Aprile pdf - Praticantati Online
Transcript
Aprile pdf - Praticantati Online
Numero 5 anno 12 - febb./marzo 2010 - periodico degli studenti del Liceo Classico G. Prati di Trento E D Salvete! I Prataioli e prataiole, è arrivato il momento di un nuovo editoriale. T Potremmo dirvi che questo numero vede O un incremento di creatività fra le nostre R pagine: ritorna infatti la narrativa con racconti inediti, mentre nuovi poeti I due ci propongono le loro opere. Spazieremo A poi dalla politica alle curiosità più bizL zarre, dal cinema ai viaggi. Ritorna la E rubrica della Posta del Cuore con nuove lettere e risposte, mentre i nostri rappresentanti ci aggiornano sulle ultime novità del Liceo. Tra la cronaca prataiola vi ricordiamo ancora un articolo sul fumo tra gli studenti e sulle tendenze della moda primaverile. Vi parleremo anche della settimana della Legalità, dei cerchi di silenzio, del canto delle balene, di Alice in Wonderland, di mostri mitologici e di italiani divenuti famosi oltre l’oceano. Non meno importante, diamo ampio spazio al dialogo, pubblicando alcune lettere di critica che abbiamo ricevuto, complete di risposta. stra, o almeno ci fa pensare, con nostro sommo gaudio, che il nostro giornalino è sempre più apprezzato ed i lettori in continua crescita: siamo certamente più contenti di riuscire a dare sempre un maggiore contributo alle famiglie e popolazioni che sosteniamo con la donazione mensile, ma ancora di più per il fatto che siete voi a far accadere ciò, collaborando con noi, leggendoci e divertendoci assieme. Inoltre qualche settimana fa, poiché ci è pervenuto il foglio di iscrizione al progetto promosso dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti: “Fare il giornale nelle scuole”, abbiamo preso la palla al balzo ed deciso di affrontare questa sfida. Ci auguriamo, pur essendone un po’ sfacciatamente convinti, di fare una bella figura e che con il vostro aiuto realizzeremo altri fantastici numeri da poter coinvolgere in questa competizione. È proprio questo l’argomento che vorremmo sottolineare in questo editoriale: il dialogo. Abbiamo già ribadito in più di un’occasione quanto riteniamo importante poter avere un riscontro con i nostri lettori. Per questo non vi invitiamo solo a leggerlo, il giornalino, ma anche a parlarne con gli altri lettori, discuterne in classe e, perché no, partecipare attivamente prendendo parte alle riunioni di redazione, o scrivendoci una lettera. Siamo apertissimi ad ogni dialogo. Crediamo veramente che il giornalino possa essere il portale del dialogo degli studenti del Prati. Come dice la copertina di questo numero, ita, nos possum! Ma indubbiamente negli ultimi tempi la mente vaga, per alcuni libera tra verdi prati di montagna, per altri assonnata su un’amaca in una soleggiata spiaggia tropicale. E come darvi torto? Anche per Praticantati si avvicinano le vacanze: questo è infatti il penultimo numero! Ci piacerebbe che il prossimo, che andrà a concludere questo importantissimo anno per la storia del nostro mensile, sia un numero eccezionale, il migliore di tutti quelli in precedenza: l’edizione dell’anno! Per questo vi invitiamo ancora più calorosamente ed a gran voce, a scrivere, raccontare, fotografare, inventare, disegnare e sognare con noi. Buon ultimo mese Questo mese il ricavato delle offerte di Prati- e… take it easy (…ma non troppo…)! cantati, destinato come al solito a Save the Children, ammonta ad 80 euro, fatto che dimoI caporedattori Martina Folena & Silvio Defant 2 PRATICANTATI Aprile 2010 In questo numero PRATICANTATI è il giornalino del Liceo Prati n° 6 anno 12 aprile 2010 INTERVISTA 4 Da Prataiolo a…. Giornalista 8 Ex Prataioli - futuri dottori FILM E TELEFILM 28 21 29 Alice in Wonderland di Tim Burton SPORT 30 Aspettando i mondiali MODA 26 Prataioli di Primavera ATTUALITA’ PRATAIOLA 7 Consulta i praticanti 11 Obrigada, Lisboa 12 Prataioli e Prataiole in prati irlandesi ATTORNO A NOI 14 Legalità e memoria in quel di Trento 16 The sound of silence - cerchi di silenzio in piazza Dante 17 “Hai da accendere?” 18 Castel Thun STORIA 19 Leviathan, Behemoth: i mostri di Dio AMBIENTE 21 Cetacea INFO & FUN 31 Tachicardia amorosa POESIA 33 Dolce respiro Zwielicht Ciò che vorrei urlare RACCONTI 34 Rien ne va plus 35 Von der Kantstrasse zum eastcross LETTERE 36 La controparte LA POSTILLA 40 La messaggeria di Praticantati NEL MONDO 22 Italiani del mondo VIAGGI 23 Rovine nello Yucatan Autorizzazione del Tribunale di Trento n° 1390 del 1 luglio 2009 LIBRI E DINTORNI 27 Il ladro di anime di Sebastian Fitzek Volete informazioni? Ci volete scrivere? Fate così: contattate la redazione utilizzando la e-mail [email protected] usate il box della messaggeria nell’atrio in sede e nella sala dei distributori automatici in succursale contattateci direttamente (possibilmente non durante le lezioni… qualcuno avrebbe da ridire.) su http://praticantationline.wordpress.com, potrete interagire con Praticantati anche sul web, facilmente, velocemente ed immediatamente. Un modo ancora più diretto per esprimere i nostri pensieri e per essere più vicini gli uni agli altri. Redazione Direttore responsabile: Antonio Di Seclì Caporedattori: Martina Folena & Silvio Defant Redattori: Michela Stenico Lia Facchinelli Agnese Di Giorgio Stefano Cristelli Francesca Laura Nava Gaia Faustini Nadia Pocher Georgiana Leveghi Enrico Dal Fovo Arianna Arrighetti n° 6 anno XII Mattia Graiff Dario Amadori Angelo Naso Riccardo Schöfberger Francesca Pedron Davide Leveghi Fabrizio Lettieri Disegno a pagina 26 realizzato da: Martina Sevegnani PRATICANTATI 3 I N T E R V I S T A DA PRATAIOLO A … GIORNALISTA Intervista a GIANNI FAUSTINI di Silvio Defant In questo numero di Praticantati, per la rubrica “Da Prataiolo a …” abbiamo intervistato un importante personaggio della storia, passata e presente, dell’informazione e del giornalismo della nostra regione: il giornalista e scrittore Gianni Faustini, che ci ha accolto nella sua casa a Villazzano. Ci descrive il suo percorso di studio e le occupazioni svolte dopo la scuola? Mi sono diplomato - ho controllato sull’annuario del liceo - nel 1952, poi ho frequentato e mi sono laureato in Lettere Moderne, con una tesi di storia sulla vita culturale a Trento nel decennio antecedente alla Prima Guerra Mondiale. Ho vinto due borse di studio: una all’istituto di studi storici Benedetto Croce di Napoli, appunto una specializzazione in storia; e un’altra all’istituto Luigi Sturzo, che allora era un istituto di studi sociologici, quindi storia e sociologia. Dopo ho iniziato subito a lavorare. Ho incominciato all’ufficio stampa della presidenza del consiglio, che è stata poi la mia vera pratica, poi al giornale “L’Adige”, dapprima a Trento in via Bolzano, poi, sempre a Trento, sono passato alla Rai, dove ho lavorato dal ‘65 al ‘76, dal ’76 all’ ’80 ho diretto il quotidiano di Bolzano, che aveva due edizioni allora, si chiamava “Alto Adige” in entrambe le provincie, e poi dal 1981 al 1984 ho diretto l’“Adige”. Successivamente ho fatto l’addetto stampa di vari enti, quasi tutti pubblici. Contemporaneamente sono stato per sei anni segretario nazionale dell’ordine dei giornalisti e per quattro presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti. Qual è la sua situazione familiare ? Ho tre figli, otto nipoti, uno fa l’ingegnere, l’altra lavora all’ufficio biblioteca dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Autonoma di Trento e il terzo segue le orme del padre: fa il giornalista, è il direttore del “Trentino”. Presso quale Ente lavora, attualmente? Adesso sono felicemente in pensione, collaboro a qualche rivista, collaboro con una televisione privata dove ho dei commenti, una rubrica dedicata ai libri ed una dedicata alle mostre d’arte. Poi scrivo libri. Sappiamo che lei ha frequentato il nostro liceo: ci può dire in che periodo preciso? Mi sono diplomato nel ’53, quindi nei cinque anni precedenti. Allora il preside era inizialmente Lacner, poi dopo Piovan e dei professori ricordo il professore Manlio Goio, di latino ed italiano al liceo e di matematica il professor Coraiola. 4 PRATICANTATI Si ricorda qualcosa in particolare dell'esperienza? Ricordo che quando ero in terza, e r a v a m o nell’unica classe del liceo composta soltanto da maschi, mentre tutte le altre erano miste; quindi era ritenuta una classe effervescente, molto vivace, indisciplinata, e so che anch’io ho preso 7 in condotta sebbene solo il primo trimestre. Mi ricordo che mio padre quasi svenne. Come mai a suo tempo ha scelto il liceo classico? E rifarebbe questa scelta? Si, sicuramente. Il perché: non c’era un perché specifico. Allora era abbastanza naturale per i figli di una certa borghesia scegliere il liceo Prati, era una tradizione. Insomma non c’era una ragione specifica. Poi, dopo, non essendo portato molto per la matematica, scartavo il liceo Scientifico a priori. Quanto crede che le siano stati utili gli anni al Prati e in generale gli studi classici? Per l’italiano sicuramente molto, poi allora il mondo studentesco era numericamente più ridotto rispetto ad oggi. Io per esempio ho avuto la fortuna, e avventura, di essere presidente di un’associazione studentesca che si chiamava “Juventus” che raggruppava studenti di tutte le scuole superiori di Trento, ma perché gli alunni erano pochi, adesso sarebbe impossibile avere un’unica associazione, è invece più pensabile avere associazioni d’istituto. Però questa associazione, raggruppando ragazzi di diversa estrazione, mi è stata molto utile dal punto di vista della socializzazione. Poi dopo si studia per tutta la vita, ed in particolare si studia all’università ed ai corsi legati alle borse di studio. Poi dopo quando ho smesso la professione attiva ho insegnato in parecchie scuole di Aprile 2010 giornalismo: ho insegnato anche a Sociologia a Trento e devo dire che l’obbligo di insegnare mi costringeva ad un’eccellente preparazione: mi sembrava di esser tornato io sui banchi di scuola, prima di andare a parlare agli studenti. Tanto è vero che quando ho smesso è stata una liberazione, perché i ragazzi di oggi, non tutti, per esempio quelli che si iscrivono a corsi di giornalismo, sono molto motivati e quindi richiedono anche molto. C'è un motivo preciso per il quale ha scelto di intraprendere gli studi letterari e la carriera che l’ha portata a diventare un giornalista? La scelta era o insegnare o fare giornalismo: mi piaceva di più quest’ultimo, anche perché avevo iniziato a collaborare, seppure con piccole cose, già quand’ero al liceo. Facevo degli articoletti brevi sul cineforum che venivano pubblicati dall’“Adige”. Il fatto di scrivere, portare pezzo, mi aveva già introdotto nell’ambiente giornalistico. Devo dire poi che negli anni dell’università ho fatto politica universitaria. Allora era diverso, c’erano degli organi rappresentativi diversi per ogni università e poi c’era una specie di confinamento nazionale ed io avevo fatto parte di quel coordinamento nazionale e quindi si era già in un rapporto abbastanza stretto con il mondo dei giornali. Mi è venuta e ho avuto la fortuna di trovare subito lavoro all’ufficio stampa della presidenza del consiglio. Ero la persona giusta poiché venivo da qua, ero addetto alla questione altoatesina che stava già iniziando a preoccupare il governo italiano, quindi avevano bisogno di uno che conoscesse la realtà, cosa che io sapevo; ero invece digiuno assoluto del mondo giornalistico, quindi sotto questo aspetto ero la persona sbagliata, ed ho fatto molta fatica. Però l’ufficio stampa mi ha fatto scuola. Ci parli brevemente del suo percorso formativo all’Università. All’università mi sono appunto laureato in Lettere Moderne, Storia Contemporanea con una tesi locale e insomma già ero indirizzato bene verso questo canale. Poi dopo quasi tutti i miei studi successivi sono di storia e così anche i saggi che ho pubblicato, storia locale tra l’altro. Riguardo all'esperienza di tirocinio cosa ricorda? Quali furono i suoi trampolini di lancio? Ai miei tempi non esisteva l’ordine dei giornalisti, quindi il tirocinio si faceva sul lavoro. Io ho imparato molto a Roma, perché è stata un’esperienza molto formativa, poi n° 6 anno XII anche all’“Adige” devo dire. L’ordine dei giornalisti è stato istituito dopo, nel ’63 e dopo che sono stati istituiti gli esami di stato e quindi la situazione era in movimento, ho assistito a questi problemi quando ero presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti perché per la prima volta in Italia si incominciò a parlare di scuole di giornalismo. In precedenza non c’erano in Italia, mentre negli Stati Uniti d’America ci sono dai primi anni del ‘900 e nei paesi europei da dopo la seconda guerra mondiale. Poi siamo arrivati noi solo negli ultimi decenni del secolo scorso, in pratica dal 1990, ed anche oggi la situazione non è proprio chiarissima; peraltro sono sempre stato convinto che non basta la pratica sul campo, seppur utilissima, ma un po’ di conoscenza serve sempre. Per esempio io, laureato in lettere, ignoravo quasi del tutto la parte giuridica, che è importante e ci deve essere per un giornalista: non solo la costituzione, ma proprio il diritto amministrativo. Insomma, capire come funziona un comune, una provincia… Quali e come sono le opportunità nel campo del giornalismo oggi? Oggi esiste il reclutamento con assunzione, anche se sempre più difficile, attraverso le varie agenzie giornalistiche, cioè i giornali, i settimanali, la radio, le televisioni private, e così via. Lì di fatto si inizia collaborando con poche cose, pubblicando articoletti. Se uno incomincia e viene conosciuto da chi sta in redazione, e se è bravo, cresce ed è probabile che venga assunto. L’altra strada è viceversa, frequentare scuole di giornalismo. Al termine di esse si va direttamente all’esame di giornalismo e se uno lo supera diventa professionista. Non è che con questo trova il posto sicuro, ma insomma una persona che viene da una buona scuola ha più possibilità. Quindi due strade: una sul mercato dove non è richiesto il titolo di studio. Basta infatti avere la scuola media inferiore - in teoria, perché di fatto sono quasi tutti, se non laureati, quantomeno iscritti all’università - poi la seconda è quella delle scuole di giornalismo. Ci descriva la sua giornata tipo. Io leggo molto, quattro - cinque giornali al giorno, ovviamente non per intero, ma già sfogliandoli vola via molto tempo: un’abitudine che mi è rimasta dai tempi in cui lavoravo. Poi leggo molti libri che riguardano il mio lavoro, quindi libri di storia, ma anche alcuni come romanzi o gialli. E poi dopo scrivo. Guardo poco la televisioPRATICANTATI 5 ne. Guardo solo i telegiornali regionali, quelli sempre, anche lì per deformazione professionale, e poi sempre meno i telegiornali nazionali; una volta guardavo lo sport, ma adesso ho perso l’interesse. Quali sono le soddisfazioni personali che ha un professionista che fa il suo mestiere? Di soddisfazioni personali ce ne sono di vario tipo. Anzitutto alla Rai sono stato il primo assunto a Trento: prima aveva solo un ufficio di corrispondenza, la sede di via Perini l’ho inaugurata io, sostanzialmente come unico giornalista. E’ stato bello avviare un lavoro nuovo; poi la soddisfazione c’è quando uno è direttore del giornale e vede che le copie vendute aumentano ed i lettori aumentano. E poi c’è il rapporto con i giovani giornalisti ed anche il rapporto con la vita. Il mestiere del giornalista ha parecchi limiti perché è sempre di corsa, spesso non si riesce ad approfondire e si è superficiali, non per scelta o volontà, ma proprio perché si è costretti a correre; però è nuovo ogni giorno, non ci si annoia mai, ed anche se poi uno si specializza non è un lavoro solo di rutine, come lo può essere qualsiasi altro lavoro, perché ogni giorno c’è qualcosa di nuovo e si è costretti a confrontarsi con persone nuove. Per esempio ho conosciuto molti paesi nel Trentino e anche persone eccezionali. E scoprirle, come scoprire una bella attività culturale, è certamente una soddisfazione. Sono state esaudite le aspettative che aveva quando era studente? Si, direi serenamente si. Naturalmente quando si è giovani si pensa sempre ad un mondo migliore, anche se poi si scopre che non è vero, che il mondo rimane sostanzialmente quello, anche se molte cose sono cambiate: quando ero ragazzo, per esempio, non c’erano le Nazioni Unite: forse è facile da criticare, però il fatto che oggi siano amate e ci siano dappertutto, è un dato molto positivo. Non c’era l’Europa e comunque si stava uscendo dalla guerra: anche oggi si stenta, vedi con la crisi greca, a parlare con una sola voce, però intanto l’Europa ora c’è, una volta non c’era. Insomma, tante cose sono ben migliorate: pensate oggi, la televisione, internet, … noi non avevamo nulla. Due aneddoti professionali, uno positivo ed uno negativo. Uno negativo quando, per amore dello scoop, della notizia, avevamo pubblicato vita, morte e miracoli di un giovane che si drogava; il giorno dopo è venuta la madre in redazione a lamentarsi, giustamente, perché si poteva narrare la storia senza personalizzarla, scendere in particolari personali: questo ragazzo, già era sfortunato e si drogava, con nome e cognome sul giornale era un’altra bastonata. Me la ricordo sempre. 