Programma 2° Anno - Accademia Artisti

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Programma 2° Anno - Accademia Artisti
 Programma 2° Anno
PREMESSA
Ribadiamo in sintesi quanto scritto come presentazione del primo anno e a illustrazione del piano
didattico complessivo: l’intero corso di studi, nella sua triennalità, è impostato secondo un raccordo tra
materie che, sulla base di uno sviluppo sostanzialmente lineare, prevede agganci per analogie tra
argomenti e modalità di esercizi tali per cui la consecutio cronologica, non sempre rispettata, è
concepita al fine da fornire allo studente strumenti di apprendimento correlati tra loro e funzionali al
costituirsi di una visione unitaria delle varie branche dello spettacolo.
Questo per consentire un’attualizzazione immediata del singolo argomento affrontato, e non piuttosto
una sua semplice messa in archivio.
Sempre nel rispetto di questa direttiva, alle materie già introdotte nel primo anno e che vengono
riproposte nel secondo, se ne aggiungono altre che hanno carattere di competenza più specifico e che
perciò pretendono un approccio più consapevole, reso possibile da quanto lo studente avrà già appreso
in precedenza.
Altre materie, a carattere più squisitamente tecnico (Uso della voce, Musica e canto, Danza, ecc.),
vengono qui ribadite nei termini usati per il piano del primo anno, semmai con specifiche integrazioni
(ad esempio, l’Uso della voce si aprirà ai fondamenti del doppiaggio), e dando per inteso che i punti di
lavoro già elencati nel programma della prima annualità verranno affrontati a un livello più avanzato,
sia in fase di training che di approfondimento teorico.
I FONDAMENTI DELLA FINZIONE 2
Sempre facendo un uso mirato di opere teatrali da tenere a riferimento, si affronterà la strutturazione di
un dialogo valutando le diverse possibilità di tessitura ritmica e di gestione della polifonia dialettica (in
un distinguo tra dialoghi a due o a più voci).
L’esame delle tecniche di scrittura si intreccerà a quello delle tecniche interpretative in uno scandaglio
biunivoco delle diverse maniere per giungere alla maturazione di un conflitto, sia attraverso il processo
letterario che quello attoriale, considerando che quest’ultimo va inteso nei termini in cui esso è
suggerito dal testo stesso (ci riferiamo, per esempio, all’impostazione di una battuta che, già in fase di
scrittura, deve essere capace di evocare il tono in cui quella battuta dovrà poi essere detta).
Saper scrivere un testo per saper leggere un testo:
- lo studente verrà introdotto alle tecniche drammaturgiche che servono a utilizzare elementi distraenti
e depistanti nella costruzione di una storia, e quindi gli verrà richiesto di individuarne la presenza
all’interno dei testi presi a modello.
- Lo studente dovrà mostrare consapevolezza nella gestione di un accenno narrativo da tradurre in
ipotesi di storia.
- All’inverso, lo studente dovrà mostrarsi capace di censire la più ampia serie di spunti che possono
aver generato il testo su cui gli è stato chiesto di applicarsi.
- Esercizi scritti.
Saper leggere un testo per saperlo interpretare, da cui:
- consapevolezza e utilizzo dei segni di interpunzione (tema già affrontato nel primo anno nell’ambito
della Recitazione in versi).
- Analisi degli elementi deittici distribuiti nel testo, con particolare riguardo all’apparato delle
didascalie (anche questo capitolo di lavoro è stato introdotto sin dal primo anno nello studio dei
Grandi tragici).
- Capacità di intendere, di usare e di restituire il senso del contesto in cui avviene l’azione e in cui si
muove il personaggio, da cui:
il correlativo oggettivo.
Quindi:
- In un raffronto tra pagina drammaturgica (Sofocle, Ibsen, Eliot) e pagina poetica (Leopardi, Auden,
Montale) verrà analizzato l’uso del paesaggio in termini allusivi e in rapporto alle caratteristiche
della storia raccontata.
- Per meglio chiarire a cosa ci si riferisce parlando di correlativo oggettivo, ricordiamo Eliot quando
afferma che come l'acqua e la terra sono i correlativi predeterminati di un'emozione, cioè elementi la
cui presenza permette l'esistenza di un'emozione, così esistono i correlativi oggettivi di un'emozione,
cioè elementi la cui presenza permette la nascita di una particolare stato d’animo. E sempre Eliot
aggiunge che trovare dei correlativi oggettivi di un'emozione è l'unica maniera per descrivere
l'emozione letterariamente.
- A differenza del simbolo, il cui significato viene spiegato nel testo a cui appartiene, il correlativo
oggettivo ha un significato che non viene esplicitato direttamente da chi scrive. Le immagini non
hanno perciò un semplice valore soggettivo, individuale. L’autore, infatti, riesce a conferire loro un
significato universale e a comunicare quindi idee e sentimenti a chi legge o a chi ascolta. Ad
esempio, il tema montaliano del "male di vivere", del pessimismo esistenziale, nella poesia
‘Meriggiare pallido e assorto’ è evocato, nei versi finali, dall'immagine della vita come "una
muraglia che ha in cima ‘cocci aguzzi di bottiglia”.
