Social Learning

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Social Learning
Master in Risorse Umane e Organizzazione
XIX edizione
Project Work 1
Social Learning
Stato dell’arte della letteratura e delle pratiche sul tema
Beolchi Chiara
Grelli Yasmin
Saviano Marialaura
Trinchero Luca
2013-2014
INDICE
INTRODUZIONE
2
1. SOCIAL LEARNING E NUOVE FORME DI APPRENDIMENTO
2
2. WEB 2.0
3
3. VERSO UNA DEFINIZIONE DI SOCIAL LEARNING
4
4. OSTACOLI, VANTAGGI, E STRATEGIE PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL SOCIAL
LEARNING IN AZIENDA
5
4.1 Ostacoli
4.2 Vantaggi
4.3 Strategie
4.4 Gamification
5. IL SOCIAL LEARNING IN ITALIA E IN EUROPA: SCENARI E CASE HISTORY
5
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6. UNICREDIT GROUP
6.1 L’azienda
6.2 Sfide e obiettivi
6.3 Il progetto “OneNet”
6.4 Considerazioni finali
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7. TELECOM
7.1 L’azienda
7.2 Sfide e obiettivi
7.3 Il progetto “Campus”
7.4 Considerazioni finali
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8. ACCENTURE E BT
8.1 Le aziende
8.2 Sfide e obiettivi
8.3 Il progetto “Dare2Share”
8.4 Considerazioni finali
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9. BASF
9.1 L’azienda
9.2 Sfide e obiettivi
9.3 Il progetto “Conntect.BASF”
9.4 Considerazioni finali
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19
CONCLUSIONI
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BIBLIOGRAFIA
21
1
INTRODUZIONE
Vari studi hanno rilevato come soltanto il 10% delle conoscenze dei dipendenti di un’azienda
vengano acquisite attraverso lezioni d’aula e altre esperienze di formazione formale, con una
percentuale di ritenzione nel tempo e di trasmissione mai superiore al 40%. Ciò significa che le
aziende continuano tuttora a destinare ingenti somme alla progettazione e all’erogazione di
interventi formativi solo raramente in grado di apportare benefici rilevanti in termini di conoscenza,
performance e produttività della forza lavoro.
La crisi economica occorsa in questi ultimi anni ha contribuito ad acuire una situazione già
critica: i dolorosi ma spesso necessari tagli del personale, uniti ad una drastica riduzione degli
investimenti in ambito formativo, hanno infatti spesso condotto ad una repentina perdita di
competitività sul mercato da parte delle organizzazioni, inibendone le capacità di innovazione e di
risposta immediata alle esigenze del mercato.
La sfida che queste aziende si apprestano ora a raccogliere è quella di ottenere performance
migliori con una forza lavoro ridotta rispetto al passato ottimizzando, anche in relazione ai costi, i
processi di apprendimento e gestione interna delle conoscenze. Per farlo occorre tuttavia
riconsiderare in parte la propria cultura organizzativa, preparandosi ad introdurre nuovi e più
efficaci strumenti e metodi formativi.
1. SOCIAL LEARNING E NUOVE FORME DI APPRENDIMENTO
Social learning significa imparare insieme e dagli altri. Può accadere naturalmente nel corso di
una conferenza, quando ci si trova in gruppo (anche prendendo un caffè in compagnia), durante
una lezione d’aula, o dialogando online con colleghi mai incontrati di persona. Lo sperimentiamo
ogni volta che ci rechiamo ad uno sportello per chiedere un’informazione, o quando postiamo un
quesito su un blog, immaginando che qualcuno si attiverà per risponderci.
Fu Albert Bandura, con la sua teoria dell’apprendimento sociale, ad evidenziare per primo come
l’uomo, per sua stessa natura, fosse in grado di assumere determinati comportamenti imitando dei
“modelli” sociali, ossia attraverso esperienze indirette come l’osservazione di altre persone.
In seguito a questa fondamentale scoperta iniziarono a svilupparsi e diffondersi una serie di
logiche formative legate ai nuovi concetti di “didattica attiva”, di “cooperative learning”, di
“formazione centrata sul discente”. Varie strategie didattiche per far sì che l’apprendimento
fuoriesca da schemi e strutture formali per integrarsi in un contesto a più ampio spettro. Si tratta di
metodologie di insegnamento attraverso le quali i discenti apprendono in gruppo collaborando
attivamente. Compito del formatore è quello di organizzare le attività per offrire un contesto di
apprendimento dove, in un clima relazionale positivo, si possa contribuire al raggiungimento di un
obiettivo comune. In questo modo i discenti sviluppano competenze sociali, tra cui il rispetto
reciproco e lo spirito di squadra, risultano più motivati nel loro lavoro e conseguono performance
migliori, imparando a gestire le difficoltà e lo stress.
Il social learning può essere descritto oggi come la più recente evoluzione di queste pratiche di
apprendimento. Lo scopo è quello di superare le logiche erogative tradizionali, affidando in parte a
coloro che apprendono la responsabilità di creare, gestire ed organizzare i contenuti didattici. In
questo modo è possibile strutturare percorsi formativi personalizzati, garantendo una maggiore
consapevolezza di ciò che si impara, avvalendosi dell’interazione con un’ampia rete sociale.
Secondo Harold Jarche,i principali obiettivi del social learning sono:
Ascolto: per la maturazione della conoscenza individuale è necessario reperire fonti
autorevoli e ascoltarle per comprendere il significato delle informazioni ricevute;
Conversazione: attraverso conversazioni con persone di fiducia possiamo condividere la
conoscenza e permettere a noi stessi di crescere;
Co-creazione: nessun uomo è un’isola; un team ragiona spesso molto meglio di un singolo
individuo;
Formalizzazione e condivisione: lasciare una traccia di quello che si è imparato e
verbalizzare ciò su cui si sta riflettendo è sempre un’ottima pratica per memorizzarlo al
meglio.
2
Per realizzare questi obiettivi è necessario fare ricorso agli strumenti del Web 2.0, di cui
andremo ora ad approfondire caratteristiche e potenzialità.
2. WEB 2.0
Con il nome Web 2.0 si intende un generico stato di evoluzione del World Wide Web, più
specificatamente una serie di siti web con facilità e velocità d’uso tali da renderli simili alle
applicazioni che siamo abituati a installare nei nostri computer. Questa definizione si discosta dal
concetto iniziale di Web, retroattivamente etichettato Web 1.0, proponendo un prodotto più
dinamico e interattivo rispetto al modello statico a navigazione lineare.
L’introduzione di questa nuova tecnologia ha permesso di verificare quante opportunità di
scambio e interazione siano possibili sulla rete, producendo al contempo importanti mutamenti nei
processi di comunicazione, non solo tra singoli individui ma anche tra le imprese e i loro clienti.1 Il
fenomeno del Web 2.0 ha consentito a milioni di persone, prive di competenze tecniche specifiche,
di sfruttare le potenzialità del web per generare contenuti innovativi e socializzare secondo
modalità alternative, creando un prodotto capace di offrire agli utenti uno strumento di relazione.
Tra gli strumenti introdotti con il Web 2.0 vi sono i social media: una serie di tecnologie basate
sulla rete, concepite per essere utilizzate da tre o più persone. Parliamo per esempio di Facebook,
Twitter, YouTube, blog e wiki, mezzi che permettono l’apprendimento sociale attraverso:
Lo scambio d’informazioni: i social media supportano l’apprendimento informale permettendo
agli individui di raccogliere e condividere informazioni e risorse, approfittando della
conoscenza collettiva;
Una comunicazione facilitata: i social media facilitano la comunicazione tra gli individui
permettendo di condividere concetti e idee al di fuori delle sessioni di apprendimento
formale;
Esperienze di apprendimento personalizzate: attraverso gli strumenti del Web 2.0 è possibile
personalizzare l’esperienza di apprendimento da due prospettive. Da un lato essi
consentono agli utenti di raccogliere e utilizzare informazioni quando questi ne hanno
bisogno, dall’altro permettono agli stessi di gestire autonomamente il proprio percorso
formativo;
Ambienti di apprendimento coinvolgenti: ad esempio film IMAX, audio surround e giochi
multiplayer di massa. Con la crescita dei social media e la riduzione dei costi necessari
all’implementazione delle nuove tecnologie, gli ambienti didattici coinvolgenti sono ormai
diventati una realtà per le organizzazioni. Si tratta in molti casi di simulazioni di situazioni
reali modellate per specifici destinatari.
Mettendo in relazione quindi i social media con le persone e i loro rapporti formali e informali ciò
che appare oggi di veramente innovativo è la scala sulla quale è possibile essere coinvolti in un
processo di social learning. Con lo sviluppo dei social network e di strumenti come Skype, Google
Talk e i device mobili, le barriere che i discenti erano costretti ad affrontare nel passato (tempo e
geografia sono solo due delle variabili che possiamo citare ad esempio) si sono notevolmente
ridotte. In questo senso, il social learning rappresenta un ritorno al nostro modo naturale di
apprendere e di interagire con gli altri. I maggiori sviluppi nel prossimo futuro – parlando di sistemi
di apprendimento emergenti – saranno soprattutto nel dominio dell’analisi della conoscenza:
produciamo, infatti, enormi flussi di dati in quasi tutto quello che facciamo (processo amplificato
enormemente dalle tecnologie mobili). Le nostre idee, le nostre posizioni, quello che leggiamo, con
chi interagiamo: tutto è immortalato in Facebook, Fourquare, Twitter e sui nostri blog.
