Title: studio descrittivo delle evidenze neuropsicologiche in un

Transcript

Title: studio descrittivo delle evidenze neuropsicologiche in un
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Title: studio descrittivo delle evidenze neuropsicologiche in un gruppo di pazienti HIV
positivi afferenti al reparto malattie infettive dell’ospedale di Alessandria
Authors: Amendola G., Caprioglio S., Mantia E., Spagna S., Zoppi M.;1 Mombello S.,
Montobbio G., Pepoli A.;2 Palermo M.;3
Type: Original Article
Keywords: deficit, neuropsicologico, HIV;
Abstract
Obiettivi: Le ormai note complicanze neurologiche nell’infezione da HIV comportano la
necessità di introdurre la figura del neuropsicologo nel team dedicato, con
l’obiettivo iniziale di definire un modello di presa in carico per l’utenza e
descriverne le caratteristiche e i bisogni rilevati.
Metodologia: data la particolare caratterizzazione sottocorticale del danno neuro-cognitivo
secondario a HIV, che interessa in modo trasversale un po’ tutti i sistemi
neurocognitivi, è stato necessario ricorrere, sul campione iniziale che qui
descriviamo, composto da 31 pazienti, ad un’ampia batteria di prove
neuropsicologiche, in linea con i protocolli internazionali, completata da un
questionario di valutazione dell’umore (Beck Depression Inventory) e
un’intervista sulla tipologia, qualità e livelli di soddisfazione all’interno dei
principali legami di appartenenza.
Risultati: i dati fino oggi raccolti hanno mostrato specifiche difficoltà a livello di funzioni
esecutive. Alcuni indici di confronto, che dovranno essere sottoposti a successive
1
Azienda Ospedaliera “SS.Antonio e Biagio e C.Arrigo” di Alessandria, SC Malattie infettive
Azienda Ospedaliera “SS.Antonio e Biagio e C.Arrigo” di Alessandria,, SSA Psicologia
3
Azienda Ospedaliera “SS.Antonio e Biagio e C.Arrigo” di Alessandria, SC Neurologia
2
1
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
conferme e più fini analisi, sono risultati suggestivi per la possibilità di individuare
e selezionare, tra quelli comunemente usati in questo campo, alcuni paradigmi
neuropsicologici dotati della più alta validità di costrutto e di specificità predittiva.
Conclusioni: le azioni neuropsicologiche sembrano poter rappresentare, oltre ché un fattore
preventivo per i pazienti con HIV, una verifica ed eventuale adeguamento dei
livelli di aderenza alle terapie, utile al fine di ottimizzare le risorse.
Garantiscono inoltre, grazie all’offerta di un possibile “contenitore” dato dallo
specialista, di ridurre il gravoso carico emotivo della malattia.
Abstract
Object: By now well-known neurological complications of HIV infection require the
intervention of a neuropsychologist in the specific group so that the primary goal
becomes to define a model including psychological support services and HIV clinical
practice.
Methodology: considering the particular subcortical structure of neurocognitive brain
impairment in HIV disease, which passes trough the main neurocognitive
domains, it was necessary for us to undergo 31 individuals a wide standardized
neuropsychological examinations, with published criteria for diagnosing HAND,
preceded by an interview about mood state (Beck Depression Inventory) and a
self-report questionnaire about style, quality and satisfaction inside their main
relationships.
Results: the data reported here have demonstrated particular deficits in executive functions.
Some rates of comparison, that will have to be confirmed and submitted to deeper
studies, may have clinical implication for detecting and selecting the most predictive
and valid neuropsychological tests.
Conclusions: neuropsychological findings can examine and adapt adherence rates to optimize
financial costs, besides representing a predictive factor for individuals living
with HIV infection. They appear to be essential for reducing heavy emotional
experience of disease.
2
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
1. INTRODUZIONE
Nella storia clinica dell’infezione da HIV gli specialisti notarono quasi subito che, era
presente una consistente sintomatologia neurologica, soprattutto in quei pazienti ad uno stato
avanzato di malattia; questo suggeriva che l’agente patogeno sottostante causasse danni
anche al Sistema Nervoso Centrale (SNC). È in uno studio del 1987 che si sono trovate
evidenze di un oggettivo “impaccio neuro cognitivo”(HAND) durante tutte le fasi
dell’infezione; questo riguardava nel dettaglio le funzioni esecutive, la memoria episodica e
la velocità di processamento delle informazioni (Woods et al. 2009)1.
Le esigenze imprescindibili per la qualità dell’adattamento alle cure, e di vita, sono quelle di
un’individuazione precoce e di eventuale implementazione di protocolli di rieducazione
neuropsicologica, oramai di comprovata evidenza scientifica internazionale (Cicerone et al.,
2000).2
Una delle prime scale usate per diagnosticare le alterazioni neuro cognitive associate ad HIV
(HAND) è stata la Memorial Sloan Kettering (MSK) , che include diversi livelli di gravità dal
disturbo cognitivo minimo all’impaccio profondo e disabilitante (Price RW, Brew B, 1988)3;
tuttavia la scala includeva diversi deficit neurologici correlati a mielopatie e non sembrava
differenziare in modo soddisfacente questi ultimi piuttosto che le alterazioni cognitive e
comportamentali derivanti da patologie cerebrali.
Nel 1991 l’American Academy of Neurology (AAN) delineò le linee-guida per la
classificazione delle complicanze neurologiche
nell’infezione da HIV (Jannsen RS,
Cornblath DR, Epstein LG 1991)4 descrivendo 2 livelli di disordine cognitivo: disordine
cognitivo- motorio minore (MCMD) ed una demenza più grave HIV-correlata (HAD).
L’MCMD comprendeva anche disfunzionalità meno accentuate sul piano cognitivo-motorio
ed anche disordini comportamentali (Gandhi NS, Moxley RT, Creighton J et al., 2010)5.
Nel 2007 venne proposta una revisione di questa classificazione da parte di un gruppo di
lavoro formatosi a Frascati, in Italia, il cui intento era quello di meglio differenziare i disturbi
neuro cognitivi dopo l’introduzione dei farmaci antiretrovirali (HAART), poiché sembravano
persistere forme lievi di screzi neuro cognitivi. Questi “nuovi criteri”sottolineano che la
caratteristica principale dell’HAND è l’impaccio cognitivo; tale modifica elimina la
possibilità che il deficit neuro cognitivo sia diagnosticato su base neuromotoria e su
alterazioni comportamentali di tipo più squisitamente psichiatrico (Antinori et al., 2007)6.