- Lo stesso processo agito letterariamente dal poeta, può essere posto a premessa di un percorso
interpretativo che tenda a spostare un dato reale in uno spazio di finzione psicologica.
Passando di nuovo a una fase di indagine teorica, si chiederà alla classe di individuare gli elementi
specifici di un contesto ambientale connessi all’intera struttura di una narrazione.
Ad esempio:
- la Padova studentesca de ‘La bisbetica domata’ di Shakespeare,
- il campiello veneziano de ‘La bottega del caffè’ di Goldoni,
- la New York frenetica di ‘A piedi nudi nel parco’ di Neil Simon,
- lo squallore periferico di ‘Ricorda con rabbia’ di John Osborne,
- la Napoli fredda e rionale di ‘Natale in casa Cupiello’ di Eduardo.
RECITAZIONE 2
Generi di base
L’allievo affronterà lo studio teorico-pratico della diversa recitazione per la Tragedia, la Commedia, la
Farsa e la Pantomima fino alla Sacra Rappresentazione, al Teatro Elisabettiano e alla Commedia
dell’Arte; anche attraverso il supporto di strumenti moderni di rappresentazione legati all’immagine
(cinepresa e telecamera) e al suono (microfono).
- approccio professionale al mestiere dell’attore
- analisi introspettiva del personaggio
- consapevolezza interpretativa
- il respiro dl personaggio
- la postura del personaggio
Criteri delle prove a tavolino:
- lettura non performativa del copione.
- il “mistero” del personaggio
Training di improvvisazione:
decontestualizzare il personaggio dallo spazio e dal tempo in cui la storia lo colloca.
RECITAZIONE CINEMATOGRAFICA E TELEVISIVA 1
La finzione che finge di nascondere se stessa e la finzione che ostenta se stessa.
Recitazione teatrale in cinema e recitazione cinematografica in teatro.
L’uso dominato dell’enfasi e l’essenzializzazione della battuta.
Apprendimento delle due tecniche in modo connesso.
Gestione del corpo in movimento e gestione della posizione statica.
Passaggio alla telecamera.
Esercizi di:
- Recitazione senza la percezione del pubblico anche in presenza di pubblico.
- Collocazione dell’attore in uno spazio che non contempli l’orizzonte della scena.
- Primi piani.
- Micromovimenti.
- Esibizione in dettaglio di una parte del proprio corpo.
- Recitazione del corpo a prescindere dal volto.
- Recitazione di schiena e di profilo.
- Reiterazione e maturazione della pérformance nella sequenza dei ciak.
- Percezione dell’altro anche in assenza dell’altro.
DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA 2
La lettura ad alta voce come primo passo verso la messa in verticale del testo.
- Identificazione del significato centrale della frase e sue alterazioni possibili.
- Analisi delle scorrettezze di scrittura volute dall’autore per rispetto della mimesi dialettica.
- La perlustrazione del sottotesto.
- Analisi della punteggiatura e le didascalie che la suggeriscono: (un tempo), (silenzio), (con forza),
(interrogativo), ecc.
Sospensione ritmica e sospensione psicologica.
La rarefazione in Pinter e il suo concetto di pausa.
Lettura di ‘Ritorno a casa’ (di Pinter) per esaminarne:
- l’interpunzione,
- le didascalie,
- gli elementi deittici.
Le pause cronometrate nei ‘Cinque pezzi non facili’ di Samuel Beckett.
Filmati di repertorio: i titoli analizzati di Pinter e Beckett negli allestimenti di Carlo Cecchi e Peter
Brook.
Correlato: training.
Esercitazione su uno brano letterario parafrasato in termini di monologo in cui simulare le imprecisioni
di una esternazione verbale.
Quindi:
Il testo che parafrasa se stesso: esercitazioni esegetiche e performative su ‘Esercizi di stile’ di Raymond
Queneau.
Analisi di concetto di (A parte), o di (Tra sé).
Il parlare tra soli in presenza d’altra e il tempo sospeso.
Esercitazioni su pagine di ‘Strano interludio’ di Eugene O’Neill (ricordare l’utilizzo che fa dell’opera
Ettore Scola in ‘C’eravamo tanto amati’)
In questo secondo anno lo studente è chiamato a confrontarsi con un concetto cruciale nella concezione
di una dinamica drammaturgica, quello di metamorfosi.
Riferimenti a:
- Antropologia e metamorfosi.
- Sciamanesimo e metamordosi.
- Dramma e metamorfosi.
Pagine da: ‘Potere sopravvivenza’ e ‘Massa e potere’ di Elias Canetti.
Già in questa sede, per obbligo di chiarezza, va annunciato il senso del riferimento:
non esiste drammaturgia oltre lo spazio di quelle parole scritte per essere pronunciate da un
personaggio a un altro personaggio con l'intenzione che l'intero pubblico ne partecipi.
Non esiste parola scenica oltre lo spazio delle battute.
