot. n. 22928 del 12 maggio 2006,
trasmessa via fax il 15 maggio u.s., con la quale
il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
ha negato all’odierna ricorrente l’accesso agli
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atti relativi alla procedura di aggiudicazione
della realizzazione del carcere di Cagliari;
- di ogni altro atto indicato nell’epigrafe del
ricorso;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E
DEI TRASPORTI e di SOCIETA’ OPERE
PUBBLICHE S.P.A. ;
Udito alla camera di consiglio dell’ 11-10-2006,
il Consigliere Germana Panzironi e uditi i
procuratori delle parti.
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue.
FATTOeDIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato l’istante,
chiede, previo annullamento della nota in
epigrafe, l’accertamento del diritto all’accesso
ai documenti relativi alla procedura di
aggiudicazione del carcere di Cagliari.
Occorre premettere che la richiesta in esame si
inserisce nella complessiva vicenda che ha
preso le mosse dal ricorso con cui l’impresa
ricorrente ha impugnato tutti gli atti, di data e
contenuto ignoti, relativi alla aggiudicazione
della realizzazione del (nuovo) carcere di
Cagliari, nonché i Decreti interministeriali 2
giugno 2003 e precedenti, con i quali il
Ministero della Giustizia ed il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti decretavano che
tutti gli interventi di cui al decreto originario ed
alle sue varianti - tra essi la realizzazione dei
nuovi istituti penitenziari di Cagliari, Tempio
Pausania. Sassari ed Oristano - "rivestono
carattere di urgenza e la loro esecuzione deve
essere accompagnata da speciali misure di
sicurezza, al sensi e per gli effetti dell'art. 33
della I. 109/94 e successive, modifiche ed
integrazioni ed ai sensi e per gli effetti dell'art.
5, co. 2 del d. I.vo 157/1995 e successive
modifiche ed integrazioni".
L’Impresa proponeva, nel contempo, istanza di
accesso al Ministero della Giustizia, al
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed
al SIIT Lazio, Abruzzo e Sardegna, al fine di
prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti
di gara, nonché dei provvedimenti motivati con
cui l'Amministrazione usuaria, ai sensi dell'art.
82 del dPR 554/99, avrebbe dovuto giustificare
il ricorso alla procedura straordinaria della gara
informale non preceduta da pubblicazione del
bando di gara.
Con la nota impugnata, il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, dopo aver
precisato che la procedura de qua risulta inserita
nella variante al programma ordinario di edilizia
penitenziaria di cui al D. M. 2 ottobre 2003 ed
al D.M. 19 luglio 2004 - che hanno dichiarato
che gli interventi in essi previsti "rivestono
carattere di urgenza e la loro esecuzione deve
essere accompagnata da speciali misure di
sicurezza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33 I.
109/94 (..)" negava l’acceso agli atti affermando
che "in riscontro alla nota emarginata, si ritiene
di non poter consentire alla richiesta di accesso
e copia degli atti e dei provvedimenti interni
alla proceduta indetta per l’affidamento di cui
sopra atteso che l'interesse dell'Impresa in
indirizzo è da intendersi (come da sua stessa
dichiarazione) limitato a conoscere la
sussistenza dei presupposti per lo svolgimento
della gara infornale: in tale ambito, quanto
sopra evidenziato e l'acquisizione dei DD. MM
sopra citati, sono sufficienti a soddisfare, nei
limiti della ammissibilità e meritevolezza tale
interesse.
Nei confronti della suddetta nota l’istante
deduce la violazione di legge e l’eccesso di
potere.
Si sono costituite in giudizio l’amministrazione
resistente e la controinteressata, eccependo
l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
All’udienza camerale dell’11-10-2006 la causa
è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso per l’accertamento del diritto di
accesso deve essere respinto siccome infondato.
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L’impresa sostiene di aver interesse a conoscere
non solo i provvedimenti presupposti allo
svolgimento della gara informale, ma anche gli
atti relativi allo svolgimento della procedura
stessa, con particolare riferimento alla lettera
invito, alle offerte e documentazione presentata
dalle ditte concorrenti, ai verbali della
procedura, al provvedimento di aggiudicazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
dell’ 11/10/2006.
PRESIDENTE
ESTENSORE
Depositata in Segreteria in data 17 gennaio
2007.
Appare evidente che, essendo la procedura
dichiarata segretata, ai sensi dell’art. 33 della l.
n.109/94, dai decreti ministeriali già conosciuti
dalla ricorrente, il diritto di accesso esercitato in
questa sede è escluso dalla norma citata.
Gli atti richiesti, infatti, o sono già in possesso
della ricorrente, come i decreti ministeriali di
applicazione della norma dell’art. 33 prima
richiamata, ovvero sono esclusi, in tale ipotesi,
dall’accesso, in quanto escluso "dalle pubbliche
amministrazioni ai sensi del comma 2 del
presente articolo", cioè dell’art. 24 della legge
n. 241/90.
La costruzione di un penitenziario può essere,
infatti, segretata per espressa previsione di
legge, volta ad assicurare il soddisfacimento di
misure di sicurezza e segretezza da adottare in
questo particolare tipo di appalto, e, pertanto, la
conoscenza degli atti della gara potrebbe
compromettere il necessario riserbo in ordine
alle informazioni sulle tecniche costruttive
dell’edificio.
Non sussistono, pertanto, i presupposti per
l’accoglimento dell’istanza di accesso.
Sussistono
giustificati
motivi
compensazione delle spese..
per
la
***
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV –
sentenza 13 aprile 2005 n. 1745 – Pres. Riccio,
Est. Cacace – Ministero di Grazia e Giustizia
(Avv.ra Stato) c. Genovese (Avv. Manzo) (conferma T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I,
sentenza n. 1338 del 1998).
Vi e’ il diritto di un soggetto iscritto nell'albo
delle persone idonee all'ufficio di presidente di
seggio elettorale tenuto presso la cancelleria
della Corte di Appello, di accedere all'albo
medesimo, nonché ai provvedimenti di nomina
dei presidenti di seggio in alcune consultazioni
elettorali, trattandosi di atti che hanno natura
amministrativa e che non rientrano in alcuno dei
casi (previsti in via legislativa o regolamentare),
in cui il segreto d'ufficio possa essere
legittimamente opposto.
E’ a tal fine sufficiente l’interesse di curare o
difendere i propri interessi giuridici in un
procedimento instaurato dinanzi al giudice
penale (nella specie innanzi al G.I.P. del
Tribunale di Roma).
---------------------
P.Q.M.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio,
Sezione
III,
definitivamente
pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Con l'impugnata decisione, il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di
Roma, I Sezione, ha accolto il ricorso proposto
dall'odierno appellato, iscritto nell'albo delle
persone idonee all'ufficio di presidente di seggio
elettorale tenuto presso la cancelleria della
Corte di Appello di Roma, statuendo il diritto di
accesso dello stesso all'albo medesimo, nonché
ai provvedimenti di nomina dei presidenti di
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seggio in alcune consultazioni elettorali degli
anni 1995, 1996 e 1997. Ricorre in appello il
Ministero di Grazia e Giustizia, chiedendo la
riforma della sentenza.
Resiste l'appellato con analitica memoria, che,
premessa
eccezione
di
inammissibilità
dell'appello, conclude per la sua manifesta
infondatezza.
Con Ordinanza n. 1202/98, pronunciata nella
Camera di Consiglio del 28 luglio 1998, è stata
accolta la domanda di sospensione della
esecuzione della sentenza appellata. La causa è
stata chiamata e trattenuta in decisione alla
Camera di consiglio dell'8 febbraio 2005.
DIRITTO
1. - II Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio, sede di Roma, I Sezione, ha accolto il
ricorso proposto dall'odierno appellato, iscritto
nell'albo delle persone idonee all'ufficio di
presidente di seggio elettorale tenuto presso la
cancelleria della Corte di Appello di Roma,
statuendo il diritto di accesso dello stesso
all'albo medesimo, nonché ai provvedimenti di
nomina dei presidenti di seggio in alcune
consultazioni elettorali degli anni 1995, 1996 e
1997.
Il giudice di primo grado ha ritenuto, in
particolare, "sufficiente a qualificare il
richiedente come soggetto dotato di una
specifica
legittimazione"
l'esigenza
"di
individuare possibili elementi di prova da
esibire nel corso di un procedimento penale
tuttora pendente" (pag. 4 sent.).
L'Amministrazione appellante deduce, da un
lato, che la enunciata esigenza sarebbe "venuta
senz'altro
meno"
(essendo
"intervenuta
l'ordinanza di archiviazione del G.I.P. presso il
Tribunale di Roma ... relativamente al
procedimento penale pendente nei confronti del
Dirigente di Cancelleria della Corte d'Appello
di Roma Dr. Giovanni Caputi, a seguito di
denuncia del Sig. Genovese": pag. 9 app.);
dall'altro, che, una volta riconosciuto che il sig.
Genovese non aveva formulato la domanda di
accesso per verificare una presunta lesione
dell'interesse alla nomina per le operazioni
elettorali, sia da escludersi "che la P.A. possa
essere utilizzata come una sorta di banca dati a
disposizione degli utenti, da parte di terzi per la
tutela di situazioni non correlate con un
rapporto diretto con l'Amministrazione" (pag.
10 app.).
"In definitiva", si conclude, la domanda di
accesso di cui si tratta "risulta priva di
fondamento sia qualora la si consideri formulata
con riferimento alla mancata nomina
dell'interessato alle operazioni elettorali, sia
qualora sia ricollegata (come, invero,
semplicisticamente e riduttivamente ritenuto dal
TAR) a procurarsi elementi di prova per il
processo penale pendente" (pag. 12 app.). 2. Resiste l'appellato, eccependo anzitutto il difetto
di legittimazione processuale in capo al
Ministro, in rappresentanza del quale
l'Avvocatura dello Stato ha proposto appello;
infatti, egli afferma, "ai sensi dell'art. 16, lett. f),
d. leg.vo 3.2.1993, n. 29, la legittimazione a
promuovere e a resistere alle liti, con il relativo
potere di conciliare e transigere, nell'esercizio
dei poteri di gestione amministrativa, spetta in
via esclusiva al dirigente generale e non al
Ministro" (pag. 2 mem. del 31 luglio 1998).
Nel merito, egli contesta la fondatezza
dell'avversario appello, sottolineando, in
particolare, come non valga ad escludere la
sussistenza del suo interesse ad accedere, ai
sensi della legge n. 241/90, all'albo de quo, "la
circostanza che il G.I.P. presso il Tribunale di
Roma ... abbia ritenuto - allo stato degli atti - di
disporre l'archiviazione del procedimento
penale a carico di Caputi Giovanni, in quanto
trattasi di un provvedimento adottato rebus sic
stantibus, ben potendo le indagini essere
riaperte in ogni momento sulla base di nuovi
elementi di prova che, per l'appunto, il sig.
Genovese ha interesse a rappresentare al giudice
penale nell'ottica di una più ampia denunciata
fattispecie di abuso d'ufficio" (pag. 3 mem. cit.).
3. - Può prescindersi dall'esame della proposta
eccezione di inammissibilità del gravame, in
quanto lo stesso si rivela comunque infondato
nel mèrito.
4. - Va premesso, invero, che la legge 7 agosto
1990, n. 241, all'art. 22, primo comma, dopo
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aver enunciato le finalità della nuova disciplina
(assicurare
la
trasparenza
dell'attività
amministrativa e favorirne lo svolgimento
imparziale), sancisce il riconoscimento di un
generale diritto di accesso ai documenti
amministrativi «secondo le modalità della
presente legge», a tutti coloro che abbiano un
«interesse a tutela di situazioni giuridicamente
rilevanti ».
Nonostante la sua ampiezza, la norma contiene
una precisa indicazione di principio, che
circoscrive tale diritto a quei soggetti che, nel
richiedere di accedere ai documenti, abbiano un
interesse strumentale rispetto alla protezione di
posizioni giuridicamente rilevanti (di diritto
soggettivo, di interesse legittimo, d'interesse
collettivo o diffuso).
Tale diritto è preordinato alla circolazione delle
informazioni tra le pubbliche amministrazioni e,
soprattutto, tra amministrazione e cittadino
(Consiglio Stato, ad. gen., 11 maggio 1992, n.
75). Ne risulta un sistema ispirato al
contemperamento delle esigenze di celerità ed
efficienza dell'azione amministrativa con i
principii di partecipazione e di concreta
conoscibilità della funzione da parte
dell'amministrato, basato sul riconoscimento del
principio di pubblicità dei documenti
amministrativi, che implica, da un lato,
l'eccezionalità della segretazione di tali atti in
relazione esclusivamente alla qualità di questi
ultimi (piuttosto che al soggetto che li detiene),
dall'altro, la necessità della verifica, in capo al
richiedente l'accesso ai documenti, della
titolarità di un interesse giuridico differenziato
da quello indistinto degli appartenenti alla
comunità.
4.1 - Quanto al primo aspetto (quello della
qualità e del grado di protezione delle
informazioni richieste), l'art. 24 della legge n.
241/1990 prevede distinte ipotesi di esclusione
del diritto di accesso e le individua
espressamente, nel suo primo comma:
a) nei "... documenti coperti da segreto di Stato,
ai sensi dell'art. 12 della legge 24/10/1977 n°
801 ..." e nei casi "... di segreto o di divieto di
divulgazione
altrimenti
previsti
dall'ordinamento" (nelle ipotesi di cui al primo
comma, l'esclusione ivi prevista, siccome
precisamente
individuata
dallo
stesso
legislatore, è direttamente operante allorquando
si tratti o di atti coperti da "segreto di Stato" ex
lege n. 801/1977, ovvero di atti o categorie di
essi, per i quali altre specifiche disposizioni
legislative individuino una necessità di
apposizione del segreto di ufficio o di divieto di
divulgazione);
b) nel comma secondo, laddove elenca le
specifiche categorie di interessi pubblici, cui
riconnette una esigenza di salvaguardia
dall'accesso ai relativi atti, da soddisfarsi in una
successiva sede regolamentare (nelle ipotesi di
cui al secondo comma l'esclusione non è,
dunque, operante direttamente, in quanto il
divieto è efficace soltanto dopo che le
amministrazioni
competenti
abbiano
individuato e tipizzato, in apposito atto
regolamentare ed esclusivamente in relazione
agli interessi pubblici espressamente indicati dal
legislatore, i casi specifici di esclusione del
diritto di accesso);
c) ancora, nel quinto comma, laddove il
legislatore fa salve le esigenze specifiche e le
disposizioni particolari in materia di dati
acquisiti dal Centro di Elaborazione Dati del
Ministero dell'Interno per le esigenze di
sicurezza pubblica (così facendo salve, in
genere, le specifiche esigenze connesse alla
sicurezza interna dello Stato).
Ciò posto e venendo al caso di specie, rileva il
Collegio che né l'Albo delle persone idonee
all'ufficio di Presidente di seggio elettorale (di
cui all'art. 1 della legge 21 marzo 1990, n. 53),
né gli atti di gestione dell'albo stesso (iscrizioni
e cancellazioni, che costituiscono espressione
indubbia di potestà amministrativa, cui è
correlata una situazione soggettiva, in capo agli
elettori interessati, giuridicamente rilevante e
dunque
certamente
tutelabile),
né
i
provvedimenti di nomina dei Presidenti di
seggio (emanati, ex artt. 35 del d.P.R. 30 marzo
1957, n. 361 e 20 del d.P.R. 16 maggio 1960, n.
570, dal Presidente della Corte d'appello e che,
riguardati sotto il decisivo profilo della loro
natura e del contenuto che li caratterizza, non
possono
non
essere
considerati
atti
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amministrativi) rientrano in alcuno dei casi (in
via legislativa o regolamentare determinati), in
cui il segreto d'ufficio possa essere
legittimamente opposto.
4.2 - Quanto al secondo degli aspetti che
condizionano la azionabilità del diritto di
accesso (e cioè quello della sussistenza di un
interesse personale e differenziato alla visione
degli atti di cui si tratta in capo al soggetto
richiedente), va ricordato che i canoni di cui alla
legge n. 241 del 1990 si intendono soddisfatti
allorché tale soggetto abbia, al riguardo, un
diritto soggettivo od un interesse legittimo, o
vanti, comunque, un interesse differenziato e
qualificato all'estensione, finalizzato alla tutela
di situazioni giuridiche soggettive anche
soltanto future (Cons. St., V, 7 settembre 2004,
n. 5873). Orbene, un tale interesse è
sicuramente ravvisabile ogniqualvolta l'accesso
venga in rilievo per la cura o la difesa di
dimostrati interessi giuridici del richiedente,
fatti valere in giudizio.
E' quanto si verifica, appunto, nel caso
all'esame, nel quale l'odierno appellato ha fatto
valere, in relazione al richiesto accesso ai
cennati documenti, non solo e non tanto la sua
qualità di cittadino iscritto all'Albo predetto,
quanto quella di parte offesa in un
procedimento penale involgente possibili ipotesi
di abuso d'ufficio anche nella gestione di tale
Albo, al fine della individuazione di potenziali
elementi di prova, da esibire in esso. Peraltro,
non può negarsi, da un lato, che gli atti
amministrativi, cui l'appellato pretende di avere
accesso, a lui comunque si riferiscono
(direttamente od indirettamente), dall'altro che
la conoscenza di tali documenti si rivela, anche
solo potenzialmente, utile alla tutela della sua
posizione soggettiva giuridicamente rilevante di
persona offesa dal reato, che riceve, nel vigente
sistema
processuale,
larghissima
considerazione, risultando, dalla congerie di
diritti e facoltà ch'essa può esercitare in ogni
stato e grado del procedimento penale, un ruolo
non secondario di collaborazione con la
pubblica accusa.
Né l'esigenza di meglio tutelare i propri diritti
defensionali nel procedimento instaurato
dinanzi al G.I.P. del Tribunale di Roma può
dirsi in qualche modo venuta meno sol perché,
nelle more del presente giudizio, il
procedimento stesso risulta archiviato, giacché
la pretesa (e contestata) esigenza di conoscenza
degli atti amministrativi di cui si discute può
pur sempre correttamente rivelarsi funzionale
alla facoltà dell'interessato di fornire al pubblico
ministero ulteriori e concreti elementi di prova,
tali da indurlo a ravvisare l'esigenza di nuove
investigazioni, con conseguente richiesta al
giudice di decreto di riapertura delle indagini
(ex art. 414 c.p.p.).
5. - In forza delle sopra esposte considerazioni,
il ricorso, in definitiva, deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio,
liquidate nella misura indicata in dispositivo,
seguono, come di règola, la soccombenza.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando
sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.
Condanna il Ministero della Giustizia alla
rifusione delle spese del grado in favore
dell'appellato, liquidandole in Euro 5.000,00=,
oltre I.V.A. e C.P.A.
Cessano gli effetti dell'Ordinanza n. 1202/98,
pronunciata nella Camera di Consiglio del 28
luglio 1998, di accoglimento della domanda di
sospensione della esecuzione della sentenza
appellata.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 8 febbraio 2005, dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta - riunito in Camera di consiglio
con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Stenio RICCIO - Presidente
Antonino ANASTASI - Consigliere
Aldo SCOLA - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere, rei. est.
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ha pronunciato la seguente
Sergio DE FELICE - Consigliere
SENTENZA
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Salvatore Cacace Stenio Riccio
IL SEGRETARIO Rosario Giorgio Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 13 aprile
2005.
sul ricorso n. 1278/2006, proposto da Sellitto
Raffaele, Capuano Manuel, Capuano Vincenzo
e Salvati Michele, rappresentati e difesi
dall’Avv. Gabriele Capuano, elettivamente
domiciliati in Salerno, al corso Vittorio
Emanuele n. 174, presso lo studio del difensore;
contro
***
il Comune di Castel San Giorgio, in persona del
Sindaco p.t.;
TAR CAMPANIA - SALERNO, SEZ. II sentenza 7 novembre 2006 n. 1961 - Pres.
Esposito, Est. Fedullo - Sellitto e altri (Avv.
Capuano) c. Comune di Castel San Giorgio
(n.c.) - (accoglie).
Non e’ legittimo il diniego opposto da un Ente
locale ad un’istanza di accesso avanzata da
alcuni Consiglieri comunali, in relazione agli
atti riguardanti il Piano Regolatore Generale in
itinere, motivato con riferimento ad una
decisione della Conferenza dei capigruppo di
apporre su tali atti il vincolo del segreto, nel
caso in cui detta decisione non rechi alcuna
esplicitazione delle ragioni sottese a tale
decretazione, ovverosia sottese all’esclusione
dell’ostensibilità degli atti riguardanti il
progetto di P.R.G.
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 9632 del 12.6.2006,
recante diniego di accesso agli atti riguardanti il
P.R.G., richiesto dai ricorrenti con istanza del
30.5.2006;
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza del 19 Ottobre 2006 il dott.
Ezio FEDULLO;
-----------------------
Uditi i difensori presenti come da verbale di
udienza;
REPUBBLICA ITALIANA
Ritenuto in fatto ed in diritto:
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
FATTO e DIRITTO
IL
TRIBUNALE
REGIONALE PER
SALERNO
I ricorrenti, consiglieri comunali del Comune
intimato, agiscono al fine di ottenere il
soddisfacimento del diritto di accesso in
relazione agli "atti riguardanti il Piano
Regolatore Generale redatto dai tecnici
incaricati proff. Lanini e Colombo", accesso
richiesto con istanza da essi presentata in data
30.5.2006 e respinta dall’amministrazione
intimata con l’impugnata determinazione prot.
n. 9632 del 12.6.2006, fondata sulla decisione
di apporre sugli atti de quibus il vincolo del
AMMINISTRATIVO
LA CAMPANIA -
Seconda Sezione
composto dai Signori:
Dott. Luigi Antonio ESPOSITO – Presidente
Dott. Sabato GUADAGNO – Consigliere
Dott. Ezio FEDULLO – Primo referendario,
relatore
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segreto assunta dalla conferenza dei capigruppo
in occasione della riunione del 28.10.2004.
Tanto premesso, deve rilevarsi la fondatezza del
gravame.
Deve in primo luogo evidenziarsi che la
speciale
legittimazione
dei
ricorrenti
all’esercizio
della
presente
actio
ad
exhibendum, fondata (ex art. 43, comma 2,
d.Lgs 18 agosto 2000 n. 267) sulla veste di
consiglieri comunali dagli stessi assunta, rende
irrilevante, al fine di limitare il soddisfacimento
dell’interesse ostensivo fatto valere, la
disposizione di cui all’art 24, comma 1, lett. c)
l. 7 agosto 1990, n. 241, ai sensi del quale "il
diritto di accesso è escluso nei confronti
dell’attività della pubblica amministrazione
diretta all’emanazione di atti normativi,
amministrativi generali, di pianificazione e di
programmazione, per i quali restano ferme le
particolari norme che ne regolano la
formazione".
Invero, l’ampia latitudine oggettiva dell’art. 43,
comma 2, d.Lgs n. 267/2000, secondo cui i
consiglieri comunali "hanno diritto di ottenere
dagli uffici (…) tutte le notizie e le informazioni
in loro possesso, utili all’espletamento del
proprio mandato", da un lato, e la specificità del
titolo abilitante i consiglieri comunali
all’esercizio del diritto di accesso rispetto a
quello generale di cui all’art. 22, comma 1, lett.
b) l. n. 241/1990, dall’altro, non consentono di
apporre alla predetta facoltà conoscitiva
limitazioni che non siano espressamente
contemplate
dalla
pertinente
disciplina
legislativa.
Quanto poi all’ostacolo all’accesso richiesto,
che l’amministrazione intimata fa derivare dalla
decisione, assunta dalla conferenza dei
capigruppo in data 28.10.2004, di escludere
l’ostensibilità degli atti riguardanti il progetto di
P.R.G., occorre rilevare che il relativo verbale
(allegato alla memoria comunale del 5.10.2006)
non reca alcuna esplicitazione delle ragioni ad
essa sottese.
Né
la
motivazione
della
decisione
temporaneamente preclusiva (a prescindere da
ogni
considerazione
concernente
la
legittimazione della conferenza dei capigruppo
ad adottarla) potrebbe essere validamente
rinvenuta nelle considerazioni sviluppate dal
Comune intimato con la relazione illustrativa
dallo stesso depositata, considerazioni ancorate
all’esigenza di evitare ogni turbamento del
procedimento di formazione dello strumento
urbanistico che potrebbe derivare dalla
divulgazione dei relativi atti.
Invero, nella comparazione tra l’interesse de
quo e quello di cui sono portatori i consiglieri
comunali, non può che risultare prevalente il
secondo, dal momento che la compiuta
conoscenza da parte loro dei contenuti
caratterizzanti il P.R.G. in itinere costituisce il
presupposto necessario per assicurare che il
relativo procedimento di formazione si sviluppi
secondo
coordinate
coerenti
con
le
incomprimibili esigenze di rispetto della
dialettica consiliare e delle prerogative dei suoi
attori.
Il diritto di accesso fatto valere dai ricorrenti
con istanza del 30.5.2006, in conclusione, è
meritevole di essere soddisfatto.
Deve solo aggiungersi che la conferenza dei
capigruppi, in occasione della seduta del
12.9.2006 (cfr. il relativo verbale prodotto
dall’amministrazione
intimata
in
data
19.10.2006), ha disposto che "venga tolta la
secretazione al plico contenente gli elaborati del
P.R.G.": circostanza questa che non può non
determinare la sopravvenuta insussistenza di
ogni ipotetico ostacolo al soddisfacimento
dell’interesse conoscitivo fatto valere dai
ricorrenti.
Sussistono giuste ragioni per condannare il
Comune di Castel San Giorgio al rimborso delle
spese di giudizio sostenuta dai ricorrenti, nella
misura di € 500.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della
Campania – Salerno, Seconda Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso n.
1278/2006, lo accoglie e per l’effetto ordina al
Comune di Castel San Giorgio di consentire
l’accesso dei ricorrenti agli atti di cui all’istanza
da loro presentata in data 30.5.2006.
8
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Condanna il Comune di Castel San Giorgio al
rimborso delle spese di giudizio sostenute dai
ricorrenti, nella misura di € 500.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 1966/06, proposto da
CLEMENTE Vincenzo,
Così deciso in Salerno nella Camera di
Consiglio del 19 Ottobre 2006.
Dott. Luigi Antonio ESPOSITO – Presidente
rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo
Cocozza ed elettivamente domiciliato in Roma,
viale Angelico, 38, presso l’avv. Luigi
Napolitano;
Dott. Ezio FEDULLO - Estensore
CONTRO
Depositata in Segreteria in data 7 novembre
2006.
IL COMUNE di SOLOFRA,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso
dall’avv. Enzo Maria Marenghi e presso lo
stesso domiciliato in Piazza di Pietro, 63 Roma;
***
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - sentenza
21 agosto 2006 n. 4855 - Pres. Venturini, Est.
Mele - Clemente (Avv. Cocozza) c. Comune di
Solofra (Avv. Marenghi) - (annulla T.A.R.
Campania - Salerno, sent. 31 gennaio 2006, n.
54).
PER L’ANNULLAMENTO
Non e’ legittimo il provvedimento con il quale è
stato negato ad un consigliere comunale di
ottenere l’elenco delle concessioni edilizie
rilasciate nell’ambito di un certo lasso di tempo
(nella specie: dal giugno 2002 al settembre
2005), nonchè l’elenco delle opere pubbliche
appaltate dal Comune nello stesso periodo, con
l’indicazione di tutti gli elementi relativi; tale
richiesta non appare eccessivamente laboriosa e
defatigante ed in ogni caso, nei limiti del
ragionevole e del più celermente possibile,
qualora l’esaudimento della richiesta possa
essere di una certa gravosità, la stessa può
essere resa secondo i tempi necessari per non
determinare interruzione alle altre attività
comunali di tipo corrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
------------------REPUBBLICAITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale della Campania, Sezione staccata di
Salerno, n. 54 del 31 gennaio 2006, resa "inter
partes".
Visto l’atto di costituzione in
dell’appellato Comune di Solofra;
giudizio
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza camerale del 28 aprile
2006, il Cons. Eugenio Mele;
Udito l’avv. Cocozza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue:
FATTOEDIRITTO
Il presente appello è proposto da un Consigliere
comunale del Comune di Solofra e si dirige
contro la sentenza indicata in epigrafe, con la
quale il primo giudice ha considerato legittimo
il diniego di accesso agli atti opposto dal
9
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Comune nei confronti del suddetto Consigliere
comunale.
Rileva l’appellante che aveva richiesto, nella
sua specifica qualità di consigliere comunale,
l’elenco delle concessioni edilizie rilasciate dal
giugno 2002 al settembre 1005 e dell’elenco
delle opere pubbliche appaltate dal Comune
nello stesso periodo, con l’indicazione di tutti
gli elementi relativi e di aver avuto un diniego,
in quanto non si trattava di "documenti".
Il Tribunale amministrativo regionale della
Campania, sezione staccata di Salerno, rigettava
il ricorso.
Avverso la sentenza suddetta rileva l’appellante
che la stessa ha completamente ignorato la
lettera dell’art. 43 del decreto legislativo n. 267
del 2000, che la ormai consolidata
giurisprudenza amministrativa, in ordine
all’accesso agli atti da parte del Consigliere
comunale, ha interpretato nel senso che
l’accesso ivi considerato si estende a tutti i
documenti e le notizie utili all’espletamento del
mandato.
Il Comune di Solofra, costituitosi in giudizio, si
oppone all’appello e ne chiede la reiezione.
La causa passa in decisione all’udienza
camerale del 28 aprile 2006.
L’appello è evidentemente fondato.
Va rilevato, infatti, che tra l’accesso dei soggetti
interessati di cui agli artt. 22 eseguenti della
legge n. 241 del 1990 e l’accesso del
Consigliere comunale di cui all’art. 43 del
decreto legislativo n. 267 del 2000 (testo unico
sull’ordinamento degli enti locali) sussiste una
profonda differenza: il primo è un istituto che
consente ai singoli soggetti di conoscere atti e
documenti, al fine di poter predisporre la tutela
delle
proprie
posizioni
soggettive
eventualmente lese, mentre il secondo è un
istituto giuridico posto al fine di consentire al
consigliere comunale di poter esercitare il
proprio mandato, verificando e controllando il
comportamento degli organi istituzionali
decisionali del Comune.
Da ciò la conseguenza, che è una conseguenza
necessitata, che al consigliere comunale non
può essere opposto alcun diniego (salvo i pochi
casi eccezionali e contingenti, da motivare
puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso –
da dimostrare – che lo stesso agisca per
interesse personale), determinandosi altrimenti
un illegittimo ostacolo al concreto esercizio
della sua funzione, che è quella di verificare che
il Sindaco e la Giunta municipale esercitino
correttamente la loro funzione.
Peraltro, nella specie la richiesta non appare
eccessivamente laboriosa e defatigante ed in
ogni caso, nei limiti del ragionevole e del più
celermente possibile, qualora l’esaudimento
della richiesta possa essere di una certa
gravosità, potrebbe la stessa essere resa secondo
i tempi necessari per non determinare
interruzione alle altre attività comunali di tipo
corrente.
L’appello
va,
perciò,
accolto
e
l’Amministrazione comunale dovrà provvedere
a rilasciare la documentazione richiesta.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono
la soccombenza e si liquidano in complessivi €
3.000,00 (tremila/00).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sez. IV), definitivamente pronunciando
sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per
l’effetto, in riforma della sentenza appellata,
accoglie il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellato Comune di Solofra al
pagamento delle spese del doppio grado di
giudizio, liquidate in complessivi € 3.000,00
(tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 28 aprile 2006, dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez.
IV), riunito in Camera di Consiglio con
l'intervento dei signori:
Lucio VENTURINI - Presidente
Carlo DEODATO - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere
10
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Sergio DE FELICE - Consigliere
Eugenio MELE - Consigliere est.
L’ESTENSORE
Eugenio Mele
realtà, nel caso di specie si tratterebbe (come si
assume da parte ricorrente) solamente della
duplicazione di un "compact disk".
IL PRESIDENTE
Lucio Venturini
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 21 agosto
2006.
***
TAR ABRUZZO - L’AQUILA - sentenza 29
maggio 2006 n. 386 - Pres. Balba, Est. Speca Cocciante (Avv. Di Marzio) c. Comune di
Rocca di Mezzo (Avv. Gualtieri) - (accoglie).
--------------------
Chiede quindi l’istante l’accoglimento del
ricorso con declaratoria del proprio diritto
all’accesso
e
conseguente
nullità
dell’impugnato provvedimento di diniego e
quindi con condanna dell’epigrafato Comune al
rilascio delle richieste copie; il tutto con
statuizioni consequenziali in ordine alle spese.
Con memoria depositata in data 23.11.2005
parte ricorrente ha richiamato giurisprudenza in
materia ed ha ribadito la sussistenza del diritto
del singolo consigliere comunale ad avere copia
degli atti e documenti richiesti.
Ha quindi insistito per l’accoglimento del
gravame.
FATTO
Il sig. Giovanni Cocciante, consigliere
comunale in carica presso il Comune di Rocca
di Mezzo, espone di aver richiesto, con istanza
del 22.7.05, di esaminare ed estrarre copia degli
atti relativi al PRG di detto Comune.
Avendo il Comune opposto diniego, adducendo
"ragioni tecniche ed economiche" il menzionato
ha avanzato ricorso, deducendo quanto
appresso.
Violazione dell’articolo 22 della L.241/90 in
relazione all’articolo 43 del D.Leg.vo 267/2000,
violazione dei principi di imparzialità e buon
andamento ex articolo 97 della Costituzione.
Sussiste un diritto all’accesso, riconosciuto ai
consiglieri comunali sia dall’articolo 43 della
L.18.8.2000 n.267 che dall’articolo 22 della
L.241/90.
Peraltro l’esame degli atti di un PRG comporta
indubbiamente una attenta valutazione.
Eccesso di potere per travisamento dei fatti,
errore nei presupposti, difetto di motivazione,
sviamento dalla causa tipica.
Il diniego opposto al ricorrente è stato motivato
con ragioni tecniche ed economiche ma in
Il Comune di Rocca di Mezzo con memoria
depositata in data 22.11.2005 ha ritenuto la
legittimità
del
diniego
opposto
dall’Amministrazione ed ha chiesto la reiezione
del ricorso con il favore delle spese.
DIRITTO
La impugnativa promossa dal sig. Giovanni
Cocciante, che agisce nella incontestata qualità
di Consigliere comunale del Comune di Rocca
di Mezzo, mira, in via principale, alla
declaratoria del proprio diritto all’accesso, con
estrazione di copia, agli atti in ricorso
specificati "con particolare riferimento al
P.R.G." dell’anzidetto Comune.
Il ricorso merita accoglimento.
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale al quale il
ricorrente si riporta in memoria (C. di StatoSez.V – depositata il 20.10.05 n.5879/05), come
pure sulla base di precedente pronuncia del
detto organo di giustizia amministrativa (C.di
Stato – Sez.V – 15.11.2004 n.7349) , non può
non ritenersi evidente come in materia prevalga
un principio di "favor" nel senso della più
ampia "accessibilità" intesa anche come forma
di tutela e garanzia, finalizzata al pubblico
interesse.
11
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
In tal senso la decisione del C.di Stato, da
ultimo richiamata, riconosce che "il diritto di
accesso deve essere riconosciuto anche ai
documenti rappresentativi di mera attività
interna dell’Amministrazione a prescindere dal
fatto che essi siano stati o meno concretamente
utilizzati ai fini dell’attività con rilevanza
esterna".
E’ evidente dunque che ogni criterio meramente
limitativo, ovvero concretamente soppressivo
del diritto all’accesso, che – come nel caso in
esame viene posto da parte resistente
sottilmente espungendo da principi giuridici –
non può essere condiviso in quanto
concretamente lesivo del diritto del Consigliere
comunale istante.
Il ricorso va dunque accolto, per l’effetto
riconoscendosi all’istante il diritto all’accesso
(ed estrazione di copia) agli atti e documenti di
cui in ricorso, con condanna della resistente
Amministrazione comunale al rilascio delle
richieste copie.
Quanto alle spese di lite se ne dispone
l’integrale compensazione fra le parti
concorrendo giuste ragioni.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l’Abruzzo - L’Aquila, accoglie il ricorso nei
sensi come specificati in motivazione.
Compensa integralmente fra le parti le spese di
lite..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila dal Tribunale
Amministrativo Regionale per l’Abruzzo nella
Camera di Consiglio del 23 novembre 2005 con
la partecipazione dei magistrati:
Santo BALBA - Presidente
Rolando SPECA - Consigliere, relatore
Fabio MATTEI - I Referendario
PUBBLICATA MEDIANTE DEPOSITO
IL 29/05/06 Il Segretario Generale
***
TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. V sentenza 16 marzo 2006 n. 3026 - Pres.
D’Alessandro, Est. De Maio - Zaccariello (Avv.
Sarro) c. Sindaco del Comune di Villa Literno
(Avv.ra Stato) - (accoglie).
---------------------------FATTO
Con ricorso, notificato il 18.10.2005 al Comune
di Villa Literno, il 17.10.2005 al Ministero
dell’Interno, e depositato il successivo 31,
Zaccariello Francesco, consigliere comunale del
Comune predetto, espone: a) che con note prot.
nn. 11407 e 11408 del 19.7.2005 esso
ricorrente, unitamente ad altri due consiglieri
comunali, richiedeva al Sindaco del Comune di
Villa Literno il rilascio di copie: a) dei verbali
di gara e delle determinazioni di aggiudicazione
relativi alle opere pubbliche affidate dal
Comune a decorrere dal settembre 2003 a
tutt’oggi; b) dei permessi a costruire e delle
D.I.A. pervenute a cui avevano fatto seguito
opere realizzate nel periodo 2004-2005; c) che
con le note indicate in epigrafe veniva negato
l’accesso, nella considerazione che il
consigliere comunale per l’accesso ai documenti
amministrativi comunali, deve dimostrare
l’effettiva utilità dell’accesso stesso rispetto al
proprio mandato, ed i documenti devono essere
concretamente individuati.
Ciò premesso, il ricorrente ha chiesto
l’annullamento dell’impugnato provvedimento
di
diniego,
deducendo
tre
mezzi
d’impugnazione.
Resiste l’Amministrazione intimata con il
patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che in
data 13.12.2005 ha depositato atti vari.
DIRITTO
1.- Con i tre motivi d’impugnazione si deduce
in sostanza che illegittimamente, in violazione
dell’art. 43 del d. lgs. n. 267\2000, con
12
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
l’impugnato provvedimento di diniego: a) si
sono escluse dall’accesso le determine
dirigenziali; b) si subordina l’accesso stesso
all’effettiva utilità delle notizie ed informazioni
richieste all’espletamento del mandato di
consigliere comunale, nonché alla concreta
individuazione dei documenti richiesti.
I motivi sono fondati.
L’art. 43, citato dispone al comma 2: "I
consiglieri comunali e provinciali hanno diritto
di ottenere dagli uffici, rispettivamente del
Comune e della provincia, .....tutte le notizie e
le informazioni in loro possesso, utili
all’espletamento del proprio mandato. Essi sono
tenuti al segreto nei casi specificamente
determinati dalla legge."
Si desume in modo univoco da tale disposizione
che i consiglieri comunali hanno diritto di
accesso a tutti gli atti comunali che possono
essere utili all’espletamento del loro mandato,
senza alcuna limitazione, ivi compresi i
provvedimenti assunti dai Dirigenti comunali.
Si desume altresì che la richiesta di accesso
avanzata dal consigliere comunale a motivo
dell’espletamento del proprio mandato si
appalesa congruamente motivata, senza che
occorra alcuna ulteriore precisazione circa le
specifiche ragioni della richiesta, e non può
essere
disattesa
dall’Amministrazione
comunale. Né il diritto di accesso può essere
subordinato ad una specifica utilità delle
informazioni e notizie all’espletamento del
mandato. Invero, allorquando una istanza di
accesso è presentata per l’espletamento del
mandato, risulta insita nella stessa l’utilità degli
atti richiesti al fine dello espletamento del
mandato. Dal termine "utili" contenuto nella
norma in esame, non consegue quindi alcuna
limitazione al diritto di accesso dei consiglieri
comunali, bensì deriva l’estensione di tale
diritto a qualunque documento amministrativo
comunale reputato dal consigliere stesso utile
all’espletamento del mandato.
Quanto alla concreta individuazione degli atti
richiesti, si osserva che nella istanza di accesso
del ricorrente vi è una sufficiente
individuazione degli atti, in quanto sono indicati
la tipologia di atti, ed un preciso periodo
temporale di riferimento.
Nè rileva la difficoltà organizzativa opposta, in
quanto gli Enti locali, al pari di tutte le
Amministrazioni pubbliche, sono tenuti a curare
tutti gli adempimenti a loro carico, e quindi a
dotarsi
di
tutti
i
mezzi
necessari
all’assolvimento dei loro compiti (cfr. Cons.
Stato, V, n. 2716\04).
2− In conclusione, per le esposte ragioni il
ricorso deve essere accolto e conseguentemente,
previo
annullamento
dell’impugnato
provvedimento di diniego, va riconosciuto il
diritto del ricorrente, quale consigliere
comunale, ad estrarre copia degli atti richiesti,
negati con il provvedimento impugnato, e per
l’effetto va ordinato al Comune di Villa Literno
in persona del Sindaco p.t., in conformità
all’art. 25 della legge n. 241\90, di rilasciare al
ricorrente
copia
della
documentazione
amministrativa predetta.
3− Le spese di lite seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della
Campania−Napoli−Sezione quinta−accoglie il
ricorso n. 7411\2005 in epigrafe e per l’effetto:
a) annulla il provvedimento di diniego
impugnato; b) ordina al Comune di Villa
Literno in persona del Sindaco p.t. di rilasciare
al ricorrente copia della documentazione
richiesta secondo quanto precisato in
motivazione.
Condanna il Comune di Villa Literno al
pagamento in favore del ricorrente delle spese,
diritti ed onorari di causa, che liquida
complessivamente in € 1.000,00 (mille\00).
Ordina all'Autorità Amministrativa di dare
esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio
del 15 dicembre 2005.
presidente −
consigliere est. −
Depositata in Segreteria in data 16 marzo 2006.
13
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
***
TAR SARDEGNA, SEZ. II - sentenza 12
gennaio 2007 n. 29 - Pres. Tosti, Est. Lensi Zuncheddu ed altri (Avv.ti Gallus e Zucca) c.
Comune di Burcei (Avv.ti Meloni e Angius) e
Segretario comunale del Comune di Burcei
(n.c.) - (accoglie parzialmente).
-----------------------REPUBBLICA ITALIANA
2006 protocollo 3292 del Segretario comunale
con i quali è stato comunicato il diniego
all'accesso, nonché
per l'annullamento e/o disapplicazione
del regolamento comunale "per la disciplina del
diritto dei Consiglieri comunali all'accesso ai
documenti amministrativi" adottato con la
delibera del Consiglio Comunale n. 12 del 30
giugno 2006 ed in particolare degli artt. 6 e 10,
comma 2 e 3, nonché di ogni altro atto
connesso, presupposto e conseguente.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Visto il ricorso con i relativi allegati;
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER
LA SARDEGNA
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell'amministrazione comunale resistente;
SEZIONE SECONDA
Visti gli atti tutti della causa;
ha pronunciato la seguente
Nominato relatore per la camera di consiglio del
25 ottobre 2006 il Consigliere Marco Lensi;
SENTENZA
sul ricorso n. 763/2006, proposto dai Signori
Paola ZUNCHEDDU, Giuseppe SERRA e
Annalisa ZUNCHEDDU, nella loro qualità di
Consiglieri del Comune di Burcei, rappresentati
e difesi dagli Avv.ti Francesco Gallus e Andrea
Zucca, con elezione di domicilio come da
procura speciale in atti;
Uditi altresì gli Avvocati delle parti, come da
separato verbale;
contro
Col ricorso in esame si avanzano le richieste
indicate in epigrafe, rappresentando quanto
segue.
il Comune di Burcei, in persona del Sindaco in
carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Marcello Meloni e Sandro Angius, con elezione
di domicilio come da procura speciale in atti;
il Segretario comunale del Comune di Burcei,
non costituito in giudizio;
per l'accesso
ai documenti amministrativi di cui alle richieste
acquisite al protocollo comunale in data 7 luglio
2006 n. 2743 e in data 17 luglio 2006 nn. 2846,
2847, 2848, 2849, 2850, oggetto di
provvedimento del 26 luglio 2006 protocollo
3143 del Segretario comunale del Comune di
Burcei ed in data 21 agosto 2006 richiesta prot.
n. 3292 oggetto di provvedimento del 30 agosto
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
FATTO
I ricorrenti sono Consiglieri comunali del
Comune di Burcei.
Con la richiesta prot. n. 2743 del 7 luglio 2006 i
ricorrenti chiedevano copia dell'istanza inviata
alla Comunità Montana "Serpeddì" per il
recupero delle somme versate in eccedenza per
il servizio del Direttore Generale Dott. Bruno
Orrù, nonché, nell'eventualità che la C.M.
avesse provveduto alla restituzione di tali
somme, la documentazione comprovante
l'avvenuto trasferimento.
Con la richiesta prot. n. 2846 del 17 luglio 2006
veniva richiesta copia di tutte le ordinanze
14
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
sindacali e le determinazioni dei responsabili di
settore, a tutt'oggi non consegnate.
Con la richiesta prot. n. 2847 del 17 luglio 2006
i ricorrenti chiedevano copia del certificato di
regolare esecuzione e degli atti prodotti alla
Direzione Lavori relativamente alla chiusura
degli interventi sugli spogliatoi e servizi nel
parco comunale.
Con la richiesta prot. n. 2848 del 17 luglio 2006
i ricorrenti chiedevano copia di tutta la
corrispondenza in arrivo ed in partenza
intercorrente tra il Comune e altri enti
istituzionali.
Con la richiesta prot. n. 2849 del 17 luglio 2006
i ricorrenti chiedevano copia degli atti
costitutivi di tutte le società che hanno
partecipato all'ultimo bando per l'assegnazione
degli aiuti "De Minimis" - LR 37/98.
Con la richiesta prot. n. 2850 del 17 luglio 2006
i ricorrenti chiedevano di prendere visione del
protocollo generale e di quello riservato del
Sindaco, qualora in sua dotazione.
Con comunicazione del 26 luglio 2006
protocollo 3143 del Segretario comunale,
veniva negato l'accesso alla visione e nella
forma della riproduzione fotostatica, con
riferimento alla documentazione di cui alle
richieste prot. nn. 2846, 2848, 2849, 2850 del
17 luglio 2006.
Affermano i ricorrenti che, per quanto concerne
le richieste prot. n. 2743 del 7 luglio 2006 e
prot. n. 2847 del 17 luglio 2006, si sarebbe
formato il silenzio rifiuto.
In relazione alla richiesta prot. n. 2849 del 17
luglio 2006, i ricorrenti hanno presentato
successiva istanza prot. 3292 del 21 agosto
2006, volta ad ottenere la documentazione
oggetto della prima richiesta, in quanto quella
consegnata non era conforme all'originale,
essendo presenti delle cancellazioni.
Tale seconda richiesta è stata oggetto di
provvedimento di diniego del 30 agosto 2006
protocollo 3292 del Segretario comunale.
I ricorrenti lamentano la violazione dell'articolo
43, comma 2 e 3, del D.Lgs. n. 267 del 18
agosto 2000, nonché l'eccesso di potere,
l'illogicità e l’irragionevolezza manifesta della
motivazione.
I ricorrenti chiedono altresì l'annullamento o la
disapplicazione delle norme del regolamento
comunale "per la disciplina del diritto dei
Consiglieri comunali all'accesso ai documenti
amministrativi", adottato con la delibera del
Consiglio Comunale n. 12 del 30 giugno 2006,
limitative del diritto di accesso ai documenti
amministrativi e del diritto ad avere copia dei
documenti medesimi.
Concludono per l'accoglimento del ricorso.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione
comunale intimata, sostenendo l'inammissibilità
e l'infondatezza nel merito del ricorso, di cui si
chiede il rigetto.
Alla camera di consiglio del 25 ottobre 2006, su
richiesta delle parti, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
In materia di accesso ai documenti
amministrativi del Comune da parte dei
Consiglieri comunali, ai sensi dell'articolo 43,
comma II, del D.Lgs. n. 267/2000, questo
Tribunale ha già avuto modo di pronunciarsi
con la sentenza n. 495 del 29 aprile 2003,
confermata dal Consiglio di Stato con la
sentenza n. 2716 del 4 maggio 2004, nonché
con la successiva sentenza n. 1782 del 30
novembre 2004.
Ritiene il Collegio che i principi espressi con le
citate pronunce debbano essere confermati
anche nel caso di specie.
Occorre in primo luogo evidenziare che, ai sensi
dell'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n.
267/2000, i Consiglieri comunali hanno diritto
di ottenere dagli uffici del Comune tutte le
notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del proprio mandato. Perciò,
non è necessario dare ulteriori dimostrazioni
circa l'interesse ad ottenere la documentazione,
15
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
essendo sufficiente la mera circostanza che la
richiesta provenga dal Consigliere comunale
che intenda utilizzarla per espletare il proprio
mandato.
ed in particolare degli artt. 6 e 10, comma 2 e 3,
nella parte in cui contrastano con la norma
legislativa di cui all'articolo 43, comma II, del
D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000.
Per quanto riguarda la pretesa esigenza di
riservatezza, (opposta - tra l'altro dall'amministrazione comunale con riferimento
ad una richiesta dei ricorrenti), la speciale
normativa che disciplina il diritto di accesso dei
Consiglieri comunali non prevede alcun limite
in proposito, fermo restando il dovere di
mantenere il segreto "nei casi specificamente
determinati dalla legge" (articolo 43, comma
2°); pertanto anche sotto questo aspetto non può
essere negato il diritto di accesso dei ricorrenti.
Le norme regolamentari di disciplina
dell'accesso ai documenti possono essere,
infatti, disapplicate dal giudice in caso di
ritenuto contrasto con la norma di rango
superiore, che, nel caso di specie, è
rappresentata dall'articolo 43, comma II, del
D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000.
Per quanto concerne il diniego dell’accesso
nella forma della riproduzione fotostatica, in
quanto costituirebbe ingiustificato aggravio
della normale attività amministrativa del
Comune, deve ritenersi l'illegittimità del diniego
medesimo,
essendo
obbligo
dell’amministrazione di dotarsi di un apparato
burocratico in grado di soddisfare gli
adempimenti di propria competenza. La
notevole mole della documentazione da
consegnare può, nel caso, giustificare la
distribuzione nel tempo del rilascio delle copie
richieste.
Ribaditi, anche nel caso di specie, i principi già
espressi da questo Tribunale con le citate
pronunce, ritiene comunque il Collegio che,
contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti,
anche le richieste di accesso ai documenti
avanzate dei Consiglieri comunali ai sensi
dell'articolo 43, comma II, del D.Lgs. n. 267 del
18 agosto 2000, debbano rispettare il limite di
carattere generale - valido per qualsiasi richiesta
di accesso gli atti - della non genericità della
richiesta medesima (cfr. Consiglio di Stato, V
Sez., n. 4471 del 2/9/2005 e n. 6293 del
13/11/2002).
Occorre conseguentemente dare applicazione
dei principi e criteri sopra enunciati al caso in
esame, previa disapplicazione del regolamento
comunale "per la disciplina del diritto dei
Consiglieri comunali all'accesso ai documenti
amministrativi" adottato con la delibera del
Consiglio Comunale n. 12 del 30 giugno 2006
Ciò premesso, relativamente alla richiesta n.
2743 del 7 luglio 2006 (con la quale i ricorrenti
chiedevano copia dell'istanza inviata alla
comunità montana "Serpeddì" per il recupero
delle somme versate in eccedenza per il servizio
del Direttore Generale Dott. Bruno Orrù,
nonché, nell'eventualità che la C.M. avesse
provveduto alla restituzione di tali somme, la
documentazione
comprovante
l'avvenuto
trasferimento), deve darsi atto che la stessa
risulta parzialmente evasa, per cui deve
dichiararsi in parte la cessazione della materia
del comprendere e, nella restante parte, la
richiesta deve essere accolta, ordinandosi
all'amministrazione comunale l'esibizione della
documentazione richiesta.
Per quanto concerne invece la richiesta prot. n.
2846 del 17 luglio 2006, con la quale veniva
richiesto copia di tutte le ordinanze sindacali e
le determinazioni dei responsabili di settore, a
tutt'oggi non consegnate, la stessa risulta
inammissibile per genericità, essendo onere dei
Consiglieri comunali interessati di avanzare
richieste di accesso circostanziate e specifiche.
Ciò non comporta che il Consigliere comunale
debba necessariamente indicare gli estremi o il
contenuto specifico dei documenti richiesti,
elementi che può ovviamente non conoscere,
come già evidenziato nelle sentenze sopra
richiamate, essendo sufficiente - al fine di
evitare la genericità della richiesta di accesso il riferimento ad una determinata e specifica
questione oggetto dell'attività amministrativa
del Comune, come - del resto - correttamente
fatto dai ricorrenti medesimi con riguardo ad
altre richieste di accesso quale, ad esempio, la n.
2847, allorché si chiede copia "degli atti
16
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
prodotti alla Direzione Lavori relativamente alla
chiusura degli interventi sugli spogliatoi e
servizi nel parco comunale".
In tal modo viene individuato e specificato
l'oggetto della richiesta di accesso con riguardo
ad una specifica pratica amministrativa del
Comune, senza che - si ribadisce - sia
necessario indicare gli estremi dei documenti o
conoscere il contenuto degli stessi, ma
evitandosi comunque la genericità della
richiesta mediante il richiamo alla pratica
amministrativa alla quale il Consigliere è
interessato, per cui risulta sufficientemente
circostanziata e specificata la questione
sostanziale in ordine alla quale si avanza la
richiesta
di
accesso
alla
relativa
documentazione.
Per quanto concerne la richiesta prot. n. 2847
del 17 luglio 2006, con la quale i ricorrenti
chiedevano copia del certificato di regolare
esecuzione e degli atti prodotti alla Direzione
Lavori relativamente alla chiusura degli
interventi sugli spogliatoi e servizi nel parco
comunale, occorre dare atto della cessazione
della materia del contendere, avendo
l'amministrazione
comunale
provveduto
all'esibizione degli atti richiesti, come dichiarato
dalla difesa dei ricorrenti alla camera di
consiglio del 25 ottobre 2006.
Per quanto concerne la richiesta prot. n. 2848
del 17 luglio 2006 con la quale i ricorrenti
chiedevano "copia di tutta la corrispondenza in
arrivo ed in partenza intercorrente tra il Comune
e altri enti istituzionali", non può che ritenersi
l'inammissibilità della stessa per genericità, per
le medesime considerazioni sopra svolte
relativamente alla richiesta n. 2846.
Per quanto concerne la richiesta prot. n. 2849
del 17 luglio 2006, con la quale i ricorrenti
chiedevano "copia degli atti costitutivi di tutte
le società che hanno partecipato all'ultimo
bando per l'assegnazione degli aiuti "De
Minimis" - LR 37/98", la stessa deve essere
accolta, riconoscendosi il diritto dei ricorrenti
ad
ottenere
copia
integrale
della
documentazione richiesta - senza cancellazioni
di sorta - posto che i Consiglieri comunali sono
comunque tenuti al segreto, ai sensi dell’art. 43,
2°comma, del D.Lgs. 18/8/2000 n°267.
Deve essere integralmente accolta la richiesta
prot. n. 2850 del 17 luglio 2006, con la quale i
ricorrenti chiedevano di prendere visione del
protocollo generale e di quello riservato del
Sindaco, qualora in sua dotazione.
Preso atto che non esiste un protocollo riservato
del Sindaco, deve ordinarsi all'amministrazione
comunale di consentire ai ricorrenti di prendere
visione del protocollo generale, senza alcun
esclusione "di oggetti e notizie riservate e di
materie coperte da segreto", posto che - si
ribadisce - i Consiglieri comunali sono
comunque tenuti al segreto, ai sensi sensi
dell’art. 43, 2°comma, del D.Lgs. 18/8/2000
n°267.
Per le suesposte considerazioni, relativamente al
ricorso in esame, in parte deve dichiararsi la
cessazione della materia del contendere, in parte
deve essere respinto e, nella restante parte, deve
essere accolto e, per l'effetto, deve ordinarsi
all'amministrazione comunale resistente di
esibire ai ricorrenti i documenti richiesti nei
limiti e nei modi sopra specificati.
Stante la parziale reciproca soccombenza,
sussistono giusti motivi per compensare
integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER
LA SARDEGNA
SEZIONE SECONDA
definitivamente pronunciando in ordine al
ricorso in epigrafe, in parte dichiara cessata la
materia del contendere, in parte lo respinge e,
nella restante parte, lo accoglie e, per l'effetto,
ordina all'amministrazione comunale resistente
di consentire ai ricorrenti l'accesso ai documenti
amministrativi, con le modalità, nei sensi e nei
limiti di cui motivazione.
Spese compensate.
17
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Cagliari, nella camera di
consiglio, il giorno 25 ottobre 2006 dal
Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna con l'intervento dei Signori:
Lucia Tosti, Presidente;
Rosa Panunzio, Consigliere;
Marco Lensi, Consigliere estensore.
Depositata in segreteria oggi:12/01/2007.
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale della Lombardia, I Sezione, n.
123/2006, pubblicata il 18 gennaio 2006 e
notificata il 3 marzo 2006.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle
parti indicate sopra;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
***
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza
28 novembre 2006 n. 6960 - Pres. Santoro, Est.
Farina - Comune di Pieve Fissiraga (Lo) (Avv.ti
Sandulli e Carta) c. Pacitto e altri (Avv.ti Failla
e Nuzzaci) - (annulla T.A.R. Lombardia,
Sezione I, sentenza 18 gennaio 2006 n. 123).
Designato relatore, alla camera di consiglio del
23 giugno 2006, il consigliere Giuseppe Farina
ed udita, altresì, per la parte appellante, l’avv.
Sandulli, come da verbale;
Vista l’ordinanza n. 3110/2006, in data 23
giugno 2006, di accoglimento della domanda di
sospensione dell’efficacia della sentenza
impugnata;
----------------------REPUBBLICA ITALIANA
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
FATTO E DIRITTO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
1. Ritenuto:
sul ricorso in appello n.r.g. 3009 del 2006,
proposto dal comune di Pieve Fissiraga,
rappresentato e difeso dagli avv. Maria
Alessandra Sandulli e Maura Carta ed
elettivamente domiciliato presso lo studio della
prima, in Roma, corso V. Emanuele II, n. 349;
1.1. che il Comune appellante ha interposto
appello avverso la sentenza n. 123 del 2006 del
Tribunale amministrativo regionale della
Lombardia, sede di Milano, Sezione I, recante
accoglimento del ricorso dei quattro appellati,
consiglieri comunali, per l’annullamento di tre
atti concernenti richieste di accesso ad atti
dell’ente locale non soddisfatte, nonché del
relativo regolamento comunale;
contro
i sigg. Adriano Pacitto, Giuseppina Dossena,
Enrico Borselli e Carlo Schivardi, rappresentati
e difesi dagli avv. Vito Failla e Vittorio Nuzzaci
ed elettivamente domiciliati presso lo studio del
secondo di essi, in Roma, via della Giuliana, n.
44,
per la riforma
1.2. che la sentenza è stata notificata nel
domicilio eletto dal Comune in data 3 marzo
2006;
1.3. che il ricorso in appello è stato notificato,
nel domicilio eletto in primo grado dai predetti
consiglieri, in data 31 marzo 2006 e, poi, con
invio a mezzo del servizio postale, in data 1° e 3
aprile 2006;
18
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
1.4. che il Comune propone censure contro
talune statuizioni del primo giudice;
1.5. che le parti intimate si sono costituite in
giudizio con memoria del 22 maggio 2006, per
eccepire la tardività dell’ appello e confutare
tutte le tesi del Comune;
1.6. che, nella camera di consiglio del 23
giugno 2006, fissata per la discussione della
domanda di sospensione dell’ efficacia della
sentenza, il Collegio ha informato la parte
presente della possibilità di pronuncia sulla
controversia con sentenza succintamente
motivata, ai sensi dell’art. 26, commi 4 e 5,
della l. 6 dicembre 1971, n. 1034;
1.7. che la decisione è stata deliberata dal
Collegio nella medesima camera di consiglio.
2. Considerato:
2.1. che, con il ricorso introduttivo dinanzi al
Tribunale amministrativo regionale della
Lombardia, le quattro persone ora intimate
hanno chiesto l’annullamento di tre atti,
sottoscritti dal sindaco, concernenti le loro
richieste di accesso, in quanto consiglieri
comunali, ad una serie di documenti
amministrativi riguardanti l’attività dell’ente, e
l’annullamento del regolamento per l’accesso
agli atti da parte dei consiglieri comunali,
approvato con deliberazione n. 41 del 30
settembre 2005, limitatamente ad alcuni articoli,
assumendo la violazione dell’art. 43, comma 2,
del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (t.u. delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali);
2.2. che il T.A.R. ha accolto il ricorso,
stabilendo:
2.2.1. l’ammissibilità del ricorso, perché gli atti
subordinano l’accesso ad una nuova istanza da
redigere secondo il regolamento e sono perciò
lesivi, giacché si sostanziano in un diniego di
accesso;
2.2.2. l’incompetenza del sindaco, perché
titolare di funzioni di indirizzo e di controllo,
sicché i provvedimenti dovevano essere adottati
dai responsabili dei servizi amministrativi,
redattori degli atti richiesti dai consiglieri;
2.2.3. che, pur dovendosi esercitare il diritto di
accesso "compatibilmente con le esigenze di
funzionalità dell’ amministrazione e secondo
modalità tali da non arrecare nocumento
all’azione amministrativa", i consiglieri hanno
diritto di ottenere dagli uffici le notizie ed
informazioni in loro possesso, ai sensi dell’art.
43, comma 2, del predetto t.u., senza specificare
le finalità della richiesta e con loro diretta
responsabilità in tema di rispetto delle esigenze
di riservatezza;
2.2.4. che però risulta illegittima la prescrizione
del regolamento riguardante la formulazione di
una sola domanda per ogni documento
richiesto, perché limita eccessivamente
l’istituto, rendendone più gravoso l’esercizio;
2.2.5. che perciò deve riconoscersi l’obbligo del
Comune di far prendere visione degli atti
domandati dalle predette persone e di rilasciarne
copia "compatibilmente con le esigenze di
funzionalità dell’ente locale";
2.3. che non ha pregio l’eccezione delle parti
intimate, circa la tardività della notificazione del
ricorso in appello, rispetto alla data di
notificazione della sentenza impugnata:
2.3.1. perché l’accesso ai documenti
amministrativi del quale si discute non è quello
regolato, con dimidiazione degli ordinari
termini di proposizione del ricorso, dall’art. 25,
comma 5, della l. 7 agosto 1990, n. 241, ma
quello regolato dall’ art. 43, comma 2, del citato
t.u. 267/2000, norma speciale concernente i
diritti dei consiglieri comunali e provinciali.
Sicché, nonostante la parziale coincidenza delle
posizioni giuridiche tutelate dalla legge, non è
giustificato estendere, per semplice analogia, la
più riduttiva disciplina dei termini processuali
stabilita dalla legge del 1990 a quella
concernente il ricorso al giudice amministrativo,
da parte dei consiglieri comunali (peraltro
vigente da tempo antecedente: art. 24 l. 27
dicembre 1985, n. 816, ed art. 31 l. 8 giugno
1990, n. 142);
19
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
2.3.2. perché, in ogni caso, la notificazione
eseguita in data 31 marzo 2006 – sopra: n. 1.3 –
è tempestiva, anche rispetto al termine
dimidiato suddetto, con riguardo alla
notificazione della decisione impugnata,
adempiuta in data 3 marzo 2006;
2.4. che non ha pregio la prima censura
proposta dal Comune, circa l’inammissibilità
del ricorso introduttivo, perché prodotto avverso
atti non lesivi, che semplicemente rinviano ad
una richiesta fatta con singoli atti l’accesso
richiesto. Invero, si tratta pur sempre di un
diniego di dar corso alla domanda, con
conseguente insorgere dell’interesse, da parte
dei richiedenti, di far verificare la legittimità del
regolamento che tale procedimento impone;
2.5. che neppure è da condividere la tesi
concernente omesse pronunzie o statuizioni non
precise circa le disposizioni del regolamento
comunale annullate. Invero:
2.5.1. è, innanzi tutto, agevole riconoscere
l’annullamento disposto unicamente nei riguardi
della
prescrizione
(sopra:
2.2.4)
del
"regolamento comunale per la disciplina del
diritto dei consiglieri comunali all’accesso ai
documenti amministrativi, in attuazione del
disposto dell’art. 43, comma 2, del d. lgs.
267/2000". E tale norma è da individuare
nell’art. 10, che contempla l’esercizio del diritto
di accesso e che impone l’utilizzo di un modulo
in cui sia specificato "il singolo documento
amministrativo", che si chiede di conoscere;
2.5.2. poiché è stata fatta applicazione, come si
desume in particolare dal diniego opposto con
la nota del 17 ottobre 2005, del predetto art. 10,
è conforme ai principi che sia stato
contemporaneamente impugnato questo stesso
articolo, posto a fondamento del diniego,
sicché, contrariamente da quanto sostenuto dal
Comune appellante, nei limiti ora precisati il
ricorso introduttivo va considerato ammissibile
e la pronunzia del primo giudice deve
egualmente ritenersi corretta;
2.6. che non vanno però condivise,
conformemente alle censure dedotte, le
statuizioni del primo giudice circa la
illegittimità
della
predetta
disposizione
regolamentare e circa l’ accoglibilità delle tre
richieste per le quali si controverte;
2.7. che, invero, la limitazione dell’accesso,
consistente nell’ incombente di formulare
singole istanze per singoli documenti, non
rende, come invece ha stabilito il T.A.R.,
eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto,
se non quando è eccessivamente ampia la
domanda formulata, perché riferentesi ad una
molteplicità di atti. Per poche e ragionevoli
richieste, dover presentare singoli moduli, con
le indicazioni prescritte, non comporta oneri
seri. La disposizione regolamentare dell’art. 10,
della quale si è fatto cenno, trova giustificazione
in quelle evidenti esigenze di funzionalità
dell’amministrazione locale, che sono un limite
intrinseco a qualsiasi attività che miri al corretto
svolgimento dell’attività amministrativa, come
può e deve essere quella dei consiglieri
comunali che ne vogliano conoscere in modo
conforme ai compiti loro assegnati dalla legge.
In caso contrario, l’attività degli uffici sarebbe
manifestamente ostacolata da pluralità di
domande, che si convertono in un eccessivo e
minuzioso controllo dei singoli atti degli stessi
uffici, con deviazione dai fini delle funzioni
commesse ai consigli degli enti locali,
sinteticamente definite, nell’art. 42 del predetto
t.u., "di indirizzo e di controllo politico –
amministrativo";
2.8. che le regole suddette, peraltro condivise
dal T.A.R. ma senza concreto esame delle
istanze, non sono state osservate dalle domande
dei consiglieri comunali, delle quali si discute.
Come è reso palese, dal loro riferirsi ad "aree"
di attività (richiesta del 14 ottobre) o ad altre,
genericamente descritte, funzioni (richieste del
17 e 18 ottobre), o ad un cospicuo numero di
copie dei "documenti ritenuti utili" riguardanti
tredici atti protocollati in un ristretto numero di
giorni;
2.9. che le richieste in parola sono, perciò, da
ritenere non coerenti con il mandato ed i
compiti, definiti dalla legge, per i predetti
soggetti, e si configurano, di conseguenza,
come forme di controllo specifico, non già
inerente alle funzioni di indirizzo e controllo
politico – amministrativo;
20
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
2.10. che ne deriva che, agli scopi suindicati,
rispondono legittimamente, oltre al menzionato
art. 10, gli artt. 2 e 3 del regolamento, che il
consiglio comunale si è dato, e riguardanti,
rispettivamente, l’esercizio del diritto "in modo
da arrecare il minore aggravio possibile, sia
organizzativo che economico, per gli uffici e
per il personale comunale" (art. 2) e la
delimitazione, conforme alla legge, delle
funzioni dei consiglieri comunali, ai fini dell’
applicazione delle norme sull’accesso, avuto
riguardo, vale a dire, all’ indirizzo ed al
controllo sopra specificati (art. 3);
2.11. che nei limiti precisati deve essere
riformata la sentenza impugnata, non criticata in
tema di incompetenza del sindaco, al quale
tuttavia potrebbero appartenere le questioni in
esame, se hanno come presupposto la verifica
dell’ ambito (art. 3 del regolamento comunale),
entro il quale possono avere i consiglieri
ingresso agli atti;
TAR VENETO, SEZ. I - sentenza 23
novembre 2006 n. 3897 - Pres. Amoroso, Est.
Rocco - Compagno (Avv. Sartori) c. Comune di
Fossò (Avv. Ferruzzi) - (dichiara il ricorso
ammissibile e lo respinge nel merito).
---------------------REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Veneto, prima sezione, con l’intervento dei
magistrati
Bruno Amoroso
Fulvio Rocco
- Presidente
- Consigliere, relatore
Marco Buricelli
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
2.12. che vi sono ragioni per compensare le
spese del giudizio.
SENTENZA
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, accoglie l’appello, come da
motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
sul ricorso R.G. 1925/2006 proposto da
Compagno Luciano, rappresentato e difeso
dall’Avv. Antonio Sartori, con elezione di
domicilio presso il suo studio in VeneziaMestre, Calle del Sale n. 33,
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella
camera di consiglio del 23 giugno 2006, con
l'intervento dei Signori:
Sergio Santoro Presidente
Giuseppe Farina rel. est. Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere
il Comune di Fossò (Venezia), in persona del
Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio,
rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro
Ferruzzi, con elezione di domicilio presso il suo
studio in Venezia-Mestre, Via Fratelli Rondina
n. 6,
L’Estensore
f.to Giuseppe Farina
DEPOSITATA IN
novembre 2006.
Il Presidente
f.to Sergio Santoro
SEGRETERIA
Il
28
contro
per l'annullamento
della
deliberazione
del
Consiglio
Comunale n. 29 dd. 8 giugno 2006, con
riferimento all’aggiunta, ivi disposta, del
comma 3-bis dell’art. 18 del regolamento
comunale recante norme per l’accesso dei
consiglieri e dei revisori alla documentazione
amministrativa; nonché di ogni altro atto
presupposto e conseguente.
***
21
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
VISTO il ricorso, notificato il 22
settembre 2006 e depositato il 9 ottobre 2006,
con i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio
del Comune di Fossò;
VISTI gli atti tutti della causa;
UDITI alla camera di consiglio del 25
ottobre 2006, convocata a’ sensi dell’art. 21
della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come
integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n.
205 (relatore il consigliere Fulvio Rocco) l'Avv.
Sartori per il ricorrente e l'Avv. Ferruzzi per il
Comune di Fossò.
RITENUTO a’ sensi dell’art. 26 della L. 6
dicembre 1971 n. 1034 così come integrato
dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205 e a
scioglimento della riserva espressa al riguardo,
di poter decidere la causa con sentenza in forma
semplificata;
RICHIAMATO IN FATTO quanto esposto nel
ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;
CONSIDERATO quanto segue.
1.1. Il ricorrente, Sig. Luciano Compagno,
espone di essere membro del Consiglio
Comunale di Fossò (Venezia) e capogruppo
della lista di minoranza “Solidarietà Fossò –
Sandon” ivi rappresentata.
Il medesimo ricorrente afferma di incontrare
ripetute difficoltà nell’esercizio del diritto di
accesso alla documentazione amministrativa e
alle informazioni utili all’espletamento del
proprio mandato: diritto che, per contro, è
garantito dall’art. 43 del T.U. approvato con
D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267.
Il Compagno afferma che un ulteriore ostacolo
all’esercizio di tale diritto sarebbe stato
introdotto mediante deliberazione del Consiglio
Comunale n. 29 dd. 8 giugno 2006, recante
quale oggetto “Modifiche al vigente
regolamento di accesso agli atti amministrativi”.
Nelle premesse di tale provvedimento si legge
quanto segue: “ Visto il vigente Regolamento
comunale dei diritti d’accesso risalente all’anno
1995, mai modificato negli ultimi anni e del
quale si ravvisa l’inadeguatezza di alcune
norme tra cui quelle regolanti il diritto
d’accesso dei consiglieri (Titolo V - norme per
l’accesso dei consiglieri e dei revisori) art. 18;
considerato che con regolarità, pervengono a
questo Ente, da parte di consiglieri comunali,
numerose richieste di estrazione di copie
riguardanti atti complessi, a titolo di esempio, le
tavole dei P.R.G., le tavole di varianti
urbanistiche e quant’altro abbia ad oggetto
planimetrie di dimensioni consistenti, la cui
foto-riproduzione comporta un costo elevato e
un’oggettiva difficoltà ad esaudire la richiesta
per mancanza di strumentazione idonea propria,
ragion per cui ci si deve recare presso
fotocopisterie attrezzate e sborsare denaro per
l'estrazione di copie; visto il parere del
Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli
affari Interni e territoriali - Direzione Centrale
per
le
autonomie
Prot.
n.
15900/545/1.142/1Bis/5.10 del 12 maggio
2006, in risposta alla nota trasmessa da questo
Comune in data 4 aprile 2006 Prot. n. 4744, in
ordine
alle
possibili
modalità
di
regolamentazione dell’accesso da parte dei
consiglieri alla documentazione amministrativa
dell’ente ed in particolare alla foto-riproduzione
di atti complessi, quali quelli sopra evidenziati;
riconosciuto il diritto dei consiglieri comunali
all'accesso agli atti: l’accesso dei consiglieri
comunali e provinciali agli atti amministrativi
dell'ente locale, disciplinato dall'art. 43, comma
2, del D. L.vo 267 del 2000 prevede in capo agli
stessi “il diritto di ottenere dagli uffici tutte le
notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del loro mandato” ; la
funzione, in base alla quale la legge riconosce il
diritto di accesso del consigliere comunale o
provinciale, è quella di controllo politicoamministrativo sull’ente, nell'interesse della
collettività; va riservata quindi la massima
ampiezza al diritto d’accesso dei consiglieri a
tutti i documenti adottati dall’ente, in virtù del
mandato affidato loro dal corpo elettorale, ma
tale diritto non ha natura generalizzata e
indiscriminata, in quanto si devono individuare
i documenti oggetto del diritto; preso atto delle
numerose pronunce giurisprudenziali in materia
e dei pareri rilasciati dalla Commissione per
l’accesso alla documentazione amministrativa,
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
che affrontano la questione delle difficoltà
materiali che comporta, soprattutto per i piccoli
comuni, lo svolgimento del diritto d’accesso;
ravvisato che nel contemperare i diritti dei
consiglieri con il dovere di economicità della
pubblica amministrazione si ritiene doveroso
regolamentare
l’accesso
dei
consiglieri
comunali aventi a riguardo gli atti complessi
quali planimetrie di dimensioni consistenti,
prevedendo modalità alternative di estrazione
rispetto a quelle usuali, al fine di non risultare
eccessivamente gravoso e non intralciare lo
svolgimento dell’attività amministrativa e il
regolare funzionamento degli uffici comunali;
ritenuto, all’uopo, inserire altri due commi
all'art. 18 del vigente regolamento: “2bis) Il
diritto di accesso del consigliere non può
configurarsi
come
generalizzato
ed
indiscriminato. I documenti, oggetto del diritto,
devono essere concretamente individuati dal
richiedente oppure essere individuabili; 3bis)
Nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto
l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui
foto-riproduzione comporti un costo elevato,
quali ad esempio le tavole dei P.R.G. le tavole
di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad
oggetto planimetrie di dimensioni consistenti,
sono previste modalità alternative quali la
riproduzione su CD-rom in formato PDF, non
modificabile”; ritenuto opportuno rinviare la
generale revisione del vigente regolamento di
accesso agli atti all’entrata in vigore del D.P.R.
184 del 12.aprile 2006 “Regolamento recante
disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativi”, recentemente pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale; atteso che sulla proposta
della presente deliberazione, e' stato acquisito il
parere previsto dall’art. 49, comma 1, del
D.L.vo 267 del 2000 in ordine alla regolarità
tecnica da parte del responsabile del competente
servizio”.
In conseguenza di ciò, per effetto delle
premesse testè riportate, l’art. 18 del
Regolamento di cui trattasi è stato riformulato
nei seguenti termini: “Art. 18 - Diritto di
accesso
ai
consiglieri
comunali”.
“Nell’espletamento del mandato, i consiglieri
comunali, esercitano il diritto di accesso
mediante richiesta, anche verbale, al
responsabile del procedimento, il quale la
evade, di norma, immediatamente” (comma 1).
“Eccezionalmente l’accesso può essere differito,
nel qual caso il responsabile del procedimento
concorda con gli interessati tempi e modalità
per l’esame dei documenti e per il rilascio di
copia” (comma 2). “Il diritto di accesso del
consigliere non può configurarsi come
generalizzato e indiscriminato. Tutti o
documenti, oggetto del diritto, devono essere
concretamente individuati dal richiedente
oppure essere individuabili” (comma 2-bis). “I
consiglieri comunali sono esentati dal
pagamento dei costi di produzione nonchè di
qualsiasi altro diritto” (comma 3). “Nel caso in
cui le richieste abbiano ad oggetto l’estrazione
di copie di atti elaborati, la cui
foto-riproduzione comporti un costo elevato,
quali ad esempio le tavole dei P.R.G., le tavole
di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad
oggetto planimetrie di dimensioni consistenti,
sono previste modalità alternative quali la
riproduzione su CD-rom in formato PDF, non
modificabile” (comma 3-bis). “Nelle copie di
atti e documenti rilasciate ai consiglieri
comunali dovrà essere indicato che trattasi di
copie destinate agli usi esclusivamente inerenti
alla carica ricoperta dal richiedente”
(quest’ultimo comma, nelle copie del
provvedimento depositate sia dal ricorrente che
dall’Amministrazione Comunale, è indicato
come 6 e non 4 per un presumibile errore
materiale).
Il suesposto provvedimento di modifica dell’art.
18 del Regolamento è stato approvato dal
Consiglio Comunale con nove voti favorevoli, 2
contrari e un astenuto.
