Dediche altoimperiali da Kos per i theoi patrooi

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Dediche altoimperiali da Kos per i theoi patrooi
Giulio Vallarino
Dediche altoimperiali da Kos per i theoi patrooi
Tra il materiale epigrafico proveniente dall’isola di Kos si annovera un cospicuo gruppo di iscrizioni
del tutto unico nel suo genere. Si tratta di un centinaio di epigrafi votive dedicate ai Theoi Patrooi, databili tra
gli anni ’30 del I sec. a.C. e il II sec. d.C., tutte caratterizzate da una estrema standardizzazione del
formulario. I testi in questione sono divisibili in quattro gruppi omogenei, ciascuno dei quali associa alla
dedica votiva vera e propria – espressa col dativo Θεοῖς Πατρῴοις – una formula beneaugurale rivolta a
quattro dei personaggi che più hanno pesato nella storia dei rapporti tra Kos e Roma tra il periodo delle
guerre civili e i primi secoli dell’impero.
Il primo di questi quattro onorati è il tiranno Nikias, che ha retto il potere a Kos tra il 42 e il 31 a.C.,
con l’appoggio e il beneplacito di Marco Antonio, fautore della sua ascesa ai vertici della politica coa
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tardorepubblicana . Questo gruppo consta di circa 23 dediche recanti tutte il medesimo testo – con poche e
minime varianti (vd. apparato) – e realizzate su piccoli supporti litici, quali lastrine o piccoli altari. Tecnica di
scrittura, grafia e impaginazione sono invece molto diverse e pertanto i vari esemplari provengono con
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certezza da più botteghe lapidarie. Questo il testo delle dediche recanti il nome di Nikias :
Θεοῖς Πατρῴοις, περὶ τᾶς Νικία τοῦ δάµου υἱοῦ, φιλοπάτριδος, ἥρωος, εὐεργέτα δὲ τᾶς πόλιος
σωτηρίας.
περὶ τᾶς: ὑπὲρ τᾶς Paton e Hicks 1891, nn. 77, 80; Segre 1993, EV 130, 310, 340 | ἥρωος: omittit WILHELM 1909, n. 148.
Il secondo gruppo di dediche reca il nome di Caius Stertinius Xenophon, medico personale
dell’imperatore Claudio e personaggio di enorme influenza non solo nel quadro della politica coa, ma anche
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più in generale nelle dinamiche interne alla casa imperiale . Stertinio Senofonte è forse il personaggio coo in
assoluto più studiato, in ragione della grande quantità di fonti letterarie, archeologiche ed epigrafiche che lo
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riguardano. Con 58 esemplari è il gruppo più numeroso. Questo il testo:
Θεοῖς Πατρῴοις, ὑπὲρ ὑγείας Γαΐου Στερτινίου Ἡρακλίτου υἱοῦ Ξενοφῶντος, φιλοκαίσαρος,
φιλοκλαυδίου, φιλοσεβάστου, δάµου υἱοῦ, φιλοπάτριδος, εὐσεβοῦς, εὐεργέτα τᾶς πατρίδος.
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Sulla figura del tiranno Nikias la bibliografia è abbondante. Qui si ricordano solo i contributi principali: HERZOG 1922; SHERWIN-WHITE
1978, 141–145 (con bibliografia precedente); BURASELIS 2000, 25–65.
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PATON e HICKS 1891, nn. 76-80; HERZOG 1899, nn. 17, 19, 192; WILHELM 1909, n. 148; SEGRE 1993, EV 57, 74, 130, 193, 283, 285,
291, 295, 309, 310, 312, 340; PUGLIESE CARRATELLI 1969, n. 9; SHERWIN-WHITE 1978, 142, nt. 324. La dedica pubblicata da Pugliese
Carratelli è forse una delle quattro menzionate da HERZOG 1922, 208, nt. 3 e rimaste inedite.