Un drammaturgo non ha altro che le battute per costruire le sue vicende e maneggiarle, per dirigerle e
consumarle, e le battute sono i personaggi, come i personaggi sono le loro stesse vicende: le storie, le
gioie, i dolori che incarnano e sopportano.
E' un gioco di sovrapposizioni che, in realtà, non azzera i suoi elementi ma li unicizza e semplifica
nella compattezza della visione scenica: per l'appunto, il dramma.
Il dramma che altro non è se non il tempo stesso del suo narrarsi.
Il tempo è nel mutare delle forme e le forme sono calcolo e creatura del tempo che in esse si
rappresenta.
Ogni storia, assimilando la propria durata con il proprio apparire, è congiunzione della forma col
tempo. Ciò che ne consegue è metamorfosi.
La drammaturgia, dunque, è l’arte di raffigurare il cambiamento, e l’immagine in cui si manifesta è la
metamorfosi.
Analisi del concetto di metamorfosi per tramite di alcuni personaggi cardine della drammaturgia
mondiale:
- Edipo: potente sui potenti nell'azione del Prologo e ultimo dei reietti quando si giunge all’Esodo.
- Amleto: inerte pensatore al primo atto, apocalittico giustiziere al quinto.
- Nora di ‘Casa di bambola’: lucherino in una gabbia dorata all’inizio del dramma, emancipata ribelle
al termine.
- Blanche di ‘Un tram che si chiama desiderio’: fascinosa signora al suo ingresso in scena, devastata
dal delirio a fine dramma.
Esercitazione di esegesi testuali mirate a rintracciare snodi metamorfici (più banalmente: segni di
cambiamento del personaggio o della situazione contestuale) all’interno di un testo.
Lettura de ‘Il padre’ di August Strindberg: la struttura a ordigno che condiziona e precipita il
protagonista permutando il panorama che lo circonda.
Metamorfosi per negazione o eresia:
- ‘Aspettando Godot’ di Samuel Beckett, la mutazione nella stasi.
- ‘La cantatrice calva’ di Ionesco, la metamorfosi della logica.
- ‘Tradimenti’ di Harold Pinter, la metamorfosi retrograda.
Prove di scrittura in tal senso.
Esercitazioni interpretative collegate a quelle di scrittura.
La drammaturgia dell’Odissea.
La metamorfosi connessa all’idea di viaggio:
- La partenza per mare.
- Il percorso iniziatico.
- L’emancipazione del personaggio.
- Il ritorno.
- La caduta del personaggio. o:
- la sua identificazione.
L’esito di un percorso metamorfico:
- L’agnizione e la caduta delle maschere.
- Il compiersi del mutamento nel prodursi della catarsi.
Lettura di ‘Edipo alla luce del folclore’ di S. Propp.
Metamorfosi e Plagio.
Nessuna metamorfosi è più esplicita di un atto di plagio che avvenga ‘a vista’.
Esempio: se tu mi dici di no e io nel giro di cinque minuti di faccio dire di sì, quei cinque minuti
offrirebbero a chi li testimoniasse una loro precisa dose di spettacolarità.
Esercitazioni connesse al concetto di plagio.
MONOLOGO E SOLILOQUIO
Il solo (o l’unico) a parlare, o parlare da solo.
Differenza tra monologo e soliloquio.
L’etimologia dovrebbe già da sé fare da guida: un monologo (parola affidata a un singolo) indica la
presenza di qualcuno che, quand'anche in presenza d’altri, sia il solo a parlare (un oratore, ad esempio,
o un semplice chiacchierone che non lasci spazio ai suoi interlocutori), mentre un soliloquio è un
discorso fatto flatus vocis da un personaggio che sia davvero del tutto solo.
Se un soliloquio è sempre un monologo, l’inverso non è detto che sia altrettanto ovvio.
Celeberrimo esempio di soliloquio, il ‘To be or not to be’ di Amleto che, avventurandosi su una scena
deserta, avvia una speculazione filosofica elaborata come mai avverrebbe nella realtà consueta.
Quindi, a meno di rare eccezioni (supponiamo, il brontolio di qualcuno che rimugini tra sé e sé), il
soliloquio si richiama sempre a un artificio teatrale e dà per inteso che lo spettatore accetti come
verosimile ciò che, altrimenti, parrebbe assurdo (richiamo al concetto di verosimiglianza introdotto nei
Fondamenti della finzione1).
Ricordiamo che, nel suo ‘Zibaldone’, Giacomo Leopardi, poco coinvolto nelle cose teatrali, critica
Shakespeare, poiché, scrive, un individuo, a meno che non si trovi in compagnia d’altri, può languire o
riflettere, ma mai ad alta voce.
Eppure, il teatro di ogni epoca, dal 400 a.C. sino a noi, ha sempre fatto largo uso dei soliloqui, non
fosse altro che per motivi di chiarezza espositiva (ad esempio, il già citato Prologo della Scolta
nell’‘Agamennone’ di Eschilo).
Per venire, invece, a monologhi che non siano dei soliloqui, si fa cruciale la presenza dei personaggi
definiti deuteragonisti (se ne è parlato il primo anno ne La messa in situazione 1), ossia di coloro che
ascoltando silenti consentono al monologante di parlare.