Per far comprendere meglio la relazione che intercorre tra il Web 2.0 e i processi di diffusione,
acquisizione e condivisione di conoscenza, possiamo rifarci alle teorie di Derrick de Kerckhove.
Questo sociologo ha aggiornato il concetto di intelligenza collettiva2 formulato da Pierre Levy,
1
Caratteristiche Sociali e Culturali del web 2.0 di Valerio Bordin.
Per Levy l’intelligenza collettiva è: “un’intelligenza distribuita ovunque, valorizzata in maniera
continua, coordinata e mobilitata in tempo reale”.
2
3
valorizzandone in particolar modo gli aspetti di interazione e collaborazione e adattandolo al
contesto tecnologico dei network. L’intelligenza connettiva da lui proposta mira alla connessione, al
collegamento, alla messa in relazione delle intelligenze, evidenziando il rapporto che esse
intrattengono attraverso il web. Il presupposto fondamentale del suo pensiero è che l’intelligenza è
distribuita ovunque ci siano individui e che questa possa essere valorizzata al massimo mediante
la rete. Internet, in quanto scaffolding (impalcatura che favorisce l’accesso alla conoscenza),
rappresenta infatti una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata, che diviene
collettiva poiché è “ormai impossibile separare le intelligenze le une dalle altre, occorre farle
lavorare insieme senza rinunciare alla singolarità delle intelligenze individuali”. 3
L’intelligenza connettiva consente in definitiva di generare un valore aggiunto che è di molto
superiore alla semplice somma delle parti. Ciò che si verifica è un incremento della performance
che non è basato solo su un'addizione: ogni singolo utente diventa parte di un pensiero collettivo.
Non esiste un drive al pensiero ma il pensiero emerge e si autorganizza in base ai contributi di
ogni utente. 4
L’intelligenza connessa assume un ruolo fondamentale anche per l’innovazione organizzativa:
riconoscere e utilizzare l’enorme quantità di dati e flussi d’informazioni che vengono prodotti
costituisce il primo passo verso un approccio analitico nei confronti degli obiettivi dell’azienda, oltre
che un modo per accrescere le competenze.
Attraverso l’analisi dei flussi d’informazione, le aziende possono comprendere in che modo la
conoscenza si muove nelle reti, come le persone collaborano, quali dovrebbero lavorare assieme
in base alle attività che hanno svolto in precedenza, come fronteggiare efficacemente problemi
complessi (ad esempio l’ingresso in un nuovo mercato, l’acquisizione di una nuova azienda, il
lancio di un nuovo prodotto).
La sfida è quella di “connettere non solo le intelligenze, ma anche vissuti ed emozioni che
possano avviare un circolo virtuoso dell’apprendimento finalizzato alla creazione di conoscenza”.5
3. VERSO UNA DEFINIZIONE DI SOCIAL LEARNING
Negli ultimi 15 anni, le aziende hanno cercato di trasformare l’apprendimento organizzativo
semplificando la fase di formazione, ad esempio attraverso l’erogazione di corsi online. Le pratiche
di social learning si collocano proprio in quella dimensione organizzativa legata all’apprendimento,
allo scambio di conoscenza, alla formazione e alla gestione delle risorse umane che, al giorno
d’oggi, risulta essere fondamentale in tutte le aziende. Non bisogna però confondere il social
learning con la formazione: rispetto al secondo il primo favorisce situazioni in cui le persone
possono prontamente sviluppare nuove conoscenze e capacità, assecondando i cambiamenti
globali e rispondendo alle esigenze di un ambiente lavorativo in continua trasformazione. Nello
specifico, il social learning si incentra su:
L’opportunità di interfacciarsi con persone più competenti che possono (grazie alle loro
conoscenze specifiche, dati controllati, prestazioni, ricerche e prospettive più ampie) ridurre
le incertezze e facilitare i processi decisionali;
La possibilità di soddisfare le proprie esigenze d’informazione, ricorrendo alle risorse
disponibili e condividendo le proprie;
L’accesso a forum di comunicatori e collaboratori, con l’obiettivo di promuovere
l’apprendimento on the job.
Un altro modo per analizzare il social learning è compararlo con ciò che non è:
Non è solo funzionale per gli esperti del settore: può anche aiutare persone che lavorano in
altri ambiti e in qualsiasi tipo di organizzazione;
3
http://www.treccani.it/vocabolario/intelligenza-connettiva_(Neologismi)/
http://www.ctcformazione.com/Articolo.asp?Anno=2011&Newsletter=19&Posizione=1
5
http://www.garito.it/areastud/tesinepsico0506/mennella-nicola.pdf
4
4
Non è in contrasto con l’educazione formale: gli studenti utilizzano spesso i social media per
comunicare tra loro, con gli insegnanti e i facilitatori, i quali possono a loro volta utilizzarli
prima e dopo le lezioni, per catturare e condividere le idee di tutti;
Non va a sostituire il training o lo sviluppo dei dipendenti: al più può integrare la formazione
in aula o online ma non sostituirla, perché riguarda conoscenze che la formazione formale è
raramente in grado di fornire;
Non è sinonimo di apprendimento informale: perché esso è una modalità di apprendimento
che non si svolge attraverso un programma formale o in una classe, ma che comunque non
necessariamente comporta l’interazione sociale;
Non è sinonimo di e-learning: perché l’e-learning è una modalità di apprendimento strutturato
in cui la formazione o istruzione avviene elettronicamente;
Non avviene sempre per forza in un contesto sociale: spesso le persone sono da sole
mentre sono occupate nel social learning.
Il social learning rappresenta quindi un trend molto interessante e affascinante. Sempre più
organizzazioni iniziano a monitorarlo seriamente, anche per migliorare la propria resilienza e la
capacità di rispondere efficacemente alle nuove sfide poste dal mercato. Il Social Learning viene
quindi sempre più considerato come uno strumento che offre concreti vantaggi all’azienda,
rendendo più efficienti, rapide e intuitive le attività di formazione (grazie all’utilizzo di tool e
piattaforme social), consentendo la condivisione delle informazioni e delle conoscenze,
diffondendo una mentalità collaborativa all’interno dell’organizzazione e rinforzando il ruolo
dell’interazione sociale.
4. OSTACOLI, VANTAGGI E STRATEGIE PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL SOCIAL
LEARNING IN AZIENDA
Per capire se l’implementazione del social learning all’interno di un’organizzazione può
apportare benefici alle strategie di apprendimento si dovrebbe intanto valutare se:
I dipendenti sono geograficamente dispersi;
Viene favorito l’apprendimento on-the-job;
Si desidera incrementare la collaborazione interfunzionale;
L’età media dei dipendenti è relativamente bassa;
Lo svolgimento delle attività richiede ottime capacità di team working;
Occorre ottimizzare la velocità di condivisione delle conoscenze;
Si punta fortemente sull'innovazione;
La cultura organizzativa favorisce l’empowerment e la decentralizzazione dei processi
decisionali.
Approfondiamo ora alcuni fra i principali ostacoli, vantaggi e strategie inerenti l'integrazione si
pratiche di apprendimento 2.0 in un contesto aziendale.
4.1 OSTACOLI
Carenze nelle competenze informatiche di base: si tratta di uno dei maggiori ostacoli
all’utilizzo dei social media in materia di formazione. In particolare, relatori e docenti non si
sentono spesso abbastanza sicuri delle loro competenze ICT per sperimentare strategie di
apprendimento 2.0;
Bisogni speciali: Anche se il learning 2.0 supporta diversi ritmi di apprendimento, può anche
creare difficoltà a coloro che presentano handicap fisici o cognitivi. Tuttavia, in questi casi, è
possibile utilizzare strumenti specifici offerti da alcuni social media;
Competenze pedagogiche: incorporare i social media nell’ambito formativo implica una
revisione del ruolo degli insegnanti, che dovrebbero facilitare l’autoregolazione dei processi
di apprendimento.
5
Incertezza: i social media sperimentano continue fasi di trasformazione. Di conseguenza,
molte questioni inerenti il loro utilizzo a scopi di apprendimento non sono ancora state
affrontate o risolte in maniera adeguata;
Sicurezza e privacy: i social media sollevano questioni importanti in relazione alla privacy. Le
aziende devono assicurarsi che i dati sensibili dei loro dipendenti siano protetti, così come
che le regole di condotta e i diritti di proprietà intellettuale vengano rispettati;
Requisiti per il cambiamento istituzionale: l’utilizzo dei social media in programmi di
istruzione formale richiede alle aziende di elaborare nuovi metodi per supportare i docenti e i
dipendenti;
Differenze generazionali: i dipendenti senior potrebbero incontrare maggiori problemi
nell’utilizzo degli strumenti del web 2.0 rispetto ai colleghi più giovani;
Organizzazione gerarchica: l’implementazione del social learning è più rapida in strutture
meno rigide, disponibili al cambiamento e che favoriscono la collaborazione orizzontale.