Il Consigliere Compagno ha espresso voto
contrario, dando origine ad un’articolata
discussione verbalizzata come segue: “Il
Consigliere Compagno Luciano afferma che si
tratta di una proposta di regime. Poiché c’è stata
un’anticipazione telefonica il parere è stato
pilotato. Prosegue il suo intervento dando
lettura di un articolo apparso su “Il Sole 24 ore”
il quale va nella direzione opposta rispetto a
quella voluta con la presente proposta di
deliberazione. Il Consigliere, poi, dà lettura del
parere del Ministero dell’Interno che, nelle
premesse, ammette le oggettive difficoltà di
pronunciarsi in una materia ove abbondano
sentenze contrarie. Lo stesso Consigliere
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
prosegue affermando l’impossibilità di limitare
l’accesso dei consiglieri e che, per tale ragione,
un ricorso contro la presente proposta di
deliberazione potrebbe trovare fondamento. A
conclusione del suo intervento osserva che il
costo per la riproduzione delle cartografie non
può essere addossato ai consiglieri. Chiede,
pertanto, il ritiro della proposta consiliare
nonché l’allegazione dell' articolo citato al
verbale (allegato B).Il Consigliere Gastaldi
Laura afferma che con la presente modifica non
si impongono spese. Le delibere, le determine e
quant’altro sia riproducibile con i mezzi in
dotazione al Comune, infatti, continueranno ad
essere fornite, ma le planimetrie sfuggono a
questa possibilità: per esse il Comune non
possiede macchinari per la riproduzione e
quindi esternalizzare questo servizio provoca
costi che il Comune non può sostenere. Si
forniranno, pertanto, copie non cartografiche,
ma su CD-ROM in PDF non modificabile. In
questo modo il supporto informatico consentirà
all’Ente di risparmiare denaro pubblico ed al
Consigliere di ottenere l'accesso voluto. Il
Consigliere Compagno Luciano replica
affermando che non crede che il PRG sia
costituito da 100 planimetrie. I costi vengono
sostenuti altrove. Anche le lettere inviate ai
diciottenni, infatti, hanno un loro costo ed in
questo caso vengono spesi i soldi dei cittadini,
mentre per la minoranza vengono introdotti dei
paletti allo svolgimento del mandato. Il
Consigliere Boscaro Federica osserva che gli
inviti ai diciottenni sono una scelta e che non vi
sono dei motivi per cui la stessa non possa
essere effettuata. Anche presso altri Comuni si
dà il benvenuto alle nuove famiglie con una
lettera. Si tratta di una scelta di cultura civica. Il
Consigliere Compagno Luciano afferma di
rispettare ma di non condividere la scelta.
Chiede, pertanto, il ritiro della proposta di
deliberazione pena la proposizione di un ricorso
al T.A.R. Chiede, infine, che le spese legali
siano addebitate non al Sindaco ma al Sig.
Carraro Guido. Il Sindaco chiede quale sia la
differenza posto che la responsabilità
patrimoniale ha solitamente riverberi sulla sfera
personale. Chiede, infine, al Consigliere
Compagno Luciano se abbia un personal
computer. Il Consigliere Compagno Luciano
risponde di possedere quello di suo figlio. Il
Sindaco chiede la dichiarazione di voto”.
1.2. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe il
Compagno chiede l’annullamento della
sopradescritta deliberazione consiliare n. 29 del
2006 limitatamente alla disposta inserzione nel
testo dell’anzidetto art. 18 del comma 3-bis, in
forza del quale - come si è visto innanzi - “nel
caso in cui le richieste abbiano ad oggetto
l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui
foto-riproduzione comporti un costo elevato,
quali ad esempio le tavole dei P.R.G., le tavole
di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad
oggetto planimetrie di dimensioni consistenti,
sono previste modalità alternative quali la
riproduzione su CD-rom in formato PDF, non
modificabile”.
Con un primo ordine di censure il ricorrente
deduce al riguardo l’avvenuta violazione degli
artt. 7, 42 e 43, comma 2, del T.U. approvato
con D.L.vo 267 del 2000, l’avvenuta violazione
dei principi discendenti dagli artt. 1 e 97 Cost.,
nonché eccesso di potere per sviamento,
irragionevolezza, ingiustizia manifesta e
violazione del principio di proporzionalità.
Secondo la prospettazione del ricorrente, il
provvedimento impugnato recherebbe un’errata
interpretazione della natura e della funzione del
diritto dei consiglieri comunali che con esso si
intenderebbe “disciplinare o, meglio, limitare.
Nonostante le enunciazioni di principio
contenute nella delibera, l’esercizio del diritto di
accesso a documenti, notizie, informazioni utili
all’espletamento del mandato” sarebbe, nella
sostanza, “ricondotto ad un’ottica privatistica,
di interesse del singolo consigliere comunale”
che risulterebbe in tal modo “coordinato con
l’esigenza “di non intralciare lo svolgimento
dell’attività amministrativa e il regolare
funzionamento degli uffici comunali”” (cfr. pag.
3 dell’atto introduttivo del presente giudizio).
Quest’ottica, peraltro, ad avviso del medesimo
ricorrente configgerebbe con giurisprudenza,
ormai consolidata, che configura l’accesso del
consigliere comunale alla documentazione
amministrativa e alle informazioni utili
all’esercizio del proprio mandato, affermato
dall’art. 43 del T.U. approvato con D.L.vo 267
del 2000, quale diritto soggettivo pubblico
funzionalizzato, ossia quale posizione che
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
implica l’esercizio di facoltà deputate al pieno
ed effettivo svolgimento delle funzioni
assegnate dalla legge al Consiglio Comunale,
con la conseguenza che tale diritto può anche
consistere nella pretesa che gli uffici
dell’Amministrazione interpellati al riguardo
eseguano elaborazioni dei dati e delle
informazioni in loro possesso (cfr., ad es., Cons.
Stato, Sez. V, 2 settembre 2005 n. 4471).
Dalla lettura della deliberazione consiliare
impugnata, si trarrebbe infatti la conclusione
che il diritto soggettivo di cui trattasi si
ridurrebbe, in buona sostanza, “ad un’azione
quasi molesta che mette a repentaglio il buon
andamento degli uffici” (cfr. ibidem, pag. 8)
In particolare, il ricorrente reputa “puramente
suggestivo” (cfr. ibidem) l’accostamento del
nuovo comma 2-bis, che di per sé “recepisce
indicazioni giurisprudenziali note, emesse in
relazione a richieste di accesso emulative come
l’istanza di ottenere copia di decine di falconi di
pratiche amministrative senza curarsi di
visionarle preventivamente per individuare gli
elementi di interesse” (cfr. ibidem), al comma
3-bis qui segnatamente reso oggetto di
contestazione, posto che quest’ultimo non
riguarda le anzidette richieste emulative, ma
attiene alla riproduzione di “atti elaborati ... la
cui fotoriproduzione comporti un costo elevato”
(cfr. ibidem).
Il ricorrente reputa tale ultima espressione
“molto generica in quanto in prima battuta
sembrerebbe riferirsi alla riproduzione di atti
dal contenuto elaborato e comunque di notevoli
dimensioni, restando comunque imprecisato
cosa si intenda per “costo elevato”, nel mentre
dalla successiva esemplificazione sembrerebbe
invece che ci si volesse riferire piuttosto ad
“elaborati grafici, quali appunto tavole di
P.R.G. o di varianti urbanistiche”, nel mentre
permarrebbe comunque “un’incertezza di fondo
sulla esatta nozione di atti elaborati la cui
fotoriproduzione comporti un costo elevato”
(cfr. ibidem).
Sempre secondo il ricorrente, il comma in
esame introdurrebbe inoltre limitazioni alle
copie di “planimetrie di dimensioni consistenti”,
non potendosi peraltro capire quali possano
essere le “dimensioni consistenti” di una sola
planimetria tali da comportarne un costo elevato
di riproduzione.
Ad avviso del ricorrente, quindi, la
formulazione generica ed incerta sul discrimine
della modalità alternativa alla riproduzione
comporterebbe una prima lesione al diritto di
accesso dei consiglieri comunali, stante
l’inevitabile conseguenza che il diritto d'accesso
ai documenti venga in tal modo “limitato o
comunque regolato e concesso arbitrariamente
da parte del Comune” (cfr. ibidem).
Inoltre, proponendo modalità alternative di
riproduzione come quella su CD-Rom in
formato PDF non modificabile, di fatto si
obbligherebbe il soggetto avente diritto
all’esame di quei documenti ad avere a
disposizione un personal computer: e “oltre al
costo del computer bisogna naturalmente che
l’interessato lo sappia usare, che disponga del
software per la lettura del file PDF e che sappia
far funzionare il tutto”; e “alla fine” rimarrebbe,
“comunque una visione parcellizzata della
planimetria visibile dal monitor del computer.
Chi esamini una planimetria di uno strumento
urbanistico magari perché deve esprimere il suo
voto in seno al consiglio -comunale in merito
alla sua approvazione deve poter comprendere il
disegno complessivo dell’intero territorio
comunale e la coerenza generale della nuova
pianificazione. Appare evidente, a questo punto,
come non si possa certo chiedere ad un
Consigliere di un piccolo comune che riceve
pochi euro (per la precisione € 18,60) per
partecipare alle sedute di consiglio di munirsi di
un personal computer per poter adempiere al
proprio mandato, costringendolo comunque alla
faticosa comprensione della tavola grafica per le
ridotte dimensioni del monitor di un computer.
E’ evidente quindi che alla fine il consigliere
sarà costretto a ricercare un centro di
fotoriproduzione, sostenere le spese per
stampare il file della tavola grafica contenuto
del CD rom. In qualsiasi modo, quindi, il
Comune ha scaricato sui consiglieri di
minoranza il costo di riproduzione delle tavole
grafiche (sia per quanto riguarda l’uso di un
personal computer, sia in termini di tempi e
costi per trovare un centro specializzato in
fotoriproduzione) ponendo un serio ostacolo
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
all’esercizio delle prerogative del Consiglio e
all’efficacia
del
controllo
sull’operato
dell’amministrazione comunale” (cfr. ibidem,
pag. 8).
l’Amministrazione
Comunale
medesima
consegna al Compagno documentazione
amministrativa su supporto informatico in luogo
della forma cartacea.
Il ricorrente rileva che non è riportato nel
contesto dell’art. 43 del T.U. approvato con
D.L.vo 267 del 2000 l’obbligo - contemplato,
per contro, dall’art. 10 del medesimo T.U. - del
pagamento dei costi di rilascio delle copie degli
atti ottenuti in sede di accesso, e che da ciò
consegue che ai Consiglieri Comunali e
Provinciali non deve essere addebitato il
pagamento dei costi di riproduzione, né alcun
altro tipo di costo.
2.2. Il Collegio respinge tale eccezione,
innanzitutto con riguardo all’indubbia incidenza
che il provvedimento impugnato riveste nei
confronti dell’esercizio delle funzioni connesse
allo ius ad officium proprio del consigliere
comunale, risultando ben evidente che la
disposizione regolamentare in esame è deputata
a disciplinare le modalità di prestazione
dell’Amministrazione nei confronti di un diritto
attribuito ex lege al consigliere medesimo, e in
secondo luogo poichè - come è ben noto – ai
fini dell’impugnazione di un regolamento
occorre accertarne l’immediata e concreta
lesività, con riferimento all’entità e alle
modalità dell’incidenza effettuale - e non
semplicemente ipotetica ed eventuale - sulla
sfera giuridica dei ricorrenti (cfr. sul punto, ex
multis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 giugno 1995 n.
556).
Il ricorrente rimarca in tal senso che l’accesso
dei consiglieri medesimi attiene, per quanto
detto innanzi, alla funzione pubblica di cui essi
sono portatori (cfr. sul punto, ex multis, T.A.R.
Lazio, Sez. II, 27 ottobre 1999 n. 1712 e T.A.R.
Lombardia, Brescia, 22 giugno 2004 n. 690), e
che gli Enti Locali, al pari di tutte le pubbliche
amministrazioni, sono tenuti a curare tutti gli
adempimenti a loro carico e, quindi, a dotarsi di
tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche
e materiali vari) necessari all’assolvimento dei
loro compiti (cfr., su quest’ultimo punto, Cons.
Stato, Sez. V, 4 maggio 2004 n. 2716).
Il ricorrente, in conseguenza di tutto ciò, deduce
quindi con un secondo ordine di censure
l’avvenuta violazione del comma 3 del
medesimo art. 18 del Regolamento del Comune
di Fossò in materia di diritto di accesso, laddove
– per l’appunto – si dispone che “i Consiglieri
Comunali sono esentati dal pagamento dei costi
di produzione nonchè di qualsiasi altro diritto”.
2.1 Ciò posto, il Collegio deve farsi innanzitutto
carico
di
disaminare
l’eccezione
di
inammissibilità del ricorso dedotta dal resistente
Comune di Fossò .
Secondo
l’Amministrazione
intimata,
l’impugnativa del Compagno risulterebbe infatti
proposta avverso un atto che non inciderebbe in
via diretta sullo ius ad officium del singolo
consigliere comunale e che, comunque, non
comporterebbe – allo stato – una lesione della
posizione giuridica della parte ricorrente,
mancando nella specie un atto con il quale
Nel caso di specie, l’immediatezza della lesione
sussiste con ogni evidenza, posto che il
ricorrente documenta agli atti di causa di aver
chiesto all’Amministrazione Comunale in data
6 giugno 2006 il rilascio di “copia cartografica
di tutti gli atti relativi alla delibera (rectius:
proposta di deliberazione) di adozione” del
“P.A.T.I. - Piano di assetto del territorio
intercomunale per i Comuni di Camponogara e
Fossò”, a quel tempo iscritta all’ordine del
giorno del Consiglio (cfr. doc. 4 di parte
ricorrente), e che la medesima Amministrazione
Comunale documenta – a sua volta, ed in
evidente contraddizione con quanto da essa
sostenuto nella sua memoria di costituzione – di
aver accolto tale istanza del Compagno
consegnando a questi in data 27 giugno 2006 un
CD rom in formato PDF non modificabile
recante i contenuti dello strumento urbanistico
anzidetto (cfr. doc. 13 di parte resistente
depositato dalla difesa del Comune all’odierna
camera di consiglio).
Ciò posto, risulta ben evidente che non è
interesse del ricorrente rimuovere gli effetti di
un provvedimento che accoglie comunque la
sua istanza di accesso, sia pure mediante
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
l’utilizzo di modalità da lui contestate, nel
mentre sussiste l’interesse del ricorrente
medesimo a rimuovere il provvedimento
presupposto – ossia la disciplina di fonte
regolamentare qui, per l’appunto, impugnata –
che contempla in via generale le modalità in
questione e che risulta già applicata nei suoi
confronti dall’Amministrazione Comunale.
3.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in epigrafe va
respinto.
3.2. Il Collegio precisa – innanzitutto – che
nella fattispecie in esame non è ravvisabile, a
differenza di quanto prospettato dal ricorrente,
un’ipotesi di materiale diniego del diritto
soggettivo pubblico dei membri degli organi
consiliari, affermato dall’art. 43, comma 2, del
D.L.vo 267 del 2000, “di ottenere dagli uffici,
rispettivamente, del comune e della provincia,
nonchè dalle loro aziende ed enti dipendenti,
tutte le notizie e le informazioni in loro
possesso, utili all’espletamento del proprio
mandato”; né – e sempre a differenza di quanto
affermato dal ricorrente - il nuovo comma 3 bis
dell’art. 18 del regolamento anzidetto va
riguardato quale specificazione della disciplina
contestualmente introdotta dalla deliberazione
qui impugnata con il nuovo comma 2-bis
dell’art. 18 del medesimo regolamento
comunale in materia di accesso alla
documentazione amministrativa, laddove si
dispone che “il diritto di accesso del consigliere
non può configurarsi come generalizzato ed
indiscriminato. I documenti, oggetto del diritto,
devono essere concretamente individuati dal
richiedente oppure essere individuabili”.
Va infatti rilevato in proposito che la disciplina
del diritto di accesso di cui all’anzidetto art.
43,comma 2, del T.U. approvato con D.L.vo
267 del 2000 si conferma come del tutto
speciale
rispetto
all’istituto
generale
dell’accesso
alla
documentazione
amministrativa proprio in quanto l’art. 22,
comma 4, della L. 7 agosto 1990 n. 241 dispone
ora, nel nuovo testo conseguente alla
sostituzione di testo operata dall’art. 15 della L.
11 febbraio 2005 n. 15, che “non sono
accessibili le informazioni in possesso di una
pubblica amministrazione che non abbiano
forma di documento amministrativo”, nonché in
considerazione del fatto che, a’ sensi dell’art.
24, comma 3, della medesima L. 241 del 1990 a sua volta sostituito per effetto dell’art. 16
della L. 15 del 2005 – “non sono ammissibili
istanze di accesso preordinate ad un controllo
generalizzato dell'operato delle pubbliche
amministrazioni”, e che a’ sensi dell’art. 2,
comma 2, ultima parte del D.P.R. 12 luglio
2006 n. 184 - recante, a sua volta, disposizioni
regolamentari in materia di accesso alla
documentazione amministrativa conseguenti
all’entrata in vigore dell’anzidetta L. 15 del
2005 - “la pubblica amministrazione non é
tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine
di soddisfare le richieste di accesso”.
Questo triplice ordine di limitazioni non risulta,
infatti, estensibile alla specialità propria della
disciplina di cui al predetto art. 43, comma 2,
del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, se
non altro in considerazione del fatto che
l’accesso è ivi esplicitamente garantito anche
nei confronti delle “notizie” e “informazioni
…in possesso … del comune e della provincia,
nonchè delle loro aziende ed enti dipendenti …”
che risultano comunque “utili all’espletamento
del … mandato” consiliare.
Nel caso proposto all’esame del Collegio si
pone - per contro - la questione se
l’imposizione,
in
talune
circostanze,
dell’utilizzo di supporti informatici da parte
dell’Amministrazione Comunale al fine di
sovvenire alle richieste di accesso da parte dei
membri dell’organo consiliare si configura, o
meno, quale oggettivo ostacolo - sia sotto il
profilo degli adempimenti materiali richiesti
agli aventi titolo all’accesso medesimo, sia sotto
il profilo dei costi ad essi addossati - al pieno
esercizio della “posizione di diritto soggettivo
pubblico funzionalizzato” dei consiglieri
comunali e provinciali così come ribadita
dall’ormai
costante
giurisprudenza,
ivi
compresa quella diffusamente citata dallo stesso
ricorrente nell’atto introduttivo del presente
giudizio (cfr., in particolare ivi la pag. 4 e ss.,
con particolare riguardo alla predetta decisione
di Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2005 n.
4471).
Ciò posto, va evidenziato che al riguardo non
sono a tutt’oggi ravvisabili disposizioni
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
normative o pronunce della Commissione per
l’accesso ai documenti amministrativi costituita
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
che affrontano specificatamente tale tema.
La stessa nota del Ministero dell’Interno –
Dipartimento per gli affari interni e territoriali –
Direzione centrale per le Autonomie – Sportello
delle Autonomie Prot. n. 15900/545/L.142/1
Bis/ 5.10 /n. 2005/12013/222 EE.LL., citata
nelle premesse della deliberazione qui
impugnata a conforto della sua adozione ed
allegata quale parte integrante del relativo
verbale non evidenzia puntuali indicazioni al
riguardo, limitandosi ad affermare – in buona
sostanza – l’esigenza, da un lato, che “gli Enti
Locali, al pari di tutte le Pubbliche
Amministrazioni” curino “tutti gli adempimenti
a loro carico”, essendo tenuti “a dotarsi di tutti i
mezzi (personale, strumentazioni tecniche,
materiali vari) necessari all’assolvimento dei
loro compiti” finalizzati a garantire il diritto di
accesso di cui al predetto art. 43, comma 2, del
T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 (cfr.
sul punto la dianzi citata decisione di Cons.
Stato, Sez. V, 2716 del 2004) e, dall’altro, il
“generale
dovere
della
Pubblica
Amministrazione di ispirare la propria attività al
principio di economicità … che incombe non
solo sugli uffici tenuti a provvedere, ma anche
sui soggetti che richiedono prestazioni
amministrative, i quali – specie se appartenenti
alla stessa amministrazione – sono tenuti, in un
clima di leale cooperazione – a modulare le
proprie
richieste”
(cfr.
parere
della
Commissione per l’accesso ai documenti
amministrativi costituita presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri dd. 10 dicembre
2002, resa al Comune di Rocca di Papa).
Dal contemperamento di tali opposte esigenze
viene ricavata la conseguenza della legittimità
della
misura
introdotta
nella
fonte
regolamentare del Comune di Fossò.
“Conclusivamente – afferma infatti la predetta
nota del Ministero dell’Interno – (e) soprattutto
nel caso in cui il Consigliere Comunale chieda
anche l’estrazione di copie di atti, la cui
fotoriproduzione
comporti,
come
nella
fattispecie, un costo elevato e l’oggettiva
difficoltà della mancanza di una strumentazione
idonea, si ritiene che l’Ente possa senz’altro
prevedere nell’emanando regolamento sulle
modalità di accesso agli atti, alcuni precisi
temperamenti o modalità alternative rispetto a
quelli usuali, come ad esempio quello illustrato
(riproduzione delle planimetrie su CD-rom in
versione PDF non modificabile) che possano
ovviare ai problemi sopra illustrati, assicurando,
al contempo, il diritto di accesso del richiedente
ed il regolare svolgimento dell’attività
amministrativa dell’ente” (cfr. nota cit., pag. 6).
Né offre maggiori spunti la decisione di Cons.
Stato, Sez. V, 4 maggio 2004 n. 2716 che il
Compagno ha chiesto ed attenuto di allegare al
medesimo processo verbale della seduta
consiliare, peraltro nella forma di un articolo di
stampa che ne commenta il contenuto, e che si
limita – nella sostanza – a ribadire il già dianzi
considerato assunto della giurisprudenza
secondo il quale “gli Enti Locali sono tenuti a
curare tutti gli adempimenti a loro carico e,
quindi, a dotarsi di tutti i mezzi necessari
all’assolvimento dei loro compiti” (cfr. ivi).
Più conferente al caso di specie risulta invece il
parere n. 1 dd. 12 marzo 2004 reso a’ sensi
dell’art. 7, comma 8, della L. 5 giugno 2003 n.
131 dalla Sezione di Controllo della Corte dei
Conti per la Liguria su richiesta del Sindaco del
Comune di Bargagli (Genova): tale pronuncia è
citata nella nota Prot. n. 1433/05wa/ area II dd.
14 luglio 2005 a firma del Prefetto di Venezia e
inviata al Presidente dell’Amministrazione
Provinciale di Venezia e ai Sindaci della
provincia medesima (cfr. doc. 7 di parte
resistente) ed è integralmente consultabile nel
sito
www.corteconti.it//Sezionire/Liguria/Pareri/Anno-2004.
Ivi si legge – per quanto qui segnatamente
interessa – che “appare estremamente arduo
ipotizzare danni di natura patrimoniale in
relazione
ai
costi
che
gravano
sull’amministrazione per l’estrazione di copie di
atti effettuata a richiesta del consigliere di
minoranza”,
dovendosi
opportunamente
rammentare che “per “danno patrimoniale” in
senso giuscontabile deve intendersi non una
qualsiasi diminuzione del patrimonio dell’ente,
ma un evento economicamente lesivo che si
riveli
oggettivamente
“ingiusto”
per
28
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
l’Amministrazione; “danno ingiusto” potrebbe
essere un costo che per un verso risulti
oggettivamente privo, in tutto o in parte, di
corrispondente utilità per l’ente o per la
collettività amministrata e per altro verso si
ponga in relazione causale con una condotta
antigiuridica (violazione dolosa o gravemente
colposa di doveri di servizio). La latitudine del
diritto di accesso ai documenti amministrativi di
cui sono titolari i consiglieri comunali in quanto
componenti dell’organo elettivo indurrebbe a
far presumere che la richiesta di atti, anche in
copia, da loro avanzata sia effettivamente
strumentale, in una situazione di normale
dialettica istituzionale all’interno dell’ente,
all’espletamento
del
mandato
politicoamministrativo. Una tale presunzione potrebbe
essere vinta solamente da prove certe in senso
contrario: una situazione di “danno patrimoniale
ingiusto” potrebbe, cioè, sussistere ove
risultasse effettivamente dimostrato che il
diritto pretensivo del consigliere sia stato
esercitato o consentito in modo non corretto in
contrasto con la finalità della legge, così che i
documenti acquisiti in copia non sono risultati
utili né per l’esercizio del mandato
amministrativo, né per i fini di questo. Ciò
accadrebbe se, ad esempio, il consigliere
chiedesse ed ottenesse, esorbitando dai limiti
delle proprie facoltà, copia di atti amministrativi
per fini esclusivamente personali e, dunque,
estranei alla funzione pubblica di controllo che
a lui spetta in quanto membro del corpo elettivo
o, ancora peggio, per porre in essere una
condotta “emulativa” al fine di recare molestia e
intralcio al funzionamento degli uffici comunali
con l’uso spropositato e dispendioso della
macchina fotocopiatrice. In tali casi sorgerebbe
l’obbligo di denuncia al Procuratore Regionale
della Corte dei Conti, che è l’organo pubblico al
quale l’ordinamento affida poteri istruttori per
l’accertamento dei fatti causativi di danno
patrimoniale alla pubblica amministrazione ad
opera di dipendenti o di amministratori pubblici
ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di
responsabilità amministrativa. … La Sezione
ritiene di potere osservare come richieste
indiscriminate di copia di deliberazioni possano
risultare esorbitanti rispetto alle esigenze
cognitive che il doveroso esercizio della
funzione di controllo sull’amministrazione
impone alla vigile attenzione di ogni consigliere
comunale, sia di minoranza che di maggioranza;
si pensi a quegli atti di cui sarebbe superflua, ai
fini
dell’espletamento
del
mandato
rappresentativo, l’acquisizione documentale,
potendo rivelarsi più che sufficiente averne
sommaria visione; si pensi, ancora, agli atti
deliberativi particolarmente complessi dei quali
fanno parte integrante corposi allegati
amministrativi e tecnici, la cui riproduzione
implicherebbe costi notevoli di copiatura per
l’Amministrazione (ad esempio: atti approvativi
di piani regolatori generali). Situazioni del
genere suggerirebbero la opportunità di adottare
una specifica disciplina regolamentare che valga
a
realizzare
un razionale
e
giusto
contemperamento fra le esigenze di garanzia e
di controllo cui è informato il diritto di accesso
spettante “ratione officii” a ciascun consigliere
comunale e l’esigenza non meno rilevante per la
finanza dell’ente locale (a maggior ragione se
trattasi di un piccolo Comune) di un tendenziale
contenimento dei costi nel rispetto del principio
di economicità della attività amministrativa (art.
7 del T.U. 267 del 2000 e art. 1 della L. 241 del
1990). Del resto, ad una disciplina statutaria o
regolamentare rinvia, come già accennato, l’art.
125 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del
2000 a proposito delle forme da osservarsi per
la messa a disposizione dei consiglieri dei testi
delle deliberazioni adottate dalla Giunta. La
Sezione di controllo esprime conclusivamente
l’avviso che il Comune, nell’esercizio della
potestà regolamentare oggi prevista in modo più
ampio dal novellato art. 117 della Costituzione,
- fatto salvo il diritto del consigliere di prendere
visione di tutti gli atti utili all’espletamento del
mandato (salvi il dovere di segretezza per quelli
riservati nei casi previsti dalla legge e il divieto
di divulgazione dei dati personali) - possa
regolare le modalità di esercizio del diritto in
modo che il rilascio di copia delle deliberazioni
comunali
e
delle
determinazioni
dei
responsabili di servizio (ed eventualmente di
ogni altro documento di cui l’ente sia in
possesso) avvenga con il minore aggravio
possibile, sia organizzativo che economico, per
gli uffici comunali”.
Il giudice amministrativo – a sua volta – deve,
all’evidenza, muovere da presupposti diversi
rispetto a quelli propri del danno erariale
viceversa utilizzati dalla Corte dei Conti e,
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
comunque – e per quanto rilevato innanzi - non
omologanti i casi delle richieste di accesso
cc.dd. “emulative” con le richieste di accesso ai
“corposi allegati amministrativi e tecnici” testè
citati e dei quali qui – per l’appunto – si discute:
ma la conclusione a cui si perviene è, nella
sostanza, analoga.
A tale riguardo giova innanzitutto evidenziare
che l’ormai consolidata esistenza, nell’ambito
del nostro ordinamento, di un compiuto
“sistema” di disposizioni normative finalizzate
al diffuso utilizzo dell’informatica al fine del
conveniente esercizio delle varie azioni di
competenza delle pubbliche amministrazioni
(cfr. al riguardo, ex multis, il D.L.vo 12
febbraio 1993 n. 39 e succ. modd. e intt., l’art.
176 del D.L.vo 30 giugno 2003 n. 196, il
D.L.vo 5 dicembre 2003 n. 343 e il D.L.vo 7
marzo 2005 n. 82, recante quest’ultimo il codice
dell’amministrazione
digitale,
con
le
conseguenti disposizioni applicative; per gli enti
locali cfr., segnatamente, l’art. 12 del T.U.
approvato con il D.L.vo 267 del 2000. nonché il
progetto di e-government per essi predisposto e
in corso di attuazione, il cui contenuto di
massima
è
ricavabile
dal
sito
http:/www.cnipa.gov.it/) rende del tutto
apodittica, e per certo non conforme ai principi
direttivi dell’imparzialità e del buon andamento
dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.),
l’affermazione secondo la quale tutto ciò può
riguardare i reciproci rapporti posti in essere tra
le pubbliche amministrazioni medesime nonchè
i rapporti da esse intrattenuti con l’utenza
privata, ma non i rapporti tra le stesse
amministrazioni e i componenti eletti nei loro
organi consiliari.
Del resto, proprio l’ormai generalizzata
diffusione degli strumenti informatici presso i
soggetti pubblici e privati, conforta l’intrinseca
correttezza della definizione di “documento
amministrativo” contenuta nell’attuale testo
dell’art. 22 della L. 241 del 1990, laddove per
l’appunto si legge - in termini sostanzialmente
consonanti rispetto a quanto a sua volta disposto
dall’art. 1 del T.U. approvato con D.P.R. 28
dicembre 2000 n. 445 – che esso consiste in
“ogni
rappresentazione
grafica,
fotocinematografica, elettromagnetica o di
qualunque altra specie del contenuto di atti,
anche interni o non relativi ad uno specifico
procedimento, detenuti da una pubblica
amministrazione e concernenti attività di
pubblico interesse, indipendentemente dalla
natura pubblicistica o privatistica della loro
disciplina sostanziale”.
In tal modo è stata pertanto equiparata la
produzione
della
documentazione
amministrativa in via informatica rispetto alla
tradizionale produzione cartacea, con la
possibilità - ove del caso – della validazione del
supporto informatico rispetto all’originale
informatico o cartaceo (cfr. al riguardo l’art. 1,
lett. p, nonché la sez. II, capo III e capo IV del
D.L.vo 82 del 2005, nonché la deliberazione
C.N.I.P.A. del 17 febbraio 2005 pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 51 dd. 3 marzo 2005
e il D.P.C.M. 13 gennaio 2004, a sua volta
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 aprile
2004 n. 98).
Pare addirittura superfluo rimarcare come
mediante il generalizzato uso dello strumento
informatico le pubbliche amministrazioni
realizzano risparmi – per così dire – “di scala”
pur a fronte dell’iniziale investimento per le
acquisizioni sia dell’hardware che del software,
con la conseguenza - per quanto qui
segnatamente interessa - che la formazione di
copie della documentazione amministrativa con
modalità informatica comporta, all’evidenza,
non soltanto minori spese ma anche minori
tempi di lavorazione, con conseguente
possibilità di una più conveniente utilizzazione
del personale preposto alle relative incombenze.
Secondo la prospettazione del ricorrente, a tali
risparmi
conseguiti
dall’Amministrazione
Comunale corrisponderebbe una traslazione nei
suoi confronti dei relativi oneri economici.
In buona sostanza – e come si è visto innanzi –
il ricorrente lamenta che in questo modo si
obbligherebbe coloro che chiedono di accedere
alla
documentazione
detenuta
dall’Amministrazione comunale ad avere a
disposizione
un
personal
computer,
evidenziando – altresì – che “oltre al costo del
computer bisogna naturalmente che l’interessato
lo sappia usare, che disponga del software per la
lettura del file PDF e che sappia far funzionare
30
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
il tutto”; che “alla fine” rimarrebbe, “comunque
una visione parcellizzata della planimetria
visibile dal monitor del computer”, posto che
“chi esamini una planimetria di uno strumento
urbanistico magari perché deve esprimere il suo
voto in seno al consiglio comunale in merito
alla sua approvazione deve poter comprendere il
disegno complessivo dell’intero territorio
comunale e la coerenza generale della nuova
pianificazione”, e che non si potrebbe “certo
chiedere ad un Consigliere di un piccolo
comune che riceve pochi euro (per la precisione
€ 18,60) per partecipare alle sedute di consiglio
di munirsi di un personal computer per poter
adempiere al proprio mandato, costringendolo
comunque alla faticosa comprensione della
tavola grafica per le ridotte dimensioni del
monitor di un computer”, con l’asseritamente
scontata conseguenza “che alla fine il
consigliere sarà costretto a ricercare un centro di
fotoriproduzione, sostenere le spese per
stampare il file della tavola grafica contenuto
del CD rom”.
Il complessivo ragionamento del ricorrente,
testè riportato, non trova l’adesione del
Collegio.
Dirimente al riguardo non è la circostanza –
emersa, come si è visto, nel corso della
discussione nell’aula consiliare prodromica
all’approvazione della deliberazione qui
impugnata – secondo la quale il Compagno
potrebbe fruire del personal computer
domestico del figlio, ma il fatto che la forza
politica di riferimento del medesimo ricorrente,
ossia la “Lista Solidarietà Fossò – Sandon”
intrattiene correntemente rapporti epistolari
mediante
l’utilizzo
di
un
sistema
computerizzato, comprensivo anche del logo – a
sua volta computerizzato – che compare sulla
sua carta intestata (cfr. doc. 4 di parte resistente,
costituito dalla nota inoltrata in data 18
dicembre 2004 dallo stesso Compagno al
Prefetto di Venezia).
Del resto, non appare intrinsecamente credibile
l’assunto sottinteso al suesposto ragionamento
del Compagno – il quale, oltre a tutto,
concomitantemente svolge pure le funzioni di
Consigliere della Provincia di Venezia –
secondo il quale la modestia del gettone
percepito per la sua partecipazione alle sedute
del Consiglio Comunale di Fossò implicherebbe
la necessitata utilizzazione di strumenti
tecnologicamente non avanzati per svolgere la
propria azione politica.
E’ ben noto – per contro – che proprio la
comunicazione politica e la conseguente ricerca
di consenso presso la pubblica opinione e,
soprattutto, presso il corpo elettorale si fonda
attualmente
sulla
diffusa
utilizzazione
dell’informatica e dei conseguenti strumenti che
quest’ultima rende a sua volta disponibili: e la
stessa, complessiva posizione politica occupata
dal Compagno non disgiunta dalla predetta,
documentata esistenza di corrispondenza della
propria formazione politica di riferimento
redatta su supporto informatico consente,
quindi, di presumere nella specie che il
medesimo ricorrente in realtà disponga di tutti i
mezzi per poter convenientemente adeguarsi,
senza aggravi di sorta, alla nuova disciplina di
accesso alla documentazione amministrativa
posta in essere per i consiglieri comunali di
Fossò.
Né può sostenersi che la consultazione della
documentazione sia comunque più difficoltosa,
posto che altrettanto notoriamente tutte le
tipologie di personal computer, anche di meno
recente fabbricazione e di prezzo più
accessibile,
contengono
softwares
che
consentono sia la lettura dei documenti in
formato
PDF
non
modificabile,
sia
l’ingrandimento e la stampa delle cartografie in
modo da ovviare alla parcellizzazione visiva
delle medesime.
In definitiva, quindi, il ricorrente non può
ragionevolmente sostenere che, nella specie, i
costi per la riproduzione della documentazione
sono stati traslati a suo carico, posto che i costi
medesimi sono stati comunque già affrontati da
lui, ovvero dalla sua formazione politica, agli
effetti dell’acquisizione di quegli stessi
strumenti informatici che gli hanno fornito – e
gli forniscono - un supporto non indifferente per
l’acquisizione del consenso da parte del proprio
elettorato.
Semmai, l’unico profilo che richiede attenzione
è la nozione – utilizzata, in chiave expressis
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
verbis esemplificativa, nella disposizione qui
resa oggetto di impugnazione - “di atti elaborati,
la cui foto-riproduzione comporti un costo
elevato, quali … le tavole dei P.R.G., le tavole
di varianti urbanistiche e quant’altro abbia ad
oggetto planimetrie di dimensioni consistenti”.
La mancanza di una puntuale individuazione
delle ipotesi di ricorso alla riproduzione della
documentazione mediante supporto informatico
non rende peraltro la disposizione surriportata
illegittima, posto che - anche a fronte della
dianzi comprovata inesistenza di insormontabili
incombenze per i consiglieri che esercitano al
riguardo il loro diritto di accesso – rientra nelle
normali incombenze del Segretario Comunale
l’emanazione
delle
disposizioni
che
materialmente individuino le tipologie di
documentazione per le quali risulta conveniente
utilizzare il sistema di rilascio di copia
informatica, avendo riguardo in tal senso alle
concrete
esigenze
economico-funzionali
dell’Amministrazione,
Così deciso in Venezia, nella Camera di
consiglio del 25 ottobre 2006.
Il Presidente
L'Estensore
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 23 novembre 2006.
***
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza
10 gennaio 2007 n. 55 - Pres. Iannotta, Est.
Corradino - Presidio delle Guide Alpine
Vulcanologiche del Monte Vesuvio (Avv.
Abbondante) c. Fedele e c.ti (Avv.ti Laudadio,
Scotto, Orefice e Pisani), Regione Campania
(n.c.) e Collegio Regionale delle Guide Alpine
Vulcanologiche della Regione Campania (Avv.
Abbondante) - (conferma T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 15 febbraio 2005, n. 1070).
-----------------------
E’ addirittura superfluo precisare che
l’applicazione di tali misure dovrà essere
rigorosamente omogenea per tutti i consiglieri
comunali, sia di maggioranza che di
opposizione, ben potendo il ricorrente reagire
con
tutti
gli
strumenti
apprestati
dall’ordinamento nelle ipotesi in cui ravvisi al
riguardo casi di disparità di trattamento.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
4. Le spese e gli onorari del giudizio possono
essere integralmente compensati tra le parti,
stante la novità della questione sottoposta
all’esame del Collegio.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Veneto, prima sezione, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinta
ogni contraria istanza ed eccezione, lo respinge.
DECISIONE
Sul ricorso n. 3472/05 R.G. proposto dal
Presidio delle Guide Alpine Vulcanologiche del
Monte Vesuvio, in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso
dall’Avv. Nicola Abbondante, ed elettivamente
domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv.
Antonio Pignatelli, Via del Corso, n. 504;
CONTRO
Compensa integralmente tra le parti le spese e
gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
- I Sigg.ri Nicola Fedele, Guglielmo Piscopo e
Giulia Zucchetto, rappresentati e difesi dagli
Avv.ti Felice Laudadio, Ferdinando Scotto,
Andrea Orefice e Angelo Pisani, ed
elettivamente domiciliati in Roma, presso lo
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
studio del dott. Gian Marco Grez, Via
Lungotevere Flaminio, n. 46 – IV B;
e nei confronti di
- Regione Campania, in persona del Presidente
della Giunta Regionale p.t., non costituita;
- Collegio Regionale delle Guide Alpine
Vulcanologiche della Regione Campania, in
persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola
Abbondante, ed elettivamente domiciliato in
Roma, presso lo studio dell’Avv. Antonio
Pignatelli, Via del Corso, n. 504, appellante
incidentale;
L’appellante contrasta le argomentazioni del
giudice di primo grado.
Si sono costituiti i Sigg.ri Nicola Fedele,
Guglielmo Piscopo e Giulia Zucchetto per
resistere all’appello.
PER LA RIFORMA
della sentenza resa dal T.A.R. per la Campania,
Napoli, Sezione Quinta, n. 1070/05, pubblicata
in data 15 febbraio 2005.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei
Sigg.ri Nicola Fedele, Guglielmo Piscopo e
Giulia Zucchetto;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del
Collegio Regionale delle Guide Alpine
Vulcanologiche della Regione Campania, che
ha proposto appello incidentale;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il Consigliere Michele
Corradino;
Udito alla pubblica udienza del 6.12.2005
l’avvocato Abbamonte, come da verbale
d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTO
Con sentenza n. 1070/05 del 15 febbraio 2005 il
Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania, Napoli, Sezione Quinta, accolse il
ricorso proposto dai Sig.ri Nicola Fedele,
Guglielmo Piscopo e Giulia Zucchetto per
l’accertamento del silenzio-diniego formatosi
sulla istanza di accesso, ex art. 22 della l.
241/90, inoltrata in data 5 giugno 2004 al
Presidio delle Guide Alpine Vulcanologiche del
Monte Vesuvio e alla Regione Campania e per
la declaratoria del diritto dei ricorrenti
all’accesso dei documenti richiesti.
Si è, altresì, costituito il Collegio Regionale
delle Guide Alpine Vulcanologiche della
Regione Campania, che ha proposto appello
incidentale.
Con memorie depositate in vista dell’udienza la
parti hanno insistito nelle proprie conclusioni.
Alla pubblica udienza del 6.12.2005 la causa è
stata chiamata e trattenuta per la decisione,
come da verbale.
DIRITTO
Il Collegio può prescindere dalla disamina
dell’eccezione con cui i resistenti lamentano
l’inammissibilità dell’appello poiché proposto
dal Presidio senza la necessaria preventiva
deliberazione dell’organo competente ad
attribuire al Presidente il mandato ad litem, in
quanto il ricorso è comunque infondato nel
merito
e
pertanto
non
può
essere
favorevolmente definito.
Con il primo motivo di gravame il ricorrente
lamenta il proprio difetto di legittimazione
passiva sostenendo che le convenzioni ed i
documenti richiesti dagli appellanti di primo
grado sono stati per lo più posti in essere dal
Collegio Regionale delle Guide per conto del
Presidio stesso.
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
La censura è infondata.
Osserva il Collegio che l’appellante non ha
negato nel corso del giudizio di primo grado di
detenere gli atti richiesti dagli odierni resistenti,
per cui è stato esattamente individuato come
legittimato passivo del giudizio ai sensi dell’art.
25, comma 2°, della legge 241/90, a norma del
quale la richiesta di accesso va inoltrata
"all’amministrazione che ha formato il
documento o che lo detiene stabilmente".
D’altra parte non può dubitarsi della circostanza
che è proprio il Presidio l’organismo di
derivazione regionale istituito per la tutela del
patrimonio artistico-culturale di interesse
turistico e deputato alla regolamentazione dei
relativi servizi.
Né, comunque, risulta pertinente il richiamo del
Presidio all’art. 12 della legge 6/89, riguardante
la determinazione delle tariffe professionali,
non costituenti l’oggetto dell’istanza dei
resistenti, alla quale ultima non può opporsi la
mancata specificazione dei documenti richiesti
come motivo ostativo all’esibizione, giacchè
nella domanda sono forniti tutti gli elementi
utili per l’individuazione degli atti.
Con gli altri motivi di ricorso l’appellante
lamenta la carenza di legittimazione all’accesso
da parte degli odierni resistenti per mancanza di
interesse, in quanto le autorizzazioni
all’esercizio dell’attività di guida vulcanologica
da essi conseguite non sarebbero valide
nell’ambito del presidio Vulcano Vesuvio e poi
perché la competenza per regolare le visite
turistiche al Vulcano sarebbe ormai dell’Ente
Parco, che l’avrebbe sottratta al Presidio,
circostanza di cui gli stessi ricorrenti di primo
grado sarebbero a conoscenza, visto un ulteriore
ricorso da essi presentato anche contro tale
Ente.
principi di partecipazione e di concreta
conoscibilità della funzione pubblica da parte
dell’amministrato, basato sul riconoscimento
del principio di pubblicità dei documenti
amministrativi.
La
giurisprudenza
amministrativa
ha
costantemente affermato che ai fini della
sussistenza del presupposto legittimante per
l’esercizio del diritto di accesso deve esistere un
interesse giuridicamente rilevante del soggetto
che richiede l’accesso, non necessariamente
connsistente in un interesse legittimo o in un
diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente
tutelato, non potendo identificarsi con il
generico ed indistinto interesse di ogni cittadino
al buon andamento della attività amministrativa,
ed un rapporto di strumentalità tra tale interesse
e la documentazione di cui si chiede
l’ostensione. Tale nesso di strumentalità deve,
peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che
la documentazione richiesta deve essere,
genericamente, mezzo utile per la difesa
dell’interesse giuridicamente rilevante, e non
strumento di prova diretta della lesione di tale
interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre
2004, n. 5873; Sez. VI, 22 ottobre 2002, n.
5814).
In sostanza, l’interesse all’accesso ai documenti
va valutato in astratto, senza che possa essere
operata, con riferimento al caso specifico, alcun
apprezzamento in ordine alla fondatezza o
ammissibilità della domanda giudiziale che gli
interessati potrebbero eventualmente proporre
sulla base dei documenti acquisiti mediante
l’accesso (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26 aprile
2005, n. 1896; Sez. IV, 19 marzo 2001, n. 1621)
e quindi la legittimazione all’accesso non può
essere valutata alla stessa stregua di una
legittimazione
alla
pretesa
sostanziale
sottostante.
Le censure non meritano accoglimento.
Deve, in primo luogo, rilevarsi come il diritto di
accesso ai documenti amministrativi introdotto
dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, costituisce un
principio generale dell’ordinamento giuridico, e
si colloca in un sistema ispirato al
contemperamento delle esigenze di celerità ed
efficienza dell’azione amministrativa con i
Sotto tale profilo, non può negarsi che i
ricorrenti di primo grado vantino un interesse
qualificato e una sicura legittimazione ad
accedere alla documentazione negata, come
correttamente riconosciuto dal T.A.R., posta
altresì l’inconfigurabilità di esigenze di tutela di
riservatezza ed essendo del tutto evidente la loro
posizione differenziata e la titolarità di una
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
posizione giuridica soggettiva anche meramente
potenziale, qual è appunto quella di non vedersi
pretermessi o esclusi dallo svolgimento di ogni
attività professionale turistica inerente il
presidio Vulcano Vesuvio, come previsto dalla
regolamentazione regionale. In proposito,
infatti, la Giunta Regionale della Campania, con
delibera n. 6722 del 9 settembre 1986,
disciplinante il funzionamento dei presidi
turistici permanenti, ha previsto che ai sensi
della legge regionale 11/86 ciascun presidio è
sempre aperto alle guide abilitate iscritte
nell’apposito albo ed autorizzate ad esercitare la
propria professione, anche se non incluse fra
quelle destinate specificamente ad un presidio.
giudizio è espressione di un apprezzamento
latamente discrezionale del giudice e può essere
censurato in appello solo se risultino
palesemente illogiche o erronee le ragioni
enunciate, pur non essendovi alcun obbligo in
tal senso, a giustificazione della pronuncia.
La conoscenza degli atti relativi alla istituzione
e regolamentazione del presidio del Monte
Vesuvio, oggetto della richiesta di accesso,
risulta quindi senz’altro rilevante, per gli
odierni resistenti, al fine della corretta
individuazione e regolamentazione della propria
attività di guida vulcanologica per la quale
hanno conseguito apposita abilitazione, anche in
vista di eventuali o in atto pretese
giurisdizionali.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione V) rigetta l’appello in epigrafe; rigetta
l’appello incidentale.
Né, contrariamente a quanto sostenuto
dall’appellante, le convenzioni stipulate tra
l’Ente Parco ed il Collegio Regionale delle
guide alpine per il funzionamento del presidio
possono influire negativamente sulla sussistenza
dell’interesse all’accesso in capo ai ricorrenti,
come pure la circostanza della proposizione di
un ulteriore ricorso giurisdizionale contro gli
stessi atti o avverso determinazioni a questi
connesse.
Va, infine, rigettato anche l’appello incidentale
proposto dal Collegio Regionale delle Guide
Alpine
Vulcanologiche
della
Regione
Campania, volto a contestare il capo della
sentenza con cui il T.A.R. ha disposto la
compensazione delle spese processuali tra detto
Collegio ed i ricorrenti di primo grado.
In proposito, infatti, va rilevato che secondo un
orientamento giurisprudenziale consolidato (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 20 aprile 2000 n. 2423; 6
luglio 1999, n. 818; Sez. VI, 2 marzo 1999, n.
234, Cass. Civ., Sez. I, 12 luglio 2000 n. 9271)
la statuizione di compensazione delle spese di
Alla luce delle superiori considerazioni, il
ricorso in appello e l’appello incidentale vanno
rigettati.
3. Le spese del presente giudizio seguono la
soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio, che liquida in complessivi
euro 5000 (cinquemila).
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del
Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del
6.12.2005 con l'intervento dei sigg.ri
Raffaele Iannotta Presidente,
Giuseppe Farina Consigliere,
Chiarenza Millamaggi Cogliani Consigliere,
Paolo Buonvino Consigliere,
Michele Corradino Consigliere estensore.
L'ESTENSORE
Michele Corradino
IL PRESIDENTE
Raffaele Iannotta
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10 gennaio
2007.
***
TAR SICILIA - PALERMO, SEZ. I sentenza 15 novembre 2006 n. 3029 - Pres. ff.
Giamportone, Est. Valenti - Pinco (Avv.
Filippi) c. Poste Italiane s.p.a. (Avv.ti
Castellese) - (accoglie).
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Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della
Sicilia, Sezione Prima, ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. 1531/2006 proposto da PINCO
Maria Teresa, rappresentata e difesa dall’Avv.to
Pieranna Filippi ed elettivamente domiciliata in
Palermo, presso il cui studio dell’Avv.to G.
Rubino, via Oberdan n.5,
CONTRO
le Poste Italiane S.p.A., in persona del legale
rappresentante p.t. Avv. Andrea Sandulli,
rappresentato e difeso dall’Avv.to Salvatore
Castellese della Funzione Affari Legali Area
Sud Palermo, ed elettivamente domiciliato in
Palermo presso il medesimo Ufficio, Via
Epicarno n.3,
PER L’ANNULLAMENTO
del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di
accesso agli atti inoltrata in data 18/05/06 e
ricevuta dalle poste italiane S.p.A. in data
22/05/06,
NONCHE’ PER L’EMANAZIONE
di un ordine di esibizione ai sensi e per gli
effetti dell’art.25 l.241/90.
Visto il ricorso, notificato in data 17/07/2006 e
depositato il 24/07/2006, con relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio delle Poste
Italiane S.pA. e la relativa memoria;
Visti gli atti tutti della causa e la memoria
conclusiva di parte ricorrente;
Relatore alla Camera di consiglio del 29
settembre 2006 il Referendario Dr. Roberto
Valenti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue
FATTO
Con il ricorso in epigrafe ex art.25 L.241/90,
notificato e depositato come in premessa, parte
ricorrente espone di aver presentato in data
1/12/1995, n.q. di dipendente del (già) Ente
Pubblico Economico delle Poste Italiane,
apposita istanza volta al riconoscimento della
dipendenza da causa di servizio dell’infermità
ivi meglio specificata.
Con nota A/R del 11/01/2002 (ricevuta in data
15/01/2002) l’Ente Poste Italiane S.p.A.
(Servizio Ris.Umane e SS.GG.) riscontrava la
precedente istanza comunicando che "la
soprintendenza Medica Regionale dell’INAIL,
alla quale la società Poste Italiane ha dato
incarico per gli accertamenti sanitari di rito, ha
escluso l’origine professionale della patologia
denunciata (…)".
In data 18/05/06 la ricorrente procedeva quindi
ad avanzare istanza di accesso alla
documentazione relativa alla propria pratica,
con particolare riferimento al parere emesso
dall’INAIL: occorre precisare in questa sede
come l’istanza di accesso di che trattasi sia stata
rivolta congiuntamente sia nei confronti delle
Poste Italiana S.p.A., sia nei confronti
dell’INAIL – Dir. Reg. Sicilia.
Lamenta parte ricorrente il mancato riscontro
all’istanza di accesso in premessa da parte delle
Poste Italiane S.p.A.. Invero, in risposta alla
richiesta in parola, solo l’INAIL ha fatto
pervenire la nota del 09/06/2006 prot.267/16.2
con cui ha comunicato che "tutti gli atti della
pratica, compreso il parere della soprintendenza
medica regionale INAIL, sono stati restituiti
alla competente filiale delle Poste Italiane"
(nota in atti, versata contestualmente alla
memoria conclusiva del 25/09/2006).
Perdurando il silenzio è stato proposto il
presente ricorso, affidato alle doglianze della
violazione di legge ed eccesso di potere, sotto
diversi profili.
Udito l’Avv.to P. Filippi per la ricorrente,
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Ha chiesto parte ricorrente, previo annullamento
del silenzio rifiuto serbato dalle Poste Italiane
S.p.A. nei confronti della istanza, il rilascio
della documentazione richiesta di cui alla
relativa domanda del 18/05/2006. Vinte le
spese.
Per resistere, si costituiva la Società Poste
Italiane S.p.A., che preliminarmente ha eccepito
il difetto proprio di legittimazione passiva in
quanto la richiesta di accesso avrebbe dovuto
essere rivolta all’Amministrazione che ha
formato il documento: nel caso di specie il
ricorso non risulta, per altro, essere stato
notificato all’INAIL.
Nel merito ne chiedeva il rigetto, siccome
infondato, con vittoria di spese.
Parte ricorrente
conclusiva.
ha
presentato
memoria
Alla Camera di Consiglio del 29/09/2006,
designato relatore il Referendario Dr. Roberto
Valenti, ed udito l’Avv.to di parte ricorrente,
come da verbale, la causa è stata posta in
decisione.
DIRITTO
Si controverte in tema di accesso agli atti
avanzata dalla ricorrente sulla documentazione
relativa all’istanza per il riconoscimento della
causa di servizio della patologia accusata. In
particolare
la
ricorrente
ha
chiesto,
congiuntamente all’ente di appartenenza (Poste
Italiane S.p.A.) e all’INAIL, copia della
documentazione relativa alla propria pratica,
siccome con nota del 11/01/2002 le Poste
Italiane S.p.A. avevano comunicato che la
Soprintendenza Medica Regionale dell’INAIL,
all’uopo incaricata in base ad apposita
convenzione, aveva escluso la sussistenza della
dipendenza da causa di servizio.
Occorre prendere le mosse dalle eccezioni
preliminari sollevate dalle parti costituite.
Sostiene l’Ente intimato il proprio difetto di
legittimazione passiva in quanto la domanda e
la relativa tutela giurisdizionale avrebbero
dovuto essere rivolte nei confronti dell’INAIL
n.q. di Amm.ne che ha redatto l’atto per cui è
causa.
L’eccezione rileva nel caso di specie.
Invero occorre considerare che, ai sensi della
normativa di settore, l’accesso ai documenti
amministrativi
può
essere
esercitato,
sussistendone i presupposti di legge, nei
confronti dell’Amministrazione che ha redatto
l’atto, ovvero nei confronti di quella che lo
detenga stabilmente.
Sul punto la giurisprudenza ha affermato che
"Ai
fini
della
individuazione
dell'amministrazione obbligata all'esibizione dei
documenti richiesti ai sensi dell'art. 25 l. 7
agosto 1990 n. 241, il criterio della formazione
del documento è quello principale e generale,
mentre quello della detenzione dello stesso
assume un rilievo secondario e sussidiario.
Segue da detta premessa, come corollario
obbligato, che legittimata passiva deve
intendersi (e presumersi) l'amministrazione che
ha confezionato l'atto e, solo nell'ipotesi di
successiva trasmissione della detenzione dello
stesso a quella che lo detiene stabilmente,
l'istanza di accesso può essere legittimamente
rivolta a quest'ultima. In altri termini, la
materiale disponibilità del documento non
costituisce criterio generale di individuazione
dell'amministrazione obbligata a pronunciare
sull'istanza di accesso ma assume rilevanza a
detto fine esclusivamente nel caso in cui sia
comprovata una concorrenza dei due criteri, con
la conseguenza che ove l'amministrazione che
ha formato il documento sia diversa da quella
che in atto lo detiene stabilmente, deve
attribuirsi prevalenza al criterio del possesso
dell'atto (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 28
gennaio 2005 , n. 680).
Negli stessi termini è stato altresì precisato che
"L'art. 25 comma 2, l. n. 241 del 1990, il quale
prevede che la richiesta di accesso debba essere
<<rivolta all'amministrazione che ha formato il
documento o che lo detiene stabilmente>> va
interpretato, per evidenti ragioni di economia
procedimentale e processuale, in un senso
ampio, potendosi ritenere ammissibile che la
richiesta di copia degli atti presupposti e
preparatori, adottati da altre amministrazioni,
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Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
venga rivolta all'Amministrazione che gestisce
la fase finale di un procedimento complesso, o
che comunque adotta l'atto finale (T.A.R.
Campania Napoli, sez. V, 16 dicembre 2003 , n.
15365).
Venendo al caso in esame, risulta provato, e non
contestato dall’Ente intimato, che la domanda di
accesso de quo sia stata contestualmente rivolta
tanto alle Poste Italiane S.p.A., presso cui
lavora la ricorrente, che nei confronti
dell’INAIL che ha redatto il parere negativo
sulla domanda di riconoscimento della
dipendenza da causa di servizio. L’INAIL ha
riscontrato l’istanza di accesso significando che
sia il parere emesso che la pratica
amministrativa di che trattasi erano stati
restituiti alle Poste Italiane S.p.A., presso cui,
quindi, poteva essere fatta valere l’actio ad
exibendum.
Risultano quindi presenti entrambi gli elementi
richiamati dalla giurisprudenza citata prevalente
in specie il criterio della stabile detenzione del
documento richiesto ai fini della individuazione
del
soggetto
legittimato
passivamente
all’esibizione.
Ciò posto, risultano altresì prive di pregio le
argomentazioni addotte dalla difesa delle Poste
Italiane S.p.A. circa l’infondatezza del ricorso,
con particolare riferimento anche ai limiti della
applicazione della L.241 – e dell’istituti
dell’accesso agli atti amministrativi in parte qua
– ad un ente che agisce in regime di
concorrenza con altri operatori.
Ad avviso della resistente, solo in relazione
all’esercizio di attività connessa al pubblico
servizio di cui è concessionaria è – al limite –
possibile (ricorrendone i presupposti) essere
esercitato il diritto di accesso: cosa che in specie
non sarebbe rilevabile.
Ritiene il Collegio che le argomentazioni già
svolte in relazione alla corretta individuazione
del soggetto legittimato passivo dell’actio ad
exibendum possano già da sole essere
sufficienti a suffragare la prospettazione della
difesa resistente.
Il Consiglio di Stato ha precisato che "La
normativa sull' accesso, di cui agli art. 22 ss. l.
n. 241 del 1990, si applica anche nei confronti
della s.p.a. Poste italiane , senza che abbia
rilievo in contrario il fatto che il servizio sia
svolto in regime di concorrenza, ovvero che la
società svolga attività di diritto privato, poiché
essa gestisce interessi pubblici, oltre che
nell'interesse proprio, anche per soddisfare
quelli della collettività" (Consiglio Stato , sez.
VI, 27 giugno 2005 , n. 3417; negli stessi
termini anche T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 16
dicembre 2002 , n. 4554).
Con specifico riguardo alla questione in esame,
risulta utile il richiamo alla giurisprudenza del
Consiglio di Stato secondo cui "La qualità del
richiedente
l'accesso
ai
documenti
amministrativi in possesso di Poste italiane
s.p.a. di dipendente della predetta società fa
chiaramente desumere come la richiesta di
accesso sia giustificata dallo scopo di ottenere
elementi utili al fine di un'eventuale
controversia di lavoro" (Consiglio Stato , sez.
VI, 26 gennaio 2006 , n. 229).
Negli stessi termini il T.A.R. Reggio Calabria
ha affermato che "è illegittimo il diniego
opposto da Poste italiane s.p.a. ad un'istanza di
accesso, sul rilievo che la società di cui si tratta
è concessionaria di pubblico servizio e come
tale rientra nella previsione normativa di cui
all'art. 23 l. n. 241 del 1990. Nel caso di specie,
è
stato
consentito
l'
accesso
alla
documentazione concernente il riconoscimento
di un'infermità per causa di servizio, quindi a
documentazione in tema di rapporto di lavoro
dei dipendenti di Poste italiane s.p.a." (T.A.R.
Calabria Reggio Calabria, 01 aprile 2004, n.
258).
Le ampie argomentazioni svolte comportano la
fondatezza delle censure articolate dalla
ricorrente. Il diniego opposto – meglio
articolato nelle memorie difensive dalle Poste
Italiane S.p.a. - risulta infatti illegittimo, sia
sotto il profilo della violazione di norma di
legge che per eccesso di potere, sussistendo in
specie un interesse giuridicamente rilevante da
tutelare.
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Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Conseguentemente il ricorso deve essere
accolto per quanto in motivazione riportato, e
per l’effetto deve essere ordinato alle Poste
Italiane S.p.A. di consentire l’accesso agli atti di
che trattasi, con facoltà di estrazione di copia, di
cui alla richiesta di parte ricorrente in narrativa
Le spese seguono la soccombenza e sono
liquidate come da dispositivo.
Italiane s.p.a, Centro Meccanizzazione Postale
Campania (n.c.) - (accoglie).
-------------------REPUBBLICA ITALIANA
N. 7729 Reg. Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
ANNO 2006
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sicilia, Sezione prima, accoglie il ricorso in
epigrafe e, per l’effetto, ordina alle Poste
Italiane S.p.A. di consentire l’accesso ai
documenti, con facoltà di estrazione copia, di
cui alla richiesta del 18/05/2006, secondo le
modalità di legge e previo rimborso delle spese
di riproduzione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania - Sezione V^ - composto dai Signori:
N. 3051 Reg. Ric.
ANNO 2006
1) Carlo d’Alessandro - Presidente
2) Paolo Carpentieri - Consigliere – relatore
3) Michelangelo Francavilla - Referendario
Condanna le Poste Italiane S.p.A. al pagamento
delle spese del presente giudizio in favore della
parte ricorrente, che si liquidano in €.1.500,00,
oltre I.V.A. e C.P.A.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- Agnese A. Barone - Referendario
sul ricorso n. 3051/2006 Reg. Gen., proposto da
Avino Aniello, Castelli Alfredo, D’Onofrio
Eduardo,
Esposito
Salvatore,
Esposito
Vincenzo, Licata Gaetano Antonio, Muto
Carmine, Pace Davide, Palmendola Giovanni,
Pietropaolo Domenico, Saide Ettore, Scuotto
Nicola e Verlini Livio Antonio, tutti
rappresentati e difesi dagli avv.ti Ettore
Leperino e Alfonso Leperino, con domicilio
eletto in Napoli alla via G. Ricciardi 28
- Roberto Valenti - Referendario Estensore
contro
Angelo Pirrone, Segretario.
la società Poste Italiane s.p.a., in persona del
legale rapp.te p.t., con sede in Roma, al viale
Europa 190, rappresentata e difesa dagli avv.ti
Luigi Fiorillo e Raffaele De Luca Tamajo, con
domicilio eletto in Napoli al viale Gramsci 14,
presso lo studio di quest’ultimo;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Palermo, nella Camera di
Consiglio del 26 Settembre 206, con l'intervento
dei Sigg.ri Magistrati:
- Filippo Giamportone - Presidente f.f.
Depositata in Segreteria il 15/11/2006
***
TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. V sentenza 28 luglio 2006 n. 7729 - Pres.
D’Alessandro, Est. Carpentieri - Avino e altri
(Avv.ti E. e A. Leperino) c. Poste Italiane s.p.a.
(Avv.ti Fiorillo e De Luca Tamajo) e Poste
la società Poste Italiane s.p.a– Centro
Meccanizzazione Postale Campania, in persona
del legale rapp.te p.t., con sede in Napoli alla
via Galileo Ferraris 66, non costituita;
per l’annullamento, previa sospensione
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
<<a) del diniego tacito, ex art. 25, 4 comma,
legge 241/1990, delle Poste Italiane s.p.a.
avverso l’istanza di accesso ai documenti
amministrativi proposta dai ricorrenti con
lettera raccomandata A/R del 7.2.2006 n.
12806514176-5 e n. 12806514177-6 inviate
rispettivamente a Poste Italiane s.p.a. presso la
sede legale in Roma al viale Europa 190 nonché
presso il Centro Meccanizzazione Postale
Campania, che materialmente detiene la
documentazione richiesta, in Napoli alla via
Galileo Ferraris n. 66/M, con cui gli istanti
chiedevano il rilascio in copia della
rappresentazione grafica delle giornate di riposo
compensativo accantonate e non ancora godute
nonché dei modelli 70/P relativi all’arco
temporale dal 1 gennaio 2001 sino ad oggi; b)
di ogni altro atto o provvedimento preordinato
connesso e conseguente che sia comunque
lesivo dei diritti dei ricorrenti;
inviata all’ente di appartenenza, con
raccomandate dell’8 febbraio 2006, fatte
recapitare alla società intimata sia presso la sede
legale di Roma che presso quella periferica di
Napoli.
Con tale istanza i ricorrenti hanno domandato la
visione e l’estrazione di copia di tutti gli atti dai
quali risultino le giornate di riposo
compensativo accantonate e non ancora godute
sino ad oggi, nonché copia dei modelli 70P
relativi all’arco temporale dall’1 gennaio 2001
sino ad oggi, al fine di conoscere il complessivo
monte orario di riposo compensativo spettante a
ciascuno di essi, per poter meglio organizzare i
propri periodi di riposo concertati con la
società.
Non avendo ottenuto alcun riscontro
dall’amministrazione intimata, i ricorrenti
hanno dunque adito questo giudice ai sensi
dell’art. 25 della legge 241/1990.
nonché per l’accertamento e la declaratoria
del diritto dei ricorrenti ad ottenere copia della
documentazione dianzi precisata ove risultano i
giorni di riposo compensativo dagli stessi non
goduti.>>.
A sostegno del gravame deducono diversi
motivi di illegittimità e concludono per
l’annullamento
del
tacito
diniego
e
l’accertamento del proprio diritto a prendere
visione ed estrarre copia della predetta
documentazione.
VISTI il ricorso ed i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio della
società Poste Italiane s.p.a, con le annesse
produzioni;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla camera di consiglio del 22 giugno
2006 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri –
gli avv.ti riportati a verbale;
In data 21 giugno 2006 la società Poste Italiane
s.p.a. si è costituita in giudizio facendo rilevare
l’inesistenza di parte dei documenti richiesti
(non esisterebbe alcuna rappresentazione
grafica delle giornate di riposo compensativo
accantonate e non ancora godute). Ha altresì
obiettato che la normativa sull’accesso non
sarebbe applicabile ad attività meramente
interne e strumentali dell’ente non direttamente
collegate all’espletamento o all’organizzazione
del servizio pubblico.
FATTO E DIRITTO
I ricorrenti, tutti dipendenti della società Poste
Italiane s.p.a., in servizio presso il Reparto
Ordinarie Corrispondenze sez. AT (Aeroporto
Transiti) dell’aeroporto di Napoli Capodichino,
con il presente ricorso – ritualmente notificato
in data 7/8 aprile 2006 e depositato presso la
Segreteria del Tribunale il successivo 4 maggio
– agiscoono per la declaratoria del diritto di
accesso agli atti indicati nell’istanza – diffida
Alla camera di consiglio del 22 giugno 2006 la
causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è in parte fondato e andrà, per quanto
di ragione, accolto.
In primo luogo non merita condivisione
l’argomento della società resistente che sostiene
di non essere assoggettata alla normativa in
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
tema di accesso o, quanto meno, di non esserlo
quando agisce in regime di concorrenza.
Il Collegio, infatti, ritiene al riguardo di non
doversi discostare dall’orientamento del
Consiglio di Stato, secondo cui l’attività
amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della legge
241 del 1990 correlano il diritto di accesso,
ricomprende non solo quella di diritto
amministrativo, ma anche quella di diritto
privato posta in essere dai soggetti gestori di
pubblici servizi che, pur non costituendo
direttamente gestione del servizio stesso, sia
collegata a quest’ultima da un nesso di
strumentalità derivante anche, sul versante
soggettivo, dalla intensa conformazione
pubblicistica (Cons. St., IV, 26 gennaio 2006, n.
229). Nella sentenza ora citata, pronunziata
contro la società Poste Italiane s.p.a., il
Consiglio di Stato ha espressamente affermato il
diritto di accesso dei dipendenti di tale società
alle schede di rilevazione delle presenze
(modelli 70/P). Ora il Collegio non nega la
discutibilità di tale assunto, in base al quale è
sufficiente, ai fini dell’assoggettamento allo
speciale regime di pubblicità/trasparenza
previsto dal Capo V della legge n. 241 del 1990,
un collegamento anche del tutto indiretto e
mediato tra gli atti di cui si chiede l’accesso e
l’organizzazione del servizio pubblico, ma, per
ragioni di unitarietà di trattamento e di favor per
l’accesso, piuttosto che per la riservatezza degli
atti, non intende, come detto, contraddire tale
orientamento di maggior apertura del giudice di
appello (orientamento peraltro oggi sorretto
ulteriormente dalla previsione del nuovo
comma 1-ter inserito nell’art. 1 della legge n.
241 del 1990 dalla legge n. 15 del 2005).
Il Collegio non manca di rilevare che il nuovo
regolamento recante la disciplina in materia di
accesso ai documenti amministrativo, introdotto
con il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (pubblicato
nella G.U.R.I. n. 114 del 18 maggio 2006),
contiene, nell’art. 2, comma 1 (Ambito di
applicazione), la previsione, aggiuntiva rispetto
al testo della legge 241/1990 e più restrittiva,
per cui "il diritto di accesso. . . .è esercitabile
nei confronti di tutti i soggetti. . . di diritto
privato limitatamente alla loro attività
disciplinata dal diritto nazionale o comunitario".
Tale locuzione aggiuntiva potrebbe per certi
aspetti autorizzare un ripensamento della
suindicata giurisprudenza più estensiva, ma
l’inapplicabilità "ratione temporis" di tale nuova
disposizione al caso in esame esime il Collegio
dal dover compiere questo approfondimento.
Ciò posto, entrando più nel dettaglio, come
detto, il ricorso può essere accolto solo in parte,
limitatamente alla richiesta di accesso ai
modelli 70/P (schede di presenza) relativi
all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 sino ad
oggi.
Deve essere respinta, invece, la domanda
relativa all’accesso alla rappresentazione grafica
delle giornate di riposo compensativo
accantonate e non ancora godute.
L’articolo 22, comma 4, della legge n. 241 del
1990, nel nuovo testo introdotto dall’articolo 15
della legge n. 15 del 2005, ha statuito
inequivocamente che "Non sono accessibili le
informazioni in possesso di una pubblica
amministrazione che non abbiano forma di
documento amministrativo, salvo quanto
previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003,
n. 196 , in materia di accesso a dati personali da
parte della persona cui i dati si riferiscono".
L’articolo 24, comma 3, della legge n. 241 del
1990, nel nuovo testo introdotto dall’articolo 16
della legge n. 15 del 2005, recependo un
costante indirizzo giurisprudenziale, ha statuito
inequivocamente che "Non sono ammissibili
istanze di accesso preordinate ad un controllo
generalizzato dell'operato delle pubbliche
amministrazioni".
Ancor più inequivocamente il nuovo
regolamento recante la disciplina in materia di
accesso ai documenti amministrativi, introdotto
con il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, applicabile
in parte qua al caso in esame trattandosi, per
quel che qui interessa, di disposizione
interpretativa chiarificatrice della portata della
norma primaria, ha stabilito, all’art. 2, comma
2, ultimo periodo, che ". . .la pubblica
amministrazione non è tenuta ad elaborare dati
in suo possesso al fine di soddisfare la richiesta
di accesso.".
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Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Dalle ora trascritte norme emerge in modo
chiaro il canone di giudizio secondo cui è
inammissibile, per carenza di oggetto e
inapplicabilità della specifica tutela di cui al
Capo V della legge generale sul procedimento
amministrativo, ogni domanda di accesso che
abbia riferimento non già a documenti, intesi
come forma del contenuto di atti amministrativi
già formati [art. 22, comma 1, lettera d) cit.],
nonché ogni domanda che miri direttamente alla
conoscenza
di
informazioni
possedute
dall’amministrazione, ma che non siano state
già tradotte in atti amministrativi (art. 22,
comma 4, cit.), così come, conseguentemente,
le domande volte non già alla visione o alla
copia
di
documenti
(contenenti
atti)
amministrativi, bensì all’acquisizione di
informazioni che la stessa amministrazione
dovrebbe appositamente raccogliere, compilare
ed esporre in atti e documenti esclusivamente
formati allo scopo (art. 24, comma 3, cit.).
L’esame degli "atti" richiesti dai ricorrenti
("rappresentazione grafica delle giornate di
riposo compensativo accantonate e non ancora
godute") dimostra in modo evidente che si tratta
in realtà non già di una domanda di accesso a
documenti amministrativi preesistenti e
individuabili, bensì di una richiesta di notizie e
informazioni comunicabili agli interessati solo
dopo l’estrapolazione delle stesse dal contenuto
complessivo di documenti in possesso
dell’amministrazione e la loro riassunzione in
apposito atto da formarsi allo scopo.
Applicando dunque la regola di giudizio sopra
delineata agli "atti" oggetto della domanda
proposta dai ricorrenti, si perviene alla
conclusione della infondatezza della domanda
dei ricorrenti, nella parte relativa all’accesso
della rappresentazione grafica delle giornate di
riposo compensativo, che fanno in realtà
riferimento non già a documenti contenenti atti
amministrativi
già
formati,
bensì
all’acquisizione di informazioni di cui potrebbe
o
dovrebbe
essere
in
possesso
l’amministrazione, ma che non si sono
concretizzate in documenti amministrativi già
esistenti e che invece la p.a. dovrebbe
appositamente raccogliere e presentare in forma
scritta al soggetto richiedente.
Il Collegio ritiene invece fondata la domanda di
accesso limitatamente ai modelli 70/P (schede
di presenza) relativi all’arco temporale dall’1
gennaio 2001 ad oggi, trattandosi, in questo
caso,
di
documenti
amministrativi
oggettivamente rientranti nella tipologia
ammessa dalla legge e di atti non riservati a
fronte dei quali i ricorrenti vantano un interesse
all’accesso qualificato e concreto ed attuale.
Per tutti gli esposti motivi il ricorso può solo in
parte essere accolto, limitatamente alla richiesta
dei ricorrenti di accesso ai modelli 70/P relativi
all’arco temporale dall’1 gennaio 2001 ad oggi,
con conseguente ordine di esibizione di tali
documenti alla società Poste Italiane s.p.a..
Sussistono giusti motivi per disporre la
compensazione integrale delle spese processuali
tra le parti in causa.
P.Q.M.
IL
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO
REGIONALE
DELLA
CAMPANIA,
SEZIONE V^, letto e applicato l’art. 25, commi
5 e 6, della legge 241/1990, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie
in parte e, per l’effetto, ordina alla società Poste
Italiane s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t.,
l’esibizione dei modelli 70/P relativi all’arco
temporale dall’1 gennaio 2001 ad oggi, richiesti
dai ricorrenti con istanza notificata in data 8
febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio
del 22 giugno 2006.
Il Presidente
Il Relatore
Depositata in Segreteria in data 28 luglio 2006.
***
TAR LAZIO - ROMA, SEZ. II - sentenza 29
dicembre 2006 n. 16384 - Pres. La Medica,
Est. Bottiglieri - International Art Center s.a.s.
(Avv.ti Farronato e Mosillo) c. Romeo gestioni
42
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
s.p.a. (n.c.) e Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a.
(Avv. Varì) - (accoglie).
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Bnl
Fondi immobiliari Sgr p.a.;
----------------
Viste le memorie difensive depositate dalle
parti;
REPUBBLICAITALIANA
Visti gli atti tutti della causa;
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE
REGIONALE
AMMINISTRATIVO
Relatore, alla camera di consiglio dell’11
ottobre 2006, la dr.ssa Anna Bottiglieri; uditi
l’avv. Mosillo e l’avv. Varì.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
PER IL LAZIO
Sezione Seconda
FATTO E DIRITTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 7046/06, proposto da International
Art Center s.a.s., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli
avv.ti Liliana Farronato e Stefano Mosillo,
presso lo studio dei quali elettivamente
domicilia in Roma, via Ortigara, n. 10;
CONTRO
- Romeo gestioni s.p.a., in persona del in
persona del legale rappresentante p.t., non
costituita in giudizio;
- Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a., in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Pasquale Varì, presso il cui studio
selettivamente domicilia in Roma, via Baldo
degli Ubaldi, n. 115;
1. Con ricorso notificato in data 18 luglio 2006,
depositato il successivo 20 luglio, l’istante
società, che conduce in locazione l’unità
immobiliare meglio indicata in epigrafe, per la
quale, nell’ambito delle operazioni di
dismissione del patrimonio da reddito di
proprietà della comunione delle Asl del Lazio,
ha esercitato il diritto di opzione, ha impugnato
il silenzio serbato dagli intimati organismi in
ordine alla istanza del 23 maggio 2006 per
l’accesso alla documentazione inerente il
procedimento di valutazione e determinazione
del prezzo dell’immobile, avverso il quale ha
formulato le censure di violazione dell’art. 22 e
ss., l. 241/90, e l’eccesso di potere.
L’intimata Romeo gestioni s.p.a. non si è
costituita in giudizio.
La Bnl Fondi immobiliari Sgr p.a. si è costituita
in giudizio per resistere al ricorso, spiegando
eccezioni di carattere pregiudiziale.
per l’ACCESSO
alla documentazione inerente il procedimento di
valutazione e determinazione del prezzo
dell’immobile condotto in locazione dalla
ricorrente, sito in Roma, via della Palombella,
n. 37, offerto in opzione con comunicazione n.
TBD06/80, del 7 febbraio 2006.
Visto il ricorso;
La causa è stata chiamata, per la delibazione del
merito, alla camera di consiglio dell’11 ottobre
2006.
2. Il Collegio deve, com’è d’uopo,
prioritariamente esaminare le eccezioni
pregiudiziali spiegate dalla Bnl Fondi
immobiliari Sgr p.a..
Con la prima di tali eccezioni la citata società
rappresenta di non essere in possesso della
documentazione richiesta, avendo ricevuto
43
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dall’apportante le varie unità immobiliari con
valore di apporto e corrispondente prezzo di
offerta già predeterminato.
dalla ricorrente né alcuna difesa nel presente
giudizio, di consentire l’accesso alla
documentazione richiesta.
Trattasi, quindi, più propriamente, di difesa di
merito, che chiarisce che la società non può
essere utilmente destinataria nella fattispecie in
esame di un ordine di esibizione della
documentazione richiesta dalla parte ricorrente.
Sussistono giusti motivi per compensare le
spese di giudizio tra le parti costituite.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale
A riguardo, quindi, il Collegio può limitarsi ad
osservare che siffatta situazione avrebbe potuto,
più utilmente, essere fornita alla ricorrente in
risposta alla istanza formulata.