6 PRATICANTATI Poi queste cose purtroppo, forse non capitano tutti i giorni, però capitano abbastanza. Esperienze positive sono quando si possono raccontare belle notizie, come quando si chiuse la vicenda dell’Alto Adige, le cronache delle ultime sedute della Volkspartei… erano entusiasmanti. Poi nei giornali, ed in particolare in radio e televisione, uno scrive, ma non pensa come venga recepito dall’altra parte, perché noi sui giornali usiamo un codice linguistico che è comune, però, per esempio, quando un giornalista scrive: “Brillante operazione dei Carabinieri che hanno arrestato tre spacciatori di droga”, per chi la scrive è una notizia positiva, per chi la riceve invece, specialmente avendo ragazzi giovani in casa, è una notizia negativa, pensando: “Ma guarda, ci sono ancora” oppure “Che disastro”,… La ricezione della notizia è diversa da come è orientata. Un altro esempio è il fatto che, come a Bolzano, anche a Trento si è diffuso l’“uso” del primo aprile sui giornali, andando quindi a pubblicare bufale proprio in questo giorno. A Bolzano avevamo scritto che la Volkspartei aveva introdotto la proporzionale anche sugli incassi del Totocalcio: sembrava una notizia totalmente assurda, ed invece c’è stata gente che ci ha creduto e la reazione è stata diversissima da come noi l’avevamo pensata. Un’altra volta avevo, per così dire, “rubato” l’elenco degli alloggi sfitti che aveva il comune di Bolzano e lo pubblicammo convinti di aver fatto un grosso scoop; invece la gente iniziò a telefonare al giornale per sapere come ottenerli in affitto: non avevano inteso che fosse una denuncia di carattere sociale contro chi non affittava. Un consiglio agli studenti che vorrebbero intraprendere la carriera di giornalista. Armarsi di molta pazienza e molta umiltà, perché credo che per il lavoro del giornalista, pur essendo molto cambiato con l’uso dei moderni strumenti tecnologici, resti valido il vecchio detto che il giornalista è fatto di testa ma anche di scarpe, cioè bisogna andare a cercare la notizia; e questo richiede molta pazienza, molta umiltà ed a volte anche essere un po’ cialtroni, perché capita di andare anche sui luoghi dei disastri: come il medico, anche il giornalista deve arrivare lì con faccia tosta. Adesso i giornalisti professionisti stanno in redazione, lavorano molto con il telefono e con internet, le notizie vengono spesso raccolte da collaboratori esterni, specie quelle non della grande cronaca nera. Quindi pazienza, umiltà e sapere che si è al servizio degli altri, non si scrive per se stessi. E poi si impara sempre dopo qualche errore, ma sempre rispettando le persone che si hanno di fronte. Anche il peggior delinquente è pur sempre una persona. Aprile 2010 Attualità prataiola CONSULTA I PRATICANTI di Francesca Pedron e Fabrizio Lettieri Salve a tutti!!! All’ultima riunione della consulta provinciale, tenutasi il 9 marzo a Palazzo Istruzione a Trento, hanno partecipato anche tutti i rappresentanti d’istituto. L’assessore Dalmaso e il presidente Dellai hanno infatti accettato di incontrare gli studenti per discutere sulla riforma Dalmaso. Noi tutti abbiamo avuto la possibilità di intervenire, chiedendo eventuali chiarimenti e informazioni. I quesiti proposti hanno interessato principalmente gli istituti professionali che, come già saprete, con la nuova riforma, andranno a confluire all’interno di quelli tecnici. I rappresentanti di questi istituti hanno infatti manifestato un certo timore nei confronti della riforma poiché vedono le ore di laboratorio e gli stage estivi diminuire radicalmente nel nuovo corso di studi. L’assessore e il presidente hanno però cercato di rassicurarli dicendo loro che la provincia ha sempre creduto e investito molto anche sugli istituti tecnici. Ho poi personalmente chiesto quale sia il senso di imporre il tedesco nel biennio per poi toglierlo al liceo. L’importanza di questa lingua è innegabile, ma non è comprensibile come si possa incentivarla per due anni e poi abbandonarla nei tre successivi. L’assessore ha risposto dicendo che, poiché all’esame di maturità non viene richiesta la seconda lingua, hanno deciso di dare spazio ad altre materie. Hanno però poi specificato che comunque la provincia investe molto anche sullo studio delle lingue straniere dando a disposizione allo studente corsi estivi in vari paesi europei a poco p r e z z o . All’insinuazione di una ragazza che il vero scopo della n° 6 anno XII riforma è quello di tagliare sul personale docenti perché soldi non ce ne sono, il presidente ha risposto in maniera molto chiara che di soldi la provincia ne ha e ne ha sempre investiti nella scuola e che alla fine con questa riforma i costi aumenteranno. Poco è stato dedicato invece al monte ore (50 o 60 minuti) poiché chiara è la posizione degli studenti per i 50 minuti. È stato inoltre puntualizzato dall’assessore che il loro intento era quello di formalizzare una situazione già in atto. Tutte le scuole facevano ormai 50 minuti sostenendo che i 60 effettivi erano inapplicabili per una questione di trasporti. I 10 minuti però non erano recuperati e tutti i corsi che i professori facevano fuori dall’orario scolastico venivano pagati extra. Con questa riforma, se si adotteranno i 50 minuti, i corsi di recupero, quelli di potenziamento e tutti i vari progetti serviranno ai professori per recuperare quei dieci minuti e quindi non saranno retribuiti. Ok, ho finito anche per questa volta! Mancano ormai 2 mesi alla fine della scuola e immagino che tutti voi, come me, sarete presissimi dalle ultime verifiche quindi in bocca al lupo! I vostri rappresentanti. PRATICANTATI 7 I N T E R V I S T A ExprataioliExprataioli-futuridottori futuridottori di Francesca Pedron Tommaso Filippo Nicoletti e Davide Giampiccolo sono due ex studenti del Prati che frequentano la facoltà di medicina, l’uno in Germania, a Berlino e l’altro in Italia, a Verona. Lo scopo di questa intervista è illustrare le differenze tra le due Università e raccontare le esperienze e le impressioni di questo primo anno universitario. 1. Nome e cognome 2. In che anno ti sei di- 2009 plomato al Prati? Tommaso Nicoletti Davide Giampiccolo 2009 (forse qualcuno si ricorda ancora di avermi visto per i corridoi) 3. Cosa non dimenticherai mai Le lezioni di italiano dell’ultimo Inizialmente pensavo l'alchimia anno. che c'era con i compagni, o qualdi questo Liceo? che conoscenza particolarmente intima, o i favolosi pettorali di Mancinelli, attualmente penso la mia prof di Italiano e, soprattutto, la filosofia. (Senza dimenticare una lacrimuccia per la danza della scuola, la prof .Frisanco e il vostro rappresentante, dantescamente biondo e bello e di gentile aspetto) 4. Quali sono stati i motivi che ti Durante la III liceo ogni sabato La possibilità di capire come funhanno spinto a scegliere la facol- pomeriggio facevo volontariato in zioni realmente il nostro corpo, e casa di riposo. non in minima rilevanza, di capire tà di medicina? perchè invecchiamo. 5. Perché hai optato per la Ger- Ho frequentato la II liceo in Ger- Benchè le università italiane siano ampiamente deprecate in ambito mania piuttosto che l’Italia o mania e ho pensato di ripartire. nazionale, i medici italiani sono viceversa? piuttosto ricercati; inoltre sono molto vicino all'opinione del mio prof di istologia, che pensa che andare in reparto prima possibile sia il modo migliore di imparare, a patto che ci siamo le nozioni basilari per farlo. 6. Entrambi siete andati via di Più che l’indipendenza, mette in La scelta di Tommaso è sicuramente più radicale della mia, tutcasa; avete avuto difficoltà ad difficoltà l’essere straniero. tavia credo che lasciare casa sia abituarvi ad una vita forse più un'ottima esperienza, non solo per indipendente? testare i propri limiti, ma anche per apprezzare quello che si ha. Quanto al resto, le altre città sono di parecchie potenze più interessanti a livello notturno della nostra placida Trento. 8 PRATICANTATI Aprile 2010 7. Che tipo di test hai dovuto Il sistema di selezione è complicato Il mefistofelico test a crocette prea ff ron ta re p er acced ere ed è gestito da un’agenzia nazionale parato dal tenebroso CINECA (Zentralstelle fuer die Vergabe von all’Università prescelta? Studienplaetzen). In base al proprio punteggio o alla facoltà scelta bisogna sostenere un colloquio o un test: indispensabili sono l’esito del diploma di maturità, una certificazione di lingua e il curriculum vitae con le pagelle degli ultimi due anni (se siete interessati scrivetemi). 8. Quanto lo studio ti ha occupa- Abbastanza to durante l’estate per riuscire ad entrare? Tornato da Barcellona dal viaggio di maturità, ho studiato da fine luglio in poi 9. Si è rivelata sufficiente la pre- È sicuramente stato necessario Non aiuta il fatto che l'ultimo anparazione che ti ha dato questo aver frequentato un anno no si studi scienze della terra; io all’estero. ho ripreparato tutto ex novo. D'alliceo per il test d’ingresso? tronde, il liceo classico mira specificatamente allo sbocco medico, anche se il suo metodo di studio è formidabile (in particolare per il corso A). 10. E durante questo primo an- Sì, anche se è solo il punto di par- Direi che il metodo è risultato efficace, anche se bisogna dire che no si è rivelato efficace il metodo tenza. in giro c'è gente che si dà da fare, di studio appreso nei cinque ano è particolarmente brillante, o ni di Prati? entrambi: entrare non è facile, insomma. L'università è parecchio competitiva, ma proprio per questo i compagni sanno essere oltremodo interessanti. 11. Spiega le caratteristiche È un policlinico universitario, tra i più Si fonda principalmente sull'apprograndi in Europa, fornito di ottimi fondita conoscenza teorica della madell’Università che frequenti . laboratori. L’approccio alla materia è diretto, dopo le lezioni del mattino vi sono seminari nei quali si studia l’anatomia sui cadaveri e dove vengono eseguiti esperimenti di chimica, fisica etc. Tra la fine di un semestre e l’inizio dell’altro è obbligatorio fare 90 giorni di tirocinio (durante il primo anno) come “aiuto infermiere” in alcuni reparti a scelta, ho finito da poco 30 giorni in chirurgia generale. 12. Se potessi scegliere, quale Sono indispensabili entrambi. tra i due metodi (pratico e teorico) adotteresti? n° 6 anno XII teria, che è ritenuta fondamentale per qualsiasi aspetto, e soprattutto uso, di matrice pratica. I prof ci dicono spesso che per un medico non conoscere la malattia è come essere ciechi, e un minino di studio di base credo avrebbe evitato un bel po' di danni, come prescrivere le staminali come se fossero confetti... Teorico, ma devo dire che la mia è un'inflessione non solo medica, ma culturale, che poi non è altro che il modus operandi di questo liceo. PRATICANTATI 9 13. L’ambiente universitario è È stimolante sapere che non esiste Più stimolante, e sembra incredibile, ma è quasi tutta un'altra vipiù o meno stimolante di quello il “fuoricorso”! ta. liceale? 14. Pensi di fare l’erasmus? A Verona! Scherzo… sì, mi piace- Farlo, per uno studente di medicina, è praticamente un suicidio, perchè 6 rebbe. anni sono tanti e il rischio di perdere l'anno è più che reale (ebbene sì, i prof sono un po' stronzi e non fanno passare gli esami esteri, spesso); tuttavia penso lo farò e andrò in Germania (il tedesco mi affascina terribilmente). 15. Dove l’università tedesca e Non conosco quella italiana e Purtroppo non conosco l'università quella italiana dovrebbero mi- quella tedesca ho appena comin- tedesca, però penso che in quella italiana bisognerebbe selezionare ciato a conoscerla. gliorare? meglio gli studenti (non tutti possono fare l'università) e soprattutto la nostra università dovrebbe rapportarsi con le altre università europee, non solo per capire in cosa è inferiore, ma anche per riconoscere i propri punti di forza. 16. Che speranze hai per il futu- Quando e come pensi di poter entrare L'optimum sarebbe diventare nel mondo del lavoro? Dopo la laurea Neurochirurgo, alla sempreverde ro? spero di potermi mettere subito a la- età di 31 anni) vorare, ma non so ancora quale scuola di specializzazione frequentare. 17. Dopo la laurea speri di poter Chissà! Ich lass mich ueberra- Spero di poter andare velocemente all'estero, perchè sennò, andare a lavorare all’estero op- schen! ora che mi fanno operare in Itapure di rimanere in Italia? lia, arrivo a 50 anni e mi tremano le mani. 18. Che idea ti sei fatto sulle pos- Non so più qual è il mio Stato! sibilità che il tuo Stato dà ai giovani che intendono intraprendere questa professione? Ai giovani dà possibilità sufficienti, è ai laureati che ne dà poche... 19. Se potessi tornare indietro Penso che rifarei questa scelta ma Sì, decisamente non so se tornerei indietro, sono stati rifaresti questa scelta? mesi molto impegnativi perché mi sono confrontato con realtà difficili. Credo che le persone che intendono intraprendere questo percorso, debbano considerare che le preoccupazioni relative allo studio delle materie propedeutiche hanno poco senso di fronte alla relazione con la sofferenza umana. 20. Un saluto. 10 PRATICANTATI Ciao Prataioli, studiate la lettera- Tanti saluti, due particolari ai tura. prof Pedrotti e Brocchieri, un [email protected] abbraccio a Federico Mosna Aprile 2010 Attualità prataiola Obrigada, Lisboa! di Michela Stenico Si dice che camminare per le vie di Lisbona sia una forma di edonismo: un’atmosfera primaverile, una gradevole temperatura, un miscuglio di colori, gli azuleyos – ovvero le tipiche piastrelle dipinte d’azzurro che ornano la maggior parte degli edifici duta panoramica della città. Il monumento più prezioso della capitale portoghese è il Convento dos Jeròminos de Belém, fatto costruire dal re Manuele I; il chiostro è molto suggestivo e unico nel suo genere. La giornata era luminosa, ma le ombre e l’oscurità della chiesa avevano incupito il nostro umore. In una mattinata uggiosa siamo entrati al “sacrario” del più noto poeta portoghese Fernando Pessoa, colui che qualificò quel movimento letterario noto sotto il nome di modernismo. Molta della sua produLisbona è situata in una bellissima posizione, sui zione rimase dispersa in giornali e riviste e, per quecolli ad anfiteatro che discendono a terrazzi sulla sto, in gran parte ignorata. Vediamo in lui un artista destra dell’estuario del fiume Tago; proprio sul Tago ricco di motivi lirici e attento ai mezzi espressivi. si apre la grande Plaça do Comercio con la statua a José I e i sontuosi palazzi della borsa, della dogana… E’ questa la zona della Baixa, cioè la parte bassa della città, cuore del commercio. La strada principale è la Rua Augusta con i suoi edifici, in stile neoclassico, che risalgono al periodo ‘700-‘800. Dopo una breve ‘shakerata’ sul tram 28, dopo una faticosa salita per espiare i nostri peccati di studenti negligenti, siamo arrivati al Castello di São Jorge, dalle cui mura si può godere di una vedella città – la spiaggia di Cascais, i bei negozi del centro storico, il buonissimo Porto, le Pasteis de Belém…le follie, lo shopping con la nostra amata segretaria Marisa, tanto divertimento e avvenimenti che sembrano una sorta di “storia alla Hitchcock”. n° 6 anno XII PRATICANTATI 11 Se a tarda sera si gira per il quartiere del Bairro Alto scais e dalla baia regale. si rimane travolti da un’atmosfera a dir poco frizLa memoria culinaria è legata al triste ricordo di miseri e squallidi pasti fatti di brodaglie dal color pastello che, nell’intenzione dell’artista, fungevano da primi piatti o da dessert. Per fortuna il ricordo così malinconico è riscattato da quello degli ottimi pasticcini di Belém che ci fanno ancora venire l’acquolina in bocca! zante; siamo nella zona dei locali notturni e delle birrerie, incuneati in quei vicoli stretti e contorti vivacizzati dall’allegria dei giovani che rigurgitano dai locali. Non è mancato un tuffo nella lontana estate, nostalgicamente evocata dalla splendida spiaggia di Ca- Attualità prataiola P.S. per i più esperti in cucina, ecco a voi l’immancabile ricetta delle Pasteis de Belém! Far scaldare 50 ml di acqua con 150 g di zucchero finché questo non si addensa e fa il filo. A parte diluire un cucchiaio di farina bianca in 250 ml di latte freddo, poi unire quattro tuorli e un albume, precedentemente ben sbattuti; aggiungere lo zucchero diluito nell’acqua e porre la casseruola a bagnomaria facendo cuocere per 10-12 minuti senza mai smettere di mescolare. Con questo composto riempire delle formine già foderate con 250 g di pastasfoglia e fare cuocere in forno caldo (250°) per circa 25 minuti. Prataioli e prataiole in prati irlandesi... Lia Facchinelli Mesi or sono, le classi VA e VC intrapresero un lungo viaggio in una terra lontana e sconosciuta, chiamata Irlanda (aulico, davvero). La missione di noi intrepidi classicisti era migliorare la nostra conoscenza della lingua inglese, missione che può dirsi, peraltro, (quasi) riuscita. Di due settimane a Dublino, una era di integrazione scolastica in un istituto irlandese, l’altra era dedicata all’apprendimento più sistematico della lingua, in un centro linguistico che portava il nome altisonante di “International House”. Il soggiorno si è svolto dal 29 gennaio al 12 febbraio e, indubbiamente, abbiamo imparato più di quanto ci aspettassimo, anche cose che esulano dal concetto di “soggiorno linguistico”. Tanto per cominciare, Dublino è una grande città, almeno per noi poveri trentini, e prendere la DART, la metropolitana di superficie, ogni mattina, per poi tuffarsi nell’affollamento cittadino, non era simpatico, 12 PRATICANTATI anche se i professori ci avevano avvertito che sarebbe stato complicato. Tuttavia, modestia a parte, confesso che abbiamo imparato in fretta ad arrangiarci: i primi giorni rischiavamo di perderci (i prof. non sono esenti dal giudizio); gli ultimi facevamo a gara a chi arrivava prima all’International House, scendendo divisi, a due Aprile 2010 fermate diverse. Si accettavano scommesse. Naturalmente eravamo tutti dotati di cartina della città, quando ci si muoveva lo si faceva in gruppo, e dopo ogni momento di libertà bisognava arrivare puntuali al “meeting point” designato, dove venivamo rigorosamente contati. Questo per far capire che per perdersi o restare indietro bisognava davvero impegnarsi. A qualcuno sembrerà un regime militare ma, quando ci si trova in un luogo sconosciuto, avere un punto di riferimento sicuro è una bella sensazione! Al nostro ritorno molti ci chiedevano come fosse l’organizzazione scolastica in stile anglosassone. È diversa dalla nostra, in effetti. Innanzitutto, sono gli studenti a cambiare aula, non gli insegnanti; inoltre i ragazzi frequentano corsi adatti al loro livello, più o meno alto, in modo che tutti possano avere il massimo dei voti, senza penare o mendicare sufficienze. Ammettetelo, non è male... In Italia la divisione tra maschi femmine, a scuola, formalmente non esiste più; anche l’uniforme scolastica è piuttosto rara. Nelle scuole irlandesi, invece, l’uniforme è d’obbligo, simbolo della mentalità secondo cui tutti sono uguali di fronte ai libri. In più, esistono scuole strettamente femminili, come quella piccola di periferia in cui siamo state internat...inserite (chiedo scusa) io e un’altra decina di ragazze più virtuose, mentre tutti gli altri frequentavano una scuola superiore del centro. Qui si studiava cucito, danza tradizionale ed economia domestica, alla pari di matematica e gaelico, lingua parlata in Irlanda prima dell’invasone degli Inglesi. Naturalmente si cercava di comunicare con le compagne di scuola e, qui, finalmente entra in gioco l’inglese. La prima settimana abbiamo usato la lingua, e solo la seconda l’abbiamo effettivamente approfondita, ma abbiamo fatto tutti una grande scoperta: cioè che bastava capire il senso di ciò di cui si discuteva e barcamenarsi nel rispondere. Questa tecnica geniale era molto utile nei rapporti con le famiglie che ci ospitavano, specie per quanto riguardava il pranzo del giorno a venire o gli orari serali di rientro, insomma quei piccoli accorgimenti che n° 6 anno XII evitavano a loro l’ansia e a noi il digiuno. Gli argomenti inerenti il cibo irlandese sono praticamente infiniti, e spaziano dal “Burger King”, regno delle salse sconosciute, alla “non