4.2 VANTAGGI
I tre principali vantaggi apportati dall’utilizzo dei social media sul posto di lavoro a fini di
apprendimento sono:
reperire le risorse più facilmente;
stimolare la condivisione delle conoscenze;
intensificare le comunicazioni.
Inoltre:
Nei contesti online le idee e le persone sono valorizzate allo stesso modo: non esistono
formalità o burocrazie che impediscano a un’idea di essere migliore rispetto a un’altra. In
questo senso la rete – come le organizzazioni – dovrebbe rappresentare un contesto il più
democratico possibile e favorire la circolazione di informazioni;
Non esistono gerarchie prescritte: ma solo gerarchie mobili e naturali basate sulla
competenza e sui cambiamenti che avvengono sul posto di lavoro;
Gerarchie, task e gruppi di lavoro sono autodeterminati: organizzati in modo collaborativo e
dinamico, sempre intercambiabili e in grado di apportare un valore aggiunto a qualunque
progetto;
Personalizzazione dell’apprendimento: all’interno delle community online, i percorsi formativi
non vengono gestiti da un coordinamento centrale o da un organo di controllo specifico ma
vengono scelti dai singoli dipendenti.
In sintesi un’organizzazione più a misura d’uomo. Un modello aziendale che sembra – tra le
altre cose – essere l’unico in grado di rispondere con efficacia alle sollecitazioni e ai nuovi
stimoli che provengono dal mercato.6
4.3 STRATEGIE
Offrire uno spazio di condivisione: i professionisti WLP (programmatori weblogic portal)
dovrebbero lavorare in sinergia con le loro organizzazioni per offrire spazi dove le persone
possano condividere informazioni e conoscenze;
Regole semplici: stabilire regole semplici, indicando quando e come i dipendenti dovrebbero
ricorrere ai social media e insegnando loro a creare, condividere e organizzare informazioni.
Facilità d’uso: ricorrere a tool e software con interfaccia intuitiva permette di favorire l’utilizzo
dei social media in un’organizzazione;
Fornire input pertinenti alle politiche organizzative: per aiutare le organizzazioni ad
incoraggiare l'uso dei social media, i professionisti WLP possono contribuire a plasmare le
6
http://sociallearning.it/
6
politiche organizzative. Inoltre, coinvolgere il dipartimento risorse umane può favorire
l'accettazione di questi strumenti da parte della forza lavoro;
Stabilire regolamenti: i professionisti WLP dovrebbero ricercare una partnership con l’area
commerciale o i reparti HR per progettare campagne di promozione, adattare i processi di
comunicazione in base alle caratteristiche dei dipendenti e incentivare l'uso appropriato dei
social media all'interno dell'organizzazione.
A questo proposito, Harold Jarche sostiene che è possibile aiutare le aziende a migliorare la
condivisione delle conoscenze attraverso lo sviluppo di competenze individuali (gestione del
sapere), e la creazione di sistemi di supporto aziendale (comunità di lavoro). Una combinazione
efficace di lavoro collaborativo, apprendimento sociale e leadership collegata consente alle
organizzazioni di adattarsi ad un mercato in continuo cambiamento. I social network sono un
ottimo strumento per trattare problematiche complesse, in quanto consentono ai dipendenti:
il crowd-source;
il problem solving;
di accelerare il flusso di conoscenze.7
Secondo questo studioso, l’apprendimento autodiretto si basa sul PKM (Personal Knowledge
Management), definito come “un insieme di processi, costruiti singolarmente, per aiutare ciascuno
di noi a dare un senso al nostro mondo e a lavorare in modo più efficace”.8 Più precisamente il
significato di questo acronimo è il seguente:
Personal: a seconda delle proprie capacità, interessi e motivazioni (senza l’influenza di fattori
esterni);
Knowledge: collegare le informazioni all’esperienza (know how);
Management: raggiungere gli obiettivi.
Il PKM offre quindi l’opportunità di sviluppare un network di persone e di reperire, filtrare e
discernere più rapidamente le informazioni. 9
Secondo uno studio ASTD10, sebbene l'utilizzo dei social media a fini di apprendimento nei
luoghi di lavoro risulta essere ancora una pratica marginale, gli intervistati hanno indicato wiki,
podcast e spazi di lavoro condivisi come strumenti in grado di apportare un valore aggiunto.
L’obiettivo futuro è quindi quello di incrementare il numero di utenti che sfruttano questi strumenti.
Un fattore avverso all’implementazione dei social media sono i dipendenti che li percepiscono
come strumenti di scarsa utilità: in questo caso può essere utile procedere gradualmente,
lavorando con gruppi ristretti di persone, per dimostrare loro come la tecnologia possa
rappresentare una risorsa strategica per l'organizzazione.
È importante inoltre che i responsabili HR sottolineino anche i benefici finanziari apportati dalle
pratiche di social learning: molti social media infatti sono reperibili online in forma gratuita e
consentono quindi di ridurre i costi diretti tipicamente associati ai percorsi formativi tradizionali.
Promuovere la rapida adozione di nuove tecnologie spesso richiede un cambiamento culturale,
per questo qualsiasi tipo di contenuto, come il report di una riunione del personale, dovrebbe
essere condiviso sui social media piuttosto che chiuso in archivio. Quando gli esperti insegnano ad
ai dipendenti ad utilizzare questi nuovi strumenti, dovrebbero:
procedere gradualmente nei primi mesi, gestendo attivamente le reti e incoraggiando la
partecipazione degli utenti;
trovare uno sponsor;
7
http://www.jarche.com/about/
http://www.jarche.com/pkm/
9
Ibidem.
10
The Rise of Social Media: Enhancing Collaboration and Productivity Across Generations (2010).
7
8
coinvolgere in un progetto pilota i dipartimenti interessati (la partecipazione dei dipendenti è
un fattore chiave per il successo di pratiche di social learning), così come il vertice aziendale.
4.4 GAMIFICATION
Oggi le imprese si trovano costrette a fronteggiare un mercato turbolento, fluido, globale,
competitivo, potendo far affidamento soprattutto sulla conoscenza, la creatività, la collaborazione e
la passione delle persone. Sono ormai numerose le realtà che in questo senso hanno avviato
processi di riflessione sui modelli organizzativi 2.0, di rinnovamento in chiave social della funzione
HR, di progettazione di piattaforme di education partecipativa. Ora, l'architrave su cui poggia la
costruzione della social organization è data dalla trasformazione delle tradizionali famiglie
professionali in learning community. Tuttavia questo processo può avvenire soltanto nel caso in cui
ci si discosti da un modello organizzativo gerarchico e autoreferenziale a favore di un sistema
reticolare di community aperte e interconnesse. Al contempo occorrerà individuare tipologie di
community (e relativi social media) coerenti con mission, vision e obiettivi aziendali, nonché
stabilire una serie esaustiva di criteri di misurazione della performance.
Il processo rischia tuttavia di arenarsi su una questione essenziale: l’efficacia delle learning
community è direttamente proporzionale al livello di engagement che le aziende riescono a
generare nei loro membri. Il coinvolgimento attivo della forza lavoro ha infatti una diretta ricaduta
sulle prestazioni: se gli individui lavorano esprimendo il massimo del loro potenziale ne
beneficeranno i gruppi di lavoro, le divisioni, i dipartimenti, in definitiva l'intera organizzazione. Ma
come coinvolgere i propri dipendenti? Come far sentire ognuno di loro parte essenziale di questa
nuova vision?
Il termine gamification è stato utilizzato per la prima volta in pubblico nel febbraio 2010 da Jesse
Scheel, un famoso game designer americano, in occasione della "Dice Conference" di Las Vegas.
Con esso si vuole descrivere una serie di principi di design, processi e sistemi concepiti allo scopo
di trasferire alcune meccaniche tipiche dei videogame in contesti di apprendimento, con l’obiettivo
di stimolare interesse e partecipazione nei discenti.
L'implementazione di meccaniche ludiche è uno dei metodi più efficaci per generare
engagement. In questi casi, l’utente non è più rilegato al ruolo di fruitore passivo di informazioni ma
coopera attivamente interagendo con il prodotto gamificato del sito. Un comportamento attivo è
molto più efficace di uno passivo, anche dal punto di vista della trasmissione di un messaggio:
incentivando a compiere delle azioni, il messaggio può essere collegato all'azione stessa,
racchiudendo così tutto nella medesima esperienza. Un ulteriore punto di forza della gamification è
rappresentato dalla sua capacità di stimolare gli istinti umani nonché di appagarne i desideri. Un
prodotto gamificato offre obiettivi da raggiungere, livelli in cui progredire, competere con gli altri
utenti, condividere i propri successi e guadagnare ricompense. Un recente studio sull'influenza
della gamification, condotto da Jane McGonigal, conferma come la componente ludica possa
agevolare la comprensione di concetti e idee da parte degli individui, gratificare l’impegno profuso
e incitare comportamenti sociali virtuosi.