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Qui, come per gli altri tre gruppi di iscrizioni trattati, si propone soltanto il testo della dedica senza tenere conto dell’impaginazione, che
varia da esemplare a esemplare.
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Tac., Ann. XII, 67.
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Paton e Hicks 1891, nn. 84-91; Herzog 1899, nn. 21-23; Maiuri 1925, n. 485; SEG III, n. 740; Segre 1993, EV 22, 25, 43, 46, 68, 70,
83, 97, 112, 117, 124, 126, 143, 286, 288–290, 294, 296–302, 311, 314–322, 324, 325, 327, 337, 341, 344, 347, 365, 366; BENEDUM
1977, 240, taf. 3.
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Session: Scambi, mobilità individuale ed elaborazione culturale nelle isole dell’Egeo meridionale tra tardo Ellenismo ed Impero
ὑπὲρ ὑγείας: ὑπὲρ τᾶς ... σωτηρίας PATON, HICKS 1891, n. 86.
Il terzo personaggio onorato con questa tipologia acclamatoria è Marcus Aelius Sabinianus, medico
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e notabile coo dell’età antonina, cui vengono dedicate 23 iscrizioni con il seguente testo:
Θεοῖς Πατρῴοις, ὑπὲρ ὑγείας Μάρκου Αἰλίου Σαβεινιανοῦ, πόλεως καὶ γερουσίας υἱοῦ, εὐεργέτα
τᾶς πατρίδος.
πόλεως καὶ γερουσίας: δᾶµου καὶ γερουσίας SEGRE 1993, EV 71.
Infine, il gruppo più ristretto, costituito dalle acclamazioni in onore di Manius Spedius Rufinus
Phaedros, esponente di una delle famiglie romane più eminenti e anch’egli collocabile nell’ambito dl II sec.
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d.C. Le quattro epigrafi che lo ricordano recano questo formulario:
Θεοῖς Πατρῴοις, ὑπὲρ ὑγείας Μανίου Σπεδίου Ῥουφείνου Φαίδρου, πόλεως καὶ γερουσίας υἱοῦ,
εὐεργέτα τᾶς πατρίδος.
Μανίου Σπεδίου Ῥουφείνου Φαίδρου: Μανίου Σπεδίου Φαίδρου Segre 1993, EV 303; Μανίου Φαίδρου Σπεδίου SEGRE
1993, EV 339.
Questa semplice rassegna dei testi mette di per sé bene in evidenza la notevole standardizzazione
nel formulario di queste dediche ai Theoi Patrooi: il testo è informato su alcuni elementi ricorrenti e invariabili
(la dedica vera e propria al dativo plurale; la formula ὑπέρ (o περὶ) σωτηρίας (o ὑγείας) + genitivo
dell’onorato; il titolo di εὐεργέτας; il titolo di υἱός del damos, oppure del damos e della gherousia, oppure
ancora della polis), cui si adattano di volta in volta alcune varianti secondarie, che caratterizzano i singoli
onorati. Sorprende che un formulario così standardizzato sopravviva nonostante i grandi intervalli cronologici
tra le varie ricorrenze attestate: il modello iniziale cui si ispirano queste dediche è ovviamente quello di
Nikias, ma si dovranno attendere circa ottant’anni prima di vederne il riutilizzo da parte di Stertinio Senofonte
e poi ancora un secolo perché Elio Sabiniano, e il meno noto Spedio Rufino, ricorrano a questa stessa
prassi onoraria.
Con la sua prima ripresa del modello, Stertinio Senofonte evidentemente intende rifarsi a un
personaggio, Nikias, che nella memoria collettiva dei suoi tempi era assurto al rango di campione dei
rapporti tra Roma e Kos. Allo stesso modo Elio Sabiniano e Spedio Rufino vollero ispirarsi a colui che nella
prima età imperiale era divenuto il personaggio coo in assoluto più in vista e che aveva mosso delle pedine
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fondamentali nella politica filoromana dell’isola .