Talvolta, il deuteragonista può essere implicito e non visibile. Pensiamo a ‘La voce umana’ di Cocteau,
straziante telefonata di una donna con l’uomo da cui sta per essere lasciata.
Anche ‘L’ultimo nastro di Krapp’ di Beckett ha una sorta di deuteragonista inanimato nel magnetofono
usato dal protagonista per incidere la propria voce e riascoltarsi.
Esercizi su:
- stralci di monologo tratti da testi di ampio respiro, il che implica la necessità di far comprendere ciò
che è avvenuto prima e ciò che avverrà dopo,
- monologhi compiuti, in cui il contesto narrativo sia perciò tutto all’interno del brano,
- confronto col deuteragonista,
- essere il deuteragonista.
Quindi:
- come assorbire e ricevere il parlare dell’altro.
- Gestione del piano d’ascolto (punto anticipato in Elementi di sceneggiatura 1)
LO SPAZIO SCENICO 2
Introduzione ai princìpi fondanti dello spettacolo elisabettiano attraverso l’analisi strutturale del Globe
Theatre, inteso come un habitat concepito per ricevere una comunità da tradurre in platea.
- Lo stage aggettante.
- Le balconate a emicicli.
- La platea/piazza dove sostare senza che vi siano posti a sedere.
- Lo stage a doppio livello. L’impiantito e il cielo, per i cambi scena a montaggio immediato.
Fondamentale sarà chiarire alcune caratteristiche climatiche del teatro elisabettiano, a cominciare dalla
forte disposizione di quel pubblico all'ascolto.
Gli spettatori londinesi ai tempi di Shakespeare erano davvero capaci di farsi 'tutt'orecchie' e di
intendere alla perfezione il senso reale, la carica di pathos, che il drammaturgo intendeva trasmettere
loro con le parole.
Citando, da Beckermann, l'autore del manuale An excellente actor:
“Sedete in un teatro pieno e vi sembrerà di vedere tante linee tracciate dalle circonferenze delle
orecchie, mentre l'attore è il centro”.
Masolino D’Amico, in ‘Scena e parole in Shakespeare’, a propria volta scrive: “
“Si è tentati di attribuire allo spettatore elisabettiano una relativa indifferenza ai valori plastici,
compensata da una straordinaria capacità di ritenere la parola parlata. (...) Del resto tutto sta a
dimostrare che l'autore elisabettiano considerava il suo pubblico come dotato innanzitutto di orecchie.
(…) E ricordiamo ancora quanto vicini fossero i tempi del diffuso analfabetismo e della conseguente
necessità di ritenere a memoria un enorme patrimonio di informazioni e di dati; e l'epoca in cui,
sopratutto nei piccoli centri, l'esibizione domenicale del predicatore costituiva l'unico diversivo alla
fatica del lavoro.”
E citiamo Gabriele Baldini per dir meglio del Globe come habitat comunicativo:
“Il contatto, gomito a gomito, col pubblico postula un rapporto diverso da quello a cui si è abituati
oggidì: il monologo viene sussurrato dagli attori elisabettiani materialmente nelle orecchie degli
spettatori, e questi vengono presi e messi veramente a parte di quello che al personaggio preme di
riandare dentro di sé, senza che gli altri personaggi del dramma presenti in scena ne abbiano sentore.”
Una pittura del genere ci dà un'idea precisa delle atmosfere che dovevano respirarsi una volta superato
l'ingresso del Globe.
A ciò va aggiunto lo spirito con cui gli spettatori accedevano al teatro, spesso stringendo in mano
boccali di birra recuperati presso lo spaccio esterno al luogo scenico, e, soprattutto, entrando raramente
a inizio spettacolo, bensì durante, per cogliere le scene predilette, dopo le quali il più delle volte
andavano via.
Questa ricognizione storica ci introduce, nel concreto, a un argomento di prassi scenica su cui far
esercitare gli studenti: la gestione del disturbo e delle intermittenze.
Ci si concentrerà quindi su:
- la percezione del pubblico,
- la sala piena, la sala semivuota o quasi vuota,
- rumori esterni,
- l’interruzione imprevista,
- l’interruzione da applauso a scena aperta,
- l’incidente endogeno.
Ossia:
- il vuoto di memoria proprio o del compagno.
- Il malessere proprio o del compagno.
- Il problema tecnico.
Training.
Teoria e applicazione di tecniche scenografiche 1:
Tipologie di sipario.
Telai, praticabili, fondali.
Tecniche costruttive e materiali. STORIA DEL TEATRO 2
Le compagnie degli italiani nella Francia a cavallo tra Cinque e Seicento.
Scaramuccia e i canovacci che iniziano a conformarsi in copioni.
Rigenerazione dei tipi plautini tra improvvisazione e testualità.
La farsa al di là della maschera.
La compagnia di Molière a Parigi e quella dei Burbage a Londra.
Molière e Shakespeare autori/teatranti.