3
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Nel 2007 l’HIV Neurobehavioral Research Center ha modificato i precedenti criteri di
inclusione per i disordini neurocognitivi (HAND) ridefinendoli secondo 3 categorie
diagnostiche (ibidem):
1. Asymptomatic Neurocognitive Impairment (ANI): è presente in circa il 2130%(Woods et al., 2009)ib degli individui affetti da HIV, cosiddetti, “asintomatici”
ed è definito da prestazioni che si discostano di almeno 1 deviazione standard, dalla
media campionaria di riferimento, in almeno 2 domini cognitivi esaminati attraverso
procedure testistiche (ad es. procedure attenzionali, linguaggio, memoria, funzioni
esecutive, velocità motoria e psicomotoria). I criteri di esclusione da tale diagnosi
ricorrono per uno stato confusionale dovuto ad un’infezione opportunistica del SNC,
ad insulto vascolare, ad effetti secondari legati all’uso di sostanze stupefacenti o altri
disordini di tipo sistemico.
2. Mild Neurocognitive Disorder (MND): si presenta come un deficit neuro cognitivo
che va da lieve a moderato, la sua incidenza è stimata tra il 5 e il 14% negli individui
con sintomi precoci e dal 25%(ibidem) di quelli con AIDS. Le alterazioni
documentate delle funzioni cognitive devono essere presenti in almeno 2 diverse aree
e devono discostarsi di almeno 1 deviazione standard dalla media di riferimento;
inoltre le compromissioni devono mediamente interferire con le attività della vita
quotidiana.
3. HIV-Associated Dementia (HAD): è la forma più grave di HAND ed è caratterizzata
da impaccio cognitivo da moderato a grave rilevato da valori che si allontanano di 2
deviazioni standard dal range di riferimento in almeno 2 domini cognitivi, con
ulteriori rilevanti difficoltà nelle attività quotidiane. In seguito all’introduzione dei
farmaci antiretrovirali, l’incidenza per una diagnosi di HAD è stimata dall’1 al
2%(ibidem).
L’HIV accede al sistema nervoso centrale per via ematica, con monociti infetti che passano la
barriera ematoencefalica, questo comporta l’attivazione di macrofagi e di astrociti che
rilasciano molecole infiammatorie e neurotossiche che possono portare a disfunzione,
degenerazione e morte cellulare (McArthur et al., 2005)7.
L’HIV, a livello neurale, agisce interrompendo i collegamenti fronto-striato-talamo-corticali;
inoltre attacca la struttura e le funzioni della sostanza bianca e le cortecce temporali, parietali
4
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
e frontali . Il virus si insinua nel SNC attraversando la barriera emato-encefalica, non
infettando direttamente i neuroni ma producendo un danno sinapto-dendritico (Woods et al.,
2009)ib.
Alcuni studi hanno rilevato come nei casi di impaccio il danno associato più frequentemente
fosse quello alla sostanza bianca (Gongvatana et al, 2009)8; inoltre grazie alle tecniche di
neuroimaging è stata rilevata una diffusa atrofia cerebrale e anomalie ai gangli della base
(Stout et al., 1998)9.
Le osservazioni suggeriscono che il profilo associato ad HAND è connesso a compromissioni
di tipo sottocorticale con deficit soprattutto nelle aree motorie, attenzionali e delle funzioni
esecutive.
Le compromissioni a livello di rallentamento motorio sono soprattutto evidenti quando viene
richiesto un maggiore impiego di risorse (ad es. test dual tasks).
Secondo questi autori, la maggior parte dei deficit riguarderebbe la memoria episodica, ed in
particolar modo le difficoltà emergenti nei compiti che richiedono un coinvolgimento di tipo
visivo e verbale (Hinkin et al., 2004)10.
Questi due tipi di alterazione (rallentamento psico-motorio e disturbo mnesico) si sono
rivelati gli indicatori più sensibili di HAND.
Si sottolinea inoltre, un particolare aspetto della memoria episodica, la memoria prospettica,
che riguarda l’abilità di eseguire con successo un’azione programmata. Tale costrutto
coinvolge la formazione, il consolidamento, il recupero e l’esecuzione di tale azione; ragion
per cui svolge un ruolo critico nelle attività della vita quotidiana come ad esempio il
funzionamento sociale, il lavoro, le responsabilità legate alla gestione finanziaria, gli aspetti
relativi alla salute e l’aderenza alle terapie. Infatti, gli individui affetti da HIV mostrano a
queste performances livelli di disabilità che vanno da lievi a moderati.
In un recente studio, in particolare (Woods et al., 2011)11 si è cercato di determinare
l’incidenza dei deficit di memoria prospettica sul rischio di disoccupazione negli individui
affetti da HIV; in una ricerca in tal senso del 1994 (Heaton et al., 1994)12 veniva riportata
una forte correlazione tra alterazioni neuro cognitive associate ad HIV e probabilità di non
essere occupato lavorativamente.
Si è constatato che, soprattutto nelle fasi più avanzate della malattia, ma non in maniera
esclusiva, si verificano compromissioni delle funzioni esecutive, ed anche in questo caso le
ripercussioni più evidenti avvengono nei contesti di vita quotidiana.
5
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Altri studi (Gorman et al., 2009)13 si sono soffermati sulla difficoltà di tornare al lavoro dopo
la diagnosi di impaccio neurocognitivo; è emerso che si tratta di un processo difficile e
complesso, principalmente per le persone non occupate più da tempo. Inoltre tra quelli che
continuano a lavorare è statisticamente più probabile rilevare una diminuita efficacia; in
particolar modo le aree della memoria e delle funzioni esecutive sono emerse essere
maggiormente implicate ( Van Gorp et al., 1999)14. La letteratura concorda sulla necessità di
utilizzare le valutazioni neuropsicologiche come strumento predittivo per un successivo
ritorno al lavoro e per individuare le potenziali aree cognitive da riabilitare.
Mentre l’incidenza di HAD si è ridotta in seguito all’introduzione della terapia antiretrovirale
di combinazione (cART), la prevalenza generale dei disturbi neuro-cognitivi è in aumento,
verosimilmente in relazione all’aumento nel tempo di nuovi casi incidenti e della
sopravvivenza dell’infezione da HIV, interessando il 25-50% dei pazienti.
È perciò importante identificare quanto prima le persone con impaccio cognitivo
essenzialmente per le seguenti ragioni:
- I trattamenti con i farmaci antiretrovirali hanno dimostrato progressi nel funzionamento
cognitivo di adulti e bambini con deficit di grado lieve.