Con la seconda eccezione la resistente oppone,
in quanto soggetto di diritto privato, di non
essere tenuta all’applicazione delle disposizioni
della l. 241/90, e, conseguentemente, il difetto
di giurisdizione dell’adito Tribunale.
per il Lazio, Sezione Seconda,
definitivamente pronunciando sul ricorso n.
7043/06, proposto da International Art Center
s.a.s., come in epigrafe, ordina alla Romeo
gestioni s.p.a. di consentire l’accesso alla
documentazione richiesta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
L’eccezione è infondata.
E’ noto, invero, che anche il soggetto privato,
quando
svolge
un’attività
diretta
al
soddisfacimento di interessi pubblici, è
obbligato
al
rispetto
della
disciplina
sull’accesso,
in
considerazione
della
strumentalità di questa ai principi di trasparenza
e buon andamento dell’azione pubblica.
Infine, la resistente eccepisce la carenza di
interesse della ricorrente all’accesso agli atti
richiesti, non avendo la medesima impugnato
gli atti sin qui intervenuti relativi alla
dismissione ed essendo, comunque, decaduta
dal diritto di opzione, per mancato acquisto del
bene nei termini prescritti.
Anche tale eccezione è priva di fondamento,
trattandosi di atti che spiegano, o sono idonei a
spiegare, effetti giuridicamente rilevanti diretti
ed indiretti nei confronti della ricorrente.
3. Non avendo nessuna delle intimate società
dato prova di aver consentito l’accesso, il
ricorso, anche per le considerazioni sin qui
esposte, risulta fondato per quanto di ragione.
Non resta, pertanto, al Collegio che ordinare
all’intimata Romeo gestioni s.p.a., che non ha
formulato alcuna risposta alla istanza proposta
Così deciso in Roma, dal Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione
Seconda, nella camera di consiglio dell’11
ottobre 2006.
Domenico LA MEDICA Presidente
Roberto CAPUZZI Consigliere
Anna BOTTIGLIERI
estensore.
Primo
Referendario,
Il Presidente L’estensore
Depositata in Segreteria in data 29 dicembre
2006.
***
TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA,
SEZ. I - sentenza 2 gennaio 2007 n. 2 - Pres.
Passanisi, Est. Caruso - Lofaro (Avv. Cotrupi)
c. Azienda Sanitaria Locale n. 11 di Reggio
Calabria (n.c.) - (accoglie).
---------------------
44
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
REPUBBLICA ITALIANA Sent. N.2/07
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della
Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria,
composto dai magistrati:
Luigi Passanisi - Presidente
Giuseppe Caruso - Consigliere, relatore/
estensore
Caterina Criscenti - Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
241/1990, per ottenere la condanna dell'A.S.L.
all’esibizione dei documenti e/o provvedimenti
autorizzativi delle ore di lavoro straordinario
che Egli ha prestato nel corso dell'anno 2000.
Il ricorrente deduce di aver richiesto
all’amministrazione copia della documentazione
in parola, con nota raccomandata del 6 febbraio
2006.
Non avendo ottenuto risposta alcuna alla sua
richiesta di accesso, il ricorrente chiede che il
Tribunale ordini all’A.S.L. l’esibizione della
documentazione in questione, ai sensi dell’art.
25, comma 6, della legge n. 241/1990.
SENTENZA
sul ricorso n. 328/2006, proposto dal sig.
Vincenzo Lofaro, rappresentato e difeso
dall’avv. Giovanni Antonio Cotrupi ed
elettivamente domiciliato in Reggio Calabria
presso lo studio di questi, via Sbarre Centrali n.
125;
CONTRO
l' Azienda Sanitaria Locale n. 11 di Reggio
Calabria, in persona del legale rappresentante
pro tempore, non costituito in giudizio;
P E R L’ E S I B I Z I O N E
dei documenti e/o provvedimenti autorizzativi
delle ore di lavoro straordinario prestate dal
ricorrente nel corso dell'anno 2000;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Giuseppe Caruso;
Udito, nella camera di consiglio del 7 giugno
2006, l’avv. G. A. Cotrupi per il ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTOEDIRITTO
Con atto notificato il 24 marzo 2006 e
depositato il 18 aprile 2006, il sig. Lofaro –
dipendente dell'A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria,
con la qualifica di Assistente amministrativo ricorre, ai sensi dell’art. 25 della legge n.
La causa è stata assunta in decisione nella
camera di consiglio del 7 giugno 2006.
Il ricorso è fondato.
Il ricorrente ha inutilmente richiesto all’A.S.L.
n. 11 di Reggio Calabria il rilascio di copia
della documentazione relativa alle sue
prestazioni di lavoro straordinario nel corso
dell'anno 2000 - che sarebbero state retribuite
solo in parte (30 ore su 70), con conseguente
insorgenza di contenzioso - relativamente agli
atti autorizzativi delle prestazioni medesime.
In proposito, questo Tribunale, ritualmente
adito
dall’interessato,
rileva
che
la
documentazione de qua attiene alla sfera
giuridico – patrimoniale del medesimo ed è,
pertanto, certamente rientrante tra quella cui
egli ha diritto ad accedere, ottenendone il
rilascio di copia, in particolare al fine di
verificare le autorizzazioni alle prestazioni
straordinarie nell'anno 2000, dalla sussistenza
delle quali dipende la contestata retribuibilità
delle ore prestate.
Il ricorso in esame va dunque accolto, con
conseguente ordine all’A.S.L. di esibire al
ricorrente, rilasciandone copia, i documenti e/o
provvedimenti
amministrativi
che
autorizzavano lo svolgimento delle ore
straordinarie effettuate dal ricorrente stesso nel
corso dell'anno 2000.
Le spese seguono, come di regola la
soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
45
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
nelle persone dei Signori:
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo per la Calabria,
Sezione Staccata di Reggio Calabria accoglie il
ricorso in epigrafe e per l’effetto ordina
all’A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria l’esibizione,
mediante rilascio di copia, dei documenti e/o
provvedimenti
amministrativi
che
autorizzavano lo svolgimento delle ore
straordinarie di lavoro effettuate dal ricorrente
nel corso dell'anno 2000.
ROBERTO SCOGNAMIGLIO Presidente
Condanna l’A.S.L. n. 11 di Reggio Calabria al
pagamento delle spese di causa a favore del
ricorrente, forfetariamente liquidate in €
1.000,00 oltre IVA e CPA, con distrazione a
favore dell'avv. Giovanni Antonio Cotrupi,
procuratore antistatario ex art. 93 cod. proc. civ.
nella camera di consiglio del 19 Dicembre 2006
Ordina all’autorità amministrativa di eseguire la
presente sentenza.
Così deciso in Reggio Calabria, nella camera di
consiglio del 7 giugno / 22 novembre 2006.
L' ESTENSORE
F.to Giuseppe Caruso
IL PRESIDENTE
F.to Luigi Passanisi
GIANLUCA MORRI Primo Ref., relatore
MAURO PEDRON Ref.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Visto il ricorso 1419/2006 proposto da:
BARISELLI COSTRUZIONI SRL
rappresentata e difesa da:
AMATO GUIDO
ROMERIO AURORA
con domicilio eletto in BRESCIA
VIA P.D.VITALIS,44
presso
AMATO GUIDO
DEPOSITATA PRESSO LA SEGRETERIA
DEL T.A.R. OGGI 2 gennaio 2007
contro
I.N.P.S.
***
TAR LOMBARDIA - BRESCIA - sentenza
20 dicembre 2006 n. 1621 - Pres.
Scognamiglio, Est. Morri - Bariselli Costruzioni
s.r.l. (Avv.ti Amato e Romerio) c. INPS (Avv.ti
Guerriera, Tagliente e Correra) - e INPS di
Brescia (n.c.) e Gasperino e altri (n.c.) (accoglie).
rappresentato e difeso da:
GUERRERA SALVATORE
TAGLIENTE ALDO
CORRERA FABRIZIO
con domicilio eletto in BRESCIA
VIA BULLONI, 14 (UFF. LEGALE INPS)
-------------------REPUBBLICA ITALIANA
presso
GUERRERA SALVATORE
TRIBUNALE
REGIONALE
I.N.P.S. DI BRESCIA
non costituitosi in giudizio;
PER LA LOMBARDIA
SEZIONE DI BRESCIA
AMMINISTRATIVO
e nei confronti di
GASPERINO DAMIANO
MORABITO CARMELO
46
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
documenti sottratti all’accesso a tutela del
diritto di riservatezza di soggetti terzi.
MORABITO ANTONIO
STALTARI ANTONIO
MORABITO ROCCO
LONGO ROBERTO
BOUDHIB JILANI
BEN FRADJ SABER BEN AWARA
AMBESI DOMENICO
PICCININNO ANTONIO
SABBAR ABDELHAK
SATIF EL MOUSTAFA
FRA MAURIZIO
IEVA PIETRO
La ricorrente censura l’opposto diniego
richiamando l’orientamento espresso dalla
giurisprudenza
amministrativa
circa
la
prevalenza del diritto di accesso quando è
necessario per curare o per difendere interessi
giuridici rilevanti (in questo caso di difesa
giudiziaria, per la contestazione delle risultanze
dei predetti accertamenti ispettivi).
Si è costituita in giudizio l’Inps per contestare,
nel merito, le deduzioni di parte ricorrente,
chiedendone la reiezione poiché ritenute
infondate.
non costituitisi in giudizio;
per
l’annullamento del provvedimento Inps – Sede
di Brescia – matr. 1512091430 del 2.10.2006
concernente diniego di accesso agli atti,
Alla camera di consiglio del 19 Dicembre 2006
la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
nonché per
l’emissione dell’ordine di esibizione di cui
all’art. 25 u.c. della legge 7.8.1990 n. 241;
Visti gli atti e i documenti depositati con il
ricorso;
Visto l’atto di costituzione
dell’Amministrazione intimata;
in
giudizio
Visti tutti gli atti di causa;
Udito il relatore Dott. Gianluca Morri e uditi,
altresì, i difensori delle parti;
Visto l’art. 25 della Legge n. 241/1990;
Ritenuto in fatto e in diritto
La ricorrente, in qualità di datore di lavoro
sottoposto ad accertamento ispettivo Inps
(verbali prot. INPS 1500. 11/08/2006.0067824 e
INPS 1500 04/09/2006.0070822), rivolgeva
istanza di accesso alle dichiarazioni spontanee,
rese agli ispettori dell’Istituto, da alcuni
lavoratori dell’azienda e ritenute rilevanti ai fini
istruttori e di accertamento.
L’Inps – Sede di Brescia – respingeva tuttavia
detta istanza opponendo che la stessa riguardava
Per quanto attiene al caso di specie, occorre
soprattutto considerare che l'art. 24 comma 6
lett. d), della Legge n. 241/1990 (come
sostituito dall'art. 16 della Legge n. 15/2005) ha
previsto la possibilità di emanare regolamenti
che possono sottrarre all'accesso i documenti
amministrativi quando gli stessi riguardino la
riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese
(con particolare riferimento agli interessi
epistolare, sanitario, professionale, finanziario,
industriale
e
commerciale),
garantendo
comunque ai richiedenti (comma 7) l’accesso
agli atti la cui conoscenza sia necessaria per
curare o per difendere i loro stessi interessi
giuridici; accesso che, a certe condizioni, può
anche riguardare dati sensibili e giudiziari. In
sostanza la norma riproduce il bilanciamento di
interessi già previsto dall’art. 24 comma 2 lett.
d) della citata Legge n. 241/1990 (testo
originario), rendendo tuttavia maggiormente
evidente il favore per il diritto di accesso
quando è necessario al fine di tutela degli
interessi giuridici del richiedente (con
corrispondente recessione dell’esigenza di tutela
della sfera privata altrui).
Di conseguenza, quando l'accesso viene in
rilievo per quest’ultima finalità deve prevalere
rispetto all'esigenza di riservatezza dei terzi,
come
affermato
dall’ormai
costante
47
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis:
Consiglio Stato, Sez. VI, 20 aprile 2006, n.
2223; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 27 febbraio
2006, n. 1437; T.A.R. Veneto, Sez. I, 6 febbraio
2006, n. 301; giurisperudenza che si rifà alle
fondamentali statuizioni contenute nella
decisione Cons. Stato, Ad. Plen., 4 febbraio
1997 n. 5).
Ordina al Responsabile del procedimento presso
l’Inps – Sede competente -, di esibire, a favore
della ricorrente, tutta la documentazione
specificatamente indicata nell’istanza di accesso
datata 22.9.2006 e depositata presso
l’Amministrazione in data 27.9.2006.
Nel caso in esame appare evidente che l’accesso
alle dichiarazioni spontanee, rese da alcuni
lavoratori dell’azienda, e che hanno costituito la
base dei verbali ispettivi di cui sopra, è
connesso ad esigenze di tutela dell’interesse
giuridico del datore di lavoro a contestare le
risultanze dei predetti accertamenti qualora
ritenuti illegittimi per erroneità o falsità dei
relativi pressuposti.
La
presente
sentenza
sarà
eseguita
dall’Amministrazione ed è depositata presso la
Segreteria della Sezione che provvederà a darne
comunicazione alle parti.
Né può considerarsi ostativa a tale conclusione
la previsione regolamentare interna opposta
dall’Amministrazione atteso che, per i principi
generali sulla gerarchia delle fonti, la Legge n.
241/1990 prevale sulla norma di cui al citato
regolamento, che va quindi disapplicato.
In ogni caso va infine rilevato che la norma
regolamentare interna non potrebbe comunque
trovare applicazione al caso in esame, atteso che
il suo scopo protettivo è quello di "prevenire
pressioni, discriminazioni o ritorsioni a danni
dei
lavoratori"
(Determinazione
del
Commissario straordinario Inps n. 1951 del
16.2.1994, All. A punto II/12), mentre i
lavoratori che hanno reso le dichiarazioni in
oggetto non prestano più attività lavorativa o
collaborativa con la ricorrente almeno dall’anno
2003.
Spese compensate.
BRESCIA, li 19 Dicembre 2006
NUMERO SENTENZA
1621 / 2006
DATA PUBBLICAZIONE
20 - 12 - 2006
***
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza
13 dicembre 2006 n. 7391 - Pres. Giovannini,
Est. Chieppa - Istituto Nazionale della
Previdenza Sociale (Avv.ti Cossu, Correra e
Coretti) c. Pasquettaz s.p.a. e Industria Carni
s.n.c. di Pasquettaz Martino & Figli in
liquidazione (Avv.ti Sinibaldi, Alice e Manni)
ed Apro Sandor, Barkozi Miklos, Bellan Gabor,
Bucsa Ferenc, Konz Ianos e Petres Zsolt (n.c.) (conferma T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. n.
4021 del 2005).
----------------------------
In conclusione l’impugnato diniego è illegittimo
e va annullato.
Nonostante la soccombenza, il Collegio ritiene
che sussistano giusti motivi per disporre la
compensazione delle spese tra le parti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
P.Q.M.
DECISIONE
il T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di
Brescia – accoglie il ricorso in epigrafe e, per
l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
sul ricorso in appello proposto dall’Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale, legale
rappresentante pro tempore, rappresentat e difes
48
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dagli avv.ti Benedetta Cossu, Fabrizio Correra e
Antonietta Coretti, ed elettivamente domiciliat
presso l’Avvocatura centrale dell’istituto, in
Roma, via della Frezza, n. 17;
contro
Pasquettaz s.p.a. e Industria Carni s.n.c. di
Pasquettaz Martino & Figli in liquidazione,
legali rappresentanti pro tempore, costituitisi in
giudizio, rappresentati e difesi dagli avv.ti
Michele Sinibaldi, Giampaolo Alice e Stefano
Manni, ed elettivamente domiciliati presso il
primo, in Roma, via Ricciotti, n. 11;
e nei confronti
Apro Sandor, Barkozi Miklos, Bellan Gabor,
Bucsa Ferenc, Konz Ianos e Petres Zsolt,
Lavoro di Torino – Servizio Ispezione del
Lavoro di Torino in data 5 ottobre 2005, prot. n.
A7204-26212, recante reiezione della domanda
presentata dalle ricorrenti per ottenere l’accesso
ad atti amministrativi inerenti i verbali di
accertamento 9 settembre 2005, n. 204, prot. nn.
E/204-23255 ed E/204/23249, contenenti le
dichiarazioni rese da alcuni lavoratori
all’ispettore del lavoro ed agli ispettori
dell’INPS nel corso delle visite ispettive presso
le ricorrenti.
Il giudice di primo grado ha ordinato all’INPS
di consentire alle società ricorrenti l’accesso
alla documentazione di cui alla menzionata
richiesta, esclusi gli atti di indagine compiuti
dagli Ispettori del Lavoro nell’esercizio di
poteri di polizia giudiziaria.
Avverso tale sentenza ha proposto appello
l’INPS.
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale del Piemonte, I, n. 4021/2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vist att di costituzione in giudizio dla società
appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
La Pasquettaz s.p.a. e l’Industria Carni s.n.c. di
Pasquettaz Martino & Figli in liquidazione si
sono costituite in giudizio, chiedendo la
reiezione dell’appello.
Con ordinanza del 28 aprile 2006, questa
Sezione ha sospeso l’impugnata sentenza,
disponendo adempimenti istruttori a carico
dell’amministrazione appellante.
All’odierna camera di consiglio la causa è stata
trattenuta in decisione.
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 24-10-2006
relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Udit Sgrdi per delega dell’Avv. Correra,
Sinibaldi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue:
FATTOEDIRITTO
1. Con l’impugnata sentenza il Tar ha in parte
accolto il ricorso proposto dalla Pasquettaz
s.p.a. e dall’Industria Carni s.n.c. di Pasquettaz
Martino & Figli in liquidazione avverso il
provvedimento del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali – Direzione Provinciale del
2. L’oggetto del presente giudizio è costituito
dall’applicazione alla fattispecie in esame dei
principi elaborati dalla giurisprudenza in tema
di limiti al diritto di accesso agli atti compiti
dagli ispettori del lavoro in sede di verifiche.
Il Tar ha ritenuto che l’art. 2, comma 1, lett. c)
D.M. 4 novembre 1994, n. 757, che sottrae al
diritto di accesso le dichiarazioni rese dai
lavoratori in occasione di indagini ispettive a
carico del loro datore di lavoro fino a quando
non sia cessato il rapporto, si pone in palese
contrasto con l’art. 24 L. 7 agosto 1990, n. 241,
per il quale il diritto alla riservatezza recede di
fronte al diritto di difesa, e pertanto deve essere
disapplicato in virtù del principio generale
secondo il quale, nel conflitto fra due norme
49
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
diverse, occorre dare preminenza a quella
legislativa rispetto alla norma regolamentare
ogni volta che questa precluda l’esercizio di un
diritto soggettivo.
Il giudice di primo grado ha, quindi, accertato il
diritto delle ricorrenti ad ottenere l’accesso alla
documentazione in argomento, con esclusione,
tuttavia, degli atti di indagine compiuti dagli
Ispettori del Lavoro nell’esercizio di poteri di
polizia giudiziaria, che sono coperti dal segreto
istruttorio penale e sono pertanto sottratti
all’accesso a sensi dell’art. 329 cod. proc. pen..
L’amministrazione appellante non contesta in sé
il principio affermato dal Tar, ma sostiene che
non è possibile operare una distinzione tra atti
coperti dal segreto istruttorio e atti accessibili,
in quanto nel caso di specie gli ispettori del
lavoro hanno accertato illeciti sa amministrativi
che penali, dando comunicazione all’autorità
giudiziaria con conseguente applicazione del
limite al diritto di accesso per atti coperti dal
segreto istruttorio penale.
Il ricorso in appello è fondato.
Il Collegio non ritiene di doversi discostare da
un recente precedente della Sezione, in cui è
stata affrontata analoga questione (Cons. Stato,
VI, n. 1923/2006).
In tale occasione, la Sezione ha in primo luogo
disapplicato l'art. 2 comma 1 lett. c), d.m. 4
novembre 1994 n. 757, che sottrae al diritto di
accesso le dichiarazioni rese dai lavoratori in
occasione di indagini ispettive a carico del loro
datore di lavoro fino a quando non sia cessato il
rapporto, ritenendolo in palese contrasto con
l'art. 24 l. 7 agosto 1990 n. 241 ed ha poi
esaminato i limiti al diritto di accesso derivanti
dal segreto istruttorio penale.
E’ stato evidenziato che tra i casi di segreto
previsti dall'ordinamento, rientra quello
istruttorio in sede penale, delineato dall'art. 329
c.p.p., a tenore del quale <<gli atti di indagine
compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia
giudiziaria sono coperti dal segreto fino a
quando l'imputato non ne possa avere
conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura
delle indagini preliminari>>.
Tale norma segreta gli atti di indagine, che
siano posti in essere dal pubblico ministero
ovvero dalla polizia giudiziaria.
Non ogni denuncia di reato presentata dalla
pubblica amministrazione all'autorità giudiziaria
costituisce atto coperto da segreto istruttorio
penale e come tale sottratta all'accesso, in
quanto, se la denuncia è presentata dalla
pubblica amministrazione nell'esercizio delle
proprie istituzionali funzioni amministrative,
non si ricade nell'ambito di applicazione dell'art.
329, c.p.p. (in tal senso v. anche Cons. Stato,
VI, n. 22/99).
Tuttavia se la pubblica amministrazione che
trasmette all'autorità giudiziaria una notizia di
reato non lo fa nell'esercizio della propria
istituzionale attività amministrativa, ma
nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria
specificamente attribuite dall'ordinamento, si è
in presenza di atti di indagine compiuti dalla
polizia giudiziaria, che, come tali, sono soggetti
a segreto istruttorio ai sensi dell'art. 329 c.p.p. e
conseguentemente sottratti all'accesso ai sensi
dell'art. 24, L. n. 241/1990
Nel caso esaminato con la sentenza n. 1923/06
si trattava proprio di atti di una indagine
ispettiva condotta da un ispettore del lavoro, nel
corso della quale erano emersi, oltre che illeciti
amministrativi, anche l'illecito penale di
intermediazione
vietata
nell'impiego
di
manodopera, di cui all'art. 1, L. 23 ottobre 1960,
n. 1369.
Di tale illecito penale era stata notiziata
dall'ispettore del lavoro l'autorità giudiziaria e
posto che, ai sensi dell'art. 8, co. 1, D.P.R. 19
marzo 1955, n. 520, l’ispettore del lavoro aveva
compiuto atti di indagine nell'esercizio di poteri
di polizia giudiziaria, era stato ritenuto
applicabile l'art. 329 c.p.p., in base al quale i
relativi atti sono coperti da segreto istruttorio
penale e sottratti all'accesso.
Era stato anche evidenziato che l'interessato può
eventualmente chiedere visione e copia degli
atti al pubblico ministero titolare delle indagini,
ai sensi dell'art. 116 c.p.p., competendo solo
all'autorità giudiziaria penale valutare se
50
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
consentire o meno all'interessato la visione di
atti coperti da segreto istruttorio.
***
Tali principi sono perfettamente applicabili al
caso di specie, in cui, a seguito dell’istruttoria
disposta dalla Sezione, è emerso che tutti gli atti
oggetto della richiesta di accesso sono stati
redatti dagli ispettori dell’Inps e dall’ispettore
del lavoro e sono stati trasmessi all’autorità
giudiziaria, essendo emersi illeciti penali in
seguito all’attività di indagine svolta
dall’ispettore del lavoro.
TAR VENETO, SEZ. I - sentenza 27 aprile
2006 n. 1130 - Pres. Amoroso, Est. Stevanato CSA Infissi S.n.c. di De Antoni Giovanni & C.
(Avv. Bullo) c. Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali (Avv.ra Stato) e Direzione
provinciale del lavoro di Venezia (n.c.) (respinge).
Avendo, quindi, quest’ultimo operato quale
ufficiale di polizia giudiziaria, gli atti sono
sottratti al diritto di accesso ai sensi dell’art.
329 c.p.p. e possono eventualmente essere
chiesti all'autorità giudiziaria penale.
---------------------
3. In conclusione, l’appello deve essere accolto
e, in riforma della sentenza impugnata, deve
essere respinto il ricorso proposto in primo
grado.
Bruno Amoroso Presidente
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei
magistrati:
Lorenzo Stevanato Consigliere, relatore
Fulvio Rocco Consigliere
Ricorrono giusti motivi per compensare
integralmente tra le parti le spese di giudizio.
ha pronunciato la seguente
P. Q. M.
SENTENZA
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello
indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma
della sentenza impugnata, respinge il ricorso
proposto in primo grado.
sul ricorso n. 600/2006 proposto da CSA
INFISSI S.n.c. di DE ANTONI GIOVANNI &
C. in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara
Bullo in Venezia, via Verdi 5;
Compensa tra le parti le spese del
giudizio.Ordina che la presente decisione sia
eseguita dall'Autorità amministrativa.
contro
Così deciso in Roma, il 24-10-2006 dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
la
DIREZIONE
PROVINCIALE
DEL
LAVORO DI VENEZIA in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituita in
giudizio;
Giorgio Giovannini Presidente
Lanfranco Balucani Consigliere
Rosanna De Nictolis Consigliere
Aldo Scola Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere Est.
DEPOSITATA
dicembre 2006.
IN
il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE
POLITICHE SOCIALI in persona del Ministro
pro
tempore,
rappresentato
e
difeso
dall’Avvocatura distrettuale dello Stato,
domiciliataria ex lege;
per l'annullamento
SEGRETERIA
il
13
del provvedimento del direttore della Direzione
provinciale del lavoro di Venezia in data
51
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
20.2.2006, prot. n. 5808 e per l’accesso ai
documenti relativi al procedimento di illecito
amministrativo negato dall’Amministrazione.
gli Ispettori del Lavoro sono Ufficiali di Polizia
Giudiziaria, con la conseguenza che ove
abbiano
Visto il ricorso, notificato il 15.3.2006 e
depositato presso la segreteria il 20.3.2006 con i
relativi allegati;
accertato, nel corso di un’ispezione, la
sussistenza – oltre che di illeciti amministrativi
– anche di fatti di reato e rinviato gli atti alla
competente autorità giudiziaria, tali atti
debbono ritenersi soggetti a segreto istruttorio e
sottratti all’ accesso, a tenore dell’art. 24 della
L. 241/90.
visto l'atto di costituzione della P.A.;
visti gli atti tutti della causa;
uditi all’udienza camerale del 26 aprile 2006
(relatore il Consigliere Lorenzo Stevanato) gli
avvocati: Bullo per la parte ricorrente e Cerillo
per la P.A.;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto
segue:
Il ricorso (a prescindere dalla sua possibile
inammissibilità per non essere stato notificato
ad almeno un controinteressato ex art. 24, co. 1,
lett. c. L. 241/90, da identificarsi nei dipendenti
della Cooperativa che hanno reso le
testimonianze e sono titolari del contrapposto
interesse a che le stesse non vengano divulgate)
è infondato nel merito.
FATTO E DIRITTO
La ricorrente rappresenta di aver ricevuto
notifica del verbale di accertamento di illecito
amministrativo, emesso in esito ad una verifica
ispettiva effettuata dai competenti organi del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
da cui era emerso che due lavoratori erano stati
impiegati nell’ambito di un contratto simulato
d’appalto di servizio con la Cooperativa Lavoro
2000.
Per poter meglio articolare le proprie difese in
sede di audizione ex art. 18 della L. 24.11.81 n.
689, l’istante chiedeva l’accesso agli atti e
documenti del procedimento di cui trattasi e, fra
l’altro, alle sommarie informazioni testimoniali
raccolte in sede ispettiva.
Tale richiesta veniva, con l’atto presentemente
opposto, respinta in quanto trattasi di atti di
indagini di polizia giudiziaria sottoposti a
procedimento penale, sottratti al diritto di
accesso.
Contro il diniego l’istante deduce: violazione
delle disposizioni in materia di accesso ,
violazione del diritto di difesa e carenza di
motivazione.
L’Amministrazione, costituita, chiede la
reiezione del ricorso. In particolare, osserva che
L’Amministrazione ha motivato il diniego di
accesso ad una parte dei documenti in quanto si
tratta di atti di indagine di polizia giudiziaria
sottoposti a procedimento penale e quindi
rientranti tra quelli sottratti all’accesso ai sensi
dell’art. 8, comma V, lett. c) del D.P.R. 352/92
e degli artt. 2 e 3 del D.M. 757/94.
Osserva in proposito il Collegio che, come
precisato da C.S. sez. VI, n. 1923 del 10.4.2003,
in linea di massima, deve ritenersi che nel
contrasto tra il diritto del datore di lavoro a
conoscere le dichiarazioni rese dai dipendenti
nel corso del procedimento ispettivo ed il diritto
alla riservatezza degli stessi, prevalga quello del
primo, con la conseguenza che lo stesso ha
titolo all’accesso in modo totale (cioè
comprensivo dell’estrazione di copia) per
quanto concerne le dichiarazioni rese dagli ex
dipendenti (non più soggetti a possibili
ritorsioni), e nella forma della sola visione per
quanto riguarda i dipendenti ancora in forze
(nello stesso senso, anche C.S., sez. VI n. 6341
del 17.10.2003 e Tar Veneto, sez. III n. 2760
del 14.5.2003).
Tale diritto peraltro viene meno quando gli atti
di cui trattasi siano soggetti al segreto istruttorio
in sede penale, disciplinato dall’art. 329 c.p.p., a
tenore del quale "gli atti di indagine compiuti
dal P.M. e dalla polizia giudiziaria sono coperti
52
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dal segreto fino a quando l’imputato non ne
possa avere conoscenza e comunque non oltre la
chiusura delle indagini preliminari". La
rilevanza
escludente
del
segreto
è
espressamente stabilita dall’art. 24, co. 1, lett. a,
della L. 241/90.
Sono, quindi, sottratti all’accesso anche gli atti
posti in essere dagli organi di polizia giudiziaria
che abbiano dato origine ad un procedimento
penale. Non ogni denuncia di reato presentata
dalla P.A. costituisce atto coperto da segreto
istruttorio penale, ma solo quella che sia stata
effettuata nell’esercizio di funzioni di polizia
giudiziaria
specificamente
attribuite
dall’ordinamento, che costituiscono atti di
indagine di polizia giudiziaria, come tali
rientranti nell’ambito dell’art. 329 c.p.p. (cfr.
C.S., sez. IV, n. 1091 del 13.7.98, T.a.r. Veneto,
I, n. 1267/05).
Nel caso di specie, gli atti di indagine sono stati
effettuati da ispettori del lavoro che hanno
constatato l’esistenza non solo di illeciti
amministrativi, ma anche penali, di cui
l’autorità giudiziaria è stata notiziata e per i
quali si sta procedendo penalmente a carico dei
responsabili.
Gli ispettori del lavoro sono, ai sensi dell’art. 8,
comma 1, del D.P.R. 19.3.55 n. 520 (e di
costante giurisprudenza), oltre che funzionari
amministrativi, ufficiali di polizia giudiziaria, e,
in quanto tali, hanno possibilità di accertamento
dei reati e obbligo di rapporto. Gli atti di
indagine che essi compiono in tale veste
ricadono quindi nell’ambito di applicazione
dell’art. 329 c.p.p., sono coperti da segreto
istruttorio penale e sottratti all’accesso.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Veneto, prima sezione, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, addì 26 aprile 2006.
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 27 aprile 2006.
***
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE IV Sentenza 5 dicembre 2006 n. 7111; Pres. ed
est. L. Maruotti; A. Biga (Avv. G. P. Dall’Ara)
c. Consiglio dell’Ordine degli avvocati di
Ascoli Piceno (n.c.), Demasi (n.c.)
-----------------REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4778 del 2006, proposto
dal
Correttamente,
quindi,
la
resistente
Amministrazione ha denegato l’accesso a tale
parte dei documenti richiesti.
signor Antonio Biga, rappresentato e difeso
dall’avvocato Gian Pietro Dall’Ara, presso il
cui studio è elettivamente domiciliato in Roma,
al viale delle Milizie n. 1, scala A, piano III, int.
12;
In definitiva, il ricorso va respinto.
contro
Spese e competenze di causa possono essere
totalmente
compensate
tra
le
parti,
sussistendone i presupposti di legge.
il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli
Piceno, in persona del legale rappresentante pro
tempore, non costituitosi nella presente fase del
giudizio;
P. Q. M.
e nei confronti
53
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dell’avvocato
Salvatore
Demasi,
non
costituitosi nella presente fase del giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale per le Marche, 30 marzo 2005, n.
274, e per l’accoglimento del ricorso di primo
grado n. 991 del 2004;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di
Stato Luigi Maruotti alla camera di consiglio
del 3 novembre 2006;
Udito l’avvocato Gian Pietro Dall’Ara per
l’appellante;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Premesso in fatto
1. In data 16 giugno 2004, il signor Antonio
Biga ha chiesto al Consiglio dell’Ordine degli
avvocati di Ascoli Piceno di accedere agli atti
del procedimento disciplinare avviano nei
confronti dell’avvocato Salvatore Demasi, a
seguito di un suo esposto di data 27 ottobre
2003.
Col provvedimento n. 160 del 16 luglio 2004, il
Presidente del Consiglio dell’Ordine ha negato
l’accesso, per esigenze di tutela della
riservatezza dell’avvocato Demasi.
2. Col ricorso di primo grado n. 991 del 2004
(proposto al TAR per le Marche), il signor Biga
ha impugnato il diniego ed ha chiesto che sia
consentito l’accesso agli atti del procedimento.
Il TAR, con la sentenza n. 274 del 2005, ha
respinto il ricorso.
3. Col gravame in esame, il signor Biga ha
impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto
che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia
accolto.
Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ascoli
Piceno e l’avv. Demasi non si sono costituiti
nella presente fase del giudizio.
3. Alla camera di consiglio del 3 novembre
2006 la causa è stata trattenuta in decisione.
Considerato in diritto
1. Nel presente giudizio, è controverso se
l’appellante possa accedere agli atti del
procedimento disciplinare avviato dal Consiglio
dell’Ordine degli avvocati di Ascoli Piceno, nei
confronti dell’avvocato S.D.
Tale procedimento è stato attivato a seguito di
un esposto di data 27 ottobre 2003, con cui il
medesimo appellante rilevava che – a suo
avviso – l’avvocato S.D. aveva commesso
alcune irregolarità e violazioni degli obblighi
professionali, nel corso della gestione di alcune
pratiche affidategli.
Col provvedimento impugnato in primo grado,
il Presidente del Consiglio dell’Ordine – pur
avendo confermato l’esistenza del procedimento
disciplinare - ha respinto la domanda di accesso,
‘stante la normativa sulla privacy’.
Il TAR per le Marche, con la sentenza gravata,
ha respinto il ricorso proposto dall’interessato
avverso il diniego di accesso, rilevando che:
- l’autore di un esposto, che ha condotto
all’avvio di un procedimento disciplinare nei
confronti di un professionista, non sarebbe
titolare di un interesse personale e concreto
all’accesso ai relativi atti;
- nella specie, l’istanza di accesso risulterebbe
anche generica, perché non sarebbero state
esternate le specifiche ragioni poste a sua base,
non essendo sufficiente il riferimento alla tutela
di ‘proprie situazioni giuridicamente rilevanti’.
2. Col gravame in esame, l’appellante ha
dedotto che:
- a seguito della revoca dei mandati e del loro
conferimento ad un altro difensore, l’avvocato
S.D. non aveva dato alcuna risposta alla
richiesta di informare il cliente sullo stato delle
cause pendenti, né aveva restituito la
documentazione a suo tempo fornita;
- nell’istanza di accesso, contrariamente a
quanto rilevato dal TAR, egli ha richiamato le
vicende accadute;
- nella medesima istanza, ha dedotto la
sussistenza di un proprio specifico interesse a
accedere agli atti del procedimento, per la tutela
delle proprie situazioni giuridicamente rilevanti.
3. Ritiene la Sezione che il gravame sia fondato
e vada accolto.
3.1. Va premesso che:
- il diniego impugnato in primo grado non si è
fondato su alcuna norma primaria o secondaria,
in ipotesi preclusiva dell’accesso in pendenza di
un procedimento disciplinare (sul presupposto
dell’applicabilità dell’art. 22 della legge n. 241
54
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
del 1990, esso ha negato l’accesso unicamente
per le esigenze della riservatezza dell’avvocato
S.D.);
- la sentenza gravata ha ravvisato l’infondatezza
del ricorso e della istanza d’accesso originaria,
per ragioni diverse (l’insussistenza di un
interesse del cliente a partecipare al
procedimento disciplinare e la genericità della
stessa istanza).
3.2. Ciò posto, ritiene la Sezione che non
sussistano le ragioni ostative rilevate nel
diniego d’accesso e nella sentenza gravata.
Come ha correttamente rilevato l’appellante,
l’istanza di accesso ha dettagliatamente
richiamato le circostanze poste a base del
precedente esposto ed ha anche evidenziato il
suo interesse ad accedere agli atti del
procedimento disciplinare, al fine di tutelare le
proprie situazioni giuridicamente rilevanti.
Il cliente – allorquando segnala al Consiglio
dell’Ordine la sussistenza di fatti tali da
giustificare l’esercizio del potere disciplinare
nei confronti di un professionista con cui ha
concluso contratti – si assume la responsabilità
di quanto dichiara.
Se i fatti non corrispondono al vero, e in
presenza
dei
relativi
presupposti,
il
professionista può avvalersi dei rimedi di tutela
previsti dall’ordinamento, con la proponibilità
sia della querela per diffamazione, sia
dell’azione risarcitoria per il risarcimento dei
danni patrimoniali e non patrimoniali
conseguenti alla infondata incolpazione.
Se il Consiglio dell’Ordine avvia il
procedimento
disciplinare
per
la
verosimiglianza dei fatti narrati nell’esposto, il
cliente ha interesse a partecipare al
procedimento, per fornire ulteriori elementi
valutativi.
Se al termine del procedimento i fatti sono
accertati dal Consiglio dell’Ordine, il cliente
che ha trasmesso l’esposto può accedere agli
atti emessi dal medesimo Consiglio, per
verificare se esso abbia ravvisato la violazione
delle regole deontologiche, ovvero la
sussistenza del dolo o della colpa grave del
professionista.
Ciò comporta che il cliente ha interesse ad
accedere agli atti con cui il Consiglio
dell’Ordine ha valutato i fatti narrati
nell’esposto sin dalla eventuale archiviazione o
dall’avvio del procedimento disciplinare, sotto
molteplici profili.
Egli, accedendo agli atti, può valutare se vi
siano elementi da far valere nei giudizi pendenti
e per i quali vi è stata la sostituzione del
difensore, può valutare se sia il caso di svolgere
ulteriori attività nel corso del procedimento
disciplinare e, quando il Consiglio dell’Ordine
abbia accertato la sussistenza dei fatti narrati
nell’esposto, può valutare se sussistano elementi
tali da indurre a proporre in sede civile una
azione nei confronti del professionista, ai sensi
dell’art. 2236 del codice civile.
In materia, non sussistono preminenti ragioni di
riservatezza del professionista, in quanto si
tratta di accedere non a dati sensibili, bensì ad
atti aventi stretto riferimento ai rapporti
contrattuali intercorrenti col cliente.
Ovviamente, è salvo il potere-dovere del
Consiglio dell’Ordine di negare l’accesso agli
atti che effettivamente contengano dati sensibili
del professionista, come potrebbe ipotizzarsi nel
caso in cui questi, per giustificare quando
accaduto ed escludere ogni profilo di
colpevolezza,
abbia
esibito
documenti
comprovanti la sussistenza di ragioni di salute,
temporanee o permanenti, che non abbiano
consentito di svolgere i propri compiti con la
dovuta diligenza.
E’ inoltre salvo il potere-dovere del Consiglio
dell’Ordine
di
differire
motivatamente
l’accesso, ove sussistano ragioni giustificative
inerenti ad esigenze istruttorie.
Tuttavia, salvi questi casi, il Consiglio
dell’Ordine deve consentire al cliente - che si è
assunto la responsabilità di quanto asserito
nell’esposto - l’accesso ai documenti da cui si
evincano le statuizioni del medesimo Consiglio.
Risulta pertanto fondata l’originaria istanza di
accesso, poiché essa ha specificamente
richiamato l’interesse posto a sua base, mentre
non sussistono – né sono state rilevate nella
sede amministrativa o giurisdizionale – ragioni
preclusive inerenti ad effettive esigenze di tutela
della riservatezza, apoditticamente enunciate nel
diniego di accesso.
4. Per le ragioni che precedono, l’appello è
fondato e va accolto.
Per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR
per le Marche n. 274 del 2005, il ricorso di
primo grado va accolto.
55
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
La Sezione, pertanto, ordina al Consiglio
dell’Ordine di consentire all’appellante
l’accesso agli atti del procedimento disciplinare
avviato nei confronti dell’avvocato S.D.
La condanna al pagamento delle spese e degli
onorari dei due gradi del giudizio segue la
soccombenza.
Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) accoglie l’appello n. 4778 del
2006 e, in riforma della sentenza del TAR per le
Marche n. 274 del 2005, accoglie il ricorso n.
991 del 2004 ed ordina al Consiglio dell’Ordine
degli avvocati di Ascoli Piceno di consentire
l’accesso agli atti del procedimento disciplinare
avviato, su esposto dell’appellante, nei
confronti dell’avvocato Salvatore Demasi.
Condanna il Consiglio dell’Ordine degli
avvocati di Ascoli Piceno al pagamento di euro
3.000 (tremila) in favore dell’appellante, per
spese ed onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
tenutasi il giorno 3 novembre 2006, presso la
sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con
l’intervento dei signori:
Luigi Maruotti - Consigliere e Pres. f.f.
estensore
Pierluigi Lodi - Consigliere
Vito Poli - Consigliere
Bruno Mollica - Consigliere
Sandro Aureli - Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 5 dicembre 2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n. 186)
***
Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 21
novembre 2006 n. 6793.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.6793/2006 Reg.Dec.
N. 2695/2006 Reg.Ric.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2695 del 2006, proposto
dalla s.p.a. De Lieto Costruzioni Generali, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Pierluigi
Valentino
e
Domenico
Scopelliti
ed
elettivamente domiciliato in Roma, alla via
Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato
Pierluigi Valentino;
contro
la s.p.a. SACE (Servizi assicurativi del
commercio estero), in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla
via dei Portoghesi, n. 12;
e nei confronti
dello Stato della Libia, presso l’Ambasciata di
Libia in Italia, in persona dell’Ambasciatore pro
tempore, non costituitosi nella presente fase del
giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale per il Lazio, Sez. III ter, 9 dicembre
2005, n. 13254, e per l’accoglimento del ricorso
di primo grado n. 9470 del 2005;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la nota di costituzione in giudizio della
s.p.a. S.A.C.E., depositata in data 7 aprile 2006;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del
Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla camera
di consiglio del 3 novembre 2006;
Uditi l’avvocato Pierluigi Valentino per
l’appellante e l’avvocato dello Stato Pino per la
s.p.a. S.A.C.E.;
Considerato in fatto e in diritto quanto
segue:
Premesso in fatto
1. Con una istanza di data 20 giugno 2005, la
s.p.a. De Lieto Costruzioni Generali ha chiesto
– tra l’altro – alla s.p.a. S.A.C.E. di accedere
all’accordo da questa concluso con lo Stato
Libico in data 26 ottobre 2000, nonché ai
relativi allegati, riguardanti il pagamento di
crediti riguardanti le esportazioni e i lavori
realizzati da imprese italiane nel territorio
libico.
56
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Col provvedimento n. 3515 del 14 luglio 2005,
la s.p.a. S.A.C.E. ha respinto l’istanza di
accesso, rilevando l’applicabilità dell’art. 2,
comma 1, del regolamento riguardante l’attività
della s.p.a. S.A.C.E., pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 69 del 24 marzo 2005, e secondo il
quale sono sottratti all’accesso i ‘documenti
attinenti la redazione di accordi di
ristrutturazione del debito pubblico di Stati
esteri’.
2. Col ricorso n. 9470 del 2005, proposto al
TAR per il Lazio, la società ha impugnato il
diniego di accesso, chiedendo che sia ordinata
l’esibizione degli atti.
Il TAR, con la sentenza n. 13254 del 2005, ha
respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti
le spese e gli onorari del giudizio.
3. Col gravame in esame, la s.p.a. De Lieto
Costruzioni Generali ha chiesto che, in riforma
della sentenza del TAR, il ricorso di primo
grado sia accolto.
La s.p.a. S.A.C.E. si è costituita in giudizio,
chiedendo la reiezione del gravame.
4. Alla camera di consiglio del 3 novembre
2006 la causa è stata trattenuta in decisione.
Considerato in diritto
1. Nel presente giudizio, è controversa
la legittimità del provvedimento con cui la s.p.a.
S.A.C.E. ha respinto la domanda di accesso
formulata dall’appellante per accedere agli
allegati all’accordo concluso in data 26 ottobre
2000 tra la medesima società e lo Stato Libico,
riguardanti il pagamento di crediti riguardanti le
esportazioni e i lavori realizzati da imprese
italiane nel territorio libico.
Il diniego di accesso si è fondato sull’art. 2,
comma 1, del regolamento riguardante l’attività
della s.p.a. S.A.C.E., pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 69 del 24 marzo 2005, per il quale
sono sottratti all’accesso i ‘documenti attinenti
la redazione di accordi di ristrutturazione del
debito pubblico di Stati esteri’.
2. Col gravame in esame, l’appellante ha
impugnato la sentenza di reiezione emessa dal
TAR per il Lazio ed ha chiesto l’accoglimento
del ricorso di primo grado.
3. Per il suo carattere preliminare (attinente alla
sussistenza o meno dell’interesse all’accesso),
va esaminato con priorità il terzo motivo, con
cui – in base a una dettagliata ricostruzione dei
suoi rapporti con i debitori libici e la s.p.a.
S.A.C.E - l’appellante ha censurato la sentenza
gravata, nella parte in cui questa ha rilevato, a p.
3, che l’istanza di accesso non avrebbe
comprovato la sussistenza di propri crediti
insoluti e non assicurati.
4. Ritiene la Sezione che tale censura sia
condivisibile.
Infatti, con l’originaria istanza di accesso
l’appellante aveva già chiaramente evidenziato
il suo interesse ad ottenere la documentazione,
per valutare le opportune iniziative per
riscuotere i crediti sussistenti nei confronti dei
debitori libici.
5. Si deve pertanto passare all’esame dei primi
due motivi d’appello.
Col primo, l’appellante ha dedotto che la
sentenza impugnata non avrebbe accertato se
effettivamente l’accordo di data 26 ottobre 2000
abbia riguardato la ‘ristrutturazione del debito
pubblico di Stato estero’.
Secondo l’assunto, l’accordo avrebbe in realtà
natura transattiva, in considerazione delle
reciproche concessioni tra le parti, e non
sarebbe riconducile alla tipologia degli accordi
di ristrutturazione del debito, sicché non si
applicherebbero le disposizioni limitative del
regolamento della s.p.a. S.A.C.E., da
interpretare restrittivamente.
Col secondo, l’appellante ha dedotto che la
sentenza impugnata non avrebbe verificato se
l’ostensione degli atti riguardanti l’accordo
fosse idonea ad offendere o a mettere in
pericolo la salvaguardia della sicurezza, della
difesa nazionale e delle relazioni internazionali,
indagine che risulterebbe tanto più necessaria
perché il tabulato allegato all’accordo –
riguardante la situazione debitoria dei
committenti libici verso creditori italiani - è
stato predisposto unilateralmente dalla s.p.a.
S.A.C.E.
5. Ritiene la Sezione che tali motivi d’appello
vadano esaminati congiuntamente, per la loro
stretta connessione e l’unitarietà della domanda
d’accesso.
Essi risultano infondati e vanno respinti, poiché
la s.p.a. S.A.C.E. ha legittimamente applicato
l’art. 2, comma 1, del regolamento pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 69 del 24 marzo
2005, che ha sottratto all’accesso i ‘documenti
attinenti la redazione di accordi di
ristrutturazione del debito pubblico di Stati
esteri’.
57
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Con l’espressione ‘accordi di ristrutturazione’,
l’art. 2, comma 1, si è riferito a tutti gli accordi
aventi per oggetto preesistenti rapporti di
credito e debito.
Tra tali accordi, rientrano:
a) quelli che si limitino alla ricognizione di
debiti e ne dispongano la riduzione o la
rimodulazione delle scadenze;
b) quelli che prendano in considerazione le
contestazioni tra le parti e giungano ad un
accordo transattivo, con reciproche concessioni;
c) quelli che abbiano un contenuto misto, con
un oggetto di ricognizione di alcuni debiti e di
transazione rispetto ad altri.
Non è pertanto fondato il primo motivo, poiché
il TAR ha correttamente constatato come
l’accordo del 26 ottobre 2000 (con i relativi
allegati) rientri nel novero degli accordi
disciplinati dall’art. 2, comma 1.
Neppure risulta fondato il secondo motivo.
Per il particolare rilievo delle relative esigenze
di interesse pubblico, la disposizione
regolamentare non ha attribuito alla s.p.a.
S.A.C.E. alcun potere di valutare, di volta in
volta, se l’ostensione degli atti sia idonea ad
offendere o a mettere in pericolo la salvaguardia
della sicurezza, della difesa nazionale e delle
relazioni internazionali.
Per la sua applicabilità, è sufficiente che
l’istanza
riguardi
l’atto
obiettivamente
riconducibile al genus sottratto all’accesso.
Non rileva in contrario il fatto che alcuni atti
allegati all’accordo, oggetto dell’istanza di
accesso, siano stati predisposti – sia pure in
parte – dalla stessa s.p.a. S.A.C.E.
Infatti, una volta formalmente ‘allegati’
all’accordo con lo Stato estero (al termine delle
relative trattative e in base a una valutazione di
opportunità delle parti), tali atti ne diventano
parte
integrante
sul
piano
formale,
evidenziando, anche sul piano sostanziale, le
medesime esigenze di salvaguardia delle
relazioni internazionali che, come per l’accordo
finale, l’art. 2, comma 1, ha tenuto in
considerazione per l’esclusione dell’accesso.
6. Per le ragioni che precedono, l’appello nel
suo complesso va respinto.
Anche per la qualità degli scritti del
soccombente, sussistono giusti motivi per
compensare tra le parti le spese e gli onorari
della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) respinge l’appello n. 2695 del
2006, nei sensi indicati in motivazione.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari del
secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
tenutasi il giorno 3 novembre 2006, presso la
sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con
l’intervento dei signori:
Luigi Maruotti Consigliere e Pres. f.f. estensore
Pierluigi
Lodi - Consigliere
Vito
Poli Consigliere
Bruno
Mollica Consigliere
Sandro
Aureli Consigliere
Il Consigliere Pres. f.f. ed estensore
Il Segretario
Luigi
Rosario Giorgio Carnabuci
Maruotti
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il.21 novembre 2006(Art. 55, L.27/4/1982, n.
186)
Il Direttore della Sezione
Antonio Serrao
***
Consiglio di Stato, sez.VI, decisione 7 giugno
2006 n. 3418.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 3418/06
Reg.Dec.
N. 5427 Reg.Ric.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dalla società
Siemens A.G., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Raffaele Izzo, Stefano
Bonatti e Rinaldo Bonatti, ed elettivamente
58
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
domiciliato presso il primo, in Roma, via
Cicerone, n.28;
contro
Sistemi territoriali s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Marco Annoni e Andrea Segato, ed
elettivamente domiciliato in Roma, via Udine n.
6, presso il secondo;
e nei confronti
Stadler Bussnang A.G., non costituitosi in
giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale del Veneto, Sezione I, n. 818/2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della
parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 22-11-2005
relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi gli avv.ti Amadio per delega dell’avv.
Bonatti e l’avv. Segato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. La società Siemens A.G. ha partecipato ad
una gara d’appalto per la fornitura di cinque
rotabili ferroviarie a trazione diesel per il
trasporto viaggiatori indetta da Sistemi
Territoriali s.p.a. ed è stata esclusa per non
conformità dei contenuti della proposta al bando
di gara.
Con istanza del 22.10.2004 Siemens A.G.
chiedeva l’accesso agli atti di gara per verificare
la conformità al bando dell’offerta presentata
dall’aggiudicataria.
La stazione appaltante consentiva l’accesso ai
soli verbali di gara, senza permettere né la
visione né l’estrazione di copia della
documentazione tecnica presentata da Stadler
Bussnang A.G.
La Siemens A.G. proponeva allora ricorso al
Tar per l’esercizio del diritto di accesso e con
l’impugnata sentenza il Tar per il Veneto
dichiarava il ricorso improcedibile in
considerazione
dell’avvenuta
messa
a
disposizione
della
richiedente
della
documentazione richiesta.
2. Il ricorso in appello proposto dalla Siemens
AG avverso tale decisione è fondato nei sensi di
seguito indicati.
Innanzitutto è erronea la dichiarazione del Tar
di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse, in quanto, come affermato
dalla ricorrente e non contestato da controparte,
l’accesso agli atti è stato consentito in modo
non
completo
rispetto
ala
richiesta,
limitatamente ai verbali di gara e a parte della
documentazione presentata dalla impresa
controinteressata.
Permane quindi l’interesse della ricorrente ad
esercitare l’accesso in relazione all’intera
offerta
tecnico-economica
presentata
dall’aggiudicataria della gara.
3. E’ infondata l’eccezione di inammissibilità
del ricorso proposta dalla appellata, secondo cui
la mancata impugnazione del provvedimento di
esclusione e di aggiudicazione della gara alla
controinteressate priverebbe la Siemens AG
dell’interesse a coltivare il giudizio avente ad
oggetto l’esercizio del diritto di accesso agli atti
una gara divenuta ormai non più contestabile.
Il diritto di accesso, infatti, non assume
carattere meramente strumentale alla difesa in
giudizio della situazione sottostante, ma ha una
valenza autonoma, non dipendente dalla sorte
del processo principale e dalla stessa possibilità
di instaurazione del medesimo.
La posizione che legittima l’accesso non deve,
quindi, possedere tutti i requisiti che
legittimerebbero al ricorso avverso l’atto lesivo
della posizione soggettiva vantata, ma è
sufficiente che l’istante sia titolare di una
posizione giuridicamente rilevante e che il suo
interesse si fondi su tale posizione.
Con l’introduzione dell’azione a tutela
dell’accesso, il legislatore ha inteso assicurare
all’amministrato la trasparenza della pubblica
amministrazione, indipendentemente dalla
lesione, in concreto, di una determinata
posizione di diritto o di interesse legittimo;
l’interesse alla conoscenza dei documenti
amministrativi viene elevato a bene della vita
autonomo, meritevole di tutela separatamente
dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere
l’attività amministrativa, eventualmente in
modo lesivo.
Di conseguenza, il rimedio speciale previsto a
tutela del diritto di accesso deve ritenersi
consentito anche in assenza di una rituale
59
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
impugnazione degli esiti di una gara, in
relazione alla quale il diritto di accesso è stato
richiesto.
4. La società appellata evidenzia che
l’interpretazione della normativa in materia di
accesso, su cui si fonda il ricorso, costituisce
violazione del principio in base a cui l’esigenza
di riservatezza, relativa a specifici beni della
vita riconosciuti e tutelati anche da altra norma
(come il know how industriale), prevale sul
diritto di accesso.
Anche tale tesi è priva di fondamento nei
termini di seguito indicati.
Già in precedenza, questo Consiglio di Stato ha
evidenziato che la partecipazione ad una gara
comporta, tra l'altro, che l'offerta tecnico
progettuale presentata fuoriesca dalla sfera di
dominio riservato dell'impresa per porsi sul
piano della valutazione comparativa rispetto alle
offerte presentate da altri concorrenti, con la
conseguenza che la società non aggiudicataria
ha interesse ad accedere alla documentazione
afferente le offerte presentate in vista della
tutela dei propri interessi giuridici (Cons. Stato,
IV, n. 4078/2002).
In altri termini, in presenza di una offerta
vincente, non può negarsi ad altra impresa
partecipante l'accesso agli atti necessari alle
finalità di controllo dei requisiti tecnici e di tutte
le altre caratteristiche del prodotto, oggetto della
fornitura, minuziosamente contemplati nel
relativo bando di gara (per l’affermazione del
principio in relazione ad una procedura di
appalto concorso, vedi Cons. Stato, V, n.
518/1999).
Del resto, il problema relativo allo stabilire se il
diritto alla riservatezza dei terzi costituisca, o
meno, un ostacolo invalicabile all'esercizio del
diritto di accesso ai documenti amministrativi è
già stato risolto dalla Adunanza plenaria e dalla
successiva giurisprudenza di questo Consiglio
di Stato nel senso che l'interesse alla
riservatezza, tutelato dalla normativa mediante
una limitazione del diritto di accesso, recede
quando l'accesso stesso sia esercitato per la
difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui
esso è necessario alla difesa di quell'interesse
(Cons. Stato, Ad. Plen. n. 5 del 4 febbraio 1997;
IV Sez. 24 marzo 1998 n. 498; V Sez. 22
giugno 1998 n. 923).
Proprio perché la tutela dei personali interessi
giuridici costituisce la ragione per cui è
possibile superare le esigenze di riservatezza
della posizione del concorrente aggiudicatario,
l'accesso è assicurato soltanto nella mera forma
della visione dell'atto, come espressamente
previsto dall'art. 24 della legge n. 241/1990, che
- nel porre limitazioni al diritto di accesso stabilisce, al comma 2, che va comunque
garantita agli interessati «la visione degli atti
relativi ai procedimenti amministrativi, la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i loro interessi giuridici».
Il bilanciamento tra il diritto di accesso degli
interessati e il diritto alla riservatezza dei terzi
non è stato rimesso alla potestà regolamentare o
alla
discrezionalità
delle
singole
amministrazioni, ma è stato compiuto
direttamente dalla legge che, nel prevedere la
tutela della riservatezza dei terzi, ha fatto salvo
il diritto degli interessati alla visone degli atti
relativi ai procedimenti amministrativi, la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici (Consiglio
Stato sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 82).
Il concetto di difesa degli interessi giuridici
assume un carattere generale, comprensivo sia
della difesa tecnica processuale, sia della difesa
procedimentale.
Tuttavia, in presenza di un contrapposto diritto
alla riservatezza (nel caso di specie, relativa a
beni della vita tutelati da altre norme
dell’ordinamento, quale il know how
industriale), il diritto di accesso è idoneo a
prevalere nella menzionata forma attenuata
della visione degli atti solo in relazioni a quegli
atti o a quelle parti di documenti, la cui
conoscenza è necessaria per curare o per
difendere gli interessi giuridici del richiedente.
Con particolare riguardo alle procedure di
evidenza pubblica, la difesa degli interessi
giuridici del partecipante alla gara, risultato non
aggiudicatario, va limitata a quei documenti o
parti di essi valutati dall’amministrazione per
l’ammissione alla procedura, per la verifica
della sussistenza dei requisiti di partecipazione
e per la valutazione dell’offerta e l’attribuzione
dei punteggi.
In questo senso si è recentemente espressa
questa Sezione con motivazioni, da cui il
Collegio non ritiene di doversi discostare (Cons.
Stato, VI, n. 14/2004).
5. Con riferimento al regolamento interno della
stazione appaltante, si osserva che la
60
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
limitazione del diritto di accesso per i
documenti e gli atti di natura tecnico
professionale prodotti dalle imprese partecipanti
a pubbliche gare opera solo con riferimento alla
estrazione di copia degli atti stessi e non anche
alla visione, che ai sensi del medesimo
regolamento è comunque garantita ai
richiedenti.
Una diversa interpretazione condurrebbe alla
disapplicazione del regolamento in quanto
illegittimo e non alla negazione del diritto di
accesso.
6. Pertanto, deve essere riconosciuto il diritto
del ricorrente di prendere visione dell’intera
offerta presentata dalla società aggiudicataria,
spettando però all'amministrazione l’adozione
di adeguate misure di tutela della riservatezza
(cancellature, omissis) in relazione alle
eventuali parti dell’offerta, idonee a rivelare i
segreti industriali e che non siano state in alcun
modo prese in considerazione in sede di gara.
In tal modo, non si tratta di rimettere
all’amministrazione la verifica circa la necessità
del documento per la cura o la tutela di interessi
giuridici del privato (il che si porrebbe in
contrasto con il principio di parità delle armi,
che esclude che una delle parti della
controversia possa verificare l’utilità del
documento per la difesa della controparte); si
tratta, invece, di imporre all’amministrazione di
evidenziare gli elementi del progetto che ha
valutato in favore dell’aggiudicatario (e
conseguentemente di limitare l’accesso, nella
forma della visione, a quei documenti o a quelle
parti di documento).
Tale soluzione consente di contenere la descritta
prevalenza del diritto di accesso sul diritto alla
riservatezza industriale nei limiti strettamente
necessari alla cura o difesa degli interessi
giuridici, precludendo anche la visione di quelle
parti di documento, non utilizzate – per stessa
ammissione dell’amministrazione procedente –
ai fini della positiva valutazione dell’offerta
dall’aggiudicataria.
7. In conclusione, l’appello deve essere accolto
e, in riforma della sentenza impugnata, deve
essere accolto il ricorso di primo grado nei sensi
in precedenza indicati, con ordine alla Sistemi
Territoriali spa di consentire la visione della
documentazione richiesta nei limiti precisati.
Ricorrono giusti motivi per compensare
integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello
indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma
della sentenza impugnata, accoglie il ricorso
proposto in primo grado nei sensi indicati in
parte motiva e ordina alla Sistemi Territoriali
s.p.a. di consentire alla ricorrente la visione
della documentazione richiesta nei limiti
precisati sempre in parte motiva.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 22-11-2005 dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
Mario Egidio Schinaia - Presidente
Sabino Luce - Consigliere
Giuseppe Romeo - Consigliere
Lanfranco Balucani - Consigliere
Roberto Chiappa - Consigliere Est.
Presidente
f.to Mario Egidio Schinaia
Consigliere estensore
Segretario
f.to Roberto Chieppa
f.to Vittorio Zoffoli
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..................07/06/2006...................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva
****
TRG Trentino Alto Adige – Trento; sentenza
27 gennaio 2003 n. 39
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI
TRENTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
61
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
sul ricorso n. 316 del 2002 proposto dalla
ALPENHAUS S.R.L. (incorporante di FABER
S.R.L.), in persona dell’Amministratore unico
dott. Alessandro Podini, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Francesco Paolucci, Vittorio
Paolucci e Alberto Paoletto, presso quest’ultimo
domiciliata in Trento, Via S. Francesco d’Assisi
n. 10;
CONTRO
la REGIONE TRENTINO - ALTO ADIGE, in
persona del Presidente della Giunta regionale
pro
tempore,
rappresentata
e
difesa
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e
presso la stessa domiciliata in Trento, Largo
Porta Nuova n. 9;
per l’accesso ai documenti
già richiesti alla Regione con domanda 7-8
luglio 2002, alla quale la Regione T.A.A. ha
risposto solo parzialmente e con palese
illegittima elusione dei propri precipui obblighi,
anche a mezzo di illeciti artifizi;
nonchè avverso il silenzio
conseguente alla diffida notificata alla
medesima Regione in data 20.9.2002 a dare
compiuta ottemperanza alla suddetta istanza di
accesso ai documenti.
Visto il ricorso con motivi aggiunti e relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell’Amministrazione regionale intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla Camera di Consiglio del 14 novembre
2002 - relatore il consigliere Gianfranco
Bronzetti - l’avv. Vittorio Paolucci per la
Società ricorrente e l'avvocato dello Stato Sarre
Pirrone per l'Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 11-14 ottobre
2002 la Società Alpenhaus (incorporante della
Faber s.r.l.) esponeva che la predetta Società
Faber - a seguito di bando pubblicato su diversi
giornali dalla Regione Trentino -Alto Adige nel
luglio 1998 per l’acquisto a Bolzano di “idoneo
immobile in grado di ospitare i propri Uffici del
Catasto e del Libro fondiario” (collocazione
nelle vicinanze degli Uffici giudiziari e
finanziari, superficie non inferiore a 5.000 mq.
netti e congruo numero di posti macchina ad
uso esclusivo) - aveva presentato rituale offerta
in data 14.8.1998 (e cioè entro il termine
previsto del 15.8.1998) dell’immobile in
ricostruzione sito a Bolzano in Via Roma.
Precisava ancora la Società ricorrente
che
l’Amministrazione
regionale
con
deliberazione giuntale n. 1537 del 24.9.1998 e
con nota assessorile del 30.9.1998 manifestava
interesse alla proposta, confermando che
sarebbero state avviate le procedure per
addivenire, previa valutazione estimativa
dell’immobile, alla formulazione di un’ipotesi
di accordo contrattuale.
Chiariva, infine, la ricorrente che
l’Amministrazione regionale non dava corso
alla procedura, pubblicando per contro in data
6.6.1999 sui quotidiani un nuovo avviso per la
ricerca dell’immobile agli usi indicati, in
relazione al quale la Società Faber ripresentava
la propria offerta in data 28.6.1999.
Sennonchè, avendo appreso che la
Regione aveva preferito l’offerta immobiliare
della concorrente Società Habitat, la Faber s.r.l.
nel novembre 2001 interponeva azione
risarcitoria avanti al Tribunale civile di Trento e
correlativamente, a seguito dell’intervenuto atto
di fusione, la Società Alpenhaus (quale
incorporante della Faber) in data 12.6.2002
formulava al Presidente della Giunta regionale
domanda di accesso ai seguenti documenti:
1) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 24 settembre 1998 n. 1537, con tutti
gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in
essa richiamati, ivi compresa la relazione
tecnica del 23 settembre 1998 del Direttore
dell’Ufficio Tecnico geom. Castelli;
2) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 28 giugno 1999 n. 609, con tutti gli
allegati ed i provvedimenti e/o documenti in
essa richiamati;
3) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 29 luglio 1999 n. 885 di rettifica
della precedente deliberazione della Giunta
regionale 28 giugno 1999 n. 609, con tutti gli
allegati ed i provvedimenti e/o documenti in
essa richiamati;
4) delibera della Giunta regionale del TrentinoAlto Adige 3 aprile 2000 n. 445, con tutti gli
allegati ed i provvedimenti e/o documenti in
essa richiamati, ivi compresi, tra gli altri:
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello
Stato prot. n. 3459 del 9 ottobre 1999;
62
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello
Stato prot. n. 4236 del 3 dicembre 1999;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello
Stato prot. n. 4289 del 7 dicembre 1999;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello
Stato prot. n. 255 del 21 gennaio 2000;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello
Stato del 21 febbraio 2000.
Poichè l’Amministrazione regionale
ottemperava solo parzialmente ed in modo non
adeguato a tale richiesta, la ricorrente in data
20.9.2002 notificava formale diffida ad
adempiere, che peraltro trovava ancora parziale
accoglimento.
Pertanto
la
Società
Alpenhaus
proponeva la presente azione ai sensi dell’art.
25 della legge n. 241 del 1990, integrandola con
“motivi aggiunti” notificati in data 25-26
ottobre 2002.
In concreto, la ricorrente chiede a questo
Tribunale amministrativo di pronunciarsi in
merito all’istanza di accesso, ordinando alla
Regione Trentino-Alto Adige la consegna dei
documenti richiesti e sopra specificati
(deliberazioni della Giunta regionale, con
dichiarazione di conformità, e relativi allegati,
nonchè
note,
conformi
all’originale,
dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato), con
estrazione degli stessi dalla documentazione
ufficiale della Regione medesima.
DIRITTO
Il ricorso è fondato in parte, nei termini
appresso indicati.
1.- Per quanto concerne le deliberazioni della
Giunta regionale chieste con dichiarazione di
conformità all’originale, la relativa domanda di
accesso risulta superata dall’avvenuto rilascio
delle stesse, come da nota del Presidente della
Regione del 4.11.2002 prodotta in giudizio dalla
difesa della Società ricorrente.
Con ciò viene anche a cadere la richiesta
di nomina di un Commissario ad acta e di
connessa trasmissione degli atti alla Procura
della Repubblica.
2.- Resta, invece, aperta la questione dei
“pareri” dell’Avvocatura Distrettuale dello
Stato richiamati nella deliberazione giuntale n.
445 del 2000.
Secondo
l’orientamento
giurisprudenziale dominante i suddetti pareri si
considerano soggetti all’accesso ove siano
riferiti all’iter procedimentale e vengano
pertanto ad innestarsi nel provvedimento finale,
mentre
risultano
coperti
dal
segreto
professionale (artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.) quando
attengano alle tesi difensive in un procedimento
giurisdizionale (cfr.: Cons. Stato, Sez. V,
26.9.2000, n. 5105; Cons. Stato, Sez. V,
2.4.2001, n. 1893; T.A.R. Puglia - Bari
16.1.2001, n. 124): considerazione quest’ultima
che trova riscontro anche negli artt. 2 e 5 del
D.P.C.M. 26.1.1996, n. 200 (Regolamento
recante norme per la disciplina di categorie di
documenti formati o comunque rientranti
nell’ambito delle attribuzioni dell’Avvocatura
dello Stato sottratti al diritto di accesso).
Nella specie, la deliberazione della
Giunta regionale n. 445 del 2000 riporta cinque
pareri con diversa connotazione.
Invero, due pareri (note n. 3459 del 9
ottobre e n. 4236 del 3 dicembre 1999) sono
innegabilmente
riferibili
alla
fase
procedimentale amministrativa (accettabilità
della nuova offerta della Faber s.r.l. e modalità
di presentazione dei progetti esecutivi degli
offerenti), come traspare dalla parte motiva
dell’atto deliberativo: essi devono quindi
ritenersi oggetto del diritto di accesso ai sensi
dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990.
Per contro, gli altri tre pareri (nota n.
4289 del 7 dicembre 1999, nonchè note del 21
gennaio e del 21 febbraio 2000), pur potendo
far sorgere qualche dubbio in ordine alle
effettive finalità, sembrano tesi a valutare
l’aspetto
comportamentale
dell’Amministrazione regionale: come tali
vanno fatti rientrare nell’ambito della funzione
di consulenza legale, con rilevanza sulla
vertenza civile pendente avanti al Tribunale di
Trento, restando perciò stesso coperti dal
segreto professionale.
3.- Il ricorso va quindi accolto nei termini
esposti, ordinando alla Regione di esibire alla
Società ricorrente i documenti sopra specificati
(con facoltà di averne copia conforme
all’originale) e cioè le note (pareri)
dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato n. 3459
del 9 ottobre 1999 e n. 4236 del 3 dicembre
1999.
Sussistono, peraltro, giustificati motivi per la
compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il
Tribunale
Regionale
di
Giustizia
Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede
63
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
di Trento, definitivamente pronunciando sul
ricorso n. 316/2002, lo accoglie in parte e per
l’effetto ordina alla Regione Trentino-Alto
Adige di esibire alla Società ricorrente,
autorizzandola ad averne copia conforme
all’originale, gli atti richiesti come indicati in
motivazione, fissando per l’adempimento il
termine di 20 (venti) giorni dalla comunicazione
della presente sentenza.
Spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trento, nella Camera di
Consiglio del 14 novembre 2002, con
l’intervento dei Magistrati:
dott. Paolo Numerico Presidente
dott. Silvia La Guardia Consigliere
dott. Gianfranco Bronzetti
Consigliere
estensore
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito
in Segreteria, il giorno 27 gennaio 2003.
Il Segretario Generale
dott. Fiorenzo Tomaselli
provvedimento di sequestro, non giustifica il
rifiuto o il differimento dell'accesso, nè
comporta uno specifico obbligo di segretezza
che escluda o limiti la facoltà per i soggetti
interessati di prendere conoscenza degli atti,
anche alla luce della previsione dell'art. 258
c.p.p.
In senso analogo v. anche TAR Lazio I,
26.2.1996 n. 274, in TAR 1996 pg. 784
***
Anno 2007
Lavoro- Il diritto di accesso può avere ad
oggetto anche atti posti in essere da soggetti
privati gestori di pubblici servizi qualora pur
non costituendo direttamente gestione del
servizio stesso, siano collegati a quest’ultimo da
un nesso di strumentalità.
n.
n.
463/07
101/07
Reg. Dec.
Reg. Gen.
****
T.A.R. Lazio, sez. II, 26 settembre 1996 , n.
1746
L'avvio di procedimenti giudiziari su atti della
p.a. non produce l'automatico effetto della
segretazione degli atti e documenti oggetto
d'indagine, a meno che non sia intervenuto il
sequestro o altra misura interdittiva. Neppure la
nuova disciplina del segreto e del divieto di
pubblicazione di atti del procedimento penale
comporta, in via generale, limiti alla ostensione
o estrazione di copie degli atti stessi, quanto
meno nei riguardi dei soggetti direttamente
interessati.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE
PER L’ABRUZZO
Sezione Staccata di Pescara
composto dai signori:
Dott. Antonio Catoni Presidente
Dott. Michele Eliantonio Consigliere,
estensore
****
T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 23 febbraio
1995, n. 38;
Dott. Luciano Rasola Consigliere
ha pronunciato la seguente
La circostanza dell'avvenuta trasmissione degli
atti, oggetto della domanda di accesso, al vaglio
della magistratura penale, peraltro senza un
64
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
SENTENZA
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
sul ricorso n. 101/07, proposto da Di Prospero
Umberto, rappre-sentato e difeso dall’avv.
Claudio Verini, elettivamente domiciliato con il
proprio difensore in Pescara, via Marco Polo, 3,
presso lo studio dell’avv. Agostino Russo;
contro
il Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti
e Pescara soc. coop. a r.l., con sede in Pescara,
in persona del legale rappresentante protempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Paola Damiani e Giulio Cerceo, elettivamente
domiciliato presso il secondo difensore in
Pescara, viale G. D’Annunzio, 142;
per ottenere
l’accesso agli atti richiesti con istanza del 17
gennaio 2007 e l’annullamento degli atti con i
quali è stata respinta la predetta richiesta di
accesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del
Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e
Pescara;
Vista la memoria prodotta dalla parte
resistente a sostegno delle proprie ragioni;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Udito alla camera di consiglio del 12 aprile
2007 il relatore consigliere Michele Eliantonio e
uditi, altresì, l’avv. Claudio Verini per il
ricorrente e gli avv. Giulio Cerceo e l’avv.
Marco Di Rito - su delega dell’avv. Paola
Damiani - per il Consorzio Agrario resistente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
richiesta di conciliazione inoltrata alla
Direzione Provinciale del Lavoro di L’Aquila.
Riferisce con il gravame di aver chiesto con
istanza del 17 gennaio 2007 al Consorzio di
accedere alla predetta deliberazione, nonché alle
deliberazioni dello stesso Consiglio del 22 e del
15 settembre 2005, contenenti l’assunzione
rispettivamente dei sig.ri Vittorio Cicerone e
Fabio Gildo Colonna, ma che tale richiesta era
stata respinta con nota 23 gennaio 2007, n.
54/07/GFC, in ragione della testuale considerazione che i Consorzi agrari sono enti di natura
privatistica e che i predetti verbali “affrontano
questioni attinenti all’operato e agli interessi
del Consorzio stesso, delle quali il richiedente
non è legittimato a prendere conoscenza nel
rispetto anche della normativa sulla tutela della
privacy”.
Con il ricorso in esame l’interessato è insorto
dinanzi questo Tribunale, ai sensi dell’art. 25,
VI comma, della L. 7 agosto 1990, n. 241,
avverso tale provvedimento al fine di ottenere
l’accesso ai predetti atti, deducendo nella
sostanza che il Consorzio in parola, in quanto
esercita un’attività di pubblico interesse,
avrebbe dovuto consentirgli - in base al disposto
dell’art. 22, I comma, lettera e), della L. 7
agosto 1990, n. 241 - l’accesso agli atti in
parola che contenevano determinazioni
riguardanti la sua persona.
Il Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti
e Pescara si è costituito in giudizio e con
memoria depositata il 23 marzo 2007, dopo aver
pregiudizialmente eccepito il difetto di
giurisdizione di questo Tribunale in ordine alla
controversia
proposta,
ha
diffusamente
contestato il fondamento della richiesta
proposta.
Alla camera di consiglio del 12 aprile 2007 la
causa è stata introitata a decisione.
FATTO
Il sig. Umberto Di Prospero, dirigente del
Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e
Pescara, è stato licenziato con deliberazione del
Consiglio di Amministrazione del 25 gennaio
2006 ed ha impugnato tale licenziamento con
DIRITTO
65
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
1. - L’impugnata nota, con la quale il
Consorzio Agrario Interprovinciale di Chieti e
Pescara ha respinto la richiesta di accesso
presentata dal ricorrente è motivato con
riferimento alla testuale considerazione che i
Consorzi agrari sono enti di natura privatistica e
che i predetti verbali “affrontano questioni
attinenti all’operato e agli interessi del
Consorzio stesso, delle quali il richiedente non
è legittimato a prendere conoscenza nel rispetto
anche della normativa sulla tutela della
privacy”.
Inoltre, va in aggiunta ricordato che il diverso
regime degli atti adottati dal gestore del servizio
pubblico in quanto soggetto di diritto privato che comporta la loro ostensibilità - dipende dal
rapporto di connessione esistente tra gli atti ed il
servizio di pubblico interesse; da cui ne
consegue che più stretto è il legame con il
servizio pubblico, più gli atti sono passibili di
accesso, poiché adottati nel rispetto del
principio di imparzialità di cui all’art. 97 della
Costituzione (T.A.R. Lazio Roma sez. III 10
aprile 2006 n. 2503).
Il ricorso – deve subito precisarsi – è solo
parzialmente fondato.
Relativamente, poi, agli atti attinenti al
rapporto di lavoro alle dipendenze di un
soggetto privato gestore di un servizio pubblico,
è stato precisato che tali atti possono essere
passibili di accesso solo quando producano
effetti nella sfera pubblicistica, o più
correttamente, di interesse generale, quando
cioè assumano rilievo ai fini della corretta e
funzionale gestione del servizio stesso e non
quando siano necessari per la sola tutela di tipo
economico dei prestatori di lavoro nei confronti
del loro datore di lavoro, da utilizzarsi
presumibilmente in sede contenziosa (T.A.R.
Lazio, sede Roma, sez. III 10 aprile 2006 n.
2503).
2. - Il problema che in via pregiudiziale il
Collegio è chiamato a risolvere è quello volto
ad accertare se il diritto di accesso di cui agli
artt. 22 e segg. della L. 7 agosto 1990, n. 241,
sia o meno esercitabile nei confronti dei
Consorzi agrari.
Va al riguardo ricordato che - come è noto - il
n. 1, lettera e), di tale art. 22, dispone
testualmente che per pubblica amministrazione,
ai fini dell’applicazione della normativa sul
diritto di accesso, si intendono anche “i soggetti
di diritto privato” limitatamente, però “alla
loro attività di pubblico interesse disciplinata
dal diritto nazionale o comunitario”.