La gamification può essere sposata in modo efficace al Social Business, generando valore per
l’intero ecosistema aziendale e massimizzando la partecipazione e la collaborazione all’interno
delle organizzazioni. Se il social learning si pone come obiettivo la creazione di valore aggiunto a
partire dagli scambi informali e formali che si costituiscono all’interno di una rete, possiamo
considerare la gamification come il driver fondamentale per attivare e innescare dei processi di
apprendimento. La sua applicazione può anche comportare un incremento reale e tangibile dei
processi di innovazione. Un ulteriore vantaggio da considerare è rappresentato dalla possibilità, da
parte dell’azienda, di ricevere un feedback immediato, raccogliendo tutta una serie di dati basati
sulle azioni compiute nel gioco dai propri dipendenti.
Le meccaniche dei prodotti gamificati sono in continua evoluzione e procedono di pari passo
con gli studi condotti in materia di game design. È possibile tuttavia descriverne alcune di base,
comunemente utilizzate per assicurare ai discenti un'esperienza formativa stimolante e
soddisfacente:
8
Punti/Crediti – Ricompensa: la raccolta di punti rappresenta un incentivo alla
partecipazione dell'utente. Organizzando tali punti in categorie, è possibile indirizzare
quest’ultimo a compiere determinate azioni, così come ad assumere differenti
atteggiamenti. I punti potranno essere spesi per vincere premi, in maniera tale da rinforzare
l’idea che le ore trascorse a formarsi guadagnando punti siano effettivamente ore ben
spese;
Livelli – Stato: il livello permette di classificare l'intera utenza in base al punteggio ottenuto
e introduce sempre un nuovo traguardo da raggiungere, spesso attraverso l'accumulo dei
punti. Ogni livello raggiunto comporta l'accesso a determinati privilegi, il cui possesso può
essere evidenziato e segnalato nella pagina profilo. Questo ritorno visivo del proprio stato
gerarchico stimola l'utente a impegnarsi sempre di più nell’attività formativa;
Beni virtuali – Espressioni di sé: l'accumulo dei punti deve offrire all'utente la possibilità di
vincere, scambiare o acquistare dei beni virtuali. Essi costituiscono un elemento
fondamentale: oltre ad incentivare l'utente ad impegnarsi per riuscire ad acquisire l'oggetto
desiderato, questo potrà servirsi di tali oggetti per sviluppare una propria identità all'interno
della community, ad esempio personalizzando il proprio avatar in maniera sempre più
approfondita;
Classifiche – Competizione: le classifiche rappresentano il metodo più efficace per ordinare
l'utenza di un gioco. Tale suddivisione può basarsi su varie caratteristiche come il tempo
speso, il livello, i punti e le performance. L'utente sarà spinto a impegnarsi sempre di più
nel corso delle sessioni formative, nell’intento di scalare la classifica, monitorando sia i
propri progressi che quelli dei colleghi.
Con l'avvento delle applicazioni per cellulare si è verificato un forte incremento nell’utilizzo dei
prodotti gamificati. Gli smartphone li hanno resi sempre più accessibili, mentre facebook ha
agevolato i processi di viralizzazione. Negli ultimi anni quindi il loro mercato si è decisamente
allargato, e un'enorme massa di non giocatori ha iniziato a familiarizzare con le loro meccaniche.
Nello specifico del contesto aziendale, è possibile distinguere quattro tipi differenti di “giocatori”: gli
Achievers, orientati all’obiettivo da raggiungere; gli Explorers, motivati dalla conoscenza, dalla
voglia di imparare e comprendere; i Socializers, attratti dall’opportunità di creare networking; infine
i Killers, la cui gratificazione deriva dall’assunzione di un ruolo dominante.
Se da un lato è importante offrire un prodotto gamificato in grado di soddisfare le esigenze di
ogni singolo dipendente/giocatore, dall’altro è altresì fondamentale collegare la progettazione di
strategie di gamification a precisi e concreti obiettivi di business. Anche in questo caso la
gamification è da considerarsi come leva strategica per raggiungere uno scopo e non come il fine
ultimo.
A questro proposito, Stefano Besana sostiene che la gamification debba essere vista come uno
strumento da inserire in un contesto molto più ampio, attraverso cui le aziende possano migliorare
i processi al loro interno, facilitando la partecipazione all’innovazione e l’emersione di nuove idee.
La metodologia di lavoro è di conseguenza quella del Co-Design: della realizzazione cioè di
strategie condivise, partecipate, interattive, in cui utenti finali e designer (nel senso più ampio del
termine) collaborino nella creazione di un prodotto che risulti soddisfacente per entrambi.
Il gioco diviene in definitiva un vettore fondamentale per innestare meccanismi collaborativi,
innovativi e formativi, consentendo di coinvolgere maggiormente una community e rafforzandone i
legami interni. Per Besana è necessario quindi vedere la Gamification come “un mezzo verso la
costruzione di un ecosistema organizzativo più resiliente, innovativo, partecipato e aperto”. 11
Diversi gli obiettivi che si possono raggiungere offrendo esperienze formative di questo tipo,
come ad esempio migliorare il servizio al cliente, la capacità di fare innovazione, la presenza sul
mercato, l’efficacia e l’efficienza nel delivery dei progetti, la gestione delle risorse interne, lo
scambio, la formalizzazione e la valorizzazione della conoscenza, l’apprendimento integrato.
11
http://sociallearning.it/category/gamification-2/page/2/
9
5. IL SOCIAL LEARNING IN ITALIA E IN EUROPA: SCENARI E CASE HISTORY
Nel corso degli ultimi anni, Internet ha profondamente influenzato la vita privata e professionale
dei cittadini europei, offrendo loro un numero sempre crescente di opportunità per acquisire e
condividere informazioni e conoscenze. Secondo i dati Eurostat del 2009, il 60% della popolazione
dell'Unione Europea (di età compresa fra i 16 e i 74 anni) utilizza Internet almeno una volta alla
settimana, il 48% lo usa ogni giorno. Inoltre, una media del 31% degli utenti europei ricorre ad
Internet con uno scopo di apprendimento, un dato in crescita dell'8% rispetto al 2007. A titolo
d’esempio, il 51% dei cittadini europei si rivolge alla rete quando desidera reperire informazioni su
merci e servizi, il 33% lo fa per aggiornarsi su tematiche relative alla salute mentre il 31% per
consultare giornali e riviste on-line. 12
Questi dati sembrano convalidare le tesi di molti ricercatori e cultori della materia: se da un lato
il web viene ampiamente utilizzato dalle persone per sostenere l’apprendimento in maniera
informale, la formazione formale tarda ancora a coglierne le potenzialità.
Studi condotti dall’IPTS (Institute for Prospective Technological Studies) suggeriscono inoltre
che l’elevata penetrazione dei social media al di fuori dei tradizionali contesti di apprendimento può
rappresentare un’opportunità per innovare e modernizzare i metodi formativi tradizionali. L'alto
tasso di persone che utilizzano Internet per inviare e ricevere e-mail - in media 57 % nell'Ue - è un
chiaro indicatore dell'utilità percepita della rete a fini di comunicazione e apprendimento. Con
l'emergere dei social media questa tendenza si sta sviluppando ulteriormente. Le tecnologie più
recenti consentono infatti una maggiore interazione da parte degli utenti, che possono disporre di
spazi aperti alla comunicazione multi-direzionale all’interno dei quali pubblicare e condividere
contenuti in formato digitale come foto, video e brani musicali. Osservando i dati Eurostat si può
evincere come molti europei stiano cogliendo le opportunità offerte dai social media per facilitare la
comunicazione e la condivisione di conoscenza. Basti pensare ad esempio alla diffusione
dell’instant messaging (utilizzato dal 35% di tutti gli utenti Internet e dal 67% di quelli di età
compresa fra i 16 e i 24 anni), delle attività di networking online (26% e 50%) oppure dei blog (25%
e 39%). Un'altra tendenza interessante è quella che riguarda l’utilizzo di siti e servizi Internet per la
condivisione e lo scambio di contenuti audiovisivi, una pratica comune al 61% degli utenti europei
e addirittura all’81% di quelli di età compresa tra i 16 e i 24 anni.
Considerando il fatto che le applicazioni e i servizi del Web 2.0 sono stati introdotti soltanto di
recente, tassi di utilizzo così elevati rivelano una capacità di penetrazione sorprendentemente
rapida.
È in questo scenario che si inserisce il fenomeno del Social Learning, un argomento tuttora
oggetto di ricerche e sperimentazioni. La sua implementazione in ambito aziendale, sia in Italia che
in Europa, risulta ancora in fase embrionale, anche se sono sempre più numerosi i progetti pilota e
le piattaforme che stanno nascendo negli ultimi anni. Infatti quella che inizia a prendere forma è
l’idea di un’azienda inclusiva e pluriprospettica, permeabile a dipendenti che si relazionano tra loro
non disdegnando l’utilizzo di strumenti quali blog, wiki e social network. Un’azienda al cui interno
valori come quelli della collaborazione e della condivisione contano più della competizione centrata
su prassi e gerarchie.
Può essere interessante rilevare come le pratiche di Social Learning non si stiano diffondendo
soltanto nei contesti aziendali. Ad offrire oggi occasioni di apprendimento sono anche delle
piattaforme online fruibili da qualsiasi utente. È il caso per esempio di Insegnalo.it, una piattaforma
italiana di social learning concepita come supporto del software open source eXelearning per
soddisfare le esigenze di tutti coloro che gravitano intorno alla galassia della formazione online.