- Gli studi hanno dimostrato che i pazienti con esperienze di alterazioni sono meno aderenti
alle terapie di quelli senza alcun tipo di difficoltà.
- I disturbi neuro cognitivi sono un forte predittore di encefalite da HIV, riscontrata postmortem.
- E’ noto che le disfunzioni cognitive peggiorano la qualità della vita ( Griffin, Gerhardstein,
2010)15.
Vi sono tuttavia, nel paziente con infezione da HIV, delle condizioni-comorbosità di per sé
potenzialmente associate a disturbo neuro cognitivo, che possono contribuire o sostenere
totalmente il deficit cognitivo, e confondere la diagnosi di HAND. Ci riferiamo, in
particolare, alle condizioni di sofferenza affettiva, i disturbi d’ansia, le possibili
problematiche psichiatriche più o meno associate all’instaurarsi una patologia cronica, all’uso
passato o attuale di sostanze d’abuso e, non ultime, le condizioni di co-infezione con le
infezioni da HCV, la cirrosi epatica e altre comorbosità internistiche. Nello specifico occorre
segnalare che alcuni pazienti presentano in associazione all’HIV infezione da Lue, tale da
compromettere il quadro neuro-cognitivo in modo elettivo e primario.
6
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Spesso è difficile differenziare i sintomi dell’ansia, della depressione o di altri disturbi
psichici da quelli dovuti all’infezione da HIV e, in particolare, ai sintomi neurocognitivi HIVcorrelati.
La depressione e l’ansia, infatti, sono spesso associate a sintomi cognitivi, con una ridotta
capacità di attenzione, concentrazione, disturbi della memoria e della vigilanza, rallentamento
ideo-motorio, suggerendo che queste stesse condizioni rappresentino un fattore di rischio per
HAND ed una comorbosità associata e potenzialmente causalmente correlata.
Inoltre diversi recenti studi hanno rilevato la stretta interdipendenza esistente tra disordini
neurocognitivi e fattori di rischio per HIV, come nel caso di malattia mentale o dipendenza da
sostanze stupefacenti; tali eventi possono conseguentemente condurre ad una bassa aderenza
alle terapie farmacologiche ed esacerbare la sintomatologia HIV-correlata (Anand et al.,
2010)16.
Varie segnalazioni, a tal proposito, sostengono che nei paesi industrializzati la prevalenza da
infezione da HIV sia notevolmente aumentata in soggetti con patologia psichica (De Socio et
al., 2006)17.
2. Obiettivi: descrizione dei formati applicativi e delle criticità delle azioni di
neuropsicologia clinica in ambito di infezione da HIV
La particolare evoluzione dell’infezione da HIV, trasformatasi da malattia a decorso infausto
a malattia cronica ha imposto, anche al Nostro Ospedale, l’implementazione di presidi di
presa in carico di prevenzione secondaria rispetto alla patologia. Le specifiche esigenze di
cura neuropsicologica hanno condotto ad una fase di sperimentazione organizzativa di un
“modello a team” di risposta ai bisogni dei pazienti di concerto fra i medici del Reparto
malattie infettive e l’ambulatorio di Neuropsicologia.
Si è trattato di una primo tentativo di risposta alle complesse ed eterogenee problematiche
dell’utenza portatrice della malattia in oggetto, sulle quale il Servizio di Psicologia insieme ai
Responsabile della SOC Malattie Infettive ha avviato una prima riflessione e condotto i primi
interventi, in attesa di poter implementare nuove risorse per riuscire a rispondere in modo
continuativo ai bisogni sanitari e preventivi di queste persone.
Le azioni diagnostiche sono state precedute da una valutazione del flusso di accoglienza e
presa in carico diagnostico-terapeutico già in opera all’interno del Reparto Malattie infettive,
e, successivamente ai confronti in team ci siamo dedicati allo studio delle linee di indirizzo
nazionali e internazionali e al confronto con altri Centri di Ricerca.
7
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Le osservazioni successive sono state condotte a margine delle prese in carico psicologiche,
tramite validazioni empiriche e analisi dell’operatività.
Questa prima fase di accoglienza e intervento è stata condotta ponendo una particolare
attenzione alla verifica empirica dei percorsi di aderenza, dei metodi di accoglienza, dei
paradigmi testistici e dei risultati di presa in carico, così da costruire una base dati conoscitiva
utile al controllo nel tempo dell’andamento dei pazienti.
I dati di verifica empirica da Noi raccolti e qui presentati sono quelli relativi all’attività
clinica condotta dal settembre 2011 alla primavera del 2012. In questo periodo sono state
prese in carico con intervento neuropsicologico 31 persone.
Con questo lavoro riportiamo i dati relativi al flusso di azioni condotte durante le valutazioni
neuropsicologiche, il lavoro in team e i dati di validazione empirica raccolti nell’operatività.
Le riflessioni quantitative sono state condotte in tal senso al di fuori di qualsiasi forma di
sperimentazione e ogni azione è stata condotta puramente in risposta alle priorità di cura e
preventive che ci siamo posti come settore di intervento di team.
In tal senso i dati raccolti non rappresentano che una porzione ridotta della casistica afferente
alla SOC Malattie Infettive, utile tuttavia a fornire una prima proiezione dei bisogni in senso
tecnico-specialistico (neuropsicologico e psicoterapico) e organizzativo e a porre prime
risposte del lavoro di team che occorrerebbe sviluppare per intervenire nella “fascia di
criticità” della popolazione con più bassi livelli di aderenza, che rappresenta con tutta
probabilità la popolazione più a rischio.
3. Metodologia delle attività di diagnosi
L’infezione da HIV è caratterizzata da una serie di disfunzioni neuro cognitive di tipo
sottocorticale con deficit principalmente nelle abilità di tipo esecutivo, attentivo e di velocità
psico-motoria.
Data la natura diffusa del virus a livello neuropatologico ci si è dovuti affidare ad un’ampia
batteria testistica che includesse il più possibile la valutazione dei diversi domini cognitivi
implicati (la batteria è stata somministrata in due diversi momenti). In concomitanza è stato
fornito un questionario di auto somministrazione per la rilevazione del tono dell’umore (Beck
Depression Inventory)18 unitamente ad una breve intervista sulla tipologia, qualità e livello
di soddisfazione dei legami, attuali e passati per avere un indice del tono affettivo.