Le scritture derivate:
- Dalla novellistica italiana (Masuccio Salernitano, Matteo Bandello e Luigi Da Porto) a ‘Romeo e
Giulietta.
- Da le ‘Histoirese tragiques’ di François de Belleforest ad ‘Amleto’.
Istanze di cultura popolare e teatro di repertorio.
Dalla predica domenicale nei villaggi inglesi (in blank verse), alle grandi arie del teatro elisabettiano.
Dalla piazza dei giullari e dei cerretani alla piazza metaforica del Globe (in correlazione con Lo spazio
scenico 2).
Raffigurazione delle masse popolari nelle commedie e nelle tragedie di Shakespeare.
La plebe romana del ‘Giulio Cesare’ e del ‘Coriolano’ come specchio dei bassi ceti londinesi all’inizio
del XVIII secolo, ovvero di quel pubblico che si stipava nella piazza in terra battuta del Globe,
concepito con nette separazioni interne al fine di ribadire il sistema classista proprio di quella comunità
sociale.
Il teatro che argomenta il potere, il teatro che seduce i potenti:
- Molière e Luigi XIV.
- Shakespeare e la Regina Elisabetta.
Shakespeare e l’imprenditoria teatrale dell’epoca (raccontata nel film: ‘Shakespeare in love’ di Tom
Stoppard).
Il plurilinguismo shakespeariano:
- La dodicesima notte’: linguaggio in prosa alta (ricca di immagini retoriche) e in prosa bassa (incline
all’esclamatività e al turpiloquio), mescolato alla metrica cortigiana e popolare.
Il viaggio del personaggio nei secoli:
- Amleto rigenerato dall’ ‘Autoritratto in veste di Amleto’ di Eugene Delacroix, e che da grasso (fat,
come da testo) si fa magro e diafano (da cui ‘il pallido prence danese’ di petroliniana memoria).
Ancora da Shakespeare:
- Le catene di sangue: Da Macbeth a Riccardo III. I Shakespeare villain
- Per correlazione: la riesumazione dei codici elisabettiani di malvagità negli spettacoli di Steven
Berkoff.
- Le saghe dinastiche.
- Shakespeare e i connubi pervasivi (riferimento bibliografico: ‘Il teatro dell’invidia’ di René Girard).
- La velocità nella concezione delle opere shakespeariane (riferimento bibliografico: ‘Shakespeare
nostro contemporaneo’ di Jan Kott)
Shakespeare e suoi avversi e sodali :
- Christopher Marlowe e il furore poematico.
- Ben Jonson e l’ebraismo del ‘Volpone’.
- Jhon Lylye e la committenza di corte.
- Thomas Middleton, l’azzardo politico e la censura.
- Thomas Dekker e Philip Henslowe, le compartecipazioni nella scrittura.
Le compagnie teatrali:
- The Admiral’s Men,
- The King’s Men,
- The Chamberlain’s Men,
- Queen Anne’s Men,
- Worcester’s Men.
Molière e il ceto medio. La commedia che dà segnali di una neonata mondanità protoborghese.
Le ‘Femmes Savantes’ e il linguaggio mondano.
L’avvento del salotto al centro della dinamica scenica.
Teatro e persuasione: ‘Tartufo’.
La metrica piegata alle esigenze del comico. Analisi dei dialoghi de ‘Il Misantropo’.
Per correlazione:
- Gli alessandrini di Edmond Rostand nel suo ‘Cyrano de Bergerac’,
- la metrica nel cinema comico: ‘Brancaleone alle crociate’ di Mario Monicelli.
Molière analizzato attraverso la sua biografia (riferimenti bibliografici: ‘Molière, o l’essenza del
comico’ di Ramon Fernandez, ‘Il silenzio di Molière’ e ‘La caduta della luna’ di Giovanni Macchia).
Il confronto con l’eterno: ‘Don Juan’.
Per correlazione: la figura di Don Giovanni come mito centrale della cultura occidentale, da ‘L’ateista
fulminato’ dell’Acciaioli sino a Mozart.
L’eredità di Seneca da Shakespeare a Webster. ‘La duchessa di Amalfi’.
Cervantes, Lope de Vega, Calderón de la Barca e il Siglo de oro.
Goldoni. I reticoli linguistici. L’alternativa al verso: il dialetto.
L’Arlecchino goldniano.
Studi, su filmati, dell’Arlecchini di Moretti e Soleri.
La piazza ciacolante. La conversazione che, prevaricando il personaggio, gli dà anima e forma.
Il potere invisibile dei vincoli sociali: ‘La bottega del caffè’, ‘Il bugiardo’, ‘La baruffe chiozzotte’, ‘Le
smanie della villeggiatura’.
Goldoni negli allestimenti di Giorgio Strehler.
Di qui, il capitolo successivo.
IL TEATRO ALL’ITALIANA (LO SPAZIO SCENICO 2 bis)
Con la tipica pianta all’italiana, detta a ferro di cavallo, si istituzionalizza uno spazio che, ben lungi
dallo spirito del teatro elisabettiano, tende a tutelare una percezione compiuta e canonica dello
spettacolo rappresentato, e che ben si confà alle rappresentazioni goldoniane (come pure agli
allestimenti dei melodrammi settecenteschi).