Ora, interpretando tale normativa, il giudice
amministrativo ha già chiarito che le regole
dettate in tema di trasparenza della p.a. e di
diritto di accesso ai relativi atti si applicano
oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche
ai soggetti privati chiamati all’espletamento di
compiti di interesse pubblico, quali i
concessionari di pubblici servizi, le pubbliche
società ad azionariato pubblico, etc. (cfr., per
tutti, Cons. St., Ad. plen., 5 settembre 2005 n.
5); cioè il diritto di accesso può avere ad
oggetto anche atti posti in essere da soggetti
privati gestori di pubblici servizi che, pur non
costituendo direttamente gestione del servizio
stesso, siano collegata a quest’ultima da un
nesso di strumentalità derivante, anche, sul
versante soggettivo, dall’intensa conformazione
pubblicistica (Cons. St, sez. VI, 26 gennaio
2006 n. 229, e 30 dicembre 2005 n. 7624).
Fatta tale premessa va, in aggiunta, rilevato
che i Consorzi Agrari Interprovinciali - come
costantemente affermato in giurisprudenza (cfr.
per tutti Cass. civ., sez. I, 28 agosto 2004, n.
17201, e Cons. St., sez. VI, 3 novembre 1999,
n. 1706, e 19 ottobre 1999, n. 1451) - sono
certamente soggetti di diritto privato, “ancorché
siano volti a perseguire fini di rilevanza
pubblica e, pertanto, siano sottoposti a controlli
pubblici”. Tale giurisprudenza ha, inoltre, anche
precisato che tali soggetti, pur essendo
certamente privati, sono però “sottoposti a
controlli pubblici e limitazione dell’autonomia
statutaria, in considerazione delle finalità di
contribuire all’incremento e al miglioramento
della produzione agricola e ad iniziative di
carattere sociale e culturale nell’interesse degli
agricoltori (artt. 2 e 3 d. lg. n. 1235 del 1948)”
(così, T.A.R. Puglia, sez. Lecce, II, 3 marzo
2006, n. 1358).
66
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Ciò posto, il Collegio è dell’avviso che in
ragione dello svolgimento dei predetti servizi di
pubblico interesse svolti, sia esperibile il diritto
di accesso nei confronti di quegli atti dei
Consorzi agrari che, pur non costituendo
direttamente gestione del servizio stesso, siano
collegati a quest’ultima da un nesso di
strumentalità. Inoltre, tale diritto di accesso può
avere ad oggetto anche gli atti attinenti al
rapporto di lavoro alle dipendenze del
Consorzio, quando tali atti producano effetti
nella sfera pubblicistica, o più correttamente, di
interesse generale, quando cioè assumano
rilievo ai fini della corretta e funzionale
gestione del servizio stesso; e tra tali atti vanno
compresi anche quelli relativi alla nomina dei
dirigenti, dal momento che tali atti assumono un
indubbio rilievo ai fini della corretta e
funzionale gestione del servizio stesso.
Con riferimento a quanto sopra esposto,
sembra, in definitiva, alla Sezione che possono
essere passibili di accesso gli atti di nomina e di
licenziamento dei dirigenti di una Consorzio
agrario.
3. - Una volta giunti a tale conclusione, sembra
evidente al Collegio che l’istante abbia di certo
diritto ad accedere alla deliberazione del
Consiglio di Amministrazione del 25 gennaio
2006, con la quale era stato disposto il suo
licenziamento.
Tale atto, infatti, ha un indubbio rilievo ai fini
della corretta e funzionale gestione dei compiti
(anche pubblicistici) svolti dal Consorzio;
inoltre, l’istante è certamente titolare di una
situazione giuridica soggettiva che lo legittima
all’esame di tale atto deliberativo.
Deve, pertanto, concludersi che l’attuale
ricorrente abbia diritto ad accedere alla predetta
deliberazione
del
Consiglio
di
Amministrazione, senza che possa in merito
assumere rilievo la circostanza opposta con
l’atto impugnato, secondo cui tale verbale
“affronta questioni attinenti all’operato e agli
interessi del Consorzio stesso”.
4. - Con l’istanza del 17 gennaio 2007 il
ricorrente ha anche chiesto al Consorzio di
accedere alle deliberazioni dello stesso
Consiglio del 22 e del 15 settembre 2005,
contenenti l’assunzione rispettivamente dei
sig.ri Vittorio Cicerone e Fabio Gildo Colonna.
Tale richiesta è inammissibile per non avere
l’interessato notificato il gravame - come è
prescritto dall’art. 21 della L. 6 dicembre 1971,
n. 1034 - anche a tali soggetti che rivestono,
indubbiamente, la posizione di controinteressati
nel giudizio in esame (Cons. St., sez. V, 18
settembre 2006 , n. 5434).
Come è noto, infatti, nel giudizio
d’impugnazione
dei
provve-dimenti
amministrativi è controinteressato il soggetto,
nominato nel provvedimento o facilmente
identificabile dal provvedimento stesso, cui il
provvedimento attribuisce una posizione
giuridica favorevole che verrebbe eliminata
dall’annullamento
del
provvedimento
medesimo.
Ora, l’Adunanza Plenaria delle sezioni
giurisdizionali del Consiglio di Stato con
decisione 24 giugno 1999, n. 16, ha stabilito che
la regola della notificazione ad almeno un
controinteressato vale anche per lo speciale
giudizio d’accesso agli atti amministrativi
disciplinato dalla L. 7 agosto 1990, n. 241. È
naturale che, riferita a tale giudizio, la nozione
di controinteressato subisca un adattamento, e
designi colui al quale si riferiscono i documenti
ai quali è chiesto l’accesso, e che può avere
interesse ad opporsi alla visione dei documenti
medesimi. Deve, peraltro, trattarsi di soggetti,
come ha stabilito l’Adunanza plenaria,
"determinati", ossia dei soggetti la cui esistenza
e la cui identificazione siano certe e note prima
dell’accesso ai documenti.
Nel caso in esame il ricorrente aveva fatto
domanda di accesso agli atti contenenti
l’assunzione rispettivamente dei sig.ri Vittorio
Cicerone e Fabio Gildo Colonna, per cui
l’istante era evidentemente a conoscenza
dell’esistenza dei predetti soggetti che
avrebbero potuto avere interesse ad opporsi alla
visione dei documenti medesimi ed ai quali
67
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
avrebbe necessariamente dovuto notificare il
ricorso giurisdi-zionale contro il diniego di
accesso.
Non avendo intimato anche i predetti soggetti,
la richiesta di accesso a tali atti deliberativi non
può non essere respinto, tanto più ove si
consideri che il Consorzio, con l’impugnato atto
di diniego - come già detto - aveva anche
evidenziato la necessità di dover rispettare “la
normativa sulla tutela della privacy”.
5. - Alla luce delle suesposte considerazioni il
ricorso in esame deve, pertanto, essere accolto
nei limiti sopra indicati, cioè limita-tamente
all’accesso alla deliberazione del Consiglio di
Amministrazione del 25 gennaio 2006, nella
sola parte in cui è stato disposto il
licenziamento del ricorrente.
Sussistono, per concludere, giuste ragioni per
disporre la totale compensazione tra le parti
delle spese e degli onorari di giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per
l'Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, accoglie
nei termini di cui in motivazione il ricorso
specificato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di
consiglio del 12 aprile 2007.
Il
Presidente
L’Estensore
Il Segretario d’udienza
Pubblicata mediante deposito il 19.04.2007
Il Direttore della Segreteria
reg. gen. n. 101/07
------------------------------------------------------------------------------------------------------------Consigliere comunale – Paga come qualsiasi
cittadino le copie cartacee degli atti richiesti in
accesso
Consiglio Stato sez. V
Data: 28 dicembre 2007
Numero: n. 6742
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Quinta
Sezione
ANNO
2007
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 1900/2007, proposto dal Sig.
Luciano COMPAGNO, rappresentato e difeso
dagli avvocati Antonio Sartori e Mario Ettore
Verino, con domicilio eletto presso lo studio del
secondo in Roma,Via Lima n. 15;
contro
il COMUNE DI FOSSÒ, in persona del
Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli
avvocati Francesco Caffarelli e Mauro
Ferruzzi, con domicilio eletto presso lo studio
del primo in Roma, Via Tigrè n. 37;
per la riforma
della sentenza n. 3897 in data 23 novembre
2006, resa in forma semplificata dalla Sezione
I del T.A.R. per il Veneto; Visto il ricorso in
appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del
Comune intimato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 20 aprile
2007, il Consigliere Francesco GIORDANO;
Uditi, altresì, gli avvocati Verino e Caffarelli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTO
68
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
L'appellante, consigliere comunale del Comune
di Fossò e capogruppo della lista di minoranza
Solidarietà Fossò-Sandon, impugna la sentenza
indicata in epigrafe con cui la sezione 1^ del
T.A.R. per il Veneto ha respinto il suo ricorso n.
1925/2006, volto ad ottenere l'annullamento
della deliberazione comunale n. 29/2006,
limitatamente all'aggiunta, ivi disposta, del
comma 3-bis dell'art. 18 del regolamento
comunale, recante "Norme per l'accesso dei
consiglieri e dei revisori alla documentazione
amministrativa".
Si sostiene che, nonostante il diritto di accesso
ai documenti amministrativi ed a tutte le
informazioni detenute dall'Amministrazione sia
garantito dall'art. 43 del T.U.E.L. n. 267/2000, il
sig. Compagno ha incontrato difficoltà ed
ostacoli nell'esercitare tale diritto, che sono
culminati nella recente modifica dell'art. 18
delle vigenti norme regolamentari, con
l'introduzione dei commi 2-bis e 3-bis.
Avverso la sentenza che, come sopra detto, ha
respinto il suo ricorso proposto in primo grado,
il menzionato consigliere comunale interpone il
presente atto di appello, affidandolo alle
medesime censure già dedotte dinanzi al TAR
per il Veneto:
1) Violazione degli artt. 7, 42 e 43, comma 2°
del T.U.E.L. n. 267/2000, nonché degli artt. 1 e
97 Cost.; Eccesso di potere per sviamento.
Irragionevolezza ed ingiustizia manifeste.
Violazione dei principi di proporzionalità.
In sintesi, assume l'appellante che il
provvedimento impugnato riposerebbe su
un'errata interpretazione della natura e della
funzione del diritto dei consiglieri comunali,
che con esso si intenderebbe limitare e negare
quanto al supporto cartaceo.
Presentando tale "diritto" la sostanza di un
diritto soggettivo pubblico, funzionalizzato non
tanto ad un interesse personale del Consigliere
comunale o provinciale, quanto alla cura di un
interesse pubblico connesso al mandato
conferito, ogni limitazione al suo esercizio,
sancito
dall'art.
43,
interferirebbe
inevitabilmente con la potestà istituzionale del
Consiglio comunale di sindacare la gestione
dell'ente, al fine di assicurarne, con la
trasparenza e la piena democraticità, anche il
buon andamento.
2) Violazione dell'art. 18 del regolamento del
Comune di Fossò disciplinante il diritto e le
modalità di accesso agli atti amministrativi da
parte dei Consiglieri comunali.
La norma di cui al comma 3-bis, introdotta
nell'art. 18 del regolamento comunale, sarebbe
in contrasto con il precedente comma 3 che
esenta i consiglieri comunali dal pagamento dei
costi di produzione, nonché di qualsiasi altro
diritto.
Lamenta l'appellante che in ordine a tale motivo
il TAR avrebbe sostanzialmente omesso di
pronunciarsi.
Conclude il sig. Compagno con la richiesta di
annullamento della sentenza impugnata e di
accoglimento del ricorso di primo grado, con
vittoria di spese ed onorari del doppio grado di
giudizio.
Resiste il Comune intimato alla pretesa
dell'appellante, argomentando puntualmente a
sostegno della propria tesi difensiva e
concludendo per il rigetto del proposto appello.
DIRITTO
Il signor Luciano Compagno, ex sindaco del
Comune di Fossò (VE) che attualmente riveste
la carica di consigliere e capogruppo della lista
di minoranza presso lo stesso Comune (nonché
quella di consigliere della provincia di
Venezia), ha proposto ricorso al T.A.R. Veneto
per ottenere l'annullamento del comma 3-bis
dell'art. 18 del regolamento comunale di
accesso agli atti amministrativi, introdotto
dall'organo consiliare con la deliberazione 8
giugno 2006, n. 29.
Il primo giudice ha respinto il gravame con la
sentenza resa in forma semplificata n. 3897/06,
che l'interessato impugna ora nel presente
giudizio di secondo grado, prospettando le
medesime doglianze dedotte nel ricorso
introduttivo originario.
L'appello è infondato.
Privo di pregio è il primo ordine di censure con
cui l'appellante, muovendo dal diritto di accesso
riconosciuto ai consiglieri comunali (e
provinciali) di ottenere dai competenti uffici
degli enti locali, nonché dalle loro aziende ed
enti dipendenti, "tutte le notizie e le
informazioni
in
loro
possesso,
utili
all'espletamento del loro mandato" (art. 43,
comma 2° T.U.E.L. n. 267/2000), afferma che
la delibera impugnata, nonostante le
enunciazioni di principio in essa contenute,
sarebbe supportata da un'errata interpretazione
della natura e della funzione di tale diritto, in
69
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
quanto il suo esercizio verrebbe ricondotto ad
una prospettiva "individuale" di interesse del
singolo consigliere comunale, che andrebbe
coordinato con l'esigenza di non intralciare lo
svolgimento dell'attività amministrativa ed il
regolare funzionamento degli uffici comunali.
Viceversa, poiché la situazione giuridica di cui
si tratta presenta la sostanza di un diritto
soggettivo pubblico funzionalizzato, siccome
implicante l'esercizio di facoltà finalizzate al
pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni
assegnate direttamente al Consiglio comunale,
ogni limitazione all'esercizio del diritto sancito
dall'art. 43 interferirebbe inevitabilmente con la
potestà istituzionale del predetto organo
deliberante di sindacare la gestione dell'ente
locale.
Sarebbero, comunque, generiche ed incomplete
le espressioni contenute nella contestata
disposizione regolamentare, in ordine alle
nozioni di "atti elaborati", di "costi elevati " e di
"planimetrie didimensioni consistenti".
In definitiva, dunque, i consiglieri comunali
verrebbero a sopportare i costi di riproduzione
di atti e documenti, al pari della generalità dei
cittadini che esercitano il diritto di accesso, ai
sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90.
2.2 Si premette che le integrazioni all'art. 18 del
regolamento, approvate dal Consiglio comunale
di Fossò con la censurata delibera n. 29 in data
8 giugno 2006, sono le seguenti:
comma 2bis): "Il diritto di accesso del
consigliere non può configurarsi come
generalizzato e indiscriminato. I documenti,
oggetto del diritto, devono essere concretamente
individuati dal richiedente oppure essere
individuabili."
comma 3bis): "Nel caso in cui le richieste
abbiano ad oggetto l'estrazione di copie di atti
elaborati, la cui foto-riproduzione comporti un
costo elevato, quali ad esempio le tavole dei
P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e
quant'altro abbia ad oggetto planimetrie di
dimensioni consistenti, sono previste modalità
alternative quali la riproduzione su CD-rom in
formato PDF, non modificabile."
Ciò posto, si legge testualmente, nel preambolo
dell'impugnata deliberazione consiliare, che
"con regolarità pervengono a questo Ente, da
parte di consiglieri comunali, numerose
richieste di estrazione di copie riguardanti atti
complessi, a titolo di esempio, le tavole dei
P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e
quant'altro abbia ad oggetto planimetrie di
dimensioni consistenti, la cui foto-riproduzione
comporta un costo elevato e un'oggettiva
difficoltà ad esaudire la richiesta per mancanza
di strumentazione idonea propria, ragion per cui
ci si deve recare presso fotocopisterie attrezzate
e sborsare denaro per l'estrazione di copie;".
Il Comune di Fossò, dunque, si è trovato nella
necessità di dare equa soluzione ad un problema
concreto che, a fronte dell'esigenza dei
consiglieri comunali di poter disporre di copie
di atti complessi nell'espletamento della loro
funzione, evidenziava le difficoltà in cui
versava l'Amministrazione a causa della carenza
di idonea strumentazione e dell'aggravio dei
costi da sostenere per soddisfare le richieste
degli interessati.
Conseguentemente, acquisiti i pareri del caso e
sulla base delle pronunce giurisprudenziali in
materia, il Consiglio comunale ha ritenuto di
contemperare i diritti dei consiglieri con il
dovere di economicità della P.A., prevedendo
modalità alternative di estrazione rispetto a
quelle usuali, affinché l'accesso non risultasse
eccessivamente gravoso e non intralciasse lo
svolgimento dell'attività amministrativa ed il
regolare funzionamento degli uffici.
Peraltro, in senso contrario a quanto sostenuto
dall'appellante,
l'organo
deliberante
ha
correttamente considerato la natura e la
rilevanza del diritto dei consiglieri comunali di
accesso agli atti, riconoscendo che la funzione
loro attribuita dal legislatore è quella di
controllo politico-amministrativo sull'ente,
nell'interesse della collettività, e riservando,
quindi, la massima ampiezza al diritto d'accesso
dei consiglieri comunali a tutti i documenti
adottati dall'ente, in virtù del mandato loro
affidato dal corpo elettorale.
Non risponde, perciò, al vero che
l'Amministrazione abbia ricondotto ad una
prospettiva "individuale" l'interesse del
consigliere comunale ad esercitare il diritto di
accesso nell'espletamento del suo mandato, ma
risulta, invece, più aderente all'oggettiva realtà
dei fatti constatare che, ferma restando la natura
di diritto soggettivo pubblico funzionalizzato
del diritto in questione, si è ravvisata la
necessità di pervenire ad un giusto
bilanciamento degli interessi in gioco, stante la
scarsità delle risorse disponibili e la possibilità
70
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
di ovviare con altri mezzi alle difficoltà che
erano venute a determinarsi.
Se, infatti, non appare revocabile in dubbio che
-ai sensi dell'art. 43, comma 2° del D.Lgs. n.
267/2000- la funzione esercitata dal consigliere
comunale (e provinciale) esige che al medesimo
vengano fornite tutte le notizie e le informazioni
utili all'espletamento del suo mandato, in guisa
che notevolmente più ampio è il contenuto del
suo diritto di accesso rispetto a quello
riconosciuto alla generalità dei cittadini a norma
degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del
1990, occorre però considerare che il
soddisfacimento di tale diritto non può essere
esclusivo, completo ed incondizionato e trarre
origine da richieste generiche ed indiscriminate,
in disparte quelle emulative, sol perchè è volto a
consentire l'ottimale esercizio di una pubblica
funzione; ma soggiace alle limitazioni che
derivano dalla molteplicità dei servizi che il
Comune
deve
assicurare
ai
cittadini
amministrati, nel rispetto degli impegni di
contenimento della finanza pubblica e di
progressiva razionalizzazione delle spese
generali di gestione dell'ente.
Non si nega, invero, che al consigliere
comunale non possa essere opposto alcun
diniego, salvo casi eccezionali e contingenti,
determinandosi altrimenti un illegittimo
ostacolo al concreto esercizio della sua
funzione, che è quella di verificare che il
sindaco e la giunta municipale esercitino
correttamente la loro funzione (cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855).
Ciò che preme, tuttavia, rilevare è che il
carattere strumentale dell'informazione resa al
consigliere comunale, rispetto al compito
ascritto al supremo organo di governo dell'ente
locale cui l'interessato appartiene, di esercitare
il generale potere di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo sull'ente medesimo (cfr.
Cons, Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471),
non può prescindere dall'esigenza di garantire
che l'esercizio di tale diritto, fatta salva la
facoltà del consigliere di prendere visione di
tutti gli atti utili all'espletamento del mandato,
avvenga in modo da comportare il minor
aggravio possibile per gli uffici comunali, sia
dal punto di vista organizzativo che economico
(cfr. Corte dei Conti, Sez. controllo Liguria, n. 1
del 12/3/2004), anche se le amministrazioni
pubbliche sono tenute (tendenzialmente) a
dotarsi di tutti i mezzi (personale,
strumentazioni tecniche, materiali vari)
necessari all'assolvimento dei loro compiti.
Essendo, dunque, divenuti praticamente
insostenibili i costi di foto-riproduzione di
taluni documenti particolarmente complessi e
voluminosi, come quelli esemplificati nelle
premesse della delibera n. 29/2006 e nello
stesso testo regolamentare aggiunto all'art. 18,
era inevitabile che il Comune di Fossò facesse
ricorso, peraltro legittimamente, a modalità
alternative quale quella consistente nella
riproduzione delle planimetrie su CD-rom in
formato PDF non modificabile, secondo il
parere espresso dallo Sportello delle Autonomie
della Direzione Centrale per le Autonomie,
appartenente al Dipartimento per gli Affari
Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno,
nella sua lettera di risposta, in data 12 maggio
2006, ad un quesito formulato proprio in ordine
all'accesso alla documentazione amministrativa
dell'ente locale e, in particolare, alla fotoriproduzione di tavole di varianti urbanistiche e
planimetrie di notevoli dimensioni non
riproducibili con la normali strumentazioni a
disposizione degli uffici comunali.
Trattasi, in effetti, di una soluzione tecnica che,
oltre a porsi in sintonia con i tempi attuali
caratterizzati da un'elevata specializzazione
tecnologica, soprattutto nel campo informatico,
consente di contenere sensibilmente i costi di
gestione dell'accesso, sia in termini strettamente
economici che di concreto disimpegno di parte
del personale dell'ente, prima verosimilmente
utilizzato nell'estrazione di copie dei documenti
per i consiglieri comunali.
Né appare credibile che l'adozione della
predetta modalità, affidata all'uso di supporti
informatici, valga a trasferire indebitamente, sui
consiglieri comunali, costi di gestione del diritto
di accesso che, invece, attengono all'esercizio
della funzione pubblica e non all'interesse
individuale dei consiglieri medesimi.
Al riguardo, va innanzi tutto condiviso l'avviso
espresso dalla Commissione per l'accesso ai
documenti amministrativi, secondo cui il
generale principio di economicità, al quale deve
ispirare la propria attività la P.A., riguarda non
solo gli uffici tenuti a provvedere, ma anche i
soggetti
che
richiedono
prestazioni
amministrative i quali, specie se appartenenti
alla stessa amministrazione devono, in clima di
71
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
leale cooperazione, moderare le loro richieste
(cfr. parere del 10/12/2002, reso al Comune di
Rocca di Papa).
Va, poi, sottolineato che il giudice di prime cure
ha affrontato diffusamente la questione posta
dal sig. Compagno con la doglianza relativa alla
paventata traslazione nei suoi confronti degli
oneri economici che, a suo dire, sarebbero
comunque connessi alla contestata modalità.
In proposito, occorre intanto dire che l'art. 18,
comma 3 bis del regolamento comunale per
l'accesso agli atti del Comune di Fossò,
contempla modalità alternative, quali il ricorso
allo strumento informatico del CD-rom in
formato PDF non modificabile, limitatamente a
casi ben delineati anche se indicati a solo titolo
esemplificativo, come quello della richiesta di
copie delle tavole di un piano regolatore
generale la cui foto-riproduzione comporti un
costo elevato. Pertanto, solo in ipotesi molto
particolari e con valutazione caso per caso, può
verificarsi l'eventualità che gli atti richiesti
vengano riprodotti su CD-rom.
In secondo luogo, si osserva che, fermo
restando il diritto dei consiglieri comunali di
prendere visione dei documenti che siano
ritenuti necessari per l'esercizio della funzione
pubblica di cui gli stessi sono titolari, la
censurata norma non reca alcun obbligo per gli
interessati di tradurre su supporto cartaceo il
contenuto dei CD-rom che siano loro
eventualmente consegnati.
Ad ogni modo, appare dirimente la
constatazione che il diritto di cui all'art. 43 del
T.U.E.L. è destinato a subire delle limitazioni,
allorché evidenti esigenze di funzionalità
amministrativa inducano l'ente a provvedere
prioritariamente, nel rispetto del principio di
economicità e del patto di stabilità interno, alla
realizzazione dei servizi pubblici essenziali per
la collettività.
Comunque, così come correttamente operato dal
primo giudice, la doglianza del consigliere
Compagno non può che essere esaminata alla
luce della sua posizione individuale, giacché
solo con diretto riferimento alle condizioni
personali in cui versa il ricorrente nel momento
in cui agisce in giudizio, anziché in
un'improbabile prospettiva generalizzata, è
consentito valutare la rilevanza dell'interesse
dell'istante nella sua immediatezza, concretezza
ed attualità.
Orbene, proprio in tale ottica il primo decidente
ha esattamente rilevato che non è decisiva, al
riguardo, la circostanza, emersa in sede di
discussione assembleare, secondo cui il
Compagno dispone del personal computer
domestico del proprio figlio, bensì il fatto che la
forza politica della quale fa parte, la "Lista
Solidarietà
Fossò-Sandon",
utilizza
normalmente il sistema informatico per i suoi
rapporti epistolari.
Pertanto, poiché "la comunicazione politica e la
conseguente ricerca di consenso presso la
pubblica opinione e, soprattutto, presso il corpo
elettorale si fonda attualmente sulla diffusa
utilizzazione dell'informatica e dei conseguenti
strumenti che quest'ultima rende a sua volta
disponibili", la "stessa,complessiva posizione
politica" dell'appellante, riguardata alla stregua
della "documentata esistenza di corrispondenza
della propria formazione politica di riferimento
redatta su supporto informatico consente,
quindi, di presumere nella specie che il
medesimo ricorrente in realtà disponga di tutti i
mezzi per poter convenientemente adeguarsi,
senza aggravi di sorta, alla nuova disciplina di
accesso alla documentazione amministrativa
posta in essere per i consiglieri comunali di
Fossò." (cfr. sent. imp., pagg. 27-28).
Le riportate argomentazioni, che il Collegio
condivide, forniscono un adeguato riscontro
anche al secondo motivo di appello, che
riproduce quello dedotto in primo grado circa
l'esenzione dei consiglieri comunali dal
pagamento dei costi di produzione, nonché di
qualsiasi altro diritto (art. 18, comma 3,
regolam. cit.).
In
effetti,
contrariamente
all'assunto
dell'appellante, la prima sezione del T.A.R. per
il
Veneto
si
è
indirettamente,
ma
esaurientemente pronunciata proprio con
riferimento alla posizione personale del sig.
Compagno, rilevando che i costi che
l'interessato ritiene traslati a suo carico, in realtà
sono stati già affrontati "dalla sua formazione
politica, agli effetti dell'acquisizione di quegli
stessi supporti informatici che gli hanno fornito
-e gli forniscono- un supporto non indifferente
per l'acquisizione del consenso da parte del
proprio elettorato." (cfr. sent. imp., pag. 28).
Da ultimo, va disattesa, perché chiaramente
pretestuosa, anche la censura di genericità della
contestata disposizione, giacché possono
72
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
ovviare alla lamentata imprecisione dei concetti,
non solo la competenza e la professionalità del
Segretario comunale, ma anche il comune buon
senso e le valutazioni che, volta per volta, gli
uffici saranno discrezionalmente chiamati ad
effettuare, avendo sempre di mira l'obiettivo di
ottemperare puntualmente, come per legge, alle
richieste documentali dei consiglieri comunali.
In conclusione, l'appello va respinto, perché
destituito di fondamento giuridico.
Quanto alle spese di lite, si ritiene che le stesse
possano essere integralmente compensate fra le
parti del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione V, respinge il presente atto d'appello e
dispone l'integrale compensazione delle spese di
lite fra le parti del giudizio.
Consigliere comunale - Diritto incondizionato
all’accesso
T.A.R. Catanzaro Calabria sez. II
Data: 13 novembre 2007
Numero: n. 1750
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
IL
TRIBUNALE
REGIONALE PER
Catanzaro -
AMMINISTRATIVO
LA CALABRIA -
Sezione seconda
composto dai signori magistrati:
Dr. Guido ROMANO - Presidente
Dr. Giuseppe CHINÉ - Giudice rel.
Dr. Carlo DELL'OLIO - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 948/2007, proposto da P. A.,
T. F., tutti rappresentati e difesi dall'avv.
Paolino Rizzuti, selettivamente domiciliato in
Catanzaro, v. G. Jannoni, presso lo studio
dell'avv.
Daniela Dante,
CONTRO
il Comune di Praia a Mare, in persona del
legale
rappresentante
pro-tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Oreste
Morcavallo, domiciliato, in assenza di domicilio
eletto in Catanzaro, presso la Segreteria del
T.A.R.,
avverso
il diniego di accesso a documenti
amministrativi opposto
ai ricorrenti dal
Sindaco di Praia a Mare con nota del 5.09.2007,
prot. 14664.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista
la
memoria
di
costituzione
dell'Amministrazione intimata, con i
relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla camera di consiglio
dell'8 novembre 2007, il dr. Giuseppe Chiné;
Uditi gli avvocati delle parti costituite come da
relativo verbale;
Ritenuto che i ricorrenti, nella qualità di
consiglieri comunali del
Comune di Praia a Mare appartenenti al
medesimo gruppo consiliare di minoranza
denominato "Praia Città d'Europa", si dolgono
del diniego opposto dall'Amministrazione,
con la nota sindacale oggetto di gravame,
sull'istanza di accesso, formulata con la
nota
dell'8.08.2007, concernente la presa visione
"delle pratiche amministrative riferite ad ogni
singola autorizzazione delle attività di
stabilimento balneare - stagione estiva 2007";
Rilevato che, con la nota sindacale impugnata,
il diniego di accesso è stato motivato con
riferimento ad una presunta
genericità
dell'istanza proposta dai ricorrenti, tenuto
anche conto della disciplina contenuta negli
artt. 5, comma 4 e 11, comma 4, del
regolamento comunale per la disciplina del
diritto di accesso approvato con delibera di
Giunta comunale n. 39 del 28.12.2000;
Rilevato, peraltro, che si appalesa infondata
l'eccezione di inammissibilità del ricorso
formulata
dal
difensore
dell'Amministrazione, in quanto i ricorrenti, con
l'atto di gravame, chiedono al Tribunale di
"ordinare al Comune di Praia a Mare la
esibizione di quanto risulta oggetto di
accesso"
(pag.
9), univocamente
richiamando
il
contenuto
dell'istanza
dell'8.08.2007;
FATTO E DIRITTO
73
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Considerato che:
- per indirizzo giurisprudenziale consolidato,
pienamente condiviso dal Collegio, l'art. 43,
comma 2, del d. lgv. n. 267/2000 attribuisce al
consigliere comunale un "non condizionato
diritto di accesso a tutti gli atti che possano
essere d'utilità all'espletamento del loro
mandato, ciò anche al fine di permettere di
valutare - con piena cognizione - la correttezza
e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione,
nonché per esprimere un voto consapevole sulle
questioni di competenza del Consiglio, e per
promuovere, anche nell'ambito del Consiglio
stesso, le iniziative che spettano ai singoli
rappresentanti del corpo elettorale locale", di
talché "a differenza dei soggetti privati, il
consigliere non è tenuto a motivare la richiesta,
né l'Ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la
richiesta di accesso e l'esercizio del mandato,
altrimenti gli organi dell'amministrazione
sarebbero arbitri di stabilire essi stessi l'ambito
del controllo sul proprio operato" (C.d.S., sez.
V, 20 ottobre 2005, n. 5879);
- la prescelta lettura della norma legislativa
sopra richiamata non esclude, tuttavia, che il
diritto di accesso del consigliere comunale sia
soggetto al rispetto di alcune forme e modalità:
"oltre alla necessità che l'interessato alleghi la
sua qualità, permane l'esigenza che le istanze
siano comunque formulate in maniera specifica
e dettagliata, recando l'esatta indicazione degli
estremi identificativi degli atti e dei documenti
o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli
elementi che consentano l'individuazione
dell'oggetto dell'accesso" (C.d.S., sez. V, 2
settembre 2005, n. 4471);
Considerato, ancora, che l'istanza di accesso
nella specie proposta dai ricorrenti presenta un
oggetto specifico e determinato, concernente la
mera
presa
visione
"delle
pratiche
amministrative riferite ad ogni singola
autorizzazione delle attività di stabilimento
balneare - stagione estiva 2007";
Evidenziato che non assume alcun rilievo nella
presente controversia la disciplina contenuta
negli artt. 5, comma 4 e 11, comma 4, del
regolamento comunale, trattandosi di norme
dedicate al diritto di accesso di soggetti diversi
dai consiglieri comunali, ai quali ultimi è
dedicata la disciplina speciale di cui all'art. 43,
comma 2, del d. lgv. n. 267/2000;
Ritenuta, pertanto, la fondatezza del proposto
gravame, in quanto l'Amministrazione, con la
nota impugnata, ha illegittimamente negato
l'accesso ai documenti amministrativi richiesto
dai ricorrenti, da cui consegue l'annullamento
della medesima nota e l'ordine al Comune di
Praia a Mare di concedere ai ricorrenti l'accesso,
nella forma della mera visione, alle pratiche
amministrative riferite ad ogni singola
autorizzazione delle attività di stabilimento
balneare - stagione estiva 2007, nei termini
meglio precisati in dispositivo;
Considerato che, per la natura delle questioni
esaminate, sussistono comunque giusti motivi
per compensare spese, diritti ed onorari di
giudizio;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Calabria - Catanzaro - Sez. II - accoglie il
ricorso in epigrafe e, per l'effetto:
a) annulla la nota sindacale impugnata;
b) ordina al Comune di Praia a Mare di
concedere ai ricorrenti, entro trenta giorni dalla
notificazione della presente decisione, l'accesso,
nella forma della mera visione, alle pratiche
amministrative riferite ad ogni singola
autorizzazione delle attività di stabilimento
balneare - stagione estiva 2007.
Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio.
Consigliere comunale Non grava sul
consigliere l’onere di motivare le proprie
richieste di accesso
Consiglio Stato sez. V
Data: 22 febbraio 2007
Numero: n. 929
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE
GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 5429 del 2006, proposto dal signor
Giovanni De Paoli, rappresentato e difeso
dall'avv. Federico Sorrentino e dall'avv.
Daniele Granara, elettivamente domiciliato
74
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
presso il primo in Roma, Lungotevere delle
Navi 30;
contro
il Comune di Varese Ligure, rappresentato e
difeso dall'avv. Luig Cocchi e dall'avv.
Gabriele Pafundi, elettivamente domiciliato
presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare
14;
e nei confronti
del signor Davide Merciari, non costituito in
giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale per la Liguria, 22 maggio 2006 n.
474, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del
Comune appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti
a
sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17 ottobre
2006 il consigliere
Marzio Branca, e uditi gli avvocati Federico
Sorrentino
e
Gabriele
Pafundi.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
FATTO
Il signor Giovanni De Paoli, consigliere
comunale in Varese Ligure, con istanze in data
29 dicembre 2005, 30 gennaio e 28 gennaio
2006, ha chiesto l'accesso a documenti in
possesso del predetto Comune.
Con nota in data 11 febbraio 2006 il Segretario
comunale ha invitato il richiedente a prendere
visione degli atti presso gli uffici ed ha
richiederne copia solo in quanto strettamente
indispensabile.
Il sig. De Paoli ha proposto ricorso al TAR
Liguria per l'annullamento della detta nota e per
l'accertamento del diritto all'accesso a norma
dell'art. 25 e seguenti della legge n. 241 del
1990.
Dopo la notificazione del ricorso il Comune ha
parzialmente accolto le richieste del ricorrente,
e il TAR ha dichiarato il ricorso in parte
improcedibile ed in parte infondato, ritenendo
legittimo che l'accesso ai documenti da parte del
consigliere comunale sia subordinato ad
adempimenti di carattere formale.
Il sig. De Paoli ha proposto appello chiedendo
la riforma delle sentenza e l'accertamento del
diritto all'accesso agli atti non ancora rilasciati.
Il Comune di Varese Ligure si è costituito in
giudizio ed ha depositato memoria per resistere
al gravame
Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2006 la
causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La sentenza viene contestata in primo luogo con
riguardo alla proposizione con la quale si è
ritenuto legittimo il diniego di accesso ai
documenti del Comune, opposto al consigliere
comunale ricorrente, perché le richieste erano
state indirizzate al sindaco anziché al segretario
comunale, come previsto dall'art. 26 del
Regolamento del consiglio comunale.
L'appellante ha dedotto che l'inosservanza di
una norma regolamentare di carattere
meramente organizzatorio non può impedire
l'esercizio del diritto sancito dall'art. 42, comma
3, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, sia perché il
Sindaco è il rappresentante legale dell'Ente, sia
perché le richieste avanzate dal ricorrente sono
comunque pervenute all'organo competente ad
evaderle.
Il motivo è fondato.
In disparte la circostanza, sottolineata
dall'appellante, che, a norma dell'art. 26 del
Regolamento consiliare, le richieste non
debbono essere indirizzate al segretario
comunale, ma vanno presentate "presso la
Segreteria Comunale", la norma in questione
non può aver altro significato che quello di
indicare l'ufficio cui le richieste di accesso
vanno presentate al fine di garantirne la sicura e
sollecita trattazione. La tesi che la richiesta di
accesso ad atti del Comune debba essere
indirizzata al segretario comunale a pena di
inammissibilità sembra andare ben al di là di
ogni più fantasiosa interpretazione.
E va detto, ad onor del vero, che nella nota
impugnata una simile tesi viene neppure
adombrata.
Il secondo ordine di censure concerne le
proposizioni con le quali la sentenza appellata
ha affermato la legittimità della norma del
regolamento che impone al consigliere
comunale di indicare le finalità per le quali
richiede l'accesso agli atti del Comune.
L'appellante ha osservato che il diritto di
accesso non può subire compressioni per
75
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
pretese esigenze di natura burocratica, perché ne
risulterebbe ostacolato l'esercizio del mandato
istituzionale.
La censura è fondata.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto
occasione di affermare, con recenti e puntuali
decisioni (Cons. St. Sez. V, 9 dicembre 2004, n.
7900; 2 settembre 2005 n. 4471), che il diritto
di accesso del consigliere comunale agli atti del
Comune assume un connotato tutto particolare,
in quanto finalizzato "al pieno ed effettivo
svolgimento delle funzioni assegnate al
Consiglio comunale".
Ne consegue che "Sul consigliere comunale,
pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere
di motivare le proprie richieste d'informazione,
né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle
ed conoscerle ancorché l'esercizio del diritto in
questione si diriga verso atti e documenti
relativi a procedimenti ormai conclusi o
risalenti ad epoche remote.
Diversamente opinando, infatti, la struttura
burocratica comunale, da oggetto del controllo
riservato
al
Consiglio,
si
ergerebbe
paradossalmente ad "arbitro" - per di più, senza
alcuna investitura democratica - delle forme di
esercizio della potestà pubbliche proprie
dell'organo deputato all'individuazione ed al
miglior perseguimento dei fini della collettività
civica.
L'esistenza e l'«attualità» dell'interesse che
sostanzia la speciale actio ad exhibendum
devono quindi ritenersi presunte juris et de jure
dalla legge, in ragione della natura politica e dei
fini generali connessi allo svolgimento del
mandato affidato dai cittadini elettori ai
componenti del Consiglio comunale." (sent. n.
4471/05).
Da tale orientamento il Collegio non ha motivo
di discostarsi, e pertanto l'appello merita
accoglimento.
L'accoglimento dell'appello conduce alla
riforma della sentenza impugnata anche con
riguardo alla statuizione sulle spese, le quali, in
ragione della soccombenza del Comune, vanno
poste a carico del medesimo per entrambi i
gradi del giudizio, nella misura indicata in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, accoglie l'appello in epigrafe, e
per l'effetto, in riforma della sentenza appellata,
a norma dell'art. 25 comma 6 della l. n. 241 del
1990 ordina al Segretario del Comune di Varese
Ligure l'esibizione dei documenti richiesti
dall'appellante e il rilascio delle relative copie;
condanna il Comune al pagamento in favore del
consigliere Giovanni De Paoli delle spese di
entrambi i gradi di giudizio, e ne liquida
l'importo in Euro 5.000,00;
ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
GARA: Carenza di interesse all’accesso ad atti
di gara nell’ambito di una indagine sull’impatto
ambientale di un’ opera
T.A.R. Pescara Abruzzo sez. I
Data: 11 aprile 2007 n. 450
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER
L'ABRUZZO
Sezione staccata di Pescara
composto dai magistrati:
- Antonio CATONI presidente
- Michele ELIANTONIO consigliere
- Dino NAZZARO consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nei giudizi proposti con ric. n. 76 del 2007 da
D'INTINO Giovanni,
costituito con gli avv. Corrado DEL PESCHIO
LIBERATORE e Salvatore
MANCUSO, come in ricorso
CONTRO
LA
GESTIONE
TRASPORTI
METROPOLITANI Spa, (G.T.M.) quale
rappresentata, in giudizio con l'avv. Tommaso
MARCHESE, come in atti;
BEATTY BALFOUR RAIL Spa, in quanto
anche soggetto capofila
dell'A.T.I. aggiudicataria della gara d'appalto;
PER L'ESIBIZIONE ED IL RILASCIO, in
virtù del DIRITTO D'ACCESSO
dei documenti richiesti con relativa istanza:
a) capitolato d'appalto, b) bando di gara, c)
determinazione a contrarre, d) verbali di gara,
quali atti della gara d'appalto per la
realizzazione
76
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dell'impianto TPL elettrificato a tecnologia
innovativa tra i
comuni di Pescara e
Montesilvano; in uno all'annullamento del
provvedimento di rigetto del 23.1.2007 prot. n.
437/P.F.;
visto il ricorso, la costituzione con memoria
della GTM, gli atti di giudizio ed i documenti
depositati;
udito alla c.c. del 22 marzo 2007 il consigliere
Dino NAZZARO e gli avv. S. MANCUSO e
T. MARCHESE;
visto le conclusioni rassegnate in atti;
ritenuta la causa per la decisione e considerato,
quanto segue, in
FATTO e DIRITTO
- il ricorrente, abita in Pescara, in prossimità
della cd. Strada - parco (via Castellammare) ed
ha esercitato il diritto d'accesso per gli atti
specificati in epigrafe, intendendo tutelararsi
dall'inquinamento
ambientale
ed
elettromagnetico, nonché dalla possibile
svalorizzazione della sua proprietà posta in
zona;
- la GTM ha concesso l'accesso allo studio di
fattibilità dell'opera, precisando che il progetto
esecutivo, non era ancora elaborato, e negato
l'accesso agli altri atti di gara.
IL diniego è ritenuto illegittimo in relazione agli
artt. 22 e ss. della L. n. 241/1990
(partecipazione), artt. 3 e 5 del D.Lgs. n.
195/19.8.2005 (informazioni ambientali) ed art.
24 cost., nonché per eccesso di potere (difetto di
motivazione).
"Ex adverso" si oppone come gli atti richiesti
non abbiano alcuna diretta attinenza con
l'interesse del ricorrente, che non avrebbe una
posizione differenziata in relazione agli atti di
gara.
- in via preliminare, va osservato come la
richiesta di annullamento dell'atto di diniego
risulta inammissibile in relazione alla tipicità
del giudizio di accesso, teso, previa declaratoria,
ad ottenere un adempimento positivo da parte
della P.A. (cd. democrazia amministrativa); il
gravame va, pertanto, circoscritto nei limiti di
legge (artt. 22 ss. L. n. 241/90 nel testo vigente).
Nella fattispecie viene esercitato il diritto
all'informazione ambientale (art. 2 L. n.
195/2005) che investe qualsiasi informazione
circa lo stato dell'ambiente (aria, suolo,
territorio, siti naturali ecc.), nonché i fattori
(sostanze, energia, rumore, radiazioni, emissioni
ecc.) che possono incidere sull'ambiente. Nel
caso in esame, quindi, quel che è essenziale è lo
studio di fattibilità dell'opera, per il quale
l'accesso è stato consentito, ed il progetto
esecutivo, non ancora elaborato; gli altri atti
(capitolato di gara, il bando e verbali) attengono
al momento procedimentale - contrattuale di
aggiudicazione dell'appalto, che non possono
essere ricompresi nell'ambito dell'informazione
ambientale.
Il ricorrente, inoltre, in quanto soggetto
completamente estraneo alla gara pubblica, non
ha alcun interesse diretto, concreto ed attuale
nei confronti della stessa (art. 22 L. 241/1990);
in effetti, l'accesso al piano dell'opera, quale
progettata ed esecutiva, soddisfa in pieno il
diritto di conoscenza del ricorrente, cittadino
residente in zona, in merito all'intervento
previsto (trasporto urbano innovativo) sulla
strada - parco e consente la valutazione della
sua incidenza sulla salubrità ambientale e
personale, oltre che in merito alla tutela dei suoi
diritti patrimoniali, nel pieno rispetto dell'art. 24
della costituzione.
In base a quanto esposto, il provvedimento di
diniego,
per
gli
atti
specificati,
è
sufficientemente motivato, ponendo una
distinzione tra il valore dei vari atti richiesti, al
di là di ogni aspetto infraprocedimentale.
Il ricorso va respinto e le spese seguono la
soccombenza, come per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo per l'Abruzzo,
sezione staccata di Pescara,
- respinge il ricorso in epigrafe;
- condanna D'Intino Giovanni al pagamento, in
favore della convenuta costituita G.T.M., delle
spese di causa (onorari di avvocato, diritti di
procuratori e spese vive) che si liquidano in
complessivi 2000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio
del 22 marzo 2007.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 11 APR.
2007.
Accesso agli atti non coperti da segreto
industriale
77
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
T.A.R. Bari Puglia sez. I
Data: 06 giugno 2007
Numero: n. 1473
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE PER LA PUGLIA
Sede di Bari - Sezione Prima
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 319 del 2007, proposto dal
"Consorzio italiano cooperative lavoratori
ausiliari del traffico soc. coop. (Ciclat)", con
sede in Bologna, via della Villa, 17-19, in
persona del legale rappresentante in carica, in
proprio e quale capogruppo mandatario della
costituita associazione temporanea d'imprese
con mandanti "Consorzio nazionale servizi soc.
coop. (Cns)", "Manital a.c.p.a.", "Consorzio
Miles", rappresentato e difeso dagli avvocati
Lorenzo Marco Agnoli e Riccardo Maria
Riccardi, con domicilio eletto presso lo studio
di quest'ultimo, in Bari, piazza Umberto I, n. 32;
contro
l'Ufficio scolastico regionale per la Puglia,
in persona
del Direttore in carica, ed il
Ministero della Pubblica Istruzione, in
persona
del
Ministro
in
carica,
rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Bari, presso i cui uffici, in Bari, via Melo, n.
97, domiciliano ex lege;
e nei confronti di
- "Dussmann Service s.r.l." (già "Pedus Service
s.rl. P. Dussmann s.r.l."), con sede in Trento,
frazione Ravina, via Stella n. 11, in persona
del legale rappresentante in carica, in proprio
e nella qualità di capogruppo mandataria
dell'a.t.i. con "Miorelli Service
s.p.a." , non costituita in giudizio; - "Miorelli
Service s.p.a", con sede in Mori (Tn), via
Giacomo Matteotti, n. 21, in persona del legale
rappresentante in carica, inproprio e nella
qualità di mandante dell'a.t.i. con "Dussmann
Service s.r.l.", non costituita in giudizio;
per l'accesso
ai sensi dell'art. 25, comma 5°, della legge
7.8.1990 n. 241, nella forma del rilascio o
deposito di copia
di
tutta
la
documentazioneinerente l'offerta economica
dell'a.t.i. "Dussmann Service s.r.l. "Miorelli Service s.p.a.".
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte delle parti
a
sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del 4 aprile
2007, il consigliere
Concetta Anastasi e uditi gli avvocati presenti,
come da verbale di
udienza;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato in data 5 marzo 2007 e
depositato in data 15 marzo 2007, l'impresa
ricorrente premetteva di aver partecipato alla
gara, indetta con bando pubblicato sulla
G.U.C.E. dell'11.5.2006 dall'Amministrazione
scolastica intimata, per l'affidamento del
servizio di pulizia e di altre attività ausiliarie
presso gli istituti scolastici della Regione
Puglia, finalizzata alla stipula di un accordoquadro (o "contratto normativo"), costituente il
presupposto per la conclusione di singoli
accordi con gli istituti scolastici (o "contratti
attuativi"), per una durata triennale e per un
valore stimato di . 59.206.725, oltre I.V.A.,
secondo il criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, ai sensi dell'art. 23 del Decreto
Legislativo 17.3.1995 n. 157 e del D.P.C.M.
13.3.1999 n. 117, mediante l'attribuzione di
punteggi ripartiti per l'offerta economica e per
l'offerta tecnica.
Precisava, che, all'esito della procedura,
rimanevano validamente in gara soltanto l'a.t.i.
ricorrente e l'a.t.i. controinteressata, la quale
presentava un'offerta economica caratterizzata
da forti ribassi, tanto da essere assoggettata, con
il verbale n. 30 del 21.12.2006, al
subprocedimento di verifica dell'anomalia,
nell'ambito del quale, l'a.t.i. controinteressata,
con nota del 27.1.2006, rendeva le proprie
giustificazioni, che venivano, infine, ritenute
condivisibili dalla commissione di gara, nella
seduta del 29.12.2006 (verbale n. 32), nella
quale veniva collocata al primo posto della
graduatoria.
Parte ricorrente esponeva che, con nota del
28.12.2006, aveva rilevato l'incongruità dei
78
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
calcoli relativi all'offerta economica della
controinteressata, contestualmente presentando
istanza intesa ad ottenere l'accesso a tutta la
documentazione presentata dalla ricorrente per
la partecipazione alla gara.
Lamentava che, poiché, successivamente, la
commissione di gara, con verbale del giorno
11.1.2007, riconfermava l'aggiudicazione in
favore della controinteressata, si vedeva
costretta a proporre l'odierno ricorso, deducendo
una serie di censure avverso gli atti di gara, con
cui chiedeva l'annullamento dell'aggiudicazione
nonché il risarcimento dei danni.
Con il presente ricorso, chiedeva altresì il
previo
riconoscimento
dell'obbligo
dell'Amministrazione di consentire l'accesso a
tutti gli atti presentati dall'a.t.i. aggiudicataria ai
fini della partecipazione alla gara, non essendo
stata integralmente esitata la propria istanza di
accesso del 28.12.2006.
Precisava,
in
particolare,
che
l'Amministrazione,
dopo
aver
dato
comunicazione alla controinteressata con nota
prot. 76 dell'8.1.2007 della pendenza
dell'istanza di accesso ed avendone altresì
acquisito il riscontro con nota del 22.1.2007,
rispondeva che "potrà prendere visione della
documentazione di interesse nei limiti
specificati dalla ditta Pedus (oggi Dussmann)
nella lettera del 22.1.2007", così, ad avviso
dell'esponente, realizzando un inammissibile
rinvio "per relationem" agli atti di un privato,
inteso altresì ad impedire un'effettiva e piena
conoscenza della documentazione.
Con atto formale depositato in data 29.3.2007,
si costituiva la difesa erariale per
l'Amministrazione intimata e contestualmente
depositava copia dei seguenti atti:
1) bando e disciplinare di gara;
2) copia dell'offerta economica e relazione
tecnica di pagg. 99 e allegati;
3) offerta economica della "Ciclat";
4) offerta economica del "Consorzio Ageco";
5) verbali della commissione di gara dal n. 1 al
n. 32, quest'ultimo inerente l'aggiudicazione
provvisoria;
6) richieste di chiarimenti di tutte le ditte
partecipanti alla gara e relative risposte;
7) comunicazione di aggiudicazione provvisoria
alla controinteressata nonché comunicazione di
esclusione dalla gara al "Consorzio AGECO";
8) istanza di accesso del "Consorzio CICLAT"
del 4.1.2007;
9) comunicazione alla controinteressata di cui
alla nota prot. 76 dell'8.1.2007 e riscontro della
medesima di cui alla nota prot. 76 del
22.1.2007;
10) comunicazione dell'Amministrazione al
"Consorzio CICLAT" del 22.1.2007;
11) dichiarazioni di avvenuto accesso, da parte
del "Consorzio CICLAT", rispettivamente, del
24.1.2007 e del 2.2.2007.
All'odierna camera di consiglio, la difesa di
parte ricorrente dichiarava che, nella specie,
permaneva ancora l'interesse alla decisione
sull'istanza di accesso ai documenti, non avendo
l'Amministrazione prodotto le dichiarazioni,
rese
dall'aggiudicataria
ai
fini
della
partecipazione alla gara, in ordine al possesso
dei requisiti.
Alla camera di consiglio del 4.4.2007, il ricorso
passava in decisione quanto alla domanda
suddetta.
DIRITTO
Il Collegio è chiamato a pronunciarsi
sull'istanza di accesso informativo, avanzata in
seno al ricorso in epigrafe dalla società istante,
non
utilmente
graduata
ai
fini
dell'aggiudicazione nella gara di evidenza
pubblica di cui si impugnano gli atti.
Dopo una parziale soddisfazione da parte
dell'Amministrazione resistente, il residuo
interesse della
ricorrente
riguarda
le
dichiarazioni rese dell'aggiudicataria ai fini
della partecipazione alla gara in relazione al
possesso dei requisiti previsti dal bando.
Dette dichiarazioni costituiscono atti certamente
rilevanti ai fini dell'esercizio del diritto di difesa
della parte ricorrente, senza che il generico
diritto alla riservatezza dei terzi possa costituire
un ostacolo invalicabile all'esercizio del suo
diritto di accesso ai documenti amministrativi
(Cons. Stato: Ad. Plen. n. 5 del 4 febbraio 1997;
IV Sez. 24 marzo 1998, n. 498; V Sez. 22
giugno 1998, n. 923).
Ritiene, infatti, il Collegio, al riguardo, che
siffatta situazione giuridica ostativa all'accesso,
la quale dovrebbe essere a valenza specifica e
normativamente qualificata alla protezione di
particolari beni della vita tutelati da altre norme
(che, nella specie, potrebbero essere il segreto
industriale o la scoperta scientifica), non appare
79
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
rinvenibile in capo alla società aggiudicataria
dell'appalto in questione.
Ed infatti, l'art. 5, comma 1, lett. b), del D.M. 29
ottobre 1996, n. 603, nel dare attuazione al
disposto dell'art. 8, comma 5, del D.P.R. 27
giugno 1992, n. 352, contenente il regolamento
di esecuzione della legge n. 241/90, individua,
fra le diverse categorie dei documenti da
considerarsi inaccessibili per motivi di
riservatezza, ma soggetti a visione se necessario
per la cura e la tutela di interessi giuridici, quelli
contenenti progetti tecnici o studi presentati da
concorrenti nelle procedure di acquisizione di
beni e servizi (lettera b).
Invero, la partecipazione ad una gara comporta
anche che la documentazione presentata
fuoriesca dalla sfera di dominio riservato
dell'impresa per porsi sul piano della
valutazione comparativa rispetto alle offerte
presentate da altri concorrenti, con la
conseguenza che la società non aggiudicataria
ha interesse ad ottenere l'accesso a quegli atti
necessari alle finalità di controllo dei requisiti
soggettivi ed oggettivi contemplati nel bando di
gara.
Pertanto, nella specie non sussistono ostacoli
concreti all'accesso alle chieste dichiarazioni
mediante estrazione di copia, non trattandosi di
atti attinenti al segreto industriale, alla scoperta
scientifica od al "know how" aziendale,
considerato altresì che già sono stati resi
ostensibili mediante estrazione di copia anche
atti attinenti a "dati sensibili" (vedasi
dichiarazione carichi pendenti).
Alla luce delle suesposte considerazioni,
l'istanza va accolta nei limiti di cui sopra e, per
l'effetto, va posto l'obbligo, in capo
all'Amministrazione intimata, di consentire alla
parte ricorrente l'estrazione di copia delle
dichiarazioni relative al possesso dei requisiti
soggettivi ed oggettivi, rese dall'aggiudicataria
ai fini della partecipazione alla gara .
Le spese sono riservate al definitivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Puglia, Bari, Sezione Prima, accoglie nei limiti
di cui in motivazione la domanda di accesso
avanzata dalla ricorrente e, per l'effetto, pone
l'obbligo, in capo all'Amministrazione, di
consentire l'estrazione di copia delle
dichiarazioni inerenti il possesso dei requisiti
soggettivi ed oggettivi, rese dall'aggiudicataria
ai fini della partecipazione alla gara.
Spese riservate al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio
del 4 aprile 2007, con l'intervento dei Signori:
Corrado Allegretta - Presidente
Concetta Anastasi - Componente, Est.
Raffaele Greco - Componente
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 GIU.
2007.
Diniego dell’ accesso agli atti riguardanti
procedimenti pendenti.
N.6312/2007 Consiglio di Stato
IN
REPUBBLICA ITALIANA
NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Cangiano
Vincenzo e Cangiano Stefano, rappresentati e
difesi dagli avvocati Raffaele Mirigliani e
Ferdinando
Iazzetta,
ed
elettivamente
domiciliati in Roma presso lo studio del primo,
via Frezza n. 59,
contro
il Ministero dell'Interno, la Prefettura di
Napoli - Ufficio Territoriale del Governo, il
Ministero della Difesa e il Comando
Provinciale dei Carabinieri di Napoli, non
costituiti,
per l'annullamento
della sentenza n. 9841 del 2006 del
Tribunale
Amministrativo Regionale per la
Campania, sez. V, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2007,
relatore il Consigliere Giuseppe Romeo,
nessuno è comparso.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
80
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
1. Con la sentenza impugnata, il TAR Napoli ha
respinto il ricorso degli istanti per la
declaratoria del "diritto all'accesso, ai sensi
dell'art. 25 della legge n. 241/1990 e dell'art. 4
del d. P.R. 27.6.1992, n. 382, della
documentazione richiesta con formale istanza di
accesso agli atti (con contestuale invito ad
adempiere anche ai sensi dell'art. 16 della legge
n. 86 del 26.4.1990, che ha novellato l'art. 328
del Codice penale, esponendo quantomeno le
ragioni del ritardo nel termine di legge dei 30
gg.), presentata in relazione al procedimento
amministrativo conseguente alla richiesta di
risarcimento danni avanzata con nota del
5.12.2005, nonché per l'annullamento del
silenzio rifiuto sulla domanda di accesso e la
condanna degli enti intimati alla esibizione e al
rilascio dei documenti richiesti.
Il primo giudice, dopo avere richiamato
l'esposizione "in fatto" del ricorso dell'istante, lo
ha giudicato infondato, in quanto la domanda
degli interessati non è rivolta alla visione e
all'estrazione di copia di atti già formati, ma a
"conseguire inammissibilmente il rilascio di
informazioni sullo stato di un presunto
procedimento che l'amministrazione avrebbe
dovuto iniziare a seguito della (loro) domanda
risarcitoria".
2. Appellano gli originari ricorrenti, chiedendo
la riforma della sentenza impugnata, dal
momento che la loro domanda non sarebbe né
generica né indeterminata", ma riferita ad una
"specifica pratica".
3. Il ricorso, erroneamente inserito nel ruolo di
udienza del 16 ottobre 2007, è stato trattenuto in
decisione, dopo che, alla Camera di Consiglio
del 5 giugno 2007, è stata respinta la domanda
cautelare di sospensione della sentenza
impugnata, per mancanza dei presupposti.
4.- L'appello è infondato, giacché la domanda
degli istanti, sebbene riferita ad una precisa
"pratica" (relativa alla domanda di risarcimento
danni a suo tempo avanzata), non specifica
quali atti l'Amministrazione avrebbe compiuto e
non reso ostensibili. La "pendenza del
procedimento amministrativo", attivato con la
richiesta di danni, non è sufficiente a
giustificare la richiesta di accesso per la visione
e la estrazione di atti che, allo stato, gli istanti
omettono di indicare. Piuttosto bisogna
convenire con il primo giudice sul fatto che gli
interessati abbiano interesse più che alla visione
di atti (non espressamente indicati, e di cui si
ignora se siano stati perfezionati), alla sollecita
definizione della loro domanda di risarcimento
danni (si lamenta, infatti, la mancata definizione
in termini del procedimento attivato), rispetto
alla quale l'istanza di accesso è del tutto
inconferente.
L'appello va, pertanto, respinto.
Nulla per le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, respinge l'appello in epigrafe.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2007 dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con
l'intervento dei Signori:
Gaetano Trotta Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Giuseppe Romeo Consigliere est.
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 07 DIC.
2007.
Sospensione feriale Anche all’accesso agli atti
si applicano le norme sulla sospensione feriale
T.A.R. Milano Lombardia sez. IV
20 novembre 2007
N. 6380
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE
PER
LA
LOMBARDIA
MILANO
SEZIONE IV
nelle persone dei Signori:
MAURIZIO NICOLOSI Presidente
GIANLUCA BELLUCCI Primo Ref.
GIOVANNI ZUCCHINI Ref., relatore
ha pronunciato la seguente
81
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
SENTENZA
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
nella Camera di Consiglio del 06 Novembre
2007
Visto il ricorso ex art. 25 legge 241/1990 RG
2107/2007 proposto da:
ACS DOBFAR SPA
rappresentato e difeso da:
PRATI LUCA
con domicilio eletto in MILANO
PIAZZA BERTARELLI,1
presso
PRATI LUCA
contro
IDRA SRL
rappresentata e difesa da:
FAVALLI GIACINTO
DI GIOIA ANGELO
con domicilio eletto in MILANO
VIA SAN BARNABA32
presso
DI GIOIA ANGELO
e nei confronti di
COMUNE DI VIMERCATE
non costituito in giudizio per l'annullamento,
avverso il diniego all'accesso di cui alla
comunicazione di Idra SRL del 27 agosto 2007
prot. N. 5251.
Visti gli atti e i documenti depositati con il
ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
IDRA SRL
Udito il relatore Ref. GIOVANNI ZUCCHINI e
uditi i difensori presenti
delle parti come da verbale;
FATTO
La società esponente (d'ora innanzi denominata
anche
"ACS"),
operante
nel
settore
farmaceutico, effettua i propri scarichi nella
fognatura comunale di Vimercate. Il depuratore
relativo a quest'ultima è gestito da Idra Srl,
società a totale partecipazione pubblica
(Comuni e Provincia di Milano).
Di fronte ad una serie di contestazioni mosse
nei confronti di ACS, oggetto anche di
un'ordinanza comunale di chiusura dello scarico
recapitante in pubblica fognatura, in quanto le
immissioni in quest'ultima da parte della società
avrebbero determinato addirittura il blocco
dell'impianto di depurazione, la ricorrente
presentava istanza di accesso agli atti ad Idra
Srl, ai sensi della legge 241/1990 e del d.lgs.
195/2005
(sull'accesso
del
pubblico
all'informazione in materia ambientale).
Oggetto di tale istanza erano una serie di
numerose informazioni attinenti essenzialmente
alla gestione dell'impianto di depurazione ed
agli scarichi di altri utenti domestici ed
industriali convogliati a loro volta nel
medesimo impianto.
Con provvedimento del 27.8.2007, Idra
accoglieva solo in parte la richiesta di accesso,
ritenendola per la restante parte inammissibile.
Contro tale provvedimento era proposto il
presente gravame, lamentando la violazione sia
del d.lgs. 195/2005 sia della legge 241/1990.
Si costituiva in giudizio Idra Srl, chiedendo che
il
gravame
fosse
dichiarato
tardivo,
inammissibile e comunque infondato.
All'udienza camerale del 6.11.2007, la causa era
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente deve respingersi l'eccezione
di tardività del ricorso, posto che, anche nello
speciale rito di cui all'art. 25 della legge
241/1990 (applicabile anche in materia di
accesso alle informazioni ambientali in virtù
dell'espresso richiamo di cui all'art. 7 del d.lgs.
195/2005), risulta trovare applicazione la legge
742/1969 sulla sospensione dei termini
processuali nel periodo feriale, avendo il
termine di proposizione del ricorso senza
dubbio natura processuale, mentre, per quanto
riguarda il processo amministrativo, la
sospensione feriale non trova applicazione solo
nel procedimento di sospensione dell'esecuzione
dell'atto impugnato (cfr. art. 5 legge 742/1969;
sul rapporto fra legge 742/1969 ed il giudizio di
cui all'art. 25 legge 241/1990, nel senso indicato
dal Collegio, si veda Consiglio di Stato, sez. V,
27.9.2004, n. 6326).
2. Nel merito, il ricorso deve essere in parte
respinto, per quanto riguarda quelle richieste,
contenute nell'istanza dell'esponente del
2.7.2007, alle quali Idra ha dato positivo
riscontro nella nota impugnata del 27.8.2007,
invitando la ricorrente o ad accedere presso i
propri uffici di Via Trieste a Vimercate, ovvero
segnalando specificamente il sito internet, con
la relativa pagina, nel quale poter accedere alle
informazioni (si ricordi che, a norma dell'art. 3,
comma 4°, del d.lgs. 195/2005, l'informazione
ambientale può essere messa a disposizione in
82
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
varie forme, purché tutte facilmente accessibili
per il richiedente).
Al contrario, il ricorso è inammissibile con
riguardo alla specifica informazione circa lavori
di manutenzione commissionati non da Idra Srl,
ma dalla propria controllante (e socio unico),
Idra Patrimonio SpA, che è in ogni caso
soggetto giuridico distinto da Idra e non
ritualmente evocato nel presente giudizio, in
violazione
dell'obbligo,
pacifico
in
giurisprudenza (v.si Consiglio di Stato,
Adunanza Plenaria, n. 16/1999), che impone la
rituale notificazione del ricorso ex art. 25 legge
241/1990 anche ai controinteressati, a pena di
inammissibilità, tenuto conto che Idra
Patrimonio, proprio in quanto soggetto
giuridicamente distinto dalla resistente Idra,
deve reputarsi, nella presente fattispecie, quale
controinteressato.
Di conseguenza, la declaratoria di rigetto ed
inammissibilità riguarda le richieste di
informazioni contraddistinte nell'atto impugnato
del 27.8.2007 ai seguenti alinea (-): primo,
quinto, settimo, nono, decimo (in parte),
dodicesimo.
3. Per la restante parte, il ricorso merita
accoglimento, giacché il diniego opposto risulta
innanzi tutto in contrasto con le speciali
previsioni di cui al d.lgs. 195/2005, di
attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso
alle informazioni in materia ambientale.
Come noto, tale decreto, che ricalca il pregresso
d.lgs. 39/1997, oggi abrogato, realizza una
forma di pubblicità delle informazioni
ambientali più ampio della generale disciplina
della legge 241/1990 sull'accesso ai documenti
amministrativi: in particolare, in deroga a
quest'ultima legge, la normativa comunitaria
consente l'accesso all'informazione a chiunque
ne faccia richiesta, senza necessità di dichiarare
il proprio interesse (art. 3, comma 1°, d.lgs.
195/2005), senza contare che il concetto stesso
di
<<informazione
ambientale>>
deve
intendersi in senso lato, non limitato cioè
soltanto agli specifici documenti amministrativi
già formati, con conseguente necessità, per
l'Amministrazione, di una eventuale attività di
elaborazione di notizie in proprio possesso
(Consiglio di Stato, sez. IV, 7.9.2004, n. 5795).
Si aggiunga ancora che, nel caso di specie,
l'esponente ha in ogni caso evidenziato il
proprio interesse all'accesso, attesa la necessità
di approntare al meglio le proprie difese a fronte
delle contestazioni della violazione alla
disciplina degli scarichi, mosse nei suoi
riguardi.
Di conseguenza, le richieste non posso neppure
essere definite generiche, come vorrebbe Idra
Srl, posto che l'esponente ha sufficientemente
indicato i limiti e l'ambito delle informazioni
ambientali alle quali intende accedere (del resto,
il d.lgs. 195/2005, consente, all'art. 5 comma 1°
lett. c, di negare le informazioni solo in caso di
eccessiva genericità della richiesta, senza
contare che, a norma dell'art. 3, comma 3° dello
stesso decreto, anche in caso di eccessiva
genericità, l'Autorità pubblica può chiedere
all'istante di specificare i dati richiesti).
La società Idra Srl dovrà pertanto, esibire o in
ogni caso rendere disponibili in forma
facilmente accessibile alla ricorrente le
informazioni
di
cui
alle
richieste
contraddistinte,
nell'atto
impugnato
del
27.8.2007, ai seguenti alinea (-): secondo, terzo,
quarto, sesto, ottavo, decimo (in parte) ed
undicesimo.
4. La reciproca soccombenza induce il
Tribunale a disporre l'integrale compensazione
fra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia,
sez.
IV,
definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta
in parte ed in parte lo dichiara inammissibile,
nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, lo
accoglie per la restante parte, nei sensi e nei
limiti di cui in motivazione e per l'effetto ordina
l'esibizione delle informazioni di cui in
motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in MILANO, nella camera di
consiglio del 6 Novembre 2007.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 NOV.
2007.
Sono sottoposte alle norme sul diritto di accesso
le informazioni inserite nei terminali informatici
delle banche dati delle P.A. da un determinato
soggetto appartenente all’amministrazione,
individuabile tramite registrazine con Password.
L’atto stesso dell’inserimento nel sistema e
83
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
della digitazione della dicitura costituisce
provvedimento amministrativo
C.G.A.R n 927 / 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Sicilia-na in sede giurisdizionale ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 168/07 proposto da
GIOVANNA CARLA AVARO,
in proprio e nella qualità di esercente la potestà
genitoriale nei con-fronti del minore Marco
Vasta, rappresentata e difesa dagli avvocati
Alessandro Carruba e Giuseppe Ippolito, ed
elettivamente domiciliata in Palermo, via Noto
n. 12, presso lo studio dell’avvocato Gaetano
Armao;
contro
Il
MINISTERO
DEGLI
INTERNI
QUESTURA DI CATANIA, in persona del
Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso ex
lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di
Palermo, nei cui uffici in Palermo, via A. de
Gasperi, n. 81, è domiciliato ope legis;
e nei confronti
di VASTA SERGIO, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia –
sezione staccata di Catania (sez. II) - n. 2540/06
del 22 novembre – 27 dicembre 2006.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell’Avvocatura
dello
Stato
per
l’Amministrazione appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Claudio Zucchelli;
Uditi alla camera di consiglio del 22 febbraio
2007 l’avvocato C. Giunta, su delega
dell’avvocato G. Ippolito, per l’appellante e
l’avvocato dello Stato Di Maggio per
l’Amministrazione appellata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTO
La signora Giovanna Carla Avaro, venuta a
conoscenza che il passaporto del figlio minore
Marco era stato oggetto di “blocco” risul-tante
dai terminali della Questura, in data 24 giugno
2006 inoltrava al-la questura di Catania istanza
di revoca dello stesso blocco e di acces-so alla
documentazione
amministrativa.
Ed
in
particolare copia del provvedimento con cui era
stato disposto il blocco del passaporto e di tutti
gli atti e documenti relativi. In data 26 luglio
2007 diffidava l’amministrazione ad adempiere
alla richiesta di accesso.
Perdurando l’inadempimento, adiva il TAR di
Catania
lamen-tando
l’illegittimità
dell’inadempimento e della emanazione di un
provvedimento
interdittivo
alla
libera
circolazione di un cittadino.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione
resistendo.
Con la sentenza di cui in epigrafe il TAR
respingeva il ricorso, osservando:
1.
Gli articoli 23 e seguenti della legge n.
241 del 1990 si riferisco-no solo ad atti e
documenti formati dalla P.A.
2.
Non sussiste un interesse diretto
concreto ed attuale rispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata;
3.
Con il deposito della nota della Questura
di Catania Cat. 1/06/Gab del 20 novembre 2006
la ricorrente è in grado di acquisire le notizie
richieste con la domanda di accesso.
Avverso la detta sentenza promuove appello
l’appellante in epi-grafe lamentando:
1.
L’inserimento di un blocco informatico
sul passaporto deve essere consequenziale ad un
provvedimento restrittivo alla libera circolazione, che quindi deve essere portato a conoscenza
dell'interessato.
2.
Dalla risposta della Questura si rileva
l’esistenza di un’istanza di revoca dell’assenso
all’espatrio presentata dal padre del minore.
Per-tanto l’accesso è altresì diretto a chiarire i
termini documentali di que-sta vicenda.
3.
La nota della Questura versata in atti è
successiva alla istanza di accesso, e comunque
non riporta il contenuto della opposizione
all’espatrio.
DIRITTO
La sentenza impugnata, in particolare nella
prima parte della motivazione, assume un
significato di atto o documento non condivisibile.
Per comprendere meglio i termini della
questione occorre ri-cordare che attraverso i
sistemi informatici la Pubblica Amministra-
84
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
zione è autorizzata a gestire, come, in effetti,
gestisce, una moltitudine di posizioni giuridiche
virtualmente rappresentate dalle informazioni
immagazzinate in supporti magnetici. Talvolta
il mezzo informatico è chiamato a compiere
operazioni autonome, che producono un
risultato originale rispetto ai dati utilizzati,
incrociando, confrontando, elabo-rando dati di
provenienze diverse; talvolta, ed è il caso che
qui interes-sa, esso serve a semplificare e
velocizzare la gestione di dati ed infor-mazioni:
Concettualmente si tratta di operazioni
identiche a quelle concernenti i dati, riguardanti
i cittadini, trattati e conservati cartace-amente
tramite registri, elenchi o così dette “pratiche”
costituite, ap-punto, da una raccolta di
documenti scritti.
Le risposte alle interrogazioni fornite dai
terminali, che mate-rialmente appaiono sul
video, corrispondono, sotto un profilo concettuale, alle pagine dei registri cartacei e dei fogli
un tempo utilizzati e conservati dentro le
“cartelle” o i “faldoni”. Così come il documento
cartaceo è il risultato di un atto di conoscenza o
volontà del funziona-rio o impiegato che
materialmente lo ha formato e lo ha inserito
nella “pratica”, così le informazioni lette sul
video sono il risultato di un’operazione di
immissione di esse, paragonabile alla
scritturazione sul registro o alla compilazione di
un documento, a monte del quale, tuttavia, è
sempre un atto di conoscenza o volontà di un
funzionario o impiegato pubblici.
Ne consegue l’esistenza di procedure assai
rigorose attraverso le quali solo soggetti abilitati
possono inserire o variare i dati che compaiono
sui video, allo stesso modo in cui solo il
pubblico funzio-nario autorizzato poteva variare
i registri cartacei o inserire nelle “pra-tiche” atti
scritti apponendo la sua firma per indicare
l'agente dotato di potere amministrativo ed
assumerne la responsabilità. La circostanza,
meramente estrinseca, che l’apprensione
conoscitiva del dato non pos-sa avvenire
mediante l’uso dei sensi ordinari (la vista in
primo luogo), ma solo attraverso l’utilizzazione
di uno strumento particolare (l’ela-boratore)
non muta la sostanza del dato e delle
operazioni.
Il sistema informatico utilizza, anch’esso, come
noto, una sorta di firma, costituita dalle così
dette “registrazioni di log” che indivi-duano il
soggetto che si è inserito nel sistema, il giorno,
l'ora ed il con-tenuto della nuova registrazione,
attribuita, tramite la password, ad un
determinato funzionario.
Tali registrazioni e tali risultanze sono
documenti ed atti nel senso indicato dagli
articoli 23 e seguenti della legge n. 241 del 190.
A questa univoca conclusione si perviene in
relazione all’arti-colo 22, comma 1 lettera d)
della legge citata, il quale intende per:
“«documento
amministrativo»,
ogni
rappresentazione grafica, fotoci-nematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del
con-tenuto di atti, anche interni o non relativi ad
uno specifico procedi-mento, detenuti da una
pubblica amministrazione e concernenti attivi-tà
di pubblico interesse.”
Si consideri inoltre l'articolo 1, comma 1, lettera
p) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82
(Codice dell’Amministrazione digita-le), il
quale considera documento informatico la
rappresentazione in-formatica di atti, fatti o dati
giuridicamente rilevanti.
Non vi è quindi il minimo dubbio che il così
detto “blocco” che, alla interrogazione al
terminale, è apparso in corrispondenza del
passaporto del minore Marco, costituisse in sé
un provvedimento am-ministrativo adottato
sotto forma elettronica da parte di un soggetto
appartenente alla Amministrazione il quale si è
inserito, utilizzando la sua password, nel
sistema ed ha materialmente digitato
l’iscrizione dalla quale sono scaturiti, per
l’appunto,
conseguenze
“giuridicamente
rilevanti”.
E’ del tutto irrilevante che, a monte di esso, sia
esistito o meno un documento in forma scritta
che autorizzava il funzionario o l’addetto
informatico a tale operazione. Anche in
mancanza, l’atto stesso dell’inserimento nel
sistema e della digitazione della dicitura
costituisce provvedimento amministrativo, e la
presenza delle “regi-strazioni di log” è in grado
di attribuire la paternità dello stesso al funzionario che lo ha compiuto. In maniera non
dissimile, l’inserimento di un atto o di
un’annotazione scritta nella “pratica” determina
conse-guenze giuridiche e problema diverso è
appurare, in caso di necessità, se tale atto o tale
annotazione sono stati introdotti da un soggetto
che ne aveva il potere, identificandolo, allo
85
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
scopo, tramite una firma o una sigla sul
materiale foglio di carta, o supporto cartaceo.
La richiesta di accesso qui all’esame, quindi,
non solo è am-missibile e fondata, ma
particolarmente opportuna nei casi di specie, nei
quali la volatilità apparente delle registrazioni
informatiche, e so-prattutto la loro non
apprensione ai sensi comuni della vista e del
tatto, può aprire ampi spazi di illegittimità ed
arbitrio.
Che questa sia l’unica conclusione possibile,
alla luce dei prin-cipi del diritto conciliati con
l’evoluzione delle tecnologie, è dimostra-to
dalla stessa vicenda qui all’esame.
In effetti, il minore Marco Vasta ha subito una
compressione del suo diritto costituzionale alla
mobilità, sancito dall’articolo 16 se-condo
comma della Costituzione, per motivi ignoti e
che nessuna Amministrazione ha voluto
chiarire.
Lasciare tali situazioni prive di una tutela anche
sotto il profilo dell’accesso significherebbe, di
fatto, tornare ai tempi antecedenti la legge n.
241 del 1990, quando documenti, atti e registri
della P.A. era-no sostanzialmente oggetto di
segreto, con la maggiore aggravante del fatto
che, all’epoca, almeno la traccia documentale
non poteva non sussistere, salvi i casi di
distruzione dell’atto pubblico, e comunque era
apprensibile ad un qualsiasi essere umano che
ne venisse in pos-sesso. Viceversa, nel caso
delle registrazioni informatiche la loro apprensione è possibile solo attraverso il mezzo
tecnico e mediante un’operazione specifica di
apertura del “file” e di sua lettura, mentre
l’eliminazione è alla portata di qualunque
operatore autorizzato all’accesso al sistema in
maniera sostanzialmente anonima, salve le ripetute “registrazioni di log” che richiedono
però, per la loro lettura, un intervento
specializzato della stessa P.A.. Ma è appunto
anche a tali dati che si estende il diritto di
accesso, poiché il cittadino ha diritto a
conoscere quale sia il funzionario che ha
apposto una determinata di-citura sul suo
profilo informatico, le ragioni e le norme di
legge che sono state applicate.