In particolare i tests somministrati sono stati
seguenti: ENB (Esame Neuropsicologico
Breve)19 e MMSE (Mini-Mental State Examination)20 per uno screening globale delle varie
8
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
aree cognitive, WCST (Wisconsin Card Sorting Test)21 e PASAT (Paced Auditory Serial
Addition Test)22 per un’accurata valutazione della funzionalità esecutiva, Test 2&7 di
Ruff23 come misura dell’attenzione sostenuta e selettiva, e IHDS (International HIVDementia Scale)24 per una semplice e veloce indagine come indicato dalle linee guida
internazionali.
4. Risultati del campione clinico esaminato
Complessivamente sono state inviate a consultazione diagnostica neuropsicologica circa l’8%
della popolazione afferente alle cure del reparto.
Trattandosi di un ambulatorio in fase d’avvio abbiamo affiancato la pratica neuropsicologica
ai pazienti più richiedenti, considerando le difficoltà che può incontrare gran parte di questa
popolazione di malati ad affrontare temi psicologici. Si è trattato quindi di un reclutamento i
cui criteri di pertinenza erano stati valutati precedentemente in team (personale responsabile
dell’ambulatorio HIV, Responsabili di SOC, Neuropsicologo). In altri termini il campione da
cui abbiamo tratto i dati non può essere considerato rappresentativo di un’intera utenza
afferente ai presidi di cura per l’HIV. Possiamo tuttavia ipotizzare, che proprio le persone
apparse più vulnerabili, che mostrano alti livelli di preoccupazione e/o con stili di vita non
salutari siano portatori delle difficoltà più significative per le problematiche sulle quali
dobbiamo intervenire. Nel periodo dell’analisi e stesura del presente articolo l’argomento è
stato ulteriormente sviluppato, attraverso la diffusione di un volantino informativo, che sta
avvicinando anche parte dell’utenza più preoccupata al Servizio, e l’introduzione da parte del
personale di cure di nuovi algoritmi comunicativi.
Ad oggi, alcuni indicatori ci dicono che stiamo assistendo ad una progressiva presa di
coscienza anche da parte di restante parte della popolazione di utenti.
Il campione di pazienti considerato nella presente elaborazione di dati empirici è composto da
31 individui (12 femmine e 19 maschi) di età compresa tra i 18 ed i 65 anni (2 casi oltre i 65
anni).
L’età media della porzione femminile è di 43,6 aa,. mentre quella maschile di 50,5aa. con un
totale generale di 47aa. Il nostro campione ha aderito e collaborato alla somministrazione
delle prove; in qualche occasione è stato un modo per avvicinarsi alle persone ed accogliere
le loro richieste di sostegno psicologico.
9
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
I bisogni di sostegno, grazie all’introduzione delle terapie antiretrovirali che hanno consentito
un netto miglioramento dalla qualità di vita dei pazienti, rappresentano un presidio molto
utile per il particolare carico di elaborazione che questa malattia porta.
4.1 Caratteristiche del Campione in relazione alla popolazione italiana
Il campione di pazienti che abbiamo esaminato è composto per il 38.71% da femmine e per il
61.29% da maschi; la fascia d’età maggiormente rappresentata è quella 46-50 anni (19%)
mentre il titolo di studio più conseguito corrisponde al diploma di scuola media inferiore con
il 35.85% dei casi.
Sono persone in gran parte celibi/nubili (36.67%) e gli stranieri sono rappresentati dal 12.9%.
Rispetto ai dati ISTAT (aggiornati all’anno 2010) sulla popolazione italiana il nostro
campione si differenzia per il genere, essendo maggiormente rappresentato dai maschi
mentre, come noto, il dato a livello nazionale vede una lieve preponderanza della parte
femminile.
Dal punto di vista della formazione scolare si tratta di una popolazione che ha conseguito in
prevalenza la licenzia media inferiore mentre la popolazione a livello nazionale risulta più
distribuita tra elementari, medie e diploma.
Considerando la popolazione dal punto di vista del consolidamento dei processi di
individuazione- crescita rispetto alla famiglia d’origine (quindi la fascia d’età tra i 36 e 55
anni) il campione clinico da noi considerato sembra mostrare una minor stabilità di legami
coniugali con solo il 38% di persone sposate contro un dato nazionale al 2010 del 75%. Nel
31% si tratta di persone celibi contro il 20% sul territorio nazionale e l’11,5% è divorziato
contro una media nazionale del 3,5%.
4.2 Caratteristiche del gruppo di pazienti in relazione ai dati epidemiologici Nazionali
Dai dati epidemiologici, riportati dal Sistema di sorveglianza relativo alle nuove diagnosi di
infezione da HIV segnalate nel 2009 nel nostro Paese, risulta un’incidenza del 6.0 per
100.000 residenti con un’età mediana pari a 39 anni per i maschi e 36 per le femmine. In
questo senso il campione qui considerato risulta leggermente più “anziano” con 47,8 anni di
media.
Le modalità di trasmissione sono dovute nel 79% dei casi a contatti di tipo omosessuale ed
eterosessuale e dal 5.4% a casi di tossicodipendenza; le donne risultano essere colpite per il
23-25%. Inoltre quasi una persona su tre è di nazionalità straniera. Da un confronto relativo
al periodo 1985-2009 in Italia, si nota un aumento dell’età mediana al momento della
diagnosi essendo di 26 anni per i maschi e di 24 per le femmine nel 1985; inoltre si è
10
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
verificata un’inversione rispetto alle categorie di trasmissione passando da una proporzione
di tossicodipendenti pari al 74.6% nel 1985 al 5.4% attuale mentre i casi attribuibili a
trasmissione sessuale sono aumentati dal 7.8% al 79%.
Il nostro campione clinico, in linea con il dato epidemiologico, vede una preponderanza della
parte maschile (61.29% contro il 38.71% delle femmine) ed anche nelle categorie di
trasmissione si verifica concordanza con il campione nazionale osservando una prevalenza
della modalità di contagio sessuale (il 22.5% dei casi fa riferimento all’uso di sostanze
stupefacenti per via iniettiva ed il 61.3% a contagio di tipo sessuale). Risulta una percentuale
corrispondente al 16.12 di casi di dubbio contagio, ossia ove non è stato possibile stabilire le
modalità di trasmissione, che si attesta al 15.1% del campione nazionale. Gli stranieri sono
presenti nel 12.9% delle persone valutate.
Il campione da noi osservato, rispecchia quindi quanto emerso sull’andamento e le
caratteristiche dell’infezione da HIV nel nostro Paese.