Insegnalo.it eroga dei contenuti formativi accessibili non limitandosi ad un catalogo di corsi dai
contenuti predefiniti ma offrendo ad ogni discente la possibilità di generare autonomamente il
proprio corso di apprendimento online.
Anche le società di formazione stanno iniziando ad attrezzarsi a riguardo, proponendo percorsi
formativi incentrati su metodi partecipativi di Social Learning. Young Digital Lab, ad esempio, è un
laboratorio itinerante che organizza eventi e giornate di formazione in sei città italiane: Padova,
12
http://ftp.jrc.es/EURdoc/JRC56958.pdf.
10
Verona, Bologna, Milano, Genova, Roma. Si tratta di un progetto iniziato nel 2010 dalla giovane
società padovana Young Digitals con l’obiettivo di diffondere la cultura del Social World tra le
aziende italiane facendo comprendere, attraverso lo sguardo e le parole di professionisti affermati
nel panorama del marketing digitale, i cambiamenti imposti al mercato dall’introduzione di queste
nuove tecnologie, così come le molteplici opportunità che esse sono in grado di offrire.
Gli eventi Young Digital Lab sono permeati dalla cultura della collaborazione e prevedono ampi
momenti di discussione, grazie ai quali il pubblico partecipa attivamente (alla pari dei relatori) per
creare ad ogni incontro un’esperienza di apprendimento differente. Lo staff di Young Digitals è
impegnato anche nella gestione di un blog, un utile strumento all’interno del quale vengono
proposti vari approcci ad un marketing integrato con le dinamiche sociali odierne, nonché raccolte
case history positive e negative. Tramite la versione inglese, professionisti provenienti da diversi
paesi, vengono coinvolti per portare il loro know-how ed il loro punto di vista, apportando un
ulteriore valore aggiunto al progetto.
Secondo Besana, il motivo per cui il Social Learning non si sta diffondendo proporzionalmente
al suo valore va ricercato nei tempi non ancora maturi: questo perché, in primo luogo, la cultura
organizzativa tradizionale, in particolare nel nostro paese, tende a sottostimare le iniziative
sperimentali; in secondo luogo, perché lo sviluppo tecnologico non pare ancora del tutto in grado di
gestire adeguatamente processi di apprendimento informali e incentrati sulle relazioni piuttosto che
sui contenuti; infine, perché i sistemi di valutazione dell’efficienza formativa del Social Learning
non sono ancora sufficientemente conosciuti e compresi.
Diverse aziende però, sia in Italia che in Europa, hanno iniziato ad adottare i social media nei
loro workshop e meeting o hanno incluso elementi social all’interno dei loro corsi on-line. Soluzioni
operative come queste propongono un’integrazione tra metodi di formazione formale e informale,
traducendosi ad esempio in corsi di apprendimento erogati secondo modalità tradizionali, ma
seguiti da apposite discussioni all’interno di community concepite ad hoc.
Tuttavia, se si intende davvero sposare la filosofia social, bisogna stare attenti a rifiutare un
approccio verticale e impositivo alla formazione, favorendo e stimolando invece i flussi orizzontali
di informazione che si generano spontaneamente sul posto di lavoro. In altre parole, il Social
Learning può essere supportato (ad esempio servendosi di un community management, di un
piano editoriale, di un’attenta attività di analisi e valutazione) ma non eccessivamente costretto e
organizzato. Le pratiche di Social Learning sono in grado di apportare benefici soltanto se il vertice
aziendale accetta di prendere parte a questo processo di condivisione sociale delle informazioni,
cogliendo tutte le opportunità che si presentano.
Così hanno fatto alcune aziende italiane e europee, accettando le nuove sfide poste da un
mercato in continua trasformazione e finanziando progetti di Social Learning in linea con gli
obiettivi prefissati dalle proprie strategie aziendali. È il caso, ad esempio, di Unicredit, Telecom
Italia, BT Group e Accenture, Basf.
6.1 L’AZIENDA
UniCredit S.p.A. (nata nel 1998 dalla fusione di diversi gruppi bancari e fino al maggio 2008
chiamata Unicredito Italiano S.p.A.) è tra i primi gruppi di credito europei e mondiali, la sua sede
sociale si trova a Roma, mentre la direzione generale a Milano.
La banca conta oltre 40 milioni di clienti ed è presente in 22 Paesi. I mercati principali nei quali
opera sono Italia, Austria, Germania meridionale, Svizzera, Centro ed Est Europa.
11
La società è quotata presso la Borsa valori di Milano e fa parte del paniere dell'indice FTSE
MIB. 13
6.2 SFIDE E OBIETTIVI
La struttura e la complessa articolazione di Unicredit, caratterizzate da un contesto dinamico di
acquisizioni e riorganizzazioni aziendali, hanno fatto emergere la necessità di sviluppare
un’identità comune, di assicurare una comunicazione efficace e coerente all’interno del gruppo, di
mobilitare il personale intorno ad una strategia commerciale condivisa.
Nel 2009 viene concepito il progetto OneNet, un social network professionale interno che si
propone di adottare gli strumenti del web 2.0 per migliorare il flusso dei processi interni, facilitare il
knowledge sharing e la collaborazione a distanza tra i colleghi, favorire la condivisione del sapere
e l’emersione di nuove idee, mirando a creare un ambiente aziendale sempre più integrato ed
efficiente.
Il social network creato dal Gruppo coinvolge 18mila dipendenti in 10 Paesi con 55 community
attive. OneNet è quindi incentrato sulle persone ed è stato progettato tenendo in considerazione i
bisogni delle stesse. La cultura globale di Unicredit inoltre si propone di integrare, rispettandole, le
varie culture locali; uno strumento come OneNet permette di trasformarne i valori in risorse che
tutto il Gruppo può capitalizzare.
Il progetto ha consentito ad Unicredit di vincere nel 2011 l’Enterprise 2.0 Innovation Award del
Politecnico di Milano. Un riconoscimento assegnato dall’Osservatorio Enterprise 2.0 alle aziende
che hanno dimostrato di saper innovare i propri processi di comunicazione interna ed esterna,
servendosi di strumenti 2.0 per stimolare la collaborazione fra le persone e diffondere una cultura
aziendale partecipativa.
6.3 IL PROGETTO “ONENET”
Unicredit ha lanciato OneNet nell’autunno del 2009, coinvolgendo nel programma di beta
testing 12500 dipendenti. In seguito l’accesso è stato gradualmente esteso al resto del personale.
La piattaforma è composta da tre elementi:
My site (employees’ personal 3D profiles): l’area personale di ogni utente che racchiude tutte
le informazioni di carattere personale e professionale e che permette la connessione con gli
altri utenti;
Community (comments & idea generation): l’area collaborativa, dove condividere interessi,
informazioni e opinioni attraverso l’utilizzo di social features;
Workspace (sharing & collaboration): l’area di lavoro.
Se My Site è l’area personale dei dipendenti, My Profile è la sua pagina principale: simile a un
biglietto da visita virtuale, consente ai dipendenti di presentarsi, aggiungere informazioni e creare
blog. My Home, invece, è lo spazio in cui gli utenti possono consultare le news e le informazioni
sulle communities di cui fanno parte. Inoltre My Site contiene un archivio all’interno del quale i
dipendenti possono memorizzare i documenti.
Le Communities rappresentano invece l’area collaborativa. Ad esse si partecipa principalmente
tramite invito, con differenti scopi: dare un’identità a gruppi d’impiegati, creare reti focalizzate su
specifiche aree di business e permettere agli impiegati di condividere informazioni. Sono anche
utilizzate per raccogliere nuove idee o per risolvere un problema specifico. Le communities di
OneNet sono gestite dai loro proprietari, che hanno il compito di controllare e aggiornare il loro
contenuto, monitorare le loro attività e stimolare l’interazione online fra i suoi membri.
Le Workspace invece sono le aree di lavoro, stanze virtuali il cui accesso è consentito a piccoli
gruppi di utenti. Al loro interno i colleghi possono condividere, archiviare e caricare documenti.
Questo tool sostiuisce tutte le precedenti aree di e-collaboration in Unicredit.
13
http://it.wikipedia.org/wiki/UniCredit
12
Dal punto di vista della Governance, OneNet è gestito secondo un modello “hub-and-spoke”:
due team a livello di Holding raccolgono le esigenze dei clienti interni, mentre un team IT coordina
la creazione delle Communities e ne segue gli sviluppi.
Paolo Cederle (executive vice president e responsabile della business unit Group Operations &
ICT Factories di Unicredit) ha chiarito in un’intervista come Unicredit cercasse un modo per
connettere tutti i dipendenti, dal momento che “la dinamica della creazione di nuove idee e
conoscenze deve passare da una struttura verticale a una orizzontale”.14 E questo è proprio quello
che una piattaforma di Social Learning permette di fare. Cederle afferma poi che il modello 2.0 ha
facilitato lo sviluppo delle idee emergenti, incoraggiando la creatività dei dipendenti. Inoltre, ha
permesso di condividere in maniera più rapida la conoscenza, di offrire un format che consente
un’interazione più semplice e immediata, di condividere esperienze, progetti, attività e competenze
tra le persone.