Si definisce così un luogo elitario, ermetico e circoncluso che ambisce a rendere impermeabile
all’esterno quello che è l’universo consacrato all’azione scenica, annunciando (ma senza ancora
definirlo) il concetto di quarta parete (e, dunque, di teatro naturalista).
CINEMA E TEATRO
Storia del connubio tra teatro e cinema a partire da Shakespeare sino a oggi.
Le alterne vicende di trasposizioni da un codice linguistico a un altro.
L’importanza delle diverse tecniche di recitazione nel condizionare sia il modo di far cinema che quello
di fare teatro.
La trasposizione cinematografica al fine di esaltare un tema:
- Derek Jarman e l’omosessualità nel suo ‘Edoardo II’ da Marlowe.
- Milos Foreman e il talento privo di genio in ‘Amadeus’ di Peter Shaffer.
Drammaturgia contemporanea e cinema: Arthur Miller, Tennesse Williams, Harold Pinter, Tom
Stoppard, David Mamet, e altri.
Film non tratti da opere teatrali ma concepiti secondo criteri teatrali:
- ‘La parola ai giurati’ di Sidney Lumet.
- ‘Una pura formalità’ di Giuseppe Tornatore.
- ‘Regalo di Natale’ di Pupi Avati, ecc.
Visione di: ‘La sera della prima’ di John Cassavetes.
Visione di edizioni shakespeariano curate dalla BBC.
STORIA DEL CINEMA 2
Il neorealismo e la sua influenza sul cinema non italiano.
La commedia italiana degli anni Sessanta.
La commedia conciliatrice e fiabesca di Frank Capra.
Billy Wilder: oltre la commedia, l’inizio del noir.
Il tocco di Ernst Lubitsch nella testimonianza del suo sceneggiatore Samson Raphaelson.
Ingmar Bergman e l’esistenzialismo nordico.
L’attore dominante: Marlo Brando.
Visione e analisi di ‘Un tram che si chiama Desiderio’ nella versione di Elia Kazan.
John Cassavetes e il cinema indipendente americano degli anni Settanta.
Analisi della tecnica interpretativa di Gena Rowlands.
L’epica del western: Sergio Leone.
L’epica del west: John Ford.
Stanley Kubrick e la qualificazione dei singoli generi.
Visione e analisi di ‘Shinning’ per approfondire il concetto di suspense.
Steven Spielberg: da un prodotto televisivo a un prodotto cinematografico.
Visione e analisi di ‘The duell’.
La figura dell’autore/produttore.
LA MESSA IN SITUAZIONE 2
Esercizi su estratti minimi di testo.
Ad esempio, dall’‘Antigone’ di Alfieri, l’endecasillabo franto in cinque battute tra Creonte e Antigone:
C: “Scegliesti?”, A: “Scelsi.”, C: “Emon?”, A: “Morte.”, C: “L’avrai.”
Sperimentarne, tramite esercizi richiesti alla classe, la messa in scena di questo singolo verso come una
narrazione compiuta all’interno della quale alludere a una pienezza situazionale che dia pure l’idea del contesto
narrativo in cui esso si colloca.
E perciò, approfondire i vari temi che il succitato verso suggerisce:
- una decisione da prendere in tempi brevi,
- La messa a rischio della vita,
- il dibattito tra sentimento e ragione, ecc.
Quindi:
- analisi specifica del dato conflittuale,
- identificazione dell’antagonista in rapporto al protagonista,
- gestualità e movimenti connessi,
- tempo di estensione scenica dell’azione in rapporto alla durata delle battute,
- Essere Antigone ed essere Creonte nell’obbligo di poter essere solo un po’ Amtigone e solo un po’ Creonte.
Di conseguenza:
la clonazione psicologica di un personaggio visto nel suo insieme partendo da una sua sola battuta.
Esercizio utile, se non indispensabile, quando si è chiamati a interpretare un ruolo puramente funzionale e
provvisto di pochi interventi.
Non c’è personaggio, per quanto possa apparire piccolo, che sia del tutto privo di uno suo specifico alveo
situazionale. E’ da esso che il personaggio deriva ed è in esso che il personaggio si muove.
Gestione dominata delle azioni più consuete:
- sedersi, sdraiarsi e alzarsi,
- entrare e uscire,
- bere e mangiare.
Indagare nelle pagine di un copione la maniera in cui, attraverso gli indizi percepiti all’interno delle battute, si
può comprendere la postura di un personaggio, e il momento in cui essa cambia.
La liturgia del quotidiano.
Esercizio: replicare il medesimo gesto prima con la consapevolezza della trama, e poi prescindendone.
STORIA DELLA CRITICA TEATRALE
A premessa, l’idea inalienabile che il critico teatrale vada considerato come un teatrante a tutti gli
affetti, e che chi scrive di teatro fa teatro al pari di chi il teatro lo scrive.