4.3 Frequenza di HAND probabile riscontrata nel gruppo preso in carico
Facendo riferimento alle linee di indirizzo che derivano dall’inquadramento diagnostico di
Antinori (Antinori A, Arendt G, Becker JT et al, 2007)ib rientrano nel gruppo di asintomatici
15 individui (48.38%); 5 (16.12%) risultano affetti da Disturbo cognitivo lieve e 1 (3.22%)
con Demenza grave.
In tutti i restanti casi gli indici psicometrici, ad oggi, non autorizzano a fare ipotesi di
sindrome neuropsicologica in atto.
Va sempre considerata la difficile interpretabilità di alcuni casi, a causa della complessità
dell’adattamento alla malattia cui gli individui affetti da questo tipo di patologia devono far
fronte; in particolar modo ci si deve confrontare con l’ansia e la depressione, che possono
avere un rapporto causale rispetto alle disfunzioni cognitive, con ridotta capacità di
concentrazione e attenzione e disturbi della memoria.
In effetti abbiamo cercato, date le particolari esigenze della popolazione considerata, esposta
ad una malattia cronica con ricaduta sul benessere socio-relazionale, di predisporre ed
affiancare agli obiettivi preventivi che sono scaturiti nel presente articolo, una disponibilità di
accoglienza del disagio psichico associato alla malattia. Abbiamo in tal senso,
preventivamente, invitato le persone alla compilazione di un questionario di auto
somministrazione per il livello di sintomi depressivi e ad un breve resoconto sulle modalità di
legami e livelli di soddisfazione incontrati lungo la loro storia evolutiva per raccogliere alcuni
indicatori dei bisogni di questa popolazione. I risultati non sembrerebbero mostrare
11
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
sintomatologie depressive conclamate indagabili con i comuni questionari di rilievo
psicometrico.
Rispetto alla compilazione delle schede narrative relative alle proprietà di legami, attuali e
passati, le persone prese in carico hanno fornito sempre risposte molto ridotte per estensione
e diversificazione dei contenuti.
Questo in un primo momento sembrerebbe andare in direzione opposta a quello che ci si
potrebbe attendere per persone che, costrette a fronteggiare un evento “non normativo”
(imprevedibile e non atteso) dovrebbero sentire una grossa esigenza che li spinge a
“raccontarsi”. Inoltre va segnalato che tutte le narrazioni autodescrittive sono risultate prive
di indicatori per disorganizzazione del pensiero, sofferenza affettiva grave o altri indici
narrativi rinviabili a sofferenza psichica maggiore, escludendo quindi la possibilità che lo
stress indotto dalla comunicazione della diagnosi abbia indotto ricadute traumatiche tali da
comportare attenzione psichiatrica.
Durante il percorso di presa in carico diagnostica tuttavia l’approfondimento clinico ha fatto
emergere vissuti più fini e differenziati e frequentemente un grado significativo di sofferenza
affettiva che in diversi casi hanno portato a richiedere un presidio psicoterapeutico. In tutti
questi casi, gli indici di efficacia ad oggi raccolti, sembrano incoraggiare molto l’uso dello
strumento della psicoterapia per alleviare il disagio delle persone portarici di HIV.
Tornando al Nostro discorso principale, in tutti questi pazienti è evidente come occorra
molta cautela nella lettura dell’andamento dei test neuropsicologici e in effetti, in queste
situazioni, abbiamo considerato il quadro neuropsicologico come asintomatico. Per avere una
verifica empirica dell’andamento di questi casi, in grado di meglio definire i bisogni e le
caratteristiche evolutive delle sindromi neuropsicologiche andranno attesi i dati di follow-up
(Linee guida italiane sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnosticoclinica delle persone con HIV-1, 2011)25.
5. Risultati: caratteristiche neuropsicologiche dei pazienti
I dati che qui presentiamo sono stati raccolti negli interventi di cura, non definiti da obiettivi
di ricerca tali da preordinare le Nostre azioni cliniche; tuttavia abbiamo ritenuto opportuno
riportarne una descrizione ragionata, utile alla pratica clinica e propedeutica ad eventuali
progetti osservazionali futuri.
In tutti i pazienti presi in carico abbiamo riscontrato un unico caso che soddisfa i criteri della
demenza conclamata (Antinori A, Arendt G, Becker JT et al, 2007)ib. L’introduzione dei
12
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
farmaci antiretrovirali di combinazione (cART) ha portato infatti ad un netto miglioramento
delle patologie HIV-correlate per cui la grave demenza risulta ormai rara, tuttavia le forme
più lievi restano abbastanza comuni (Heaton RK, Clifford DB, Franklin jr DR et al, 2010)26.
Nelle osservazioni da Noi raccolte emerge l’assoluta preponderanza maschile per il disturbo
cognitivo lieve. L’unica ipotesi interpretativa che ci è parsa significativa riguarda la maggior
età media del campione di maschi. Infatti numerosi studi sembrerebbero confermare la
correlazione tra maggior incidenza di disordine neuropsicologico in relazione all’avanzare
dell’età; il sovrapporsi delle problematiche inerenti l’età cronologica e i deficit derivati
dall’HAND possono accelerare il declino cognitivo (Brew BJ, Crowe SM, Landay A et al,
2008)27. Queste interpretazioni non trovano tuttavia unanime accordo tra i ricercatori e altre
correnti di studi evidenziano l’indipendenza tra età e condizioni di malattia sulle funzioni
cognitive (Kissel EC, Pukay-Martin ND, Bornstein RA, 2005)28.
Più in generale i ricercatori hanno evidenziato che i fattori demografici hanno una pesante
ricaduta sulla variabilità delle prestazioni ottenute ai test cognitivi (Manly JJ, Smith C,
Crystal HA, et al. 2011)29.
Un’altra possibilità interpretativa delle differenze di genere da Noi riscontrate, che non trova
tuttavia sostegno nella letteratura internazionale potrebbe essere letta in relazione alle diverse
modalità di adattamento e di aderenza alle cure che le donne adottano rispetto agli uomini.
Rispetto all’analisi dei fattori socio-educativi occorre ricordare che le procedure
neuropsicologiche sono sempre corrette in base a fattori di scolarità, età e sesso anche se
rimane poco spiegata un’ampia variabilità dei risultati rispetto agli stili di vita. Si sottolinea
poi che le misure che riguardano gli stranieri vanno sempre prese con cautela, al di là del
carico linguistico richiesto dai compiti dei singoli paradigmi, bisogna infatti considerare le
variabili culturali collegate a certe performance che possono essere, più o meno enfatizzate
nelle linee evolutive di quella particolare cultura.