cucina” tipica del luogo, come surgelati scaldati ancora in confezione, al cibo vero cucinato in onore degli ospiti italiani, a volte davvero buono, al famoso “packet-lunch”, la cui inclinazione a lasciarsi mangiare dipende molto dalla pietà della famiglia ospite. Può sembrare esagerato, forse lo è, ma di certo ho capito che gli italiani prestano più attenzione a quello che mangiano, rispetto ad alcuni irlandesi. Il cibo è solo l’aspetto più evidente del differente stile di vita. Seguono gli orari scolastici, un poco più umani dei nostri, il comportamento nei luoghi pubblici, più educato, il sistema scolastico di cui ho già parlato e, strano, la concezione del tempo atmosferico. Per i pochi irlandesi che abbiamo conosciuto, vedere un prato verde in inverno inoltrato è normale, perchè nevica poco, ma, al contrario, una delle nostre belle giornate di sole è una rara meraviglia. A proposito, a Dublino abbiamo visto bellissimi tramonti. Al ritorno dall’Irlanda, molte persone ci chiedevano se è vero che da quelle parti piove sempre e ci sono tante persone dai capelli rossi, come dicono. Certo, questi sono i luoghi comuni più azzeccati ma, penso, anche i meno interessanti. Infine, dando un giudizio generale, penso sia stata un’esperienza molto utile e produttiva, ricca di stimoli per continuare il lavoro di costante miglioramento di noi stessi e del nostro bagaglio culturale. Tuttavia suppongo che, in sole due settimane, siamo riusciti a toccare solamente la superficie della cultura che avevamo intorno. Forse la globalizzazione non ha aiutato, questa volta: in un Paese relativamente lontano abbiamo trovato molte cose (negozi, souvenir, moda) simili alle nostre, tanto che si rendeva difficile trovare, sotto i diversi strati di conformismo o folklore per turisti, lo zoccolo della cultura originale. Per capirla a fondo sarebbe servito più tempo; ma il greco e il latino si sentivano tanto soli e trascurati che ci siamo trovati costretti a tornare a casa. PRATICANTATI 13 Attorno a noi LEGALITÀ E MEMORIA IN QUEL DI TRENTO di Agnese Di Giorgio “Il coraggio di vivere contro le ingiustizie: gli e- 1979 e nel 1980 dal gruppo terroristico Prima Lisempi di ieri e il bisogno dell’oggi” è il titolo della nea; Giorgio Ambrosoli e Fulvio Croce, entrambi avvocati, di cui il primo fu assassinato nel 1979 da un sicario assoldato da Michele Sindona, mentre il secondo fu colpito nel 1978 dalle Brigate Rosse conseguentemente al fatto d’aver accettato di difendere le stesse nel processo di Torino. Nomi questi, sicuramente ancora troppo poco conosciuti e riconosciuti dalla nostra moderna quanto malata società (civile e istituzionale), che ha fatto sì che una lodevole dedizione al proprio lavoro assumesse le caratteristiche di un cosciente atto eroico. Ad essi sono ora dedicate due aule del Palazzo di Giustizia di Trento. Fra gli altri appuntamenti della settimana, l’incontro pubblico “Memoria e Diritto: un percorso”, animato da Agnese Moro e da Alfredo Bazoli, la cui madre perse la vita in Piazza della Loggia a Brescia; la fiaccolata della memoria e dell’impegno organizzata da Libera Trentino Alto Adige ed infine il dibattito ricordato inizialmente su F.Croce e G.Ambrosoli, di cui trovate il video su: www.trentoattiva.it/2010/03/le -parole-della-legalita/ . Sicuramente, proprio in un periodo in cui Magistratura e riforme per la Giustizia sono tanto in discussione, ciò che ha fatto piacere notare è stata la considerevole partecipazione ed attenzione da parte della cittadinanza in una settimana particolarmente signifiserata di venerdì 19 marzo su Fulvio Croce e cativa per la memoria del Giorgio Ambrosoli, organizzata a Palazzo Gere- Paese. Sono ricorsi infatti mia a Trento dall’ ANM e dalla Casa Editrice “Il vari anniversari, e per Margine”. Questo stesso titolo riassume però mol- rinfrescarci la memoria: to bene anche il tema base attorno al quale si sono svolti conferenze, dialoghi e riflessioni nel nostro capoluogo durante tutta la settimana dal 16 al 20 16 marzo: marzo 2010. Il via a questa serie di iniziative sul 32° anniversario del rarapporto tra memoria e legalità, è stato dato nella pimento di Aldo Moro. Facoltà di Giurisprudenza a Trento, che ha allesti- Aldo Moro (Maglie, 23 to una mostra dal titolo “Vite per la legalità”: 21 settembre 1916 – Roma, pannelli per ricordare quattro uomini che hanno 9 maggio 1978) è stato perso la vita nell’esercizio del loro lavoro per uno dei più importanti l’affermazione della giustizia e per la difesa della politici italiani del dopolegalità. Guido Galli ed Emilio Alessandrini: due guerra, cinque volte Premagistrati che furono uccisi rispettivamente nel sidente del Consiglio dei Ministri e segretario del 14 PRATICANTATI Aprile 2010 partito della Democrazia Cristiana. Venne rapito il 16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista Brigate Rosse. Moro era considerato un mediatore tenace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico. Egli aveva il pregio di capire i limiti del sistema politico e sociale della Repubblica italiana; era sicuro dello sviluppo dell’ Italia repubblicana, a patto che esso avvenisse all’insegna del dialogo fra tutte le forze politiche democratiche e tutte le parti sociali ed economiche legittimate alla partecipazione di tale processo di convergenza democratica. 19 marzo: Anniversario della morte di Guido Galli (Bergamo, 28 giugno 1932 – Milano, 19 marzo 1980). Galli è stato un magistrato e docente di criminologia italiano. Originario di Piazzolo (BG), fu assassinato il 19 marzo 1980 a Milano, da un commando di Prima Linea (noto gruppo armato, operante nel contesto degli anni di piombo), a causa della sua azione da magistrato contro di essi. Fu lui infatti a concludere la prima maxi-inchiesta sul terrorismo partita nel settembre del 1978 dopo l'arresto di Corrado Alunni e il ritrovamento del covo di via Negroli, a Milano. Fu amico di Piero Pajardi, che gli dedicò parte del libro Operazione Giustizia (Cedam, Padova 1991) Anniversario della morte di Marco Biagi (Bologna, 24 novembre 1950 – Bologna, 19 marzo 2002). Biagi è stato un importante giuslavorista italiano, più volte consulente del Governo italiano, assassinato dalle Nuove Brigate Rosse. Vincitore nel 1969 di un posto di allievo presso il collegio medico-giuridico di Pisa (attuale Scuola Superiore Sant'Anna), vi ha dovuto rinunciare al secondo anno per ragioni familiari e si è poi laureato in n° 6 anno XII giurisprudenza a Bologna con una tesi in diritto del lavoro. Noto giuslavorista, è stato professore presso le Università di Pisa, della Calabria, di Ferrara e infine all'Università di Modena e Reggio Emilia; a partire dagli anni '90 ha avuto numerosi incarichi governativi come consulente ed esperto di diritto del lavoro: nel 1997 fu rappresentante del Governo italiano nel Comitato dell'Unione Europea per l'occupazione e il mercato del lavoro; nel 1998 fu consigliere degli allora ministri Antonio Bassolino e Tiziano Treu; nel 2001 fu consulente dell'allora ministro del lavoro e delle politiche sociali, Roberto Maroni. Infine il 21 marzo si è svolta la quindicesima Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Ed in chiusura le parole del figlio di Giorgio Ambrosoli, Umberto Ambrosoli, tratte dal libro “Qualunque cosa succeda”: “…per quanto la società affini le proprie regole per contrastare i soprusi, come in una sorte di evoluzione darwiniana anche chi di queste regole vuole aggirare si affina creando sistemi più articolati per affermare se stesso e i propri interessi. Senza la coscienza dei singoli che scelgono di rispettare le norme e con esse la convivenza civile, le leggi da sole non bastano a salvare una società. In questo contesto, al di là delle collocazioni cronologiche, Giorgio Ambrosoli, la sua storia, le sue scelte restano un monito – speranza o vergogna – contro l’elusione della regola, a scapito del bene comune e in favore dell’interesse particolare: che sia di una persona, di una categoria, di un gruppo o di un partito. Una sorpresa per gli scettici, convinti che, raggiunta un determinata posizione di “potere”, non possano darsi pratiche oneste e conformi al dovere. Uno sprone per i rassegnati che davanti alle illegalità diffuse a ogni livello pensano di poter solo dire “questo è il sistema, cosa vuoi possa farci io”. Una smentita per i cinici che abdicano alla propria responsabilità e rinunciano alla libertà in nome dell’adeguamento a un certo stile di potere, nella convinzione che non sia possibile desiderare altro e che tutti aspirino a fare come loro”. PRATICANTATI 15 Attorno a noi THE SOUND OF SILENCE Cerchi di silenzio in Piazza Duomo di Martina Folena ANTEFATTO Ricevo l’ultima newsletter delle politiche giovanili. La apro. In fondo, c’è un link ad una manifestazione di cui non avevo mai sentito parlare, i cerchi di silenzio, in Piazza Duomo ogni terzo giovedì del mese. Dal sito internet ufficiale non è chiaro da chi sia partita l’idea, chi l’abbia organizzata, ma resto subito colpita. Queste persone si incontrano e restano in silenzio, in cerchio, per un’ora intera. Non c’è un solo motivo per manifestare in silenzio, dicono. Ognuno ha la sua protesta, che sia contro il razzismo, contro la società, contro l’abuso delle parole, contro qualunque cosa. Ognuno ha il diritto di esprimerla. Queste persone hanno iniziato in febbraio a esprimersi in silenzio. Decido di partecipare. INTRECCIO Giovedì 15 aprile, alle 18, io e una mia amica andiamo in Piazza Duomo. Ci sono già diverse persone pronte a prendere parte al cerchio. Non sembrano così tante, ma in breve diventeranno una quarantina. Chi vuole può indossare sulla schiena un cartello. Io ne scelgo uno con i primi articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Mi sta a cuore, quella Dichiarazione, ne ho appeso un poster anche in camera mia. Ci disponiamo in cerchio tra la fermata dell’autobus e la fontana, uno striscione al centro. Due ragazze restano fuori dal perimetro per distribuire volantini agli interessati. Noi stessi manifestanti abbiamo ricevuto un foglio sui cerchi di silenzio. I miei occhi si incollano su una 16 PRATICANTATI frase: Il silenzio, in un’epoca in cui tutto deve essere consumato in fretta, vuol dire fermarsi, pensare, cercare di comprendere, tentare di dare un senso al nostro agire. Poi il tempo inizia a scorrere e io inizio a pensare. Non penso subito a me, alla mia testa. Le persone mi distraggono. Una coppia parla sottovoce accanto a me. Se ne andranno dopo una decina di minuti. Una mamma con una carrozzina dall’altra parte del cerchio sembra determinata a resistere, e disinvolta. Tre signore anziane fissano il tridente di Nettuno. Molti portano lo sguardo verso l’albero accanto al cerchio, non pensavo fosse così alto, neppure così verde, non lo avevo mai visto così. Le persone che passano mi portano via in altri pensieri. Mi piace la curiosità con cui si fermano a guardarci, con cui qualcuno si unisce al cerchio, giovani, soprattutto, e mi fa rabbia l’indifferenza di altri, la superficialità in cui annaspano allegramente. Poi inizio a pensare ad altre cose. C’è vento e stringo il cartello con le mani. Davanti ai miei occhi la torre è incartata come un regalo di compleanno, come un braccio bendato. Il silenzio non è mai pesante. Non mi sono mai sentita così libera di pensare. È come se fossi forte di Cerchi di silenzio (azione nonviolenta): Ogni terzo giovedì del mese,dalle 18.00 alle 19.00 in Piazza Duomo, a Trento, un gruppo di liberi cittadini propone il “cerchio del silenzio”, lo spazio e il tempo dove ridare il giusto peso ed il giusto valore alle parole. “Proponiamo un’ora di silenzio, visibilmente in piazza, per manifestare, riflettere, meditare, dissentire, per ridare significato a giustizia, verità, dignità, proponiamo un silenzio partecipe, non il silenzio di bocche cucite da indifferenza complice”. Unica regola? Una volta entrati si mantiene il silenzio per un’ora, un silenzio più loquace di tante parole. Riferimenti e informazioni: [email protected] e cerchidisilenzio.blogspot.com. Aprile 2010 tutti i pensieri attorno a me. Vedo un piccione spiccare il volo e penso che sia bellissimo, anche se io detesto i piccioni. Guardo per terra e le fessure fra pietra e pietra sono ancora piene di coriandoli. Il cielo è di un’intensità spaventosa, se alzo lo sguardo rischio di perdermi, partire, andare troppo lontano. Penso di star già andando troppo lontano, con la poesia, e i sogni, e cose che devono lottare per trovare posto nel nostro mondo, e che pure non scompaiono mai. Ad un certo punto mi gira la testa. Smetto di guardare il cielo. Penso a Cristopher. Cristopher, Alex, quello di Into the Wild. Canto The Sound of Silence in silenzio. Poi comincio ad ascoltare. Cerco di concentrarmi sul rumore dell’acqua della fontana. È sorprendentemente difficile, devo chiudere gli occhi per riuscirci almeno un po’. Per tutto il resto del cerchio il rumore dell’acqua non mi abbandona più, resta più forte del brusio. Penso che per ascoltare gli altri bisogna prima ascoltare sé stessi, e non tradirsi mai, non mentire mai. Penso che ho voglia di correre su un prato e sdraiarmi cadendo e facendomi anche male e chiudere gli occhi e poi riaprirli e guardare il cielo. Il sole tramonta sulla mia pelle. Ora fa freddo. Attorno a noi Rimango sconvolta quando il cerchio finisce. È passata un’ora, di già? Avrei detto venti minuti al massimo. Non ho voglia di parlare, ma solo di digerire il silenzio. EPILOGO So che moltissime persone non prendono sul serio i cerchi di silenzio. Ad alcuni non interessa. Alcuni li liquidano con il disprezzo tipico degli ignoranti. Altri non ne hanno bisogno: semplicemente non è la loro strada, seguono altri percorsi. Se trovate la cosa almeno un po’ interessante, vi invito a provare. Io avevo bisogno di silenzio, un silenzio collettivo, non impostomi da qualcuno, un silenzio che scelgo io, per i miei motivi, per le mie riflessioni, per la mia protesta, per capire quanto valgono quelle parole che sprechiamo, sprechiamo davvero in modo indecente. I cerchi di silenzio mi hanno insegnato molto - soprattutto mi hanno dato un senso di libertà, e di bisogno di essere me stessa, di continuare ad esserlo nonostante tutto e le parole di tutti, un senso che neanche in Canada avevo provato con la stessa intensità. Giovedì 20 maggio ci sarà il prossimo cerchio di silenzio. Non vedo l’ora di andarci. “Hai da accendere?” Di Arianna Arrighetti Quante volte senti questa domanda sotto le rosse netici, non ci lasciano spazio per la nostra individumura di questa scuola? alità, non ci lasciano respiro … ma se avvertiamo “Il fumo è un antistress formidabile”, mi confidano questa mancanza d’aria, questa pressione, non è una alcuni amici. Alcune mie compagne mi rivelano che proprio non ne potrebbero fare a meno, una mia coetanea si gira alla finestra indispettita dalla domanda che ho appena finito di porre a lei: ”Scusa E., posso chiederti così, per un articolo, perché fumi?” T. , un mio compagno di classe , mi dice che è un modo per rilassarsi, che il sapore è buono, che gli piace, che è un modo per fuggire dalle noie quotidiane. Che sia dunque la società a spingere i giovani nel fumo? Siamo costantemente sotto pressione, viviamo sempre in tensioni quasi da psicofarmaci, i ritmi sono sempre più fren° 6 anno XII PRATICANTATI 17 caro Freud) con un gesto sicuro che tenta di nascondere qualche nervosismo, perché le dita tremano, che sia per l’astinenza dalla nicotina, o per qualche fastidio personale. Poi, una nuvola. Tutti fumano, vengono passare sigarette, accendini, filtri. Ma in quel momento si avverte uno strano presentimento; è come se nelle anime fosse calato un attimo di silenzio universale, come una comunione. Non ho mai fumato, nemmeno presa in mano una sigaretta spenta, per mie ragioni, ma sento, mentre i miei compagni fumatori si avvelenano, una specie di dispiacere, per non poter condividere quel momento con loro. Resto lì, e qualche volta faccio finta di fumare una mia sigaretta invisibile; loro ridono, divertiti da questo mio gesto compensatorio. Avvicino le dita vuote alle labbra e faccio a loro sorridendo: “Hai da accendere?” contraddizione fumare e quindi incatramarsi i polmoni? Non voglio fare un trattato sulle malattie che derivano dal fumo, risparmio ad ognuno quelle carrellate e di conseguenza evito a tutti di riflettere su stime di ogni genere. Alcune mie vecchie amicizie, quando si trovavano davanti alle percentuali che riguardavano sigarette e c. o addirittura davanti alle stesse frasi sovrascritte alle eti- Sabato 17 Aprile, dopo una lunga stagione di rechette del pacchetto di sigarette, come “Il fumo nuove gravemente alla salute”, facevano spal- stauri, è stato aperto al pubblico Castel Thun, ulucce, sbuffavano, e mi dicevano “Tanto prima na straordinaria residenza signorile della Val di o poi devo morire”. Ma la nostra vita ci fa così Non. tanto schifo? E’ così brutto il mondo? La soIl castello, una delle rare dimore principesche cietà non ci offre nulla di meglio? L’unica cosa che riesco a capire è che il fumo è dell’arco alpino, conserva ancora gli arredamenti diventato un momento sociale. C’è chi fuma originali dell’epoca, come la “Stanza del Vescoperché si sente solo, e fumare lo fa sentire me- vato. Grazie al suo splendore, il maniero è divenno incompreso. C’è chi fuma perché gli amici tato celebre anche poichè vi furono girate alcune gli hanno offerto un “tiro” una volta … scene del film “Il mistero di Oberwald”. Ma, indifferentemente dal motivo, ad un certo punto i giovani si ritrovano per strada a fuma- Al suo interno, Castel Thun ospita una mostra: re. Tutti assieme. Chiacchierando. Ridendo. “L’avventura del vetro”, un’esposizione attraverUrlando. so l’arte dei maestri veneziani che, dal RinasciIl momento del fumo è proprio un segnale di mento al ’900, hanno conquistato il mondo. appartenenza ad un gruppo, secondo me, che si basa su alcuni gesti rituali che nella psiche de- Ogni giorno, nel mese di Agosto, all’interno delterminano la consapevolezza di appartenenza la sarà messo in scena lo spettacolo teatrale sociale al gruppo. La sigaretta viene estratta dal “Glass”, della compagnia “LUovo Teatro Stabile pacchetto, oppure convenzionata sul momento, di Innovazione” dell’Aquila. si appoggia tra le dita del giovane – o della fan- Sono tantissime inoltre le mostre, visite ed eventi ciulla – poi viene accesa; le pulzelle, molto più organizzati all’interno delle mura del palazzo dudei maschietti, hanno la preferenza a farsele accendere, mentre loro avvicinano la sigaretta rante questi primi mesi di inaugurazione. alle labbra (ricercando quel piacere orale … Castel Thun: 18 PRATICANTATI Aprile 2010 Storia Leviathan, Behemoth: i mostri di Dio Dai Profeti