Né si può sostenere, nel caso di specie, che la
nota versata in at-ti dalla Questura sia
sufficiente alla bisogna.
Da essa, infatti, non è possibile conoscere
l’autorità che ha or-dinato il blocco, le
motivazioni, il funzionario responsabile di quel
procedimento, le date esatte degli avvenimenti
etc. Risulta palese che un tale interesse sussiste
in capo alla parte privata, e il Giudice amministrativo è chiamato ad analizzare e verificare
gli eccessi di potere che abbiano comportato
lesione di tale fondamentale interesse.
Spetterà alla Amministrazione verificare se gli
atti ritenuti ille-gittimi implichino anche
responsabilità di pubblici dipendenti.
Non condivisibile, quindi, è l’affermazione
della inesistenza di un interesse concreto e
diretto alla conoscenza di tali “atti virtuali”
della Pubblica Amministrazione. In effetti, le
conseguenze
giuridiche
scaturiscono
esattamente da essi, e non da altro. Nel caso in
esame sa-rebbe bastato che al controllo di
frontiera l’agente della Polizia di Sta-to si fosse
inserito nel sistema per la verifica del
passaporto e, in tal caso, avrebbe rilevato la
dicitura di blocco, impedendo l’espatrio e
quindi violando seduta stante il diritto
costituzionale del minore. So-stenere che tale
“blocco” risultante sul video del terminale sia
un non atto o non abbia idoneità a produrre
effetti giuridici non sembra am-missibile.
In conclusione, il ricorso di primo grado è
fondato e pertanto l’appello deve essere accolto.
L’Amministrazione fornirà alla ricorrente tutte
le informazioni riguardanti la procedura di
blocco del passaporto del minore Marco Vasta,
ivi comprese le “registrazioni di log” che
identificano il sogget-to che materialmente ha
introdotto il blocco nel sistema elettronico, le
copie di tutti i documenti, pubblici e privati, che
in maniera anche in-diretta hanno determinato
un soggetto, non ancora identificato, alla
decisione di inserire tale blocco.
Le spese, seguono la soccombenza e sono
liquidate in disposi-tivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Sicilia-na in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sull’appello in
epigrafe, lo accoglie e per l’effetto accoglie
anche il ricorso di pri-mo grado.
Condanna la parte soccombente al pagamento
delle spese dei due gradi del giudizio che
liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre ad IVA e accessori se dovuti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’autorità am-ministrativa.
86
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di
Giustizia Amministra-tiva per la Regione
Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera
di consiglio del
22 febbraio 2007, con
l’intervento dei signori: Giusep-pe Barbagallo,
Presidente, Pier Giorgio Trovato, Claudio
Zucchelli, estensore, Antonino Corsaro, Filippo
Salvia, componenti.
F.to: Giuseppe Barbagallo, Presidente
F.to: Claudio Zucchelli, Estensore
F.to: Maria Assunta Tistera, Segretario
Depositata in segreteria
il 8 ottobre 2007
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Visto il ricorso 799/2007 proposto da:
PERRONE FRANCESCO
rappresentato e difeso da:
CAPONE LOREDANA
con domicilio eletto in LECCE
E’ illegittima la limitazione dell’accesso ai
documenti alla sola visione, senza estrazione di
copia degli stessi.
VIA V.M. STAMPACCHIA 9
REPUBBLICA ITALIANA
CAPONE LOREDANA
presso
contro
TRIBUNALE
REGIONALE
AMMINISTRATIVO
PER LA PUGLIA
LECCE
SECONDA SEZIONE
Registro Dec.: 3016/07
Registro Generale: 799/2007
nelle persone dei Signori:
GIULIO
Presidente
CASTRIOTA
SCANDERBEG
TOMMASO
CAPITANIO Ref.
SILVANA BINI Ref. ,
relatore
INPS - DIREZIONE PROVINCIALE DI
LECCE
I.N.P.S. - SEDE DI ROMA
per
l'annullamento,
previa
sospensione
dell'esecuzione,
della nota della Direzione Provinciale inps di
Lecce prot. inf. INPS 4100 del 17/5/2007 n.
0043405, spedita il 28/5/2007, nella parte in cui
ha escluso l’estrazione di copia degli atti
richiesti con istanza di accesso ex L. 241/90 del
27/3/2007 limitando lo stesso alla sola visione
degli atti previa, ove occorra, disapplicazione
e/o annullamento del Regolamento INPS per la
disciplina del diritto di accesso a norma della
legge 7 agosto 1990 n.241 approvato con
Determinazione del Commissario Straordinario
n.1951 del 16/2/1994, nella parte in cui all’art.
17, considera riservate, e quindi sottratte al
diritto di accesso anche nella forma della
estrazione di copia, le dichiarazioni dei
lavoratori che costituiscono base per la
redazione di un verbale ispettivo;
Visto il ricorso con i relativia allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella Camera di Consiglio del 12 luglio
2007, il relatore Ref. SILVANA BINI e l’Avv.
Paladini in sostituzione dell’Avv. Capone;
Considerato che:
87
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Il ricorrente, titolare dell’omonima impresa
edile, a fronte della notifica del verbale di
accertamento dell’INPS di Lecce n. 508 del
22.2.2007, contenente la contestazione di
omissioni contributive, ha chiesto con istanza
del 22.3.2007 l’accesso degli atti istruttori
relativi al procedimento di accertamento,
comprese le dichiarazioni rese da parte di alcuni
lavoratori dipendenti.
All’istanza seguiva la notifica dell’atto di
diffida, in data 26.3.2007.
La domanda di accesso veniva rigettata con nota
del 28.3.2007 n. 0028576, a firma del
funzionario responsabile della sede di Lecce,
sull’assunto che “ gli atti richiesti sono sottratti
all’accesso secondo quanto previsto dal
regolamento per la disciplina del diritto di
accesso a norma della L. 241/90 – allegato A –
II punto 12”.
Avverso detto atto il ricorrente ha proposto
l’inscritto ricorso ex art 25 L. 241/90,
articolando i seguenti motivi:
Violazione dei principi generali in materia di
accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22
e ss. L.N. 241/90. Violazione dei principi di
trasparenza
ed
imparzialità
dell’azione
amministrativa. Violazione artt. 24 e 111 Cost.
Eccesso di potere. Illogicità manifesta
dell’azione amministrativa. Violazione dei
principi di partecipazione del procedimento
amministrativo. Omessa ed erronea valutazione
dei presupposti di fatto e di diritto.
Violazione dei principi generali in materia di
accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22
e ss. L.N. 241/90 così come modificati dalla
L.N. 15/05. Violazione art.7 D.P.R. n. 184/06.
Falsa ed erronea applicazione Reg. Inps
approvato con determinazione n.1951 del
16/2/1994. Difetto di motivazione. Violazione
art. 9 D.P.R. 184/06.
Eccesso di potere. Manifesta illogicità e
contraddittorietà dell’azione amministrativa.
Sviamento.
Con successiva nota del 17.5.2007, l’INPS
precisava poi che, a seguito di chiarimenti
forniti dalla Direzione Generale, la richiesta può
essere accolta, “anche se limitatamente alla sola
visione degli atti”.
Quest’ultima comunicazione veniva gravata con
motivi aggiunti, notificati in data 15.6.2007.
Ritenuto che
il ricorso sia fondato e meriti accolgimento per
le seguenti ragioni.
Il ricorrente ha un interesse attuale e qualificato
all’accesso agli atti, comprese le dichiarazioni
rese dai lavoratori dipendenti, essendo
sottoposto ad un accertamento da parte
dell’INPS.
L’INPS ha negato l’accesso, richiamando la
norma regolamentare che sottrae all’accesso, in
relazione alla esigenza di salvaguardare la vita
privata e la riservatezza di persone fisiche, di
persone giuridiche, di gruppi, imprese ed
associazioni, i documenti contenenti notizie
acquisite nel corso delle attività ispettive,
quando dalla loro divulgazione possano
derivare azioni discriminatorie o indebite
pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di
terzi.
Questa norma è finalizzata a salvaguardare la
posizione dei lavoratori che, nel corso di
indagini ispettive disposte dal Ministero del
Lavoro, rendono dichiarazioni relative al
proprio rapporto di lavoro che possono
coinvolgere il proprio datore di lavoro.
Il divieto di accesso alle dichiarazioni suddette,
quindi, tutela i lavoratori - dichiaranti contro il
pericolo di azioni discriminatorie, indebite
pressioni ed eventuali ritorsioni.
Il Collegio, tuttavia, ritiene di poter condividere
l'ormai
consolidato
orientamento
giurisprudenziale (da ultimo: TAR Veneto,
prima sez. sent. n. 301/2006) secondo cui tali
previsioni regolamentari contrastano con la
norma primaria di cui all'art. 24 della l. n.
241/1990, che, al comma 7, assicura il diritto
all'accesso: "ai richiedenti l'accesso ai
documenti amministrativi la cui conoscenza sia
necessaria per curare o per difendere i propri
interessi giuridici".
Il diniego all’accesso è quindi illegittimo e deve
essere annullato.
Quanto alla nota del 17.5.2007, impugnata con
motivi aggiunti, il Collegio richiama il principio
già affermato da questa Sezione, in tema di
rapporto tra accesso e visione degli atti ( sent.
481/2007), secondo cui il diritto di accesso non
può essere limitato alla sola visione dei
documenti, ma si estende necessariamente
all'estrazione di copia degli stessi.
E’ stato infatti osservato che “l'art. 25, primo
comma, L. n. 241 del 1990, sia nel testo
antecedente la riforma introdotta dalla L. 11
88
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
febbraio 2005 n. 15 che nel testo attuale,
stabilisce che «il diritto di accesso si esercita
mediante esame ed estrazione di copia dei
documenti amministrativi, nei modi e con i
limiti dalla presente legge »: l'esame e
l'estrazione di copia sono quindi previste come
modalità congiunte dell'esercizio del diritto,
senza deroghe o eccezioni di sorta.
I casi di impedimento al diritto di accesso sono,
invece, ricondotti solo all'esclusione o al
differimento (artt. 24, primo, secondo e sesto
comma, L. n. 241 del 1990 e 9 D.P.R. 12 aprile
2006 n. 184
Anche l'art. 7 D.P.R. n. 184/06 disciplina, nei
commi V e VI, come modalità congiunte
l'esame del documento e l'estrazione di copia.
In base a questo quadro normativo, il Giudice
amministrativo ha osservato che “se la presa
visione del documento viene designata come
«esame», la «visione degli atti» prevista dall'art.
24, secondo comma, lett. d) indica l'accesso
nella unitarietà delle sue modalità di esercizio.
Del resto, il preteso scorporo della facoltà di
esame del documento da quella di estrazione di
copia non sarebbe idoneo a tutelare nessuno dei
confliggenti interessi in gioco: non quello alla
riservatezza dei terzi, giacché il richiedente
avrebbe, comunque, conoscenza del documento;
non quello alla difesa del richiedente, che in
mancanza della copia del documento non
potrebbe finalizzarne l'accesso ad un uso
giuridico.”
(TAR Lazio sez. III n. 2212/2006)”.
Conclusivamente, si accoglie il ricorso e si
ordina alla Amministrazione intimata di
consentire al ricorrente l'accesso agli atti
richiesto con l'istanza del 22 Marzo 2007.
Va disposta la irripetibilità delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Puglia – Seconda Sezione di Lecce accoglie il
ricorso indicato in epigrafe
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio
del 12 luglio 2007
Dott. Giulio Castriota Scanderbeg - Presidente
Dott.ssa Silvana Bini - Estensore
Pubblicata il 27 luglio 2007
Appalti : Un’impresa che ha partecipato ad una
gara pubblica ha titolo all’accesso, e non alla
sola visione, alle offerte tecniche presentate da
altre concorrenti alla procedura, cui è stata
conferita l’aggiudicazione o una posizione
migliore nella classifica.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO
REGIONALE
PER LA PUGLIA
BARI
PRIMA SEZIONE
Registro Sentenze: 337/07
Registro Generale: 1558/2006
nelle persone dei Signori:
VITO MANGIALARDI
Presidente f.f.,
relatore
CONCETTA ANASTASI Consigliere
RAFFAELE GRECO
Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella Camera di Consiglio del 24 gennaio 2007
sul ricorso 1558/2006 proposto da:
SPORT MANAGEMENT SRL SSD IN
PROPRIO E MAND.RTI + 2
BARI MULTISERVIZI SPA
RARI NANTES BARI SRL SSD
rappresentato e difeso da:
PACCIONE AVV.LUIGI
ATTOLICO AVV.ANTONIA
con domicilio eletto in BARI
VIA Q.SELLA, 120
presso
PACCIONE AVV.LUIGI
contro
COMUNE DI BARI
rappresentato e difeso da:
CAPRUZZI AVV.BIANCALAURA
CIOFFI AVV.ROSA
con domicilio eletto in BARI
VIA PRINCIPE AMEDEO, 152
presso
CAPRUZZI AVV.BIANCALAURA
e nei confronti di
89
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
POLISPORT
SOCIETA'
SPORTIVA
DILETTANTISTICA A RL
rappresentato e difeso da:
LORUSSO AVV.FELICE EUGENIO
con domicilio eletto in BARI
VIA AMENDOLA N.166/5
presso la sua sede
e nei confronti di
ASSOCIAZIONE
SPORTIVA
DILETTANTISTICA BARI NUOTO
e nei confronti di
ASSOCIAZIONE
SPORTIVA
DILETTANTISTICA ORIZZONTE CATANIA
per l'annullamento,
-del
provvedimento
di
aggiudicazione
provvisoria del pubblico incanto per la
concessione della gestione, per la durata di sette
anni, del complesso natatorio comunale sito in
Bari al viale di Maratona, giusta verbale della
Commissione esaminatrice del 20.07.2006;
-del provvedimento di aggiudicazione definitiva
-ove già emesso- del detto pubblico incanto;
-di tutti i verbali posti in essere dalla
Commissione Esaminatrice per l'aggiudicazione
della suindicata concessione di servizio
pubblico;
-di ogni atto presupposto e/o connesso,
ancorchè ignoto, in quanto lesivo, ivi compreso,
ove occorra, il bando di gara e il disciplinare
limitatamente agli interessi delle ricorrenti.
Visti gli atti e i documenti depositati con il
ricorso;
Vista la sentenza n. 3952/06 con cui questo
TAR pronunciando su istanza incidentale di
accesso ex art. 25 co.5 legge 241/90 presentata
da parte ricorrente, Ordinava al Comune di
depositare presso la Segreteria di questa Sez. il
progetto- offerta dell’aggiudicataria provvisoria;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
COMUNE DI BARI
POLISPORT
SOCIETA'
SPORTIVA
DILETTANTISTICA A RL;
Visto che con atto depositato -previa notifica- in
data 7.12.06 la Polisport ha proposto ricorso per
incidente di esecuzione, chiedendo opportune,
anzi necessarie, misure affinchè l’ostensione del
progetto offerta del raggruppamento facente
capo alla Polisport potesse avvenire senza
pregiudizio per gli interessi professionali della
controinteressata;
Udito il relatore Cons. VITO MANGIALARDI
e uditi altresì per le parti gli avvocati presenti
come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con istanza incidentale in epigrafe evidenziata,
la Polisporti srl in riferimento all’accesso a
favore delle ricorrenti disposto da questo TAR –
giusta sentenza n. 3952/2006- al progetto
offerta di essa aggiudicataria provvisoria di cui
si ordinava il deposito agli atti di causa, ha
proposto ricorso per incidente di esecuzione
chiedendo predisposizione di “tutte le misure
necessarie affinchè l’ostensione del progetto
offerta del raggruppamento facente capo alla
Polisport avvenga senza pregiudizio per gli
interessi professionali ed imprenditoriali della
controinteressata, ed in particolare in modo tale
da evitare che i contenutii progettuali possano
essere indebitamente utilizzati dalle ricorrenti, o
da chiunque altro nell’ambito di garede future o,
comunque, in successive occasioni.”.
Ritiene il Collegio di premettere e con
riferimento a problema già dibattuto in
giurisprudenza circa la limitazione dell’accesso
alla sola visione (e non anche alla estrazione di
copia) per bilanciare l’esigenze di accesso con
quelle di riservatezza (favorevole ad essa
limitazione CdS , VI Sez, 9 gennaio 2004 n. 14
–contra invece IV Sez. 6 ott. 1999 n. 1627), che
esso problema deve ritenersi superato dalla
intervenuta normativa di cui alla legge n.
15/2005 modificativa in parte qua della 241/90.
Ed infatti in base alla nuova disciplina deve
ricomprendersi nel diritto di accesso sia la
visione sia il rilascio di copia del documento, e
ciò soprattutto a seguito dell’abrogazione della
disposizione dettata dall’art. 24 comma 2 lettera
d) nella formulazione dell’originaria legge 241,
abrogazione che fa ritenere superata ogni
possibilità di distinguere tra le due modalità di
accesso che non si ravvisano più separabili (in
termini Tar Lazio, Roma, Sez. III, 30 marzo
2006, n. 2212).
Ciò detto, e sottolineata pure la genericità delle
misure richieste dalla parte (vedi quanto scritto
a riguardo nell’istanza e sopra testualmente
riportato), ritiene il Collegio di ribadire che una
impresa che abbia partecipato ad una gara
pubblica ha titolo all’accesso alle offerte
tecniche presentate da altre concorrenti alla gara
risultate aggiudicatarie o classificatesi in
90
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
posizione migliore, essendo la conoscenza dei
dati contenuti in tali offerte necessaria ai fini di
una predisposizione di un’adeguata difesa in
sede processuale, da ritenersi prevalente rispetto
alla riservatezza ( cfr. TAR Piemonte Sez. II, 25
febbraio 2006,m n. 1127).
In detti termini sostanziali si è espressa anche
questa Sezione nella sentenza sopra menzionata
n. 3952/06 -cui ha fatto seguito il presente
ricorso per incidente di esecuzione- in cui si
annotava che la richiesta di accesso (ndr. della
ricorrente Ati Sport Management) risulta
prodotta in modo non certo emulativo, ma in
base ad un interesse che ben si collega
all’istante impresa che ha contestato nel
raggruppamento aggiudicatario carenza di
requisiti partecipativi…
L’interessata Polisport per il tramite della sua
difesa a supporto della sua richiesta (che già si è
qualificata generica) viene ad esprimere il
timore che i contenuti progettuali
del
depositato progetto-offerta possano essere
indebitamente utilizzati dalla ricorrente o da
chiunque altro nell’ambito di gare future.
In tema, il Collegio non può che ribadire che
l’accesso al progetto-offerta è stato statuito
accogliendosi l’interesse processuale della
parte, con la implicita conseguenza che il
deposito del progetto offerta è da servire in
questa sede processuale ( ric. n.1558/06) e non
già per altri fini. Il timore espresso dalla
Polisport che agisce in via di prevenzione
troverà protezione –qualora si si abbia a
concretizzare- nella normativa predisposta a
tutela delle opere di ingegno (diritti soggettivi e
quindi AGO), talchè le disposizioni dettate in
materia di acceso risultano a riguardo non
conferenti.
In conclusione il ricorso per incidente di
esecuzione (a seguito della sent. n. 3952/06) che
ci ha occupato, richiamata la precisazione che
sopra si è evidenziata, va disatteso.
Quanto alle spese di giudizio, si ravvisano
ragioni per disporne la compensazione tra le
parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Puglia sede di Bari, Sez. Prima, respinge il
ricorso per incidente di esecuzione depositato
previa notifica il 7 dic. 2006 e nell’ambito del
giudizio di cui al ric. n. 1558/2006. Spese
compensate.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio
del 24 gennaio 2007
Il Presidente Rel. Est. (dr. Vito Mangialardi)
***
Anno 2008
N. 6121/08 REG.DEC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 5005\2008, proposto
dal Consorzio di tutela del Cannonau di
Sardegna, rappresentato e difeso dall’avvocato
Antonello Podda ed elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’avvocato G. Di Gioia in
Roma, piazza Mazzini, n. 27;
contro
Regione Autonoma della Sardegna, in persona
del presidente pro tempore, non costituito;
e nei confronti di
Consorzio Vino e Sardegna CON.VI.SAR.
S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante
pro tempore, non costituito.
per l'annullamento
dell’ordinanza del Tribunale Amministrativo
Regionale della Sardegna, n. 16 del 13 marzo
2008.
91
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
commerciale (cfr. nota del Centro regionale di
programmazione del 14 dicembre 2007).
Visto il ricorso in appello;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla camera di consiglio del 7
ottobre 2008 la relazione del consigliere Vito
Poli, udito l’avvocato Di Gioia su delega
dell’avvocato Podda;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il Consorzio di tutela del Cannonau di
Sardegna (in prosieguo Consorzio) è stato
escluso dalla gara, bandita dalla Regione
Sardegna, avente ad oggetto il finanziamento
delle proposte progettuali di ricerca e sviluppo
dell’innovazione
tecnica
e
tecnologica
finalizzate alla valorizzazione dei vitigni
autoctoni della Sardegna.
1.1. Con determinazione prot. n. 5651/354 del
1° ottobre 2007 la gara è stata aggiudicata al
Consorzio Vino e Sardegna CON.VI.SAR.
S.C.A.R.L (in prosieguo Convisar).
Il Consorzio ha impugnato il bando ed il
provvedimento di esclusione con ricorso
notificato il 14 novembre 2007 e depositato il
successivo 30 novembre.
In data 27 novembre 2007, presso il Centro
regionale di programmazione, un legale del
Consorzio
prendeva
visione
della
documentazione afferente la procedura di gara;
in quel contesto acquisiva conoscenza, fra
l’altro, del provvedimento di aggiudicazione
definitiva della gara ma, stante la mole della
documentazione, si determinava nel senso di
estrarne copia; il giorno seguente, pertanto,
inoltrava specifica richiesta in tal senso (cfr.
lettera del 28 novembre 2007).
Il Centro regionale di programmazione
accoglieva solo parzialmente la domanda di
accesso escludendo i documenti afferenti la
proposta progettuale del Convisar che aveva
formulato espressa opposizione per tutelare le
informazioni riservate di natura tecnica e
1.2. Con ricorso notificato in data 21 dicembre
2007, il Consorzio ha proposto istanza a mente
dell’art. 25, comma 5, secondo periodo, l. n.
241 del 1990, onde ottenere l’accesso ai
documenti negati; nel corpo del ricorso si legge:
<<In data 27.11.2007, nel corso dell’accesso
agli atti presso il Centro Regionale di
Programmazione della Regione Autonoma
Sardegna, la difesa del Consorzio ricorrente
apprendeva che l’Amministrazione aveva
aggiudicato – previa determina n. 5651/354, del
1 ottobre 2007, di approvazione della
valutazione espressa dalla Commissione tecnico
– scientifica – la gara pubblica al Consorzio
CON.VI.SAR., unico concorrente rimasto in
gara, e stipulato anche la convenzione, in data
12 ottobre 2007. In tale occasione la difesa del
Consorzio … scriveva di pugno e depositava
una richiesta … di copia di tutti gli atti e
documenti relativi al bando pubblico in esame,
compresa la proposta progettuale e gli allegati
del Consorzio aggiudicatario .. Il giorno
successivo la medesima richiesta, datata
28.11.2007, battuta al computer … veniva
trasmessa, a mezzo fax, al Centro
Programmazione Regionale …>>.
1.3. In data 7 gennaio 2008 il Consorzio
acquisiva la documentazione richiesta, ad
eccezione di quella relativa all’offerta
presentata dal Convisar; il 7 marzo 2008
notificava atto di motivi aggiunti – depositato il
successivo 11 marzo – sviluppando censure nei
confronti del provvedimento di aggiudicazione.
2. Con ordinanza n. 16 del 13 marzo 2008
l’adito T.a.r. ha respinto la domanda di accesso:
a) facendo leva sulla norma speciale sancita
dall’art. 13, co. 5, d.lgs. n. 163 del 2006 codice dei contratti pubblici – interpretata nel
senso che solo l’effettiva possibilità di ottenere
tutela in sede giurisdizionale consentirebbe
l’ostensione di documenti che incidono sui
segreti tecnici e commerciali delle imprese;
b) rilevando, conseguentemente, l’inutilità della
documentazione richiesta in relazione alla
92
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
assenza di una tempestiva impugnazione del
provvedimento di aggiudicazione.
3. Con ricorso notificato il 10 e 11 giugno 2008,
e depositato il successivo 19 giugno, il
Consorzio ha interposto appello avverso la su
menzionata ordinanza del T.a.r. deducendo, in
estrema sintesi:
che alla data del 27 novembre 2007 non aveva
avuto
conoscenza
integrale
della
documentazione richiesta avvenuta solo in data
7 gennaio 2008;
che non aveva mai affermato di aver avuto
conoscenza della documentazione in questione
prma del 7 gennaio 2008;
che era stata violata la normativa sancita dalla l.
n. 241 del 1990, specie dopo le modifiche
apportate dalla l. n. 15 del 2005, nella parte in
cui garantisce l’accesso a documenti la cui
conoscenza sia necessaria per difendere propri
interessi giuridici.
4. Non si costituivano le parti intimate.
5. La causa è passata in decisione alla camera di
consiglio del 7 ottobre 2008.
6. L’appello è sia inammissibile che infondato e
deve essere respinto nella sua globalità.
6.1. L’art. 25, co. 5, stabilisce che: <<Contro le
determinazioni amministrative concernenti il
diritto di accesso e nei casi previsti dal comma
4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al
tribunale amministrativo regionale, il quale
decide in camera di consiglio entro trenta
giorni dalla scadenza del termine per il
deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti
che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di
un ricorso presentato ai sensi della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e successive
modificazioni, il ricorso può essere proposto
con istanza presentata al presidente e
depositata presso la segreteria della sezione cui
è assegnato il ricorso, previa notifica
all'amministrazione o ai controinteressati, e
viene deciso con ordinanza istruttoria adottata
in camera di consiglio. In pendenza di un
ricorso presentato ai sensi della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e successive
modificazioni, il ricorso può essere proposto
con istanza presentata al presidente e
depositata presso la segreteria della sezione cui
è assegnato il ricorso, previa notifica
all’amministrazione o ai controinteressati, e
viene deciso con ordinanza istruttoria adottata
in camera di consiglio. l. n. 241 cit. La
decisione del tribunale è appellabile, entro
trenta giorni dalla notifica della stessa, al
Consiglio di Stato, il quale decide con le
medesime modalità e negli stessi termini. Le
controversie relative all'accesso ai documenti
amministrativi sono attribuite alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo>>.
Per quanto rileva ai fini della presente
controversia, dal tenore letterale della norma
emerge che:
il legislatore ha qualificato espressamente come
istruttoria l’ordinanza che chiude, davanti al
giudice di primo grado, "l’incidente di accesso";
l’appello avverso le pronunce di primo grado è
stato espressamente limitato alle decisioni rese
dal T.a.r.
In linea generale nel processo amministrativo i
mezzi di impugnazione devono essere previsti
espressamente in forza del principio di tipicità ;
sono pertanto oggetto di gravame solo i
provvedimenti del giudice di primo grado che
espressamente la legge qualifica come
impugnabili (art. 28, l. T.a.r.); ne sono escluse
le ordinanze istruttorie, anche perché
pacificamente ritenute prive di contenuto
decisorio.
Secondo una impostazione sostanzialistica si
ritengono tuttavia impugnabili i provvedimenti
del giudice amministrativo di primo grado che,
pur non avendo la forma esteriore di sentenza,
abbiano un reale contenuto decisorio della
controversia, il ché si verifica allorché essi
esplicitamente o implicitamente risolvano in
tutto o in parte la questione che oppone le parti,
ovvero un punto pregiudiziale di essa.
93
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
In tema di impugnazione dell’ordinanza che
decide sul ricorso in materia di accesso in corso
di causa, la giurisprudenza del Consiglio di
Stato, da cui la sezione non intende discostarsi
(cfr. Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1629;
sez. VI, 10 ottobre 2002 n. 5450; sez. VI, 22
gennaio 2002 n. 397, ord.), ha operato una
distinzione tra ordinanze che si pronunciano sul
ricorso accogliendolo o respingendolo in
relazione ai presupposti inerenti all’accesso in
quanto tale, e ordinanze che respingono il
ricorso perché ritengono i documenti richiesti
non utili ai fini del giudizio in corso.
presso gli uffici del Centro regionale di
programmazione avvenuto il 27 novembre
2007.
Nel primo caso l’ordinanza ha natura decisoria
ed è appellabile: in particolare, l’ordinanza che
decide sul ricorso in materia di accesso in corso
di causa è appellabile sia nel caso in cui il
giudice escluda l’accessibilità sulla base della
ritenuta carenza dei presupposti previsti dalla
disciplina dell’accesso, sia nel caso in cui il
giudice accolga la domanda di accesso ritenute
sussistenti
le
condizioni
legittimanti
l’ostensione senza passare al vaglio della
pertinenza dei documenti in relazione al
giudizio in corso.
La rubrica dell’art. 13 descrive il duplice
oggetto della disciplina:
Nel secondo caso l’ordinanza ha natura
istruttoria e non è appellabile.
Nella specie deve ritenersi che il T.a.r. abbia
rifiutato l’accesso perché, nella sostanza, ha
giudicato la documentazione richiesta inutile ai
fini della decisione della causa, essendo
pertinente ad un provvedimento che non poteva
più costituire oggetto di giudizio stante il
decorso dei termini perentori per impugnarlo.
6.2. In ogni caso le argomentazioni sviluppate
dal T.a.r. sono condivisibili anche nel merito,
ove si dovesse ritenere la natura decisoria
dell’ordinanza oggetto del presente appello.
Le prime due censure appaiono infondate sulla
scorta della ricostruzione dei fatti salienti di
causa operata al precedente punto 1: è assodato
che la ricorrente ha avuto conoscenza piena
degli elementi essenziali del provvedimento di
aggiudicazione
definitiva
(numero
di
protocollo, data, organo che lo ha emanato,
effetti lesivi prodotti) al momento dell’accesso
Per quanto concerne l’applicabilità (al caso di
specie) e la conseguente violazione della
disciplina generale sull’accesso, la sezione
osserva quanto segue.
6.3. L’accesso agli atti delle procedure di
affidamento dei contratti pubblici è oggetto
della disciplina dettata dall’art. 13 codice dei
contratti pubblici.
a) la previsione di particolari limiti oggettivi e
soggettivi all’accessibilità degli atti concernenti
le procedure di affidamento dei contratti
pubblici;
b) l’introduzione di veri e propri doveri di non
divulgare il contenuto di determinati atti,
assistiti da apposite sanzioni di carattere penale.
Tale disciplina, essendo destinata a regolare in
modo completo tutti gli aspetti relativi alla
conoscibilità degli atti e dei documenti rilevanti
nelle diverse fasi di formazione ed esecuzione
dei contratti pubblici, costituisce una sorta di
microsistema normativo, collegato all’idea della
peculiarità del settore considerato, pur
all’interno
delle
coordinate
generali
dell’accesso tracciate dalla l. n. 241 del 1990.
Dal punto di vista storico risulta evidente come
la l. n. 15 del 2005, riformulando gli artt. 22 e
ss. della l. n. 241 del 190, avesse dimenticato di
considerare il mondo degli appalti, nel quale
viceversa si riscontravano (e si riscontrano)
serie esigenze di limitazione temporanea o
oggettiva dell’accesso.
Da qui l’introduzione nel codice dei contratti di
una specifica soluzione normativa equilibrata,
basata sull’individuazione di regole proprie
(qualificabili come speciali, se non addirittura
eccezionali, in raffronto con il principio di
accessibilità, ora sancito dal nuovo testo
dell’art. 22, l. n. 241 cit.), inserite nella cornice
94
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
delle regole generali in materia di accesso ai
documenti; in questa prospettiva si coglie il
senso della previsione introduttiva del comma 1
dell’art. 13 cit., in forza della quale: <<salvo
quanto espressamente previsto nel presente
codice, il diritto di accesso agli atti delle
procedure di affidamento e di esecuzione dei
contratti pubblici, ivi comprese le candidature e
le offerte, è disciplinato dalla legge 7 agosto
1990, n. 241 e successive modificazioni>>.
L’art. 13, oltre ad individuare fattispecie di
differimento dell’accesso (comma 2), prevede
in modo puntuale una serie di esclusioni
oggettive al diritto di accesso, facendo salve le
regole più restrittive previste per gli appalti
interamente segretati (comma 5); fra queste
rileva, ai fini della presente controversia, quella
sancita dalla lett. a) del comma 5, concernente
le <<informazioni fornite dagli offerenti
nell’ambito
delle
offerte
ovvero
a
giustificazione
delle
medesime,
che
costituiscano, secondo motivata e comprovata
dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o
commerciali>>.
La norma in questione amplia i limiti oggettivi
del segreto dettando delle regole speciali che
devono considerarsi, per le ragioni esposte in
precedenza, incondizionatamente prevalenti
sulla disciplina generale sulla trasparenza
amministrativa, anche in mancanza di espressa
previsione nell’ambito delle limitazioni
oggettive di cui all’art. 24, l. n. 241 cit.
Secondo la disciplina dettata dall’art. 13 cit.,
tuttavia, l’esclusione dall’accesso non è sempre
radicale ed assoluta. Infatti il comma 6 prevede
che: <<in relazione all’ipotesi di cui al comma
5, lettera a) e b), è comunque consentito
l’accesso al concorrente che lo chieda in vista
della difesa in giudizio dei propri interessi in
relazione alla procedura di affidamento del
contratto nell’ambito della quale viene
formulata la richiesta di accesso>>.
La norma sembra ripetere, specificandoli, i
principi dell’art. 24, l. n. 241 cit., che stabilisce
una complessa operazione di bilanciamento tra
gli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla
riservatezza. Il linguaggio utilizzato dal codice
dei contratti è però diverso: più puntuale e
restrittivo, definisce esattamente l’ambito di
applicazione della esclusione dall’accesso.
In primo luogo, sul versante della
legittimazione soggettiva attiva, la disposizione
riguarda solo il concorrente che abbia
partecipato alla selezione; la preclusione
all’accesso è invece totale qualora la richiesta
sia formulata da un soggetto terzo, che pure
dimostri di avere un interesse differenziato, alla
stregua della legge generale sul procedimento
(circostanza questa che non ricorre nel caso di
specie).
In secondo luogo, sul piano oggettivo, l’accesso
eccezionalmente consentito è strettamente
collegato alla sola esigenza di una difesa in
giudizio; in questa prospettiva, quindi, la
previsione è molto più restrittiva di quella
contenuta nell’art. 24, l. n. 241 cit., la quale
contempla un ventaglio più ampio di possibilità
consentendo l’accesso ove necessario per la
tutela della posizione giuridica del richiedente,
senza alcuna restrizione alla sola dimensione
processuale.
Per altro, nel contesto dell’art. 13 cit., poiché si
utilizza la locuzione <<in vista>>, non è
necessario che, al momento della richiesta di
accesso, il giudizio sia già instaurato, ma è
sufficiente che la lite sia anche solo potenziale.
Per non dilatare in modo irragionevole la
portata della norma, si deve ritenere che essa
imponga di effettuare un accurato controllo in
ordine alla effettiva utilità della documentazione
richiesta, alla stregua di una sorta di prova di
resistenza; tale giudizio prognostico, anche
quando è effettuato dal giudice secondo il rito
speciale divisato dall’art. 25, l. n. 241 cit., non
può prescindere dalle eventuali preclusioni
processuali in cui sia incorso il richiedente: si
pensi al concorrente che intenda accedere
all’offerta dell’aggiudicatario dopo che siano
scaduti i termini decadenziali per impugnare
l’aggiudicazione definitiva; ovvero al caso del
tutto assimilabile (verificatosi nel presente
giudizio), in cui siano scaduti i termini per
proporre
i
motivi
aggiunti
avverso
l’aggiudicazione.
95
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
In definitiva, dal combinato disposto dei commi
5 e 6, dell’art. 13, d.lgs. n. 163 del 2006,
discende che non è consentito esercitare
l’accesso alla documentazione posta a corredo
dell’offerta
selezionata,
ove
l’impresa
aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano
esigenze di tutela del segreto tecnico o
commerciale, ed il richiedente non abbia
dimostrato la concreta necessità di utilizzare
tale documentazione in uno specifico giudizio.
Vito Poli Rel. Estensore - Consigliere
Che è quanto verificatosi nella vicenda oggetto
del presente gravame, come esattamente
rilevato dal T.a.r. della Sardegna.
***
7. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni
l’appello deve essere respinto.
N. 00989/2008 REG.RIC.
Nulla sulle spese del presente grado di giudizio
non essendosi costituite le parti intimate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(sezione quinta), definitivamente pronunciando
sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
- respinge l’appello e per l’effetto conferma
l’ordinanza impugnata;
ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Vito Poli
f.to Stefano Baccarini
DEPOSITATA
09.12.2008.
IN
SEGRETERIA
il
N. 01535/2008 REG.SEN.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
- nulla sulle spese del presente grado di
giudizio.
Sul ricorso numero di registro generale 989 del
2008, proposto da:
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Biagio PRATICO’, Rosa CEGLIE, Mario
Daniele MANAGO’, Antonio PRATICO’,
Francesco TRIMBOLI, rappresentati e difesi
dall’Avv. Paolino RIZZUTI ed elettivamente
domiciliati in Catanzaro alla Via Jannoni, n. 43
presso lo studio dell’Avv. Daniela DANTE;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
del 7 ottobre 2008, con la partecipazione di:
Stefano
Baccarini
Presidente
-
Filoreto
D’Agostino
Consigliere
-
Claudio
Marchitiello
Consigliere
-
Marco
Lipari
Consigliere
-
contro
l’Amministrazione comunale di Praia A Mare in
persona del Sindaco legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dal Sindaco dr. Carlo
LOMONACO ex art. 25 comma 5 bis della L. 7
agosto 1990, n. 241 e domiciliato presso
l’Ufficio di Segreteria del TAR in assenza di
domicilio eletto in Catanzaro,
96
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
il Responsabile dell’Ufficio Tecnico – Area
Urbanistica del Comune di Praia a Mare;
f) della nota del Responsabile dell’Ufficio
Tecnico in data 12 settembre 2008, n. 14979/1
con la quale in relazione alla istanza di accesso
di Antonio Praticò nella qualità di consigliere
comunale in data 4 agosto 2008, n. 14979 ha
negato l’accesso ai documenti richiesti
mediante la estrazione di copie di tre
concessioni demaniali;
il Responsabile dell’Area Gestione Finanziaria
del Comune di Praia A Mare;
e per la declaratoria
l’annullamento
per la declaratoria
del "Regolamento per la disciplina dei diritti di
accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e
documenti amministrativi e ai servizi" del
Comune di Praia A Mare approvato con
deliberazione di C.C. del 28 dicembre 2000, n.
39 modificato con deliberazione di C.C. del 4
giugno 208, n. 7 nella parte in cui nel
combinato disposto dell’art. 25, comma 4 e art.
6, 7 ed 8 illegittimamente estende ai Consiglieri
Comunali le ipotesi di esclusione di accesso
stabilite per qualsiasi altro cittadino o soggetto
esterno alla P.A. e limita il diritto di accesso dei
consiglieri comunali per l’esercizio del loro
mandato;
il Segretario comunale anche in qualità di
responsabile dell’Area Demografica,
il Comandante p.t. della Polizia Municipale del
Comune di Praia a Mare;
di illegittimità e l’annullamento:
a) della nota del Comandante della Polizia
Municipale del 29 agosto 2008, n. 2159 di
diniego dell’accesso mediante estrazione copia
dei documenti richiesti dai ricorrenti, in qualità
di Consiglieri comunali;
b) della nota del responsabile dell’Ufficio
Tecnico comunale del 29 agosto 2008, n.
9058/Uff. tec. Con la quale in ordine alla
richiesta di accesso agli atti da parte dei
ricorrenti sono state fissate le date di accesso;
c) della nota del responsabile dell’Ufficio
tecnico comunale in data 5 settembre 2008, n.
9058/Uff.Tec./1 con la quale a seguito dei
solleciti dei ricorrenti sono state fissate altre
date per l’accesso ai documenti richiesti
anticipate rispetto a quelle concesse con la nota
precedente;
d) della nota del Responsabile dell’Ufficio
Tecnico in data 11 settembre 2008, n. 14855/2
con la quale in relazione alla istanza di accesso
del ricorrente Sig. Antonio Praticò in data 31
luglio 2008, n. 14855 ha negato l’accesso
mediante estrazione di copia;
e) della nota del responsabile dell’Area
Gestione Economica e Finanziaria del Comune
di Praia A Mare in data 11 settembre 2008, n.
15101/2 con la quale in relazione ad altre tre
istanze di accesso ha negato l’accesso mediante
estrazione di copie dei documenti richiesti;
di
illegittimità
e
nonché per l’esibizione ed il rilascio di copia
dei documenti richiesti ex art. 25 comma 6 della
L. n. 241 del 1990;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di
Comune di Praia A Mare in Persona del
Sindaco P.T.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno
06/11/2008 il dott. Pierina Biancofiore e uditi
per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
FATTO
97
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Con ricorso notificato ai soggetti in epigrafe
indicati il 18 settembre 2008 e depositato il 20
successivo i ricorrenti, consiglieri di minoranza
presso il Consiglio Comunale di Praia A Mare
hanno richiesto con note varie più oltre indicate
l’accesso ad alcuni atti per l’esercizio del loro
mandato ai sensi dell’art. 43, comma 2 del
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ricevendone o il
differimento oppure la visione al posto della
estrazione di copia richiesta e soltanto in alcuni
casi la copia dei documenti richiesta.
Impugnano altresì il Regolamento comunale
sull’accesso in parte qua.
l’accesso alla documentazione da essi richiesta
oppure ne avrebbe consentito la sola visione
oppure lo avrebbe proprio negato, tutto ciò in
quanto essi sono consiglieri appartenenti al
gruppo di minoranza in seno al Consiglio
Comunale e, quindi, opererebbero per
l’adempimento del mandato loro attribuito dagli
elettori. Impugnano pure e ne chiedono quindi
l’annullamento in parte qua, il Regolamento
comunale sull’accesso nella parte in cui
limiterebbe le modalità di esercizio del diritto di
accesso ai consiglieri comunali in adempimento
del loro mandato.
Avverso le note come in epigrafe indicate
lamentano la violazione dell’art. 97 Cost.;
violazione dell’art. 43, comma 2 del D.Lgs. 18
agosto 2000, n. 267; violazione e falsa
applicazione degli articoli 22 e seguenti della L.
n. 241 del 1990 e s.m.i.; violazione e falsa
applicazione delle norme e dei principi generali
in materia di accesso agli atti da parte dei
Consiglieri comunali; erroneità ed illegittimità
dei presupposti; eccesso e sviamento di potere
per omessa erronea ed illegittima motivazione
falso scopo e falsa causa. Con altra doglianza
fanno valere, in aggiunta a tutte quelle rubricate
sopra, anche l’eccesso di potere per omessa,
insufficiente ed illegittima motivazione.
Concludono, quindi per l’accoglimento del
ricorso.
1. In primo luogo va esaminata ed accolta
l’eccezione di inammissibilità della parte di
domanda
inerente
l’annullamento
del
Regolamento comunale sull’accesso anzidetto,
per
come
opposta
dalla
resistente
Amministrazione comunale.
Ad esso si è opposta l’Amministrazione
comunale che, costituitasi in giudizio e
rappresentata anche in giudizio dal Sindaco, ha
eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto più
profili ed ha concluso per la reiezione dello
stesso.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla
Camera di Consiglio del 6 novembre 2008.
DIRITTO
Il ricorso è in parte inammissibile in parte
infondato.
I ricorrenti agiscono in giudizio per ottenere la
declaratoria di illegittimità di alcune note
meglio in epigrafe indicate con le quali
l’Amministrazione comunale avrebbe o differito
Infatti attraverso il rito speciale che consente la
tutela giurisdizionale del diritto di accesso,
come stabilito dagli articoli 22 e seguenti della
L. 7 agosto 1990, n. 241 non è consentito
introdurre domande di annullamento di
provvedimenti, seppure generali, come è il
richiamato Regolamento comunale, in quanto
queste richiedono che sia proposto il normale
giudizio di legittimità.
Conforme è la giurisprudenza in tal senso: "Nel
ricorso riguardante l'accesso agli atti l'ulteriore
domanda avente ad oggetto l'annullamento di un
provvedimento amministrativo deve essere
trattata con il rito ordinario essendo il
procedimento speciale dell'art. 25 l. n. 241 del
1990 previsto per i soli ricorsi "contro le
determinazioni amministrative concernenti il
diritto di accesso e nei casi previsti dal comma
4" ovvero nelle ipotesi in cui all'inutile decorso
del termine di 30 giorni consegue la formazione
del silenzio - rifiuto dell'amministrazione;"
(TAR Campania, sezione V, 12 dicembre 2005,
n. 20171).
Sotto il profilo procedurale, dunque, per quanto
concerne l'impugnativa del provvedimento deve
essere disposta la separazione del processo, la
formazione di nuovo fascicolo e, previa
conversione del rito, l'iscrizione del ricorso a
98
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
nuovo ruolo perché lo stesso sia trattato
secondo il rito ordinario e con le forme
dell'udienza pubblica, ovviamente ove ne
ricorrano gli estremi di tempestività della
notifica e del deposito dell’atto introduttivo del
giudizio.
In tale senso si è pronunciata questa stessa
sezione con la sentenza n. 97 del 9 febbraio
2005.
Di conseguenza va disposta la conversione in
rito
ordinario
dell’impugnativa
del
"Regolamento per la disciplina dei diritti di
accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e
documenti amministrativi e ai servizi" del
Comune di Praia a Mare approvato con
deliberazione di CC del 28 dicembre 2000, n.
39 modificato dalla deliberazione di CC del 4
giugno 2008, n. 7, atteso che l’attuale ricorso
risulta correttamente notificato nei termini in
data 18 settembre 2008. Non risultando infatti
dalla delibera n. 7 del 4 giugno 2008 impugnata,
gli estremi di pubblicazione all’albo comunale,
ma risultando dal suo tenore che uno dei
ricorrenti, il consigliere di minoranza Biagio
Praticò, è stato presente alla discussione, la
piena conoscenza dell’atto va fatta decorrere
dalla data di adozione della stessa delibera, con
conseguente tempestività del ricorso avverso di
essa proposto, seppure unitamente a quello di
accesso.
2. Stralciata la parte di impugnativa relativa al
Regolamento comunale sull’accesso va rilevato,
tuttavia, che la parte della domanda più
strettamente riguardante gli atti di differimento
e/o negativi dell’accesso è infondata.
A sostegno delle loro pretese i ricorrenti
argomentano che, contrariamente a quanto loro
opposto
anche
verbalmente
dall’Amministrazione comunale, non sono
tenuti a motivare la propria richiesta di
informazioni, poiché diversamente opinando, la
P.A. si ergerebbe paradossalmente ad arbitro
delle forme di esercizio delle potestà
pubblicistiche
dell’organo
deputato
all’individuazione ed al perseguimento dei fini
collettivi.
La posizione non è condivisibile.
La circostanza che il Testo Unico sugli Enti
Locali abbia riconosciuto la particolare forma di
accesso costituita dall’accesso del consigliere
comunale per l’esercizio del mandato di cui è
attributario non può portare allo stravolgimento
dei principi generali in materia di accesso ai
documenti e non può comportare che, attraverso
uno strumento dettato dal legislatore per il
corretto svolgimento dei rapporti cittadino –
pubblica amministrazione, il primo, servendosi
del baluardo del mandato politico, ponga in
essere strategie ostruzionistiche o di paralisi
dell’attività amministrativa con istanze che a
causa della loro continuità e numerosità
determinino un aggravio notevole del lavoro
negli uffici ai quali sono rivolte e determinino
un
sindacato
generale
sull’attività
dell’amministrazione oramai vietato dall’art. 24,
comma 3 della L. n. 241 del 1990.
E soprattutto la particolare disposizione del
Testo Unico degli Enti Locali va coordinata con
la modifica introdotta all’art. 22 della L. n. 241
del 1990, dalla L. n. 15 del 2005, di tal che
anche il consigliere comunale deve essere
portatore di un interesse diretto, concreto ed
attuale corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento
per il quale richiede l’accesso.
I consiglieri comunali ricorrenti non dimostrano
in alcun modo quale sia l’interesse diretto,
concreto ed attuale ad ottenere i documenti che
più oltre si vanno ad analizzare e per i quali è
stato negato il rilascio delle copie, mentre è
stato consentito il cd. accesso debole tramite la
visione degli atti e la circostanza che le istanze
di accesso agli atti sono state 31 nel corso dei
mesi di luglio ed agosto 2008 rende pure
evidente l’ulteriore profilo di infondatezza delle
loro pretese, cui sopra accennato per violazione
dell’art. 24, comma 3 della L. n. 241 del 1990 e
s.m.i.
Infatti la numerosità delle istanze, che tendono
ad ottenere la documentazione di tutti i settori
dell’Amministrazione appare più rivolta a
compiere
un
sindacato
generalizzato
dell’attività degli organi decidenti, deliberanti e
99
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
amministrativi dell’Ente che non all’esercizio
del mandato politico finalizzato ad un organico
progetto conoscitivo in relazione a singole
problematiche che di volta in volta l’elettorato,
di cui sono espressione i consiglieri comunali,
porti alla loro attenzione. E ciò risulta più
evidente riprendendo l’oggetto delle richieste di
accesso, come di seguito riprodotte proprio per
dimostrare l’assunto posto in evidenza dal TAR,
laddove ad esempio non è dato comprendere la
motivazione della richiesta di ottenere la copia
di "tutte le determinazioni assunte dall’Ufficio
di ragioneria dal 1° maggio 2008 al 31 maggio
2008" e dal "1° giugno 2008 al 30 giugno 2008
con la copia del registro cronologico delle
determinazioni e del registro generale delle
determinazioni" oppure volta ad ottenere "tutte
le determinazioni del Settore Lavori pubblici
dal 1° maggio 2008 al 31 maggio 2008" e
dell’Area Urbanistica "dal 1° maggio 2008 al 31
maggio 2008".
elaborati tecnici per il Piano di Spiaggia
Comunale redatto in esecuzione della delibera
della Giunta Comunale n. 38/2008
- nota n. 15184 del 6 agosto 2008 avente per
oggetto l’estrazione di copia della relativa
documentazione riferita alle determinazioni
assunte dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico
nel periodo dal 1° luglio 2008 al 31 luglio 2008;
- nota n. 14979 del 4 agosto 2008 avente per
oggetto l’estrazione di copia delle concessioni
demaniali riferite all’occupazione di suolo
demaniale per le attività lidi – stabilimenti
balneari, parco giochi divertimenti – giostre e
quant’altro trasmesse all’Agenzia del demanio
di Cosenza in più date anche mediante visione;
- nota n. 15341 dell’8 agosto 2008 avente per
oggetto l’estrazione di copia della relativa
documentazione riferita alla delibera di Giunta
comunale n. 2/2008 con la quale si autorizza il
Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale a
compiere tutti gli atti consequenziali alla
presente deliberazione, per l’affidamento dei
servizi di supporto all’esistente organizzazione
con personale comunale per i servizi di
manutenzione della viabilità e edifici comunali,
manutenzione del servizio idrico fognario,
manutenzione
della
rete
di
pubblica
illuminazione, servizio di raccolta rifiuti e
spezzamento, pulizia degli uffici della sede
municipale, uffici di polizia municipale, museo
comunale e centro anziani, esclusa la fornitura
di materiali con affidamento alla Felum Società
Cooperativa…per la durata di mesi due per
l’importo di E.38.000 IVA, nonché di tutti gli
atti consequenziali posti in essere tra il
Responsabile del Servizio Tecnico con la Coop.
FELUM;
- nota n. 15100 del 5 agosto 2008 avente ad
oggetto l’estrazione di copia della relativa
documentazione riferita alle determinazioni
assunte dal responsabile dell’Ufficio tecnico
comunale nel periodo dal 1° maggio 2008 al 30
maggio 2008 anche mediante la visione;
- nota n. 15342 dell’8 agosto 2008 avente per
oggetto
l’estrazione
di
copia
della
documentazione relativa alla delibera di Giunta
comunale n. 2/2008 con la quale si autorizza il
responsabile dell’Ufficio tecnico a compiere
tutti gli atti consequenziali alla detta delibera…;
- nota n. 15104 del 5 agosto 2008 avente per
oggetto il rilascio della copia e relativa
documentazione riferita alla redazione dello
studio di incidenza per il Piano Spiaggia
Comunale redatto in esecuzione della delibera
della Giunta Comunale n. 111/2008;
- nota n. 14855 del 31 luglio 2008 avente ad
oggetto l’estrazione di copia della relativa
documentazione riferita alla delibera di Giunta
Comunale n. 127 del 17 aprile 2008 avente ad
oggetto "Approvazione investimento per
affidamento incarichi professionali per la
redazione del Piano Strutturale Comunale e
regolamento edilizio ed urbanistico del Comune
di Praia A Mare" nonché tutti gli atti di gara con
particolare riferimento al disciplinare di gara
riferito all’incarico del PSC e relativo
Le note sono le seguenti con l’oggetto pure in
esse specificato.
- nota n. 15108 del 5 agosto 2008 avente per
oggetto il rilascio della copia e relativa
documentazione riferita alla redazione della
relazione dello studio geologico e annessi
100
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Regolamento Edilizio nonché l’atto che
disciplina il rapporto tra le parti e la relativa
Convenzione;
- nota n. 15101 del 5 agosto 2008 avente per
oggetto estrazione di copia della relativa
documentazione riferita al registro cronologico
delle determinazioni assunte dal Responsabile
dell’Ufficio Ragioneria per il periodo dal 1°
giugno 2008 al 30 giugno 2008 e di copia del
relativo registro generale delle determinazioni
assunte dai vari responsabili degli uffici;
- nota n. 15103 del 5 agosto 2008 avente per
oggetto l’estrazione di copia del bilancio di
previsione esercizio finanziario 2008 già
approvato con delibera consiliare.
Come è dato rilevare, dunque, dall’elenco sopra
riportato e che peraltro riproduce soltanto
alcune delle richieste effettuate dai ricorrenti,
quelle per le quali vi sarebbe stata la sola
visione o il diniego, la quantità e l’assenza di
specificità di alcune delle istanze porta a
ritenere che esse siano rivolte ad un controllo
generalizzato dell’attività di tutti i settori del
Comune e non per l’effettuazione del mandato
politico.
E nonostante ciò occorre rilevare che il
Comune, pur dopo avere negato in un primo
tempo l’accesso, come per la richiesta di
rilascio della copia di tre concessioni demaniali
marittime inviata all’Agenzia del Demanio di
Cosenza, successivamente ha esaudito la
richiesta stessa, rilasciando la copia dei detti
documenti; oppure a fronte del differimento
dell’accesso mediante visione di alcuni degli
atti richiesti ne ha anticipato la stessa visione,
accogliendone le istanze dei ricorrenti, sicchè
rispetto a tali richieste va pure dichiarata la
sopravvenuta carenza di interesse.
Riguardo poi all’atto col quale è stata negata la
richiesta di ottenere la copia delle
determinazioni
adottate
dall’Ufficio
di
ragioneria, dei registri cronologici delle
determinazioni di tutti gli Uffici e del Bilancio
di previsione, ostandovi al rilascio il disposto
dell’art. 6, comma 10 del Regolamento
sull’accesso, quest’ultimo è subordinato alla
valutazione dell’impugnativa sul Regolamento
che è stata spostata in sede ordinaria.
Per le considerazioni di cui sopra il ricorso va
dichiarato in parte inammissibile riguardo
all’impugnativa del "Regolamento per la
disciplina dei diritti di accesso dei cittadini alle
informazioni
agli
atti
e
documenti
amministrativi e ai servizi" del Comune di Praia
a Mare approvato con deliberazione di CC del
28 dicembre 2000, n. 39 modificato dalla
deliberazione di CC del 4 giugno 2008, n. 7 e ne
va disposta la separazione e la sua conversione
in rito ordinario con rinvio ad una udienza
pubblica da determinarsi, per il resto va
respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno
determinate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Calabria – Sezione Seconda definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe lo dichiara
in parte inammissibile riguardo all’impugnativa
del "Regolamento per la disciplina dei diritti di
accesso dei cittadini alle informazioni agli atti e
documenti amministrativi e ai servizi" del
Comune di Praia a Mare approvato con
deliberazione di CC del 28 dicembre 2000, n.
39 modificato dalla deliberazione di CC del 4
giugno 2008, n. 7 e ne va disposta la
separazione e la sua conversione in rito
ordinario con rinvio ad una udienza pubblica da
determinarsi e per il resto lo respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento di Euro
3000,00 a favore dell’Amministrazione
comunale di Praia a Mare per spese di giudizio
ed onorari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di
consiglio del giorno 06/11/2008 con l'intervento
dei Magistrati:
Pierina Biancofiore, Presidente FF, Estensore
101
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Anna Maria Verlengia, Referendario
Visti gli atti tutti della causa;
Vincenzo Lopilato, Referendario
Relatore, alla Camera di Consiglio del 15 luglio
2008, il cons. Goffredo Zaccardi;
DEPOSITATA
27/11/2008.
IN
SEGRETERIA
Il
Uditi gli avv.ti Dani e Gicca Palli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue.
***
. Reg.Dec. 5148/2008
FATTO
N. 4758 Reg. Ric. Anno 2008
REPUBBLICAITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4758/2008 proposto dal
Comune di Sassuolo, in persona del Sindaco in
carica, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio
Dani ed elettivamente domiciliato presso lo
studio del dr. Gianmarco Grez in Roma,
Lungotevere Flaminio n. 46;
contro
il sig. Gianfrancesco Menani, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Giorgio Fregni e Stelio Gicca
Palli ed elettivamente domiciliato presso lo
studio di quest’ultimo in Roma, Via G.
Antonelli n. 50;
per l’annullamento
della sentenza n. 1431/2008 pronunciata tra le
parti dal Tribunale Amministrativo Regionale
per l’ Emilia Romagna, seconda sezione;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione
dell’appellato Menani;
in
giudizio
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
La sentenza appellata è stata emessa a tenore
dell’articolo 25, quinto comma, della legge n.
241 del 7 agosto 1990 (legge 241/1990), sul
ricorso proposto dal sig. Menani, consigliere
comunale del Comune di Sassuolo, per
l’annullamento del diniego, opposto con nota n.
143 del 3 gennaio 2008 e successiva
comunicazione del 15 gennaio 2008 n.1136,
sulla istanza di accesso diretta ad ottenere in
copia autentica due documenti: a) la bozza del
Piano Strutturale Comunale e del Regolamento
Urbanistico Edilizio – PSC e RUE - consegnata
ai consiglieri comunali in data 8 giugno 2006 e
discussa in Consiglio Comunale il 15 giugno
2006; b) il documento n. 5 allegato al ricorso di
cui al fascicolo n. 960/2007 recante un
prospetto di confronto delle differenze tra la
bozza consegnata ai consiglieri ed il testo che
risulta approvato dal Consiglio Comunale .
Di tali documenti l’appellato era in possesso,
ma il Tribunale Amministrativo Regionale li
aveva ritenuti privi di rilevanza probatoria nel
giudizio avviato per l’annullamento delle
delibere consiliari di approvazione del PSC e
del RUE dall’attuale appellato perchè di
"provenienza informale ed indeterminata".
Infatti con ordinanza n. 680/2007, adottata nel
suddetto giudizio, il predetto Tribunale aveva
statuito di non consentire l’accesso agli atti in
parola sulla base della motivazione qui
richiamata.
La decisione oggetto del presente giudizio ha
ritenuto, invece, che sussisteva un interesse
qualificato del sig. Menani all’accesso agli atti
in relazione alla impugnazione delle delibere
consiliari di adozione e approvazione del PSC e
102
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
del RUE di cui al ricorso 960/2007 e che, non
negando il Comune di essere in possesso degli
atti di cui trattasi e non rientrando detti
documenti nelle categorie di atti non accessibili
individuate dall’articolo 24 della legge
241/1990, l’accesso doveva essere ammesso
nella forma richiesta: con la precisazione che,
per il secondo di detti atti, detenuto in originale
dal Prefetto di Bologna, l’Amministrazione era
tenuta a trasmettere la richiesta al Prefetto
stesso a tenore dell’articolo 6, secondo comma,
del DPR n. 184 del 12 aprile 2006.
Nell’atto di appello il Comune di Sassuolo ha
contestato detta impostazione chiedendo la
riforma della decisione appellata. Le parti hanno
presentato memorie illustrative delle rispettive
posizioni.
DIRITTO
L’appello è, a giudizio del Collegio, infondato.
Devono essere svolte alcune considerazioni
preliminari in punto di fatto: non è controversa
la circostanza che i documenti di cui il sig.
Menani chiede di poter estrarre copia autentica
gli siano stati trasmessi dal Comune appellante
in allegato alla nota n. 22060 del 5 luglio 2007
ed, inoltre, che detti documenti sono stati
esaminati nel corso del procedimento di
approvazione delle due deliberazioni consiliari
che il sig. Menani ha impugnato in primo grado
con il ricorso n. 960/2007 innanzi al Tribunale
Amministrativo Regionale per l’Emilia
Romagna.
Questa seconda circostanza è stata affermata
dall’attuale appellato nel ricorso di primo grado
e nella memoria presentata in questa fase del
giudizio, senza trovare smentita da parte del
Comune appellante.
In particolare la bozza di PSC - RUE è stata
consegnata al sig. Menani ed agli altri
consiglieri comunali in data 8 giugno 2006 ed è
stata discussa nella seduta del 15 giugno 2006
mentre il prospetto riassuntivo delle differenze
tra tale documento ed il contenuto delle delibere
poi approvate è stato posto all’ordine del giorno
della IV Commissione consiliare "Affari
istituzionali di controllo e garanzia" nella seduta
del 10 aprile 2007 e discusso nella successiva
seduta del 30 maggio 2007.
Si tratta, quindi, di due documenti che sono
entrati a far parte del complesso di atti
esaminati e discussi nel corso del procedimento
di approvazione delle due deliberazioni
consiliari impugnate dal sig. Menani in primo
grado rispetto ai quali è pieno ed incontestabile
il diritto di accesso dell’appellato nella sua
qualità di consigliere comunale e, per converso,
l’obbligo del Comune di esibirli, anche in copia
autentica, essendo atti di cui è tenuto a curare la
conservazione.
Né ha alcun rilievo la circostanza che il sig.
Menani ne fosse già in possesso posto che, nel
corso del giudizio innanzi al TAR Emilia
Romagna, il Tribunale, con la già ricordata
ordinanza n. 680/2007, ha negato forza
probatoria alla documentazione in parola
(perché "di provenienza informale ed
indeterminata") al fine di dimostrare la
differenza di contenuto tra quanto il Consiglio
Comunale ha esaminato e discusso e quanto
risulta formalmente deliberato. Tale situazione,
quindi, ha reso non solo ragionevole, ma
necessaria, la richiesta di copie autentiche degli
atti in questione dai quali, è opportuno
ricordarlo, il sig. Menani sostiene siano
desumibili una serie di difformità dei testi
discussi ed approvati, difformità che ha
analiticamente indicato nel ricorso di primo
grado.
E’, pertanto, evidente che solo dal riscontro di
tali documenti, per come risultano portati
all’attenzione degli organi comunali con il
verbale delle riunioni del Consiglio Comunale
in cui sono state adottate le delibere impugnate
ed, infine, dal raffronto con il contenuto delle
stesse, potrà chiarirsi la fondatezza o meno del
ricorso dell’appellato.
Da ciò consegue ineludibilmente la sussistenza
di un interesse qualificato all’accesso agli atti, e
correttamente il giudice di primo grado ne ha
dato atto nella decisione appellata fornendo
anche una motivazione adeguata con il richiamo
alla circostanza della pendenza del giudizio
103
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
avviato dall’appellato per l’annullamento delle
delibere comunali di approvazione del PSC e
del RUE.
Sono, quindi, da respingere le eccezioni di
difetto di interesse e di carenza di motivazione
della sentenza appellata svolte su questo punto.
Prive di pregio sono poi le considerazioni volte
a limitare la portata della ordinanza del TAR n.
680/2007 sopra richiamata al solo prospetto
delle differenze espressamente citato nel
dispositivo. E’, infatti, chiara l’intenzione del
primo giudice di privare, data la provenienza
non sicura, tutta la documentazione di supporto
alle tesi del sig. Menani di forza probatoria, ed
il riferimento al solo prospetto non è decisivo
perché in questo documento sono condensati,
per quel che serve in questa sede, anche i
contenuti della bozza di PSC – RUE. Parimenti
da disattendere è l’assunto che la bozza più
volte richiamata non è conservata agli atti del
Comune perché non protocollata e non
costituisce per tale motivo un atto interno ma un
semplice foglio di lavoro: non si comprende
perché allora è stata allegata alla nota comunale
n. 22060 del 5 luglio 2007 di cui porta
ovviamente il numero di protocollo, ma
soprattutto come tale definizione si attagli ad un
documento distribuito e discusso dai consiglieri
comunali in sede di adozione ed approvazione
delle deliberazioni concernenti il PSC ed il
RUE. La eventuale mancanza di una copia agli
atti del Comune potrà semmai introdurre un
problema di responsabilità dei funzionari tenuti
alla conservazione degli atti degli organi
comunali e di avvio delle attività per
recuperarne una copia da custodire ma, di certo,
non ridurre la tutela del diritto di accesso dei
consiglieri comunali.
Quanto alle censure dirette a contestare la
procedura di esibizione del prospetto è
pienamente legittimo che, essendo detto
documento in possesso del Prefetto di Bologna
che lo ha ricevuto in allegato ad un esposto poi
trasmesso al Comune di Sassuolo per avere
elementi di risposta, in applicazione
dell’articolo 6, secondo comma del DPR 12
aprile 2006 n. 184, il giudice di primo grado
abbia disposto per l’invio della istanza del sig.
Menani al Prefetto di Bologna per gli
adempimenti di competenza né, in alcun modo
in forza di tale statuizione il Prefetto diviene
parte necessaria del presente giudizio
rimanendo libero, nell’esercizio delle funzioni
proprie, di accogliere o meno la istanza.
Neppure vi è stata pronuncia "ultra petita" in
quanto è all’interno delle statuizioni da prendere
per soddisfare la pretesa fatta valere in giudizio
dall’attuale appellato che è stato disposto l’invio
della stessa al Prefetto, fermo restando che ben
potrebbe il Comune rilasciare copia autentica
della documentazione a suo tempo ricevuta dal
Prefetto semplificando le attività necessarie per
consentire l’accesso richiesto dal sig. Menani.
E’, poi, ben chiaro che, a fronte della
inadempienza dell’Amministrazione, compete
al giudice provvedere a rendere operanti gli
obblighi di legge.
Nessun rilievo ha la rinuncia che il sig. Menani
il giorno successivo alla ricezione dell’atto
impugnato, avrebbe espresso con riguardo alla
richiesta di estrazione di copia del prospetto:
detta dichiarazione era con evidenza diretta a
conseguire, quantomeno, la bozza di PSC –
RUE; cadendo questo presupposto viene meno
anche la dichiarazione di rinuncia parziale
all’accesso.
Del tutto fuori luogo è la considerazione svolta
nella parte finale dell’appello in ordine alla
facoltà di negare l’accesso all’autore del
documento o comunque a chi ne sia in possesso
in quanto, nel caso di specie, si tratta di
conseguire copie autentiche.
Non sussiste, infine, la denunciata violazione
delle norme che fissano le modalità di
autenticazione degli atti: nel caso in esame i
documenti richiesti hanno costituito oggetto di
discussione nel procedimento di approvazione
di due atti fondamentali per il Comune di
Sassuolo (chiunque li abbia prodotti o redatti) e
dovevano, e debbono, essere conservati dal
funzionario che conserva gli atti relativi alle
deliberazioni consiliari, che potrà autenticarne il
contenuto per come acquisiti agli atti del
Comune.
104
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Alla stregua delle considerazioni che precedono
l’appello deve essere respinto mentre, in
considerazione della statuizione resa con
ordinanza n. 680/2007 - che ha considerato atti
informali i documenti di cui viene chiesto
l’accesso determinando in qualche modo
incertezza sull’obbligo di esibirli nella forma
richiesta - possono essere compensate le spese
del giudizio.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio- Sede di Roma -Sezione III quater
composto dai seguenti magistrati:
Dr. Mario Di Giuseppe - Presidente
Dr. Linda Sandulli - Consigliere relatore
Dr. Carlo Taglienti - Consigliere
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta,
definitivamente pronunciando sull’appello
indicato in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato,
Sezione Quarta, riunito in camera di consiglio,
addì 15 luglio 2008, con l'intervento dei
seguenti Magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 3133 del 2008 proposto da
Marcelli Giorgio, rappresentato e difeso
dall’avvocato
Corrado
Morrone
ed
elettivamente domiciliato presso il suo studio in
Roma, Viale XXI Aprile n. 11;
CONTRO
Goffredo ZACCARDI - Consigliere, est.
L’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma C, in
persona del rappresentante legale in carica,
rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriella
Mazzolli
e
Barbara
Bentivoglio
ed
elettivamente domiciliata presso il loro studio in
Roma Viale dell’Arte 68;
Carlo SALTELLI - Consigliere
per l’annullamento
Sergio DE FELICE - Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
del provvedimento di cui alla nota dell’AUSL
Roma C, UOC, Attività Legale, dell’8 febbraio
2007, protocollo 7655, di diniego di accesso ai
documenti e agli atti amministrativi richiesti ex
art. 22 l. 241 del 1990;
Goffredo Zaccardi Luigi Cossu
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Depositata in Segreteria il 21/10/2008.
Visti gli atti della causa;
***
Nominato relatore all’Udienza in Camera di
Consiglio del 14 maggio 2008 il consigliere dr.
Linda Sandulli e sentiti gli avvocati come da
verbale d’udienza ;
Luigi COSSU - Presidente
Vito CARELLA - Consigliere
N. 7930/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
FATTO
105
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Dirigente medico nella disciplina di medicina
legale il dr. Marcelli ha preso servizio presso
l’Azienda intimata a partire dal 30 ottobre 2005,
a seguito di mobilità.
Riferisce di aver "sofferto" varie illegittimità tra
le quali - prima per ordine di importanza - è
quella del mancato riconoscimento di permessi
espressamente ammessi dalla normativa di
settore e richiesti a vario titolo come per
assistenza ai genitori colpiti da grave handicap e
per assolvere ad incarichi esterni, consentiti
dalla medesima normativa.
Assume che la mancata fruizione dei congedi
richiesti gli ha procurato un danno economico
materiale oltre che morale.
Riferisce anche di aver portato la sua vicenda
all’attenzione del Servizio attività legale
dell’Azienda, nell’ottobre 2006, anche in
considerazione degli atti di diffida dal
medesimo rivolti all’AUSL.
Soggiunge di aver fornito, sempre, adeguata
motivazione in relazione ad ogni istanza e di
aver ottenuto un incontro per il 7 novembre
2006 con l’avvocato Mazzoli presso la sede
legale "per considerare le richieste inoltrate a
questa amministrazione".
In esito a tale incontro sarebbe stata
riconosciuta la fondatezza delle sue doglianze
ed avrebbe ottenuto somme illegittimamente
trattenute dall’Azienda.
Ha presentato formale istanza di accesso alla
documentazione che lo riguarda, al fine di
valutare
la
situazione
e
procedere,
eventualmente, in altre sedi alla tutela dei suoi
interessi, senza ottenere quanto richiesto.
Impugna il diniego all’accesso pronunciato
dall’Azienda intimata e deduce i seguenti
motivi:
Violazione e falsa applicazione dell’articolo 24
della legge n. 241 del 1990 come modificato
dalla legge n. 15 del 2005 e dei principi generali
in tema di accesso. Violazione dell’articolo 3
della medesima legge. Violazione dell’articolo
2 della legge n. 200 del 26 gennaio 1996 e del
dPR n. 184 del 12 aprile 2006. Eccesso di
potere per difetto di motivazione e di istruttoria.
Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e
dei principi di imparzialità, trasparenza e buon
andamento.
In via subordinata i medesimi principi e le
medesime norme sotto diverso profilo.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione
intimata che ha contestato le argomentazioni
addotte dal ricorrente chiedendo il rigetto del
gravame.
All’udienza del 14 maggio 2008 la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
Dirigente medico nella disciplina di medicina
legale presso l’Azienda intimata, a partire dal
30 ottobre 2005, il dr. Marcelli, dopo aver
contestato alla medesima Azienda la mancata
concessione di permessi retribuiti e la rigidità
dell’orario impostogli, ha chiesto, con nota del
22 gennaio 2008 di "prendere visione dei
documenti amministrativi del procedimento
concluso con l’emanazione del provvedimento
finale favorevole ….contenuti nel relativo
fascicolo ".
Si è visto negare l’accesso in applicazione
dell’articolo 24 della legge n. 241 del 1990 che
ad avviso dell’azienda resistente sarebbe
applicabile nella specie, rientrando la questione
del ricorrente in una fase contenziosa e non
meramente amministrativa ed essendo i pareri
resi dai legali e per tale ragione, sottratti
all’accesso, secondo gli articoli 622 c.p. e 200
cpp, e secondo l’articolo 2 del dPCM n. 200 del
26.1.1996, contenente le norme per la disciplina
di categorie e documenti dell’Avvocatura dello
Stato.
L’ultima disposizione, in particolare, ancorché
riguardante gli atti dell’Avvocatura dello Stato
troverebbe applicazione anche al di fuori
dell’ambito della difesa erariale in quanto
sarebbe ricognitiva dei principi applicabili nella
materia.
106
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
La
ricostruzione
della
vicenda
dall’Amministrazione resistente non
condivisa dal Collegio.
fatta
viene
Sul punto, ritiene di dover richiamare
l’orientamento
consolidato
del
giudice
amministrativo, secondo il quale:" Ai sensi del
combinato disposto di cui agli art. 10 d.P.R. n.
554 del 1999 e 24 l. n. 241 del 1990, sono
sottratte all'accesso le relazioni riservate del
direttore dei lavori e dell'organo di collaudo
sulle domande e sulle riserve dell'impresa posto
che la definizione di "riservata" data ai suddetti
atti dall'art. 31 bis l. n. 109 del 1994, denota
come il legislatore abbia voluto impedire la
diffusione delle surriferite relazioni al di fuori
delle amministrazioni cui sono indirizzate, in
quanto si inseriscono in una controversia in atto
o potenziale tra l'Amministrazione e
l'appaltatore concernente l'esecuzione del
contratto, nella quale si fronteggiano interessi di
natura patrimoniale e che solo indirettamente,
per le possibili conseguenze sulla finanza
pubblica, presentano riflessi di ordine
pubblicistico; tale divieto, viceversa, non opera
nei confronti di un parere legale che, laddove
oggettivamente correlato ad un procedimento,
assume valenza endo - procedimentale,
decadendo a ruolo di mero elemento istruttorio
(Consiglio Stato, sez. V, 15 aprile 2004, n.
2163) e, sempre sul medesimo tema il principio
secondo il quale: "Gli scritti defensionali degli
avvocati, siano essi del libero foro o appartente
ad uffici legali di enti pubblici, sono esclusi
dall'accesso in quanto il segreto professionale è
specificamente
tutelato
dall'ordinamento.
Nell'ambito degli atti coperti da segreto, come
tali sottratti all'ostensione, rientrano in linea
generale gli atti redatti dai legali e dai
professionisti in relazione a specifici rapporti di
consulenza con l'amministrazione, detto segreto
gode di una tutela qualificata, enucleata dalla
disciplina dettata dagli art. 622 c.p. e 200 c.p.p.
Debbono quindi ritenersi accessibili i soli pareri
resi,
anche
da
professionisti
esterni
all'amministrazione,
che
si
inseriscono
nell'ambito
di
un'apposita
istruttoria
procedimentale, posto che in tale evenienza il
parere è oggettivamente correlato ad un
procedimento amministrativo, mentre debbono
ritenersi coperti da segreto i pareri resi dopo
l'avvio di un procedimento contenzioso
(giudiziario, arbitrale, od anche meramente
amministrativo), oppure dopo l'inizio di tipiche
attività precontenziose, quali la richiesta di
conciliazione obbligatoria che precede il
giudizio in materia di rapporto di lavoro
(Consiglio Stato, sezione V, 2 aprile 2001 , n.
1893).
Più recentemente, è stato affermato che: "Ai fini
dell'opposizione del segreto professionale alle
istanze di accesso agli atti, ai sensi dell'art. 24
comma 1 l. 7 agosto 1990 n. 241 e dell'art. 2
d.P.C.M. 26 gennaio 1996 n. 200 (Regolamento
recante norme, per la disciplina di categorie di
documenti formati o comunque rientranti
nell'ambito delle attribuzioni dell'Avvocatura
dello Stato sottratti al diritto di accesso),
occorre distinguere fra pareri legali resi in
relazione a contenziosi (sottratti al diritto di
accesso) e pareri legali che rappresentano,
anche per effetto di un richiamo esplicito nel
provvedimento
finale,
un
passaggio
procedimentale istruttorio di un procedimento
amministrativo in corso; solo il primo tipo di
pareri, infatti, è sottratto all'accesso, in quanto
non è la sola natura dell'atto a giustificarne la
segretezza, ma la funzione che l'atto stesso
svolge nell'azione dell'amministrazione. (T.A.R.
Sardegna Cagliari, sez. II, 26 gennaio 2007, n.
38).
Alla luce della giurisprudenza richiamata, alla
quale, peraltro, fa riferimento la stessa difesa
dell’Azienda, è facile osservare che il punto di
discrimine tra l’ostensibilità o meno del parere
reso da un legale, esterno o interno ad un ente,
non è costituito dalla natura dell’atto ma dalla
sua funzione.
Se il parere viene reso in una fase
endoprocedimentale, prodromica quindi ad un
provvedimento amministrativo, lo stesso è
ammesso all’accesso mentre se viene reso in
una fase contenziosa o anche precontenziosa,
l’accesso è escluso a tutela delle esigenze di
difesa.
Fatta questa precisazione il Collegio ritiene
necessario rilevare quale sia l’ambito
riconosciuto al diritto d'accesso ai documenti
107
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
amministrativi, nel nostro ordinamento, che è
quello di un margine amplissimo riconosciuto
sia come risposta effettiva al principio di
trasparenza dell’agire pubblico sia come
esigenza di garantire la possibilità della cura e
della difesa di interessi giuridici da parte dei
singoli. Diritto che è destinato a prevalere su
quello alla riservatezza dei terzi e che non può
risolversi in una clausola di stile, ma dev'essere
garantito in relazione alla situazione di fatto e di
diritto nella quale la domanda d'accesso
s'inserisce e tale effettività deve essere
controllabile
dal
giudice
dell'accesso.