6.4 CONSIDERAZIONI FINALI
OneNet è attualmente utilizzato dal 60% dei dipendenti che sono stati invitati a farne parte.
L’obiettivo a lungo termine è quello di coinvolgere tutti i 158000 impiegati di Unicredit.
Diverse le criticità rilevate a seguito del lancio della nuova piattaforma:
Molti dipendenti, in particolare quelli di età superiore ai 45 anni, non erano abituati ad usare i
social media e hanno percepito inizialmente OneNet come uno strumento superfluo. A
svolgere un ruolo fondamentale a quel punto è stato l’impegno profuso dall’azienda nella
campagna di informazione e promozione. Inoltre, in aggiunta alla consueta guida in linea, si
è deciso di fornire assistenza agli utenti di OneNet attraverso un apposito blog: Tips&Tricks;
Vennero riscontrati alcuni problemi di accessibilità, ai quali Unicredit cercò di rimediare
collegando OneNet alla intranet aziendale preesistente e consentendo l’accesso al network
tramite smartphone e tablet. In questa maniera anche i dirigenti che in genere spendevano
gran parte del loro tempo in viaggio potevano partecipare alle attività di OneNet;
La piattaforma, da sola, non consentiva di aggirare barriere culturali come le differenze
linguistiche o le modalità di relazione tra management e impiegati nei diversi paesi in cui il
Gruppo Unicredit era presente. A questo riguardo vennero comunque aperti numerosi blog in
diverse lingue, in particolare in italiano, inglese e tedesco.
D’altra parte i maggiori benefici vennero riscontrati in termini di coinvolgimento e performance
della forza lavoro, efficacia della collaborazione a distanza, raccolta bottom-up di nuove idee e
suggerimenti. OneNet, infatti, ha favorito la condivisione di esperienze e proposte all’interno di un
contesto estremamente diversificato, sia in termini di presenza multiculturale che generazionale.
Non si tratta di uno strumento dedicato solo al settore IT, ma da estendere a tutti i livelli e aree
della banca. Il suo scopo non è solo quello di creare una corporate identity o uniformare i
linguaggi, i modelli e le logiche di business. Come afferma Paolo Cederle, il progetto è molto più
ambizioso: la volontà dell’azienda è quella “di preparare le persone a vivere in un ambiente di
business sempre più dinamico e proiettato al cambiamento. Un cambiamento continuo e che
subisce accelerazioni o modifiche di rotta repentine non decise dalla banca, di cui ci rendiamo
conto già adesso. [...] La banca deve essere pronta a riconoscere e recepire il cambiamento per
trasformare il suo modo di agire con rapidità e pervasività. Il cambiamento bisogna praticarlo sul
serio e non solo a parole. Affrontare il cambiamento - significa per Cederle - affrontare sfide che
oggi possono sembrare anche impossibili, ma che ritengo invece necessarie. Per esempio: oggi la
nascita di nuove idee, soprattutto da coloro che stanno sul campo, si perde nei processi
autorizzativi e gerarchici. In tutti i Paesi sono presenti competenze di alta eccellenza in tutti i
settori, ma se non si crea un giusto ambiente per la loro condivisione il rischio è riprodurre le
vecchie logiche organizzative a “silos”, mentre la collaborazione rimane confinata più come
auspicio nei livelli alti che messa in pratica in modo pervasivo in tutta la banca”15.
14
15
http://www.bancaforte.it/articolo/idee-in-rete-RB43835w
Ibidem.
13
L’obiettivo principale di UniCredit è quello di supportare l’implementazione di questi strumenti
2.0 e, ancora di più, di offrire agli utenti un’esperienza di navigazione che semplifichi le attività
lavorative quotidiane.
7.1 L’AZIENDA
Telecom Italia è la principale azienda italiana di telecomunicazioni. I servizi offerti in Italia e
all'estero sono telefonia fissa, telefonia cellulare, telefonia pubblica, telefonia IP, Internet e
televisione via cavo (in tecnologia IPTV).
In Italia opera nella telefonia fissa e nell'accesso a Internet con il marchio Telecom Italia, nella
telefonia mobile con il marchio TIM, nella telefonia IP e nella televisione via cavo (IPTV) con il
marchio IPTV di Telecom Italia. Nel 2012 gli impiegati erano 54419, mentre il fatturato nell’anno
2013 ha raggiunto i 38,3 miliardi di euro (con un utile netto di 2,1 miliardi di euro).16
7.2 SFIDE E OBIETTIVI
Campus è una piattaforma intranet di social learning ideata e creata da Marco Lotito per
Telecom Italia, in particolare per il 119 (servizio clienti di TIM).
Il progetto nasce nel 2008 quando Lotito propone di collegare l’attività di mapping ad un
percorso di apprendimento continuo, introducendo per la prima volta in Tim l’utilizzo di strumenti
“social”. L’idea era quella di progettare un «Cruscotto Formativo» che comprendesse componenti
di gestione delle skills, autovalutazione da parte degli utenti, produzione e condivisione dei
contenuti formativi, inserendo nello stesso cruscotto degli strumenti di collaborazione.
Lotito sottolinea come Campus sia nato soprattutto con l’idea di “fare più con meno”, e di come
dal 2008 al 2013, pur aumentando il numero di attività gestite e quello di utenti attivi, sia stato
dimezzato quello dei professionisti a supporto delle attività, riducendo così i costi del 75%.
Gli obiettivi di Campus erano diversi: valorizzare la conoscenza informale degli Agent del 119
che emerge dalle discussioni nei forum per integrarla nei processi di Customer Operation;
sviluppare una cultura dell’ascolto e aggiornare gli Agent sulle tematiche di interesse del mondo
VAS, delle telecomunicazioni e dei social media; realizzare una palestra comportamentale sui
social media, permettendo di creare una rete interna e favorendo la propensione al social
networking; far emergere i dipendenti più talentuosi e monitorare lo sviluppo professionale
(mappatura skills, reputation); infine, ottimizzare i tempi e i costi di formazione commerciale,
proseguendo virtualmente l’apprendimento. Inoltre, attraverso i meccanismi di gamification, che
collegano il momento di analisi e verifica delle competenze a quello degli interventi formativi,
individuare le aree di miglioramento delle competenze degli operatori e pianificare le azioni
correttive.
7.3 IL PROGETTO “CAMPUS”
Prima del lancio ufficiale, è stato condotto un programma di beta testing ristretto a pochi
dipendenti, tramite il quale sono stati raccolti i primi feedback. Inoltre, per coinvolgerli, è stata
promossa una campagna di comunicazione attraverso altri canali aziendali, è stato creato uno
16
http://it.wikipedia.org/wiki/Telecom_Italia
14
spazio di dialogo permanente con gli utenti per raccogliere feedback e richieste, sono stati
distribuiti tutorial per spiegare le funzionalità della intranet.
Come spiega Lotito: “il progetto si caratterizza per la forte personalizzazione che il sistema
consente a ogni utente. Un profilo personale, “Mio Campus”, contiene informazioni aziendali,
personali, lo streaming delle attività e dei contatti che fanno parte del suo network, lo storico delle
notifiche, e l’esito delle varie mappature e verifiche dell’apprendimento. La reputation è alimentata
da un sistema di ranking che traccia la qualità della partecipazione a tutte le attività della
piattaforma (forum, blog, slidecast, videocast, quiz, survey, chat, gruppi, networking). L’analisi di
competenze e attitudini viene poi collegata alla misurazione della collaborazione tra pari ed alla
pianificazione degli interventi formativi (aula tradizionale e virtuale, training on the job).
Incentivando le attività supportate dalla piattaforma con la gamification, consegniamo ai nostri
referenti territoriali una misurazione oggettiva delle competenze degli operatori, ma anche della
propensione a collaborare, facendo così emergere «il meglio»”.17
Un punteggio premia, infatti, gli utenti più meritevoli in base alle diverse attività svolte nei forum,
nelle aule virtuali e in generale su tutta la piattaforma. Ogni mese, agli Agent più attivi e più votati
della classifica, viene assegnata una medaglia che compare nel profilo.
All’interno di Campus è stato avviato un progetto di graduale conversione della tradizionale
metodologia formativa verso percorsi di formazione blended (aule di presenza + e-learning). Al
2013 risultano attive 47 aule virtuali, divise tra corsi e aree riservate a gruppi tematici. Le aule
maggiormente visitate sono quelle dedicate alla formazione sui lanci commerciali e quella riservata
agli specialisti della formazione.
Tutte le attività degli utenti della piattaforma vengono monitorate attraverso strumenti riservati
alla Redazione, che produce report periodici.
Lo stesso Lotito spiega come “Campus è stato progettato coerentemente alle indicazioni
emerse dal progetto «Enterprise 2.0», un percorso di evoluzione tecnologica e di sensibilizzazione
del Top Management che è ancora oggi in corso, e che finora ha portato a fare piccoli ma
significativi passi in avanti”. 18
7.4 CONSIDERAZIONI FINALI
Per far capire l’importanza di Campus è sufficiente riportare due statistiche: gli accessi totali
effettuati dagli utenti tra gennaio e aprile 2013 sono stati 1.461.239, mentre il numero degli utenti
che si sono iscritti a Campus nel medesimo periodo è di 4555.