Anche da un punto di vista archeologico questo gruppo di iscrizioni presenta alcuni significativi
elementi di coerenza interna. Le epigrafi sono tutte realizzate su piccoli supporti litici, per lo più lastrine da
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inserire nella muratura, oppure piccoli altari . Tra tutti gli esemplari noti si annoverano solo cinque basi di
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statua , sempre di dimensioni molto raccolte. Le epigrafi sono state per lo più rinvenute in giacitura
secondaria, dalle demolizioni posteriori al terremoto del 1933 o riadoperate nelle murature tarde. In ogni
caso i dati ricavabili dalla bibliografia indicano in netta prevalenza il centro urbano di Kos come luogo di
rinvenimento. Fanno eccezione solo quattro iscrizioni della serie di Nikias – mai pubblicate – menzionate da
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Herzog come provenienti dal demo di Isthmos, presso l’attuale villaggio di Kephalos , nell’estremo settore
occidentale dell’isola.
Altro elemento caratteristico che accomuna tutte queste epigrafi è l’assenza sistematica del nome
del dedicante, che rende ancora più unica questa serie di documenti. Evidentemente il nome dei
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committenti di queste epigrafi doveva essere facilmente desumibile dal contesto in cui tali dediche erano
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PATON e HICKS 1891, nn. 96, 97; HERZOG 1899, nn. 26, 482; SEGRE 1993, EV 71, 84, 86, 88, 281, 282, 287, 292, 304–308, 313, 323,
336, 338, 342, 343.
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PATON e HICKS 1891, nn. 98; Segre 1993, EV 81, 303, 339.
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L’assoluta preminenza di Stertinio Senofonte nei confronti di Nikias, sia sul piano della rappresentanza pubblica che su quello della
memoria storica, autorizza a ritenere che Sabiniano e Rufino con le loro dediche vollero emulare proprio il medico di Claudio e non già il
tiranno.
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Le dimensioni di questi oggetti iscritti oscillano tra i 10 x 15 x 2 cm (SEGRE 1993, EV 319) e i 58 x 38 x 13 cm (SEGRE 1993, EV 302).
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PH 76, SEGRE 1993, EV 283, 302, 310, 313.
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Cfr. nota 2.
12
Come già accennato l’estrema varietà della paleografia, dei supporti e dell’impaginato di tutte queste epigrafi esclude che queste
siano state effettuate da un medesimo dedicante, ma ciascuna è opera di un dedicante diverso.
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originariamente collocate, così da renderne ridondante la menzione. D’altra parte i soli altri casi in cui delle
dediche votive non rechino il nome del dedicante riguardano quelle offerte effettuate seguendo una sincera
devozione verso la divinità onorata dalla dedica, come nel caso degli ex voto anonimi ampiamente attestati
durante tutta l’età antica. In quei casi, però, la dedica non assume quella funzione autorappresentativa che
invece deve essere necessariamente ricostruita nel caso delle dediche coe ai Theoi Patrooi, così legate alla
dimensione socio-politica grazie alla menzione dei quattro personaggi summenzionati. D’altra parte, un testo
così standardizzato deve necessariamente derivare da una norma redazionale esatta, codificata in una
circostanza storica specifica e poi replicata allorquando quella circostanza si è ripetuta. Il paradigma, ossia
la dedica-tipo di Nikias, è relativamente recente (fine dell’età repubblicana) e non può certo essere il portato
di una tradizione cultuale che rimonta molto indietro nei secoli.
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I Θεοὶ Πατρῷοι sono scarsamente attestati nel resto del mondo greco . Questo centinaio di
iscrizioni coe – cui si aggiungono altri documenti di età ellenistica provenienti dalla stessa isola –
costituiscono il gruppo in assoluto più rilevante. L’interpretazione dell’epiteto ‘πατρῷος’ è pertanto molto
discussa, nonostante la sua apparente chiarezza. Finora si è ritenuto di intenderlo come aggettivo derivato
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da πατρίς, nel senso di divinità ancestrale della patria , nel qual caso per Kos si tratterebbe evidentemente
di Asclepio e delle divinità ad esso correlate, come Igea e Apollo.