(Consiglio Stato, sez. V, 3 aprile 2000, n. 1916).
Perché un diritto di tale portata subisca una
limitazione è necessario, pertanto, che si sia in
presenza di una fattispecie tipica e certa quale,
secondo la giurisprudenza richiamata, un
procedimento
contenzioso
(giudiziario,
arbitrale, od anche meramente amministrativo
intendendo per tale il contenzioso avviato con
ricorso amministrativo) in atto, oppure che si sia
in presenza dell'inizio di tipiche attività
precontenziose,
quali
la
richiesta
di
conciliazione obbligatoria che precede il
giudizio in materia di rapporto di lavoro e non
si tratti di un procedimento amministrativo.
Ne consegue che, in mancanza di un vero e
proprio contenzioso o di una fase
precontenziosa come quelle accennate, non può
essere ritenuto sufficiente ad escludere
l’esercizio di tale diritto un procedimento
amministrativo preordinato a fare chiarezza
interpretativa sulle norme da applicare ed
idoneo all’eliminazione di un possibile o
potenziale conflitto tra uffici o tra dipendenti
all’interno dell’amministrazione.
Ciò, ancor più se il procedimento relativo, come
nella specie, si è concluso con l’adozione di un
provvedimento favorevole all’istante, facendo
venir meno anche le pretese esigenze di
riservatezza riguardanti l’attività defensionale.
I pareri degli uffici legali interni, espressi
nell’ambito di tale procedura costituiscono una
fase istruttoria del provvedimento conclusivo e
lo giustificano (in tanto i soldi sono stati erogati
in quanto quello o quei pareri hanno giustificato
l’esborso) sicchè essi restano assorbiti nel
procedimento senza che se ne possa negare
l’accesso.
Nessun vincolo di segretezza, quindi, che non
può operare in quanto il principio della
riservatezza recede qualora il parere costituisca
una fase di un procedimento amministrativo in
atto.
Se si ammettesse, del resto, che in presenza di
qualunque
contrasto
interpretativo
sull’applicazione delle norme di un settore si
ricade, automaticamente, in una fase
contenziosa si arriverebbe a circoscrivere
pesantemente – e ingiustificatamente – lo stesso
ambito di operatività del diritto di accesso
stabilito dagli articoli 22 e seguenti della legge
n. 241 del 1990 con sacrificio del diritto di
difesa del richiedente l’accesso.
Nel caso del dr. Marcelli inoltre, non può non
rilevarsi che a fronte della richiesta di tutta la
documentazione relativa alla questione trattata
in ordine alle sue istanze su permessi, orari e
assegnazione di materiale, l’Amministrazione
resistente ha opposto un generale diniego di
accesso giustificandolo con il richiamo al
segreto professionale dei pareri legali resi e ha
escluso
così
dall’accesso
tutta
la
documentazione compreso quella adottata dagli
uffici della medesima Azienda rispetto ai quali
nessun impedimento all’accesso è comunque
configurabile.
Il ricorso deve essere pertanto accolto.
Le spese di lite in considerazione della natura
della questione trattata possono essere
compensate tra le parti.
PQM
Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio - Sede di Roma - Sezione III quater
Accoglie il ricorso proposto da Marcelli
Giorgio, meglio specificato in epigrafe e per
l’effetto annulla l’atto impugnato dichiarando
l’obbligo dell’Azienda resistente di consentire
l’accesso alla documentazione richiesta.
108
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio
del 14 maggio 2008
Dr. Mario Di Giuseppe - Presidente
Dr. Linda Sandulli - Consigliere estensore
Depositata in Segreteria in data 27 agosto 2008.
***
N. 4790/2008
PER L’ANNULLAMENTO
della nota prot. n. CR/2007/7466 del 7 febbraio
2007, con cui il Comune intimato ha autorizzato
il Condominio controinteressato ad accedere
agli atti ed alla D.I.A. a suo tempo posti in
essere dal sig. MACRÌ per l'effettuazione di
lavori di ristrutturazione edilizia negli immobili
siti in Roma, alla via Vigliena n. 2 ed al v.le
Giulio Cesare nn. 44/46 e n. 38 (int. 2).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
REPVBBLICA ITALIANA
Visto l’atto di costituzione delle parti intimate;
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE
REGIONALE
dell’Amministratore
pro
tempore,
controinteressato, rappresentato e difeso dagli
avvocati Mario SANINO e Gianpaolo
RUGGIERO ed elettivamente domiciliato in
Roma, al v.le dei Parioli n. 180;
AMMINISTRATIVO
PER IL LAZIO, SEZ. II
ha pronunciato la seguente
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza camerale del 7 maggio
2008 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e
uditi altresì, per le parti, soltanto gli avvocati DI
SANTO e RUGGIERO;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
SENTENZA
sul ricorso n. 3314/2008, proposto dalla Ditta
RELAIS GROUP di Roberto MACRÌ, con sede
in Roma, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.
Gianni DI SANTO ed elettivamente domiciliata
in Roma, alla via M. Dionigi n. 57;
CONTRO
il COMUNE DI ROMA, in persona del sig.
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv.
Cristina
MONTANARO
ed
elettivamente domiciliato in Roma, alla via del
Tempio di Giove n. 21
E NEI CONFRONTI
del Condominio di viale Giulio Cesare n. 30/38,
con
sede
in
Roma,
in
persona
FATTO E DIRITTO
1. – Il sig. Roberto MACRÌ, nella qualità di
titolare pro tempore della Ditta RELAIS
GROUP con sede in Roma, rende noto d’aver
prodotto al Comune di Roma alcune D.I.A. per
l'effettuazione di lavori di ristrutturazione
edilizia negli immobili siti in Roma, alla via
Vigliena n. 2 ed al v.le Giulio Cesare nn. 44/46
e n. 38 (int. 2).
Il sig. MACRÌ dichiara pure che, in data 8
ottobre 2007 ed in esecuzione d’un
provvedimento del Comune stesso, il sig. Ivano
ROSSI, Amministratore del Condominio di
viale Giulio Cesare nn. 30/38 in Roma ed il di
lui tecnico di fiducia arch. Francesco
CIANFRIGLIA gli hanno chiesto d’ accedere
nei locali, da lui condotti, di via Vigliena n. 2 in
Roma. In tal occasione, il sig. MACRÌ assume
109
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
che l’arch. CIANFRIGLIA gli ha esibito copia
delle D.I.A. a suo tempo presentate, in una con
gli elaborati grafici e le relazioni tecniche
asseverate.
Sicché il sig. MACRÌ s’è rivolto al Comune di
Roma, chiedendogli di giustificare le ragioni di
tale accesso nei predetti locali, di fornirgli la
copia della comunicazione a se stesso ex art. 3
del DPR 12 aprile 2006 n. 184 e d’ accedere a
sua volta alla documentazione in virtù della
quale tale P.A. aveva fornito al sig. ROSSI la
copia delle D.I.A. de quibus. Il Comune di
Roma, con nota prot. n. CR/N 60636del 14
novembre 2007, ha risposto al sig. MACRÌ «…
che non risulta in atti tale documentazione…»,
ossia la comunicazione ex art. 3 del DPR
184/2006.
2. – Pertanto, il sig. MACRÌ adisce questo
Giudice, con il ricorso in epigrafe, per
l’annullamento
della
nota
prot.
n.
CR/2007/7466 del 7 febbraio 2007, con cui il
Comune intimato aveva autorizzato il
Condominio di v.le Giulio Cesare nn. 30/38 ad
accedere agli atti ed alla D.I.A. de quibus. Il
ricorrente deduce essenzialmente che l’art. 3 del
DPR 184/2006, nel prevedere l’obbligo di
comunicazione ai soggetti individuati come
controinteressati alle istanze d’accesso ex artt.
22 e ss. della l. 7 agosto 1990 n. 241, gli
garantisce un diritto alla riservatezza e, quindi,
d’opposizione alla richiesta d’accesso, onde
l’omissione di detta comunicazione gli ha
impedito d’opporsi all’istanza del Condominio
controinteressato.
Resiste in giudizio il Comune intimato,
concludendo per il rigetto della pretesa attorea.
S’è costituito nel presente giudizio anche il
Condominio controinteressato, che eccepisce il
difetto di legittimazione del ricorrente all’uso
del rimedio ex art. 25 della l. 241/1990,
l’inammissibilità del gravame in epigrafe
perché rivolto ad ottenere una pronuncia
condannatoria fuori dagli schemi previsti dal
medesimo art. 25, la tardività dell'impugnazione
attorea e, nel merito, l’infondatezza di
quest’ultimo.
All’udienza camerale del 7 maggio 2008, su
conforme richiesta delle parti presenti, il ricorso
in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
3. – Si può prescindere da ogni considerazione
circa la tardività e l'inammissibilità del ricorso
in epigrafe, perché è del tutto privo di pregio e
va disatteso, per le considerazioni qui di seguito
indicate.
4. – Ai fini d’una miglior comprensione della
res controversa, rammenta il Collegio che
l’impugnazione attorea muove dal fatto, in sé
materialmente vero e, comunque, non revocato
in dubbio, per cui l’accesso del Condominio
agli atti dell’odierno ricorrente è avvenuto senza
la previa comunicazione, da parte del Comune
intimato, a’sensi dell’art. 3, c. 1 del DPR
184/2006, con ciò impedendo al medesimo sig.
MACRÌ d’opporvisi a tutela della sua
riservatezza.
Per vero, il citato art. 3, c. 1 impone alla P.A.,
cui sia indirizzata la richiesta d’accesso e
nell’ambito del relativo procedimento, di dar
comunicazione ai soggetti controinteressati, ove
li individui a’sensi dell'art. 22, c. 1, lett. c) della
l. 241/1990, mediante invio di copia con
raccomandata con avviso di ricevimento, o per
via telematica per coloro che abbiano consentito
tale forma di comunicazione, affinché costoro,
in base al successivo c. 2, possano giovarsi della
loro facoltà d’opposizione.
Ora, in virtù del testé indicato art. 22, c. 1, lett.
c), in materia d’accesso ai documenti
amministrativi,
per
controinteressati
s’intendono «… tutti i soggetti, individuati o
facilmente individuabili in base alla natura del
documento
richiesto,
che
dall'esercizio
dell'accesso vedrebbero compromesso il loro
diritto alla riservatezza…». Non è chi non veda
come la norma primaria riconosca la posizione
di controinteresse in capo soltanto a coloro, tra
tutti quelli nominati o coinvolti nel documento
oggetto dell'istanza ostensiva, che per effetto
dell'accesso vedrebbero pregiudicato il loro
diritto alla riservatezza.
Ebbene, non sottovaluta certo il Collegio
l'ampliamento e la progressiva importanza
110
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
assunta dal diritto alla riservatezza, ma
quest’ultimo concerne solo quelle vicende
collegate in modo apprezzabile alla sfera privata
del soggetto (cfr. così Cons. St., VI, 25 giugno
2007 n. 3601), secondo quanto al riguardo
prevedono, in generale (compresi i dati sensibili
e giudiziari), l’art. 59 e, per i dati idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, l’art.
60 del Dlg 30 giugno 2003 n. 196. Sul punto,
già la Sezione (cfr. TAR Lazio, II, 19 ottobre
2006 n. 10620) ebbe modo di precisare, con
statuizione da cui il Collegio non ha motivo di
discostarsi, che, nel bilanciamento di interessi
che connota la disciplina del diritto d'accesso,
questo prevale sull'esigenza di riservatezza dei
terzi ogniqualvolta esso serva per la cura o la
difesa di interessi giuridici del richiedente,
come nella specie, dove il Condominio
controinteressato ha acceduto agli atti del
ricorrente per verificare se ed in qual misura i
lavori edili da lui effettuati implichino problemi
alla statica del fabbricato. La Sezione ha altresì
chiarito che il diritto d'accesso recede qualora si
tratti di dati personali (dati c.d. « sensibili »),
cioè di quegli atti idonei a rivelare l'origine
razziale o etnica, le convenzioni religiose o
politiche, lo stato di salute o la vita sessuale dei
terzi, nel qual caso l'art. 60 del Dlg 196/2003
consente l'accesso solo a condizione che la
posizione giuridica soggettiva, che il richiedente
deve far valere o difendere, sia di rango almeno
pari a quello della persona cui si riferiscono tali
dati (cfr. pure Cons. St., VI, 27 ottobre 2006 n.
6440). Fuori da questa ipotesi, che non sussiste
in materia urbanistico - edilizia —nel qual
campo il ricorrente ed il Condominio
controinteressato in pratica controvertono—,
resta fermo il jus receptum (cfr., per tutti, Cons.
St., VI, 23 ottobre 2007 n. 5569) per cui
l'accesso prevale anche sul diritto alla
riservatezza qualora sia strumentale (e nella
specie, certamente lo è) alla cura o alla difesa
degli interessi giuridici del soggetto richiedente,
salvo che vengano in considerazione (ma non è
questo il caso) appunto quei dati sensibili o
sensibilissimi, idonei cioè a rivelare lo stato di
salute o la vita sessuale, per il cui trattamento
dispone l’art. 60 del Dlg 196/2003.
Sicché, ai fini dell’operatività dell’istituto
partecipativo ex art. 3, c. 2 del DPR 184/2006,
non basta predicare d’aver un generico interesse
alla riservatezza dei dati cui un terzo intende
accedere, a pena di formulare una pretesa
meramente formalista, se non emulativa.
Occorre infatti fornire un serio principio di
prova, atto a dimostrare in concreto, soprattutto
quando non si versi in alcuno dei casi ex artt. 59
e 60 del Dlg 196/2003, la natura comunque
riservata delle informazioni contenute in atti e
documenti altrimenti accessibili.
In altre parole, pure l’accesso ai documenti
amministrativi è procedimentalizzato secondo le
regole di cui all’art. 25 della l. 241/1990 ed agli
artt. 2 e ss. del DPR 184/2006, sia pur con
formula assai semplice e priva di solennità, atta
a garantire la trasparenza e la conoscibilità
dell’agire amministrativo. Resta perciò fermo
anche per l’accesso il principio del
raggiungimento dello scopo di cui all’art. 21octies della l. 241/1990, onde le norme sulla
partecipazione al procedimento amministrativo
non possono esser applicate meccanicamente e
formalisticamente (arg. ex Cons. St., V, 9
ottobre 2007 n. 5251).
Tanto nella considerazione che l’omessa
comunicazione ex art. 3, c. 1 del DPR 184/2006
implica sì un vizio procedimentale che si
riverbera sull’ ammissione del controinteressato
ad accedere alle D.I.A. de quibus, ma, poiché
quest’ultima non avrebbe potuto avere in
concreto altro risultato, è considerato dalla
legge non annullabile perché la circostanza che
il suo contenuto sia, malgrado i vizi, quello
corretto priva il ricorrente dell'interesse a
coltivare un giudizio annullatorio, da cui non
potrebbe ricavare alcuna concreta utilità (arg. ex
Cons. St., VI, 21 settembre 2006 n. 5547; id.,
IV, 12 settembre 2007 n. 4828, per la violazione
dell’art. 10-bis della l. 241/ 1990; id., V, n.
5251/2007, cit.). Invero, non l’astratto
scostamento dal modello normativo determina
l’illegittimità dell’atto, ma solo la difformità
che danneggia in concreto la parte che lo
denuncia, stante lo stretto legame, proprio del
contenzioso amministrativo delineato dapprima
dalla giurisprudenza e, quindi, dalla novella del
2005 alla l. 241/1990 tra tutela dell’interesse
azionato e vizio dell’atto. Non nega il Collegio
che, tanto nel procedimento, quanto nel
111
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
processo innanzi a questo Giudice, le forme
rappresentino il ragionevole punto d’equilibrio
tra le opposte esigenze e dimostrino la
presumibile conformità a diritto d’ una
statuizione che non può pretendere, di per sé
sola, di legittimarsi per forza propria. Tuttavia
ed in disparte il ripudio dell’ordinamento di
tutele strumentali per fini solo o ictu oculi
emulativi o in abuso di diritti, l'omessa
allegazione, come nella specie, d’ un sia pur
minimo principio di prova sull’utilitas ritraibile
(ossia, di un’effettiva riservatezza rispetto ad
esigenze di giustizia altrui) implica che il
ricorrente vanta solo un interesse diseconomico,
non coerente, cioè, con i principi ex art. 1 della
l. 241/1990, che la P.A. procedente deve
parimenti realizzare.
N. 521/2008
5. – Il ricorso in epigrafe va così rigettato, ma la
complessità della questione e giusti motivi
suggeriscono l’integrale compensazione, tra
tutte le parti, delle spese del presente giudizio.
CONSORZIO SERVIZI QUALIFICATI - CIQ,
rappresentato e difeso dagli avv. Andrea
Mozzati e Vito Salvadori, con domicilio eletto
presso il secondo in Brescia via XX Settembre
8;
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sez. 2°, respinge il ricorso n. 3314/2008 in
epigrafe.
Spese compensate.
Ordina all'Autorità amministrativa d’eseguire la
presente sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio
del 7 maggio 2008, con l’intervento dei sigg.
Magistrati:
Luigi TOSTI, PRESIDENTE,
Silvestro Maria
ESTENSORE,
RUSSO,
CONSIGLIERE,
Stefano TOSCHEI, CONSIGLIERE.
IL PRESIDENTE L’ESTENSORE
Depositata in Segreteria in data 21 maggio
2008.
***
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1129 del
2007, proposto da:
contro
TEA SERVIZI ENERGETICI INTEGRATI
(TEA SEI) SRL, rappresentata e difesa dagli
avv. Ermes Coffrini, Marcello Coffrini, e
Chiara Ghidotti, con domicilio eletto presso
quest’ultima in Brescia via Solferino 55;
TEA SPA, non costituitasi in giudizio;
nei confronti di
MARTINI & MARTINI DI MARTINI
VITTORIO E GINO SNC, rappresentata e
difesa dagli avv. Ermes Coffrini, Marcello
Coffrini, e Chiara Ghidotti, con domicilio eletto
presso quest’ultima in Brescia via Solferino 55;
per l'accesso
- ai documenti delle procedure negoziate indette
rispettivamente da TEA spa con nota prot. n.
6979 del 28 novembre 2006 e da TEA SEI srl
con nota prot. n. 602 del 24 maggio 2007 (con
particolare riferimento ai verbali delle
commissioni giudicatrici, ai provvedimenti di
aggiudicazione, e all’offerta tecnica ed
112
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
economica
presentata
dalla
società
controinteressata nella seconda procedura);
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di TEA
SEI srl;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Martini
& Martini di Martini Vittorio e Gino snc;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22
novembre 2007 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente Consorzio Servizi Qualificati
CIQ (Consorzio) svolge la propria attività nel
settore della sicurezza degli impianti di utenza
del gas (regolato dalla deliberazione dell’AEEG
n. 40 del 18 marzo 2004 e successive
modifiche). In tale ambito il ricorrente ha
sviluppato e commercializzato un modello di
accertamento automatizzato riguardante la
documentazione degli impianti post-contatore
(in data 4 ottobre 2004 è stata depositata la
relativa domanda di brevetto, registrata il 5
ottobre 2004 sub n. GE2004000092).
2. Il 21 marzo 2005 il Consorzio ha stipulato un
contratto con TEA spa avente ad oggetto il
servizio di accertamento della sicurezza per il
periodo 21 marzo 2005 – 30 settembre 2006.
L’art. 7 del contratto evidenzia che la
metodologia di alcune delle attività svolte dal
Consorzio rientra nella domanda di brevetto
depositata il 4 ottobre 2004 e vincola TEA spa a
mantenere la riservatezza e a non utilizzare la
stessa metodologia in successivi affidamenti del
servizio con altri soggetti.
3. Alla scadenza del rapporto TEA spa con nota
del direttore generale prot. n. 6979 del 28
novembre 2006 ha indetto una procedura
negoziata per un nuovo affidamento del
servizio. Ritenendo che l’impostazione del
servizio oggetto di tale procedura fosse ancora
basata sulla propria metodologia il Consorzio
con nota del 6 dicembre 2006 ha diffidato TEA
spa dal farne uso senza autorizzazione. A questo
punto TEA spa con nota del direttore generale
prot. n. 89 del 4 gennaio 2007 ha revocato la
procedura di gara.
4. In seguito vi è stata una fase di confronto tra
il Consorzio e TEA SEI srl (società costituita il
31 ottobre 2006, subentrata nel ramo d’azienda,
e interamente controllata da TEA spa). In
particolare è stata valutata dalle parti la
possibilità di una proroga dell’incarico del
Consorzio. Le trattative non hanno però
condotto ad alcun esito e TEA SEI srl con nota
prot. n. 602 del 24 maggio 2007 ha indetto una
procedura negoziata per un nuovo affidamento
del servizio.
5. Di fronte a questa scelta il Consorzio con
nota trasmessa il 19 luglio 2007 ha chiesto
copia degli atti della procedura negoziata
compreso il verbale della commissione
giudicatrice,
il
provvedimento
di
aggiudicazione, nonché l’offerta tecnica ed
economica
presentata
dalla
società
controinteressata.
6. TEA SEI srl ha risposto con nota prot. n.
1066 del 3 ottobre 2007 dichiarandosi
disponibile a consegnare copia della lettera di
invito ma opponendo un rifiuto per quanto
riguarda l’offerta tecnica ed economica della
controinteressata Martini & Martini snc a causa
dell’opposizione manifestata da quest’ultima ex
art. 3 del DPR 12 aprile 2006 n. 184 a tutela del
know how aziendale.
7. Contro il diniego parziale di accesso il
Consorzio ha presentato ricorso al TAR Brescia
ex art. 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241 con
atto notificato il 17 ottobre 2007 e depositato il
25 ottobre 2007. Nel ricorso si precisa che quale
oggetto della richiesta di accesso deve
intendersi l’intera serie degli atti delle due
113
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
procedure negoziate (rispettivamente quella
indetta da TEA spa il 28 novembre 2006 e
quella indetta da TEA SEI srl il 24 maggio
2007) e quindi non solo le lettere di invito ma
anche i verbali delle commissioni giudicatrici e
i provvedimenti di aggiudicazione, oltre
all’offerta tecnica ed economica presentata dalla
società
controinteressata
nella
seconda
procedura. Si è costituita in giudizio TEA SEI
srl chiedendo la reiezione del ricorso. Con
analoghe conclusioni si è costituita anche la
società controinteressata.
difendere l’aggiudicazione. Nei confronti dei
soggetti rimasti estranei alla gara i concorrenti
riacquistano però un diritto pieno alla
riservatezza. Per superare tale diritto è
necessario che sia dimostrato come attraverso la
tutela della riservatezza sia in realtà garantita
una situazione di abuso. In altri termini la
richiesta di accesso non può essere fondata
semplicemente sull’esigenza esplorativa di
verificare se vi sia stata violazione della
proprietà intellettuale ma di tale violazione
devono essere forniti indizi significativi.
8. Per quanto riguarda la legittimazione del
ricorrente si osserva che la condizione di ex
gestore e quella di titolare di domanda di
brevetto costituiscono congiuntamente una
giusta causa di accesso. Nel caso in esame
l’ente aggiudicatore del servizio aveva del resto
riconosciuto contrattualmente le limitazioni
temporali all’uso della metodologia elaborata
dal ricorrente (v. sopra al punto 2). Di
conseguenza la necessità di verificare il rispetto
dell’impegno contrattuale legittima il ricorrente
a chiedere copia degli atti della procedura di
gara per accertare su quale base sia impostato il
nuovo servizio e se vi siano elementi che
ricadono
nella
tutela
della
proprietà
intellettuale.
10. Sulla base di queste considerazioni deve
essere esclusa la possibilità per il ricorrente di
accedere direttamente all’offerta tecnica della
controinteressata mentre gli deve essere
consentito di ricercare eventuali indizi di abuso
presenti nei restanti atti della procedura. Sono
quindi accessibili non soltanto le lettere di
invito e i provvedimenti di aggiudicazione ma
anche i verbali delle commissioni giudicatrici.
Questi ultimi normalmente contengono
riferimenti descrittivi dell’offerta tecnica senza
tuttavia esporre nel dettaglio l’intero progetto di
gestione. Da questi riferimenti un soggetto che
opera nello stesso settore, e quindi dotato di
adeguata professionalità, può desumere se vi
siano elementi che corrispondono alla propria
metodologia. L’accesso ai verbali (senza
allegati documentali) può quindi essere
considerato un ragionevole equilibrio tra le
esigenze di accesso e quelle di riservatezza
(anche ai sensi dell’art. 13 comma 7 del Dlgs.
163/2006 per quanto riguarda i contratti nei
settori speciali). Se da questa forma parziale di
accesso emergessero elementi ulteriori a
sostegno del sospetto di utilizzazione abusiva
della proprietà intellettuale potrebbe poi essere
formulata una nuova e motivata istanza all’ente
aggiudicatore.
9. Occorre però fare una precisazione per
quanto riguarda il progetto presentato dal
soggetto aggiudicatario come parte dell’offerta
tecnica. Le medesime esigenze di tutela della
proprietà intellettuale invocate dal ricorrente
impongono infatti di stabilire un filtro a questa
parte della richiesta di accesso. Mentre per i
concorrenti che si confrontano nella procedura
di gara vale il principio di reciproca trasparenza
ora codificato dall’art. 13 comma 6 del Dlgs. 12
aprile 2006 n. 163, in base al quale le offerte
tecniche sono sempre conoscibili in tutti gli
aspetti rilevanti ai fini dell’aggiudicazione, per i
soggetti che come il ricorrente non hanno
partecipato alla gara il diritto di difesa non può
beneficiare di una tutela altrettanto vasta. In
effetti all’interno della procedura di gara i
partecipanti accettano il rischio di far conoscere
ai concorrenti la propria offerta tecnica avendo
come contropartita la possibilità di esercitare un
identico diritto di accesso per conseguire o
11. Il ricorso deve quindi essere accolto
parzialmente come specificato sopra al punto
10. Le copie degli atti devono essere messe a
disposizione del ricorrente entro 30 giorni dalla
comunicazione della presente sentenza. La
complessità di alcune questioni consente
l’integrale compensazione delle spese tra le
parti.
114
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
P.Q.M.
ha pronunciato la seguente
il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia Sezione staccata di Brescia,
definitivamente
pronunciando,
accoglie
parzialmente il ricorso come precisato in
motivazione.
SENTENZA
Le spese sono integralmente compensate tra le
parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio
del giorno 22 novembre 2007 con l'intervento
dei Magistrati:
Gianluca Morri, Presidente
Mauro Pedron, Referendario, Estensore
Stefano Tenca, Referendario
DEPOSITATA
20/05/2008
IN
SEGRETERIA
il
sul ricorso n. R.g 7253 del 2008 proposto da
GHENZI Giovanna, rappresentata e difesa
dall’avv. Federico Tedeschini, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Roma,
Largo Messico n. 7;
contro
- l’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona
del Direttore pro tempore, non costituita in
giudizio;
- la EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della
riscossione per la Provincia di Roma, in persona
del rappresentante legale pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Gianluca
Mantellini, presso il cui studio è elettivamente
domiciliata in Roma, Lungotevere Flaminio n.
18;
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
per l’annullamento
IL SEGRETARIO
del silenzio-rigetto formatosi in data 30 giugno
2008 sull’istanza di accesso notificata alla
Agenzia delle entrate-Ufficio Roma 1 il 30
maggio 2008 ed alla Gerit S.p.a. il 29 maggio
2008
***
N.9516/2008
REPUBBLICA ITALIANA
e per la declaratoria
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Luigi TOSTI - Presidente
del diritto di prendere visione ed acquisitre
copia di tutta la documentazione relativa al
calcolo degli interessi applicati ai pretesi crediti
di cui al preavviso di fermo dei veicoli n.
097.2006.000208292 del 16 febbraio 2007,
inviato alla ricorrente, con particolare
riferimento alle somme richieste con le cartelle
esattoriali n. 097 2005 0110785609 e n. 097
2005 0202506956.
Carlo MODICA de MOHAC - Componente;
Visto il ricorso con i documenti allegati;
Stefano TOSCHEI - Estensore;
Vista la costituzione in giudizio della Gerit ed i
documenti prodotti;
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
Sezione Seconda
composto dai Signori:
115
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Esaminate le ulteriori memorie depositate;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del 22 ottobre
2008 il dott. Stefano Toschei; presente per la
parte ricorrente l’avv. Paola Conticiani, delegata
dall’avv. Tedeschini e, per la società Gerit,
l’avv. Mantellini;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
FATTO E DIRITTO
1. – La Signora Ghenzi ha presentato istanza sia
all’Agenzia dell’entrate sia alla Gerit. S.p.a. al
fine di ottenere l’accesso alla documentazione
riguardante il calcolo degli interessi applicati ai
pretesi crediti di cui al preavviso di fermo
veicoli n. 097.2006.000208292 del 16 febbraio
2007.
La ricorrente riferiva che il preavviso di fermo
sarebbe collegato ad un preteso credito di €
10.862,69 costituito da tributi iscritti a ruolo ed
oneri accessori elencati nel suddetto preavviso e
riferiti al mancato pagamento di alcune cartelle
esattoriali. Da qui la richiesta di ostensione
degli
atti
che
avevano
consentito
l’individuazione del ridetto credito che tuttavia
restava senza alcuna risposta.
2. – Il richiesto accesso documentale ha per
oggetto - in disparte la dichiarazione del
difensore della Gerit, ribadita in Camera di
consiglio, secondo il quale non esisterebbero gli
atti richiesti giacché il computo degli interessi
viene effettuato automaticamente e per effetto
dell’utilizzo
di
programmi
informatici,
evenienza che, semmai, è riferibile solo al
meccanismo
di
acquisizione
della
documentazione e non alla accessibilità della
stessa, visto che è comunque sempre possibile
riprodurre in stampa i processi informatici svolti
nel corso della procedura – atti che sono
riconducibili ad un procedimento tributario.
Infatti la lett. e ter), aggiunta all'art. 19, comma
1, del decreto legislativo n. 546 del 1992,
dall'art. 35 comma 26 quinquies della legge n.
248 del 2006 di conversione del decreto legge
n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani), deve
interpretarsi nel senso che ha devoluto alla
giurisdizione tributaria esclusivamente la
cognizione dei provvedimenti di fermo
amministrativo di beni mobili registrati emessi
in relazione a carichi esattoriali scaduti aventi
natura
tributaria,
dovendo
escludersi
l'attribuzione al giudice tributario della
giurisdizione assoluta e generale sui
provvedimenti di fermo, quale che sia la natura
del carico iscritto a ruolo. Nondimeno
appartengono alla giurisdizione tributaria le
controversie che, con o senza impugnazione
dell'atto di accertamento, attengono in via
diretta
ed
immediata
all'esistenza
dell'obbligazione tributaria ed alla sua misura,
con esclusione di quelle che riguardino
unicamente la legittimità o meno di un atto
successivo alla notifica della cartella di
pagamento e che non può più involgere l'esame
di questioni che afferiscono al credito
sottostante. Da ciò consegue che sono
impugnabili davanti al giudice tributario
esclusivamente i provvedimenti di fermo che
siano stati disposti a seguito del mancato
pagamento di tributi iscritti a ruolo, comunque
denominati.
3. – Precisato quanto sopra il Collegio ritiene
che, nonostante la loro natura, i documenti
richiesti possano essere considerati accessibili,
non essendo applicabile nella specie la causa di
esclusione delineata nell’art. 24, comma 1 lett.
b), della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Come già precisato in altre occasioni dalla
giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9
luglio 2002 n. 3825, il potere di verifica fiscale
è istituzionalmente esercitabile in funzione
strumentale all’accertamento tributario e la
relativa attività - avendo ontologicamente una
funzione preparatoria del futuro provvedimento
definitivo - di norma non fa sorgere il diritto di
accesso ai documenti in relazione alla chiusura
delle operazioni di verifica ai sensi degli artt. 22
e ss. della legge n. 241 del 1990, nel caso in cui
non si sia stato ancora notificato alcun avviso di
accertamento e, cioè, non sia stato adottato
alcun atto di imposizione. Deve tuttavia deve
ritenersi consentito il diritto dell'interessato di
116
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
accedere agli atti del procedimento tributario
nel momento in cui - conclusosi tale
procedimento - sia stato adottato l’atto
impositivo, potendo quest’ultimo essere, in
astratto, immediatamente lesivo di posizioni
giuridiche e, quindi, impugnabile, ancor prima
che in sede giudiziaria. Nello stesso senso e più
di recente, successivamente rispetto alla novella
del 2005, si è espresso il Consiglio. Stato, Sez.
IV, 21 ottobre 2008 n. 5144 secondo cui la
norma contenuta nell’art. 24, comma 1, lett. b)
della legge n. 241 del 1990, in base ad una
lettura della disposizione costituzionalmente
orientata, deve essere intesa nel senso che la
inaccessibilità agli atti di cui trattasi sia
temporalmente limitata alla fase di pendenza del
procedimento tributario, non rilevandosi
esigenze di "segretezza" nella fase che segue la
conclusione del procedimento con l’adozione
del procedimento definitivo di accertamento
dell’imposta dovuta sulla base degli elementi
reddituali che conducono alla quantificazione
del tributo (…) Diversamente opinando si
perverrebbe alla singolare conclusione che, in
uno Stato di diritto, il cittadino possa essere
inciso dalla imposizione tributaria – pur nella
più lata accezione della "ragion fiscale" – senza
neppure conoscere il perchè della imposizione e
della relativa quantificazione").
La norma surriportata esclude pertanto
dall’accesso solo gli atti del procedimento
tributario adottati nel corso di formazione del
provvedimento, prima che lo stesso sia
emanato, con la conseguenza che tale causa di
esclusione opera con riguardo a documenti
inerenti
l’attività
della
Pubblica
amministrazione diretta all’emanazione di atti
preparatori nel corso della formazione di
provvedimenti conclusivi e relativi al
procedimento
tributario,
cioè
di
atti
propedeutici
alla
emanazione
del
provvedimento terminale ed allorché sia ancora
in corso il procedimento.
In ragione di ciò deve riconoscersi il diritto di
accesso qualora l’Amministrazione abbia
concluso il procedimento, con l’emanazione del
provvedimento finale e quindi, in via generale,
deve ritenersi sussistente il diritto di accedere
agli atti di un procedimento tributario ormai
conclusosi con
accertamento.
l'adozione
dell'atto
di
4. – Né alcun rilievo può assumere nella specie,
al fine di escludere il diritto di accesso
documentale, la circostanza che gli atti
sarebbero detenuti da una Società di riscossione
dei tributi e quindi siano in possesso di un
soggetto privato, atteso che, come ha chiarito
l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella
decisione 5 settembre 2005 n. 5, "sin
dall’indomani della emanazione dell’art. 23
della legge n. 241 del 1990, (…) le regole in
tema di trasparenza si applicano oltre che alle
pubbliche amministrazioni anche ai soggetti
privati chiamati all’espletamento di compiti di
interesse pubblico (concessionari di pubblici
servizi, società ad azionariato pubblico etc). La
detta linea interpretativa ha ottenuto conferma
legislativa con le modifiche apportate all’art. 23
dalla citata legge n. 241 del 1990 dalla legge 3
agosto 1999 n. 265 e, più ancora, con la recente
legge n. 15 del 2005 che si è spinta fino ad
iscrivere - agli effetti dell’assoggettamento alla
disciplina sulla trasparenza - tra le pubbliche
amministrazioni anche i soggetti che svolgono
(come nella specie) "attività di pubblico
interesse". Ciò conduce a poter sostenere che
l’affermazione secondo la quale il gestore
privato di un pubblico servizio non può addurre
la sua natura privata per sottrarsi all’obbligo di
esibire gli atti e i documenti richiesti vale a
maggior ragione oggi dopo che l’art. 15 della
legge 11 febbraio 2005 n. 15 ha sostituito l’art.
22 della l. n. 241 del 1990 prevedendo alla
lettera e) che ai fini dell’accesso per "pubblica
amministrazione" si intendono anche "i soggetti
di diritto privato limitatamente alla loro attività
di pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale o comunitario" (cfr. anche T.A.R.
Veneto, Sez. I, 23 novembre 2006 n. 3899).
Tale è, d’altronde, l’attività svolta dalla Società
resistente nel servizio di riscossione dei tributi.
5. - Deriva da quanto sopra l’accessibilità degli
atti richiesti e, di conseguenza, l’accoglimento
del ricorso proposto con condanna nei confronti
della EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della
riscossione per la Provincia di Roma a
consentire l’accesso documentale richiesto in
117
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
favore della
Giovanna.
ricorrente
Signora
Ghenzi
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Lombardia
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo in complessivi € 2.000,00
(euro duemila).
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
P.Q.M.
SENTENZA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio, Sezione Seconda, pronunciando in via
definitiva sul ricorso indicato in epigrafe, lo
accoglie e, per l’effetto, dispone che la Società
EQUITALIA GERIT S.p.a.-Agente della
riscossione per la Provincia di Roma, in persona
del dirigente dell’Ufficio competente, consenta
l’accesso documentale richiesto in favore della
Signora Ghenzi Giovanna.
Sul ricorso numero di registro generale 811 del
2008, proposto da:
Condanna la Società EQUITALIA GERIT
S.p.a.-Agente della riscossione per la Provincia
di Roma, in persona del rappresentante legale
pro tempore, e rifondere le spese di giudizio in
favore di Ghenzi Giovanna, nella misura
complessiva di € 2.000,00 (euro duemila), oltre
accessori come per legge.
Comune di Almenno San Salvatore;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio
del 22 ottobre 2008.
Il Presidente - Il relatore ed estensore
ha pronunciato la presente
Marco Pessina, Mara Bonandrini, rappresentati
e difesi dagli avv. Maria Giovanna Cattaneo,
Enrico Melzani, con domicilio eletto presso
T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
contro
per l'annullamento
del diniego prot. 5709 in data 1.7.2008
sull'istanza di accesso agli atti del 30.4.2008 e
successivo sollecito del 26.6.2008 e per la
conseguente emissione dell’ordine di esibizione
di cui all’art. 25 u.c. della Legge 7.8.1990 n.
241.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Luigi Tosti - Stefano Toschei
Depositata in Segreteria in data 31 ottobre 2008.
***
Relatore nella camera di consiglio del giorno
15/10/2008 il dott. Gianluca Morri e uditi per le
parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
N. 01469/2008 REG.SEN.
FATTO e DIRITTO
N. 00811/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Con nota in data 30.4.2008 i ricorrenti
inoltravano, tramite il proprio difensore, istanza
di accesso per acquisire copia della
segnalazione pervenuta al Servizio Emergenza
Infanzia 114 al fine di conoscere le generalità di
chi inoltrava detta segnalazione da cui fu
118
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
avviata una successiva indagine circa pretesi
maltrattamenti, perpetrati in ambito familiare,
nei confronti dei figli Elisa e Federico; indagine
rivelatasi poi negativa.
Il competente Responsabile di Servizio del
Comune di Almenno San Salvatore forniva
tuttavia riscontro negativo a detta richiesta,
evidenziando che il diritto alla riservatezza del
terzo e la tutela del segreto d'ufficio dovevano
considerarsi prevalenti rispetto al diritto
all'accesso ai documenti amministrativi (in
questo caso finalizzato alla tutela di interessi
lesi da una segnalazione rivelatasi poi
infondata).
Con l'odierno gravame i ricorrenti chiedono
l'accertamento del proprio diritto all'accesso e
l'emissione del conseguente ordine di esibizione
di cui all'art. 25 ultimo comma della citata
Legge n. 241 del 1990.
Il Comune di Almenno San Salvatore non si è
costituito in giudizio ma ha prodotto relazione
sui fatti di causa in ottemperanza all'ordinanza
istruttoria 29.8.2008 n. 154.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1. Va esaminato, in primo luogo, il rapporto tra
il diritto di accesso e il diritto alla riservatezza
richiamato dall'Amministrazione comunale a
sostegno del proprio diniego.
Il Collegio aderisce a quell'orientamento
giurisprudenziale secondo cui il diritto alla
riservatezza non può essere invocato quando la
richiesta di accesso ha per oggetto, come nella
presente fattispecie, il nome di coloro che hanno
reso segnalazioni, denunce o rapporti
informativi nell’ambito di un procedimento
ispettivo (cfr., Cons. Stato Sez. V, 27.5.2008 n.
2511; Sez. VI, 23.10.2007 n. 5569; Sez. VI,
25.6.2007 n. 3601; Sez. VI, 12.4.2007, n. 1699;
Sez. V, 22.6.1998 n. 923; Ad. Plen. 4.2.1997 n.
5).
In linea generale va premesso che il rapporto tra
diritto di accesso e diritto alla riservatezza è
stato risolto direttamente dal legislatore grazie
al vasto intervento riformatore operato dal
Codice dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003),
dalla Legge n. 15/2005 (recante la novella alla
Legge n. 241/1990) e dal D.P.R. n. 184/2006,
che hanno, nella sostanza ed in estrema sintesi,
cristallizzato gli approdi cui era giunta la
giurisprudenza del Consiglio di Stato (in
particolare Ad. Plen. n. 5 del 1997), avanzando
in ogni caso la soglia di tutela dell'accesso.
In particolare l'art. 59, del Codice dati personali,
fatta salva l'applicazione della disciplina
derogatoria sancita dal successivo art. 60 per i
dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale, ha demandato interamente alla Legge
n. 241 del 1990 la regolamentazione del
rapporto accesso-privacy anche per ciò che
concerne i dati sensibili e giudiziari.
L'art. 24 della Legge n. 241 del 1990, nel testo
novellato, al comma 7 recita che "deve
comunque essere garantito ai richiedenti
l'accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di
documenti contenenti dati sensibili e giudiziari,
l'accesso è consentito nei limiti in sia
strettamente indispensabile e nei termini
previsti dall'art. 60 del decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita sessuale".
Nel caso in esame i ricorrenti avanzano istanza
di accesso al fine di conoscere le generalità di
chi ha effettuato la segnalazione al Servizio
Emergenza Infanzia 114; segnalazione da cui
scaturì la successiva l'indagine da parte dei
competenti uffici comunali. Non vengono
quindi in rilievo dati sensibili o supersensibili di
cui al menzionato art. 60.
Al riguardo va osservato, come già messo in
luce dalla giurisprudenza amministrativa, che la
denuncia o l’esposto, invero, non può
considerarsi un fatto circoscritto al solo autore,
all’Amministrazione competente al suo esame e
all’apertura dell’eventuale procedimento, ma
riguarda direttamente anche i soggetti
"denunciati", i quali ne risultano comunque
incisi. Ciò vale a maggior ragione quando tali
denunce hanno sviluppi così penetranti come
119
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
quelli che hanno coinvolto, nel caso di specie, la
sfera personale e familiare dei ricorrenti.
Nell'ordinamento delineato dalla L. n.
241/1990, ispirato ai principi della trasparenza,
del diritto di difesa e della dialettica
democratica, ogni soggetto deve, pertanto, poter
conoscere con precisione i contenuti e gli autori
di segnalazioni, esposti o denunce che,
fondatamente o meno, possano costituire le basi
per l'avvio di un procedimento ispettivo o
sanzionatorio, non potendo la p.a. procedente
opporre all'interessato esigenze di riservatezza.
La tolleranza verso denunce segrete e/o
anonime è un valore estraneo al nostro
ordinamento giuridico. Emblematico, in tal
senso, è l’art. 111 Cost. che, nel sancire (come
elemento essenziale del giusto processo) il
diritto dell’accusato di interrogare o far
interrogare le persone che rendono dichiarazioni
a suo carico, inevitabilmente presuppone che
l’accusato abbia anche il diritto di conoscere il
nome dell’autore di tali dichiarazioni.
Tale sfavore verso le denunce e le dichiarazioni
anonime emerge poi, a più riprese, dal codice di
procedura penale: si pensi, ad esempio, all’art.
240 C.p.p. in forza del quale i documenti che
contengono dichiarazioni anonime non possono
essere acquisti né in alcun modo utilizzati, salvo
che costituiscano il corpo del reato o
provengano comunque dall’imputato; all’art.
195, comma 7, C.p.p. che sancisce
l’inutilizzabilità della testimonianza di chi si
rifiuta o non è in grado di indicare la persona o
la fonte da cui appreso la notizia dei fatti
oggetto dell’esame; all’art. 203 C.p.p. che pure
prevede l’inutilizzabilità delle informazioni rese
dagli informatori alla polizia giudiziaria quando
il nome di tali informatori non venga svelato.
Da questa cornice emerge chiaramente che al
diritto alla riservatezza, pure costituzionalmente
rilevante, non può certo riconoscersi ampiezza
tale da includere il "diritto all’anonimato" di
colui che rende una dichiarazione a carico di
terzi nell’ambito di un procedimento ispettivo o
sanzionatorio.
L’anonimato sulle denunce o sulle dichiarazioni
accusatorie è, al contrario, come si è visto,
guardato
con
particolare
sospetto
dall’ordinamento: da qui l’evanescenza e
l’infondatezza di ogni tentativo volto a
qualificare tale inesistente diritto all’anonimato
come una prerogativa del diritto alla
riservatezza.
2. Va ora esaminato il rapporto tra diritto di
accesso e segreto professionale anch'esso
richiamato dall'Amministrazione comunale a
sostegno del proprio diniego.
In particolare l'Amministrazione evidenzia che,
nel caso in esame, trova applicazione l’obbligo
di segreto di cui dell'art. 1 della Legge n.
119/2001, secondo cui: "Gli assistenti sociali
iscritti all'albo professionale istituito con legge
23 marzo 1993, n. 84, hanno l'obbligo del
segreto professionale su quanto hanno
conosciuto per ragione della loro professione
esercitata sia in regime di lavoro dipendente,
pubblico o privato, sia in regime di lavoro
autonomo libero-professionale".
In linea di principio va affermato che il segreto
professionale rientra nell'ambito delle ipotesi,
previste dall'art. 24 della Legge n. 241/90, che
prevalgono sul diritto all'accesso.
Questo non significa comunque che tutti gli atti
formati o detenuti dal soggetto su cui incombe il
segreto professionale siano automaticamente
sottratti all'accesso, poiché si tratta di applicare
una deroga, pur prevista dall'ordinamento, al
principio generale, previsto dallo stesso
ordinamento, dell'accessibilità a tutti gli atti
dell'Amministrazione. Trattandosi quindi di una
deroga, essa va applicata secondo il principio di
stretta interpretazione.
In alcuni casi è lo stesso ordinamento che
delinea con chiarezza il rapporto tra accesso e
segreto professionale.
Può, al riguardo, essere ricordato l’art. 2 del
DPCM n. 200/1996 recante norme per la
disciplina di categorie di documenti formati o
comunque
rientranti
nell'ambito
delle
attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato sottratti
120
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
al diritto di accesso. Il predetto art. 2 individua
le categorie di documenti inaccessibili, ai sensi
dell'art. 24, comma 1, della Legge n. 241/90 , in
virtù del segreto professionale, al fine di
salvaguardare la riservatezza nei rapporti fra
difensore e difeso. Per garantire dette esigenze
vengono sottratti all'accesso i seguenti
documenti: a) pareri resi in relazione a lite in
potenza o in atto e la inerente corrispondenza;
b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente
agli affari di cui ai punti a) e b). Come emerge
chiaramente dalla norma, in questo caso
l'ordinamento non si limita ad individuare i
documenti sottratti all'accesso in forza del
superiore segreto professionale, ma ne indica
anche le concrete ragioni (salvaguardare la
riservatezza nei rapporti fra difensore e difeso).
Nel caso in esame deve quindi essere verificato
se all’istanza di accesso formulata dai ricorrenti
può essere legittimamente opposto il segreto
professionale che incombe sull'assistente sociale
del Comune convenuto.
- che, di conseguenza, è il Comune che deve
garantire il diritto d'accesso non potendosi
trincerare dietro uno specifico segreto
professionale che non può trovare applicazione
nel caso in esame.
Il ricorso deve quindi essere accolto con
annullamento del provvedimento impugnato ed
emissione dell'ordine di esibizione di cui all'art.
25 ultimo comma della Legge n. 241/90.
Le spese di giudizio possono essere tuttavia
compensate stante la complessità giuridica della
vicenda.
P.Q.M.
il T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di
Brescia – definitivamente pronunciando
accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
annulla il provvedimento impugnato.
A giudizio del Collegio la risposta deve essere
negativa.
Ordina al Comune di Almenno San Salvatore di
esibire, a favore dei ricorrenti, gli atti e i
documenti indicati nell’istanza di accesso datata
30.4.2008.
Va, al riguardo, osservato:
Spese compensate.
- che la segnalazione di pretesi maltrattamenti in
famiglia (recante il nominativo di colui che ha
effettuato della segnalazione) non è pervenuta
all'assistente sociale da un proprio informatore
confidenziale, ma attraverso un servizio di
pubblica utilità gestito da un ente terzo;
La
presente
sentenza
sarà
eseguita
dall’Amministrazione ed è depositata presso la
Segreteria della Sezione che provvederà a darne
comunicazione alle parti.
- che si tratta, pertanto, di un documento
formatosi all'esterno dell'ambito di competenza
propria dell'assistente sociale; documento
detenuto dall'Amministrazione comunale in
quanto ente preposto ai relativi controlli;
- che la circostanza secondo cui il documento
contenente detta segnalazione sia pervenuto
all'assistente sociale del Comune di Almenno
San Salvatore riguarda un semplice aspetto
dell'organizzazione interna del Comune stesso,
in cui può esistere una partizione organizzativa
(ad esempio l'area o settore servizi sociali)
all'interno della quale l'assistente sociale
costituisce una sotto articolazione operativa;
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio
del giorno 15/10/2008 con l'intervento dei
Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Gianluca Morri, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA
29/10/2008
IN
SEGRETERIA
***
N.2975/2009
REPUBBLICA ITALIANA
121
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
il
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
RESTA, con domicilio eletto in Roma, via
TOMMASO SALVINI n.55;
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Quinta Sezione ANNO 2007
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Visto il ricorso in appello n. 9962/2007
proposto dalla società EPIFARMA SRL,
rappresentata e difesa dall’Avv. GIOVANNI
MARRAPESE, con domicilio eletto in Roma
via della BALDUINA 114;
per la riforma
della sentenza del TAR LAZIO, ROMASezione III Quater, n. 10914/2007, concernente
ACCESSO
AGLI
ATTI
INERENTI
IMMISSIONE
IN
COMMERCIO
DI
MEDICINAL.
Visti i ricorsi incidentali proposti dalle società
cointeressate;
Visti gli atti e documenti depositati con
l'appello;
contro
l’AIFA-AGENZIA
ITALIANA
FARMACO non costituitasi;
DEL
la società AESCULAPIUS FARMACEUTICI
SRL, la società DOC GENERICI SRL, la
società EG SPA, la società FIDIA
FARMACEUTICI SPA, la società KRUGHER
PHARMA SRL, la società LABORATORIO
FARMACOLOGICO MILANESE SRL, la
società VALETUDO SRL, la società ABC
FARMACEUTICI SPA, la società TEVA
PHARMA ITALIA rappresentate e difese
dall’Avv. GIOVANNI MARRAPESE con
domicilio eletto in Roma, via della BALDUINA
114;
la società ALLEN SPA, la società ALMUS
SRL, la società HEXAL SPA non costituitesi;
la società GERMED PLIVA PHARMA SPA
(GIA' PLIVA PHARMA SPA) rappresentata e
difesa
dall’avv.ssa
ALESSANDRA
GIOVANNETTI e dall’Avv. MASSIMO
AUDISIO con domicilio eletto in Roma via
BISSOLATI, 76, presso lo studio della prima;
la società RATIOPHARM ITALIA SRL non
costituitasi;
la società WINTHROP PHARMACEUTICALS
ITALIA SRL non costituitasi;
la società SCHEING PLOUGH SPA
rappresentata e difesa dall’Avv.ssa DONELLA
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito il relatore Cons. Francesco Caringella e
uditi, altresì, per le parti gli Avv.ti Marrapese,
Resta e Giovannetti;
Ritenuto la sussistenza dei presupposti per la
definizione del giudizio con sentenza
succintamente motivata, come da avviso dato
alle parti, giusta il disposto degli art. 21 e 26
della legge n. 1034/1971;
Rilevato che con la sentenza di prime cure il
Primo Giudice ha accolto il ricorso proposto
dalla società Schering-Plough S.p.A., titolare
delle
autorizzazioni
all’immissione
in
commercio
delle
specialità
medicinali
GENTALYN crema e unguento e GENTALYN
Beta, ai fini dell’accesso ai documenti relativi ai
procedimenti all’esito dei quali, nel corso del
2004 e 2005, l’A.I.FA. ha rilasciato n. 38
autorizzazioni alla commercializzazione di
medicinali considerati equivalenti;
Ritenuto che sono parzialmente fondati i motivi
degli appelli principale ed incidentali autonomi
con i quali si deduce l’omessa evocazione in
giudizio di talune delle società controinteressate
destinatarie dei provvedimenti autorizzativi di
che trattasi, ossia Laboratori Alter s.r.l., Idi
Farmaceutici s.r.l., Merck Generics Italia s.p.a.,
122
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Coperinico
Farmaceutici
Farmaceutici spa;
s.r.l.,
Agips
Reputato infatti che la mancata opposizione di
detti soggetti all’accesso nel corso del
procedimento non esclude, in mancanza di una
dichiarazione di assenso, la ricorrenza di una
posizione sostanziale di controinteresse in
relazione all’esperimento in sede giudiziale di
un’ actio ad exhibendum concernente
procedimenti
relativi
a
provvedimenti
riguardanti in via diretta la loro sfera giuridica;
Ritenuto, peraltro, che la scindibilità delle
posizioni consente, nell’ambito di un giudizio
sul rapporto quale quello scolpito dall’art. 25
della legge 7 agosto 1990, n. 241, di limitare la
statuizione di annullamento con rinvio, ex art.
35 della legge n. 1034/1971, alla sola parte della
sentenza di prime cure che ha riconosciuto
l’accesso anche ai procedimenti relativi alle
autorizzazioni riguardanti le suddette società;
Considerato, invece, che non risultano fondate,
con riguardo alle posizioni relative alle altre
società correttamente evocate in giudizio, le
censure con le quali si contesta la sussistenza
dei presupposti per l’accesso ai documenti
amministrativi;
Reputato infatti, quanto alla ricorrenza della
pozione legittimante, che l’adozione di
provvedimenti autorizzativi imperniati su di un
giudizio di equivalenza dei farmaci generici
rispetto ai farmaci di cui è titolare la società
incide in via diretta sulla sfera giuridica di detta
ultima esponendola ad un’azione concorrenziale
che radica il presupposto dell’interesse
concreto, diretto ed attuale senza che sia
all’uopo necessaria la dimostrazione di una
specifica contrazione del fatturato;
Ritenuto, in particolare, che la richiesta della
ricorrente, lungi dall’innescare un non
consentito "controllo generalizzato dell’operato
dell’amministrazione" è sorretta dall’interesse a
verificare, a difesa dei propri legittimi interessi
economici sul mercato farmaceutico, l’effettiva
equivalenza tra le specialità medicinali
commercializzate dalla ricorrente e quelle per le
quali è stata rilasciata la A.I.C. (autorizzazioni
immissione in commercio) ad altre società ed è,
pertanto, congruamente rivolta sul piano
oggettivo agli atti inerenti al procedimento che
hanno condotto all’adozione dei decreti
autorizzativi
rilasciati
dall’A.I.FA.
per
l’immissione in commercio dei medicinali dei
suoi diretti concorrenti;
Ritenuto poi che, in ossequio alle coordinate
giurisprudenziali, dalle quali questa Sezione
non ravvisa ragione di discostarsi, il diritto di
accesso ai documenti amministrativi prevale
sull’esigenza di riservatezza del terzo ogni
qualvolta, come nella specie, l’accesso venga in
rilievo per la cura o la difesa di interessi
giuridici del richiedente in quanto titolare di una
posizione soggettiva giuridicamente rilevante e
qualificata dall’ordinamento come meritevole di
tutela;
che, pertanto, anche il richiamo dell’art. 3, lett.
O, del DM 31 luglio 1997, n. 353, in una con
l’art. 24, comma 5, punto d),d ella legge n.
241/1990 all’esigenza di tutelare la riservatezza
dei terzi con riguardo alla " documentazione
relativa all'attività di studio, professionale,
industriale (ivi incluse le fasi di analisi, ricerca,
sperimentazione e produzione), nonché alla
situazione finanziaria, economica e patrimoniale
di persone, gruppi e imprese comunque
utilizzata ai fini dell'attività amministrativa", va
inteso, specie dopo le novità apportate dalla
legge n. 15/2005 e successivo regolamento di
esecuzione, con salvezza della conoscenza
necessaria per la difesa degli interessi giuridici
dell’accedente;
che, peraltro, l’ interesse delle parti appellanti a
che non vengano divulgate notizie attinenti ai
metodi di produzione ed al cosiddetto "know
how" di realizzazione, è stato congruamente
contemperato dal Tribunale di prime cure con
l’esclusione dall’acecsso delle le descrizioni
sommarie del modo di preparazione dei
preparati delle controinteressate;
che si deve quindi confermare anche in appello,
con eccezione delle posizioni delle società non
evocate in giudizio, la declaratoria del diritto di
accesso agli studi ed ai test di biodiversità ed in
particolare, ove esistenti a quelli relativi:
123
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
a. alla descrizione dei metodi di controllo
utilizzati dal fabbricante o dai fabbricanti: quali
analisi qualitativa e quantitativa dei componenti
e del prodotto finito;
b. alle eventuali prove particolari di sterilità, per
la ricerca di sostanze pirogene e dei metalli
pesanti; di stabilità, biologiche e di tossicità,ed
ai controlli sui prodotti intermedi della
fabbricazione;
c. ai risultati delle prove rispettivamente c. 1
fisico-chimiche, biologiche e microbiologiche;
c. 2. farmacologiche e tossicologiche, ivi
comprese le prove sul potere mutageno, qualora
prescritte c. 3 cliniche.
Reputato pertanto che l’appello va accolto nei
limiti sopra specificati con compensazione delle
spese di giudizio ricorrendone giusti motivi;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, accoglie in parte, nei sensi in
motivazione specificati, l’appello ed annulla
con rinvio la sentenza appellata.
Conferma per il resto la sentenza gravata.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio
dell’8.1.2008. con l’intervento dei Signori:
Pres. Raffaele IANNOTTA
***
Anno 2009 - 2010
ATTI AMMINISTRATIVI - COMUNE E
PROVINCIA
Cons. Stato Sez. V, Sent., 23-09-2010, n. 7083
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Appella la società mista indicata in epigrafe ed
impugna la sentenza con la quale il Tribunale
amministrativo regionale del Piemonte, ha
accolto un ricorso un materia di accesso di un
consigliere comunale relativamente ad alcuni
documenti della stessa società mista, incaricata
di svolgere alcuni servizi pubblici locali.
Avverso la suddetta sentenza, l'appellante rileva
che l'accesso in parola non poteva essere
consentito, in quanto si trattava di una società di
diritto privato, con la partecipazione comunale
maggioritaria ma non totalitaria, per cui non
essendo la medesima né un'azienda speciale (ex
municipalizzata) né una società "in house",
risulta evidente che la stessa società mista si
pone al di fuori del contesto dell'art. 43 del testo
unico degli enti locali (d. lgs. n. 267 del 2000)
che consente l'accesso del consigliere comunale,
oltre che agli atti del Comune, anche a quelli di
aziende ed enti dipendenti dal Comune stesso;
in ogni caso, non può obliterarsi che la natura
privatistica della società appellante coinvolge
evidentemente le norme del codice civile in
materia,ove la riservatezza delle notizie
aziendali è priorità assoluta.
Infine, l'appellante fa presente che comunque
l'istanza del consigliere comunale non avrebbe
potuto comunque essere accolto, a causa della
sua genericità.
Cons. Aldo FERA
Cons. Marzio BRANCA
Cons. Francesco CARINGELLA Est.
Cons. Michele CORRADINO
ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Francesco Caringella f.to Raffaele Iannotta
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 13/06/08.
Non costituiti in giudizio il soggetto appellato,
la causa passa in decisione all'udienza camerale
del 22 giugno 2010.
Motivi della decisione
L'appello è infondato.
Va rilevato, infatti, che il Consigliere comunale,
eletto dalla collettività locale, svolge la sua
124
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
funzione a tutela della collettività stessa e,
strumentalmente, al fine di poter adempiere al
proprio ufficio, deve essere messo a conoscenza
di ogni attività che riguarda la pubblica
amministrazione,
titolare
primaria
del
soddisfacimento degli interessi pubblici della
collettività di riferimento.
Nulla per le spese, per non essersi costituito in
giudizio il soggetto appellato.
Così stando le cose, è fuori discussione che
tutto ciò che concerne l'attività della pubblica
amministrazione in cui è incardinato il
Consigliere comunale non può non essere messa
a sua disposizione, potendo solo in casi
eccezionali essere rinviato l'accesso ma mai
negato in via definitiva.
Nulla per le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(sez. V), definitivamente pronunciando
sull'appello in epigrafe, lo rigetta.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
N. 00017/2010 REG.SEN.
Ora, una società mista, con partecipazione
maggioritaria dell'ente locale, costituita ai sensi
dell'art. 113 del testo unico degli enti locali n.
267 del 2000, è, sì, una società di diritto privato,
ma è anche una società che svolge
(esclusivamente o prevalentemente) uno o più
servizi pubblici locali: è, in altre parole, una
modalità alternativa ad altre (economia, azienda
speciale, appalto, istituzione) per la gestione di
servizi pubblici locali, e le modalità con cui
vengono svolti tali servizi pubblici locali non
può non ricadere nell'ambito dei poteri di
cognizione del consigliere comunale.
Certamente, si pongono delicati problemi in cui
interferiscono le norme di diritto civile, nel
senso che la richiesta va più correttamente
diretta all'Amministrazione comunale, che poi
dovrà provvedere alle conseguenti operazioni
per far pervenire al consigliere interessato la
documentazione richiesta, ma ciò è solo una
modalità operativa che non può certamente
portare al diniego di accesso, sulla base delle
considerazioni di cui al provvedimento
impugnato.
N. 01483/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1483 del
2009, proposto da:
Giuseppe Gatti, rappresentato e difeso dall'avv.
Gianluca Gatti, con domicilio eletto presso
Gianluca Gatti in Gaggiano, via Gobetti 20;
contro
Anche la pretesa genericità della domanda, non
è di per se stessa motivo di diniego definitivo,
ma solo di precisazione della genericità, con
invito alla precisazione dei documenti di cui si
chiede l'accesso.
Comune di Gaggiano in Persona del Sindaco
P.T., rappresentato e difeso dagli avv. Flavia
Mangiante, Massimo Ticozzi, con domicilio
eletto presso Flavia Mangiante in Milano
4278af, c/o Segreteria T.A.R.;
L'appello è, conseguentemente, infondato e va
respinto.
per l'annullamento
125
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
previa sospensione dell'efficacia,
dell'atto del Segretario Comunale di Gaggiano
del 30.4.2009 prot. n.4668di diniego di accesso
ai seguenti documenti:
- copia del ricorso per decreto
proposto dal Comune di Gaggiano
Tribunale di Milano nei confronti
Nuova Edilizia e della Zurich
Company;
ingiuntivo
davanti al
della soc.
Insurance
- invito di integrazione documentale della
domanda, ex art. 640 cpc, formulata dal Giudice
al Comune di Gaggiano nel procedimento
monitorio sopracitato;
- parere legale relativo al ritiro del Comune al
predetto ricorso per decreto ingiuntivo;
e per il riconoscimento del diritto del ricorrente,
in qualità di Consigliere Comunale, di accedere
agli atti e documenti richiesti ex art. 43 TUEL;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di
Comune di Gaggiano in Persona del Sindaco
P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 1
luglio 2009 il dott. Piermaria Piacentini e uditi
per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
consigliere comunale di minoranza del Comune
di Gaggiano, ha chiesto l'accesso alla
documentazione relativa ad un ricorso per
decreto
ingiuntivo
presentato
dall'Amministrazione comunale nei confronti di
Nuova Edilizia S.p.A e Zurich Insurance
Company s.a. e poi ritirato; in particolare:
a.- il ricorso presentato al Tribunale civile di
Milano
b.- la richiesta da parte del giudice incaricato, di
integrazione documentale ex art. 640
cod.proc.civ;
c.- il parere di un legale che avrebbe suggerito
all'Amministrazione di ritirare la richiesta di
decreto ingiuntivo.
Ritenuto che il primo (ricorso per decreto
ingiuntivo) ed il secondo (richiesta del giudice
di integrazione dei mezzi probatori) degli atti
richiesti attengono ad un procedimento
giurisdizionale da considerare estinto a seguito
della rinuncia dell'Amministrazione e, pertanto
non rientrano in quella categoria di atti ai quali
l'accesso può essere negato anche al Consigliere
comunale che ne faccia richiesta;
- che il terzo atto, invece, rientra tra gli atti di
consulenza che gli organi decidenti della
Amministrazione acquisiscono al fine di meglio
conformare la propria azione a criteri di
legittimità e di opportunità e che pertanto non
possono formare oggetto di accesso, senza
violare il segreto professionale del legale e la
stessa privacy dell'organo decidente che deve
restare libero nell'acquisizione dei pareri che
ritiene necessari alla formazione di unapropria
sua corretta volontà e nella loro conseguente
valutazione.
Ritenuto altresì, che la parziale soccombenza
giustifichi la compensazione delle spese e degli
onorari del presente giudizio
P.Q.M.
FATTO e DIRITTO
Premesso che con ricorso del 25 maggio 2009,
il sig. Giuseppe Gatti, nella sua qualità di
Il Tribunale Amministrativo regionale per la
Lombardia ordina al Comune di Gaggiano di
consentire al sig. Gatti Giuseppe l'accesso
126
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
(anche mediante estrazione di copia, a proprie
spese) ai seguenti documenti:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
a.- il ricorso per decreto ingiuntivo presentato al
Tribunale di Milano dal Comune presentato
dall'Amministrazione comunale nei confronti di
Nuova Edilizia S.p.A e Zurich Insurance
Company s.a.;
Il Tribunale Amministrativo Regionale della
Campania
(Sezione Quinta)
b.- la richiesta da parte del giudice incaricato, di
integrazione documentale ex art. 640
cod.proc.civ;
ha pronunciato la presente
Respinge la richiesta di accesso al parere del
legale
che
avrebbe
suggerito
all'Amministrazione di ritirare la richiesta di
decreto ingiuntivo.
Sul ricorso numero di registro generale 4935 del
2009, proposto da:
Armetta Enrico, Guadagno Angelo, Montanino
Raffaele, Navarra Guido e Navarra Agostino,
rappresentati e difesi dall'avv. Enrico Angelone,
con domicilio eletto in Napoli, Calata San
Marco, 4;
Spese compensate
SENTENZA
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
contro
Così deciso in Milano nella camera di consiglio
del giorno 1 luglio 2009 con l'intervento dei
Magistrati:
il Centro Agro Alimentare di Napoli –
C.A.A.N. s.c.p.a., in persona del legale rapp.te
p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Enrico
Soprano, con domicilio eletto in Napoli, via
Melisurgo, 4;
Piermaria Piacentini, Presidente, Estensore
Hadrian Simonetti, Referendario
per l'annullamento
Mauro Gatti, Referendario
<<a) del provvedimento prot. n. 10282 del
30.06.2009, successivamente comunicato, con il
quale il
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
***
N. 00448/2010 REG.SEN.
N. 04935/2009 REG.RIC.
Centro Agro Alimentare di Napoli ha negato ai
ricorrenti, Consiglieri Comunali di Volla,
l’accesso alla documentazione richiesta con
l’istanza del 18.06.2009; b) per l’accertamento
del diritto di accesso dei ricorrenti n. q. innanzi
indicata agli atti e documenti amministrativi
richiesti con l’istanza indicata sub a); c) per la
conseguente condanna del Centro Agro
Alimentare di Napoli all’esibizione dei
documenti richiesti con l’istanza indicata sub a)
che precede: d) per l’annullamento di ogni altro
atto preordinato, connesso, consequenziale,
comunque lesivo del diritto dei ricorrenti
all’esibizione dei documenti indicati sub b) che
precede>>.
127
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Centro
Agro Alimentare di Napoli s.c.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14
gennaio 2010 il dott. Paolo Carpentieri e uditi
per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in trattazione – notificato il 31
luglio 2009 e depositato in segreteria il 25
settembre 2009 – i sigg.ri in epigrafe elencati,
consiglieri comunali del Comune di Volla,
agiscono per ottenere l’accesso ai documenti
(“tutte le delibere approvate dal consiglio di
amministrazione”) del Centro Agro Alimentare
di Napoli, società consortile tra pubbliche
amministrazioni, richiesti con nota inoltrata il
18 giugno 2009, accesso negato dalla società
consortile con l’impugnata nota prot. 10282 del
30 giugno 2009, a motivo che il “CAAN non
può esser qualificato che soggetto di diritto
privato, comunque non astretto alle regole di cui
alla Legge 241/90 in tema di accesso”.
Si è costituita a resistere in giudizio la società
consortile intimata.
Dopo un primo rinvio, accordato alla camera di
consiglio del 3 dicembre 2009 su istanza delle
parti, alla camera di consiglio del 14 gennaio
2010 la causa è stata chiamata e trattenuta in
decisione.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Il Collegio rileva preliminarmente, in rito, che
l’azione avverso il diniego dell’accesso,
regolata dall’art. 25 della legge n. 241 del 1990,
pur avendo natura impugnatoria, quanto al
modo e ai termini di proposizione, assume
natura di accertamento e di condanna, quanto
alla cognizione rimessa al giudice in relazione
alla prevista pronuncia, in caso di accoglimento
del ricorso, di condanna dell’amministrazione
all’esibizione dei documenti richiesti. Ne segue
che, in disparte la questione di quale sia la
consistenza – se di diritto soggettivo o di
interesse legittimo – della pretesa fatta valere
all’accesso ai documenti amministrativi,
l’ambito della cognizione del giudice si estende
anche oltre lo schermo dello specifico atto di
diniego opposto e/o delle specifiche censure
avverso l’atto di diniego proposte in ricorso,
investendo in sostanza la fondatezza della
pretesa di accesso fatta valere.
Ne deriva ulteriormente, quanto al caso
concreto qui all’odierno esame del Collegio,
che il vero thema decidendum della
controversia non si individua tanto nella
questione
dell’applicabilità
alla
società
consortile resistente del capo V della legge n.
241 del 1990, applicabilità esclusa nel diniego
impugnato, che è questione in realtà pacifica ed
espressamente risolta dagli articoli 22, comma
1, lettera e) e 23 della legge ora citata (onde la
palese erroneità ed illegittimità al riguardo della
impugnata nota negativa della società consortile
prot. n. 10282 del 30 giugno 2009, che andrà
annullata), quanto nella più seria questione di
quali siano le peculiarità e i limiti dell’esercizio
del sindacato ispettivo dei consiglieri comunali,
riconosciuto come forma speciale di accesso ai
documenti dell’ente locale di appartenenza
dall’art. 43 del t.u.e.l. (di cui al d.lgs. n. 267 del
2000), e se tale potere di sindacato si possa
estendere (e, se sì, in che misura) alle società
partecipate dall’ente locale cui appartengono i
consiglieri comunali che agiscono.
Così meglio delimitato il tema del decidere, e
rilevata per incidens l’evidente infondatezza
delle eccezioni consortili di rito sul preteso,
inammissibile cumulo di domande che sarebbe
stato proposto dai ricorrenti (atteso che il
cumulo di annullamento e condanna è insito
128
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
nella natura ibrida del rito per l’accesso ex art.
25 l. n. 241 del 1990), il Collegio osserva,
quanto al fatto, che la società consortile
resistente risulta costituita solo (o per la
massima parte) da enti pubblici, tra cui il
Comune di Volla, che detiene una percentuale
del capitale sociale oscillante tra il 4 e il 5 per
cento (la notizia, imprecisa, si ricava dalla
memoria consortile, pag. 6), ed ha sicuramente
funzioni strumentali agli enti partecipanti e
conferenti, e/o di erogazione di servizio
pubblico (come è agevole postulare, pur non
disponendosi in atti del relativo statuto e atto
costitutivo).
Ciò premesso, e venendo al merito, il Collegio,
uniformandosi alla prevalente giurisprudenza
(Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7900;
Id., 5 settembre 2002, n. 4472), propende per la
risposta affermativa.
La richiamata giurisprudenza ha invero
condivisibilmente affermato l’ammissibilità, ex
art. 43 comma 2, del d.lg. 18 agosto 2000, n.
267, di una richiesta di informazioni riguardante
una società a partecipazione pubblica
(comunale) totalitaria, preposta all'erogazione
dei servizi pubblici del trasporto urbano e
dell'energia elettrica, inoltrata da un consigliere
comunale, con riferimento sia all'art. 24 l. 27
dicembre 1985, n. 816, che prevede che i
consiglieri comunali, per l'effettivo esercizio
delle loro funzioni, hanno diritto di prendere
visione dei provvedimenti adottati dall'ente e
degli atti preparatori in essi richiamati, sia
all'art. 31, comma 5, l. 8 giugno 1990, n. 142,
che stabilisce che gli stessi hanno diritto di
ottenere dagli uffici comunali e dalle loro
aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie ed
informazioni
in
loro
possesso,
utili
all'espletamento del mandato (norma poi rifluita
nel citato art. 43 del t.u.e.l.). La seconda delle
pronunce citate (la n. 4472 del 2002) è stata resa
in una fattispecie, analoga, di richiesta di
informazioni, da parte di un consigliere
comunale, nei confronti di una società a
prevalente capitale comunale.
La giurisprudenza richiamata ha esteso
senz’altro agli atti degli enti partecipati il diritto
di accesso dei consiglieri comunali previsto dal
richiamato art. 43 del t.u.e.l., ricorrendo
senz’altro l’eadem ratio e l’omogeneità di
funzione dell’istituto. Se è vero, infatti, che i
consiglieri comunali hanno diritto di accesso a
tutti gli atti che possano essere d'utilità
all'espletamento del loro mandato, ciò anche al
fine dì permettere di valutare con piena
cognizione di causa la correttezza e l'efficacia
dell'operato dell'Amministrazione, nonché per
esprimere un voto consapevole sulle questioni
di competenza del Consiglio, e per promuovere,
anche nell'ambito del Consiglio stesso, le
iniziative che spettano ai singoli rappresentanti
del corpo elettorale locale, è altrettanto vero che
queste ragioni speciali che giustificano il
sindacato dei consiglieri comunali sugli atti
comunali devono valere parimenti anche
allorquando le funzioni e i servizi comunali non
sono svolti ed espletati direttamente dal
Comune, ma per il tramite di appositi strumenti
societari partecipati.
Le disposizioni richiamate, infatti, – ha
soggiunto la richiamata giurisprudenza –
collegano l'accesso a tutto ciò che può essere
effettivamente funzionale allo svolgimento dei
compiti del singolo consigliere comunale e
provinciale e alla sua partecipazione alla vita
politico-amministrativa dell' ente (cfr.: Cons.
Stato, V Sez., 21.2.1994, n. 119, Cons. Stato, V
Sez., 26.9.2000, n. 5109, Cons. Stato, V Sez.,
2.4.2001, n. 1893). Nell’ambito di questo
collegamento funzionale devono coerentemente
essere incluse anche le delibere delle società
strumentali (o concessionarie di servizi
pubblici), partecipate dal Comune, che
costituiscono uno strumento mediante il quale si
svolgono i compiti pubblicistici e le competenze
del Comune di appartenenza.
L’estensione di tale potere di sindacato dei
consiglieri comunali agli atti e ai documenti
delle
società
totalitariamente
o
maggioritariamente partecipate dagli enti locali,
operata dal Giudice amministrativo nelle
richiamate pronunce, sulla base di una lettura
sostanzialistica della normativa di riferimento,
risulta inoltre coerente alla giurisprudenza
amministrativa in materia di società miste, la
cui costituzione per la gestione dei servizi
pubblici locali – ha ricordato il Consiglio di
Stato – “costituisce un modello organizzativo e
gestionale sì alternativo a quello dell'azienda
129
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
speciale, ma non per questo del tutto alieno a
connotati e finalità sostanzialmente pubblici,
perché, ai fini dell'identificazione di un soggetto
pubblico, la forma societaria assume veste
neutrale ed il perseguimento di uno scopo
pubblico non è di per sé in contraddizione con il
fine societario lucrativo - art. 2247 c.c. - (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 03/09/2001, n.4586; cfr.:
<<Il modulo organizzativo della società mista
per azioni ex art. 22 comma 3 lett. e), l. 8
giugno 1990 n. 142 (a prevalente capitale
pubblico) delinea una forma di gestione diretta
del servizio pubblico nel cui ambito non solo il
rapporto tra pubblica amministrazione e società
è di natura giuspubblicistica, ma soprattutto la
società stessa diviene organo indiretto dell'ente,
deputato allo svolgimento del servizio
affidatole>> Cons. Stato, sez. V, 19/02/1998,
n.192)”.
La natura di società di capitale non preclude,
pertanto, l'esercizio del diritto de quo, atteso che
la proprietà della medesima è in parte
imputabile al Comune; dalla partecipazione
pubblica discende l'esercizio di attività
certamente rientranti nella più generale attività
dell'ente locale, che giustifica e legittima quindi
la richiesta documentazione.
In conclusione, risulta evidente, anche alla luce
di recenti indici normativi, che le società
partecipate pubbliche, siano esse strumentali
agli enti partecipanti o concessionarie o
affidatarie di servizi pubblici locali, restano
assoggettate
alle
regole
di
buona
amministrazione imparziale, secondo il
principio di legalità, di cui all’art. 97 Cost. e al
capo I della legge n. 241 del 1990. Finché
questi strumenti societari impiegano soldi
pubblici per lo svolgimento di funzioni
pubbliche o per l’erogazione di servizi pubblici,
non è consentito che il rivestimento formale
privatistico possa consentire ad essi di sottrarsi
alle regole di trasparenza e di controllabilità che
indefettibilmente caratterizzano la funzione e il
servizio pubblici. E così come è consentito al
consigliere comunale di controllare l’operato
dell’ente di appartenenza, così deve essergli
consentito di controllare il modo in cui operano
gli strumenti societari di cui l’ente di
appartenenza intende avvalersi per il
perseguimento (ancorché indiretto) di quelle
stesse finalità pubblicistiche (di funzione o di
servizio) appartenenti al suo ambito di
competenza.
Per tutti gli esposti motivi il ricorso è fondato e
merita accoglimento.
Le spese, secondo la regola della soccombenza,
devono porsi a carico della società consortile
resistente.
P.Q.M.
IL
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO
REGIONALE
DELLA
CAMPANIA,
SEZIONE V^, letto e applicato l’art. 25 della
legge n. 241 del 1990 (e successive modifiche e
integrazioni), definitivamente pronunciando sul
ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per
l’effetto, annulla la impugnata nota prot. n.