I fattori di età sembrano legarsi ad una certa prevalenza di impaccio significativo riscontrato
al test di screening IHDS (Tab.1) rappresentato nelle Nostre osservazioni dal 50% delle
persone con oltre 56 aa. Dal Nostro punto di vista questa procedura di screening, che
sembrerebbe considerare alcuni indici di destrezza e velocità motoria, risentano di
insufficienti dati di correzione per età e forniscono un indicatore stocastico veramente molto
difficile da utilizzare in senso clinico.
Nei Nostri riscontri sono risultati significative 13 persone a questa procedura anche se la
correlazione di questo indicatore con un Disordine cognitivo HIV correlato, non è assoluta e
13
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
non include casi che, valutati poi con strumenti neuropsicologici approfonditi, sono risultati
con criteri di inclusione per questa diagnosi.
All’opposto il test MMSE (Mini-mental) (Tab.1), molto usato nei Centri di riferimento come
criterio di inclusione nella diagnosi di HAND si è mostrato un indice veramente poco
sensibile per gli obiettivi di vigilanza preventiva. Nel Nostro ambulatorio abbiamo riscontrato
in un solo caso un punteggio al MMSE patologico, nonostante ci siano riscontri di almeno il
50% de casi con una vera e propria sindrome funzionale cognitiva. In realtà questo non deve
stupire considerando che, come ben noto in campo specialistico, la procedura del MMSE non
può essere considerata un test ne valido ne attendibile in questa popolazione, semplicemente
perché nessun autore ha mai fornito di questa prova criteri di validità e attendibilità sufficienti
a garantirne un uso corretto. In aggiunta, ci pare evidentemente poco valido indagare, con
uno strumento che pone richieste di performance di tipo strumentale, quindi altamente
correlabili alle abilità scolari acquisite, il funzionamento mentale di pazienti, che, sulla base
delle ipotesi anatomo-funzionali, formulabili in relazione alla specifica patologia di cui
soffrono, necessitano di una valutazione della funzionalità esecutiva. Proprio quella che ci
serve indagare con questi pazienti. Queste affermazioni che, per essere generalizzate ad altri
ambiti, ovviamente, richiederebbero il sostegno di dati numerici più consistenti, all’interno di
un disegno di ricerca osservazionale, trovano un riscontro empirico immediato nel Nostro
campione, indicando l’inutilità clinica di applicare questo strumento, fermo restando la
possibilità che in altri contesti come quello del confronto di dati a fini di ricerca, possa
mantenere un certo grado di utilità.
Pensando all’obiettivo di individuare i criteri di validità concorrente di un percorso di
valutazione neuropsicologica rispetto a metodologie equivalenti più lunghe e laboriose, in
ogni caso non possiamo basarci, per una patologia tanto complessa, su un unico indicatore.
Le Nostre osservazioni indicherebbero che non si può prescindere da un pool di indicatori
testistici. L’esigenza rimane quella di individuare, con ricerche ad hoc, quali siano i test di
prima scelta in questo campo di indagine. Il dato psicometrico che è apparso a Noi più
rilevante in termini numerici riguarda l’applicazione del WSCT (Wisconsin Card Sorting
Test) Tab.1. Sappiamo dalle ricerche di settore che pare piuttosto certa la sensibilità del
WCST nel rilevare deficit del lobo frontale (Milner B, 1963)32. Per maggior completezza
dobbiamo dire che questo paradigma psicometrico è in grado di fornire tutta una serie di
indici differenti di funzionalità che, pur sempre associabili alla “funzionalità frontale”
14
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
possono essere meglio scorporati in sotto-compiti meglio localizzati. Per esempio nei dati da
Noi raccolti fin qui il test sembra diventare sensibile nel n. totale degli errori (oltre ché alla
percentuale di risposte a livello concettuale) più che alla percentuale di errori perseverativi
(da sempre considerato indicatore prototipico di danno esecutivo). La sensibile maggior
selettività per numero di errori puri rispetto alla percentuale di errori perseverativi, è stata
giustificata dai ricercatori in termini di una maggior incidenza nel coinvolgimento della
corteccia cingolata rostrale anteriore e della giunzione temporo-parietale (Lie CH, Specht K,
Marshall JC et al., 2006)31. Non ci addentriamo ulteriormente, dato che l’analisi di come si
possa differenziare la prestazione al Wisconsin nel paziente HIV positivo con impaccio neuro
cognitivo lieve non è assolutamente pertinente senza un disegno di ricerca ad hoc e una
numerosità campionaria utile a questo. Vorremmo solo sottolineare l’importanza di utilizzare
procedure valide per il problema che dobbiamo indagare. In questo caso le evidenze degli
studi di neuroimaging riportano il coinvolgimento diffuso dei circuiti neurali nelle prestazioni
migliori al suddetto test e vengono incluse non solo le tradizionali strutture della corteccia
prefrontale ma anche strutture corticali multimodali posteriori oltre che quelle sottocorticali
come i gangli della base (Nyhus E, Barcelò F, 2009)33; questo è compatibile con le
alterazioni più caratteristiche riscontrate nel profilo HAND.
Diversamente dal MMSE, che pone forti dubbi di validità di contenuto, il problema del
Wisconsin è che sembra mostrare una buona validità di costrutto rispetto alla funzionalità
esecutiva ma con basso potere di selettività rispetto ad una possibile genesi collegata a
Sindrome Organica. In altri termini il WCST è un test indicativo di funzione ma, proprio per
la sua sofisticatezza di difficile utilizzo diagnostico. In effetti si è rilevato particolarmente
sensibile a condizione evolutive collegate a particolari e pervasivi stili di vita, quindi a
dinamiche della mente non puramente cognitive. In altri termini risulta molto alta la
possibilità di incorrere in falsi positivi, cioè nel rischio di associare il dato a una problematica
HIV correlata quando può diversamente derivare da tipologie di funzionamento mentale
precedenti (Woicik PA, Urban C, Alia-Klein N, et al., 2011)30.
In modo più specifico, dai dati dei profili neuropsicologici raccolti, sembrerebbe risultare che
le maggiori difficoltà di questi pazienti abbiano a che fare con alcune dimensioni particolari
delle così dette funzioni esecutive. Nello specifico i tests risultati più sensibili
nell’individuazione del deficit sono stati il WCST (Wisconsin Card Sorting Test – capacità di
formulare ipotesi sui dati ambientali, di contesto e mentali dell’interlocutore, capacità di tener
15
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
fede a ipotesi di partenza nel formulare una strategia e modificarle sulla base di nuove
richieste) ed il subtest Figure Aggrovigliate (discriminazione figura-sfondo, costruzione e
monitoraggio di un piano d’azione, verifica)Tab.2.