Tuttavia una tale interpretazione non riesce a dare conto in maniera esaustiva del rapporto tra questi
Θεοὶ Πατρῷοι e i quattro personaggi citati nelle dediche qui considerate, se non nel senso di una generica
invocazione alle divinità patrie per la loro protezione. Sfugge il senso profondo del rapporto con questi dèi
ancestrali e rimane altrettanto oscura la ragione dell’assenza del dedicante dai testi.
L’interpretazione che qui si propone intende offrire una soluzione a entrambi questi problemi.
L’aggettivo πατρῷος, al di fuori dell’espressione Θεοὶ Πατρῷοι, è attestato nelle dediche votive di Kos
soltanto come epiteto di Zeus, in quattro brevi iscrizioni che vale la pena di riportare: Herzog 1928, n. 13g
(dall’Asklepieion, IV sec. a.C.): Ζηνὸς | Πατρώιō | Καλλινδᾶν; Sherwin-White 1978, 167, nt. 83
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(dall’Asklepieion [?] , III sec. a.C.) ∆ιὸς | Πατρώιου | Ποθελιδᾶν; Herzog 1928, 13h (dall’Asklepieion, II sec.
a.C.): ∆ιὸς Πατρώιου | Ἐτυµοβυσιαδᾶν; Segre 1993, EV 329 (riutilizzata in un muro della basilica di S.
Gabriele a Kos, II a.C.): Ἀφιλλὶς | ∆ιὸς Πατρώιου. Si tratta di dediche che riportano il nome della divinità al
genitivo seguito, negli esempi più antichi, dalla menzione di un gruppo gentilizio (i Kallindai, i Pothelidai e gli
Etymobysiadai) anch’essa al genitivo. Si tratta ovviamente di dediche effettuate da parte di questi stessi
gruppi in onore della loro divinità tutelare: lo Zeus Patroos dei Kallindai, dei Pothelidai e degli Etymobysiadai.
In un caso, invece, è presente il nome del dedicante al nominativo, il raro Aphillìs, su cui si tornerà in
seguito. Da queste attestazioni deriva l’immagine di un culto di Zeus Patroos dalle origini relativamente
antiche, connesso in qualche modo con alcune ripartizioni gentilizie di Kos.
Se dunque il culto di Zeus Patroos si configura come un culto di tipo gentilizio, è possibile che
l’epiteto in questione sia specificamente legato a questo aspetto e che quindi lo si debba far derivare non già
da ‘πατρίς’, bensì da ‘πάτρα’, ossia quella ripartizione gentilizia a spiccato carattere religioso assimilabile al
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γένος e ben attestata nella vicina Camiro e del mondo dorico in generale. Come per le phratriai, dunque, la
cui esistenza a Kos non è attestata da nessuna iscrizione o da altra fonte, ma è sempre stata dedotta – a
partire da Herzog fino alla Sherwin-White – sulla base di alcune dediche a Zeus Phratrios che provengono
dalla medesima area dell’Asklepieion, allo stesso modo anche per le patrai si può proporre un ragionamento
analogo.
Stanti queste osservazioni, è possibile riconsiderare la natura dei Θεοὶ Πατρῷοι nelle dediche qui
considerate, i quali pertanto potrebbero essere gli dèi ‘delle patrai’ e non già gli dèi ‘della patria’, come finora
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Le altre attestazioni più note sono discusse in BURASELIS 2000, 49.
Così da ultimo BURASELIS 2000, 47–55: “…the ‘paternal gods’ on Kos (and probably in the similar dedications from other places too)
included all the ancestral, traditional gods of the community exactly as they represented the original, authentic religious tradition,
generation after generation, and the consequent divine protection of the respective πατρίς, the fatherland.” (p. 49).