Partendo alle grandi cronache di Carlo Bertolazzi (di inizio Novecento) e dalle testate storiche, come ‘Il
Dramma’ e ‘Sipario’ (sino al più recente ‘Hystrio’), totalmente dedicate alla scena, ci si soffermerà a
studiare gli scritti di storici e di critici che hanno saputo essere, al contempo, degli eccellenti autori,
come Renato Simoni e lo stesso Bertolazzi. Alcuni di essi verranno valutati nella capacità che hanno
avuto di farsi portatori in prima persona di mutazioni culturali importanti nel nostro panorama teatrale.
E’ il caso, ad esempio, di Angelo Maria Ripellino che, coi suoi articoli sull’Espresso e con la sua
formidabile attività di saggista e narratore, ha aperto finestre straordinarie su panorami drammaturgici
prima di lui quasi del tutto ignoti (libri di riferimento: ‘Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia’ e
‘Il trucco e l’anima’, saggio-romanzo che racconta la nascita della grande regia russa all’inizio del
Novecento).
Più di recente, è quel che ha fatto Franco Quadri, soprattutto nell’ambito della sperimentazione.
Agli studenti verrà richiesto di cimentarsi nella stesura di recensioni, allo scopo di sentirsi nella
condizione di spettatori attivi, il cui giudizio può essere abbia un ruolo fortemente condizionante nel
modificare la storia e la forma di uno spettacolo.
ELEMENTI DI SCENEGGIATURA 2
Analisi specifica degli elementi tensivi.
Rappresentazione di un tempo di attesa.
Aspettativa e esaudimento di un desiderio.
Esercizi di lettura ad alta voce di uno script facendo immaginare tutti i personaggi e le loro diverse
messe in situazione.
Prove interpretative di una sceneggiatura come fossero prove di un allestimento teatrale.
Quindi: dallo stage al set.
Il lungometraggio come romanzo, il cortometraggio come racconto.
Analisi di alcuni corti esemplari.
Scrittura e fisiologia filmica di ‘Emilie Muller’ di Yvon Marciano. Messa in relazione col
lungometraggio ‘I soliti sospetti’ di Bryan Singer.
In correlazione: tecniche di applicazione del colpo di scena all’interno di un tempo ridotto, e, per
contrasto, all’interno di un tempo narrativo ampio.
La scrittura minima: lo spot.
REGIA TEATRALE (LA DIMENSIONE TECNICA)
- Scelta dei collaboratori.
- Interazione con l’aiutoregista.
- Impostazione scenografica.
- Scelta dei costumi.
- Impostazione musicale.
- I piani sonori.
- Le entrate e le uscite.
- Movimenti scenici.
- Le figure impallate.
- Fonica e luci.
- Conoscenza dei riflettori.
- Conoscenza delle varie forme di illuminazione: luci a pioggia, controluce, ecc.
- Conoscenza del service.
- Gestione dei microfoni o dell’acustica naturale.
- Conoscenza dello spazio scenico e semantica connessa (graticcia, americana, cantinella, ecc.)
- Sipario d’apertura, sipario di chiusura.
- Sipari interni all’azione (o bui) e la ritmica della scansione in scene.
- Gestione degli applausi e saluti finali (come parte integrante dello spettacolo).
- Concezione della locandina coi crediti artistici e tecnici.
ELEMENTI DI REGIA CINEMATOGRAFICA 2 (LA DIMENSIONE TECNICA)
- Organizzazione del team di lavoro.
- Scelta delle location.
- Il piano di lavoro.
- Le prove sul set.
- Gestione degli elementi atmosferici.
- Gli effetti speciali.
- Tra pellicola e digitale.
- La fotografia, e semantica connessa.
- Macchina a spalla e macchina fissa.
- Uso dello zoom.
- Suono in presa diretta.
- Primi Piani, controcampi e Piani d’ascolto, Dolly.
- Campi lunghi.
- Gestione di un piano sequenza: come lo si studia e come lo si prova.
- Post-produzione.
- Eliminazione del superfluo.
- Montaggio.
- Sonorizzazione.
- Doppiaggio.
- Grafica dei titoli di coda e di testa.
- Crediti.
USO DELLA VOCE 2
- Anatomia dell’apparato vocale.
- Respirazione e germinazione del suono.
- Vocalità. Princìpi di sillabazione.
- Articolazione e scansione.
- Intensità timbrica e gestione del volume.
- Coloritura e tonalità alla ricerca del senso.
- Vocalità intermittente, compressa, impostata.
- Dalla voce che parla alla voce che canta.
- Gestione dell’emissione in rapporto alle distanze nello spazio.
- Dizione e gestione delle inflessioni idiomatiche e dialettali.
- Utilizzo fonico dell’idioletto.
- Atteggiamenti vocali: il piagnucolare, il vezzeggiare, ecc.
- Fonazione asemantica: la risata e il pianto.
- Altre gestioni espressive: l’affanno, lo sbadiglio, il singulto, il singhiozzo, l’urlo.
- La respirazione sotto pressione fisica.
- Alterazioni di genere: il falsetto, la gutturalità, il brontolio, il sussurro non argomentato.