10282 del 30 giugno 2009 e ordina al Centro
Agro Alimentare di Napoli – C.A.A.N. s.c.p.a.,
in persona del suo legale rapp.te p.t.,
l’esibizione, entro trenta giorni dalla
comunicazione (o dalla notifica di parte, se
anteriore) della presente sentenza, dei
documenti richiesti dai ricorrenti con l’istanza
del 18 giugno 2009.
Condanna il Centro Agro Alimentare di Napoli
– C.A.A.N. s.c.p.a., in persona del suo legale
rapp.te p.t., al pagamento delle spese
processuali, che si liquidano in complessivi
euro 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio
del giorno 14 gennaio 2010 con l'intervento dei
Signori:
Antonio Onorato, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Gabriele Nunziata, Consigliere
130
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Societa' Asmt Servizi Industriali S.p.A.,
rappresentata e difesa dagli avv. Cinzia Picco,
prof. Paolo Scaparone, con domicilio eletto
presso il secodno in Torino, via S. Francesco
D'Assisi, 14; Comune di Tortona;
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. 3627/P7sg del
20/10/2009 a firma dell'Amministratore
delegato della società Asmt, con il quale è stata
rigettata l'istanza di accesso ai documenti
amministrativi presentata dal sig. Paolo
Ronchetti, pervenuta il 1° ottobre 2009;
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
di tutti gli atti antecedenti, presupposti,
connessi, derivati e conseguenziali;
***
nonché per la declaratoria del ricorrente a detto
accesso e per il conseguente ordine all'ASMT di
esibizione della documentazione richiesta e di
rilascio di copie.
N. 00934/2010 REG.SEN.
N. 01271/2009 REG.RIC.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Piemonte
Visto l'atto di costituzione in giudizio di
Societa' Asmt Servizi Industriali S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
(Sezione Prima)
Relatore nella Camera di Consiglio del giorno
17/12/2009 il Referendario Avv. Alfonso
Graziano e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1271 del
2009, proposto da:
Paolo Ronchetti, rappresentato e difeso dall'avv.
Antonio Ciccia, con domicilio eletto presso lo
stesso in Torino, via Susa, 23;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
FATTO e DIRITTO
contro
131
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
1. Con istanza del 28.9.2009 (doc. 3 ricorrente)
il sig. Ronchetti, Consigliere comunale di
Tortona, richiedeva all’A.S.M.T. Servizi
industriali S.p.A., società mista a partecipazione
pubblica maggioritaria, affidataria di alcuni
servizi pubblici locali da parte dell’Ente
territoriale, di potere accedere all’elenco
fornitori della società per gli anni 2006 - 2009,
assumendo la strumentalità del richiesto diritto
d’accesso all’espletamento del suo mandato
elettivo.
La società domandava un parere legale
all’attuale patrono della stessa nel presente
giudizio, il quale concludeva nel senso della
legittimità del diniego sul rilievo che la società
intimata,
pur
essendo
partecipata
maggioritariamente al 53% dal Comune di
Tortona non sarebbe qualificabile come ente o
azienda dipendente dal medesimo, ai sensi
dell’art. 43 del TUEL, difettando il requisito del
controllo analogo.
Al che la società in questione denegava al
Ronchetti il richiesto accesso documentale.
Con il gravame in epigrafe insorge avverso il
diniego, assunto con nota del 20.10.2009 (doc.
1 ricorrente) il Consigliere Ronchetti.
Si costituiva in giudizio l’A.S.M.T. s.p.a con
atto del 4.12.2009.
Alla Camera di Consiglio del 17.12.2009 udita
la lunga discussione dei procuratori delle parti e
la Relazione del Referendario Avv. Alfonso
Graziano, il ricorso è stato ritenuto in decisione.
quello riconosciuto alla generalità dei cives,
posto che ai sensi dell’art. 22 delle L. n.
241/1990, il diritto d’accesso c.d. ordinario vige
anche nei riguardi dei soggetti di diritto privato
gestori di pubblici servizi, qual è sicuramente la
resistente Azienda.
Non osterebbero a parere del Ronchetti al
richiesto diritto di accesso, né il dato che la
partecipazione maggioritaria del Comune alla
Azienda non equivalga a qualificarla ente
dipendente dal Comune, né la presenza nella
compagine societaria della medesima di un
socio privato minoritario.
Non consta inoltre alcuna norma che delimiti la
nozione di ente dipendente dal comune alle sole
società in house.
2.2. A parere della Sezione le doglianze del
ricorrente evidenziano tratti di manifesta
fondatezza e vano conseguentemente accolte.
Non persuadono le ragioni del diniego, desunte
dal
parere
legale
acquisito
dall’Amministrazione
ed
allegato
alla
impugnata nota di diniego.
Tale parere fonda la negazione della domanda
di accesso sul rilievo che la A.S.M.T. pur
essendo una società posseduta in misura
maggioritaria dal Comune di Tortona, non
sarebbe definibile in termini di ente o azienda
dipendente del medesimo, ex art. 43 del d.lgs. n.
267/2000, non configurando il modello gestorio
di cui al’art. 113 del Testo Unico, dell’in house
providing, per difetto del fondamentale
presupposto del controllo analogo.
2.1. Deduce il ricorrente un unico motivo di
ricorso, conciso ma centrato, lamentando
violazione dell’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 e
39 del Regolamento del Consiglio Comunale e
delle Commissioni permanenti del Comune di
Tortona, oltreché eccesso di potere per difetto di
motivazione.
Del pari non convince la semplificazione della
questione e la sua riduzione alle sole norme
civilistiche di cui all’art. 2381 c.c. che
escluderebbe il diritto degli azionisti di ottenere
informazioni sulla gestione della società al di
fuori dell’assemblea.
Sostiene, in particolare, il deducente che il
diniego del richiesto accesso, ancorato sulla
presunta non riconducibilità dell’A.S.M.T.
S.p.A. al novero delle aziende dipendenti dal
Comune di Tortona, conduce a restringere il
diritto di accesso dei consiglieri rispetto a
2.3.1.1. Ritiene opportuno il Collegio procedere
ad una rapida ricostruzione del corpus
normativo che disciplina il diritto di accesso dei
Consiglieri comunale e non può all’uopo non
richiamare la recente sentenza del Tribunale,
che ha avuto vasta eco e che ha effettuato una
132
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
ricognizione dei limiti e delle condizioni del
diritto d’accesso dei consiglieri comunali in
relazione agli atti dell’ente locale.
Si è in quella sede (T.A.R. Piemonte, Sez. II,
31.7.2009, n. 2128 ) condivisibilmente conferita
al diritto di accesso dei consiglieri comunali
un’accezione alquanto ampia, tale da involgere
qualsiasi informazione ritenuta dal richiedente
utile all’espletamento del mandato elettivo, con
esclusione delle sole richieste strumentali ed
indeterminate, svincolando l’istanza sia
dall’onere motivazionale che da quello formale
della espressione in forma scritta.
Sul versante oggettivo rammenta il Collegio che
anche il Giudice di secondo grado accredita una
nozione particolarmente lata di informazioni
utili all’espletamento del mandato consiliare,
precisando che “dal termine "utili" contenuto
nella norma in oggetto non consegue, quindi,
alcuna limitazione al diritto di accesso dei
consiglieri comunali, bensì l'estensione di tale
diritto a qualsiasi atto ravvisato utile
all'espletamento del mandato".(Consiglio di
Stato, Sez. V, 09 ottobre 2007, n. 5264).Né per
altro
verso
può
riconoscersi
all’Amministrazione uno spazio di sindacato in
punto all’interesse del consigliere alla visione
degli atti e all’ottenimento delle informazioni,
poiché “l'interesse del consigliere comunale ad
ottenere determinate informazioni o copia di
specifici atti detenuti dall'amministrazione
civica non si presta, pertanto, ad alcuno
scrutinio di merito da parte degli uffici
interpellati in quanto, sul piano oggettivo, esso
ha la medesima latitudine dei compiti di
indirizzo e controllo riservati al Consiglio
comunale
(al
cui
svolgimento
è
funzionale)”(Consiglio di Stato, Sez. V, 2
settembre 2005, n. 4471).
2.3.1.2. Deve qui la Sezione unicamente
aggiungere che il diritto d’accesso dei
consiglieri comunali si estende anche agli atti
formati o stabilmente detenuti da tutte le
aziende o enti partecipati dal comune, non
richiedendosi che le stesse integrino la figura
dell’in house providing.
Va al riguardo condivisa la tesi espressa dalla
difesa del ricorrente, circa l’inesistenza di una
norma di copertura all’argomento portato dal
parere legale richiesto dalla ASMT, secondo il
quale il diritto d’accesso dei consiglieri
comunali può estendersi solo alle aziende
comunali riconducibili all’alveo del’in house
providing.
Nessuna norma di legge o principio
costituzionale abilita l’interprete ad operare una
simile discriminazione, che oltre a non essere
consentita dal legge a non rinvenire supporti ne
diritto positivo, infrange de plano anche i
canoni ermeneutici di scaturigine costituzionale,
quali promananti dagli artt. 24 , 3 e 113 della
Costituzione.
2.3.2. Quando il legislatore del TUEL del 2000
adoperava l’espressione “aziende o enti
dipendenti” del Comune, invero, non poteva
minimamente additare gli organismi in house,
in allora sconosciuti (benché la sentenza Teckal
sia stata resa dalla Corte del Lussemburgo il
1999) poiché non ancora elevati dalla
giurisprudenza e poi dal legislatore a figura
organizzatoria tipica. Basti pensale che la
famosa predetta sentenza Teckal, del 1999,
costituente il leading case in subiecta materia,
originava da un rinvio interpretativo effettuato
dal T.A.R. Emilia Romagna – Parma, vertente
non certo in materia di pubblici servizi, ma di
appalti pubblici di servizi misti a forniture,
domandandosi principalmente il TAR parmense
se le attività di fornitura, che economicamente
si configuravano prevalenti rispetto al servizio
di gestione di impianti termici comunali, erano
tali da indurre a qualificare il contratto misto
come appalto di servizi ovvero di forniture, i
fini dell’applicazione della deroga al regime
concorsuale sancita dall’art. 6 della Direttiva n,
92/50CEE disciplinante i soli appalti di servizi e
non le forniture pubbliche.
Quel primigenio precedente, che peraltro tanta
fortuna e seguito ha avuto in tutta la
giurisprudenza della Corte di Giustizia, non era
peraltro idoneo in allora a delineare l’istituto e
la figura dell’in house providing quale è stato
poi tramandato alla dottrina pubblicistica e alla
giurisprudenza dei tempi recenti, fino a
rinvenire espressa sanzione nell’art. 113 del
d.lgs. n. 267/200 (con le modifiche apportate
nel 2003) e nell’art. 51 del d.lgs. n. 496/1997 in
133
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
materia di servizio di riscossione delle entrate
comunali.
2.3.3. Orbene, opina la Sezione che il criterio
ermeneutico di interpretazione delle leggi
scolpito all’art. 12 delle preleggi al codice civile
e individuabile in quello che la dottrina
costituzionalistica ab immemorabile definisce
criterio storico evolutivo, sia il primo dato
deponente nel senso della piena assoggettabilità
al diritto d’accesso dei consiglieri comunali,
delle
Aziende
partecipate
in
misura
maggioritaria dal Comune, introducendo il
requisito pretorio comunitario del controllo
analogo, un quid novi sconosciuto al legislatore
del Testo unico del 2000.
Prima di una fugace disamina dei principi
costituzionali sopra lumeggiati, ritiene il
Collegio di dover soggiungere che oltre al
tratteggiato elemento interpretativo appuntato
sulla contestualizzazione storica dell’art. 43 del
d.lgs. n. 267/2000, alla quale è estraneo ogni
riferimento al postumo requisito dell’in house ai
fini di predicare la soggezione al diritto
d’accesso dei consiglieri comunali di ogni
azienda o società privata partecipata
maggioritariamente dagli enti locali (comuni e
province), ebbene, oltre al delineato elemento
esegetico, milita a forte suffragio della divisata
soggezione dell’ azienda a partecipazione
pubblica locale maggioritaria, anche la
riflessione in ordine alla prospettiva funzionale
della partecipazione pubblica maggioritaria.
Al riguardo non può trascurarsi che la ratio
dell’estensione del diritto d’accesso dei
consiglieri, operata dall’art. 43 del TUEL anche
nei confronti delle aziende o enti dipendenti del
Comune, risiede nel fatto che tali aziende ed
enti dipendenti sono quelli che gestiscono
pubblici servizi locali.
Il legislatore ha cioè inteso individuare quali
soggetti passivi del diritto di accesso dei
rappresentanti della popolazione locale, gli enti
o aziende dipendenti che gestiscano servizi
pubblici locali per il Comune.
La figura della società in house, pertanto, è solo
uno dei possibili soggetti legittimati passivi
della richiesta e del diritto di accesso dei
consiglieri, non esaurendo certo il novero di
tutti i legittimati passivi, poiché tale figura non
esaurisce il novero delle società partecipate
dall’Ente locale che possono gestire i servizi
pubblici locali.
2.3.4. La prospettiva ermeneutica caldeggiata,
sulla scorta dell’invocato parere legale, dalla
società resistente, invero oblitera di considerare
che i servizi pubblici locali possono essere
gestiti oltre che in via diretta dagli organismi in
house, ossia senza l’intermediazione di una
procedura concorsuale, anche dalle società
miste a prevalente capitale pubblico, quali la
resistente ASMT.
L’art. 113, comma 5, lett. b) del d.lgs. n.
267/2000 individua, infatti, quali soggetti
gestori di servizi pubblici locali le società a
partecipazione pubblica maggioritaria, le
vecchie società di cui all’art. 22, 3° comma, lett.
e) della L. N. 142/1990, il cui socio privato sia
stato scelto mediante una procedura concorsuale
ad evidenza pubblica.
E questo è il caso della resistente ASMT, il cui
capitale sociale risulta costituito e posseduto per
ben il 53% dal Comune di Tortona e per la
residua parte da alcuni comuni contermini e poi
per la restante parte dalla società privata Iride
s.p.a selezionata per il tramite di procedura ad
evidenza pubblica.
Ne consegue che l’A.S.M.T. è una società
affidataria della gestione di servizi pubblici
locali per il Comune di Tortona ai seni dell’art.
113, comma 5 lett. b) del TUEL, pur non
integrando gli estremi dell’in house providing,
figura individuata quale possibile modello
gestorio dei servizi locali dalla lettera c) del
comma 5 dell’art, 113 cit., in alternativa alla
società mista a prevalente capitale pubblico
locale.
2.3.5. Non individua pertanto la Sezione la
ragione giuridica per la quale doversi predicare
l’assoggettamento al diritto di accesso dei
consiglieri comunali delle sole figure gestionali
societarie dei servizi pubblici inquadrabili nel
modello dell’in house, per escluderla nei
confronti di società private che: 1. siano
possedute dal Comune in misura maggioritaria;
134
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
2. siano affidatarie della gestione dei servizi
pubblici parimenti in via diretta, ossia senza il
previo espletamento di una pubblica gara, ma
nelle quali il socio privato operativo sia stato
scelto mediante gara.
dei servizi gestione di servizi, a prescindere
dalla misura della partecipazione del comune al
capitale sociale e dalla qualità di società
partecipata dall’ente o di mero concessionario
della gestione dei servizi.
2.4.1. Il Tribunale è quindi del parere che il
proprium che contrassegna le aziende o enti
dipendenti del Comune, di cui all’art. 43 del
d.lgs. n. 267/2000 i fini dell’assoggettamento al
diritto di accesso dei consiglieri comunali, è da
individuare nell’essere l’azienda o l’ente
affidatario della gestione di un pubblico servizio
locale, dovendosi includere nel novero di tali
enti o aziende dipendenti, nei cui confronti il
consigliere comunale vanta il diritto di accedere
a tutti agli atti e informazioni utili
all’espletamento del suo mandato, anche le
società partecipate dal Comune o dalla
Provincia in misura maggioritaria e che
gestiscano servizi pubblici locali per conto del
Comune o della Provincia.
Si è infatti condivisibilmente precisato che “la
natura di società di capitale non preclude,
pertanto, l'esercizio del diritto de quo, atteso che
la proprietà della medesima è in parte
imputabile al Comune; dalla partecipazione
pubblica discende l'esercizio di attività
certamente rientranti nella più generale attività
dell'ente locale, che giustifica e legittima quindi
la richiesta documentazione.
2.4.2. Militano nel senso della delineata
ragionevole estensione del quadro dei soggetti
societari obbligati ad ostendere i documenti o a
fornire le informazioni richieste dal conigliere
comunale o provinciale, anche i principi
costituzionali scaturenti dall’art. 24 che ritaglia
il diritto di difesa, dell’art. 3 sul principio di
uguaglianza, che sarebbe irragionevolmente
compresso se si escludessero dall’obbligo di
concedere l’accesso le società a partecipazione
pubblica maggioritaria ma non integranti l’in
house, nonché lo stesso art. 113 della
Costituzione, in forza del quale contro gli ati
della pubblica amministrazione è sempre
ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e
degli interessi legittimi dinanzi agli organi di
giurisdizione ordinaria o amministrativa. Anche
tale ultimo diritto di azione del consigliere
comunale sarebbe irragionevolmente compresso
se gli si negasse di accedere agli atti delle
aziende partecipate maggioritariamente dal
Comune e affidatarie della gestione dei servizi
pubblici locali.
2.4.3.
Segnala
il
Collegio
che
recentissimamente la giurisprudenza ha ritenuto
soggette al diritto d’accesso de consiglieri
comunali ex art. 43 del TUEL tutte le società di
cui si avvalgono gli enti locali per la gestione
In conclusione, risulta evidente, anche alla luce
di recenti indici normativi, che le società
partecipate pubbliche, siano esse strumentali
agli enti partecipanti o concessionarie o
affidatarie di servizi pubblici locali, restano
assoggettate
alle
regole
di
buona
amministrazione imparziale, secondo il
principio di legalità, di cui all’art. 97 Cost. e al
capo I della legge n. 241 del 1990. Finché
questi strumenti societari impiegano soldi
pubblici per lo svolgimento di funzioni
pubbliche o per l’erogazione di servizi pubblici,
non è consentito che il rivestimento formale
privatistico possa consentire ad essi di sottrarsi
alle regole di trasparenza e di controllabilità che
indefettibilmente caratterizzano la funzione e il
servizio pubblici”.( T.A.R. Campania - Napoli,
Sez. V, 28 gennaio 2010 n. 448).
Il caso di specie concerneva una richiesta di
accesso formulata da un consigliere comunale
nei riguardi di una società consortile comunale,
nella quale è verosimile che il Comune
possedesse solo una quota no maggioritaria del
capitale sociale.
2.4.4. In conclusione, ritiene il Collegio che sia
riduttiva la linea interpretativa accreditata
dall’Amministrazione sulla scorta del parere
legale acquisito, secondo cui la richiesta di
accesso dei consiglieri comunali riguardo gli
atti delle società partecipate non sfugga al
disposto degl’’art. 2381 e 2403 c.c. in forza dei
quali l’accesso va negato ai soggetti estranei
agli organi della società e non può esercitarsi al
di fuori dell’assemblea.
135
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
P.Q.M.
Tale esegesi oblitera l’ineludibile contrassegno
delle società digestione dei pubblici servizi,
rappresentato
dal
vincolo
della
funzionalizzazione dell’attività della società agli
scopi di pubblico interesse sottesi alla gestione
di servizi di pubblica utilità.
Rammenta per contro il Collegio che sono anni
che il Consiglio di Stato insegna che il modulo
gestionale della società mista, pur essendo
apparentato agli schemi civilistici di diritto
comune, partecipa della medesima natura delle
figure istituzionali pubblicistiche, essendo
accomunato dal vincolo di scopo. Ebbe infatti a
precisare il Giudice d’appello che la società
mista partecipata dall’ente locale “costituisce un
modello organizzativo e gestionale sì
alternativo a quello dell'azienda speciale, ma
non per questo del tutto alieno a connotati e
finalità sostanzialmente pubblici, perché, ai fini
dell'identificazione di un soggetto pubblico, la
forma societaria assume veste neutrale ed il
perseguimento di uno scopo pubblico non è di
per sé in contraddizione con il fine societario
lucrativo - art. 2247 c.c. - (cfr. Cons. Stato, sez.
V, 3/09/2001, n.4586).
Ancor prima fu chiarito che “il modulo
organizzativo della società mista per azioni ex
art. 22 comma 3 lett. e), l. 8 giugno 1990 n. 142
(a prevalente capitale pubblico) delinea una
forma di gestione diretta del servizio pubblico
nel cui ambito non solo il rapporto tra pubblica
amministrazione e società è di natura
giuspubblicistica, ma soprattutto la società
stessa diviene organo indiretto dell'ente,
deputato allo svolgimento del servizio
affidatole”( Cons. Stato, sez. V, 19/02/1998,
n.192)".
In definitiva, il gravame si profila fondato e va
accolto, conseguendone l’annullamento della
nota diniego di accesso impugnata e l’ordine
all’A.S.M.T. di consentire al Cons. Ronchetti di
accedere all’elenco dei fornitori 2006-2009
nonché ai bilanci trimestrali per gli stessi anni.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Piemonte – Prima Sezione – definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe lo Accoglie
e, per l’effetto, Annulla la nota del 20.10.2009
prot. 3627/P/sg dell’A.S.M.T. S.p.A. ed Ordina
alla medesima di consentire l’accesso al Cons.
Paolo Ronchetti all’elenco dei fornitori nonché
ai
bilanci
trimestrali
per
gli
anni
2006,2007,2008 e 2009.
Condanna l’A.S.M.T S.p.A. a pagare al
ricorrente le spese di lite, che liquida in €
1.000,00 oltre IVA e CNAP e rimborso del
contributo unificato.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio
del giorno 17/12/2009 con l'intervento dei
Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
Paola Malanetto, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2010
Le spese di lite vanno poste a carico della parte
resistente in ossequio al principio della
soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
136
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13
luglio 2010 il Cons. Carlo Saltelli e udito per gli
appellanti l’avvocato Vitali, su delega dell' avv.
Rizzuti;
N. 06963/2010 REG.SEN.
N. 05123/2009 REG.RIC.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
FATTO
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello iscritto al numero di
registro generale 5123 del 2009, proposto da:
PRATICO’
BIAGIO,
CEGLIE
ROSA,
MANAGO’ MARIO DANIELE, PRATICO’
ANTONIO, TRIMOBOLI FRANCESCO,
rappresentati e difesi dall'avv. Paolino Rizzuti,
con domicilio eletto presso Giovanni Crescella
in Roma, viale Somalia, n. 169;
contro
COMUNE DI PRAIA A MARE, in persona del
sindaco in carica, non costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA –
CATANZARO, Sez. II n. 1535 del 27
novembre 2008, resa tra le parti, concernente
ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE
COMUNALE DA PARTE DI CONSIGLIERI
COMUNALI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
1. I signori Biagio Praticò, Rosa Ceglie, Mario
Daniele Managò, Antonio Praticò e Francesco
Trimboli, consiglieri comunali di minoranza del
Comune di Praia a Mare, hanno chiesto al
Tribunale amministrativo regionale per la
Calabria l’annullamento di alcune note del
Comandante della Polizia Municipale, del
responsabile dell’Ufficio tecnico e del
responsabile dell’Area gestione economica e
finanziaria del predetto Comune di Praia a
Mare, tutte datate tra il 29 agosto ed il 12
settembre 2008, concernenti il diniego di
accesso ovvero il differimento dell’accesso
ovvero l’accesso solo mediante visione ad
alcuni atti necessari per l’esercizio del loro
mandato,
nonché
l’annullamento
del
regolamento comunale in materia di accesso ai
documenti nella parte in cui, a loro avviso,
limitava l’esercizio del loro diritto di accesso.
Essi hanno lamentato la violazione dell’articolo
97 della Costituzione, dell’articolo 43, comma
2, del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché la
violazione e falsa applicazione degli articoli 22
e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e
delle norme e dei principi generali in materia di
accesso da parte dei consiglieri comunali ed
ancora erroneità ed illegittimità dei presupposti,
eccesso e sviamento di potere per omessa
erronea ed illegittima motivazione, falso scopo
e falsa causa.
2. L’adito tribunale, sez. II, con la sentenza n.
1535 del 27 novembre 2008, nella resistenza
dell’intimata amministrazione comunale, ha
dichiarato il ricorso in parte inammissibile
137
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
(quanto all’annullamento del regolamento
comunale in materia di accesso, non rientrando
tale impugnazione nel rito speciale disciplinato
dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n.
241, disponendone lo stralcio e la iscrizione a
nuovo ruolo, secondo il rito ordinario), e per il
resto infondato, atteso che le richieste di
accesso, di cui i ricorrenti avevano lamentato il
diniego o il differimento dell’accesso o la sola
visione, non risultavano supportate dal
necessario interesse, diretto, concreto e attuale,
che le giustificasse.
3. Con atto di appello notificato il 18 maggio
2009 gli originari ricorrenti hanno chiesto la
riforma della predetta sentenza, sostenendone
l’erroneità in quanto, per un verso, il diritto di
cui all’articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000,
n. 167 è più ampio di quello disciplinato dagli
articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990,
n. 241, e non è condizionato dalla prova
dell’interesse che lo giustifica, essendo
intimamente connesso allo svolgimento dello
stesso munus istituzionale, e, per altro verso, le
denegate o rinviate richieste di accesso erano
tutt’altro che generiche; inoltre, secondo gli
appellanti, l’accesso agli atti doveva essere
consentito mediante estrazione di copia e non
già attraverso la mera visione dell’atto, ciò
pregiudicando il corretto esercizio del loro
mandato politico.
Il Comune di Praia a Mare non si è costituito in
giudizio.
4. Gli appellanti hanno illustrato con apposita
memoria conclusionale le proprie tesi difensive.
All’udienza del 13 luglio 2010, dopo la rituale
discussione, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
5. L’appello è fondato e deve essere accolto.
5.1. Secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di
discostarsi (da ultimo C.d.S., sez. V, 9 ottobre
2007, n. 5264), i consiglieri comunali hanno un
non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti
che possano essere d'utilità all'espletamento del
loro mandato, ciò anche al fine di permettere di
valutare - con piena cognizione - la correttezza
e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione,
nonché per esprimere un voto consapevole sulle
questioni di competenza del Consiglio, e per
promuovere, anche nell'ambito del Consiglio
stesso, le iniziative che spettano ai singoli
rappresentanti del corpo elettorale locale.
Il diritto di accesso loro riconosciuto ha infatti
una ratio diversa da quella che contraddistingue
il diritto di accesso ai documenti amministrativi
riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex
articolo 10 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)
ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse
diretto, concreto e attuale, corrispondente ad
una situazione giuridicamente tutelata e
collegata al documento al quale è chiesto
l'accesso" (ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto
1990, n. 241): infatti, mentre in linea generale il
diritto di accesso è finalizzato a permettere ai
singoli soggetti di conoscere atti e documenti
per la tutela delle proprie posizioni soggettive
eventualmente lese, quello riconosciuto ai
consiglieri comunali è strettamente funzionale
all’esercizio del proprio mandato, alla verifica e
al controllo del comportamento degli organi
istituzionali decisionali dell’ente locale (C.d.S.,
sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855) ai fini della
tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di
quelli privati e personali) e si configura come
peculiare espressione del principio democratico
dell’autonomia locale e della rappresentanza
esponenziale della collettività (C.d.S., sez. V, 8
settembre 1994, n. 976).
Di conseguenza sul consigliere comunale non
può gravare alcun particolare onere di motivare
le proprie richieste di accesso, atteso che
diversamente opinando (com’è stato acutamente
rilevato) sarebbe introdotta una sorta di
controllo dell’ente, attraverso i propri uffici,
sull’esercizio del mandato del consigliere
comunale (C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2007, n.
929; 9 dicembre 2004, n. 7900); è stato
osservato d’altra parte che dal termine “utili”,
contenuto nell’articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto
2000, n. 267, non può conseguire alcuna
limitazione al diritto di accesso dei consiglieri
comunali, detto aggettivo garantendo in realtà
l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi
138
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
atto ravvisato utile per l’esercizio del mandato
(C.d.S., sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879).
Deve anche aggiungersi che il diritto del
consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte
le informazioni utili all’espletamento del
mandato non incontra neppure alcuna
limitazione derivante dalla loro eventuale natura
riservata, in quanto il consigliere è vincolato al
segreto d’ufficio (C.d.S., sez. V, 4 maggio
2004, n. 2716).
In definitiva gli unici limiti all’esercizio del
diritto di accesso dei consiglieri comunali
possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che
esso deve avvenire in modo da comportare il
minor aggravio possibile per gli uffici comunali
(attraverso modalità che ragionevolmente sono
fissate nel regolamento dell’ente) e, per altro
verso, che esso non deve sostanziarsi in
richieste assolutamente generiche ovvero
meramente emulative, fermo restando tuttavia
che la sussistenza di tali caratteri deve essere
attentamente e approfonditamente vagliata in
concreto al fine di non introdurre
surrettiziamente inammissibili limitazione al
diritto stesso.
5.2. Sulla scorta del delineato indirizzo
giurisprudenziale, la sentenza impugnata non
merita condivisione avendo posto a fondamento
del rigetto del ricorso proposto la mancata
prova dell’interesse diretto, concreto ed attuale
all’accesso ai documenti richiesti, laddove,
come si è avuto modo di rilevare, tale prova non
deve essere fornita stante la qualità di
consiglieri comunali dei richiedenti.
Pur ammettendo che l’amministrazione avrebbe
potuto negare l’accesso o differirlo adducendo
la eventuale pretestuosità o lo scopo meramente
emulativo delle richieste, sarebbe poi spettato al
giudice verificare la effettiva ricorrenza di tali
circostanze: tuttavia di tanto nel caso di specie
non vi è stata alcuna prova.
Inoltre erroneamente i primi giudici hanno
fondato la propria convinzione sulla circostanza
che con le denegate richieste di accesso i
ricorrenti avrebbero inteso “compiere un
sindacato generalizzato dell’attività degli organi
decidenti”, atteso che la peculiare caratteristica
del diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri
comunali, di più ampia estensione rispetto a
quello previsto dalla legge 7 agosto 1990, n.
241, ne fa proprio uno strumento di controllo e
verifica dell’operato dell’amministrazione, non
per finalità personali, bensì a tutela
dell’interesse pubblico al corretto, efficiente ed
efficace funzionamento delle istituzioni locali.
Anche l’eventuale rilevante numero di richieste
di accesso avanzate dai consiglieri comunali
non può costituire un legittimo limite o peggio
ancora un impedimento all’esercizio del diritto
di accesso, fermo restando soltanto la necessità
di contemperare nel modo più ragionevole e
adeguato possibile dette richieste, finalizzate
all’espletamento del mandato, con le esigenze
di funzionamento degli uffici.
5.3. Quanto al caso in esame, deve evidenziarsi
che l’oggetto delle impugnate note di diniego
agli atti (così come riportato nella sentenza
impugnata) risulta essere sufficientemente
specificato ed in ogni caso nient’affatto
generico
ed
emulativo,
essendo
ragionevolmente pertinente all’espletamento del
mandato.
Infatti la nota n. 14979 del 4 agosto 2008
riguarda le concessioni di suolo demaniali per le
attività di lidi – stabilimenti balneari, parco
giochi divertimenti – giostre; la nota n. 15104
del 5 agosto 2008 concerne la copia con relativa
documentazione dello studio di incidenza per il
Piano Spiaggia Comunale redatto in esecuzione
della delibera della Giunta comunale n.
111/2008; la nota n. 15108 del 5 agosto 2008 è
riferita alla richiesta di copia, con relativa
documentazione, della relazione dello studio
geologico e annessi elaborati tecnici per il Piano
Spiaggia Comunale redatto in esecuzione della
delibera della Giunta comunale n. 38/2008; le
note n. 15341 e n. 15342 dell’8 agosto 2008
sono relative alla documentazione della delibera
della Giunta comunale n. 2/2008 e alla sua
esecuzione; la nota 14855 del 31 luglio 2008 è
diretta
ad
ottenere
la
copia
della
documentazione relativa alla delibera della
Giunta comunale n. 127/2008; la nota n. 15103
del 5 agosto 2008 riguarda la richiesta di copia
del bilancio di previsione dell’anno 2008.
139
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Quanto alle note n. 15100 del 5 agosto 2008, n.
15184 del 6 agosto 2008 e n. 15101 del 5 agosto
2008, che riguardano la richiesta della
documentazione riferita alle determinazioni
assunte rispettivamente dal responsabile
dell’ufficio tecnico comunale per il periodo dal
1° maggio al 31 maggio 2008 e dal 1° luglio al
31 luglio 2008, nonché a quelle assunte dal
Responsabile dell’Ufficio Ragioneria per il
periodo dal 1° giugno 2008 al 30 giugno 2008,
la Sezione è dell’avviso che le relative richieste,
sicuramente generiche se effettuate da un
comune cittadino (in questo caso dovendo
essere considerate come un sintomo di una
pretesa di controllo generalizzato sul
funzionamento degli uffici), essendo state
invece presentate da consiglieri comunali
devono essere considerate sufficientemente
specifiche, essendo dirette ad ottenere copia
dello stralcio del relativo registro generale delle
determinazioni, indispensabile per poter
individuare il documento utile all’esercizio del
mandato ovvero per poter verificare in concreto
l’operato
dell’amministrazione
in
un
determinato settore (quello, per esempio, della
gestione dei beni demaniali attraverso il rilascio
delle relative concessioni).
Il fatto che alcuni degli originari dinieghi di
acceso siano stati in realtà superati attraverso
l’ammissione differita e calendarizzata alla
visione degli atti non costituisce motivo per
dichiarare inammissibile (in parte) il ricorso di
primo grado ovvero il presente gravame, non
essendo stata avanzata in tal senso alcuna
richiesta
dagli
appellati
che
hanno
evidentemente il contrario interesse a vedere
affermato il loro pieno ed incondizionato diritto
di accesso agli atti mediante ottenimento di
copia degli stessi (tale essendo la indicata
modalità di accesso e spettando semmai
all’amministrazione motivare le ragioni che
giustificano il differimento dell’accesso
richiesto ovvero rendono utilizzabile solo l’altra
modalità di accesso, cioè la visione del
documento).
6. In conclusione l’appello deve essere accolto
e, per l’effetto, deve essere riformata in parte
qua la sentenza impugnata, con l’accoglimento
in parte qua del ricorso proposto in primo
grado.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica
la compensazione delle spese del doppio grado
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, definitivamente pronuncia sul
ricorso proposto dai signori Biagio Praticò,
Rosa Ceglie, Mario Daniele Managò, Antonio
Praticò e Francesco Triboli avverso la sentenza
del Tribunale amministrativo regionale per la
Calabria, sez. II, n. 1535 del 27 novembre 2008
lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma
della sentenza impugnata, accoglie in parte il
ricorso proposto in primo grado.
Dichiara interamente compensate tra le parti le
spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 13 luglio 2010 con l'intervento dei
Signori:
Calogero Piscitello, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere
Cesare Lamberti, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
ABUSO DI UFFICIO
REATO IN
GENERE - SEGRETI
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 30-09-2009) 1210-2009, n. 39706
140
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
Il Procuratore Generale presso la Corte di
Appello di Bologna ricorre per cassazione
contro la sentenza indicata in epigrafe, con la
quale il G.I.P. del Tribunale in sede aveva
dichiarato ai sensi dell'art. 425 c.p.p., n.d.p.
contro T.L. perchè il fatto non sussiste in ordine
al reato di rivelazione di segreto di ufficio di cui
all'art. 326 c.p., per avere, quale consigliere
comunale e quindi pubblico ufficiale divulgato
documenti e comunicazioni di natura riservata,
concernenti la gestione della casa di riposo
"(OMISSIS)", a struttura convenzionata, di cui
era venuto legittimamente a conoscenza in
ragione del diritto di accesso, riconosciuto per
tale qualifica ai sensi del D.Lgs. 18 agosto
2000, n. 267, art. 54, rivelando tali notizie ad un
giornalista per la pubblicazione sulla stampa,
poi puntualmente avvenuta.
Escludeva il G.I.P. che i documenti de quibus
rivestissero la qualifica di atti segreti, giacchè la
nozione di segreto di ufficio, tutelato dall'art.
326 c.p., presupponeva l'esistenza di atti tipici,
che per espressa disposizione legislativa penale o extrapenale - fossero coperti dal
requisito della segretezza, onde consentire
all'interprete di valutare la sussistenza
dell'elemento oggettivo del reato. Nel caso in
esame mancava una specifica disciplina che
come conseguenza e necessario corollario del
diritto di accesso prevedesse l'obbligo del
segreto di ufficio; la recente modifica di cui alla
L. n. 241 del 1990, art. 24, che aveva sottratto
altri atti al diritto di accesso, nulla aveva
innovato rispetto al regime previgente di cui
alle L. n. 121 del 1981, e L. n. 668 del 1986,
che nulla prescrivevano in merito all'obbligo
della segretezza, onde ad avviso del giudicante,
attesa l'inesistenza di uno specifico obbligo ed
esclusa la legittimità di qualsiasi riferimento a
quelle che regolano ipotesi simili, non ultima la
disciplina sancita per gli impiegati dello Stato,
non potendo equipararsi il consigliere comunale
ad un impiegato civile dello Stato, si doveva
prendere atto che il reato non si era perfezionato
per carenza dell'elemento materiale.
"Di diverso avviso è l'organo requirente
ricorrente, che a sostegno della richiesta di
annullamento
dell'impugnata
decisione,
denuncia la erronea applicazione della legge
penale, e sostiene che la declaratoria di
improcedibilità era frutto di una lettura inesatta
delle disposizioni di legge e di regolamento
disciplinanti la materia. La nozione di "notizie
di ufficio, le quali debbono rimanere segrete",
secondo l'insegnamento della Suprema Corte,
assume non solo il significato di informazione
sottratta alla divulgazione in ogni tempo e nei
confronti di chiunque, ma anche quello di
informazione, per la quale la diffusione sia
vietata dalle norme sul diritto di accesso, nel
momento in cui viene indebitamente diffusa,
perchè svelata a soggetti non titolari del diritto o
senza il rispetto delle modalità previste. Nel
caso erroneamente era stato disatteso tale
principio, che non riguarda solo gli impiegati
dello Stato, come riduttivamente affermato dal
G.I.P., e ciò sia per la portata generale dei limiti
di accesso fissati dalla L. n. 241 del 1990, art.
24, sia per la presenza della norma di cui al
D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 43, cit., a sua volta
di settore per i consiglieri comunali e
provinciali, e forse simmetrica rispetto alla
norma, disciplinante il segreto di ufficio per gli
impiegati civili dello Stato.
Osserva il collegio che il ricorso non ha
consistenza giuridica e va pertanto rigettato.
Occorre partire dalla disamina della portata
della norma incriminatrice che tutela le notizie,
che devono rimanere segrete. Giurisprudenza
pregressa, ma ancora attuale, è attestata sul
principio che ai fini della configurabilità del
reato il dovere di segreto, cui è astretto il
pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico
servizio, deve derivare da una legge, da un
regolamento, ovvero dalla natura stessa della
notizia che può recare danno alla pubblica
amministrazione (Cass. Sez. 6^ 6/2 - 14/9/1990
n. 12389).
Tale principio correttamente è stato recepito dal
G.I.P., quando ha ritenuto legittimo l'operato
dell'imputato,
consigliere
comunale,
nell'ottenere la disponibilità di quegli atti in
ragione del diritto di accesso riconosciutogli par
tale qualifica dall'art. 54 del Regolamento
141
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
attuativo del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art.
43, sul funzionamento del Consiglio Comunale,
trattandosi di atti del suo ufficio, e nel ritenerli
svincolati da qualsiasi segretezza in assenza di
una specifica normativa, che qualificasse segreti
gli atti divulgati. Lo stesso organo requirente ne
da atto nel ricorso, quando riconosce il diritto
del consigliere comunale di ottenere dal suo
ufficio, fruendo del suo diritto di accesso, tutte
le notizie e le informazioni utili all'espletamento
del suo mandato.
Non è invece condivisibile l'opinione del P.G.
ricorrente, laddove comprende nella nozione di
"notizie di ufficio" non solo le informazioni,
sottratte per legge o per regolamento alla
divulgazione in ogni tempo e luogo e nei
confronti di chiunque, ma anche quelle, per le
quali la diffusione sia vietata dalle norme sul
diritto di accesso, nel momento in cui esse
vengono indebitamente diffuse, perchè svelate a
soggetti non titolari del diritto o senza il rispetto
delle modalità previste.
Diverse, ad avviso del collegio, sono le finalità
perseguite
rispettivamente
dalla
norma
incriminatrice e dalla normativa sul diritto di
accesso.
della (OMISSIS). Se si volesse recepire il
discorso del P.G., si giungerebbe all'assurdo di
impedire l'attività di controllo dei Consiglieri
Comunali e soprattutto di bloccare ogni azione
di opposizione politica all'operato degli organi
di governo.
Nè può estendersi ai consiglieri comunali la
disciplina sancita per gli impiegati civili dello
Stato dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 15,
come modificato dalla citata L. n. 241 del 1990,
art. 28, che impone a tale categoria l'obbligo del
segreto di ufficio sui provvedimenti o
operazioni amministrative in corso o concluse,
di cui sia venuto a conoscenza a causa delle
funzioni, al di fuori dell'ipotesi e dalle modalità
previste dalle norme sul diritto di accesso. Sul
punto ha già adeguatamente risposto il G.I.P.,
che, ribadita l'ampiezza e i limiti del diritto di
accesso e l'imprescindibilità della previsione
normativa degli atti che devono rimanere
segreti, ha richiamato la preclusione in materia
penale di applicazioni analogiche in "malam
partem".
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009.
Occorre infatti ricordare come la L. n. 241 del
1990, abbia rivoluzionato la disciplina degli atti
e dell'accesso agli stessi, sancendo in definitiva
il principio che tutto ciò che non è segreto è
accessibile.
Essa contiene soltanto la regolamentazione del
diritto di accesso e non anche di un parallelo
obbligo di segretezza, regolando tale diritto
unicamente in base all'interesse del richiedente,
ovvero alla giustificazione addotta dallo stesso.
Con ciò il legislatore ha inteso porre soltanto un
freno all'ipotetico proliferare di richieste, che
potenzialmente potrebbero paralizzare la
Pubblica Amministrazione, esigendo il requisito
dell'interesse, quale elemento regolatore del
generico principio della completa accessibilità
agli atti, restando quest'ultima comprimibile
solo attraverso l'imposizione del segreto nei casi
previsti dalla legge. E il caso in rassegna non
rientra tra le ipotesi di segreto normativamente
previste, nè risulta che il Sindaco avesse
imposto alcun vincolo sugli atti e sulla vicenda
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2009
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - ATTI
AMMINISTRATIVI - OPERE PUBBLICHE
- POSTE E TELEGRAFI
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-10-2009, n. 5987
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1. Con lettera raccomandata recapitata in data 9
marzo 2009 l'odierna appellata, in qualità di ex
dipendente a tempo determinato della Società
P.I. S.p.A. inoltrava al predetto Ente istanza di
accesso ai sensi della l. n. 241/1990, al fine di
ottenere copia di:
libro matricola;
142
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
registro delle presenze - mod 70 P;
fascicolo personale;
documenti da cui risultino il numero degli
addetti con specifica se a tempo determinato o
meno;
organigramma dell'ufficio postale di Lonate
Pozzolo.
La richiesta era dichiarata finalizzata
all'esercizio del diritto di difesa dell'interessata
davanti al giudice del lavoro ai fini della
conservazione del posto, mediante prosecuzione
del rapporto di lavoro, previo annullamento
delle clausole di apposizione del termine di
cessazione del rapporto medesimo.
1.1. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla
richiesta, veniva proposto ricorso per l'accesso
al Tar Lombardia - Milano che, con la sentenza
in epigrafe, ordinava l'accesso.
2. Ha proposto appello P.I. s.p.a., lamentando
che sebbene ai sensi della l. n. 241/1990
l'accesso sia consentito anche nei confronti di
soggetti (formalmente) privati, tuttavia l'accesso
è limitato alla loro attività di "pubblico
interesse".
Si assume che per P.I., che è una società di
diritto privato, l'attività di pubblico interesse
sarebbe solo quella di raccolta del risparmio
postale e di fornitura del servizio postale
universale.
Tale non sarebbe, invece, l'attività inerente il
rapporto di lavoro tra P.I. e i propri dipendenti,
rapporto di lavoro di natura privatistica e
rientrante nei poteri di autorganizzazione
dell'Ente.
Si lamenta, inoltre, che P.I. non avrebbe obbligo
di redazione e tenuta di un organigramma, ma
solo di un "libro unico del lavoro", comprensivo
del calendario delle presenze, ai sensi dell'art.
39, d.l. n. 112/2008, sicché la sentenza di primo
grado avrebbe ordinato l'accesso ad un atto
(l'organigramma), inesistente.
Si lamenta, infine, che l'obbligo di consentire
l'accesso non implica anche l'obbligo di
elaborare dati disaggregati; nella specie
l'accesso al libro unico del lavoro non
conterrebbe i dati in forma aggregata relativi
all'ufficio postale di Lonate Pozzuolo.
3. Va anzitutto esaminato il motivo con cui P.I.
sostiene di non essere assoggettata alla
normativa in tema di accesso o, quanto meno, di
non esserlo quando agisce in regime di
concorrenza.
3.1. Il motivo è infondato.
La Sezione ritiene di non doversi discostare dal
già espresso orientamento, secondo cui l'attività
amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 l. n.
241/1990 correlano il diritto d'accesso,
ricomprende non solo quella di diritto
amministrativo, ma anche quella di diritto
privato posta in essere dai soggetti gestori di
pubblici servizi che, pur non costituendo
direttamente gestione del servizio stesso, sia
collegata a quest'ultima da un nesso di
strumentalità derivante anche, sul versante
soggettivo, dalla intensa conformazione
pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 26 gennaio
2006 n. 229; Id., 30 dicembre 2005 n. 7624; Id.,
7 agosto 2002 n. 4152; Id., 8 gennaio 2002 n.
67).
Con le citate decisioni, la Sezione ha ritenuto
che i dipendenti di P.I. s.p.a., anche cessati dal
rapporto, avessero diritto ad accedere ad alcuni
atti relativi all'organizzazione interna della
società, quali gli atti di un procedimento
privatistico per la selezione dei dirigenti o i
fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla
rilevando che l'attività di P. si svolga in parte in
regime di concorrenza.
In tali casi l'attività di P.I., relativa alla gestione
del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, è
stata ritenuta strumentale al servizio gestito da
P. ed incidente potenzialmente sulla qualità di
un servizio, il cui rilievo pubblicistico va
valutato tenendo conto non solo della
dimensione oggettiva, ma anche di quella
propriamente soggettiva di P.I..
143
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Deve, di conseguenza, ritenersi che P.I. è
soggetta alla disciplina in tema di accesso nei
limiti già precisati con i citati precedenti della
Sezione e che lo è nel caso di specie, in cui
appunto l'accesso è stato richiesto in relazione
alla predetta attività di organizzazione delle
forze lavorative e quindi del servizio postale.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 29 settembre 2009 con l'intervento
dei Signori:
4. Quanto alla censura con cui si lamenta che
non esisterebbe un organigramma, ma solo un
libro unico del lavoro, osserva il Collegio che
non risulta specificato negli atti di causa il
periodo in cui si è svolto il rapporto di lavoro
della dipendente. Il libro unico del lavoro è
previsto dall'art. 39, d.l. n. 112/2008; pertanto,
ove il rapporto di lavoro si sia svolto, in tutto o
in parte, prima dell'entrata in vigore di tale
disposizione, va esibito il documento
corrispondente, contenente le notizie richieste in
sede di istanza di accesso; ove il rapporto si sia
svolto, in tutto o in parte, dopo l'entrata in
vigore della norma citata, va esibito il libro
unico del lavoro.
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
5. Quanto alla censura con cui si lamenta che il
dovere di consentire l'accesso non implica
anche un dovere di consentire l'elaborazione di
dati, va precisato che P.I. potrà, ove non sia in
possesso di dati aggregati e ritenga di non
essere in grado di aggregarli senza eccessivo
dispendio, consentire l'accesso a tutti i dati
richiesti disaggregati, mettendo a disposizione
dell'interessata tutti i documenti necessari
affinché l'opera di aggregazione sia compiuta a
cura dell'interessata.
6. In conclusione, l'appello va respinto.
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese, in
difetto di costituzione dell'appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(sezione VI), definitivamente pronunciando
sull'appello in epigrafe, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Claudio Varrone, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
ATTI AMMINISTRATIVI
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 04-12-2009, n. 7643
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
Il professor G.D. ha partecipato ad una
procedura concorsuale per l'insegnamento di
pianoforte, bandita dal Conservatorio Statale di
Musica "Gesualdo Da Venosa" - Potenza, al
termine della quale è risultato incluso
nell'elenco dei non idonei. Ha, quindi,
impugnato davanti al Tar del Molise la nota
prot. n. 1378 del 6/4/09 con la quale il
Conservatorio aveva rigettato l'istanza di
accesso agli atti con cui egli aveva chiesto di
visionare ed estrarre copia degli atti concorsuali
relativi alla graduatoria di pianoforte prot. n.
867 pubblicata il 6/3/09, chiedendo altresì
l'accertamento del suo diritto di accesso e
l'emanazione
del
conseguente
ordine
all'Amministrazione di procedere in tal senso.
Il Tar, con la sentenza impugnata, per un verso,
ha riconosciuto il diritto d'accesso agli atti già
resi pubblici dall'amministrazione mediante
affissione all'albo del Conservatorio ed
inserimento sul sito internet, mentre, per altro
verso, ha respinto il ricorso ritenendo che
l'interesse dichiarato dal richiedente, di
"verificare la legittimità degli atti correlati alla
procedura concorsuale de quo", non fosse
sufficiente a radicare la legittimazione
procedimentale.
144
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Con il presente appello, il professor D. ribadisce
che il suo interesse non è quello di effettuare un
controllo generalizzato, ma, avendo egli
partecipato ad una procedura concorsuale, è
quello di verificare se siano state commesse
illegittimità al fine eventuale di proporre azioni
giurisdizionali a tutela dei suoi interessi.
Il Conservatorio Statale di Musica "Gesualdo
Da Venosa" è costituito in appello.
L'appello deve essere accolto.
Secondo il primo giudice, nel caso di specie,
l'Amministrazione avrebbe giustamente negato
il diritto di accesso, ai sensi dell'articolo 24,
comma 3, della legge 7 agosto 1990 n.241, che
sanziona come non ammissibili le istanze di
accesso
preordinate
ad
un
controllo
generalizzato dell'operato delle pubbliche
Amministrazioni, in quanto "è proprio questa
generica finalità di controllo che (il) ricorrente
ha indicato nella sua richiesta del 9.3.2009
("verificare la legittimità degli atti correlati alla
procedura concorsuale de quo"), sia pure dopo
avere premesso la sua qualità di concorrente
inserito nell'elenco dei non idonei della
graduatoria degli aspiranti all'insegnamento di
"pianoforte"".
L'assunto non può essere condiviso, in quanto,
proprio quest'ultima affermazione, contenuta
nella domanda di accesso, chiarisce il senso
della verifica che l'interessato chiede di poter
effettuare. una verifica, che non ha per scopo
quello di controllare l'azione amministrazione in
funzione di un generico rispetto della legalità,
ma rappresenta la proiezione dell'interesse da
lui dichiarato a tutelare la sua situazione
giuridica soggettiva, qualificata dalla sua
partecipazione al procedimento selettivo. Da qui
la presenza di un interesse differenziato da
quella degli altri soggetti dell'ordinamento,
concreto ed attuale a verificare il corretto uso
del potere da parte dell'Amministrazione, al fine
di poter valutare con cognizione di causa la
possibilità di intraprendere azioni a tutela della
situazione giuridica di cui egli è indubbiamente
portatore.
Un interesse quindi che sicuramente rientra tra
quelli legittimanti l'esercizio del diritto
d'accesso, tanto più se si considera che, ""la
nozione di "situazione giuridicamente rilevante"
ex art. 22, L. n. 241 del 1990, per la cui tutela è
attribuito il diritto di accesso, si configura come
nozione diversa e più ampia rispetto all'interesse
all'impugnativa,
e
non
presuppone
necessariamente una posizione soggettiva
qualificabile in termini di diritto soggettivo o di
interesse
legittimo.
La
legittimazione
all'accesso, conseguentemente, va riconosciuta a
chiunque possa dimostrare che gli atti
procedimentali oggetto dell'accesso abbiano
spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti
o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente
dalla lesione di una posizione giuridica, stante
l'autonomia del diritto d'accesso, inteso come
interesse ad un bene della vita distinto rispetto
alla situazione legittimante alla impugnativa
dell'atto."" (Consiglio di Stato, Sez. VI,. del
27102006, n. 6440).
Né alcun ostacolo può essere individuato nella
particolare materia trattata, poiché l'articolo 24,
comma 1 lettera d), a proposito dei
procedimenti selettivi, esclude dall'accesso solo
i
documenti
amministrativi
contenenti
informazioni di carattere psicoattitudinale
relativi a terzi. E non è questo il caso in esame.
La sentenza impugnata, pertanto, va riformata
nella parte in cui esclude dal diritto d'accesso la
restante documentazione indicata nell'istanza
del 9 marzo 2009.
Le spese dei due gradi seguono la soccombenza
e vanno liquidate in complessivi Euro 1000
(mille).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
sezione sesta, definitivamente pronunciando
sull'appello in epigrafe lo accoglie e, per
l'effetto, in riforma della sentenza impugnata,
ordina
all'Amministrazione
resistente
l'esibizione integrale dei documenti richiesti con
l'istanza del 9 marzo 2009, entro il termine di 15
giorni dalla notificazione o comunicazione in
via amministrativa della presente decisione.
Condanna l'Amministrazione resistente al
pagamento delle spese dei due gradi che sono
145
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
liquidate in complessivi Euro 1000 (mille) in
favore dell'appellante G.D...
tecnico (perché l'istanza di accesso
riguardato un dato che lo riguarda).
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
3. Con il gravame in esame, l'appellante ha
chiesto che, in riforma della sentenza del TAR,
il ricorso di primo grado sia dichiarato
ammissibile e sia accolto, perché fondato.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 21 luglio 2009 con l'intervento dei
Magistrati:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere, Estensore
Domenico Cafini, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - ATTI
DI NATURA ORGANIZZATIVA ADOTTATI
DAL CSM
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 14-04-2010, n. 2093
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. Con ricorso al TAR per il Lazio (Sede di
Roma), il sig. B. ha impugnato il
provvedimento n. P14673 del 9 luglio 2009, con
cui il Comitato di Presidenza del C.S.M. previo parere conforme della nona commissione
- ha respinto l'istanza formulata l'8 giugno 2009
per accedere ad alcuni documenti, ai sensi della
legge n. 241 del 1990.
L'istanza dell'interessato ha riguardato il
calendario e le comunicazioni del corso
organizzato dal CSM e tenutosi il giorno 5
maggio 2009, cui ha partecipato il magistrato
titolare di una causa di lavoro (pendente presso
il Tribunale di Verona, risalente al 2003 e nella
quale egli è parte ricorrente), la cui udienza del
5 maggio 2009 è stata rinviata per l'esigenza
dello stesso magistrato di partecipare al corso.
2. Con la sentenza n. 10730 del 2009, il TAR ha
dichiarato il ricorso inammissibile, perché non
notificato al medesimo magistrato, qualificato
dal TAR come controinteressato in senso
ha
Col primo motivo, l'appellante ha dedotto che,
anche a voler aderire alla tesi del TAR (per cui
sarebbe un dato personale la semplice
comunicazione del calendario di corsi di
aggiornamento inviato dal CSM ad un
magistrato), la sentenza sarebbe erronea, in
quanto nella specie non sarebbe configurabile
alcun controinteressato al ricorso di primo
grado, poiché:
a) l'art. 3 del d.P.R 12 aprile 2006, n. 184
(recante il regolamento sulla disciplina
dell'accesso ai documenti amministrativi),
dispone che l'Amministrazione ricevente
l'istanza di accesso (e non il richiedente) ha
l'onere di instaurare un contraddittorio sulla sua
accoglibilità, sempre che esistano soggetti
effettivamente controinteressati, e cioè soggetti
che "dall'esercizio dell'accesso vedrebbero
compromesso il loro diritto alla riservatezza";
b) non sarebbe pertanto condivisibile la
statuizione di inammissibilità del ricorso di
primo grado, perché - non avendo il CSM
ravvisato alcun controinteressato nel corso del
procedimento - non sarebbe neppure
configurabile alcun controinteressato nel
presente giudizio.
Col secondo motivo, l'appellante ha dedotto che
in ogni caso nella specie non sarebbe
qualificabile
come
controinteressato
il
magistrato del tribunale di Verona che ha
partecipato al corso tenutosi il 5 maggio 2009,
poiché per la legge n. 241 del 1990 (e
successive modificazioni) è configurabile un
controinteressato nel caso di proposizione di un
ricorso per l'accesso solo quando oggetto della
istanza siano dati personali e la loro conoscenza
sia in grado di arrecare un pregiudizio alla
riservatezza del loro titolare.
Nella specie, l'appellante ha dedotto che la
documentazione riguardante la comunicazione
146
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
del calendario di corsi di aggiornamento
organizzati dal CSM ad un magistrato non può a
questi arrecare alcun pregiudizio, pur se venga a
conoscenza di un terzo interessato.
Inoltre, l'appellante ha osservato che la parte
ricorrente in una causa di lavoro (che pende
nella specie da oltre sei anni presso il tribunale
di Verona e nella quale si discute della
legittimità di un licenziamento) ha il diritto di
sapere se sia giustificato o meno un rinvio di sei
mesi disposto d'ufficio "per partecipazione a
corso CSM" del magistrato incaricato della
trattazione della causa.
Pertanto, le esigenze di riservatezza dovrebbero
dunque essere necessariamente contemperate
con l'interesse del richiedente a tutelare i propri
diritti, che non possono essere pregiudicati da
un "eccesso di garantismò.
5. Si è costituito in giudizio il CSM, per
contestare con memoria la fondatezza
dell'appello.
Nella camera di consiglio del 2 marzo 2010 la
causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. - Nel presente giudizio (proposto ai sensi
dell'art. 25 della legge n. 241 del 1990), è
controverso se l'appellante - parte in un
processo civile, la cui udienza del 5 giugno
2009 è stata rinviata alla data del 21 ottobre
2009 per l'indisponibilità del magistrato - abbia
titolo ad accedere agli atti con cui il C.S.M.,
nell'organizzare un corso di aggiornamento
seguito dal medesimo magistrato, ha fissato un
calendario con un incontro concomitante con
l'udienza già fissata e conseguentemente
rinviata.
In punto di fatto, va premesso che l'appellante
ha proposto nel 2003 un ricorso alla sezione
lavoro del Tribunale di Verona, impugnando il
licenziamento disposto dal proprio datore di
lavoro.
Il processo è stato caratterizzato da rinvii e da
avvicendamenti dei giudici incaricati della sua
istruzione.
Da ultimo, la causa è stata affidata ad un
magistrato che avrebbe dovuto trattarla
all'udienza del 5 maggio 2009. Tuttavia, con
biglietto di cancelleria del 15 aprile 2009, la
cancelleria della sezione lavoro ha comunicato
al ricorrente il differimento dell'udienza al 21
ottobre 2009, a causa della "partecipazione del
giudice a corso CSM".
2 - Volendo conoscere in maniera più
approfondita le ragioni del rinvio della causa
instaurata, in data 8 giuno 2009 l'appellante ha
formulato al C.S.M. una istanza di accesso, al
fine di acquisire "i documenti amministrativi
riguardanti il calendario e le comunicazioni del
corso CSM tenutosi il giorno 5 maggio 2009".
Con il provvedimento impugnato in primo
grado, il CSM ha respinto l'istanza, in
conformità del parere reso dalla nona
commissione.
3 - Con l'appellata sentenza, il TAR per il Lazio
- rilevato che l'istanza di accesso era
espressamente riferita al "calendario e
comunicazioni del corso C.S.M. tenutosi il
giorno 6 maggio 2009 cui ha partecipato il
giudice dr. G. A.", e alla data in cui era stata a
questi comunicata "la partecipazione al corso
citato" - ha dichiarato il ricorso inammissibile
per mancata notifica allo stesso magistrato, che
ha qualificato come controinteressato in senso
tecnico.
4 - Ritiene la Sezione che la sentenza gravata
non sia condivisibile e che l'appello vada
pertanto accolto, poiché il ricorso di primo
grado risulta ammissibile e fondato.
5. In via preliminare, va osservato che l'art. 25,
comma 5, della legge n. 241 del 1990 (nel testo
attualmente vigente) dispone che il ricorso per
l'accesso vada notificato al controinteressato, in
coerenza con i principi enunciati dalla
giurisprudenza di questo Consiglio sulla natura
della posizione soggettiva fatta valere e sulla
esigenza di tutela di chi potrebbe subire un
pregiudizio dall'eventuale accoglimento della
domanda (Cfr. Ad. Plen., 24 giugno 1999, n.
16).
147
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Ciò posto, la questione in esame va risolta
verificando se nella specie il magistrato
incaricato della trattazione della causa presso il
tribunale di Verona possa in ipotesi subire un
pregiudizio dall'accoglimento della istanza di
accesso, formulata in sede amministrativa.
6. Ritiene la Sezione che nella specie non sia
configurabile alcun controinteressato, per
l'assenza di qualsiasi pregiudizio che potrebbe
subire il magistrato incaricato della trattazione
della causa presso il Tribunale di Verona..
6.1. Sotto un primo profilo, rilevano al riguardo
i principi riguardanti la tutela del diritto di
accesso, che - come previsto dall'art. 22, comma
2, della legge n. 241 del 1990 (come modificata
dalla legge n. 69 del 2009) - è connesso al
perseguimento di rilevanti finalità di pubblico
interesse, espressive di un "principio generale
dell'attività amministrativa al fine di favorire la
partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e
la trasparenza".
richiedente (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 marzo
2009, n. 1455).
E non vi è dubbio che la parte di un giudizio
abbia il diritto di avere conoscenza degli atti
amministrativi che ritardino la sua definizione,
potendo in linea di principio valutare se a suo
tempo agire ai sensi della legge n. 89 del 2001
(applicativa del principio della ragionevole
durata del processo, desumibile dagli articoli 6 e
13 della Convenzione Europea dei diritti
dell'uomo, cui si adeguata la Costituzione nel
1999 con la modifica dell'art. 111).
6.3. In tal senso militano anche le disposizione
del "Codice in materia di protezione dei dati
personalì, approvato con il decreto legislativo n.
196 del 2003:
- per l'art. 19, la comunicazione dei dati
personali da parte di soggetti pubblici è
ammessa, in via di principio, quando sia
prevista da norme di legge o di regolamento;
Il diritto d'accesso è collegato a una riforma di
fondo dell'amministrazione, ispirata ai principi
di democrazia partecipativa, della pubblicità e
trasparenza
dell'azione
amministrativa
(desumibili dall'art. 97 della Costituzione), che
si inserisce a livello comunitario nel più
generale diritto all'informazione dei cittadini
rispetto all'organizzazione e alla attività
soggettivamente amministrativa (Cons. St., Ad.
Plen., 18 aprile 2006, n. 6), quale strumento di
prevenzione e contrasto sociale ad abusi ed
illegalità degli apparati pubblici latamente
intesi.
- per l'art. 59, si applicano le disposizioni della
legge n. 241 del 1990, in ordine ai rapporti con
la disciplina sul diritto di accesso, anche in
relazione ai dati sensibili e giudiziari e alle
operazioni di trattamento eseguibili nel caso di
una istanza di accesso;
6.2. Tenuto conto della consistenza del
principio di trasparenza, l'esigenza di tutela
della altrui riservatezza appare in linea di
principio tendenzialmente recessiva e non può
impedire l'accesso ove essa non sia correlata a
dati sensibili in senso stretto.
6.4. Osserva al riguardo la Sezione che il
novellato art. 1 del Codice n. 196 del 2003 ricognitivo di un principio già desumibile dai
valori fondanti l'art. 97 Cost. - si applica anche
in relazione alla attività di organizzazione dello
svolgimento della funzione giurisdizionale.
Infatti, l'art. 24, comma 2, lett. d), della legge n.
241 del 1990 e l'art 11 del d.P.R. n. 184 del
2006, pur contemplando la tutela della
riservatezza dei terzi, prevedono espressamente
che non possono essere sottratti all'accesso i
documenti la cui conoscenza sia necessaria per
curare o per difendere gli interessi giuridici del
Infatti, l'art. 97 della Costituzione - nello
stabilire i principi del buon andamento e della
imparzialità - "non ha inteso riferirsi ai soli
organi della pubblica amministrazione in senso
stretto,
ma
anche
agli
organi
dell'amministrazione della giustizia" (Corte
- per l'art. 1 (come modificato dall'art. 4, comma
9, dalla legge n. 15 del 2009), "le notizie
concernenti lo svolgimento delle prestazioni di
chiunque sia addetto ad una funzione pubblica e
la relativa valutazione non sono oggetto di
protezione della riservatezza personale".
148
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Cost., 18 gennaio 1989, n. 18; Corte Cost., 7
maggio 1982, n. 86).
Risulta dunque evidente che, per il combinato
disposto delle previsioni dell'art. 25 della legge
n. 241 del 1990 e dell'art. 1 del Codice n. 196
del 2003 (nei testi vigenti), l'attività
giurisdizionale - per i suoi aspetti organizzativi
- va qualificata come un servizio pubblico, al
servizio della collettività e da svolgere nel più
pieno rispetto dei principi di buon andamento e
di trasparenza.
Da un lato, l'utente del "servizio giustizia" può
accedere agli atti amministrativi che in qualsiasi
modo abbiano inciso, incidano o possano
incidere sulla organizzazione del medesimo
servizio.
Dall'altro, non rileva in senso contrario il fatto
che
l'atto
di
natura
organizzativa,
inevitabilmente, menzioni un soggetto - sia pure
investito di una pubblica funzione - cui spetti
concretamente di svolgerla.
6.5. La Sezione pertanto ritiene che non rivesta
la qualità di controinteressato in senso tecnico sia in sede procedimentale, sia nel caso di
proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 25
della legge n. 241 del 1990 - il magistrato
titolare di una causa la cui udienza di trattazione
sia stata rinviata, quando la parte del relativo
giudizio abbia richiesto di accedere agli atti del
C.S.M. che abbiano determinato il rinvio.
In tal caso, il richiedente chiede gli atti
unicamente per sapere le effettive ragioni dei
rinvio e di verificare se questo sia
effettivamente correlato alla organizzazione del
corso di aggiornamento e se il CSM abbia
organizzato i corsi tenendo anche conto degli
impegni
istituzionali
già
assunti
dai
partecipanti.
Sotto tale profilo, poiché la presenza al corso è
di per sé pienamente giustificata in quanto
riferibile all'organizzazione del corso da parte
dell'organo di autogoverno, neppure può essere
ipotizzabile alcuna iniziativa individuale di
alcuno nei confronti del magistrato titolare della
causa pendente e rinviata in ragione di tale
partecipazione: egli neppure in astratto è
portatore di un interesse personale e
contrapposto a quello di chi abbia chiesto
l'accesso.
7. Le suesposte considerazioni inducono la
Sezione a ritenere che:
a) il diritto di accesso può essere esercitato
anche quando si tratti di atti amministrativi di
natura organizzativa posta in essere da un
organo di autogoverno di una magistratura, che
risultino connessi all'esercizio delle funzioni
giudiziarie, anche quando si tratti di atti di
organizzazione di corsi;
b) la legge n. 241 del 1990 e il Codice n. 196
del 1993 non hanno introdotto "zone franche"
ove non rilevi il principio di trasparenza
dell'azione amministrativa, attuativo dei valori
espressi dall'art. 97 della Costituzione (Ad.
Plen., 24 giugno 1999, n. 16), applicabile anche
per l'attività degli "organi dell'amministrazione
della giustizia" (Corte Cost., 18 gennaio 1989,
n. 18; Corte Cost., 7 maggio 1982, n. 86);
c) anche per gli aspetti organizzativi degli uffici
giudiziari, la normativa sull'accesso mira a
rendere visibile una "casa di vetrò, all'interno
della quale gli utenti del servizio giustizia
possono verificare se gli atti - anche quelli
dell'organi di autogoverno aventi come
destinatari diretti i magistrati e come destinatari
indiretti le parti dei giudizi di cui essi siano
incaricati - risultino rispettosi dei principi di
efficienza e del buon andamento desumibili
dall'art. 97 della Costituzione;
d) l'utente del servizio giustizia ha titolo ad
ottenere copia degli atti amministrativi che in
qualsiasi modo abbiano distolto il magistrato
dalla trattazione della causa in cui egli sia parte,
anche quando si tratti di atti riguardanti l'attività
pubblica ed istituzionale di organizzazione e la
frequenza dei corsi di aggiornamento per
magistrati;
e) i magistrati menzionati nei medesimi atti
amministrativi di natura organizzativa non
acquistano la qualità di controinteressati (al
contrario di quanto avvenga qualora sia chiesta
la divulgazione di dati riguardanti la loro sfera
privata), poiché nessun pregiudizio può derivare
149
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dalla conoscenza di elementi neutri (che di per
sé non possono essere neppure posti a base di
ipotetiche azioni ritorsive verso magistrati che
per definizione hanno tenuto comportamenti
leciti, in quanto coinvolti in una iniziativa
assunta dall'organo di autogoverno).
8. Risulta pertanto ammissibile e fondato il
ricorso di primo grado, poiché l'originaria
istanza ha mirato a verificare se - sotto il profilo
oggettivo e senza alcun pregiudizio di alcun
magistrato - l'organo di autogoverno abbia
organizzato il corso di aggiornamento nel
rispetto delle situazioni soggettive delle parti
nel giudizio per il quale era già stata fissata
l'udienza.
Risulta quindi pienamente condivisibile
l'osservazione dell'appellante, secondo cui "un
privato cittadino, parte attrice di una causa di
lavoro che dura da sei anni e nella quale si
discute del suo licenziamento, ha il diritto di
sapere se un rinvio di sei mesi disposto da un
giudice per partecipazione a corso CSM sia
giustificato o meno".
9. Per completezza, rileva la Sezione che risulta
fondata
anche
l'ulteriore
osservazione
dell'appellante, per il quale in sede
giurisdizionale non può essere dichiarato
inammissibile il ricorso per l'accesso, per
assenza di notifica al controinteressato, quando
la stessa Amministrazione non abbia ritenuto di
dover consentire la partecipazione di altri in
sede procedimentale.
Infatti, per l'articolo 3, primo comma, del d.P.R.
12 aprile 2006 n. 184, "fermo quanto previsto
dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui
è indirizzata la richiesta di accesso, se individua
soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22,
comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare
comunicazione agli stessi, mediante invio di
copia con raccomandata con avviso di
ricevimento, o per via telematica per coloro che
abbiano
consentito
tale
forma
di
comunicazione"..
Tale disposizione (in coerenza con l'art. 15 della
legge 11 febbraio 2005, n. 15) ha previsto che la
stessa Amministrazione ha il dovere di
consentire la partecipazione procedimentale del
soggetto che a suo avviso potrebbe subire un
pregiudizio dall'accoglimento dela istanza di
accesso (e che acquisterebbe la qualità di
controinteressato, nel caso di impugnazione del
conseguente diniego).
Nella specie, poiché il C.S.M. non ha dato
applicazione all'art. 3, primo comma, del d.P.R.
n. 184 del 2006, in sede giurisdizionale - ove
fosse davvero risultata la qualità di un
controinteressato - si sarebbe dovuto ravvisare
un errore scusabile e fissare un termine per la
integrazione del contraddittorio.
Peraltro, poiché per le argomentazioni che
precedono nel presente giudizio non può essere
ravvisato un controinteressato in senso tecnico,
nella specie l'accoglimento dell'appello va
disposto in ordine alla fondatezza della pretesa,
senza annullare con rinvio la sentenza gravata.
10. Per le considerazioni che precedono,
l'appello va accolto e per l'effetto, in riforma
della sentenza gravata, va dichiarato l'obbligo
dell'amministrazione di rilasciare copia
all'appellante di tutti gli atti da lui richiesti.
Le spese dei due gradi del giudizio, tenuto
conto della novità delle questioni, possono
essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta - accoglie l'appello n. 701 del
2010 e per l'effetto, in riforma della sentenza
appellata, accoglie il ricorso di primo grado e
dispone che il Consiglio Superiore della
Magistratura consenta l'accesso agli atti, così
come chiesto con l'originaria istanza
dell'appellante
Spese compensate dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 2 marzo 2010 con l'intervento dei
Signori:
Luigi Maruotti, Presidente FF
150
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Armando Pozzi, Consigliere, Estensore
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
I primi Giudici hanno respinto il ricorso
rilevando che i documenti di cui alla richiesta di
accesso non erano collegati direttamente ad una
situazione giuridicamente tutelata propria del
sindacato e neppure ad una situazione propria
degli iscritti al sindacato stesso.
Guido Romano, Consigliere
ASSOCIAZIONI E ATTIVITA' SINDACALI
- ACCESSO AGLI ATTI DA PARTE DI UN
SINDACATO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 11-01-2010, n. 24
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con l'impugnata sentenza il Tar della Liguria ha
respinto il ricorso di primo grado proposto dalla
odierna parte appellante e finalizzato ad
ottenere l'accertamento del proprio diritto
all'accesso ai documenti di cui alla istanza
presentata il 15 dicembre 2008.
Tale richiesta era stata avanzata dalla qui
appellante associazione sindacale in relazione
alla circostanza che il poligono di tiro esistente
presso al Caserma della P.S. "Ilardi" di Genova
era ormai chiuso da tre anni per la necessità di
svolgere lavori di adeguamento alla normativa
vigente. Stante il protrarsi dei lavori, era stato
chiesto
di
ottenere
dall'appellata
amministrazione copia degli atti adottati per
l'affidamento dei lavori di adeguamento e/o
manutenzione del Poligono (in particolare:
nome dell'impresa e il termine previsto per la
conclusione dei lavori, copia di tutti gli atti
relativi alla interruzione dei lavori e gli
eventuali
provvedimenti
adottati
successivamente, nonché lo stato del
procedimento relativo alla riapertura del
poligono di tiro).
L'odierna parte appellante aveva impugnato il
provvedimento reiettivo, sostenendo che
sussisteva l'interesse del sindacato a conoscere i
documenti richiesti atteso che gli stessi hanno
attinenza alla propria attività in quanto si
riverberano direttamente sulle modalità di
svolgimento delle esercitazioni di tiro degli
appartenenti alla Polizia di Stato di Genova.
In particolare, è stato osservato dal Tar che il
collegamento tra il ritardo nella conclusione dei
lavori nella caserma "Ilardi" e la sicurezza dei
lavoratori della polizia appariva indiretto.
Si sosteneva infatti, nel ricorso di primo grado,
che la necessità di recarsi fuori Genova per
l'espletamento delle esercitazioni di tiro
limitasse la possibilità degli appartenenti alla
Polizia di Stato di potere accedere alle
esercitazioni: i primi Giudici hanno rilevato che
tale conseguenza, ove anche fondata, dipendeva
dall'amministrazione che non organizzava con
sufficiente frequenza le trasferte per le
esercitazioni.
Secondo il Tar della Liguria, (pur
sconoscendosi esistenza e contenuto della
normativa interna relativa al numero e alla
frequenza delle esercitazioni di tiro) la chiusura
del poligono non influiva negativamente sulla
possibilità che il sindacato aveva di fare valere
l'eventuale
inosservanza,
da
parte
dell'amministrazione, della relativa normativa:
la conoscenza delle cause del ritardo, inoltre,
non influiva sulla possibilità per l'associazione
sindacale di fare valere i diritti degli iscritti e
neppure consentiva all'associazione una più
agevole tutela degli stessi.
Anche il versante relativo alla prospettazione
secondo cui la necessità di recarsi fuori Genova
comportava l'espletamento di trasferte anche
pericolose (con possibilità di incidenti stradali)
non appariva decisivo: l'incidenza causale della
chiusura del poligono sulla possibilità di
incidenti durante le trasferte era solo indiretta in
quanto tali incidenti, quando non accidentali,
derivavano dal mancato rispetto durante la
trasferta delle normativa sulla sicurezza stradale
e non certo dalla chiusura del poligono: il
sindacato potrebbe interloquire sulle modalità di
effettuazione delle trasferte ma non già non
sulle vicende relative all'appalto dei lavori.
151
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Conclusivamente, ha osservato il Tar, la
richiesta di accesso per cui è causa configurava
un tentativo di controllo generalizzato
sull'operato della amministrazione e meritava
pertanto di essere disattesa.
Tale posizione giuridica attiva, tuttavia, in
qualsiasi modo la si voglia qualificare, deve
sussistere affinchè la pretesa all'accesso agli atti
possa trovare protezione.
Avverso detta decisione ha proposto un
articolato appello l'originaria parte ricorrente
chiedendo l'annullamento della decisione
appellata, in quanto contraddittoria ed erronea.
E ciò vale laddove l'istante agisca in proprio,
ma anche allorchè la richiesta (congiunta od
isolata) venga articolata da associazioni
esponenziali.
L'appellante sindacato ha sottolineato che si è in
presenza di un interesse tutelato che pertiene sia
alla formazione sociale, che ai propri iscritti,
che alla intera collettività: l'addestramento
all'uso delle armi degli operatori di polizia,
infatti, costituisce precipuo interesse della
collettività, integrando momento fondamentale
per garantire che i medesimi maneggino le armi
con padronanza ed evitando inutili rischi.
Non sussistono elementi per discostarsi
dall'orientamento in passato espresso dalla
Sezione secondo cui "il diritto di accesso non si
configura mai come un'azione popolare (fatta
eccezione per il peculiare settore dell' accesso
ambientale),
ma
postula
sempre
un
accertamento concreto dell'esistenza di un
interesse differenziato della parte che richiede i
documenti. La titolarità (o la rappresentatività)
degli interessi diffusi non giustifica un
generalizzato e pluricomprensivo diritto alla
conoscenza di tutti i documenti riferiti
all'attività di un gestore del servizio e non
collegati alla prestazione dei servizi all'utenza,
ma solo al più limitato diritto alla conoscenza di
atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che
incidono in via diretta e immediata, e non in via
meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi
dei consumatori." (Consiglio Stato, sez. VI, 10
febbraio 2006, n. 555).
La irragionevolezza di costringere gli operatori
a lunghe e costose trasferte è evidente; i lavori
di adeguamento del poligono erano stati disposti
su specifica segnalazione del sindacato odierno
appellante ed avevano formato oggetto di
accordo con le organizzazioni sindacali:
erroneamente si era escluso da parte dei primi
Giudici che il sindacato non avesse
legittimazione.