Queste procedure oltre che presentare una validità di costrutto apparsa decisamente più
efficace per identificare gli specifici problemi di funzionamento cognitivo che presenta
questa popolazione di utenti presentano indubbi vantaggi nella conoscenza dei pazienti e nel
progettare azioni utili alla prevenzione tramite intervento rieducativo.
Diversamente dal dato segnalato in più fonti della letteratura, nel Nostro campione non sono
emersi particolari difficoltà nelle componenti di memoria, per lo meno memoria in senso
stretto: rievocazione in Memoria a Lungo Termine episodico-narrative (prosa all’ENB). Nelle
componenti di Memoria a Breve Termine con interferenza (prova con interferenza all’ENB),
quindi di memoria di lavoro a tutti gli effetti, gli indici sono moderatamente più significativi
ma occorre segnalare che un maggior fallimento nella procedura con interferenza a 10’’
sembra rappresentare più un deficit presente nelle fasi di codifica, più che del ripasso mentale
e delle memoria a Breve Termine (Tab.2).
In tal senso dobbiamo ancora ricordare la particolarità di un’utenza che, portatrice di una
malattia cronica, vive intensi stati emozionali, indipendentemente dalla tipologia
comportamentale prevalente.
6. CONCLUSIONI
Volendo fare prevenzione ha senso usare misure affidabili e con una buona validità di
costrutto per il razionale di riferimento di questa patologia, non sembra infatti affidabile uno
screening di primo livello volto a misurare i parametri motori (a volte grossolani come la
velocità di tapping, facilmente condizionabile da fattori legati al contesto), risultando più
spesso una misura laboratoristica associabile al fattore età. Diversamente alcune prove in
grado di selezionare campioni di comportamento più fini, sensibili alla funzionalità esecutiva
centrale, “frontale” e dei sistemi sottocortico-frontali (fig. aggrov. E WCST n. errori) Tab.2,
mostrano un potere più fine e risultano più distribuiti nelle fasce d’età e per caratteristiche
scolari.
Trovare indici altamente predittivi per l’individuazione veloce delle diverse forme del
disturbo HAND è l’obiettivo, ancora da realizzare con ricerche ad hoc, che abbiamo iniziato a
porci con questa raccolta preliminare dei dati di presa in carico neuropsicologica.
16
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Nella pratica clinica, occorrono indici di screening semplici ma con alto potere di
differenziazione dei casi rispetto all’eventualità di ricaduta patologica dell’HIV a livello
cognitivo. Dai primi dati raccolti sembrerebbe che rispetto alle misure di screening di primo
livello, utilizzate per lo più in contesti ben diversi da quello qui in questione (vedi Minimental) alcuni paradigmi di indagine mostrano un maggior potere di discriminazione e sono
apparse sicuramente più validi per il tipo di problematica anatomo-funzionale che le persone
con HIV presentano. I limiti che abbiamo con queste procedure sono un certo grado di
sovrapposizione tra gli indici che riferiscono di particolari forme delle caratteristiche
cognitive di questa popolazione (con un’alta incidenza di persone con stili di vita dipendenti,
scarsamente differenziati a livello evolutivo e poco definiti negli schemi affettivo-cognitivi)
con quelli che rappresentano indicatori utili per la diagnosi clinica e psicometrica di una
problematica acquisita per cause Neurologiche.
Alla luce del confronto con la specifica complessità dei dati riferiti all’esperienza avviata e
delle ricerche condotte da altri centri, diventa perentorio compiere ogni sforzo, di
approfondimento di ricerca applicata e analisi descrittiva per la scelta di un pool di indicatori
psicometrici e paradigmi esplicativi specifici per i problemi di funzionalità cognitiva
presentati dai Nostri utenti.
Le risposte di Servizio dovrebbero garantire alle persone un contenitore qualificato
(psicoterapico e neuropsicologico) per il Loro particolare carico emotivo e le preoccupazioni
per il futuro della Loro salute.
L’impressione che abbiamo avuto nell’avviare un presidio neuropsicologico è che si possa
avere, non solo, un vantaggio diretto per i pazienti, ma anche una ricaduta per l’efficienza
globale di questo presidio di cura. Infatti come ogni intervento volto a specializzare le cure
rispetto ad una malattia cronica, un presidio neuropsicologico nelle cure da HIV migliora il
livello di prevenzione
ma soprattutto verifica i livelli di aderenza alle terapie, garantisce un confronto con i limiti e
le difficoltà di alcuni pazienti (pensiamo solo alle dimenticanze, alle difese da negazione etc.)
garantendo l’ottimizzazione delle importanti risorse economiche richieste per i farmaci.
17
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Tab. 1
Automatic
search
search
3”
2”
30
18
22
25
23
22
15
26
17
2
1
13
9
6
8
9
16
5
14
Inventory)
25
State
HIV
Examination)
Scale)
Dementia
conc
Controlled
WCST
% risp. liv.
(International
PASAT
errori
Risp. persev.
Mental
Test 2&7
di
IHDS
N°tot
Numero di
(Mini
Depre.
Beck
(Beck
MMSE
soggetti con
profilo non
deficitario
Numero di
soggetti con
profilo
deficitario
Cut-
Cut-
Cut-off=<10
off=>20
off=23.75
N°sogg.
Prove prass
Clock test
Dis.spont
Copia dis
Figure
aggrovigliate
Stime cognitive
Astrazione
Fluenza
Token
TMT B
TMT A
Mem.int.30”
Mem.int.10”
Memoria
Differita
Memoria
immediata
Digit Span
Tab. 2
ENB (Esame neuropsicologico breve)
29
29
28
18
20
30
23
26
23
28
29
17
15
24
25
23
2
2
3
13
11
1
8
5
8
3
2
14
16
7
6
8
con
prova
nella
norma
N°sogg.
con
prova
alterata
18
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
Riferimenti bibliografici
1. Woods SP, Moore DJ, Weber E, Grant I. Cognitive neuropsychology of HIV-associated
neurocognitive disorders. Neuropsychol Rev 2009 June; 19(2): 152-168.
2. Cicerone KD, Dahlberg C, Kalmar K et al. Evidencebased cognitive rehabilitation:
recommendations for clinical practice. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation
2000, 81:1596–615.