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La provenienza di questa epigrafe non è segnalata dalla Sherwin-White, ma è ragionevole associare anche questa iscrizione al
gruppo delle analoghe epigrafi rinvenute nell’Asklepieion raccolte in HERZOG 1928, nn. 13a-t e SHERWIN-WHITE 1978, 165–167.
16
SEGRE e PUGLIESE CARRATELLI 1949-51, n. 1. Sull’assimilazione tra patrai e ghene a Camiro cfr. GUARDUCCi 1936, 000.
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sono stati generalmente intesi. Una tale prospettiva apre, inoltre, una possibilità di risoluzione del problema
dell’assenza del dedicante da questi testi. Come si è detto tale mancanza doveva essere in qualche modo
compensata dalla possibilità di dedurre l’identità del promotore della dedica grazie al contesto in cui questa
era collocata. D’altra parte, le ridotte dimensioni e il tipo dei supporti fa pensare all’istallazione di queste
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dediche in un ambiente domestico, come già è stato proposto con buoni argomenti . Recenti rinvenimenti
all’interno delle domus nel settore meridionale della città di nuove copie di dediche per Stertinio Senofonte
(ancora inedite) sembrerebbe convalidare questa ipotesi. All’interno di un’abitazione privata è effettivamente
superfluo menzionare il dedicante dell’offerta, poiché questo sarà identificabile con la famiglia proprietaria
della casa.
Per tornare al senso generale di queste dediche ai Theoi Patrooi bisogna concentrarsi
espressamente sull’archetipo: la serie di Nikias. Il tiranno vicino a Marco Antonio per primo connette la
dedica agli dèi delle patrai a una acclamazione per la propria σωτηρία. È ipotizzabile che il meccanismo
clientelare della ‘fazione Antonina’ di Kos prevedesse che i clientes di Nikias (e quindi di Antonio) dovessero
esporre nelle proprie case una dedica agli dèi della propria patra per la salvezza del tiranno. Non deve
meravigliare che questo tipo di suddivisioni culturali-gentilizie arcaiche sopravvivano in un’età così avanzata,
19
specie in una comunità dorica come quella coa, improntata a uno spiccato conservatorismo . In seguito,
l’archetipo di Nikias viene riprodotto, con le varianti che le circostanze consigliano o impongono, anche nelle
epoche successive, ogni qual volta un singolo personaggio coo acquisti un significativo potere personale,
ottenuto e mediato dall’autorità romana. Senofonte e Sabiniano appaiono dunque come gli epigoni del
‘modello’ Nikias, sia per quanto attiene ai rapporti Roma-Kos, sia per quanto sul piano del potere razie ad
essi conseguito; pertanto essi si rifanno a lui anche nelle modalità della ricerca del consenso, ripercorrendo
la strada, del tutto singolare, della dedica privata agli dèi Patrooi.
Addendum
Mentre questo contributo era in corso di redazione è stato pubblicato un importante lavoro di R. Parker, dal titolo
Πατρῷοι θεοί: the cults of sub-groups and identity in the greek world, pubblicato in A. H. RASMUSSEN, S. W. RASMUSSEN ET
ALII (eds), Religion and Society. Rituals, Resources and Identity in the Ancient Graeco-Roman World, Rome 2008, di cui
non è stato possibile tenere conto in questa sede.
Giulio Vallarino
Cultore della Materia (CM) - Settore Scientifico disciplinare L-ANT/02 (Storia Greca)
Dip. Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche dell’Antichità
Sapienza. Università di Roma
p.le A. Moro 5 – 00166 Roma
17
SEGRE 1993, EV 292 (commento); BURASELIS 2000, 25–65.
Notizia fornitami in una comunicazione privata da D. Bosnakis, che ringrazio molto.
19
Di fatto anche altrove tali strutture risultano essere ancora vitali nel corso della età imperiale, come ad esempio avviene a Napoli con
le phtratriai: cfr. MIRANDA 1990, nn. 9, 10, 11 (dediche ai θεοὶ φρήτριοι).
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