a Hobbes, da Melville ai Pokémon il trionfo della mitologia ebraica Di Stefano Cristelli In quel giorno, il Signore punirà con la sua spada dura, grande e forte, Il Leviatano, il serpente tortuoso, E ucciderà il mostro che è nel mare! Isaia, 27:1 Guizzante in mezzo a essi, nuotava il vecchio Leviatano di quei vecchi tempi; nuotava là, in quel planisfero, secoli prima che Salomone giacesse nella culla. H. Melville, Moby Dick o La Balena Capita tutti i giorni d'incontrarne uno, a dire il vero. Gli si regala uno sguardo, un'occhiata disinteressata e poi via, di nuovo a seguire il moto indiavolato di questo pianeta. Sarebbe opportuno, invece, che ci fermassimo ogni tanto a riflettere. In quel caso, realizzeremmo quanto sia curioso accettare con tanta fredda consuetudine una figura frutto - o almeno così ora si è propensi a pensare – solo e soltanto dell'immaginazione. Di chi si sta parlando? Svelarlo non è un problema. Anzi, immaginiamocela coperta da un bel lenzuolo bianco. Spogliamola tutto ad un tratto e, effettivamente, l'esclamazione viene spontanea: un drago! Un drago? Un drago. Forse nessun animale domestico lo è stato mai tanto quanto quest'ultimo. Strano, si direbbe, per una creatura immaginaria. Ma è proprio quel suo attributo, “immaginaria”, ad assicurarle tanto credito. Del resto, da che mondo è mondo nelle favole per bambini i draghi sono sempre esistiti: prima rincorrevano il cavaliere, poi il cavaliere rincorreva loro, e in mezzo fiammate incandescenti e artigli affilati e ali come l'oceano. La principessa veniva dopo. Era il drago ad importare, più del Lancillotto o della Ginevra di turno. Tenuto conto di questo, possiamo farci la domanda decisiva, ossia: da dove nasce il Drago? E si noti che Drago è scritto così perché, nel nostro caso, vuole rappresentare l'idea-tipo di animale fantastico, inevitabilmente mostruoso. Quindi, meglio: chi per primo ha voluto narrare di creature smisurate e dalla forza impareggiabile? E ancor di più: che influenza devono avere avuto per giungere sino a noi dotate di connotati tanto chiari? Leviathan è parola ebraica che, nell'accezione principale, significa propriamente “tortuoso”. Ricorre con questo valore in diverse testimonianze antiche, non ultimo in quella n° 6 anno XII determinante lettura che è il Vecchio Testamento. Ne è fatta menzione in Salmi, Giobbe, Isaia, Ezechiele, laddove è sempre necessaria a descrivere una creatura mostruosa dalle dimensioni spropositate: esaminando i diversi casi si può intuire che il Leviathan, reso in italiano con il semplice adattamento di “Leviatano”, sia appunto un terribile animale marino abitante l'oceano. In Salmi 104:26 la narrazione è inequivocabile: “Ed ecco le navi; ecco quel Leviatano che tu hai fatto per giocare con esso.” Un portento della Creazione, per cui, tanto che “Dio si vanta di aver generato questo mostro acquatico.” Fin qui la cosa ci tocca relativamente, tenuto presente che uno se vuole al mare ci va, altrimenti può anche restare a casa. Sarebbe troppo ingenuo pensare, però, che il Signore abbia popolato di una creatura simile soltanto l'oceano, quando invece il globo è fatto anche - e per fortuna - di terra. Ecco allora che, tremendo, fa la sua comparsa Behemoth, le cui ossa “sono tubi di bronzo”, le vertebre “come spranghe di ferro”. Si tratta del Leviatano terrestre, pure inquietante ed invincibile quanto il primo: a leggere ciò che dicono le Scritture, si direbbe che nessuno mai potrà essere in grado di domarlo. E' indubbio che il racconto biblico sia guidato da un'intenzione allegorica piuttosto esplicita. Non è da escludere, tuttavia, che le due figure, rispettivamente quella di Leviathan e quella di Behemoth, possano risultare frutto di un'osservazione naturale - poi stravolta - e non solo della fantasia dell'autore. Il Leviatano descrittoci da Giobbe, più che un grande mostro acquatico, ricorda a dire il vero un coccodrillo del Nilo. Fra le ipotesi ce ne sono poi alcune fantasiose, come quella secondo cui la creatura sarebbe il riflesso di una specie estinta, forse addirittura di un dinosauro (l'Elasmosaurus). Anche Behemoth potrebbe ricordare un grande erbivoro scomparso da milioni di anni, ossia il Brachiosaurus. Nel suo caso, tuttavia, l'interpretazione più accreditata è che si tratti in realtà dell'ippopotamo, anch'esso presente nella zona del Nilo. Si ritiene, poi, che vi possano essere delle corrispondenze anche con l'elefante. Il mistero delle due creature sta nell'incredibile ambiguità che le riguarda. Sono questi esseri buoni o malvagi? Fanno PRATICANTATI 19 parte del creato come tutti gli altri viventi o svolgono un ruolo specifico? Perchè Dio gli ha donato la vita? A queste risposte le Scritture vengono meno, mostrandosi in verità contrastanti e persino fuorvianti. Per diverso tempo, soprattutto nell'immaginario alto-medievale, animali mostruosi come Behemoth e il Leviatano sono stati costantemente assimilati al diavolo e in ogni caso al maligno. A supportare questa tesi è stato in particolare San Girolamo, che, dopo aver catalogato i due mostri come entità malvagie, ne ha fatto una distinzione tanto vera quanto inconsistente: Behemoth è un mostro terrestre, Leviathan un mostro marino. Ad un assioma del genere credo ci fossimo arrivati tutti. Ad ogni modo, questa fu per molto l'interpretazione dei passi biblici, interpretazione che già altri padri della chiesa avevano confermato. Nelle miniature del XII secolo è ricorrente l'immagine di Dio pescatore e Leviathan che abbocca all'amo, superbo per la propria forza. L'animale non si accorge che l'esca è Cristo in croce, fragile solo all'apparenza. Leviathan e Behemoth hanno spesso rappresentato il caos, contrapposto all'ordine dato dalla fede in Dio. Sarà proprio Giovanni a dire, nell'Apocalisse: “E l'Inferno lo (il Leviatano) seguiva” . Come spiegare, però, il passo di Giobbe sopracitato? “Ecco quel Leviatano che tu hai fatto per giocare con esso”. Curioso che il Creatore scelga di giocare con il diavolo. Grazie a Calvino, ciononostante, otteniamo un'altra possibile interpretazione, che nel corso dei secoli è andata sostituendo quella precedente. Il teologo ritiene che nelle creature mitiche descritte dalla Bibbia vada rinvenuto il concetto di “forza divina”, speculare a quella di Dio, in modo da giustificare la scelta di quest'ultimo, che ha voluto creare mostri simili. Del resto, per far riavvicinare Giobbe a sé, il Signore mostra all'uomo prima Leviathan e poi Behemoth; avendo compreso la forza infinita del suo Dio, questi torna a credere riconoscendo l'onnipotenza divina. Tante sono le interpretazioni del mito, tante le apparizioni dello stesso in opere d'arte, libri, storie popolari. Già Erodoto testimonia l'esistenza di un essere dall'aspetto simile a Behemoth. Ci sono poi i racconti cosmologici musulmani, dove guarda caso compare una strana creatura erbivora dal nome “Bahamut”. Quest'ultima sarebbe identificabile con un demo20 PRATICANTATI ne goloso e tendente al peccato. Ma, pur tralasciando casi di questo tipo, spiegati certamente dall'influenza geografica degli autori, gli esempi non mancano. La testimonianza più importante è senza dubbio quella fornitaci dal filosofo inglese Thomas Hobbes e da due sue opere in particolare, intitolate rispettivamente Leviathan e Behemoth. Il pensatore si serve dell'immagine dei due esseri per sviluppare una riflessione intorno al potere dello Stato (Leviathan) e alle guerre civili (Behemoth). Sarebbe poi inopportuno, in questa nostra breve analisi, non citare un colosso della letteratura quale è Moby Dick. Nel libro, che tanto deve alla tradizione biblica, non è raro imbattersi nel termine Leviathan, dove quest'ultimo è assimilato all'enorme capodoglio motore dell'azione. Ciò rappresenta, nelle intenzioni di Melville, una chiara scelta narrativa: l'autore sa bene che in ebraico moderno Leviathan significa “balena”. Per continuare velocemente, a citare Leviathan saranno ancora, fra i tanti, Carl Schmitt, Julien Green, Paul Auster. Come dimenticare, poi, quel Behemoth tanto affascinante, gatto diabolico nel romanzo di Bulgakov Il Maestro e Margherita? Senza contare, oltretutto, che persino un numero è stato definito “leviatano”: sarebbe infatti il nome in gergo della cifra 10666. Ci sono poi pellicole, complessi musicali, videogiochi. Addirittura un Pokémon, tale Gyarados, risulta essere stato ideato seguendo le descrizioni del Leviatano. Non per nulla, infatti, il nome francese della creatura è “Leviator”. Sembra perciò che, nonostante i secoli, Leviathan e Behemoth non siano rimasti segregati nelle remotissime - chi mai, al giorno d'oggi, si sognerebbe di leggerle spontaneamente - pagine di un Vecchio Testamento qualsiasi, ma continuino a vivere, mimetizzandosi, nascondendosi a occhi come i nostri, spesso troppo indiscreti. Succede, dunque, che proprio ora quell'incredibile forza venga sprigionata: una potenza tanto grande da garantire l'immortalità a due creature ormai entrate in piena confidenza con noi e con il nostro immaginario. Un po' come per il drago che ci ha introdotti a questa storia. Infine, non dimentichiamo una cosa: per averci dato tanto da scrivere, disegnare e sognare, chissà che, in fondo in fondo, non siano più buone di quanto sembri. Aprile 2010 Ambiente CETACEA Armonie Oceaniche Di Enrico Dal Fovo Secondo l’enciclopedia Grolier, il canto è una “emissione armoniosa di suoni modulati con la voce” o semplicemente “suono armonioso”. Beh, immaginate di essere marinai di un passato non troppo remoto: nella stiva buia della nave in cui state viaggiando si sente solo lo sciabordio delle onde. Nella vostra mente, le leggende e le superstizioni sui mostri marini si mescolano con i passi biblici di Giona ed Ezechiele, quando risuona un vibrante lamento dalle profondità marine che fa tremare la nave. Molto “armonioso”, non trovate? Evidentemente, di questo parere doveva essere Odisseo, che pur di ascoltare il suono sopracitato si fece legare ad un albero. L’elenco di aneddoti e leggende sul canto delle balene potrebbe allungarsi molto: queste risonanze ancestrali, unite alla poesia del mare, risvegliano emozioni contrastanti. Ma a livello emotivo l’argomento è vasto, e molto impegnativo. Da parte mia, fornirò solo alcune nozioni scientifiche e biologiche, per capire come e perché i giganti marini “cantino”. Poiché l’assorbimento della luce da parte dell’acqua e il suo movimento relativamente lento ostacolano la vista e l’olfatto, i cetacei sono molto più dipendenti dall’udito che da qualunque altro senso. Ma la produzione del suono differisce dal meccanismo fonico umano, e si diversifica anche nei due sottordini dei cetacei: gli odontoceti e i misticeti. Gli odontoceti, “balene dentate”, di cui fanno parte il delfino (Delphinus Delphis), l’orca (Orcinus Orca) e il capodoglio (Physeter Catodon), non emetto- n° 6 anno XII no i suoni lunghi e a bassa frequenza caratteristici dei loro cugini. Si dilettano invece in rapide serie di “click” e fischi: click singoli sono usati in genere per l’ecolocalizzazione, emissione di ultrasuoni per rilevare la dimensione e la natura degli oggetti con molta precisione, mentre serie di ticchettii e fischi servono per comunicare. Si sa molto poco sul significato di questi suoni: ascoltare un branco di delfini potrebbe essere paragonato secondo gli studiosi all’ascolto di un gruppo vociante di bambini in un parco giochi. I suoni sono prodotti facendo passare aria attraverso una struttura chiamata “labbra foniche” o museau de singe (labbra di scimmia, a cui effettivamente assomigliano), provocando la vibrazione dei tessuti circostanti. Tutti gli odontoceti, eccetto il capodoglio, hanno due insiemi di labbra foniche e sono quindi in grado di produrre due suoni indipendenti. In particolare, il beluga (Delphinapterus Leucas) è considerato il canarino del mare, per l’immensa varietà di fischi, ticchettii e pulsazioni che emette. Fra i misticeti, “balene coi baffi” (cioè coi fanoni) sono compresi superbi cantanti come la megattera e alcune balenottere azzurre. Il resto del sottordine utilizza le proprie capacità canore come sostitute dell’ecolocalizzazione, quasi esclusivamente. Ritornando ai virtuosi, il suono tanto caratteristico della megattera (Megaptera Novaeangliae) e dei balenotteridi è prodotto non dalle labbra foniche, ma da una speciale laringe. In ogni caso, gli scienPRATICANTATI 21 ziati sono ancora incerti sull’esatto funzionamento di questo meccanismo, poiché la laringe è priva di corde vocali, e le balene non devono espirare per produrre il suono; e ci sono dubbi anche sull’utilizzo del canto emesso dai maschi, se come competizione per un potenziale partner, o definizione del territorio, o pratica di corteggiamento. Lo studio del canto delle megattere fu sollecitato e portato avanti dal 1971 da Roger Payne e Scott McVay, che divisero il canto in collezioni di temi, cioè ripetizioni di frasi, cioè due sottofrasi, cioè quattro o cinque unità, “note” che persistono per alcuni secondi. Una seconda tipologia di canto è il cosiddetto feeding call, richiamo del pasto: Heike Vester,, ricercatrice tedesca, ha scoperto recentemente che le balene si scambiano informazioni precise, strategie di attacco a banchi di aringhe. Inoltre si hanno diversi dialetti a seconda della zona geografica, e forse addirittura dei nomi propri. Ogni canto si evolve nel tempo, e i vecchi motivi non vengono mai ripresi: oltre che per decor- Nel Mondo so naturale, ci sono state per esempio evoluzioni costrette dall’antropizzazione. L’aumento di imbarcazioni a motore ha ridotto di circa la metà l’espansione massima dei canti, e le balene al largo di Vancouver hanno aumentato frequenza e volume apparentemente solo per potersi ancora sentire. Ma ci sono anche circostanze più felici: dagli anni ’60 ad oggi, sembra che i maschi delle balenottere abbiano abbassato le loro performance di circa mezza ottava. Aumentando il numero di individui, la specie non ha più dovuto “strillare” per farsi sentire dalle femmine: sembra infatti che un canto più grave sia più sensuale. e più apprezzato Italiani del mondo di Mattia Graiff E’ noto, senza voler sconfinare nella retorica e nel campanilismo,che l’ Italia abbia dato i natali a personaggi di grande valore, levatura morale,intraprendenza e capacità conosciuti in tutto il mondo, che nonostante le torbide vicende degli ultimi anni ci danno tuttora una facciata di rispettabilità agli occhi del pianeta. Particolarmente interessanti sono però gli italiani che, lasciato il proprio paese per povertà, persecuzioni o altri motivi sono riusciti a conquistarsi una posizione importante all’ estero; vorrei ora offrirvi una veloce e forse riduttiva panoramica del fenomeno con alcuni esempi. Tra gli scienziati si possono certo annoverare Enrico Fermi e Guglielmo Marconi; il primo, nato nel 1901, studiò alla scuola Normale di Pisa e successivamente in Germania e Olanda; occupò la cattedra di fisica teorica a Roma e si rifugiò negli Stati Uniti nel 1938 (anno in cui ricevette il premio Nobel) in seguito all’ emanazione delle leggi razziali che a22 PRATICANTATI vrebbero colpito la moglie ebrea; oggi è noto per i suoi studi sulla meccanica quantistica e per aver progettato il primo reattore nucleare, nonché per la sua importante partecipazione al progetto Manhattan. Marconi, nato nel 1874, sviluppò intorno al 1895 la sua rivoluzionaria invenzione: un apparecchio da lui denominato telegrafo senza fili, antesignano delle nostre radio, che non venne preso in considerazione; si recò quindi in Aprile 2010 Inghilterra dove ebbe maggior fortuna. In seguito ai risultati ottenuti in Gran Bretagna, tra i quali ci fu la prima trasmissione transoceanica, Marconi fu insignito nel 1909 del premio Nobel per la fisica; fece quindi ritorno in Italia dove partecipò alla I guerra mondiale e aderì al regime fascista, proseguendo le proprie sperimentazioni fino alla morte avvenuta nel 1937. Anche Garibaldi mosse al di fuori dell’ Italia i suoi primi passi come condottiero, e precisamente nell’ America Meridionale, combattendo al servizio del presidente di un piccolo stato secessionista contro l’ impero del Brasile, dapprima sul mare e in seguito sulla terraferma dove riportò numerosi successi, grazie ai quali fu chiamato “l’eroe dei due mondi”. La sua carriera, come è noto, proseguì nel nostro Paese durante il risorgimento, con una breve parentesi nel 1870 quando combattè al fianco dei Francesi durante la guerra franco-prussiana : fu tra i pochi, nel suo schieramento, a riportare qualche vittoria. Nel 1882 nacque a New York Fiorello Laguardia, personalità di spicco nel mondo degli americani e tre volte sindaco della sua città natale; fece ritorno all’ età di 16 anni in Italia e si stabilì a Trieste,ma fece ritorno in America nel 1906. Dopo gli studi in legge fu eletto al parlamento degli Stati Uniti e partecipò alla prima guerra mondiale come comandante dei piloti stanziati in Italia. Fu eletto sindaco nel 1933 e si dimostrò un onesto amministratore; lottò contro la criminalità organizzata e i partiti nazisti americani. Nel 1947 gli fu dedicato il secondo aeroporto di New York e nel settembre dello stesso Viaggi anno morì di cancro. Tra gli italiani emigrati all’estero ci furono però anche molti criminali, alcuni dei quali replicarono negli Stati Uniti la struttura di Cosa Nostra con il suo centro a New York, città sede delle note 5 famiglie; questo mondo è stato reso celebre dalla trilogia di film “il Padrino”. I mafiosi americani si occuparono dapprima del contrabbando di alcolici e del gioco d’ azzardo, per poi dedicarsi anche al traffico di droga attraverso una struttura gerarchica organizzata per famiglie ciascuna delle quali controllava e tuttora controlla una parte di territorio. Tra i mafiosi uno dei più famosi è certo Al Capone, che dai piccoli furti arrivò a controllare un lucroso giro di scommesse e attività illecite fino all’ arresto nel 1930 per evasione fiscale: in carcere fu colpito da una malattia mentale che lo portò alla morte nel 1947. Rovine nello Yucatan di Arianna Arrighetti Le rovine dello Yucatan sono nascoste nella foresta di liane, sono sorvegliate da pantere nere, scimmie urlatrici ed iguane enormi. Per arrivarci bisogna perdersi nella giungla, sporcarsi le scarpe nel fango e perdere la bussola. Immergersi nella notte dei tempi, quando Cristoforo colombo iniziò a sognare di navigare oltre oceano. Per visitare le rovine non bisogna assolutamente legarsi ad una guida oppure a quei gruppi che organizzano le cosiddette escursioni, mai. Una volta atterrati a Cancùn, città che o si odia o si ama, che pullula di hotel e divertimenti per chi mira alla movida e allo shopping più compulsivo. Bisogna prendere una macchina. Vi consiglio l'agenzia "Car