3. Price RW, Brew B. The AIDS dementia complex. J Infect Dis 1988; 158: 1079-83.
4. Janssen RS, Cornblath DR, Epstein LG. Nomenclature and research case definitions for
neurologic manifestations of human immunodeficiency virus-type 1 (HIV-1) infection.
Report of a working group of the American Academy of Neurology AIDS Task Force.
Neurol 1991; 41: 778-85.
5. Gandhi NS, Moxley RT, Creighton J, Vornbrock Roosa H, Skolasky RL, Selnes OA, et al.
Comparison of scales to evaluate the progression of HIV-associated neurocognitive disorder.
HIV Ther 2010 May; 4(3): 371-79.
6. Antinori A, Arendt G, Becker JT, et al. Updated Research nosology for HIV- associated
neurocognitive disorders. Neurol 2007; 69: 1789-1799.
7. McArthur JC, Brew BJ, Nath A. Neurological complications of HIV infection. Lancet
Neurol 2005; 4: 543-55.
8. Gongvatana A, Schweinsburg BC, Taylor MJ, Theilmann RJ, Letendre SL et al. White
matter tract injury and cognitive impairment in human immunodeficiency virus-infected
individuals. J Neurovirol 2009 April; 15 (2): 187-195.
9. Stout JC, Ellis RJ, Jernigan TL, Archibald SL, Abramson I, Wolfson T, et al. Progressive
cerebral volume loss in human immunodeficiency virus infection: a longitudinal volumetric
magnetic resonance imaging study. HIV Neurobehavioral research center group. Arch Neurol
1998; 55:161-68.
10. Hinkin CH, Hardy DJ, Mason KI, Castellon SA, Durvasula RS, Lam MN et al.
Medication adherence in HIV infected adults: effect of patient age, cognitive status, and
substance abuse. AIDS, 2004; 18 (Suppl 1): S19-25.
11. Woods SP, Weber E, Weisz BM, Twamley EW, Grant I. Prospective memory deficits are
associated with unemployment in persons living with HIV-infection. Rehabil Psychol 2011
February; 56(1): 77-84.
19
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
12. Heaton RK, Velin RA, McCutchan JA, Gulevich SJ, Atkinson JH, Wallace MR et al.
Neuropsychological impairment in human immunodeficiency virus infection: implications for
employment. HIV Neurobehavioral Research Center. Psychosomatic Medicine 1994; 56:817.
13. Gorman AA, Foley JM, Ettenhofer ML, Hinkin CH, Van Gorp WG. Functional
consequences of HIV associated neuropsychological impairment. Neuropsychol Rev 2009
June; 19(2): 186-203.
14. Van Gorp WG, Baerwald JP, Ferrando SJ, McElhiney MC, Rabkin JG. The relationship
between employment and neuropsychological impairment in HIV infection. Journal of the
International Neuropsychological Society 2009; 15:42-52.
15. Griffin PT, Gerhardstein K. Cognitive testing in HIV-AIDS: a case for early assessment.
HIV Clinician, fall 2010; 22(4): 6-9.
16. Anand P, Springer SA, Copenhaver MM, Altice FL. Neurocognitive impairment and HIV
risk factors: a reciprocal relationship. AIDS Behav 2010 December; 14(6): 1213-1226.
17. De Socio GVL, Fanelli L, Bertoli M, Baldelli F. Antiretroviral therapy in HIV patients
with psychiatric comorbidity: a multidisciplinary approach. Journal of Medicine & the Person
March 2006; 4(1).
18. Beck AT, Ward CH, Mendelson M, Mock J, Erbaugh J. An inventory for measuring
depression. Arch Gen Psychiatry. 1961;4:561–571
19. Mondini S, Mapelli D, Vestri A, Bisiacchi PS. Esame Neuropsicologico Breve 2. Milano:
Cortina; 2003.
20. Measso G., Cavarzean F., Zappalà G., Lebowitz B.D., Crook T.H., Pirozzolo F.J.,
Amaducci L.A., Massari D. e Grigoletto F. Developmental Neuropsychology 1993, 8(1).
21. Heaton RK, Chelune GJ, Talley JL, Kay GG, Curtiss G. Wisconsin Card Sorting TestFirenze, Giunti O.S. 2000.
22. Gronwall, D.M.A. (1977). Paced auditory serial-addition task: A measure of recovery
from concussion. Perceptual and motor skills; 44, 367-373
23. Ruff RM., Evans RW., Light RH, Automatic detection vs. controlled search. Percept Mot
Skills, 1986; 62:407-16.
24. Sacktor NC, Wong M, Nakasujja N, Skolasky RL, Selnes OA, et al. AIDS
2005;19(13):1367-74.
25. Linee guida italiane sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnosticoclinica delle persone con HIV-1, 2011.
20
Azienda Ospedaliera Nazionale
“SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”
Working Paper of Public Health
nr. 19/2012
26. Heaton RK, Clifford DB, Franklin jr DR, Woods SP, Ake C, et al. HIV associated
neurocognitive disorders persist in the era of potent antiretroviral therapy. Neurol 2010
December 7; 75(23): 2087-2096.
27. Kissel EC, Pukay-Martin ND, Bornstein RA. The relationship between age and cognitive
function in HIV-infected men. The journal of neuropsychiatry and clinical neurosciences
2005; 17:180-84.
28. Manly JJ, Smith C, Crystal HA, Richardson J, Golub ET, Young M, et al. Relationship of
ethnicity, age, education and reading level to speed and executive function among HIV+ and
HIV- women: The WIHS neurocognitive substudy. J Clin Exp Neuropsychol 2011 October;
33(8): 853-63.
29. Woicik PA, Urban C, Alia-Klein N, Henry A, Maloney T, Telang F et al. A pattern of
perseveration in cocaine addiction may reveal neurocognitive processes implicit in the
Wisconsin card sorting test. Neuropsychol 2011 June; 49(7): 1660-69.
30. Lie CH, Specht K, Marshall JC, Fink GR. Using fMRI to decompose the neural processes
underlying the Wisconsin Card Sorting Test. Neuroimage 2006 Apr 15; 30(3): 1038-49.
31. Milner B. Effects of different brain lesions on card sorting. Archiv of Neurol 1963; 9: 90100.
32. Nyhus E, Barcelò F. The Wisconsin Card Sorting Test and the cognitive assessment of
prefrontal executive function: a critical update. Brain and Cognition 2009 71: 437-51.
21