L’ideatore di Campus spiega come non basti qualche forum o blog per diventare “social”: per
usare al meglio una piattaforma di social learning non occorre solo la tecnologia, sono le relazioni
interpersonali ad avere un ruolo preminente. “L’empatia - continua Lotito - è cruciale: è solo
mantenendo una relazione quotidiana, sincera, tra pari, con la propria community, che potrete
conquistarne la fiducia, la stima e soprattutto capire di cosa c’è davvero bisogno”.19
Lotito sostiene infine come Campus sia diventata una realtà davvero importante all’interno di
Telecom, dal momento che viene presentata tuttora come una delle best practices in occasione di
workshop con colleghi argentini o brasiliani e abbia ottenuto numerosi riconoscimenti anche esterni
all’azienda stessa. Anche se persiste ancora un atteggiamento di diffidenza da parte di numerosi
operatori è importante attivare cambiamenti in tal senso (creando piattaforme come Campus)
all’interno di tutte le aziende, per diventare “persone migliori in grado di dare risposte migliori
perché elaborate collettivamente”.20
http://www.socialenterprise.it/index.php/2013/09/09/campus-il-social-learning-per-il-119-ditelecom-italia/
18
Ibidem.
19
Ibidem.
20
Ibidem.
17
15
8.1 LE AZIENDE
Accenture, già Andersen Consulting,
Consulting, è una multinazionale di consulenza di direzione, servizi
tecnologici e outsourcing con sede a Dublino, in Irlanda. La sua organizzazione interna, che riflette
i settori nei quali l'azienda opera, si articola in cinque aree di business: servizi finanziari,
finanziari risorse
energetiche, settore manifatturiero, comunicazione e tecnologie, pubblica amministrazione.
Nel mondo, Accenture serve circa 4.000 clienti. In Italia, opera per 15 tra i primi 20 gruppi
finanziari nazionali, per le prime 4 società assicurative e per
per 11 tra i primi 15 gruppi industriali.
Attualmente il gruppo impiega circa 10.500 dipendenti sul territorio nazionale, che lavorano nelle
sue sedi principali e presso i clienti. A livello globale, nell'anno fiscale conclusosi il 31 agosto 2012,
Accenture ha registrato ricavi per 27,9 miliardi di dollari, di cui 1,085 miliardi di euro solo in Italia.21
BT Group (precedentemente British Telecommunications o British Telecom)) o semplicemente
BT è un operatore telefonico privato del Regno Unito. È il più grande operatore telefonico della
nazione e in Europa come fornitore di Internet a banda larga è tra i più importanti al mondo. Opera
in più di 170 paesi e quasi un terzo del suo reddito proviene dalla sua filiale di Servizi Globali.22
8.2 SFIDE E OBIETTIVI
Nel corso del 2009 BT Group richiese la collaborazione di Accenture allo scopo di condurre una
serie di ricerche per valutare l’efficacia dei programmi formativi erogati ai propri dipendenti, basati
fino a quel momento perlopiù su metodologie di carattere tradizionale.
tra
. Un secondo obiettivo era
quello di indagare i possibili benefici sia finanziari che legati all’apprendimento offerti dalle
emergenti strategie partecipative, le quali suggerivano di integrare i social media nel contesto
lavorativo per assicurare un vantaggio competitivo alla propria azienda.
I dati emersi dalla prima ricerca imposero una seria riflessione: BT destinava ogni anno intorno
ai 100 milioni di sterline per la progettazione ed erogazione di interventi formativi che le analisi
mostravano inefficaci, non in grado di apportare benefici rilevanti all’organizzazione. Le ricadute
positive sulle prestazioni dei discenti risultavano minime, a fronte di un ripetuto, ingente
investimento finanziario e ad un’attenta pianificazione dei corsi di formazione.
formazione. Alcuni sondaggi
evidenziarono inoltre come la maggioranza dei dipendenti accordasse la propria preferenza alla
formazione informale e on the job piuttosto che alle tradizionali lezioni d’aula. Rigidità, genericità
ed eccessiva distanza dalla realtà quotidiana del contesto lavorativo: queste le espressioni che
ricorrevano nei feedback redatti dal personale.
Con l’aggravarsi della situazione di crisi economica mondiale, non poté quindi che essere
avvertita sempre più l’esigenza di ottimizzare, anche in
in relazione ai costi, i processi di
apprendimento e gestione interna delle conoscenze, cogliendo quest’occasione per introdurre
nuovi e più efficaci strumenti e metodi formativi.
Vennero quindi identificate cinque situazioni critiche la cui correzione, secondo
sec
le stime
effettuate, avrebbe consentito all’azienda di risparmiare intorno agli 8 milioni di sterline all’anno:
21
22
I tecnici della manutenzione non avevano alcuna opportunità di aggiornare le proprie
conoscenze e formarsi fuori servi
servizio o nei momenti di inattività;
I team leader, ognuno indipendentemente dall’altro e senza saperlo, conducevano un
numero eccessivo di briefing in tema di sicurezza;
sicur
http://it.wikipedia.org/wiki/Accenture
http://it.wikipedia.org/wiki/BT_Group
16
I commessi impiegavano giorni interi a reperire le informazioni necessarie al loro lavoro,
apprendere le tecniche di vendita migliori e consultare esperti;
I direttori si trovavano a dover rispondere continuamente alle stesse domande, poste
perlopiù dai loro vari collaboratori;
Gli spostamenti dei discenti da e verso le aule in cui venivano erogati i corsi di formazione
richiedevano un dispendio eccessivo di tempo e denaro.
I dati incoraggianti emersi dalla seconda ricerca, riguardante i benefici (sia finanziari che in
termini di produttività e performance della forza lavoro) che potevano derivare
dall’implementazione del social learning, chiarirono al vertice quale fosse la direzione da seguire.
L’introduzione di queste nuove pratiche prospettava tra l’altro la possibilità di favorire il processo
di diffusione della cosiddetta “conoscenza tacita”, ossia di quel patrimonio di sapere non codificato,
non contenuto all’interno di testi o manuali, non gestito attraverso flussi comunicativi strutturati ma
che si genera dall'esperienza lavorativa e - come tale - si collega alla capacità di comprensione dei
contesti di azione, dalle intuizioni, dalle sensazioni; tratti che difficilmente possono essere
compresi da chi non condivide la medesima esperienza.
8.3 IL PROGETTO “DARE2SHARE”
Gli sforzi sostenuti da BT e Accenture si tradussero nel progetto “Dare2Share”. In seguito ad
un’attenta analisi di mercato e ad un “innovation day”, utile per raccogliere informazioni specifiche
sulle potenzialità offerte dagli strumenti del Web 2.0, si scelse di proseguire adottando un
approccio integrativo e inclusivo. L’obiettivo che si pose il vertice non fu quello di cancellare e
sostituire interamente i metodi e i corsi formativi progettati dall’azienda nel corso degli anni, ma di
associarli ad iniziative di formazione partecipativa secondo una logica collaborativa e informale, da
realizzarsi attraverso l’implementazione dei social media nell’ambiente lavorativo.
Ciò che si avvertiva, all’interno dell’azienda, era il bisogno di creare e assicurare ai dipendenti
un più ampio contesto di apprendimento, maggiormente flessibile e dinamico, in grado di stimolare
l’adesione e la partecipazione attiva di ogni discente, al fine di incrementare l’efficacia complessiva
dei programmi di formazione preesistenti.
Per realizzare Dare2Share venne scelto Microsoft Sharepoint, uno dei programmi più noti tra
quelli che consentono di creare siti web ad uso aziendale. Il risultato venne descritto come una
piattaforma web simile a Youtube, con l’aggiunta di una marcata componente social. Ai dipendenti
venne offerta la possibilità di generare, reperire e condividere con facilità contenuti didattici in vari
formati elettronici (grazie a podcast, documenti office, link…), nonché di commentarli e discuterli in
tempo reale.
Conclusa la consueta fase di test, ogni utente poté disporre di un dettagliato profilo che
elencava le sue competenze professionali e i suoi interessi, e usufruire liberamente di strumenti
quali blog e forum strutturati, comunità di interesse, instant messaging e file sharing. L’utilizzo della
nuova piattaforma venne incentivato attraverso una campagna interna di comunicazione e
promozione.
Ancora più importante della piattaforma in sé, ad apportare ulteriori benefici furono il cambio di
mentalità e i nuovi tipi di approccio alla risoluzione dei problemi che si diffusero rapidamente
all’interno dell’azienda. Attraverso l’implementazione del social learning, BT Group riuscì infatti ad
attingere dal potenziale insito nella propria forza lavoro, convertendolo in un fattore di crescita:
ogni individuo si sentì infatti incoraggiato a sperimentare, innovare, collaborare, comunicare e
condividere esperienze e conoscenze, ricavandone una soddisfazione personale. Anche l’impatto
sui processi di comunicazione tra diversi reparti risultò oltremodo positivo.
8.4 CONSIDERAZIONI FINALI
Accenture e BT sono concordi nell’affermare che, integrando le potenzialità dei metodi di
formazione partecipativi con le capacità degli strumenti del Web 2.0, è possibile creare un contesto
di apprendimento più efficace di quello tradizionale, con impatti positivi sulla performance
aziendale.