National" e di non prendere macchine ingombranti solo per la pan° 6 anno XII ura di essere aggrediti da moscerini (tanto quelli non li spaventa nessuno). Prendete una piccola auto, comoda, veloce. Poi prendete una cartina e cercate dove sono i siti archeologici, le rovine Maia. Consiglio spassionato: lasciate per ultimo il sito di Chichen Itzà. Sarà la ciliegina sulla torta, il biscotto sul gelato, il cioccolatino dopo il caffè. Fidatevi. Tulùm Iniziate da Tulùm, a 128 km a sud di Cancùn, a 10 minuti da Xel Ha, sulla costa della penisola dello Yucatan. Gli spagnoli la chiamarono Zama, "alba", perché per via della sua posizione sul mare era possibile vedere nascere il sole ogni giorno. Zama significa anche "recinto" poiché è circondata oltre che dal mare, PRATICANTATI 23 da tre cinte murarie. Tulùm fu abbandonata definitivamente nel 16ª secolo, riscoperta poi nel 1842. Quindi la città coperta dalla vegetazione e dalla sabbia lentamente venne alla luce. Tulùm era una città ricca, favorita nei commerci marittimi su cui esercitava un'egemonia non minore di quella che le civiltà cretese esercitò sul Mar Mediterraneo per diversi secoli. La città costruita a ridosso di una spiaggia bianchissima, dove è vietato l'accesso per non disturbare le tartarughe marine che come ai tempi dei Maia, nidificano su questa spiaggia anche oggi. Il mare cristallino, il cielo azzurrissimo e il clima caraibico conferiscono fascino stucchevole alle rovine. Le palme crescono tra le rovine e creano degli spazi in ombra nei quali ci si può riposare dal caldo soffocante. La luce è accecante, e gli occhi si stancano facilmente ed è possibile che venga il mal di testa. La città ha saputo adattarsi magnificamente alla conformità del paesaggio, sono stati rinvenuti ritrovamenti che testimoniano l'occupazione di Tulùm nei tre secoli anteriori alla conquista spagnola. Edifici più antichi fanno parte del periodo classico finale (800 900 fino al 1000 d.C.). L'architettura tipica è quella della regione Puuc, sebbene abbia delle caratteristiche proprie, come le decorazioni lisce e gli affreschi, ora perduti inequivocabilmente. La città si distingue fortemente per la presenza evidente delle mura, un rettangolo di 380 m e 170 m. E da numerosi edifici presenti nel nucleo interno della città, tombe ed edifici sacri. Proseguite nei dintorni del sito principale, alla ricerca di altri piccoli siti che delizieranno il palato. Uxmàl Uxmal è una città favolosa, mistica e visitarla è irrinunciabile per chi desidera perdersi ad immaginare riti antichi e paesaggi affascinanti alla Lara Croft: potete arrampicarvi sulle piramidi lungo le scale, aiutandovi con una corda fissata sulla sommità, arrivando in cima. Il panorama è imparagonabile a qual24 PRATICANTATI siasi vista. La percezione di verticalità nel guardare verso il basso è fortissima, da brividi. Arrivati in cima il vento rinfresca le tempie sudate e il verde degli alberi sottostanti regala una sensazione di calma e pace. Fermatevi ad ascoltare i rumori fuori della foresta, lo stormire degli uccelli, osservare le cime degli alberi muoversi, spostati dalle scimmie, vedere i voli di pappagalli; prima di affrontare la discesa. Attenzione a non scivolare! Uxmal si trova una zona chiamata Puuc.(zona montuosa) da cui deriva il nome lo stile artistico Puuc. Le colline verdi, gli alberi maestosi sono una cornice ideale per la città, superba di fregi e decorazioni. Un tappeto di erba finissima, e tenera collega tutta la città è costruita su più livelli, in conformità delle colline. Attraverso un saliscendi, la città è ammirabile da diversi punti e alture. In questa zona si trovano numerosi altri siti: Kabah, Sayil, Labnà. Nel 1996 sono stati riuniti come un unico sito, il cui fulcro verte sulla città principale di Uxmal. Nella grande Uxmal, e gli spazi si estendono tra edifici in stile Puuc, frastagliati da decorazioni meravigliose. L'effetto è simile a un pizzo ricavato dalla pietra. Da un arco finto, sul quale si trovano delle maschere di Chaac(dio delle pioggia) dai cui occhi nascono delle onde, è visibile la piramide dell'indovino. L'edificio è solo visibile esternamente. È stato il risultato di più di edifici sovrapposti. L'edificio, inizialmente piramide a gradoni, ha ora i lati lisci. La piramide di Uxmal, osservabile da ogni punto del sito è alta 35m all'ora del tramonto si insanguina di uno rosso vivo che affascina il cuore di tutti. Le iguana corrono tra le rovine, fermandosi sulle pietre al sole. Nel guardarle e sembra di poter rivivere momenti di questa città prima dell'arrivo degli spagno- Aprile 2010 li nel 1517. Uxmal occupava prima di allora un territorio dei 37,5 km² con 25.000 abitanti. Risalgono agli inizi del settimo secolo i primi edifici: 15 gruppi principali tra cui tombe e un edificio dedicato al culto degli uccelli, animali sacri in quanto considerati capaci di raggiungere il cielo (il 13º strato, il paradiso, casa degli dei). In modo evidente la città spettacolare si orienta in maniera alquanto scrupolosa verso determinati punti astronomici. La casa delle tartarughe, il palazzo del governatore, il quadrato delle iguana sono altri edifici da non perdere. Da non lasciarsi sfuggire sono anche gli altri siti, quindi "la rotta Puuc ". Dall'alto delle colline, fino alla profondità della terra la rotta concatena momenti indimenticabili di bellezza straordinaria della storia del passato Maia.. Percorrete le altre città, “la rott Puuc”, tutta d’un fiato. Siete andati a visitare Tulùm immersi nel Mar dei Caraibi e poi avete percorso "la rotta Puuc". Chichen Itzà Ora salite in auto, accendete i motori e muovete per Chichen Itzà solo a leggerne il nome sì sente il brivido di questa città che è in assoluto magnifica. Gli spagnoli rimasero senza fiato e credo che nemmeno voi avrete le parole per raccontare quale meraviglia avete davanti agli occhi. Si trova in una pianura, gli edifici sono collocati su una piana vastissima e gli spazi ampi tra questi suggellano una sensazione di metafisico stupore. Chichen Itzà è una città che rapisce l'anima, che incanta gli occhi incatena la memoria. La tradizione vuole che la tribù Itzà si stabilisse nella città già abitata e introducesse lo stile architettonico nuovo, composto da linee sobrie e la predominanza del dio serpente (Kukulcàn) nei motivi decorativi. Chichen Itzà aveva un regime teocratico, i cui sacerdoti erano principalmente rivolti a Kukulcàn. La città divenne con il tempo la città più importante, dopo la n° 6 anno XII caduta della vicina Mayapan. Gli edifici ricalcano le funzioni che la città aveva. Di incredibile bellezza è la piramide di 24 m a gradoni di Kukulcàn, al centro di una piana, le cui scale terminano con la testa del dio serpente. Alla particolare luce del tramonto e dell'alba si profila l'immagine sulle scale del serpente, attraverso un gioco di luce e ombra. Integro è lo stadio, dove si praticavano le gare e il gioco della Pelota. I larghi viali collegavano i vari edifici, il tempio dei giaguari, i palazzi, il mercato, la piazza dalle 1000 colonne(fidatevi, non fatevi un’insolazione per contarle) , i vari templi. La città aveva un orientamento teocratico, per questo si possono notare figure falliche, e altri motivi legati alla fertilità. Rivestivano un'importanza notevole anche guerrieri, a cui spettavano numerosi edifici. Il culto della guerra e del sangue è evidente per la presenza della rastrelliera, sulla quale venivano infilate le teste dei nemici decapitati o di quelli che venivano sacrificati ;della rastrelliera è rimasta solo la base in pietra, decorata da motivi di bassorilievi di crani scolpiti. Non lontano si trovano le piattaforme delle aquile e dei giaguari, decorata, la prima da figure di aquile e giaguari che divorarono i cuori umani, curiosamente le macchie di questi felini hanno forma di fiori; la seconda detta piattaforma di Venere, decorata da fiori intrecciati . Percorrendo una strada si arriva ai bagni di vapore poi al Cenote Sacro(luogo di culto dell'acqua che prevedeva offerte di oggetti preziosi e con il passare del tempo i sacrifici umani). Non lontano si trovano l'Ossario e l'Osservatorio. La città nel 19º secolo fu disseppellita dagli alberi della foresta e le sue rovine ripresero ad essere accarezzate dalla luce del sole del Messico, quel sole che scintillava sugli elmi spagnoli quando la città fu distrutta. Maia Quello che resta nei ricordi dopo aver visitato le rovine dello Yucatan è la percezione che i Maia fossero una straordinaria civiltà. Una civiltà sviluppata, che credeva nel sovrannaturale e che viveva uno strano rapporto con la natura, che occupava lo spazio in una maniera assolutamente non casuale. Una civiltà con una mentalità aperta e razionale ma allo stesso tempo influenzata da scrupoli collettivi legati alle credenze religiose. I Maia facevano dipendere tutto dagli elementi naturali, cosmici. Avevano elaborato diversi calendari, una cosmovisione basata su un pensiero duale secondo cui intervenire sulla realtà era possibile attraverso i rituali, che garantivano un equilibrio dinamico all'universo, visto in fieri. Avevano conoscenze finissime in diversi campi: botanica, astronomia, fisica, matematica... secondo alcuni calcoli Maia siamo vicini alla fine del quarto mondo, il 22 dicembre 2012... PRATICANTATI 25 Moda di Francesca Laura Nava Non potete non aver notato che le radici attorno alle vostre sedie [si, proprio quelle vicine al banco; si, quello su cui vi è, mummificata, la grammatica di greco] hanno ripreso vita. Dopo un lungo inverno, durante il quale noi, poveri Prataioli, siamo andati in letargo, è iniziato il risveglio. Alcuni sono persino già in fiore, ma la maggior parte è [ovviamente] in ritardo. Dopo le vacanze Pasquali però, tutti, e dico proprio tutti gli “abitanti” del Prati hanno preso vita: ognuno ha almeno qualche piccola gemmina verde che spunta da dietro un orecchio, o dalla nocca di una mano. Insomma, avete proprio capito: è giunta la Primavera! Nelle teste di molti è sorto probabilmente un pensiero molto colorato; un’idea dalla quale non riesce a distogliersi: un progetto! Ma cosa dico uno, mille progetti! E tutti estremamente curiosi e interessanti. Progetti per l’estate, il cui pensiero occupa già la mente di tutti. Se fino a poco fa l’idea più frequente era quella dell’uovo di Pasqua, ora che anche questa è superata non ci sono più ostacoli e i cervelli più fantasiosi già si immaginano sulle spiagge di qualche isola tropicale con un cocktail in mano. Il sole di mezzogiorno è davvero caldo ai Caraibi. La sabbia scotta sotto i vostri piedi. Decidete di andare a farvi un bagno in quel mare turchese la cui acqua è più calda del vostro idromassaggio la sera di Natale. Quindi vi avviate di corsa per evitare di ustionarvi la pianta del piede e … Bam! No, non vi preoccupate, non è caduto un aereo a rovinare la vostra isola di pace. E’ semplicemente un insegnante un po’ arrabbiato che sbatta il registro sulla cattedra urlando: “Possibile che nessuno mi stia 26 PRATICANTATI ascoltando? Vediamo se avete capito. Tu [e vi indica]: alla lavagna!” Sono questi i veri momenti nei quali si spera che sia già estate. Ma non corriamo troppo con la fantasia. Solitamente la campanella salva lo sfortunato studente che, come tutti gli altri, peraltro, stava progettando le proprie vacanze estive. Comunque, tornando alla serietà [almeno per queste ultime righe], l’aria primaverile si è davvero infiltrata dagli stipiti delle finestre del nostro liceo. Innanzitutto i termosifoni nelle classi sono stati spenti, e si sente, però, la mancanza di quegli appoggi che, in tante occasioni, sono fonti di dispute del genere: “Fammi un po’ di posto!” “No, c’ero prima io!” Un problema di convivenza è stato così eliminato grazie alla primavera. In secondo luogo, le maniche corte sono ormai universali, e così si evitano anche i litigi per la finestra aperta, poiché tutti [si spera] hanno una felpa da indossare in caso di freddo. Infine, non ci si sente molto meglio alzandosi la mattina e vedendo fuori dalla finestra un raggio di sole? Non è molto più facile [non esageriamo] svegliarsi e andare a scuola con un po’ di luce, rispetto che con il buio pesto che ti fa sperare siano solo le tre di mattina e che tu possa dormire ancora un po’? La primavera rende sì le giornate molto più allegre a noi Prataioli ma, purtroppo, è anche in grado di toglierci quel piccolo briciolo di voglia di studiare che nelle fredde giornate invernali, almeno un pochino, aiutava a sopravvivere alle interrogazioni giornaliere. Aprile 2010 Libri e dintorni Il ladro di anime di Sebastian Fitzek di Francesca Laura Nava Titolo: Il ladro di anime Autore: Sebastian Fitzek Genere: Psychothriller Anno, Nazione: 2009, Germania Casa editrice: Elliot Edizioni Accade ormai spesso, in Italia, che i libri diventino famosi solo quando qualche importante studio ne acquista i diritti televisivi. È successo con capolavori quali Harry Potter, con saghe di mercato come Twilight, e con molte altre opere. Lo stesso accadrà a breve con lo psychothriller dello scrittore tedesco che sta spopolando all’estero ma che, purtroppo, è ancora praticamente sconosciuto in Italia. Il romanzo, sulla linea di Stephen King, che è pure citato all’interno del libro, tiene il lettore con il fiato sospeso fino alla fine. Ricco di colpi di scena, il “Ladro di Anime” lascerà il lettore inizialmente confuso, ed in seguito, quando il lume della ragione si farà strada nella sua mente, incapace di chiudere il libro sino alla fine della narrazione. “Vigilia di Natale. In una lussuosa clinica privata di Berlino, pazienti e medici si rendono conto, con immenso orrore, che colui che da tempo semina terrore nella capitale, il cosiddetto Ladro di Anime, si trova all’interno della struttura. Sul suo conto non si conosce molto, se non le conseguenze del “trattamento” che applica alle vittime, in grado di spezzare la loro volontà, riducendole a involucri umani incapaci di reagire. Il Ladro di Anime lascia dietro di sé una macabra firma, indovinelli, la cui soluzione può essere l’unica chance di salvezza per le sue vittime. [Sapreste dare la risposta a questo: “Vi si entra passando da un’apertura e vi si esce passando da tre”.] Questa è l’ambientazione della storia principale, che è però un flashback del presente. Un gruppo di studenti si sono offerti di svolgere un esperimento universitario: leggere una cartella clinica intitolata il Ladro di Anime. Dopo le prima sette pagine viene loro concesso di ritornare sui propri passi. Solo due ragazzi decidono di rimanere, una coppia di fidanzati che hanno bisogno di soldi. Da quel momento in poi, però, devono leggere il referto senza fermarsi ed entrare a far parte degli orrori che il Ladro di Anime n° 6 anno XII offre loro.” Particolarmente sorprendente si rivela l’abilità dell’autore nel coinvolgere il lettore dentro i diversi stati di coscienza alterati dei protagonisti, in grado di creare nell’uditorio una tensione continua. Risultano infatti talmente precise le conoscenze mediche presenti nel romanzo da lasciare il lettore sbalordito e ipnotizzato. E per chi si appassionasse all’autore, consiglio anche: La Terapia (2007) Il Bambino (2009) Entrambi romanzi che hanno fatto molto apprezzare il genio di Fitzek all’estero, in particolar modo in Germania. PRATICANTATI 27 Film Telefilm 21 Il film “21” racconta gli incredibili avvenimenti che sconvolgono la vita dello studente Ben Campbell. Ben vive a Boston ed è talmente bravo in matematica da sperare di entrare all'MIT. A causa di problemi finanziari si presenta ad un colloquio facendo richiesta per una borsa di studio. Proprio in questa conversazione gli viene chiesto di raccontare una sua esperienza di vita così “stregante” da fargli meritare i finanziamenti per gli studi. E i 120 minuti di film sono quasi tutti occupati dal racconto di questo episodio: Ben sta cercando di mettere da parte soldi per l'università lavorando in un negozio di vestiti con degli amici, ma i suoi guadagni sono chiaramente troppo pochi per pagarsi gli studi. Grazie alle sue capacità nella scienza dei numeri, Ben si fa notare dal professore Mickey Rosa, che una sera lo fa convocare in un'auletta della scuola. Qui si presentano al ragazzo dei suoi coetanei che fanno parte di una squadra di Black Jack capeggiata dal professor Rosa. Questi ogni fine settimana si recano a Las Vegas dove, attraverso un metodo di conteggio delle carte che gli permette di sapere quali carte sono ancora nel mazzo, “sbancano” diversi casinò, facendo un sacco di soldi. Inizialmente Ben è restio ad unirsi al gruppo, ma vede in questa proposta un'occasione di trovare i soldi di cui ha bisogno: infatti accetta, con l'idea di smettere appena raggiunta la cifra necessaria per entrare al'MIT (300.000 dollari). Ma presto lo studente prodigio si rende conto che quella squadra non è solo un modo di fare i soldi, ma anche un mondo parallelo, nel quale può essere chi vuole e che però deve tenere nascosto ai suoi veri amici, quelli di Boston che lo hanno accompagnato per una vita e che iniziano a diffidare di lui. Ma la città del peccato coinvolge tanto il ragazzo da farlo continuare a giocare anche dopo aver superato la somma necessaria agli studi all'MIT. Ma una sera, poco prima di iniziare a giocare, litiga con il professor Rosa, che se ne va indignato giurando di vendicarsi. Nonostante questo imprevisto la squadra decide comunque di entrare in campo, ma Cole Williams, che ha il compito di evitare truffe all'interno del casinò, capisce che Ben sta utilizzando il sistema del conteggio delle carte, e lo porta di peso in uno scantinato dove lo prende a pugni e gli 28 PRATICANTATI di Dario Amadori fa giurare di non tornare mai più a Las Vegas. Così il ragazzo torna nella camera del suo dormitorio pieno di lividi e si accorge di avere un problema più grosso dei dolori provocati dalle ferite: il professor Rosa gli ha preso tutti i soldi che aveva guadagnato col Black Jack e gli ha dato un'insufficenza in matematica, complicandogli il percorso verso l'università. Ma Ben non è uno smidollato, uno che molla facilmente, e pur di avere i soldi per l'università, escogita un piano arguto che coinvolge la squadra di Black Jack e il suo nemico giurato: Mickey Rosa. Ho trovato questo film particolarmente interessante e avvincente, nonostante un inizio lento e forse un po' noioso. Le avventure di Ben Campbell vogliono insegnarci che possiamo realizzare molte cose apparentemente impossibili attraverso il coraggio e l'insistenza, e che neanche il più cattivo tra i cattivi è imbattibile. Aprile 2010 Film Telefilm Alice in Wonderland Titolo: Alice In Wonderland Regista: Tim Burton Cast: Johnny Depp, Mia Wasikowska, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway Anno: 2010 Alice Kingsley è una ragazza di diciannove anni dell’alta società. Ama sognare e detesta formalità e imposizioni. Così, dopo aver perduto l’amato padre, si ritrova di fronte ad una proposta di matrimonio da parte di un irritante promesso sposo. Confusa, Alice fuggirà dalla sua vita, trovando rifugio in un mondo fantastico. Seguendo un coniglio bianco all’interno della sua tana, Alice cadrà in un buco che la porterà in un mondo folle, dove tutti sembrano aspettarla e chiedersi se è l’Alice giusta. Alice conosce quel mondo, è il teatro dello strano incubo che la tormenta sin da quando era bambina: il mondo delle meraviglie. Alice è già stata in quel luogo, solo che non lo ricorda. Ora i suoi amici di un tempo vogliono che lei li aiuti a spodestare la perfida Regina Rossa, che ha rubato il trono alla sorella la Regina Bianca. Solo così Alice potrà riportare la pace e la serenità in quel mondo. Alice in Wonderland, l’ultimo capolavoro di Tim Burton firmato Disney, è un film che ha entusiasmato molti spettatori, ma ne ha parzialmente delusi altri. Forse perché questi ultimi si attendevano troppo dal genio del cinema Burton, il quale è sempre stato in grado di stupire e ammaliare le platee ma che, senza dubbio, questa volta ha forse ceduto un po’ troppo al marchio Disney, conformandosi alle caratteristiche tipiche del brand, adatte a piacere a bambini e adulti di ogni età. In effetti, nonostante ci siano senz’altro numerosi elementi che portano il marchio del fantasioso regista, ce ne sono altri, anche se forse meno importanti, che non convincono a pieno. n° 6 anno XII di Tim Burton di Francesca Laura Nava Anche in questo film, l’accoppiata Burton – Depp ha dato i suoi frutti: il Cappellaio Matto è uno dei personaggi che più convincono ed entusiasmano lo spettatore, il quale si sente catturato dal verde foglia che colora gli occhi di Johnny Depp. Un’altra attrice che stupisce e affascina moltissimo è Helena Bonham Carter, la moglie di Burton, alla quale il marito assegna sempre i ruoli più insoliti, quale sfida che, peraltro, lei riesce sempre a portare a termine con grande successo. Questa volta, nei panni della Regina Rossa, la Carter strabilia gli spettatori presentandosi con una testa immensa a forma di cuore. Subdola, crudele, ma comunque sola, la Regina Rossa è un altro degli elementi che contribuiscono a rendere un capolavoro il film di Burton. Anche molti altri personaggi, come per esempio lo Stregatto, o Pinco Panco e Panco Pinco, sono molto amati dal pubblico. Il primo per le dolci sembianze che per nulla ricordano il gatto rosa proposto nel cartone Disney; i secondi per la loro simpatia e “confusione” che diverte alquanto. In definitiva, un gran bel film, dal quale però, forse troppi si aspettavano di più, rimanendo così delusi da quello che è comunque un capolavoro di immaginazione e di tecnologia. Alcuni, infine, hanno sostenuto che l’uso del 3D sia superfluo. Personalmente trovo invece che la possibilità di vedere, di vivere la profondità del mondo di Carroll sia una possibilità da non perdere assolutamente perché regala emozioni impagabili. Il tutto, accompagnato da una colonna sonora da riascoltare. PRATICANTATI 29 Sport Aspettando i mondiali… di Dario Amadori Ricordo perfettamente la sera del 9 luglio 2006. Ero da poche ore arrivato a Malta per un viaggio di studio, ma a turbare i miei pensieri non erano le due settimane che avrei trascorso nell'isola. Quello era l'ultimo dei miei problemi. Ciò che aspettavo con ansia era quella finale dei mondiali di calcio, a Berlino, in cui l'Italia di Cannavaro avrebbe sfidato la Francia di Zidane. Zinedine che calcia un rigore incredibile e che poco dopo atterra Materazzi con una testata, il pareggio degli Azzurri, la vittoria dell'Italia ai rigori con il goal finale di Grosso e il nostro capitano che alza la coppa tra boati, urla e flash di macchine fotografiche. Non dimenticherò mai quella sera: subito dopo la novella notizia siamo tutti usciti dall'hotel e abbiamo urlato senza ritegno per oltre trenta minuti. Adesso però siamo alla resa dei conti: riuscirà l'Italia a guadagnarsi una quinta stella sulla sua maglia vincendo in Sud Africa? La nostra nazionale si è mostrata molto incerta nella Federation Cup, mostrando molte difficoltà. L'età “avanzata” di alcuni dei nostri principali giocatori è indice di esperienza o rischio di senilità? Sono tanti i dubbi che sorgono sulla squadra e altrettanti sono pronostici per i nuovi campioni del Mondo. Inizieranno l'11 giugno i mondiali ospitati dal Sud Africa, stato che aveva già fatto richiesta di ospitare la Coppa del Mondo nel 2006 e che può vantare di essere il primo Paese africano ad accoglierla. Parteciperanno, tra le più importanti, le squadre di Inghilterra, Germania, Spagna, Italia, Argentina, Brasile, Francia e Sud Africa. Credo che questi 30 PRATICANTATI mondiali abbiano un'importanza particolare perché vengono per la prima volta svolti in Africa: il Sud Africa, che è lo stato africano (esclusa l'area del Magreb) più avanzato, grazie a questo evento di portata internazionale, ha l'occasione di fare un ulteriore passo verso i continenti più ricchi. Sono molte le organizzazioni che cercano di aiutare l'Africa, tra queste si distingue l'H2gol, compagnia lanciata da AMREF (con l'appoggio della Federazione Italiana Giuoco Calcio) in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo, che cercherà di fornire acqua al Kenya con la costruzione di pozzi e acquedotti. Purtroppo, è fresca la notizia che Al Qaida abbia minacciato gli ormai prossimi Mondiali: sono agghiaccianti le parole comunicate dell'Aqmi, il braccio armato di al Qaida: «Come potrebbe essere sorprendente la partita tra Stati Uniti e Gran Bretagna trasmessa in diretta e in uno stadio stracolmo di spettatori quando il boato di una esplosione si propagherà attraverso gli spalti, l'intero impianto sarà sotto sopra e i morti si conteranno a decine e centinaia, ad Allah piacendo». Sperando che ciò non accada, e che tutto si svolga senza problemi o intoppi, auguriamoci che negli attesissimi mondiali in Sud Africa la nostra squadra faccia una bella figura!! Aprile 2010 Info & Fun TACHICARDIA AMOROSA Cari Prataioli, Eccoci qua con nuove straordinarie lettere! Mi raccomando continuate a scriverci! Adoriamo le vostre lettere, sono profonde e divertenti! La Vostra Consigliera di Fiducia Chocolat Cara Chocolat, sono innamorata di una ragazzo di ventitré anni. Purtroppo tutti mi dicono che è troppo grande, ma lui sostiene che poi sono solo cinque anni o poco più di differenza e poi è così dolce con me… Non riesco a lasciar perdere, a non pensare a lui! Noi non stiamo insieme, ma lui me lo ha chiesto e io non riesco a dire di si o di no. Non riesco a decidermi, non capisco quale sia la cosa giusta. Ascolto lui, che conosco da poco più di un anno (e il mio cuore), o le mie coetanee, mie amiche da sempre? Grazie in anticipo del consiglio, -una del PratiRagazzi! 5 anni in più è proprio un investimento. Cara vai controcorrente! Stando alle ultime novità, infatti, i ricercatori dicono che noi donne dovremmo accalappiare uomini di 5 anni di meno perché così si vivrebbe circa per lo stesso tempo! Insomma Demi Moore e Madonna hanno fatto la mossa del secolo! Significa semplicemente che tu, cara la mia “una del Prati”, vivrai un po’ di più da vedova! Le tue amiche hanno ragione da un lato, insomma cercano di proteggerti, hanno paura che questo ragazzo ti stia prendendo in giro. Questo tu sola lo sai e io ti consiglio di ascoltare il tuo cuore. Lasciati trasportare dall’amour, ma sempre tenendo gli occhi aperti! E se proprio non funziona puoi sempre tornare indietro. Chocolat Cara e gentile Chocolat, complimenti per le risposte che dai a noi che cerchiamo il tuo aiuto. Ho da sempre avuto un carattere molto chiuso e timido, e ho sempre paura di essere rifiutata da tutti benchè abbia, a quanto dice mia nonna, con la quale vivo, un bel fisico e un bel viso. Ultimamente sono attratta dal mio vicino di banco, anche lui abbastanza chiuso, che di tanto in tanto mi fissa credendo che io non me ne accorga, quasi di nascosto. Né io né lui faremo mai il primo passo. È una situazione bloccata. Ti prego Chocolat, infondimi coraggio! Grazie in anticipo Annie 93 Cara Annie, grazie per la tua lettera! Io partirei proprio dalle parole di tua nonna (sai le nonne sono molto sagge) per iniziare a trovare un po’ di autostima e provare ad uscire dal guscio. Tira fuori la pantera che c’è in te. Non ti manca nulla, cerca di essere spontanea e aprirti un po’ al mondo, iniziando dal tuo vicino di banco, che è anche la cosa più semplice. Probabilmente anche lui non attende altro che un gesto, uno sguardo più dolce del solito. Alle volte fare il primo passo costa molto, ma è la soluzione migliore. Bisogna imparare che un eventuale rifiuto non è la fine del mondo e che solo vivendo potremo poi pensare di aver sbagliato. Chiedigli tranquillamente di uscire con la scusa di una pizza e invita altri amici così non renderai la cosa troppo esplicita! Annie ce la puoi fare! Inizia a osservarlo anche tu durante le lezioni, sorridigli (occhio ai moscerini), scuoti i capelli e sii te stessa! n° 6 anno XII PRATICANTATI 31 Ciao! Ho un problema con il ragazzo di una mia amica. Non so cosa fare perché a volte mi comporto male con lei e lei non capisce il perché. Il suo ragazzo spesso quando rimaniamo soli cerca di baciarmi, ma io non so come comportarmi, perché se da una parte lui mi piace molto, dall’altra non voglio perdere un’amica. Help! La Depressa Cara Depressa, ahi ahi ahi!! Quando sento queste cose mi arrabbio molto! Per me l’amicizia è sacra e non rischierei di distruggerla per un ragazzo! Tra l’altro questo ragazzo mi pare sia un farabutto, è un imbroglione, si comporta proprio male con la sua ragazza! L’unica cosa che mi sento di dirti, è che se proprio sei sicura dei sentimenti che provi per lui e se credi che ne valga davvero la pena, parlane chiaramente con la tua amica e non fare nulla dietro le sue spalle! Magari non subito, ma sono sicura che apprezzerà la tua sincerità. Ricorda i ragazzi vanno e vengono, ma le amicizie rimangono! Comunque non mi pare valga la pena rovinare un’amicizia per un bugiardo! Cara Chocolat, sono una ragazza felicemente fidanzata da ormai molto tempo. Tuttavia da un po’ di tempo a questa parte, ogni volta che entro nella mia classe il mio sguardo cade su G.S. e mi sento sciogliere dentro. Lui ogni volta che i nostri occhi si incontrano mi sorride, ma sempre con la stessa espressione piatta. Quasi ebete. È un tipo piuttosto apatico. Secondo te devo lasciare il mio ragazzo per lui? Grazie C.92 P.S. ama la pasta, invitarlo fuori a cena? delle qualità diverse magari migliori (per intenderci, non pesce lesso, ma brillante, intelligente, carino, ecc). Poi non trarrei conclusioni affrettate, una sera fuori con questo compagno te la puoi pure concedere: magari è solo perché la tua storia è già consolidata che hai dei dubbi, e alla nostra età, si sa, magari si vuole provare qualche brivido nuovo. Potrai così scoprire se G.S. “si trasforma in un principe” oppure se rimane un ranocchio. Male che vada, almeno ti sarai mangiata una buona pastasciutta! Cara C.92, diciamo che tra le righe della tua lettera la risposta te la sei data da sola! Insomma se questo tuo compagno ha un’espressione piatta, quasi ebete ed è apatico non so se ne valga la pena! Dalla tua descrizione sembra tanto un pesce lesso un po’ impacciato! Prova a paragonarlo al tuo fidanzato: fai la classica lista dei pro e contro -che tra l’altro è molto spassosa da fare con le amiche- e prova a capire se in lui ravvedi 32 PRATICANTATI Aprile 2010 Poesia DOLCE RESPIRO C’è un dolce sospiro che pervade l’anima quando tutto il resto se n’è andato. Una dolce allegria che ama chi non si sente amato. L’infinito aspetta chi siede sul ciglio di una strada, chi l’ha dimenticata, chi aspetta qualcuno che mai arriverà. La luna risplende sul mare e rende preziose le lacrime che rigano le guance. Il cuore non chiude le porte all’anima di chi ha errato. C’è un dolce sospiro che pervade l’anima quando è troppo tardi, o troppo presto. Un fiore che piange. Una stella che grida. Un desiderio che sboccia. Attimi di eterna armonia e speranze folli in cui la vera essenza del cuore sprigiona fulmini di malinconia. Sangue di lacrime sgorga dal cuore. Strade deserte che accolgono luci solitarie. C’è un dolce sospiro che pervade l’anima quando ti accorgi che tutto ciò che potresti dire è già stato detto. Una semplice vittoria che appare più che altro una sconfitta. Tempo che nega la speranza che cancella i sorrisi e graffia ciò che non capisce. Lunghe bacchette di legno che spezzano i sogni e arano la fantasia gettandone i semi al vento. C’è un dolce sospiro che pervade l’anima quando il sole acceca e il buio spaventa. Candide piume per nascondere lame affilate. Momenti di tristezza di lacrime amare n° 6 anno XII di pioggia incessante di fiori e di rose di amore e di odio di gioia e dolore. Sguardi dimenticati di persone speciali. ZWIELICHT L'alba tinge di corno il cielo freddo occhieggiano luci in un rivo scuro lontano vibrano gravi campane nell'aria tersa cucita di ghiaccio. C’è un dolce sospiro che pervade l’anima quando il treno della vita si ferma in stazione e non si sa se scendere o salire. Quando le mani smettono di scrivere. Quando gli occhi smettono di piangere. Quando l’amore cura ferite invisibili che bruciano di fresco. Quando la musica smette di suonare. Quando la pergamena brucia sul rogo. Quando le parole smettono di dire. Enrico Dal Fovo C’è un dolce sospiro che pervade l’anima quando mi accorgo che vorrei un foglio bianco per disegnare con grande maestria una luce accecante per rendere cieca l’ipocrisia del mondo e la gentilezza degli ipocriti per nascondere i solchi di quell’aratro poco attento e coprire con uno strascico di seta il dolore del mondo. Nadia Pocher CIO’ CHE VORREI URLARE Che il ghiaccio sul mio volto si sciolga in riso, che tanto limpido era un tempo! E amore, allevia le pene dello scorrere del tempo, che solo nebbia ora i miei occhi vedono! Ascolterò la voce che mi urla in petto, ah, sono stata ignobile ad ignorarla! E grida “accettami mondo, perché io non ci riesco.” Georgiana Leveghi PRATICANTATI 33 Racconti Rien ne va plus di Martina Folena Balla il mio tango. Scendi nella mia notte. Spegni le mie candele. Vieni, vieni ancora una volta. Seduto alla sua scrivania, il poeta non aveva né abbastanza lacrime né abbastanza inchiostro per scrivere. Le parole restavano un sussurro, l’aria le divorava e già non gli appartenevano più. Balla il mio Tango. Il poeta conosceva una canzone antica, ma non sufficientemente antica per poterla tradurre sulla carta. La notte sperperava i significati, la luce della luna non esisteva più. Il poeta non ricordava l’ultima volta in cui le lenzuola del letto avevano avvolto una forma differente dalla sua. Lui era solo. Altrimenti, non sarebbe stato un poeta. vrebbe parlato, lei, se avesse potuto. Spegni le mie candele. La terza notte lei arrivò durante il temporale e si sorprese di trovare la finestra aperta. Il temporale graffiava le tende, lacerava il silenzio, e il poeta sembrava non sapere niente di tutto questo. Era seduto al tavolo. Scriveva. Quando lei si fece avanti, lui sussultò e la penna lasciò u na s ba vat ura a lla fi ne de lla fras e . Si prese la testa fra le mani e la fissò intensamente. “Perché non dici niente?” le chiese. Lei scosse la testa, semplicemente. “Ho bisogno che tu mi parli. Ho bisogno che tu mi dica qualcosa.” Disse ancora lui. Lei strinse le labbra trasparenti. Indietreggiò. Balla il mio tango. Lui si alzò dalla sedia, tentò di imprigionarla in un Il fantasma di lei entrò dalla finestra in silenzio. Nep- abbraccio, ma tra le mani non gli restò neppure pure le tende ebbero un sussulto. Il Poeta neanche la un’ombra. vide. Era la prima volta che lei entrava da quella fine- “Torna, almeno! Torna ancora! Ancora una volta!” stra. Quando era stata in vita, era Quella notte il poeta mi invoentrata al suo fianco, salendo cò, dicendomi che avrebbe le scale con una risata, sofforinunciato a tutte le sue parocando la voce contro le sue le, alla sua stessa vita, pur di labbra. poter sentire ancora una volta Come fantasma, non osò scila voce della donna che avevolargli vicino. Immobile dava amato. Mi chiamò gridanvanti al davanzale, gli occhi do a denti stretti. Io, in silenpallidi di morte percorsero la zio, lo ascoltai nella mia osagoma intera del poeta. Ma scurità, finché le sue grida non appena egli sollevò lo divennero troppo forti perché sguardo, vide il nulla. io le ignorassi ancora. Entrai nella sua mente, e lui Scendi nella mia notte. mi prese. La seconda volta lei entrò con un soffio di vento. Le persiane Vieni, vieni ancora una volta. erano spalancate come la volta L’ultima volta lei venne, e precedente, ma il poeta non rimase pietrificata sulla soera seduto alla scrivania. Camglia della finestra. minava avanti e indietro, morIl poeta si avvicinò e strinse dendosi le labbra mentre negli occhi passavano le om- la mano del fantasma, impalpabile sagoma in impalpabre di chi pensa e non riesce a sentire la propria voce. bile sagoma, trasparente come lei. Il fantasma di lei allungò una mano verso di lui, e la I due spettri si guardarono, le mani strette. carezza attraversò la pelle. «Perché?» chiese lei. Lui non rispose. Aveva avvertito Il poeta sollevò lo sguardo e vide i contorni sfocati di il suo filo di voce, e gli bastava. lei. I tratti sbiaditi di un acquarello, avrebbe detto lui Lasciarono la stanza sciogliendosi nel vento. Dietro di più tardi, ma non lo sapeva ancora. Non sarebbe stato loro, nella camera, rimasero la boccetta di veleno sul in grado di dire alcuna parola, in quel momento. Nep- pavimento, i fogli sparsi sul tavolo, e il mozzicone di pure una. La fissò in silenzio. candela. Lei spostò lo sguardo come chi prova vergogna. A- Quando la candela si spense, tutto sparì nel buio. 34 PRATICANTATI Aprile 2010 Racconti VON DER KANTSTRASSE ZUM EASTCROSS Riccardo Schöfberger In un giorno freddo come l’anima della fiamma che brucia la punta antica della mia canna. Arrampicarmi sopra le mura di questi palazzi mi raffredda la mente. In un giorno squisito come il gusto dell’acqua bagnata dalla strada e dalla pioggia. Non c’è terra sopra le mura di Berlino, solo colore arancione lasciato dal sole, solo le ombre invisibili della gente passata di qua nei secoli dei secoli dei secoli dei. Prego che un po’ di quest’energia pervada il mio spirito, la mia mente, la mia anima, fredda come una fiamma. Se scavo un poco in questo mio sentimento, se scavo un poco in queste mura non riesco a sporcarmi le dita di sangue, non riesco non