In aggiunta a quanto già è stato oggetto di lavoro nel corso del primo anno, elementi di doppiaggio ed
esercizi connessi:
- uso del microfono.
- Il sinc.
- La flessibilità vocale.
- La voce mascherata.
- Interpretazione di un personaggio per tramite di un’altra interpretazione.
- Fidelizzazione a un attore doppiato negli anni (i casi più noti: Oreste Lionello/Woody Allen,
Ferruccio Amendola e il trio Hoffman/De Niro/ acino).
Si aggiungeranno pure:
- I fondamenti del declamato ronconiano.
- L’uso del microfono non come intensificatore di volume ma come strumento atto a stabilire un
rapporto intimo con lo spettatore: la lezione di Carmelo Bene.
- Correlato: Ascolto di: ‘Manfred’, ‘Bene’ e ‘Lectura Dantis’, di Carmelo Bene.
MUSICA E CANTO 2
- Le categorie vocali.
- Dalla metrica pronunciata alla metrica cantata.
- Elementi di impostazione tonale.
- Analisi e sviluppo dell’estensione.
- Vocalizi e improvvisazioni.
- Tenuta della nota e fondamenti di lirica.
- La dinamica del gesto correlata al canto.
- Canto corale e controcanto.
- Canto a cappella.
- Canto solista.
- Interpretazione attoriale di una canzone.
- Elementi di strumentazione e orchestrazione.
- Gorgheggio.
IL CORPO IN MOVIMENTO 2
- princìpi di acrobatica: capriole, verticali, ruote, ribaltate o rovesciate e flic-flac.
- Combinazioni di acrobazie in coppia, equilibri e piramidi.
- Sviluppo delle abilità acrobatiche attraverso il rilassamento consapevole del corpo e la
concentrazione sul respiro applicate ai movimenti.
- Scherma.
ARTI MARZIALI 2
-­‐ Arti marziali giapponesi -­‐ Arti marziali cinesi -­‐ Arti marziali occidentali -­‐ Arti marziali ibride -­‐ Armi bianche: spade e armi inastate DANZA 2
Storia della danza:
- la danza rituale.
- La danza terapeutica.
- L’atto coreutico.
- La danza scenica.
- Dalla danza al balletto.
- Princìpi di combattimento.
- Danza moderna e musical.
- I maestri della danza contemporanea e tecniche derivate (Maurice Béjart, Martha Graham, Pina
Bausch),
- Princìpi di ginnastica artistica.
Training.
Princìpi di coreografia:
- Il teatro tragico e la gestione dinamica del Coro.
- Movimenti di massa nel teatro lirico.
- Movimenti di massa nel musical.
- Movimenti di massa nel teatro epico.
- Movimenti di massa nel teatro di prosa.
Analisi delle danze animali di corteggiamento.
Stilizzazioni dei balli classici.
Training
MIMO 2
Fondamenti concettuali della mimica e della pantomima:
- Utilizzo realistico del gesto come linguaggio.
- Concezione di una dimensione esaustiva in cui la parola sia data come assente.
- La routine classica dei movimenti di preparazione.
Il maestro: Marcelle Marceau.
La parola come tabù: Buster Keaton.
L’assenza della parola come reazione al rumore del mondo: Jacques Tati.
La costruzione per segni visivi e dinamici del personaggio: Charlie Chaplin.
La nascita di Charlot.
La negazione della parola per convenzione: Mister Bean.
La camminata.
Sviluppo dell’immaginazione visionaria.
La mimica enfatica del cinema muto: il gesto orfano della parola.
La mimica facciale nella pantomima.
La mimica facciale nella recitazione naturalista.
La mimica manuale.
I gesti fondanti della vita quotidiana nella costruzione di un ambiente inesistente (spingere, toccare,
spostare).
Evocazione tramite il gesto di oggetti invisibili (un bicchiere, una penna, un libro, ecc.).
La camminata sul posto.
Tecnica Lecoq.
La mimica circense. Il clown. I fratelli Colombaioni.
Pantomima cinematografica.
Training.
TRUCCO E COSTUME 2
Storia della moda e del costume:
- nel cinema
- nel teatro.
Storia del trucco e tecniche di trucco:
- nel cinema
- nel teatro.
In aggiunta al primo anno:
- trucchi correttivi,
- trucchi per horror ed effetti speciali,
- simulazione di una diversa maschera facciale rispetto alla propria.
ORGANIZZAZIONE E LEGISLAZIONE TEATRALE 2
Teatro pubblico, teatro privato e teatro amatoriale
- Prove e repliche
- Distribuzione
TECNICHE INFORMATICHE 2
- Nuovi media per la progettazione scenografica
- Progettazione informatica delle luci
- Montaggio digitale
- Compositing 2D
- Compositing 3D
- Video e foto editing
INGLESE 2
RECITAZIONE IN LINGUA INGLESE 1
- Respiro melodico e respiro ritmico
- Articolazione
- Fluidità e pensiero diretto
ATTIVITA’ OPZIONALI
Proposte accademiche
- Workshop
- Laboratori
- Atelier
Proposte degli allievi