17
Servendosi di una piattaforma come Dare2Share, il dispendio di tempo e risorse necessarie per
la progettazione ed erogazione dei tradizionali corsi formativi risulta fin da subito
considerevolmente ridotto. Docenti, esperti e cultori di una materia possono essere consultati
online direttamente dagli utenti, in maniera rapida e intuitiva. Percorsi e contenuti formativi
possono inoltre essere personalizzati in base alle esigenze di ogni singolo discente, con evidenti
benefici in termini di percentuali di ritenzione e trasmissione delle conoscenze.
Infine, diffondere una cultura aziendale in cui venga assegnata una massima rilevanza
all’interazione sociale, alla collaborazione, alla condivisione, consente di consolidare una forza
lavoro motivata e capace. Il personale, così formato, sarà in grado di supportare efficacemente
l’implementazione di varie strategie competitive, di gestire serenamente i cambiamenti
(adattandosi o anticipandoli a seconda delle esigenze), di rispondere in definitiva senza timore alle
sfide che al giorno d’oggi l’incertezza e l’instabilità di ogni settore economico continuamente
pongono.
9.1 L’AZIENDA
BASF SE è una multinazionale tedesca leader nel settore chimico, fondata nel 1865. Ad oggi la
società conta più di 160 tra filiali e joint venture, possiede più di 390 siti produttivi (distribuiti tra i
continenti europeo, asiatico e americano) e registra ricavi annuali che si aggirano sui 63 miliardi di
euro. Il numero di dipendenti supera quota 100.000, di cui circa la metà risultano impiegati in
Germania. BASF ha clienti in più di 200 paesi del mondo e fornisce circa 8.000 prodotti destinati a
diversi settori dell’industria.
Tra i prodotti più innovativi introdotti sul mercato dal gruppo BASF possiamo ricordare l’indaco,
uno dei primi coloranti sintetizzati su scala industriale, così come la tecnologia necessaria alla
funzionalità dei nastri magnetici (musicassette).23
9.2 SFIDE E OBIETTIVI
Nel 2009, nonostante le difficoltà economiche dovute alla situazione di crisi, BASF riuscì a
registrare ricavi superiori ai 50,7 miliardi di euro. Tuttavia, tenendo fede ad uno dei propri principi
guida (“we form the best team in the world”), l’azienda preferì non adagiarsi su questo risultato
positivo, iniziando seriamente a riflettere sull’opportunità di realizzare un social network interno. Il
progetto era in fase di studio da un paio d’anni, con l’obiettivo di migliorare la performance
aziendale.
Il vertice di BASF si trovava concorde nel ritenere che il primo e decisivo fattore di vantaggio
competitivo dell’azienda fosse da ricercare nelle persone che lavoravano al suo interno, nel loro
potenziale e nel loro patrimonio di conoscenze.
Il desiderio di stimolare e diffondere una nuova cultura del lavoro, incentrata sulla
collaborazione reciproca e la condivisione, si era tradotto fino a quel momento in iniziative isolate
(semplici forum, blog, wiki); strumenti che non si erano dimostrati capaci di rispondere alle
esigenze riscontrate dall’azienda negli ultimi anni, così come alle nuove sfide poste dal mercato.
Diversi gli aspetti che vennero quindi tenuti in considerazione:
23
La frammentazione culturale del personale di una realtà multinazionale come BASF, e di
conseguenza la necessità di adottare uno strumento in grado di diffondere una cultura
http://it.wikipedia.org/wiki/BASF
18
aziendale unitaria e migliorare i processi di comunicazione e condivisione delle
informazioni;
L’esigenza di favorire un processo di empowerment del personale, responsabilizzando e
coinvolgendo maggiormente ogni singolo dipendente a prescindere dal suo ruolo;
Il desiderio di creare un contesto di apprendimento incentrato sull’interazione sociale, di
favorire un processo di formazione continua online stimolando l’auto-apprendimento,
Il bisogno di consentire a partecipanti dislocati in diverse aree geografiche di condividere
le proprie conoscenze e collaborare attivamente, agevolando il raggiungimento degli
obiettivi prefissati;
Lo scetticismo inerente le possibilità di implementare con successo un sistema di
collaborazione e apprendimento legato ai social media in un contesto aziendale
tradizionalmente conservativo, fortemente basato sulla gerarchia, sul rispetto delle
norme e delle procedure.
9.3 IL PROGETTO “CONNECT.BASF”
Nei primi mesi del 2009, BASF avviò un progetto pilota ricorrendo alla piattaforma di social
software IBM Connections. Nel programma di beta testing venne coinvolto un numero ristretto di
dipendenti (provenienti da paesi differenti e impiegati in diversi funzioni aziendali) al fine di
identificare con la massima precisione i bisogni organizzativi dell’azienda, cosi come le esigenze
del personale. Vennero sperimentate e calibrate al contempo diverse soluzioni operative.
La versione finale offrì dettagliati profili utente, aggiornamenti di status, comunità di interesse,
funzionalità di ricerca legate a parole chiave, blog e forum strutturati, wiki per l’archivio e la raccolta
di conoscenze, file sharing. Tra le svariate modifiche introdotte citiamo la possibilità di cancellare,
su richiesta dell’utente, un profilo esistente, la possibilità di invitare un altro utente a partecipare
alle attività di una community e l’adozione, in termini di veste grafica, del design caratteristico di
BASF.
Alla gestione della piattaforma venne predisposto uno staff qualificato, guidato da due global
community manager e tre regional community manager. Per incentivare l’utilizzo di questo nuovo
strumento da parte dei dipendenti venne anche concepita e redatta dell’apposita documentazione
(materiale informativo, manuali utente, FAQs).
Il lancio ufficiale della nuova piattaforma, chiamata “connect.BASF”, avvenne nel maggio 2010
e fu accompagnato da un’efficace campagna di informazione e promozione: vennero inviate mail a
tutti i dipendenti e diffusi sia teaser movies che seminari e dimostrazioni via web per illustrare tutti i
vantaggi che connect.BASF era in grado di apportare sul luogo di lavoro, fugando ogni possibile
dubbio sulla semplicità del suo utilizzo.
A distanza di un mese, il numero di utenti iscritti a connect.BASF superò le 6000 unità, in tre
mesi venne raggiunta quota 11000 e a fine anno superò i 15000, con più di 750 community attive
(numeri da allora in continua crescita), decretando il successo dell’iniziativa.
9.4 CONSIDERAZIONI FINALI
BASF riscontrò diversi benefici a seguito dell’implementazione degli strumenti del Web 2.0, tra i
quali:
La possibilità di coinvolgere in progetti formativi un numero elevato di discenti risiedenti
in diversi paesi e impiegati in sedi anche molto distanti fra di loro, diffondendo al
contempo una cultura aziendale unitaria e facilitando la condivisione dei valori e degli
obiettivi;
Un accesso facilitato alla conoscenza e alle informazioni, con un conseguente
miglioramento dell’efficienza della forza lavoro e della performance aziendale;
Una crescente collaborazione e una migliore comunicazione tra diversi reparti;
Una significativa riduzione del numero di e-mail inviate da ogni singolo dipendente;
Un contesto di apprendimento più stimolante, particolarmente adatto alle generazioni più
giovani e di particolare interesse per i nuovi talenti assunti in azienda.
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CONCLUSIONI
Cercando di precisare in cosa consista il Social Learning, potremmo sostenere che si tratti di
un fenomeno emergente (non predeterminato o pianificato) originato a partire dalle reti di
conoscenza (knowledge networks) e dai flussi di informazione, siano essi formali e informali,
all’interno delle organizzazioni. Il Social Learning è, altresì, l’appoggiarsi a reti sociali e interazioni
per avere assistenza nel tentativo di attribuire un senso alle informazioni acquisite.
La lezione che le aziende dovrebbero imparare è fare tesoro di questi nuovi insegnamenti ed
evolvere verso modelli formativi maggiormente reattivi e partecipativi, per facilitare processi che
altrimenti non troverebbero reale sviluppo. A questo proposito, George Siemens sottolinea
l’importanza della connessione più che di ogni altro fenomeno nel processo di costruzione della
conoscenza: “conoscere – oggi – significa essere connessi: La conoscenza si muove troppo
velocemente perché l’apprendimento possa essere considerato semplicemente un prodotto.
Eravamo abituati ad acquisire conoscenza avvicinandola a noi stessi. Ci veniva detto di
‘possederla’, di farla esistere nelle nostre menti. Ma non possiamo più cercare di possedere tutta
la conoscenza necessaria personalmente. Dobbiamo custodirla nei nostri amici o all’interno della
tecnologia”.24
http://marcominghetti.novacento.ilsole24ore.com/2012/02/social-learning-come-aziendeimpareranno-a-imparare-intervista-a-stefano-besana-.html
24
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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
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The Rise of Social Media: Enhancing Collaboration and Productivity Across Generations (2010).
Caratteristiche Sociali e Culturali del web 2.0 di Valerio Bordin.
A. Bandura, The Soocial learning Theory, Prentice Hall, New Jersey, 1977.
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