riesco a provare un poco di vita. Scavo. Secoli di morte, secoli di terrore, secoli di orgasmi, secoli di sogni inviolabili come un primo amore. Passati per queste vie, passati sotto questi archi che sostengono le linee della metropolitana, passati per questi sogni disegnati sulle pareti, passati anche dentro le vostre stanze. Voi, che mentre qua fuori c’è tempesta, che mentre qua fuori cerco rifugio protezione identità all’interno di una casa abbandonata, mentre conto le gocce del mio sangue, bevete il vostro te, il mio flusso vitale. Di notte, quando mi sveglio, quando ormai lo stridio del treno non riesce più a togliermi la pelle, sento ululare questo vento ghiacciato che mi porta in un’altra dimensione, in un altro mondo. Parlo a vanvera, parlo finchè il fiato non mi finisce, parlo non per ricavare qualcosa o farvi capire qualcosa, parlo per sentire il suono della mia voce, per avere la consapevolezza di essere ancora vivo. Tu mi lasciasti qua, se ora mi diverto a percorrere le linee del tram a ritroso, curioso di sapere se mai sarò in grado di rimanerci in mezzo, se avrò il coraggio di assaggiare l’acciaio colorato di giallo mischiato al vetro elettrico, è tutta colpa tua. Eravamo un mostro a quattro gambe, eravamo la neve che piove dagli alberi in fiore dei primi di Maggio, eravamo il fondo n° 6 anno XII di una vaschetta di gelato alla panna sciolto dal sole giallo di Giugno, talmente invadente da impedirci di abbracciarci, di sentirci, di congedarci, di piangerci addosso per tutto la tristezza dell’umanità o meglio del mio del nostro piccolo mondo. So quanto avrei voluto abbracciarti quel giorno, volevo entrarti negli occhi, riuscire a pronunciare quella parola di congedo. Una parola che mi avrebbe riempito gli occhi di lacrime, una parola che mi avrebbe spaccato lo sterno davanti a te, riempendo tutta la via di sangue. Una parola ce mi suona come un tradimento da parte mia, un tradimento del mio passato. E il tuo portone infine ti ha risucchiato. Ho guardato tremante prima la vernice marrone, poi il pomello dorato, infine il campanello e, coll’anima che urlava inutilmente, col fondo della gola allucinato e fiammante, mi sono diretto verso la stazione. Quindi ora scivolo sopra le mura di questi palazzi, leccando il colore aranciane lasciato dal sole sopra le mille storie umane, i mille adii che gente meno illusa di me ha avuto il cuore di pronunciare, forse senza neanche sentirsi abbandonata. Quindi ora, nel mezzo della notte, in questo viale pieno di vuoto pieno di vento gelido, pieno di morte, cammino lungo la linea del tram, sperando quell’angelico suono. Lo stridore della strassenbahn che si prepara a mietere un’altra vittima. Sono qua, prendimi. Solo qua, prendimi. PRATICANTATI 35 Lettere La controparte Date le discussioni che hanno animato finora le riunioni della redazione del giornalino, ci è sembrato interessante rendere partecipi i lettori di questa questione. Il problema si è sollevato riguardo gli articoli d’opinione, in particolare quelli politici, che, secondo noi non devono essere pubblicati solo con annessa una relativa controparte. Ci piacerebbe che i lettori, destinatari dei nostri articoli, dicessero la loro riguardo l’impostazione generale del nostro giornalino, aprendo magari una discussione sul sito. articoli di politica: gli spunti per un'acuta e necessaria riflessione Controparte per forza: la paura dell’opinione schierata di Davide Leveghi sono in realtà maggiori e più diffusi. Primo fra tutti un quasi totale disinteresse per i testi “creativi” in senso lato (poesie, racconti, Per trattare della controparte mi sembra interessante parlarne più discussioni filosofico-artistiche), al posto dei quali si stanno impogeneralmente, estendendo il discorso all’ambito nazionale. Come nendo sterili articoli di blanda informazione, più credibili come ho già affermato nel mio titolo, io credo che la gente comune, in contenuto della toporubrica “Zoom” che come frutto dei pensieri Italia, abbia paura di sentire un’opinione controcorrente o conte- di giovani intellettuali. Purtroppo buona parte degli articoli che statoria. Ma come si può spiegare questa cosa? Personalmente compaiono su Praticantati ha la consistenza di canne al vento, ma penso che il timore di leggere un’opinione schierata, magari fuori poco importa: le vendite fruttano sempre di più e i liceali desidedal coro, sia principalmente dovuto al fatto che molti sono intimi- rosi di prendere parte al progetto aumentano. Quello che manca è diti dal dire la propria. In una nazione democratica, in cui la libertà uno sguardo critico e costruttivo; tutto passa, e tanto meglio se d’espressione è sancita dalla Costituzione, non è certamente nor- l'articolo è una rubrica di lettere d'amore piuttosto che un'opinione male che possa succedere ciò, che qualcuno abbia paura di gridare politica. In fondo Praticantati, nel suo piccolo, è l'inconscia e ila sua, di farsi sentire e di difendere la propria idea con le unghie e stintiva reazione ad un clima politico e sociale instabile: è la rassicon i denti. La paura si trasforma in avversione ed il lettore rimane curante dimostrazione che i giovani d'oggi non sono soltanto riinfastidito dall’opinione imparziale. Non sto dicendo che la con- belli che manifestano per le proprie idee, spesso poco inclini ai troparte sia sbagliata, tutt’altro, io credo che la “controparte per compromessi del “politically correct”, ma anche amabili (e innoforza”, invece, quella che impedisce che un articolo possa essere cui) ragazzini lobotomizzati dall'imperialismo di una cultura mepubblicato se non accompagnato da un appendice che spenga im- diocre come solo quella americana può essere, e dediti pertanto al mediatamente le polemiche sollevate dal primo dei due e che non culto di MTV, della Coca-Cola e del consumismo sfrenato. E i lasci il tempo al lettore di pensare con la propria testa, sia un af- pochi a cui non va a genio tale atteggiamento vengono subito fronto non solo nei confronti dell’autore ma anche del lettore. Essa messi a tacere. Perchè? La motivazione cambia di volta in volta: è quindi una forzatura che svilisce non solo l’autore dell’articolo, se va bene è perchè dal testo proposto emerge una parte politica o ma soprattutto il lettore, che sembra abbia perso la sua capacità anche solo un'opinione (cosa del tutto legittima, a mio parere), critica. Il giornalino, dunque, a mio modo di dire, riflette questo oppure perchè «i toni sono troppo accesi» e quindi l'articolo neriguardo verso il “politicamente scorretto” o l’asprezza nel critica- cessita di una revisione (come è accaduto con l'articolo di Davide, re o polemizzare su un personaggio noto, un’azienda, una nazione, che io non ho trovato affatto sopra le righe), se va male perchè «la ecc, a favore di articoli neutri di sola informazione, piatti, incolori caporedazione ha deciso così» e tale scelta operata da chi gestisce e privi di qualsiasi spunto che possa dare adito a dibattiti stimolan- il giornalino non può essere messa in discussione (per paura?), ti ed interessanti. Per un giornalino scolastico, una scelta del gene- anche se gran parte dei lettori e dei redattori non la condivide. re pare un po’ inverosimile oltre che irrealizzabile. Esso non potrà D'altronde questa è soltanto l'ennesima dimostrazione di quanto mai fare esclusivamente informazione, giustamente, poiché dovrà Praticantati sia in realtà un giornalino senza ideali, la cui filosofia essere lo strumento a disposizione degli studenti per esprimere il risulta insultante nei confronti di chi scrive e, soprattutto, di chi proprio pensiero, dove farsi notare per la propria capacità critica o legge. recensoria, o per una dote artistica o narrativa. La controparte per forza non va bene. L’opinione del singolo non rispecchia quella di Perché tutelare i lettori pigri? di Francesca Pedron tutti e qualora qualcuno volesse contestare un articolo, civilmente e liberamente avrà a disposizione gli spazi del giornalino successiQuello che Davide e Angelo hanno già detto a riguardo potrebbe vo. essere sufficiente per spiegare il nostro malcontento, ma scriverò Il rifiuto dell'opinione e del pensiero: un problema sociologico comunque qualcosa anch’io. Ho iniziato a scrivere sul giornalino di Angelo Naso per pura casualità. Dopo essere stata eletta come rappresentante, Silvio ha dato la possibilità a Fabrizio e a me di utilizzare questo Qualche tempo fa una lettera di critica al giornalino è stata censu- strumento per tenervi informati sulla consulta. Così ho iniziato ad rata. E non perchè fosse anonima (l'autore si è dichiarato), come è andare alle riunioni e a leggere il giornalino in maniera più attenta stato detto dalla redazione, ma piuttosto perchè, ritengo, giudicata e critica. Sempre casualmente, un paio di mesi fa ho letto l’articolo poco costruttiva per un giornale scolastico in continuo sviluppo. di Leveghi su Obama. Non avrei mai pensato che un semplice Nel mese appena trascorso è stato censurato l'articolo di Davide articolo su Praticantati potesse farmi notare particolari su cui mai Leveghi sui problemi riguardanti la Libia. È arrivato il momento mi ero soffermata prima. Sono andata quindi ad informarmi e ho di intervenire e di rendere noti ai lettori tali fatti. Raramente scri- scoperto che tutte le affermazioni fatte da Davide erano corrette, vo di politica (semplicemente perchè credo di essere più portato provate. Da quel momento in poi ho sempre letto gli articoli di per altre cose), ma adesso più che mai sento il bisogno di prende- Leveghi, indipendentemente dalla lunghezza e dall’argomento. re la parola su una discussione che interessa direttamente il nostro Sapevo che in ogni caso avrei imparato qualcosa. Questo secondo me non va, non deve essere bloccato! Sarebbe ingiusto e sbagliato liceo. Ma quello di Praticantati dell'anno 2009/2010 (e in particolare farlo. La controparte c’è, quando c’è qualcosa da controbattere; se degli ultimissimi numeri) è un problema che non riguarda soltanto l’articolo non viene pubblicato è chiaro che non potrà provocare il buonismo tragicamente moralista con il quale si censurano gli né consensi né dissensi. 36 PRATICANTATI Aprile 2010 Mi ha scoraggiato sapere che l’ultimo numero ha riscosso parecchio successo perché oltre a recensioni di libri, film e argomenti di svago non c’era nulla. Ma va bene così. Gli articoli corti, leggeri per niente noiosi accontentano quella larga parte di noi che di attualità, di politica se ne frega. Ma la cosa peggiore è che liquidiamo tutto dicendo: “la politica è uno schifo, non cambierà mai, che se frega!” . Be’ devo dire che è un atteggiamento molto costruttivo. Mi complimento. Peccato che i giovani siamo noi! Peccato che tutto dipenderà da come agiamo e peccato che le cose non cambiano da un giorno all’altro, ma soprattutto non cambiano da sole. Io non voglio fare la morale a nessuno perché c’è già tanta gente che lo fa e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, dico solo che chi ha qualcosa da dire, lo deve fare senza doversi preoccupare di avere per forza una controparte. Bisognerebbe valorizzare chi un’idea se l’è fatta, non tutelare i pigri che di interessarsi non ci pensano neanche. È assurdo. Il giornalino dovrebbe riflettere una realtà scolastica viva e questo significa che non dobbiamo avere tutti per forza le stesse idee! Sarebbe terribile e preoccupante. Da dove nasce questa voglia di inoffensività? di Riccardo Schöfberger Scrivo sul giornalino da quando frequento questa scuola e ne ho potuto vivere le varie evoluzioni. Quest'anno Praticantati sembra avere più successo e più partecipazione rispetto agli anni scorsi, grazie probabilmente a una maggiore attrattività data dalla pubblicità e a un maggiore investimento di energie nel progetto da parte dei caporedattori. Ciò ha portato come risultato positivo un sensibile aumento dello spessore del giornalino e, presumo, un più alto numero di copie vendute. Ora analizziamo però i risultati negativi. Una cosa inedita in redazione che quest'anno mi ha colpito è stato Risposta dei caporedattori Innanzitutto riteniamo giusto iniziare questa lettera di risposta, mostrando come sia effettivamente anche questo un articolo di controparte, ma per arrivare a trattare questo punto riteniamo più chiaro iniziare esaminandone un altro, anche questo un argomento contestato dalle lettere precedenti: la censura. Cos’è la censura? Il buon Garzanti recita così: […] controllo di libri e spettacoli e corrispondenza praticato in guerra … critica, disapprovazione, riprovazione, provvedimento punitivo… opposizione alla libera espansione degli istinti esercitata dalle esigenze della coscienza morale. E’ stata applicata tanti anni fa in Italia, e lo è tuttora in certi paesi del mondo che stanno attraversando un triste periodo di oppressione, privazione delle libertà e di contingentamento culturale, ed è volta a non far pensare liberamente le persone ma ad incanalare le libertà ed i pensieri nella direzione voluta dall’oppressore. Nella società moderna e democratica in cui abbiamo la fortuna di vivere, con tutte le sue contraddizioni e difficoltà, a volte si parla di “censura leggera” quando ad esempio su un giornale non vengono pubblicate lettere anonime od apocrife. Praticantati è il contrario: mantiene salda la propria libertà di pensiero e di parola, sbandierandola nero su bianco su queste pagine, nonostante alcuni (fortunatamente pochi, pochissimi, forse non più di quattro…) vorrebbero farne una pubblicazione di “regime”, anche sparando a zero contro tutti e talvolta nascondendo la propria faccia o mitragliando la redazione con proiettili di gomma nascosti dietro allo schermo del proprio computer. La “censura” che ci viene imputata non è perciò argomento di nostra conoscenza, ma crediamo che nell’ottica di dare un servizio ordinato con una certa logica e strutturato sulla base di informare oggettivamente piuttosto che orientare politicamente, vada n° 6 anno XII il maggiore potere che si è autoassunto il caporedattore Silvio. Potere di censurare, di dire "no, questo articolo, questa frase non vanno bene, cambiali o non pubblico l'articolo". Vi elenco ora le censure apportate o solo tentate sugli articoli che ho scritto a partire da settembre: eliminazione del testo della canzone "Il mio migliore inganno" del gruppo rap Assalti Frontali (parlava in modo forte, "quattro milioni di bambini sono sulle mine, ma fa niente cerca un po' di essere civile", della strumentalizzazione americana del terrorismo talebano), discussione con Silvio sul fatto di riportare o no che la band punk C.C.C.P. fingesse di essere pro-U.R.S.S., cambiamento della parola "fascisti" in "esponenti dell'estrema destra" (che fa più dolce) e varie discussioni sul rendere innocenti alcuni termini dell'articolo che invitava a interessarsi di politica. In più, le censure e i cambiamenti mi sono sempre stati comunicati pochi giorni prima dell'uscita del giornalino, in modo che, se anche avessi protestato, ero costretto a stare zitto perchè "ormai le copie sono in stampa" oppure "cambialo, lo pubblichiamo sul prossimo". Penso che questo modo di operare sia stato causato dalle aspettative di cui Silvio e Martina hanno caricato questo giornalino. Ora sapete a che prezzo. Vi sembra giusto sacrificare i colori di diverse opinioni per il successo? Vi sembra giusto considerare un'opinione un virus in mezzo a un ingranaggio perfetto? Da dove nasce questo atteggiamento, se non dalla paura di dover affrontare le critiche dei lettori e non venir incontro a una società che vuole noi giovani come persone neutre, sempre soddisfatte e felici, perse dietro a sogni di plastica, prive di qualsivoglia opinione critica? Mi piacerebbe molto vedere un giornalino in cui gli articoli non debbano passare attraverso il filtro dei caporedattori (se non, ovviamente, per correzioni e impaginazione), un giornalino che assomigli più a un mare che a un deserto. mediata la pubblicazione di alcuni scritti – di carattere non politico, ma partitico, ovvero di schieramento e contrapposizione – che svolgerebbero l’unica funzione di scatenare rabbie e polemiche, instillando ulteriormente sentimenti di odio sociale, creando conflitto in un paese dove già ce ne è abbastanza, e dando una visione distorta di ciò che rappresenta il pensiero complessivo di noi studenti del Prati. Pensiamo inoltre che la pubblicazione di articoli di questo carattere possa determinare l’insorgere di attacchi politici non solo nei confronti della redazione, cosa che purtroppo è già successa da entrambe le direzioni allorquando si è parlato di politica internazionale con un taglio opinionistico, ma anche verso la globalità degli studenti del Prati e di tutto il comparto studentesco trentino. Nonostante ciò, dal momento che la nostra posizione personale è volta al rifiuto categorico di tutti i totalitarismi, le sopraffazioni e le prevaricazioni, non abbiamo alcun problema a pubblicare anche questo genere di scritti, ma non vogliamo che la nostra redazione sia foriera di un qualsiasi orientamento politico. Quindi, per una questione di equità, nei casi specifici abbiamo deciso di non tagliare assolutamente nulla per dare libero corso anche alle opinioni più… “estreme”, purché rispettose della dignità altrui e non tendenziosamente illegali, inserendo un articolo di “controparte”. Ma per carità: probabilmente se si fossero proposti altri caporedattori, avrebbero potuto scegliere di realizzare un giornalino che trattasse esclusivamente di politica e di una sola e determinata fazione, e chissà che successo avrebbe avuto! Forse, infatti, gli studenti del Prati potrebbero essere portati ad interessarsi esclusivamente di politica nella loro vita (a differenza della maggior parte dei politici “professionisti”, che ci sembra abbiano anche altre… per così definirle, passioni), ed a seguire solo una determinata parte politica (e nessun’altra!). Questa ipotetica situazione ci ricorda tanto la storia di un tale che, pur non conoscendo la diffe- PRATICANTATI 37 renza tra carburante e carburatore, non potendo comprare riviste moderatamente “sexy” per poter saziare le sue passioni più nascoste senza svelarsi ai suoi genitori particolarmente bacchettoni, comprava giornali specializzati in automobilismo, solamente per il bramoso piacere di concedersi l’osservazione di ragazze attraenti poco vestite, in pose stuzzicanti attorno a costose auto di lusso piuttosto che a piccole utilitarie, frastornato da dati tecnici che non gl’interessavano minimamente (velocitamassimapotenzaespressaincavalli-ripresa-consumo-numeropostiasedereprezzo). Ma questa è un’altra storia… magari verrà trattata nei prossimi numeri (sempre che esista qualche redattore che abbia la povertà intellettuale di scrivere