Sotto altro profilo, nessun apprezzabile
interesse poteva essere sotteso alla mancata
ostensione degli atti.
L'appellata amministrazione si è costituita
nell'odierno giudizio non depositando difese
scritte.
Motivi della decisione
L'appello è infondato.
Ritiene il Collegio di condividere la
ricostruzione sistematica secondo cui "quale che
sia la natura del diritto d" accesso lo stesso è
strumentale rispetto alla protezione di
un'ulteriore o sottesa situazione soggettiva che
non necessariamente è di interesse legittimo o
di diritto soggettivo, ma che può avere la
consistenza di un interesse collettivo o diffuso o
di un interesse semplice o di fatto" (Consiglio
Stato, sez. V, 10 agosto 2007, n. 4411).
Anche in materia di "accesso ambientale",
peraltro, (laddove maggiormente si è assistito
ad una dilatazione, in primis legislativa, del
concetto di interesse sotteso all'accesso), si è
avuto modo di sottolineare in senso definitorio
che "la domanda di accesso alle informazioni
ambientali può consistere anche in una generica
richiesta di informazioni sulle condizioni di un
determinato contesto ambientale, a condizione
che questo sia specificato e che la richiesta non
sia mirata ad un mero sindacato ispettivo
sull'attività del comune."(Consiglio Stato, sez.
VI, 16 febbraio 2007, n. 668, e n. 555 del
10.2.2006).
Con particolare riferimento alla legittimazione
attiva delle organizzazioni sindacali, è stato
condivisibilmente rilevato che "l'organizzazione
sindacale può essere titolare di un interesse
giuridicamente rilevante all'accesso di atti e
152
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
documenti amministrativi, sia in relazione alla
posizione di singoli iscritti, con necessaria
esclusione di ogni ipotesi di pur potenziale
conflitto di interessi, sia in relazione a un
interesse proprio dell'organizzazione, il quale
sia rapportabile - secondo la terminologia
giuslavoristica - a una posizione di parte del
conflitto
collettivo
che
intercorre
istituzionalmente tra sindacato e datore di
lavoro e quindi, nel settore pubblico, tra
sindacato e amministrazione che agisca nella
veste di datore di lavoro." (Consiglio Stato, sez.
IV, 30 dicembre 2003, n. 9158)
A tal proposito, invero, in passato è stato
affermato dalla Sezione che il principio della
trasparenza amministrativa accolto dal nostro
ordinamento non è affatto assoluto e
incondizionato,
ma
subisce
alcuni
temperamenti, basati, fra l'altro, sulla
limitazione dei soggetti attivi del diritto di
accesso. La posizione legittimante l'accesso è
costituita da una situazione giuridicamente
rilevante (comprensiva anche degli interessi
diffusi) e dal collegamento qualificato tra questa
posizione sostanziale e la documentazione di
cui si pretende la conoscenza (decisione del 22
maggio 2006, n. 2959).
La titolarità (o la rappresentatività) degli
interessi diffusi non giustifica, tuttavia, un
generalizzato e pluricomprensivo diritto alla
conoscenza di tutti i documenti riferiti
all'attività del gestore del servizio e non
collegati alla prestazione dei servizi all'utenza.
Con tale decisione, invero, si è definito
l'interesse tutelato, che tuttavia era pur sempre
riconducibile
allo
statuto
fondante
dell'organismo associativo richiedente e
soprattutto coerente con la posizione attiva
vantata.
L'altro
"polo"
dell'interpretazione
giurisdizionale, del pari in passato predicata
dalla Sezione, è volto a qualificare l'interesse
sotteso all'actio ad exibendum, affermando che
"il diritto di accesso è riconosciuto a chiunque compresi i soggetti portatori di interessi diffusi
e collettivi - vi abbia interesse, per la tutela di
situazioni giuridicamente rilevanti e detto
interesse deve essere diretto, concreto ed
attuale." (Consiglio di Stato, sez. VI, 27
febbraio 2008, n. 721).
Con specifico riferimento alla posizione delle
associazioni sindacali, di recente la Sezione ha
precisato che "sussiste il diritto dell'
organizzazione sindacale ad esercitare il diritto
di accesso per la cognizione di documenti che
possano coinvolgere sia le prerogative del
sindacato quale istituzione esponenziale di una
determinata categoria di lavoratori, sia le
posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui
interesse e rappresentanza opera l'associazione.
Rileva, infatti, un duplice profilo di
legittimazione che consente di azionare il diritto
di accesso da parte delle organizzazioni
sindacali sia iure proprio, sia a tutela di interessi
giuridicamente
rilevati
della
categoria
rappresentata. Detta sfera di legittimazione, non
può tuttavia tradursi in iniziative di preventivo e
generalizzato controllo dell' intera attività
dell'amministrazione
datrice
di
lavoro,
sovrapponendosi e duplicando compiti e
funzioni demandati ai soggetti istituzionalmente
ed ordinariamente preposti nel settore di
impiego alla gestione del rapporto di lavoro.
Tale preclusione è espressamente codificata all'
art. 24, comma terzo, della legge n. 241/1990,
nel teso novellato dall' art. 16 della legge n.
15/2005, in base al quale "non sono ammissibili
istanze di accesso preordinate ad un controllo
generalizzato dell' operato delle pubbliche
amministrazioni". Pertanto, la domanda di
accesso, ancorché esplicata in esercizio della
prerogative dell' organizzazione sindacale
soggiace al filtro dell'esistenza di un interesse
diretto, concreto e attuale corrispondente ad un
situazione giuridicamente tutelata che trovi
collegamento nel documento che si vuole
conoscere." (sez. VI, 6 marzo 2009, n. 1351).
Nel caso di specie, proprio alla stregua dei
condivisibili principi dianzi esposti, deve
rilevarsi che la posizione attiva sottesa alla
pretesa all'accesso azionata è sfornita dei
superiori caratteri di concretezza, ed
esattamente il Tar si è pronunciato nel senso
della infondatezza della pretesa.
A monte non emerge a quale interesse specifico
e diretto risponda la richiesta di accesso
dell'appellante associazione.
153
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Parte appellante "giustifica" detta richiesta con
la tesi secondo cui l'addestramento all'uso delle
armi degli operatori di polizia costituisce
precipuo interesse della collettività, integrando
momento fondamentale per garantire che i
medesimi maneggino le armi con padronanza ed
evitando inutili rischi.
Si osserva da un canto che tale circostanza non
legittima il Sindacato ad eventualmente
intraprendere attività finalizzate ad incidere sul
quomodo mediante il quale l'amministrazione
garantisce l'addestramento; sotto altro profilo
che, come esattamente evidenziato dal Tar,
prospettare i rischi attinenti alla circolazione
stradale discendenti dalla necessità di svolgere
l'addestramento in altro sito costituisce
elemento del tutto distonico dall'interesse come
prima qualificato.
Distonico e, a tacer d'altro, privo di qualsivoglia
collegamento (se non indiretto in massimo
grado).
Sotto altro profilo, e per concludere
sull'argomento, non è dato riscontrare nel
sistema
del
pubblico
impiego
"non
contrattualizzato"
italiano,
un
sistema
cogestorio che legittimi le associazioni sindacali
ad ingerirsi in scelte tipicamente discrezionali
dell'amministrazione quali, per esempio, quella
di allocare un sito lavorativo (o, come nella
ipotesi in questione, addestrativo) in un luogo
piuttosto che in un altro.
A tali inaccoglibili conclusioni, invero, ove
spinto alle estreme conseguenze, indurrebbe
l'accoglimento delle tesi dell'appellante
associazione sindacale. Alla stregua delle
argomentazioni sostenute nel ricorso in appello,
si dovrebbe giungere ad affermare, ad esempio,
la sussistenza di un interesse rilevante
all'accesso agli atti con i quali si è deliberata la
delocalizzazione di un commissariato, ed il
trasferimento dello stesso in altro sito, più
distante dal centro, perché onererebbe i
dipendenti ad un più lungo percorso per
raggiungerlo (o perché, ma gli esempi
potrebbero essere infiniti, ubicato in prossimità
del mare, esporrebbe i medesimi dipendenti a
condizioni climatiche meno favorevoli, etc).
Tale tesi merita la reiezione.
Per il vero, sebbene non sia stato direttamente
prospettato un possibile intervento del Giudice
penale o contabile, dal complessivo contenuto
del gravame emerge in realtà la possibile ratio
della richiesta di accesso in esame: quella di
svolgere un completo controllo sulle modalità di
svolgimento del procedimento relativo alla
ristrutturazione del poligono, laddove si fa
riferimento (pag. 3 del ricorso in appello) ai
costi sostenuti dall'amministrazione per
organizzare le trasferte ed ad una conseguente
non oculata spendita del pubblico denaro.
Anche tale interesse - che ben potrebbe definirsi
"parainvestigativo" - esula però dagli interessi
sia dell'Associazione Sindacale che degli
aderenti.
Esso, può concludersi, potrebbe agevolmente
essere soddisfatto in sede di procedimento
penale o di giudizio contabile, e rientra nelle
prerogative
degli
organi
giurisdizionali
competenti eventualmente aditi vagliare la
necessità di acquisire la documentazione in
premessa indicata a quei fini (si veda, in
particolare, sul punto la decisione della Sezione
n. 555/06, laddove si è puntualizzato che
l'accesso non può essere un mezzo per compiere
una indagine o un controllo ispettivo, "cui sono
ordinariamente preposti organi pubblici, perché
in tal caso nella domanda di accesso è assente
un diretto collegamento con specifiche
situazioni giuridicamente rilevanti".).
Anche sotto tale angolo prospettico appare,
pertanto, esatta e meritevole di conferma
l'appellata sentenza e non meritevole di
accoglimento
l'appello
proposto
che,
conclusivamente, deve essere respinto.
Sussistono nondimeno giusti motivi per
compensare le spese del grado, a cagione della
specificità degli elementi di fatto sottesi alla
presente controversia, ed alla natura della
stessa.
P.Q.M.
154
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello
indicato in epigrafe.
dell'Aquila, dell'allegazione di uno specifico
nesso di collegamento tra il presunto interesse
strumentale dedotto dall'appellato e il materiale
documentale chiesto in visione.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 31 luglio 2009 con l'intervento dei
Signori:
Per altro verso, ad avviso dell'amministrazione
appellante, la domanda di accesso formulata dal
Signor A. si presentava indeterminata e
ingiustificatamente estesa all'intero "carteggio"
relativo all'opera pubblica in corso di
realizzazione, senza tuttavia indicare le ragioni
di siffatta latitudine della richiesta né i temi
precisi della stessa.
Paolo Buonvino, Presidente FF
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
3. - Si è costituito, per resistere all'appello, il
Signor A.. Questi ha eccepito in via preliminare
l'irricevibilità
e
l'inammissibilità
dell'impugnazione; nel merito, ha chiesto la
conferma integrale della sentenza gravata.
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
ATTI AMMINISTRATIVI –ACCESSO AGLI
ATTI DEL DANNEGGIATO DA LAVORI
PUBBLICI
Cons. Stato Sez. V, Sent., 29-04-2009, n. 2749
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1. - Il Comune dell'Aquila interpone appello
avverso la sentenza, di estremi specificati in
epigrafe, con la quale il Tribunale
amministrativo dell'Abruzzo ha accolto il
ricorso, promosso dal Signor A., onde ottenere
il riconoscimento del diritto di accesso alla
documentazione inerente i lavori di costruzione
della rete tranviaria aquilana nel tratto insistente
su viale Corrado IV, con particolare riferimento
allo stato di avanzamento delle opere.
2. - I motivi che sorreggono l'impugnazione
sono essenzialmente due.
Per un verso, l'ente civico appellante ritiene che
il primo Giudice abbia erroneamente accolto
un'actio ad exhibendum inammissibile, giacché
asseritamente formulata in modo generico e
soprattutto mancante, secondo il Comune
4. - Nella camera di consiglio del 9 gennaio
2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. - Giova premettere alla successiva
esposizione delle ragioni del decidere una
succinta ricostruzione della vicenda sulla quale
si è innestata la presente controversia.
Con note raccomandate del 7 settembre 2007 e
del 13 novembre 2007 il Signor P.A.
rappresentò al Comune dell'Aquila di aver
riportato, in data 1° agosto 2007, la rottura del
collo del femore, in occasione del sinistro
occorsogli mentre percorreva in bicicletta il
tratto finale di viale Corrado IV; ad avviso
dell'istante, l'eziogenesi dell'infortunio patito era
da ricondursi alla indebita presenza in loco di
rotaie della sede tranviaria aquilana, in corso di
ultimazione. In particolare, con la seconda nota,
rimasta senza riscontro, il Signor A. chiese di
poter visionare, con riferimento allo stato di
avanzamento
dei
lavori
(affidamento,
ultimazione; certificato di collaudo, ecc.), il
"carteggio" inerente i lavori di costruzione della
rete tranviaria - nella parte relativa al suddetto
viale e in corrispondenza del luogo
dell'incidente - al precipuo fine di estrarre copia
di quando necessario all'instaurazione di un
giudizio per il risarcimento dei danni nei
confronti del Comune dell'Aquila (come
d'altronde preannunciato nella prima nota,
spedita nel mese di settembre).
155
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
A seguito del silenzio serbato dalla civica
amministrazione, il richiedente adì il T.a.r.,
onde ottenere l'accertamento del diritto a
visionare la documentazione richiesta e i
provvedimenti consequenziali.
6. - La manifesta infondatezza dell'appello
consente di trascurare l'esame delle eccezioni
preliminari sollevate dall'appellato.
7. - Ingiustificatamente l'ente civico ricorrente
dubita della sussistenza, nella fattispecie, di un
tutelabile interesse all'accesso. Risulta, per
contro, indiscutibile che l'actio ad exhibendum
promossa dal Signor A. sia sorretta da un
interesse concreto, diretto e attuale. L'appellato
ha difatti subito una lesione dell'integrità psicofisica che, allo stato, ascrive - sulla base
dell'allegazione di un nesso di causalità non
irragionevolmente individuato - a responsabilità
del committente (il Comune dell'Aquila, per
l'appunto) e dell'esecutore di lavori relativi alla
locale rete tranviaria. E' evidente allora che
l'esigenza di conoscere quantomeno la ditta o la
ragione sociale dell'impresa incaricata di
realizzare le opere e lo stato di avanzamento
delle stesse (onde individuare il soggetto tenuto
all'osservanza delle indispensabili cautele nella
custodia del cantiere) non sia preordinata a mera
emulazione né punti al conseguimento di utilità
non
meritevoli
di
tutela;
altrettanto
incontrovertibile è, da un lato, la circostanza che
la lesione patita ponga il Signor A. in una
situazione certamente differenziata e qualificata
e, dall'altro lato, il peculiare rilievo che
l'ordinamento assegna, ai fini dell'accesso, alle
esigenze di difesa, stante l'inviolabilità del
relativo diritto (v. l'art. 24, comma 7, della L. n.
241/1990, secondo cui: "(d)eve comunque
essere garantito ai richiedenti l'accesso ai
documenti amministrativi la cui conoscenza sia
necessaria per curare o per difendere i propri
interessi giuridici.").
Sussiste altresì, in considerazione della
preannunciata intenzione di verificare il ricorso
dei presupposti per l'avvio di un giudizio di
risarcimento del danno, anche l'attualità
dell'interesse fatto valere e, sotto questo aspetto,
i documenti chiesti in visione, in disparte il
profilo della sufficiente specificazione degli
stessi (sul punto, v., infra, il successivo
paragrafo) che pure non appare contestabile,
sicuramente si configurano quale mezzo al fine
dell'esercizio del rimedio giurisdizionale
prospettato.
7.1. - Nemmeno è condivisibile la censura in
ordine alla denunciata carente individuazione
del materiale documentale oggetto dell'istanza.
Il rischio di un accesso indiscriminato o con
finalità esplorative è, invero, scongiurato, nella
specie, dalla precisazione contenuta nella
missiva del 13 novembre 2007, con la quale il
Signor A. ha circoscritto il perimetro oggettivo
della propria richiesta ai soli atti a) relativi
all'esecuzione dei lavori; b) indispensabili alla
proposizione della domanda di ristoro
dell'illecito aquiliano e c) comunque
concernenti unicamente il tratto di strada teatro
del sinistro.
7.2. - Alla luce di quanto appena osservato
nemmeno coglie nel segno la critica di eccesiva
indeterminatezza del riferimento al "carteggio"
inerente i suddetti lavori di costruzione. Non è
revocabile in dubbio che il Signor A., lungi dal
nutrire interesse a conoscere dell'intero
svolgimento della gara, avverta piuttosto la
necessità, obiettivamente non pretestuosa, di
sapere chi stia lavorando su viale Corrado IV
per realizzare la sede tranviaria e sulla base di
quali disposizioni del Comune dell'Aquila.
La
richiesta
non
presenta
dunque
un'ingiustificata latitudine e reca, di contro,
un'idonea confinazione del tema d'indagine, tale
da permettere una rapida selezione del materiale
dovuto.
7.3. - L'unico limite legale all'accesso è semmai
da rinvenirsi, con particolare riferimento
all'ambito dell'istanza formulata dall'appellato,
nell'art. 13 del D.Lgs. n. 113/2006. La
disposizione citata, fatta salva la disciplina
prevista dal codice dei contratti pubblici per gli
appalti segretati o la cui esecuzione richieda
speciali misure di sicurezza, prevede ipotesi
tassative di differimento dell'accesso, correlate
sia alla natura delle procedure di gara esperite,
sia all'oggetto dei documenti
156
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
richiesti, sia, soprattutto, al tempo in cui
intervenga l'istanza di accesso: la conseguenza
della disciplina è che gli atti esplicitamente
menzionati dall'art. 13, almeno fino alle
scadenze dei vari termini ivi fissati, non
possono essere comunicati a terzi né resi in
qualsiasi altro modo noti.
Pertanto, pur non venendo in rilievo nella
specie, almeno sulla base degli atti e delle
informazioni in possesso del Collegio, alcuna
delle ipotesi contemplate dal suddetto art. 13,
l'Amministrazione comunale dovrà nondimeno
tener conto, nell'eseguire la sentenza del T.a.r.
dell'Abruzzo, del vincolo di legge sopra
richiamato (qualora in concreto ricorrente), nei
ristretti limiti della sua applicabilità.
8. - La sentenza impugnata, rivelatasi immune
dai vizi denunciati, merita pertanto integrale
conferma.
9. - Il regolamento delle spese processuali del
grado, liquidate come da dispositivo, segue la
soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando,
respinge l'appello.
Condanna il Comune dell'Aquila alla rifusione,
in favore del Signor A., delle spese processuali
del secondo grado del giudizio, liquidate in
complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella
camera di consiglio del 9 gennaio 2008, con
l'intervento dei magistrati:
Raffaele Iannotta - Presidente
Cesare Lamberti - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere
Gabriele Carlotti - Consigliere estensore
Angelica Dell'Utri Costagliola - Consigliere
OPERE PUBBLICHE – ACCESSO AI FINI DI
DIFESA
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 19-10-2009, n. 6393
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con la pronuncia impugnata il primo giudice ha
respinto l'impugnazione proposta dalla società
odierna appellante avverso il provvedimento
con cui l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Puglia e della Basilicata ha consentito la
sola visione, senza estrazione di copia,
dell'offerta tecnica presentata dall'aggiudicataria
P. S.a.s. nel corso della procedura di gara
indetta per l'affidamento del servizio di raccolta,
trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari
pericolosi a rischio infettivo.
Nel dettaglio, il primo giudice ha ritenuto che
l'ostensione dei documenti contenenti progetti
tecnici o studi presentati dai concorrenti è
consentito nella sola forma della presa visione
con esclusione della possibilità di estrazione di
copia.
Avverso la pronuncia insorge la società
ricorrente, ritenendone l'erroneità.
All'udienza del 14 luglio 2009 la causa è stata
trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso va accolto per le ragioni di seguito
illustrate.
Giova considerare che, nel caso di specie, non è
in discussione la fondatezza della pretesa
ostensiva azionata dalla società ricorrente, la
controversia vertendo solo sulle modalità di
esercizio della stessa, dalla stazione appaltante
identificate nella mera visione senza estrazione
di copia.
Ritiene il Collegio che debba trovare
applicazione la disciplina dettata, per l'accesso
agli atti delle procedure di gara, dall'art. 13, D.
Lgs. n. 163/2006, il cui comma 1 rinvia alla
disciplina generale dell'accesso dettata dagli
157
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
artt. 22 e seguenti della legge n. 241/1990, salvo
a dettare talune disposizioni speciali.
motivata
e
comprovata
dichiarazione
dell'offerente, segreti tecnici o commerciali.
Tra queste, quelle previste dal comma 5 che, a
salvaguardia del diritto alla riservatezza dei
partecipanti alle procedure di affidamento e dei
soggetti privati che hanno formato alcuni degli
atti ivi indicati, introduce un divieto di accesso
e di divulgazione assoluto e non circoscritto
(come quello di cui al precedente comma 3) alla
fase anteriore rispetto all'adozione del
provvedimento di aggiudicazione definitiva, in
quanto finalizzato non già a tutelare la regolarità
della procedura di affidamento quanto a
proteggere le posizioni giuridiche soggettive dei
concorrenti in gara e degli altri soggetti privati
coinvolti.
Ciò posto, il Collegio non può non prendere atto
della mancata formulazione, nel caso di specie,
della indicata manifestazione di interesse alla
non divulgazione da parte della società Panda,
dei cui atti di gara la società ricorrente intende
ottenere copia.
Il citato comma 5 prevede, invero, che "fatta
salva la disciplina prevista dal presente codice
per gli appalti segretati o la cui esecuzione
richiede speciali misure di sicurezza, sono
esclusi il diritto di accesso e ogni forma di
divulgazione in relazione: a) alle informazioni
fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte
ovvero a giustificazione delle medesime, che
costituiscano, secondo motivata e comprovata
dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o
commerciali".
Una precisazione, a quest'ultimo riguardo,
appare ancora necessaria.
Il legislatore ha inteso quindi escludere dal
raggio di azionabilità del diritto di ostensione la
documentazione suscettibile di rivelare il
knowhow industriale e commerciale contenuto
nelle offerte delle imprese partecipanti, sì da
evitare che operatori economici in diretta
concorrenza tra loro possano utilizzare l'accesso
non già per prendere visione della stessa
allorché utile a coltivare la legittima aspettativa
al conseguimento dell'appalto, quanto piuttosto
per giovarsi delle specifiche conoscenze
possedute da altri al fine di conseguire un
indebito vantaggio commerciale all'interno del
mercato.
Lo stesso comma 5 subordina, tuttavia, il
funzionamento della causa di esclusione alla
manifestazione di interesse da parte della stessa
impresa cui si riferiscono i documenti cui altri
intende accedere: è necessario, invero, che si
tratti di informazioni integranti, secondo
Deve, pertanto, concludersi nel senso della
riespansione della disciplina generale in tema di
accesso dettata dalla legge n. 241/1990, nella
quale peraltro non è previsto un generale limite
modale volto ad escludere che l'accesso si
eserciti mediante il conseguimento di copia,
oltre che con la visione del documento.
Giova considerare che lo stesso art. 13, D. Lgs.
n. 163/2006, dopo aver previsto i casi in cui il
diritto di accesso è escluso, dispone al comma 6
che "in relazione all'ipotesi di cui al comma 5,
lettere a) e b), è comunque consentito l'accesso
al concorrente che lo chieda in vista della difesa
in giudizio dei propri interessi in relazione alla
procedura di affidamento del contratto
nell'ambito della quale viene formulata la
richiesta di accesso".
Si tratta di previsione che riafferma quella
tendenziale prevalenza del c.d. accesso
difensivo, in generale disposta dall'art. 24, co. 7,
l. n. 241/1990.
Ebbene, né l'art. 13, co. 6, D. Lgs. n. 163/2006,
né l'art. 24, nella formulazione risultante a
seguito della legge n. 15/2005, prevedono che
l'accesso c.d. difensivo, come tale prevalente
sulle antagoniste ragioni di riservatezza o di
segretezza tecnica o commerciale, possa e
debba essere esercitato nella forma della sola
visione, senza estrazione di copia.
Quanto alla disciplina generale, in particolare,
l'intervenuta normativa di cui alla l. n. 15 del
2005, modificativa in parte qua della l. n. 241
del 1990, comporta che debba ricomprendersi
nel diritto di accesso sia la visione che il rilascio
di copia del documento, attesa l'abrogazione
158
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
della disposizione dettata dall'art. 24, comma 2,
lett. d), nella formulazione originaria della l. n.
241/1990, che prevedeva, invece, a tutela della
riservatezza dei terzi, persone ed imprese, la
possibilità di escludere il diritto d'accesso
"garantendo peraltro agli interessati la visione
degli
atti
relativi
ai
procedimenti
amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria
per curare o per difendere i loro interessi
giuridici": abrogazione che fa ritenere superata
ogni possibilità di distinguere tra le due indicate
modalità di accesso (in termini lo stesso Tar
Bari, sez. I, 5 febbraio 2007, n. 337).
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1) - Con la sentenza impugnata il TAR ha
accolto il ricorso proposto dall'odierno appellato
per la declaratoria del diritto all'accesso agli atti
amministrativi della Fondazione ex bancaria
Cassa dei Risparmi di Forlì (istituita ai sensi del
d.lgs. n. 153/1999) indicati nel fax inviato alla
Fondazione il 16 marzo 2009.
Gli atti richiesti erano, in particolare, i seguenti:
Sussistono giustificate ragioni per disporre la
compensazione tra le parti delle spese di
giudizio.
a) delibera del Consiglio di Amministrazione
della Fondazione (di cui il richiedente non
conosceva gli estremi esatti) con la quale si
proponeva all'Assemblea dei Soci "la definitiva
dismissione a favore del Gruppo bancario S.
Paolo - Imi e Cari Firenze";
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando
sul ricorso, lo accoglie ordinando alla stazione
appaltante di consentire l'accesso anche con
estrazione di copia.
b) delibera del Consiglio di Amministrazione
adottata il 5 dicembre 2005 per stipulare con
l'azionista di maggioranza (Intesa - San Paolo)
un nuovo patto di sindacato e suoi ulteriori
addendi;
Alla stregua delle esposte ragioni, va pertanto
accolto il gravame.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 14 luglio 2009 con l'intervento dei
Magistrati:
Claudio Varrone, Presidente
c) delibera adottata per sostituire l'originario
Statuto (dal sito Internet si evince che "Il primo
Statuto della Fondazione Cassa dei Risparmi di
Forlì porta la data del giugno 1992. Da allora la
carta fondamentale della Fondazione ha
conosciuto diverse trasformazioni sulla scorta
delle modifiche legislative susseguitesi nel
tempo, fino a raggiungere la forma attuale,
approvata dal Ministero dell'economia e delle
finanze il 25 luglio 2005").
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Il TAR ha respinto l'eccezione di
inammissibilità sollevata dalla resistente
Fondazione sottolineando, innanzitutto, che il
ricorrente risultava possedere la qualifica di
socio della Fondazione.
Claudio Contessa, Consigliere
Ciò posto, i primi giudici hanno rilevato che:
FONDAZIONI
BANCARIE OPERE
PUBBLICHE
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-03-2010, n. 1255
"a) il diritto di accesso ai documenti
amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di
pubblico interesse, costituisce, a termini dell'art.
22, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241,
principio generale dell'attività amministrativa,
Roberto Chieppa, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere, Estensore
159
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
al fine di favorire la partecipazione e di
assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed
attinente ai livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai
sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera
m) della Costituzione;
b) sempre in base all'articolo 22 della legge 7
agosto 1990 n. 241, il diritto all'accesso ai
documenti amministrativi è riconosciuto a tutti
coloro che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l'accesso;
c) l'articolo 25 (e successive modificazioni)
della legge 241 cit. prevede che "la richiesta di
accesso ai documenti deve essere motivata",
tale norma, però, ha carattere generale,
dovendosi adattare alle specifiche situazioni
nelle quali si inserisce la richiesta di accesso,
con la conseguenza che la motivazione della
richiesta, anche se non enunciata specificamente
dall'interessato, potrà emergere dai rapporti
intercorsi o intercorrenti tra il richiedente e
l'Amministrazione di cui si chiede di visionare
alcuni atti (Consiglio di Stato, V, 6 dicembre
2006 n. 7187);
d) non può revocarsi in dubbio l'ammissibilità
del ricorso al procedimento di accesso nei
confronti della Fondazione della Cassa dei
Risparmi di Forlì, ancorché soggetto di diritto
privato, e ciò alla stregua della stessa lettera
dell'articolo 23 della legge 7 agosto 1990 n.
241, nel testo attualmente vigente, secondo il
quale l'accesso può esercitarsi nei confronti
"della pubbliche amministrazioni, delle aziende
autonome e speciali, degli enti pubblici e dei
gestori di pubblici servizi", e dunque anche nei
confronti di soggettività giuridiche aventi natura
privata ma operanti normalmente secondo
moduli tipicamente riconducibili all'alveo
pubblicistico;
e) la Fondazione è qualificabile come
organismo di diritto pubblico ai sensi e per gli
effetti derivanti dal Codice dei contratti (cfr.
espressamente sul punto T.A.R. Lazio Roma,
sez. I, 31 luglio 2007, n. 7283) e perciò
pienamente sussumibile nella categoria degli
enti tenuti all'obbligo di trasparenza sotteso alla
disciplina dell'accesso;
f) nella specie, peraltro, si pone la questione se
possa configurarsi un diritto di accesso nei
confronti di un'attività regolata dal diritto
privato, quale quella in effetti posta in essere
dalla resistente (al riguardo, il TAR ha ritenuto
che sarebbe illogico discriminare l'attuazione
del principio di trasparenza in base al criterio
formale del regime giuridico dell'attività
medesima, che potrebbe condurre alla
sostanziale elusione del principio stesso di
trasparenza nell'attività amministrativa);
g) infine, in ordine all'affermazione che gli atti
oggetto della richiesta non sono documenti
amministrativi, i primi giudici hanno osservato
che l'accesso non è correlato "agli atti
amministrativi", bensì "all'attività" della
pubblica amministrazione o dell'organismo
pubblico, nel cui ambito concettuale rientra non
solo l'attività di diritto amministrativo, ma
anche quella di diritto privato, atteso che
anch'essa è volta alla cura concreta degli
interessi della collettività e dunque ugualmente
sottoposta al principio apicale di trasparenza.
Per l'effetto, il TAR ha accolto il ricorso, con
conseguente declaratoria dell'obbligo dell'ente
resistente di dare corso alla richiesta di accesso
nei termini di cui all'istanza.
2) - Appella la sentenza la Fondazione Cassa
dei Risparmi di Forlì, che ne deduce l'erroneità,
anzitutto, perché, contrariamente a quanto
affermato dai primi giudici, la Fondazione
stessa non sarebbe organismo di diritto
pubblico, secondo quanto previsto dall'art. 1,
comma 10 ter, del d.l. n. 162/2008, convertito in
legge n. 201/2008 e come risultante, comunque,
dai
principi
generali
desumibili
dall'ordinamento italiano e da quello
comunitario (in particolare, non sarebbe
configurabile alcun finanziamento, né controllo
pubblico sulla gestione, né sarebbe prevista la
nomina negli organi di amministrazione,
direzione e vigilanza di soggetti designati dalla
mano pubblica in misura pari ad almeno metà
dei componenti; in particolare solo per il
Consiglio
Generale
sarebbero
previste
designazioni di fonte pubblica, ma in misura
160
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
non eccedente i sette componenti sui 22 che
compongono l'organo; inoltre, la Fondazione
appellante non sarebbe stata istituita per la
soddisfazione di bisogni definiti da enti
pubblici,
ma
sarebbe
un
soggetto
dell'ordinamento civile, la cui istituzione non
sarebbe nella disponibilità di alcun ente o potere
pubblico, né sarebbe stata costituita per
soddisfare strumentalmente interessi propri di
soggetti di diritto pubblico, dovendosi escludere
il riconoscimento, alle fondazioni, di funzioni
pubbliche); tutto ciò condurrebbe ad escludere
l'applicabilità, nella specie, della disciplina
sull'accesso di cui all'art. 3 (recte: 2) del d.p.r. n.
184/2006.
La sentenza appellata sarebbe erronea, inoltre,
anche nella parte in cui ha ritenuto la
sussistenza di un concreto interesse personale
dell'originario ricorrente all'accesso di cui si
tratta, non essendo, per converso, ammissibile
l'uso strumentale dell'accesso volto a realizzare
un controllo generalizzato sull'attività della
pubblica amministrazione.
Infine, contrariamente a quanto ritenuto dal
TAR, non sarebbe ammissibile la richiesta di
ostensione di atti inerenti all'attività privatistica.
Resiste personalmente l'appellato che insiste,
nelle proprie memorie, per il rigetto dell'appello
e la conferma della sentenza impugnata.
3) - L'appello è da accogliere.
Primo e centrale punto oggetto di contestazione
è quello relativo alla natura della Fondazione
appellante.
Contrariamente
a
quanto
osservato
dall'appellato, il TAR ha espressamente ritenuto
che " la Fondazione è qualificabile come
organismo di diritto pubblico ai sensi e per gli
effetti derivanti dal Codice dei contratti (cfr.
espressamente sul punto T.A.R. Lazio Roma,
sez. I, 31 luglio 2007, n. 7283) e perciò
pienamente sussumibile nella categoria degli
enti tenuti all'obbligo di trasparenza sotteso alla
disciplina dell'accesso"; lo stesso TAR ha anche
precisato che la Fondazione ex bancaria Cassa
dei Risparmi di Forlì è stata istituita ai sensi del
d.lgs. n. 153/1999; e proprio la qualificazione di
"organismo di diritto pubblico" ha reso, per i
primi giudici, sussumibile, la Fondazione, tra le
"soggettività giuridiche aventi natura privata,
ma operanti normalmente secondo moduli
riconducibili all'alveo pubblicistico" che
giustificherebbero l'operare, nel loro confronti,
della disciplina sull'accesso (punto 3, lettere d
ed e della sentenza appellata).
Al riguardo, correttamente l'appellante si
richiama, quindi, al disposto di cui all'art.1,
comma 10 ter, del d.l. n. 162 del 23 ottobre
2008 (comma inserito dalla legge di
conversione 22 dicembre 2008, n. 201), a mente
del quale: "ai fini della applicazione della
disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, non rientrano negli elenchi degli
organismi e delle categorie di organismi di
diritto pubblico gli enti di cui al decreto
legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti
trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto
la condizione di non usufruire di finanziamenti
pubblici o altri ausili pubblici di carattere
finanziario, di cui all'articolo 1 del decreto
legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al
decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103,
fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti
di lavori, servizi e forniture".
La norma, invero, smentisce quanto rilevato dai
primi giudici in merito al fatto che, proprio ai
sensi del Codice dei contratti "la Fondazione è
qualificabile come organismo di diritto
pubblico" (con la conseguente assoggettabilità
alla disciplina sull'accesso).
A questo si aggiunga, come dedotto
dall'appellante, che la Fondazione in questione
non risulta fruire di alcun finanziamento
pubblico; che né lo Stato, né altri enti di diritto
pubblico, esercitano, sulla stessa, alcun
controllo sulla gestione (controllo che, in base
ai principi comunitari, è l'unico che consenta di
esercitare un effettiva influenza decisionale in
seno agli organismi coinvolti), né risulta che gli
organi di amministrazione, direzione o vigilanza
debbano essere costituititi da soggetti designati
dalla mano pubblica in misura pari ad almeno
metà dei componenti (invero, solo per il
Consiglio Generale prevede, lo Statuto,
designazioni di fonte pubblica, ma in misura
non eccedente i sette componenti sui 22 che
161
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
compongono l'organo); inoltre, la Fondazione
appellante
rientra
tra
i
soggetti
dell'organizzazione delle libertà sociali e non
svolge funzioni pubbliche (C. Cost., n. 300 del
29 settembre 2003; n. 301/2003); va
riconosciuto carattere di utilità sociale agli scopi
dalle stesse perseguiti, ma tale carattere non può
essere confuso con la "attività di pubblico
interesse disciplinata dal diritto nazionale o
comunitario" espletata da "soggetti di diritto
privato", di cui all'art. 2, comma 1, del d.p.r. n.
184/2006, solo queste ultime afferendo
all'espletamento di funzioni pubbliche.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione VI, definitivamente pronunciando
sull'appello in epigrafe, lo accoglie e, per
l'effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Si aggiunga, a quanto precede, in punto di
interesse alla ostensione della documentazione
richiesta, che il ricorrente è un socio della
Fondazione che non risulta far valere un proprio
interesse diretto, personale e definito
all'acquisizione di quanto richiesto, avendo
avanzato una richiesta documentale di natura e
portata tale (la delibera del Consiglio di
Amministrazione della Fondazione con la quale
si proponeva all'Assemblea dei Soci "la
definitiva dismissione a favore del Gruppo
bancario S. Paolo - Imi e Cari Firenze" e quella
del 5 dicembre 2005 per stipulare con l'azionista
di maggioranza un nuovo patto di sindacato e
suoi ulteriori addendi; nonché la delibera
adottata per sostituire l'originario Statuto) da far
configurare,
piuttosto,
l'inammissibile
intendimento di esercitare un generalizzato
controllo sull'attività gestionale dall'odierna
appellante.
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Deve, in definitiva escludersi, quindi, sia che
l'appellante Fondazione possa farsi rientrare tra
i soggetti destinatari della disciplina
sull'accesso, sia che l'originario ricorrente abbia
fatto valere un interesse legittimante l'accesso
stesso.
4) - Per tali assorbenti motivi l'appello in
epigrafe va accolto e, per l'effetto, in riforma
della sentenza impugnata, va respinto il ricorso
di primo grado.
Per la novità delle questioni trattate devono
essere integralmente compensate tra le parti le
spese del doppio grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 15 gennaio 2010 con l'intervento dei
Magistrati:
Paolo Buonvino, Consigliere, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
ACCESSO ALL’ORDINE PROFESSIONALE
T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. II, Sent.,
02-02-2010, n. 633
Fatto - Diritto
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1.Il ricorrente ha adito il T.A.R. impugnando il
diniego di accesso ad un esposto presentato
contro di lui al proprio ordine professionale e
per ottenere l'esibizione e la copia di detta nota
nonché di tutti gli atti eventualmente contenuti
nel fascicolo aperto in proposito in conseguenza
di detto esposto.
Si è costituito in giudizio, senza difensore,
l'Ordine professionale intimato che ha insistito
per il rigetto del ricorso.
Le parti hanno sviluppato le rispettive difese
con separate memorie e nel corso della
discussione orale e la causa è stata trattenuta in
decisione all'odierna camera di consiglio.
2.Il ricorso è fondato, e pertanto va accolto.
P.Q.M.
162
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
L'art. 22 della L. n. 241/90, ai commi 2 e 3,
precisa
che
"l'accesso
ai
documenti
amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di
pubblico interesse, costituisce principio
generale dell'attività amministrativa al fine di
favorire la partecipazione e di assicurarne
l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale...", e che "tutti i
documenti amministrativi sono accessibili, ad
eccezione di quelli indicati all'articolo 24,
commi 1, 2, 3, 5 e 6".
In precedenza, e cioè prima delle recenti
modifiche normative, l'art. 24 prevedeva, al
comma 4, l'obbligo per le singole
amministrazioni "di individuare, con uno o più
regolamenti..., le categorie di documenti da esse
formati o comunque rientranti nella loro
disponibilità sottratti all'accesso per le esigenze
di cui al comma 2", tra le quali era compresa,
alla lett. d), quella di salvaguardare "la
riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese,
garantendo peraltro agli interessati la visione
degli
atti
relativi
ai
procedimenti
amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria
per curare o per difendere i loro interessi
giuridici".
Il nuovo testo dell'art. 24, come sostituito
dall'art. 16 L. 11 febbraio 2005 n. 15, al comma
1 esclude il diritto di accesso solo:
a) per i documenti coperti da segreto di Stato, e
nei casi di segreto o di divieto di divulgazione
espressamente previsti dalla legge, dal
regolamento governativo di cui al comma 6 e
dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del
comma 2;
b) nei procedimenti tributari;
c) nei confronti dell'attività della pubblica
amministrazione diretta all'emanazione di atti
normativi,
amministrativi
generali,
di
pianificazione e di programmazione;
d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei
documenti
amministrativi
contenenti
informazioni di carattere psicoattitudinale
relativi a terzi.
3.In definitiva, con specifico riferimento ai
rapporti tra accesso e riservatezza, la nuova
disciplina contenuta nell'art. 24 della L.
241/1990, come sostituito dall'art. 16 della L.
15/2005, appresta al primo una tutela più ampia
che in passato, sotto due distinti profili.
Innanzitutto, l'individuazione dei casi in cui
l'accesso può essere escluso per ragioni, tra
l'altro, di riservatezza, può aver luogo solo con
il regolamento governativo (comma 6, lett. d),
mentre alle singole amministrazioni viene
sottratta ogni potestà d'intervento in materia.
In secondo luogo, mentre nell'originaria
versione dell'art. 24, secondo quanto prevedeva
il comma 2, lettera d), l'accesso a documenti
riservati era limitato alla sola "visione" degli atti
amministrativi necessari alla cura dei propri
interessi, nell'attuale versione dell'art. 24, come
sostituito dall'art. 16 della legge 15/2005, tale
previsione è stata sostituita dal nuovo comma 7,
ai sensi del quale "deve comunque essere
garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti
amministrativi la cui conoscenza sia necessaria
per curare o per difendere i propri interessi
giuridici".
In sostanza, la tutela dell'istante, prima limitata
alla visione degli atti, viene quindi estesa
all'onnicomprensivo concetto di "accesso" che secondo la definizione contenuta nell'art. 22,
comma 1, lettera a) della L. 241/90, come
sostituito dall'art. 15 della L. 15/05 - include sia
la visione degli atti che l'estrazione di copia.
Per quanto riguarda i rapporti fra diritto
all'accesso e tutela della privacy lo stesso
comma 7 aggiunge che l'accesso, sebbene solo
"nei
limiti
in
cui
sia
strettamente
indispensabile", è consentito anche "nel caso di
documenti contenenti dati sensibili e giudiziari",
ed anche "in caso di dati idonei a rivelare lo
stato di salute e la vita sessuale", in quest'ultimo
caso "nei termini previsti dall'articolo 60 del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196" (sul
punto si veda TAR Marche, I, n. 10/2009 e
TAR Catania, IV, n. 715/2008).
Inoltre l'art. 59 del medesimo D. Lgs.vo
196/2003, concernente proprio all'accesso a
163
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
documenti amministrativi", dispone che "fatto
salvo quanto previsto dall'articolo 60, i
presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio
del diritto di accesso a documenti
amministrativi contenenti dati personali, e la
relativa
tutela
giurisdizionale,
restano
disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni e dalle altre
disposizioni di legge in materia, nonché dai
relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò
che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e
le operazioni di trattamento eseguibili in
esecuzione di una richiesta di accesso. Le
attività finalizzate all'applicazione di tale
disciplina si considerano di rilevante interesse
pubblico".
4. Alla stregua di quanto sopra nel caso di
specie sussistono i presupposti per l'esercizio
del diritto di accesso sia in relazione all'esposto
presentato nei suoi confronti, indicato nella nota
del 15/7/2009, prot. n. 842/2009 dell'Ordine
degli Architetti, sia in relazione ad ogni altro
atto o documento contenuti nel fascicolo di cui
al citato esposto e relativa convocazione (vedi
altresì la decisione della Commissione per
l'accesso ai documenti amministrativi, istituita
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
del 19 aprile 2007, concernente un caso identico
di accesso di un iscritto all'Ordine ad un esposto
presentato nei suoi confronti ed alla
conseguente decisione di questo T.A.R. n. 2403
del 16/10/2007).
5. In conclusione, il ricorso va accolto, con il
conseguente ordine all'Ordine professionale
intimato di consentire la visione e l'estrazione di
copia dei documenti richiesti entro il termine di
30 giorni, decorrente dalla notificazione della
presente sentenza ad opera del ricorrente, o
dalla sua comunicazione in via amministrativa.
6. Le spese seguono la soccombenza e vengono
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l'EmiliaRomagna - Bologna, Sezione II accoglie
il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla il
provvedimento impugnato ed ordina all'Ordine
professionale intimato di consentire la visione e
l'estrazione di copia dei documenti richiesti con
le missive del 10 agosto e 21 settembre 2009
entro il termine di 30 giorni, decorrente dalla
notificazione della presente sentenza ad opera
del ricorrente, o dalla sua comunicazione in via
amministrativa.
Condanna l'Ordine professionale intimato al
pagamento delle spese di causa in favore del
ricorrente che si liquidano in complessivi Euro
2.440,11(duemilaquattrocentoquaranta, undici),
oltre C. P. A ed I. V. A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di
consiglio del giorno 21/01/2010 con l'intervento
dei Magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere
Ugo Di Benedetto, Consigliere, Estensore
NATURA GIURIDICA DELL’ORDINANZE
SULL’ACCESSO AGLI ATTI
Cons. Stato Sez. V, Sent., 25-06-2010, n. 4068
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1.Con l'ordinanza indicata in epigrafe il TAR
Lazio, nella pendenza di un giudizio di
impugnazione, ha dichiarato inammissibile
l'istanza proposta al Presidente della sezione, ex
art. 25, comma 5°, L. 7 agosto 1990 n. 241 e
successive
modificazioni,
dalla
società
N.C.V.R. rivolta ad accertare l'illegittimità del
diniego implicito di accesso opposto dalla
Regione Lazio nei confronti dell'istanza diretta
ad ottenere copia della documentazione e dei
provvedimenti
relativi
al
rilascio
dell'autorizzazione ex L. R., n.49/1989 in favore
della società Tra.Ser e conseguente inclusione
di essa nelle liste delle società autorizzate dalla
Regione per l'espletamento del servizio di
trasporto sanitario.
In particolare, il TAR ha ritenuto che la
richiesta di accesso non riguardasse un interesse
164
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
attuale ai fini della tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti e comunque fosse
diretta ad ottenere atti frutto di attività di
indagine dell'Amministrazione e non già
esistenti e determinati
2.Avverso detta ordinanza ha proposto appello
la ricorrente originaria, osservando quanto
segue;
nel ricorso n. 10959/2008, pendente presso lo
stesso Tar, la Società aveva impugnato gli atti
della gara per il servizio triennale del trasporto
di materiale biologico, indetta dalla ASL
Roma/B ed aggiudicata alla Tra.Ser,
sostenendosi che l'aggiudicataria non poteva
essere autorizzata dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti a munire i propri
veicoli di dispositivi di segnalazione acustica
poichè la medesima non aveva alcuna
autorizzazione da parte della Regione ex L.R.
n.49/1989; autorizzazione che invece aveva
ottenuto successivamente alla notificazione del
ricorso (avvenuta nel novembre 2008);
di conseguenza aveva interesse attuale a
conoscere gli atti del procedimento sulla cui
base era stata rilasciata l'autorizzazione ex L.R.
n.49/1989 a favore della Tra.Ser, con
indicazione della relativa data, e della
conseguente inclusione negli elenchi delle
società autorizzate dalla regione Lazio per
l'espletamento del servizio di trasporto
sanitario;
la documentazione richiesta è ben individuabile
e non richiede l'elaborazione di atti:
l'accesso non è rivolto a verificare
genericamente l'operato dell'Amministrazione
ma a stabilire la legittimità della indicata
procedura di gara.
Ha concluso per l'accoglimento dell' appello ai
fini del rilascio di copia della documentazione
richiesta.
Alla camera di consiglio del 9 marzo 2010 il
ricorso è stato trattenuto in decisone.
3.L'ordinanza c.d. "istruttoria" del TAR è nella
specie senz'atro appellabile.
L'art. 25, comma 5°, L: n.241/1990 stabilisce,
per quanto interessa, che "In pendenza di un
ricorso presentato ai sensi della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e successive
modificazioni, il ricorso può essere proposto
con istanza presentata al presidente e depositata
presso la segreteria della sezione cui è assegnato
il ricorso, previa notifica all'amministrazione o
ai controinteressati, e viene deciso con
ordinanza istruttoria adottata in camera di
consiglio. La decisione del Tribunale è
appellabile, entro trenta giorni dalla notifica
della stessa, al Consiglio di Stato, il quale
decide con le medesime modalità e negli stessi
termini. Le controversie relative all'accesso ai
documenti amministrativi sono attribuite alla
giurisdizione
esclusiva
del
giudice
amministrativo".
Ora, pur avendo il legislatore qualificato
espressamente come istruttoria l'ordinanza che
chiude, davanti al Giudice di primo grado,
"l'incidente di accesso", deve osservarsi che
sono comunque impugnabili i provvedimenti
del giudice amministrativo di primo grado che,
pur non avendo la forma esteriore di sentenza,
abbiano un reale contenuto decisorio della
controversia, il ché si verifica allorché essi
esplicitamente o implicitamente risolvano in
tutto o in parte la questione che oppone le parti,
ovvero un punto pregiudiziale di essa, dal
momento che. al fine di stabilire se un
provvedimento abbia natura di sentenza o di
ordinanza, è decisiva non già la forma adottata
ma il suo contenuto in base al principio della
prevalenza in materia della sostanza sulla forma
(V. Cass. S.U. 11 dicembre 2007 n. 2537).
Con particolare riferimento all'ordinanza che
decide il ricorso in materia di accesso in corso
di causa, questo Consiglio di Stato, ha operato
una distinzione, che il Collegio condivide, tra
ordinanze che si pronunciano sul ricorso
accogliendolo o respingendolo in relazione ai
presupposti inerenti all'accesso in quanto tale, e
ordinanze che respingono il ricorso perché
ritengono i documenti richiesti non utili ai fini
del giudizio in corso. Nel primo caso
l'ordinanza ha natura decisoria ed è appellabile
sia nel caso in cui il giudice escluda
l'accessibilità sulla base della ritenuta carenza
165
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
dei presupposti previsti dalla disciplina
dell'accesso, sia nel caso in cui il giudice
accolga la domanda di accesso ritenute
sussistenti le condizioni legittimanti l'ostensione
senza passare al vaglio della pertinenza dei
documenti in relazione al giudizio in corso. Nel
secondo caso l'ordinanza ha natura meramente
istruttoria e non è appellabile autonomamente
(cfr. Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1629;
sez. V 9 dicembre 2008 n.6121.).
Nella specie, il TAR ha respinto l'istanza
ritenendo insussistenti i presupposti richiesti per
consentire l'accesso e perciò la relativa
decisione è soggetta ad impugnazione.
non può essere invocato allorché lo stesso
interessato non chieda l'esibizione di documenti
di cui sia certa l'esistenza, ma intenda provare
l'esistenza di documenti che egli afferma essere
stati a suo tempo formati (Consiglio di Stato,
sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7463; id., sez.
IV, 22 febbraio 2003, n. 961; id., sez. VI, 25
settembre 2002, n. 4883; id., sez. VI, 30
settembre 1998, n. 1346). Infatti, ammettendo
una richiesta di esibizione di documenti non
corredata con la prova dell'esistenza delle
notizie riferibili all'interesse di cui l'istante è
titolare in essi contenute, essa si trasformerebbe
in un inammissibile strumento di controllo
sull'attività stessa (Consiglio di Stato, sez. IV,
31 gennaio 2005, n. 218).
4.L'appello è anche fondato nel merito.
La ricorrente ha interesse attuale a conoscere gli
atti del procedimento sulla cui base era stata
rilasciata l'autorizzazione ex L.R. n.49/1989 a
favore della Tra.Ser, con indicazione della
relativa data, e della conseguente inclusione
negli elenchi delle società autorizzate dalla
regione Lazio per l'espletamento del servizio di
trasporto sanitario, dal momento che ha un
ricorso pendente presso lo stesso Tar avverso
gli atti di una gara sostenendosi che
l'aggiudicataria avrebbe conseguito tale
necessaria autorizzazione solo dopo la
notificazione del ricorso (novembre 2008).
Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal
TAR, l'accesso non è rivolto a verificare
genericamente l'operato dell'Amministrazione
ma a stabilire la legittimità della indicata
procedura di gara.
Infine, nonostante una certa imprecisione della
domanda di accesso in quanto non sono stati
indicati gli estremi dell'autorizzazione in
contestazione, la documentazione richiesta è
ben individuabile, essendo stato precisato l'anno
in cui tale autorizzazione sarebbe intervenuta
(2008) e comunque il suo accoglimento non
abbisogna dell'elaborazione di atti ma
l'ostensione degli atti e provvedimenti esistenti.
E' pur vero, come riconosce pacificamente la
giurisprudenza, che il diritto d'accesso riguarda
esclusivamente documenti già esistenti e
detenuti dall'Amministrazione, così che esso
Ma, una posizione eccessivamente rigida
impedirebbe di fatto al privato ogni tipo di
accesso di fronte ad un'Amministrazione
neghittosa con riferimento ad atti di cui non si
conoscano gli esatti termini di identificazione,
per cui si è precisato che se il ricorrente fornisce
argomenti e indizi circa l'esistenza degli atti a
cui chiede l'accesso e l'Amministrazione non
fornisca la prova a sostegno del proprio assunto
dell'inesistenza dei documenti richiesti (e nella
specie
manca
qualsiasi
contestazione
dell'esistenza degli atti e documenti richiesti),
correttamente il Giudice ordina l'accesso,
residuando un problema di esecuzione del
giudicato, se del caso mediante commissario ad
acta, relativamente alla ricerca materiale dei
documenti, fermo restando che il giudicato che
ordina l'accesso sarà evidentemente eseguibile
nei limiti in cui i documenti esistono (Consiglio
di Stato, sez. VI, 26 giugno 2003, n. 3853). Si
tratta quindi di un modo di bilanciare le limitate
possibilità di conoscenza dei fatti da parte del
privato con i poteri istruttori concessi al giudice
amministrativo (Sez. IV 10 dicembre 2009 n.
7725).
5.In conclusione, l'appello va accolto ed in
riforma della sentenza appellata va disposta a
carico della Regione Lazio la ostensione della
documentazione richiesta dal ricorrente.
Spese ed onorari di lite dei due gradi, tenuto
conto della particolarità della vicenda
contenziosa, possono essere compensati.
166
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, accoglie
l'appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in
riforma dell'ordinanza appellata, dispone a
carico della regione Lazio l'esibizione dei
documenti richiesti.
Compensa spese ed onorari dei due gradi di
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 9 marzo 2010 con l'intervento dei
Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Cesare Lamberti, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
concessionaria di ottenere copia conforme della
detta cartella con relativa relata di notifica, al
fine di poter opporre la cartella in sede
giurisdizionale;
- che, riscontrando la richiesta, la
concessionaria inviava unicamente l'estratto
della cartella, precisando che da tale documento
si evinceva la data di notifica dello stesso;
che, ritenendo insufficiente tale produzione, il
D.A. agiva dinanzi al T.A.R. per sentir
dichiarare il proprio diritto all'ostensione degli
atti.
Costituitasi E.F. s.p.a., che provvedeva al
deposito agli atti del giudizio dell'estratto della
cartella esattoriale e della copia della relata di
notifica, il ricorso veniva deciso con la sentenza
appellata. In essa, il T.A.R. dava atto del
deposito dei detti atti, riteneva improcedibile il
ricorso per cessata materia del contendere e
condannava la parte ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio per "abuso dello
strumento processuale".
Aniello Cerreto, Consigliere, Estensore
IMPOSTE E TASSE IN GENERE
LEGITTIMAZIONE ALL’ACCESSO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 30-11-2009, n. 7486
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso iscritto al n. 5612 del 2009, M.D.A.
ha proposto appello avverso la sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per la
Puglia, sezione prima, n. 1307 del 29 maggio
2009 con la quale era stato dichiarato
improcedibile per cessata materia del
contendere il ricorso proposto contro E.F. s.p.a.
(poi incorporata in E.E. s.p.a.) per l'accesso ai
documenti indicati nell'istanza proposta in data
5 febbraio 2009.
A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al
giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva
premesso:
- di aver saputo, da visure effettuate presso E.F.
s.p.a., della pendenza di una cartella esattoriale,
dallo stesso mai ricevuta, e di aver richiesto alla
Contestando le statuizioni del primo giudice,
l'appellante D.A. ha evidenziato come gli atti
esibiti non fossero per nulla idonei a far ritenere
cessata la materia del contendere.
Si è costituita in giudizio E.E. s.p.a. (già E.F.
s.p.a.), chiedendo di dichiarare inammissibile o,
in via gradata, rigettare l'appello.
Alla Camera di Consiglio del 29 luglio 2009, il
ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Motivi della decisione
1. - L'appello è fondato e merita accoglimento.
2. - In via preliminare, la Sezione ritiene di
dover superare le eccezioni preliminari proposte
dalle parti.
In merito all'eccezione di tardività del ricorso di
primo grado, come sollevata anche in grado di
appello da E.E. s.p.a., deve confermarsi la bontà
della decisione del T.A.R. che ha sottolineato
come il termine decadenziale sia stato rispettato,
in quanto veniva a scadere in giorno festivo,
ossia il 22 marzo 2009, ed è quindi stato
167
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
correttamente notificato il giorno successivo,
giusta il disposto dell'art. 155, comma 4, c.p.c..
In merito all'eccezione di mancata costituzione
della effettiva resistente E.F. s.p.a., va
evidenziato come questa sia stata correttamente
presente nel giudizio in primo grado e che
invece in grado di appello sia stata sostituita
dalla E.E. s.p.a., società incorporante e quindi
ex lege succeduta nel rapporto controverso. La
legittimazione dell'attuale appellata non appare
quindi dubbia.
3. - Affrontando le questioni sostanziali, ritiene
la Sezione di dover immediatamente
soffermarsi sulle ragioni della sentenza di rito
emessa dal T.A.R. per la ritenuta cessata
materia del contendere. Va infatti sottolineato
come la cartella di pagamento, ossia l'atto di cui
il ricorrente ha chiesto l'ostensione, ed il
documento ricevuto, intestato "estratto cartella"
e stampigliato come "copia conforme
dell'estratto di ruolo", siano documenti diversi.
In particolare, la cartella esattoriale è prevista
dall'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
quale documento per la riscossione degli
importi contenuti nei ruoli e deve essere
predisposta secondo il modello approvato con
decreto
del
Ministero
delle
Finanze
(attualmente, il modello vigente è quello
approvato dall'Agenzia delle entrate con
provvedimento del 22 aprile 2008). Il
documento ricevuto dal ricorrente è invece un
elaborato informatico formato dall'esattore,
sebbene sostanzialmente contenente gli stessi
elementi della cartella originale.
La differenza ontologica tra i due documenti
non può però essere superata dall'omogeneità
contenutistica, omogeneità che peraltro non è
stata messa in dubbio dalle parti. La ragione per
cui non è permesso all'amministrazione, ed al
privato che esercita funzioni pubbliche, di
sostituire arbitrariamente il documento richiesto
con altro sebbene equipollente deriva
espressamente dalla legge 7 agosto 1990, n. 241
"Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi", che all'art. 22 lett.
d) fornisce la nozione di documento
amministrativo e nello stesso contesto, alla lett.
a) precisa come il diritto di accesso sia "il diritto
degli interessati di prendere visione e di estrarre
copia di documenti amministrativi", ossia un
diritto di acquisizione di quegli stessi documenti
o delle loro copie e non di succedanei. In questa
ottica, questa Sezione ha già evidenziato come
elemento fondante dell'actio ad exhibendum sia
la conformità del documento esibito al privato
all'originale, non avendo neppure rilievo
scusante
l'esistenza
per
la
pubblica
amministrazione di impedimenti tecnici
(Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2009, n.
2243). A maggior
ragione, l'accesso
documentale non può essere soddisfatto
dall'esibizione
di
un
documento
che
l'amministrazione, e non il privato ricorrente,
giudica equipollente.
Pertanto, deve ritenersi che, in sede di giudizio
di primo grado, la concessionaria non abbia
esibito il documento richiesto dalla parte privata
e che quindi la declaratoria di cessazione della
materia del contendere si sia fondata su una
valutazione errata degli atti acquisiti al fascicolo
processuali.
Per tali ragioni, l'appello va accolto.
4. - L'accoglimento dell'eccezione di
illegittimità della pronuncia in rito comporta
l'applicazione della giurisprudenza di questo
Consiglio (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI,
17 ottobre 1988, n. 1152; id., 24 febbraio 1981,
n. 84; id., 30 settembre 1980, n. 794; Consiglio
di Stato, sez. IV, 11 febbraio 2005, n. 399; id.,
19 febbraio 2008, n. 546; id., 2 ottobre 2008, n.
4774) per cui l'erronea declaratoria da parte del
giudice di primo grado dell'improcedibilità del
ricorso non costituisce un vizio di forma od un
difetto di procedura che, ai sensi dell'art. 35, l. 6
dicembre
1971
n.
1034,
comporta
l'annullamento della sentenza con rinvio
dell'affare al giudice di primo grado, così che il
giudice di appello deve trattenere la causa e
deciderla nel merito.
Venendo quindi alla questione dell'esistenza
della situazione soggettiva che legittima il
privato a richiedere l'accesso, occorre
evidenziare come la difesa di E.E. s.p.a. si sia
soffermata diffusamente sul fatto che gli atti già
esibiti fossero comunque in grado di consentire
la tutela giurisdizionale e che in ogni caso erano
168
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
atti già in possesso del ricorrente, in quanto
notificatigli. Fondamentalmente, le eccezioni
proposte da Equitalia E.Tr. s.p.a. evidenziavano
l'inesistenza
dell'interesse
ad
ottenere
l'ostensione sia perché erano stati forniti al
privato documenti aventi la stessa valenza, sia
perché gli originali gli erano stati effettivamente
notificati che quindi non li deteneva più
unicamente per propria colpa.
4.1. - Entrambe le ragioni devono essere
disattese.
che la concessionaria non ha quindi alcuna
legittimazione a sindacare le scelte difensive
eventualmente operate dal privato. Questo
significa che è ben vero, come afferma E.E.
s.p.a., che i due distinti documenti sono
praticamente identici dal punto di vista
contenutistico (e di questa sostanziale identità e
dell'utile conseguito dal privato nell'ottenere la
cartella anziché l'estratto la Sezione terrà conto
per valutare la ripartizione delle spese
processuali), ma questa valutazione non incide
sulla fondatezza del diritto all'accesso.
In merito al primo profilo, questo Consiglio ha
già indicato i limiti intrinseci alla sindacabilità
delle ragioni poste a fondamento dell'accesso.
Si è affermato (Consiglio di Stato, sez. V, 10
gennaio 2007, n. 55) che l'interesse
giuridicamente rilevante del soggetto che
richiede l'accesso non solo non deve
necessariamente consistere in un interesse
legittimo o in un diritto soggettivo, dovendo
solo essere giuridicamente tutelato purché non
si tratti del generico ed indistinto interesse di
ogni cittadino al buon andamento dell'attività
amministrativa e che, accanto a tale interesse
deve sussistere un rapporto di strumentalità tra
tale interesse e la documentazione di cui si
chiede l'ostensione. Questo rapporto di
strumentalità deve però essere inteso in senso
ampio, ossia in modo che la documentazione
richiesta deve essere mezzo utile per la difesa
dell'interesse giuridicamente rilevante e non
strumento di prova diretta della lesione di tale
interesse. Pertanto, l'interesse all'accesso ai
documenti deve essere considerato in astratto,
escludendo che, con riferimento al caso
specifico,
possa
esservi
spazio
per
apprezzamenti in ordine alla fondatezza o
ammissibilità della domanda giudiziale
proponibile. La legittimazione all'accesso non
può dunque essere valutata facendo riferimento
alla legittimazione della pretesa sostanziale
sottostante, ma ha consistenza autonoma,
indifferente allo scopo ultimo per cui viene
esercitata.
In merito al secondo profilo, l'appellata E.E.
s.p.a. introduce un profilo di meritevolezza
soggettiva per l'accesso ai documenti,
affermando che "non può ritenersi serio
l'interesse dell'appellante all'acquisizione di un
documento di cui lo stesso è già
inconfutabilmente in possesso". In concreto,
trasponendo
in
termini
organizzativi
l'affermazione della concessionaria appellata,
una
volta
notificato
un
documento,
l'amministrazione non sarebbe tenuta alla
esibizione, avendo adempiuto ai propri doveri.
Pertanto le osservazioni di E.E. s.p.a. sono del
tutto inconferenti, atteso che non è dubitabile
che la copia della cartella di pagamento ex se
costituisca strumento utile alla tutela
giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e
Dall'altro punto di vista, di carattere più
particolare, occorre rimarcare come per i
concessionari viga la norma dell'art. 26 comma
4 del d.P.R. 602 del 1973 che li obbliga a
"conservare per cinque anni la matrice o la
L'assunto è del tutto sconfessato a livello
normativo, sotto un duplice profilo, uno di
carattere generale, l'altro più legato alla
funzione del concessionario delegato per la
riscossione. In relazione al primo aspetto, non
può che rimarcarsi come la valutazione di
meritevolezza proposta dall'appellata sia del
tutto estranea alla previsione di legge, che ha
invece come presupposti per l'accesso
unicamente l'esistenza di una situazione
giuridica tutelabile e il nesso di strumentalità
astratto sopra evidenziato. Il comportamento del
privato, quand'anche pretestuoso, non è
considerato dalla norma e si colloca all'esterno
all'area di rilevanza delineata dalla legge. Non
ha quindi alcun rilievo se il privato ha perso, ha
distrutto o semplicemente dimenticato il
documento, ciò che conta è che sussistano le
condizioni oggettive per ottenere l'ostensione
del documento.
169
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
copia della cartella con la relazione
dell'avvenuta notificazione o l'avviso del
ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione
su
richiesta
del
contribuente
o
dell'amministrazione". Come si vede, in
relazione alla particolare tipologia di atti
detenuti, il legislatore individua direttamente un
obbligo di custodia degli atti ed un dovere di
ostensione su mera richiesta del contribuente.
Le disposizioni sul diritto di accesso risultano
pertanto di maggiore definizione e speciali
rispetto
alla
disciplina
generale
del
procedimento amministrativo in quanto, in
questo caso, la valutazione sulla sussistenza di
un interesse all'esibizione è fatta direttamente
dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A
maggior ragione, quindi, la richiesta del
ricorrente non poteva essere valutata sotto il
profilo della meritevolezza soggettiva da parte
del concessionario, obbligato ex lege alla
custodia ed all'esibizione, senza che allo stesso
residui alcun margine di scelta.
4.2. - Le dette considerazioni consentono di
superare anche le eccezioni di E.E. s.p.a. in
merito al carattere pretestuoso ed emulativo
della domanda. Si tratta di questioni
palesemente infondate se solo si tiene conto che
la documentazione richiesta dall'attuale
appellante appartiene al novero di quelle di cui
il concessionario è tenuto alla custodia ed
all'esibizione e che le spese sostenute (per costi
di riproduzione, diritti di ricerca e visura o
imposte di bollo) vanno riversate sul
richiedente.
Anche questa eccezione va quindi respinta.
5. - Infine, ritiene la Sezione di doversi
soffermare sulla condanna alle spese che, nel
giudizio di primo grado, è stata adottata contro
il ricorrente. Il T.A.R. della Puglia, ritenendo
che lo strumento processuale sia stato azionato
in modo abusivo perché teso a conseguire
l'ostensione di un atto già ricevuto in notifica,
ha condannato l'attuale appellante al pagamento
delle spese processuali.
La soluzione adottata dal giudice di prime cure
è del tutto incompatibile con il vigente sistema
giuridico ed espressione di una concezione
sanzionatoria della determinazione sulle spese
che non ha alcun fondamento normativo e va
decisamente disattesa.
Va innanzi tutto evidenziato come l'originario
ricorrente ha ricevuto gli atti da lui richiesti in
sede giudiziaria, come affermato dallo stesso
T.A.R. che ha parlato di deposito da parte di
E.E. s.p.a. ed ha conseguentemente dichiarato la
cessata materia del contendere. Pertanto,
seguendo il ragionamento del giudice di primo
grado, l'azione giudiziaria è stata correttamente
avviata e la pretesa avanzata è stata soddisfatta,
a giudizio iniziato, da un comportamento della
parte resistente che avrebbe dovuto aver luogo
fuori e prima del processo. In casi analoghi, la
giurisprudenza, applicando correttamente il
concetto di soccombenza, ha ritenuto di poter
condannare, anche nei casi di cessata materia
del contendere, la parte vincitrice virtuale, ossia
colui che chiedeva l'ostensione. Nel caso in
esame, invece, nonostante la situazione di
pregresso inadempimento di E.E. s.p.a. e
nonostante che questa fosse stata sanata solo a
seguito del giudizio, e nonostante che vi fosse
una palese situazione di soccombenza della
stessa concessionaria, il T.A.R. ha ritenuto di
condannare alle spese la parte vincitrice, in
palese e diametrale contrasto con la disciplina
di legge.
Per altro verso, anche facendo risaltare il profilo
dell'abuso dello strumento processuale, va
rimarcato che nel nostro ordinamento non
esistono sanzioni atipiche per il distorto uso
dello strumento processuale, come pure non
trova spazio il cd. "contempt of court", in cui
altri ordinamenti fanno ricadere simili ipotesi,
fattispecie che comunque importa altre
conseguenze e non provoca il sovvertimento
delle rispettive posizioni in relazione al
pagamento delle spese processuali. Nel nostro
sistema, al contrario, l'espressa previsione di
legge, che impone che le spese non possano
essere messe in carico alla parte vincitrice, può
dar vita al massimo ad una compensazione,
compensazione che può anche esserci qualora lo
strumento processuale sia stato utilizzato per
conseguire risultati minimi, sproporzionati
rispetto alla rilevanza dello strumento stesso
(vedi in particolare, Cassazione civile, sez. un.,
30 luglio 2008 n. 20598).
170
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
È del tutto palese, quindi, come la condanna alle
spese della parte ricorrente e virtualmente
vittoriosa in primo grado sia del tutto
illegittima, ponendosi in diametrale contrasto
con le previsioni di legge e va pertanto, come
tutta la sentenza, va conseguentemente
annullata.
6. - L'appello va quindi accolto. Sussistono
peraltro motivi per compensare integralmente
tra le parti le spese processuali, determinati
dalla palese sproporzione tra l'interesse concreto
realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle
attività processuali richieste (secondo la già
citata, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio
2008 n. 20598).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunziando
in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l'appello n. 5612 del 2009 e per
l'effetto, in riforma della sentenza del Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione
prima, n. 1307 del 29 maggio 2009, accoglie il
ricorso di primo grado e ordina a Equitalia E.Tr.
s.p.a. di consentire, entro il termine di giorni 30
dalla comunicazione in via amministrativa o
notificazione della presente decisione, l'accesso
agli atti richiesti, mediante loro estrazione di
copia, salvi i rimborsi per costi di riproduzione,
diritti di ricerca e visura ed imposte di bollo;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese
del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
del giorno 29 luglio 2009, dal Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - con la
partecipazione dei signori:
Luigi Cossu, Presidente
Pier Luigi Lodi, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Armando Pozzi, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
ATTI AMMINISTRATIVI
T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 12-06-2008, n.
5872
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Espone in fatto l'odierna ricorrente di essere
docente non di ruolo nella graduatoria regionale
del concorso per titoli ed esami per la classe di
concorso A019 e nella graduatoria regionale per
insegnamento sul sostegno nella scuola media
superiore - Area AD03; in particolare non
avrebbe mai beneficiato della riserva di cui agli
artt.3 e 18 della Legge n.68/1999 a causa della
preferenza accordata ai riservisti N a scapito dei
riservisti M. Con istanza del 7/11/2007
l'interessata ha chiesto di poter visionare i
documenti necessari per la tutela del diritto
all'immissione in ruolo, riscontrata con la nota
impugnata che, per una parte, ha rigettato la
richiesta per difetto del requisito dell'attualità
dell'interesse azionato, comunque impedendo di
avere contezza delle modalità di ripartizione
delle disponibilità esistenti tra le categorie di
riservisti contemplate dalla legge.
L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è
costituita in giudizio per resistere al ricorso.
Alla Camera di Consiglio del 5 giugno 2008 la
causa è stata chiamata e trattenuta per la
decisione, come da verbale.
Motivi della decisione
1.Con il ricorso in esame la ricorrente lamenta
la violazione dell'art.22 della Legge n.241/1990.
2. Il Collegio ritiene di dover preliminarmente
ribadire che il fine primario della normativa
sull'accesso va individuato proprio nella
necessità di assicurare la trasparenza
amministrativa e di favorire lo svolgimento
imparziale dell'azione pubblica; non si può
ignorare la portata innovativa della Legge
n.241/90 nella parte in cui essa fonda e dà
facoltà di azione e di difesa ad una libertà certo
presupposta fra i diritti della persona, ma al
171
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
tempo stesso priva di pretese di godimento in
assenza di una puntuale disciplina a livello
costituzionale.
La normativa in materia di accesso, anche a
seguito delle modifiche del 2005, è ispirata al
valore funzionale dell'informazione, avuto
riguardo ad una qualificazione soggettiva non
generalizzata, ma nei confronti di soggetti
privati, compresi quelli portatori di interessi
diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l'accesso.
2.1 Le disposizioni della Legge n.241/1990,
come modificate dalla Legge n.15/2005,
affermano che l'accesso ai documenti
amministrativi costituisce principio generale
dell'attività amministrativa al fine di favorire la
partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e
la trasparenza, attenendo ai livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale. Mentre originariamente la
locuzione "diritto di accesso" sollevava dubbi
sulla qualificazione come diritto soggettivo o
interesse legittimo, ora si parla di "diritto degli
interessati di prendere visione ed estrarre copia
di documenti amministrativi", nel senso che
l'esame e l'estrazione di copia del documento
sono modalità congiunte dell'esercizio del
diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta.
L'obiettivo è di assicurare la trasparenza
dell'attività amministrativa e di favorirne lo
svolgimento imparziale, mentre l'art.10 della
Legge 241 rimasto immutato dopo le recenti
modifiche ha riguardo ad un accesso
partecipativo, con l'obiettivo di assicurare la
pienezza
del
contraddittorio
e
della
partecipazione a quanti sono coinvolti in un
procedimento amministrativo che li riguarda
(T.A.R. Lazio, Roma, I, 15.12.2000, n.12144).
Anche la configurazione introdotta dalla Legge
n.205/2000 non ha modificato la originaria
natura di istituto mirato al conseguimento della
conoscibilità
della
documentazione,
indipendentemente dall'esistenza attuale o
eventuale di un processo in cui tale
documentazione possa essere funzionalizzata ai
fini della sua decisione e quindi come istituto
non diretto ad acquisire soltanto gli atti
strumentalmente preordinati alla decisione nel
merito del ricorso principale (ord.za T.A.R.
Lazio, Roma, II, 10.3.2001, n.1834).
3. Considerato che anche il DPR n.184 del
12/4/2006, recante disciplina in materia di
accesso
ai
documenti
amministrativi,
ricostruisce l'accesso come situazione di diritto
soggettivo in ragione sia della mancanza di
discrezionalità
per
le
Amministrazioni,
verificati i presupposti per l'accesso,
nell'adempiere alla pretesa del soggetto privato
di prendere visione ed estrarre copia dei
documenti amministrativi, sia della non
necessità che il documento amministrativo sia
relativo ad uno specifico procedimento, ed
atteso
che
il
diritto
del
cittadino
all'informazione si connota certamente come
interesse personale e concreto, serio e non
emulativo né riducibile a mera curiosità, deve
ritenersi che nella fattispecie sussista il
presupposto soggettivo legittimante l'azione,
derivante dall'aver interesse ad ottenere copia
della documentazione afferente le modalità di
ripartizione delle disponibilità esistenti tra le
categorie di riservisti contemplate dalla legge.
3.1 L'istanza di parte ricorrente non concerne tra
l'altro atti segreti o la cui conoscenza sia
suscettibile di arrecare pregiudizio a terzi; al
contrario, la conoscenza degli atti de quibus è
dichiaratamente funzionale alla tutela di
interessi giuridicamente rilevanti di cui la parte
ricorrente è indiscutibilmente titolare, per cui
trova applicazione il principio di cui all'art. 24,
comma 7, della Legge n.241/1990, secondo cui
"deve comunque essere garantito ai richiedenti
l'accesso ai documenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici".
A tal riguardo, va precisato che la disposizione
da ultimo citata non prevede un momento
preciso in cui il diritto di accesso deve essere
esercitato, essendo sufficiente per il giudice
accertare
che
la
conoscenza
della
documentazione amministrativa richiesta è
potenzialmente utilizzabile a fini di difesa,
giudiziale o stragiudiziale, di interessi
giuridicamente rilevanti. Né tantomeno rileva il
fatto che l'interessato non dia poi corso
172
Reggio Emilia 3 dicembre 2010
Provvedimenti in materia di accesso agli atti nella L. 241/1990
all'azione giudiziale; si deve ritenere, infatti, che
l'anticipazione del momento della conoscenza
degli atti è funzionale anche ad una riduzione
del contenzioso, in quanto, a seguito della
visione dei documenti, l'odierna parte ricorrente
potrebbe
convincersi
della
correttezza
dell'operato della P.A. e rinunciare all'azione
giurisdizionale, laddove un differimento nel
tempo dell'accesso può indurre l'interessato a
proporre l'azione giurisdizionale, anche "al
buio", per timore di incorrere nella decadenza.
4. Sulla base di tali premesse va dichiarata
l'illegittimità della nota con cui è stata
riscontrata in modo parziale la richiesta da parte
ricorrente; in riconoscimento del diritto di parte
ricorrente
all'accesso
della
richiesta
documentazione, va, nel contempo, dichiarato ai sensi dell'ultimo comma del precitato art. 25 l'obbligo dell'intimata Amministrazione di
esibire la documentazione medesima nel
termine di giorni quindici decorrente dalla
comunicazione o, se a questa anteriore, dalla
notificazione della presente decisione.
Così deciso in Napoli, nella Camera di
Consiglio del 5 giugno 2008.
4935convegno3dicembre2010
Era: 3691convegno26genn2007definitivo
Le spese seguono la soccombenza e sono
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO
REGIONALE PER LA CAMPANIA - Sede di
Napoli - V^ Sezione - accoglie il ricorso come
in epigrafe proposto e, per l'effetto, dichiara
l'illegittimità della nota impugnata adottata a
seguito dell'istanza avanzata da parte ricorrente,
nonché l'obbligo dell'intimata Amministrazione
di esibire la documentazione come richiesta nel
termine di giorni quindici decorrente dalla
comunicazione o, se a questa anteriore, dalla
notificazione della presente decisione.
Condanna l'Amministrazione soccombente al
pagamento delle spese processuali, liquidate in
Euro 500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del
Tribunale
che
provvederà
a
darne
comunicazione alle parti.
173
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