su argomenti diversi dalla politica di regime, e sempre che esista qualche lettore Prataiolo a cui non interessi solo ed esclusivamente la stessa politica di regime, ovvero un povero lobotomizzato). Scusate l’ironia (pensiamo che nella vita sia necessario anche sdrammatizzare le situazioni più “hot”, magari con un sorriso…), ma senza voler insegnare niente (pensiamo anche che per ora nessuno di noi se lo possa permettere), riteniamo che un articolo di informazione non debba essere personalizzato come invece può accadere con un tema scolastico, realizzato in virtù della valutazione personale dello studente da parte dell’insegnante; al contrario, crediamo necessiti di un redattore super partes che si rivolga ad un pubblico il più generale possibile, individuandolo in una direttrice di appartenenza, anche ideologica, che nel nostro caso è composta (quasi) esclusivamente da studenti del Prati: donne e uomini, di sinistra, di destra o a cui non importa niente di politica, appassionati di viaggi, sport, letteratura, cinema, arte, amanti del noto e dell’ignoto, eterosessuali ed omosessuali, bianchi e neri, confessionali ed atei, coraggiosi e paurosi, sinceri ed ipocriti, belli e brutti, e via dicendo… Vorremmo dare, assieme a tutti i redattori del nostro giornalino, uno spaccato della nostra vita studentesca appassionato, creativo, positivo, quello che emerge dai nostri sogni, dalle nostre esperienze e dalla nostra vita, con l’auspicio di poterci migliorare; niente “plastica”! Ci spiacerebbe, invece, gettare le basi per il conflitto politico o sociale proprio nella nostra piccola ma molto importante realtà, quando basta dare un’occhiata al di fuori di casa nostra per essere inghiottiti dall’acrimonia del triste conflitto politico che divide gli italiani, in particolare fra berlusconiani e non (in tempi remoti era fra destra e sinistra), fra filo statunitensi ed anticapitalisti, mediorientali ed occidentali, cattolici e musulmani. Non partecipiamo a questo vile ricatto! La gente, noi in particolare, ha molto più da dare, e pensiamo che sia molto più importante seminare qualcosa che ci unisce, piuttosto di qualcosa che ci divide. Meglio creare, piuttosto che distruggere. Noi siamo completamente d’accordo con quello che afferma Davide “In una nazione democratica … non è certamente normale … che qualcuno abbia paura di gridare la sua, di farsi sentire e di difendere la propria idea con le unghie e con i denti…”, infatti riteniamo che la scelta di una controparte, spiacevolmente definita “forzata”, sia stata la scelta più democratica possibile, poiché consente al lettore di sviluppare un’idea autonoma, ragionata con il proprio intelletto, sulla base innanzitutto di fatti reali storicamente dimostrabili (altrimenti si tratterebbe solo di supposizioni prive di fondamento), accompagnata da almeno due punti di vista opinionistici opposti. In questo modo il lettore ha la possibilità di avere un’ampia e chiara opinione delle vicende, dalla quale trarre la propria, esclusiva e personale idea dei fatti. Proprio Davide scrive che “il lettore,… sembra abbia perso la sua capacità critica…”: noi, che indirizziamo i nostri scritti ad un pubblico eterogeneo e – nella nostra piccola realtà studentesca trentina – il più vasto possibile, ci domandiamo come possa un lettore avere un’opinione non conoscendo come realmente sono andati i fatti, conoscendo non una, ma entrambe le facce della 38 PRATICANTATI medaglia. E questo è subito dimostrato dal fatto che Francesca, nella sua lettera, abbia scritto: “ho letto l’articolo di Leveghi su Obama. Non avrei mai pensato che un semplice articolo su Praticantati potesse farmi notare particolari su cui mai mi ero soffermata prima. Sono andata quindi ad informarmi…”. L’esempio di Francesca mostra alcuni dei numerosi argomenti su cui stiamo disquisendo: pur essendo un argomento molto trattato, anche se solo in un giornalino scolastico (speriamo che questo inciso sia condiviso da poche persone, pochissime, forse non più di quattro…) questo tema non era conosciuto in tutte le sue sfaccettature; essendo stato l’unico articolo a non avere una controparte (grave errore da parte nostra, essendo stati i primi mesi della rivoluzione della nostra rivista), la lettrice per confermare la sua tesi ha dovuto verificare ed informarsi altrove; abbiamo sopperito a questa lacuna nel numero successivo. Infine, come viene contestato da Angelo, anche la toporubrica “Zoom” ha blandamente informato e dato voce ad alcuni aspetti ed argomenti sconosciuti anche a dei giovani intellettuali come noi. Anche da pezzi non veramente impegnati si può trarre qualche conoscenza, o se non altro un sorriso che non ci sembra possa causare danni a nessun lettore. Queste, a dispetto di quello che pare a Davide, sono delle scelte tutt’altro che inverosimili o irrealizzabili, anche solamente per il motivo che è ciò che abbiamo fatto dal secondo numero in poi. Inoltre, per rispondere alle critiche posteci da Angelo dobbiamo innanzitutto dire che si sbaglia: la lettera giunta sull’e-mail della redazione era effettivamente anonima (di tutto ciò che viene citato è conservata la fonte di prova), e, l’etica giornalistica impone proprio di non pubblicare su una rotocalco di qualsiasi genere autorizzato dal Tribunale, una lettera senza firma. Un’altra notizia errata riportata da Angelo è relativa al fatto che non sia stato pubblicato nello scorso numero un articolo di Davide Leveghi, perchè “giudicato poco costruttivo per un giornale scolastico in continuo sviluppo”: semplicemente l’articolo ci è pervenuto troppo in ritardo per essere visionato ed inserito nella pubblicazione, trattandosi di un argomento particolarmente spinoso, in quanto approfondiva alcuni problemi riguardanti la Libia, ed era ormai quasi completata la messa in opera della bozza per la stampa. Tutto qua. Troppo banale, troppo poco arzigogolato, un po’ da lobotomizzati? Purtroppo è la triste, insignificante, genuina, cristallina e ridicola verità, non uno degl’irrisolti dilemmi della vita su cui scrivere trattati sociologici. Sic et simpliciter! Riteniamo inoltre vi sia una carenza di spirito di osservazione nell’affermare che esista …un quasi totale disinteresse per i testi “creativi” in senso lato…: non diciamo infatti che le rubriche di poesie, racconti, discussioni filosofico-artistiche o altro abbiano più spazio di quelle riservate all’informazione scolastica o di tutto quello che ci sta attorno, ma che queste vengono pubblicate nell’ottica gestionale dell’equilibrio e della proporzione, occupando spazi appositamente calibrati per la specifica esigenza editoriale e soprattutto avendo una pari dignità, importanza e valore. Inoltre, il tutto dipende anche dalla quantità di testi proposti. Saremo più che lieti di accogliere pezzi creativi, quando ne arriveranno in redazione. Ma poi ci viene anche contestato che diamo troppo poco spazio proprio alle rubriche di altro genere, di informazione; questo va solo ad avvalorare la nostra tesi: tutti desiderano approfondimenti, notizie e curiosità differenti una dall’altra. Allora opponiamo il nostro no alla realizzazione di un giornalino studentesco di regime politico; ma va bene così… pensate se i nostri detrattori, anziché essere appassionati di politica orientata, fossero appassionati di tassodermia o di radiatoristica termoidraulica… sarebbe terribile rapportarsi con loro! La redazione di Praticantati sviluppa gl’interessi specifici e generali di tutti i tipi, soddisfacendo le richieste di approfondimento Aprile 2010 pervenute dalla maggior parte dei nostri lettori. E confessiamo che l’aspettativa, la speranza, è che chi legge con interesse articoli solo su un determinato argomento, almeno una volta ogni tanto si avvicini a tematiche diverse, magari solo per il piacere di leggere il suo giornalino. Infine, rispondendo alle imputazioni di Angelo, non troviamo affatto negativo essere politicamente corretti. Non lo consideriamo affatto un comportamento tristemente buonista, anzi, rivendichiamo a gran voce la nostra scelta di essere politicamente corretti, eticamente corretti, socialmente corretti! Perché solo una persona corretta può esprimere le proprie idee ed opinioni con intelligenza e dignità, senza ipocrisie ed isterismi, senza farsi sopraffare da vocianti e benpensanti maestrine riunite in comitato. Ed ora, ahimè, un’autocritica. E’ tristissimo, sconfortante, ma purtroppo non abbiamo il dono della conoscenza e della saggezza come alcuni eletti ipercefalici (non siamo riusciti a trovare un termine migliore per indicare il contrario di lobotomizzato), da riuscire ad indicare il verbo, la retta via da seguire e il giusto modo di pensare. Miseramente, i nostri ideali – peraltro di risibile livello – sono quelli che abbiamo elencato annaspando nella tortuosa nefandezza del deserto culturale in cui, barcamenandoci da tempo, stiamo sopravvivendo. Ma questi nostri ideali sono saldi, fondati su un principio assolutamente democratico e nel pieno rispetto dei nostri lettori e di tutte le persone che bene o male, attivamente o passivamente, partecipano alla crescita di Praticantati, degli studenti del Prati, dei giovani di oggi. Ed ora analizziamo le bordate lanciateci da Riccardo. Innanzitutto precisiamo che tutte le decisioni prese per il giornalino sono state affrontate, discusse e scelte con entrambi i capiredattori: il “maggiore potere” (mah…) di cui parla il nostro redattore c’è sempre stato, non è mai stato “autoassunto” da nessuno, è semplicemente tra i compiti di un caporedattore e, a quanto pare (non ce ne siamo resi conto, ma pare sia così…), quest’anno ne abbiamo fatto ricorso per le già spiegate ragioni di dare un ordine logico di leggibilità e correttezza al nostro giornalino. Per correzioni e impaginazione c’è bisogno di un computer, non di due persone; forse l’estensore della lettera di critica si riferiva ad un blog informatico, ovvero un recipiente virtuale dove vengono autonomamente inseriti e commentati degli scritti. E forse sembrerà una cosa assurda ma il ruolo del caporedattore è proprio quello di dire (ancora una volta citiamo testualmente):"no, questo articolo, questa frase non vanno bene, cambiali o non pubblico l'articolo". Per dovere di cronaca informiamo che tale situazione si è verificata due volte da quando siamo alla capo redazione di Praticantati, sicuramente non in questi termini di perentorietà ma proponendo consensualmente una mediazione per evitare di riportare infondate ed imbarazzanti illazioni! È nel nostro migliore interesse venire incontro ai membri della redazione, e abbiamo sempre agito all’insegna di questo proposito. Fra l’altro, ci permettiamo di ricordare che non tutto ciò che si scarica da internet è oro colato, e che per ogni sacrosanta verità che viene urlata a dritta e a manca, un’altrettanta sacrosanta verità opposta e contraria viene sbandierata nelle stesse direzioni! Ed ora perdonateci, ma non nascondiamo che abbiamo ancora male alla schiena per la coltellata: l’affermazione “i cambiamenti mi sono sempre stati comunicati pochi giorni prima dell'uscita del giornalino, in modo che, se anche avessi protestato, ero costretto a stare zitto perchè "ormai le copie sono in stampa", ci ha rattristato ed amareggiato parecchio: infatti in tutto quest’anno, sotto la nostra supervisione, non sono mai state pronunciate queste parole. Certo, nessuno nega di aver differito la pubblicazione di un articolo o proposto di cambiare qualche frase (ben spiegando le motivazioni poc’anzi riportate), il che è il giusto dovere di ogni caporedattore, in qualunque redazione di qualunque giornale, scolastico o nazionale che sia, ma non abbiamo mai pubblicato qualcosa senza il consenso dell’autore o corretto noi stessi il suo scritto! n° 6 anno XII Ed ora, come Riccardo ha gentilmente fatto, elencheremo il perché delle correzioni richieste nei suoi lavori, secondo la scelta di neutralità politica decisa per Praticantati. L’eliminazione del testo della canzone "Il mio migliore inganno" del gruppo rap Assalti Frontali, essendo stato considerato di minor rilievo anche dallo stesso autore dell’articolo, è derivata dalla mancanza di spazio. Ci fischiano già le orecchie… Sembra di sentire: “Questa se la potevano risparmiare!” “Tsk! Ridicola spiegazione!” e via dicendo. Ci spiace, ma invece è proprio così. Delusi? Il numero di pagine del giornalino è concordato da un contratto commerciale al quale la direzione del nostro Istituto si deve attenere, così come la colorazione dell’inchiostro, il numero di copie e numerosi altri parametri noiosissimi e per niente interessanti, ma che rappresentano paletti inamovibili per chi il giornalino lo “fa vivere”. Intendiamoci, niente di drammatico, nemmeno per un lobotomizzato… Anzi, so che qualcuno penserà di spararci, ma riteniamo che l’esperienza di partecipare alla redazione di Praticantati sia un’autentica emozione, oltre che un esercizio estremamente formativo (anche se, a quanto pare, non proprio per tutti…). Inoltre, ci sembra francamente che, per quanto riguarda la discussione con Silvio sul fatto di riportare o no che la band punk C.C.C.P. fingesse di essere pro-U.R.S.S., ciò è ugualmente trapelato dalla lettura dei vari elementi del testo e dal suo filo conduttore: non capiamo quale sia il problema (non si può pretendere troppo…) e sembra quasi che la critica sia strumentale a qualcos’altro (per carità, non diteci però a cosa perché non ci interessa!). Il cambiamento della parola "fascisti" in "esponenti dell'estrema destra" non è stato dovuto al fatto che fa più dolce, ma solamente perché il concetto che il redattore stava esprimendo era inserito in una situazione di contemporaneità ed in un chiasmo di partiti politici attualmente esistenti; dal momento che il termine “fascisti” è riferito a soggetti esponenti di un partito politico non più esistente da qualche anno (la maggior parte dei nostri genitori non era ancora nata quando già questa formazione politica è stata abolita) e che apologizzare questo concetto è perfino previsto come reato dalla nostra legislazione, è stato fatto il citato suggerimento a Riccardo. Ci chiediamo inoltre se, come ci viene imputato, abbiamo effettivamente caricato di aspettative questo giornalino. Eccome se lo abbiamo fatto! Si, e ne siamo più che felici! Ne siamo fieri! Perché le nostre aspettative le stiamo raggiungendo! In quest’ultimo anno un sempre maggior numero di persone si è avvicinato alla nostra rivista: lettori prataioli e non, nuovi giovani, intraprendenti redattori e vecchie penne liceali; abbiamo conosciuto e fatto conoscere, intervistandoli, personaggi di primo piano nella nostra società, cercando di dare voce alle domande di noi studenti e di avvantaggiarci per il nostro futuro; siamo riusciti a farci conoscere anche fuori dalle mura del Prati, iniziando a far sentire al mondo la nostra voce, i nostri ideali e tutte le cose che anche i ragazzi, e soprattutto i Prataioli, possono fare nel mondo, per il mondo, alla faccia di chi dice che le nuove generazioni non sono in grado di assumersi responsabilità per il futuro! Pensate sia blasfemia? Noi non crediamo! I prataioli non ci sono per pettinare le bambole (di plastica)! E quindi, sulla scia finale di questo nostro pezzo, ringraziamo Davide, Angelo, Francesca e Riccardo per aver reso partecipi i lettori di Praticantati con le loro lettere. Poiché c’è stato l’articolo (gli articoli) e la controparte, non volendo farne un tema trainante di questo giornalino, trattandosi solamente di sterili chiacchiere, ci siamo sentiti in dovere di rispondere, promettendovi che la questione è chiusa. Speriamo di non avervi annoiato troppo e di essere stati esaurienti nel rispondervi. I caporedattori di Praticantati Martina Folena & Silvio Defant PRATICANTATI 39 messaggeria di PRATICANTATI Scoperta del secolo. Uomaccione della 3 c che Thomas: l’acqua si di- scuoti le macchinette del spone a seconda della 1° piano, sei bellissimo! forza di gravità. Bravo! P.S. Devi uscirne! By la tua Mattia 3^C, perché non esci dalla tua tana??? Vorrei vederti più spesso sui corridoi a ricreazione. M. Giù le mani dal mio omaccione! ♥ Briochesina 64 Sofia C…. Sei diventata la mia ossessione… quando ti vedo passare in corridoio mi sento morire. Ti desidero! Anonimo Infatuato Un elefante si dondolava su il filo di una ragnatela, trovando il gioco molto Mosna di interessante ando a chiamare un altro 3^C, senza elefante (Cice, Joe e Giù vi voglio barba 6 + bello… cs sembri tanto bene!) Nina W le pance disegnabili! Cice tesoro mio, sono molto felice che tu stia con Ust… Ma aΈνρικω desso mi sorge spontanea una φρέαρ! domanda: quando mi fai divenTraducete! tare zia?! XD by Joe Nobu we love you! By Nana & Shin ♥ I ♥ Giorgia’ s badiglie! Alessandro, “EmOLoRd” 3^C, il tuo piercing è da duro, ma la tua camminata rivela un animo un po’ dark. Mi hai colpita, sai? Ti ho visto dal dentista e mi hai rapita. Guardati intorno con quegli occhi BLU ♥ By “Rotolina alata” VOLETE CONTATTARE LA REDAZIONE DI PRATICANTATI?: FATE COSI: contattate la redazione utilizzando la e-mail [email protected] usate il box della messaggeria nell’atrio in sede e nella sala dei distributori automatici in succursale contattateci direttamente (possibilmente non durante le lezioni… qualcuno avrebbe da ridire.) su http://praticantationline.wordpress.com, potrete interagire con Praticantati anche sul web, facilmente, velocemente ed immediatamente. Un modo ancora più diretto per esprimere i nostri pensieri e per essere più vicini gli uni agli altri. 40 PRATICANTATI Questa scuola cade a pezzi! Help!!! Ah! vekkio! Infatuata IV C Tu, donna dissoluta, non riuscirai mai a rubarmi il Loris!! Kyahiii! (urlo di battaglia) I’m a Gipsy! Fa fiiiiigo!!! Non militia sed malitia! X dove c’è Lucio c’è casa: Cercasi testa di cavallo già MANIFESTAR- mozzata da mettere nel letto SI!! di Marcello... Era divertente… inizia ad essere Gianluca del 1°piano, vorrei posainquietante… re per le tue foto, metti più spesso la camicia a quadri… con quelle Sebafattone, spalle…!! Tua, Primina Stregata Carlygnocca, Pietropollo! Riccardo II C sei carinissimo... E non ci lasceremo maiiii! :) Siri ti amo! :) Alla raga di 3 C, quanti biglietti per il Retrò devo comprarti perché tu mi noti?!? Franz I B PRATICANTATI offre spazi pubblicitari Volete far entrare la vostra azienda, il vostro marchio, le vostre proposte commerciali fra i lettori di questo giornale? Contattate la redazione seguendo le istruzioni del box a destra, o la segreteria del Liceo classico G. Prati di Trento! Un nostro incaricato vi contatterà, esponendovi prezzi e modalità. Aprile 2010
Documenti analoghi
Novembre 2009 - Copia
Direttore responsabile: Antonio Di Seclì
Caporedattori:Martina Folena & Silvio Defant